Utente:BlackPanther2013/Sandbox/1.0: differenze tra le versioni

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{{Tassobox
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<!-- CLASSIFICAZIONE: -->
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* ''[[Balearica]]''
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Il '''tarpan''' ('''''Equus ferus''''') era una specie del genere dei [[Equus|cavalli]], ormai estinta tra il XVIII e il XIX secolo. Considerato a lungo una forma occidentale dei [[Equus ferus|cavalli selvatici]] un tempo diffusi in [[Eurasia]], studi [[Genetica|genetici]] più recenti hanno invece rivelato che si trattava di un incrocio tra cavalli selvatici dell'Eurasia occidentale e antenati degli attuali [[Equus ferus caballus|cavalli domestici]]. Sebbene alcune testimonianze sul tarpan possano risalire all'[[Antichità classica|antichità]], esso divenne noto soprattutto nel XVIII secolo, grazie ai resoconti di esploratori come [[Samuel Gottlieb Gmelin]] e [[Peter Simon Pallas]], che osservarono questi animali durante spedizioni nell'[[Europa orientale]]. Tra le caratteristiche fisiche comunemente attribuite al tarpan figuravano una testa grande, orecchie appuntite, un mantello grigiastro e una criniera dall'aspetto arruffato o ispido, il cui aspetto esatto resta oggetto di dibattito: non è chiaro, infatti, se fosse più simile a una criniera pendente o eretta. La statura relativamente ridotta era un altro tratto distintivo. L'areale di distribuzione del tarpan si estendeva dagli [[Urali]] verso ovest, attraversando le [[Steppa|steppe]] russe fino all'[[Europa centrale]] e [[Europa occidentale|occidentale]], dove abitava sia le aree aperte sia quelle boschive. Questa duplice presenza ha spinto alcuni studiosi a distinguere tra un «tarpan delle steppe» e un «tarpan dei boschi», ipotizzando differenze [[Anatomia|anatomiche]] e morfologiche tra le due varianti. Tuttavia, tale suddivisione non gode di un consenso unanime.
I '''Gruidi''' ('''Gruidae''' <span style="font-variant: small-caps">[[Nicholas Aylward Vigors|Vigors]], [[1825]]</span>) sono una [[famiglia (tassonomia)|famiglia]] dell'[[Ordine (tassonomia)|ordine]] dei [[Gruiformes|Gruiformi]] il cui unico rappresentante originario dell'Europa centrale e settentrionale è la [[Grus grus|gru cenerina]]. Con il loro collo lungo e le zampe lunghe, le gru ricordano nell'aspetto i [[Ciconiiformes|Ciconiiformi]], con i quali non sono affatto imparentate. Rappresentate con 15 specie, sono diffuse in tutto il mondo e mancano solo in Sudamerica e in Antartide. La maggiore diversità di specie si riscontra in Asia e in Africa.
 
Anche il comportamento del tarpan è noto principalmente grazie a resoconti storici. Viveva in branchi simili a quelli dei [[Equus ferus caballus|cavalli domestici]], composti da femmine con i loro piccoli e guidati da uno stallone, il quale proteggeva il gruppo allontanando i maschi [[Competizione|rivali]]. Questi branchi probabilmente si spostavano su ampie aree alla ricerca di cibo. Alcune testimonianze riportano che il tarpan si nutrisse talvolta di balle di fieno appartenenti ai contadini locali e che, occasionalmente, integrasse nelle sue mandrie le giumente domestiche. Tali comportamenti, uniti alla caccia per scopi alimentari, potrebbero aver contribuito ai conflitti con le comunità umane e accelerato il processo di estinzione. Se in Europa occidentale e centrale il tarpan scomparve già nel [[Medioevo]] o nella prima [[età moderna]], in Europa orientale sopravvisse più a lungo: l'ultimo esemplare selvatico di tarpan dei boschi fu abbattuto intorno al 1814, mentre l'ultimo tarpan delle steppe venne ucciso nel 1879. Alcuni esemplari in cattività sopravvissero ancora per qualche tempo, ma la specie era ormai destinata all'estinzione.
Molte specie si riproducono solo a partire dal quarto o quinto anno di vita e il tasso di mortalità dei giovani è elevato. È quindi molto difficile per loro compensare le perdite degli effettivi. Molte specie sono pertanto molto vulnerabili. Tra queste ricordiamo la [[Grus americana|gru americana]], la [[Grus japonensis|gru della Manciuria]] e la [[Leucogeranus leucogeranus|gru siberiana]].
 
La prima descrizione scientifica del tarpan risale al 1785, basandosi su osservazioni raccolte in Europa orientale. Si ritiene che almeno gli ultimi esemplari fossero fortemente incrociati con cavalli domestici, anche se il grado di questa commistione resta incerto. Alcune testimonianze storiche e caratteristiche scheletriche hanno portato alcuni studiosi a ipotizzare che razze come il [[Konik|Konik]] o il [[pony Exmoor]] possano essere discendenti diretti del tarpan, un'idea che però non ha trovato conferme definitive. Inoltre, il possibile ruolo del tarpan nel processo di [[domesticazione]] dei cavalli, avvenuto tra 6000 e 5000 anni fa, rimane ambiguo e non supportato da prove genetiche. Sebbene nel XX secolo si sia spesso ritenuto che il tarpan fosse un parente stretto del [[Equus ferus przewalskii|cavallo di Pržewalski]], studi genetici più recenti hanno smentito questa ipotesi, escludendo una relazione diretta tra le due specie.
== Descrizione ==
[[File:Grus grus 1 (Marek Szczepanek).jpg|thumb|[[Grus grus|Gru cenerina]] alla luce della sera.]]
[[File:Südafrika-Kronenkranich im Flug 2014.jpg|thumb|Gru coronata grigia in volo.]]
Le gru sono uccelli di dimensioni grandi o molto grandi che, con il loro collo lungo e le lunghe zampe, ricordano le [[Ciconiidae|cicogne]] e gli [[Ardeidae|aironi]]. Con una lunghezza del corpo compresa tra 90 e 150 cm, sono tra i più grandi uccelli del mondo. La gru antigone, che si erge verticalmente da terra fino a raggiungere i 176 cm di altezza alla sommità del capo, è più alta di qualsiasi altro uccello in grado di volare. Il peso può raggiungere i 12 kg (nella gru della Manciuria). I maschi sono leggermente più grandi e più pesanti delle femmine, ma per il resto non vi è [[dimorfismo sessuale]].
 
== Etimologia ==
Il piumaggio delle gru è dominato dai toni grigi e bianchi. In linea generale, le specie più settentrionali sono caratterizzate da piumaggi più chiari e da dimensioni maggiori, mentre procedendo verso sud le specie diventano più scure e più piccole. Piume nere si trovano soprattutto su collo, coda e remiganti, ma non in tutte le specie. Solamente la damigella di Numidia e la gru del paradiso hanno la testa interamente ricoperta di piume. In altre gru spicca una zona di pelle nuda di colore rosso brillante, più o meno pronunciata. La gru caruncolata presenta anche due cospicue caruncole che pendono dalla gola. Le gru coronate hanno una caruncola più piccola e una cresta di piume gialle sulla sommità del capo.
Il termine «tarpan» ha origine nel linguaggio popolare [[Tatari|tartaro]] e, tra il XVIII e il XX secolo, veniva utilizzato per designare non solo i [[Equus ferus|cavalli selvatici]] presumibilmente tali, ma anche [[Equus ferus caballus|cavalli domestici]] inselvatichiti, i loro [[Ibrido|ibridi]] e persino gli [[Equus hemionus|asini selvatici]] presenti nella steppa della Russia meridionale.<ref name="Jezierski et al. 2008"/> La prima menzione documentata di questa parola risale al 1762 ed è attribuita al geografo russo [[Pëtr Ivanovič Ryčkov]]. Nel suo studio sull'area di [[Orenburg]], nel sud della Russia, Ryčkov descrisse il tarpan (''тарпан'') distinguendolo dal [[Equus hemionus#Kulan|kulan]] (''кулан''), un altro abitante delle steppe, e lo classificò tra i cavalli (''koni'', ''кони'').<ref name="Rytschkow 1762"/> Nonostante queste osservazioni, rimane incerto se i cavalli liberi delle steppe meridionali russe indicati con il nome tarpan fossero autentici cavalli selvatici, cavalli domestici inselvatichiti o ibridi tra le due tipologie.<ref name="Vuure 2014"/> In seguito, il termine «tarpan» venne applicato anche a popolazioni equine che non erano mai state chiamate così durante la loro esistenza, come ad esempio i cavalli del parco naturale presso [[Zamość]].<ref name="Vetulani 1927"/><ref name="Vetulani 1936"/> Oggi, il termine è spesso usato per riferirsi alla forma del cavallo selvatico dell'Eurasia occidentale. Già nella seconda metà del XVIII secolo, però, autori contemporanei come [[Peter Simon Pallas]] avevano sollevato dubbi sulla natura autenticamente selvatica del tarpan.<ref name="Pallas 1771"/><ref name="Jezierski et al. 2008"/> Secondo le interpretazioni più recenti, questa forma equina è con ogni probabilità il risultato di un’ibridazione tra cavalli domestici e selvatici, riflettendo la complessità delle popolazioni equine storiche delle steppe eurasiatiche.<ref name="Librado et al. 2021"/>
 
== Descrizione ==
Come le cicogne, le gru volano con il collo teso, mentre gli aironi volano con il collo piegato a forma di S. Le zampe vengono allungate orizzontalmente all'indietro. Nelle gru coronate il piede è chiaramente [[Anisodattilia|anisodattilo]], cioè con tre dita rivolte in avanti e una all'indietro. Al contrario, nelle altre gru (sottofamiglia Gruinae) il dito posteriore è solo abbozzato.
=== Aspetto ===
[[File:Tarpan - Gmelin 1770.tif|thumb|Il tarpan di [[Samuel Gottlieb Gmelin]] (1770)]]
[[File:Tarpan - Pallas 1771.tif|thumb|Il tarpan di [[Peter Simon Pallas]] (1776)]]
[[File:The natural history of horses (Plate III) (6441423819).jpg|thumb|Il tarpan di [[Charles Hamilton Smith]] (1841)]]
Le dimensioni e l'aspetto del tarpan possono essere ricostruiti con una certa accuratezza grazie ai resoconti storici, anche se le misurazioni documentate sono poche e provengono principalmente da esemplari vissuti tra il XIX e l'inizio del XX secolo. Un esempio significativo è rappresentato dall'ultimo tarpan, morto nel 1918 a Dubrovka, vicino [[Poltava]], che presentava un'altezza al garrese compresa tra 140 e 145 cm.<ref name="Heptner 1955"/> Per confronto, il [[Konik (zoologia)|Konik]], considerato da alcuni un potenziale discendente diretto del tarpan, raggiunge un'altezza media al garrese di 129,4 cm nei maschi e 128 cm nelle femmine, sulla base di un campione di 119 individui analizzati. Questi dati suggeriscono che il tarpan fosse un cavallo di taglia medio-piccola, una caratteristica confermata da numerosi resoconti storici. Le prime descrizioni dettagliate del tarpan risalgono alla seconda metà del XVIII secolo. [[Samuel Gottlieb Gmelin]], che li osservò nel 1770 a [[Voronež]], li descrisse come simili ai piccoli cavalli domestici russi, ma con tratti distintivi: testa grande, orecchie lunghe e appuntite (simili a quelle di un asino), criniera corta e arruffata, mantello grigio sul dorso che diventava più chiaro sul ventre, e zampe scure nella parte inferiore.<ref name="Gmelin 1770"/> Poco dopo, [[Peter Simon Pallas]], basandosi su osservazioni effettuate lungo il fiume [[Volga]] nel 1771 e nel 1776, confermò molte di queste caratteristiche. Tuttavia, secondo Pallas, la maggior parte degli individui osservati era di colore marrone pallido, con arti più chiari rispetto alla descrizione di Gmelin, e raramente erano presenti esemplari di colore marrone scuro, nero o grigio. Esemplari pezzati, invece, non furono mai osservati.<ref name="Pallas 1771"/> Ulteriori descrizioni provengono da [[Belsazar Hacquet]], che intorno al 1760 notò cavalli simili nel parco naturale di [[Zamość]]. Questi animali erano piccoli, di colore nero-brunastro, con testa grande, criniera e coda scure e a pelo corto. Inoltre, Hacquet osservò una caratteristica peculiare nei maschi: una sorta di «barba».<ref name="Hacquet 1794"/> [[Charles Hamilton Smith]], nel 1841, aggiunse che il tarpan non fosse più grande di un [[Equus africanus asinus|asino domestico]] e descrisse una variabilità nel colore del mantello, che includeva tonalità grigie, marrone chiaro e [[Isabella (cavallo)|isabella]]. Hamilton Smith notò anche che il tarpan subiva un cambio stagionale del mantello: corto e liscio in estate, lungo e folto in inverno.<ref name="Smith 1841"/><ref name="Groves 1986"/><ref name="Heptner 1988"/><ref name="Jezierski et al. 2008"/>
 
Le descrizioni storiche suggeriscono possibili variazioni regionali nel colore del mantello del tarpan. Ad ovest del [[Volga]], il tarpan era prevalentemente di un grigio topo, mentre più a est, fino agli [[Urali]], si riscontravano mantelli misti tra grigio e marrone giallastro. Oltre gli Urali, erano frequenti colorazioni giallastre o marrone rossiccio. Tuttavia, non è sempre chiaro se i resoconti riguardanti i cavalli selvatici di queste aree si riferissero effettivamente al tarpan o se includessero altre specie, come il [[Equus ferus przewalskii|cavallo di Pržewalski]]. Ad esempio, Hamilton Smith suggerì nel 1841 una possibile sovrapposizione, considerando il tarpan una versione più primitiva di queste specie equine.<ref name="Smith 1841"/> Nel caso del tarpan europeo, come quello presente nella [[foresta di Białowieża]], si evidenzia una predominanza di mantelli grigi e la presenza di una striscia dorsale scura, come riportato da Julius von den Brinken.<ref name="Brincken 1828"/> Questa caratteristica era già descritta nel [[Medioevo]], con riferimenti di autori come [[Alberto Magno]] e Anton Schneeberger, che menzionavano cavalli selvatici con mantelli simili, sebbene non sia chiaro se si trattasse effettivamente di tarpan. Un aspetto ancora dibattuto è la tipologia della criniera del tarpan: alcuni resoconti indicano che fosse eretta, simile a quella delle [[Zebra|zebre]] e del cavallo di Pržewalski, mentre altri suggeriscono una criniera pendente, osservata, ad esempio, in un esemplare catturato nel 1866 nelle steppe di Zagradov, in [[Crimea]], noto come tarpan di [[Cherson]]. Una criniera parzialmente pendente fu osservata anche nell'ultimo esemplare di Dubrovka.<ref name="Groves 1986"/><ref name="Heptner 1988"/><ref name="Jezierski et al. 2008"/>
Dal punto di vista anatomico, nei rappresentanti della sottofamiglia Gruinae è degna di nota la trachea notevolmente ingrandita, i cui anelli ossei sono fusi con lo sterno. Questa caratteristica, assente nelle gru coronate, viene sfruttata per produrre forti richiami.
 
Riguardo al mantello, le rappresentazioni figurative e i ritrovamenti [[Genetica|genetici]] suggeriscono una grande varietà cromatica nei cavalli selvatici preistorici, con il [[Baio (cavallo)|marrone]] come colore predominante, affiancato da [[Morello (cavallo)|nero]], grigio e varianti «leopardate» o [[Mantello (cavallo)#Macchiati|maculate]].<ref name="Ludwig et al. 2009"/><ref name="Pruvost et al. 2011"/><ref name="Ludwig et al. 2015"/> Questi stessi colori caratterizzavano anche i primi cavalli domestici, con l'apparizione relativamente precoce di tonalità [[Sauro (cavallo)|fulve]].<ref name="Ludwig et al. 2009"/><ref name="Wutke et al. 2016"/> La distribuzione dei colori sembra rispecchiare adattamenti ambientali: tonalità chiare erano più comuni in habitat di steppa, mentre quelle scure offrivano un vantaggio nelle foreste.<ref name="Baker 2008"/><ref name="Pruvost et al. 2011"/>
Di conseguenza, le vocalizzazioni delle gru coronate sono relativamente deboli, mentre le gru del genere ''Grus'' possono emettere richiami estremamente forti simili allo squillo di una tromba. Il tipico reportorio vocale delle gru include un richiamo di contatto, un richiamo di allerta, un richiamo emesso prima della partenza e un richiamo in duetto che accompagna l'accoppiamento. Quest'ultimo è di gran lunga il più forte.
 
=== Caratteristiche del cranio e della dentatura ===
[[File:Takeoff (8252943066).jpg|thumb|left|875px|Una [[Grus canadensis|gru canadese]] durante il volo.]]
Secondo [[Vladimir Georgievič Geptner]], nonostante l'ampia distribuzione storica del tarpan, i reperti [[Osteologia|osteologici]] disponibili sono estremamente limitati. Negli anni '60, infatti, erano conservati solo due scheletri completi nei musei di Europa e Asia occidentale. Tuttavia, lo studio dei crani preservati ha permesso di ottenere alcune informazioni sulle proporzioni del tarpan. La lunghezza media del cranio era di 47,9 cm, con una larghezza di 20,6 cm a livello dell'[[Orbita oculare|orbita]]. Il [[Muso|rostro]], nella zona dei [[Incisivo|denti incisivi]], misurava circa 7 cm in larghezza, mentre il [[diastema]], lo spazio tra la parte anteriore e quella posteriore della dentatura, si estendeva per circa 9,2 cm. Questi dati, sebbene frammentari, forniscono importanti indizi sulle caratteristiche anatomiche di questa specie.<ref name="Groves 1986"/><ref name="Heptner 1988"/>
<div style="clear:both;"></div>
 
== Distribuzione e habitat ==
L'area di distribuzione esatta del tarpan non è completamente nota, ma le testimonianze storiche suggeriscono che questo cavallo abitasse sia le [[Steppa|steppe]] sia le foreste dell'[[Eurasia]]. Una possibile linea di confine settentrionale potrebbe essere tracciata intorno alla [[Lituania]] e alla regione di [[Kaliningrad]], poiché non esistono prove della sua presenza più a nord. Verso sud, la specie potrebbe aver occupato il territorio dei [[Carpazi]], estendendosi fino all'attuale [[Moldavia|Repubblica di Moldavia]]. Ad est, l'areale del tarpan si estendeva attraverso la regione del [[Mar Nero]], comprendendo la penisola di [[Crimea]] e le principali vallate fluviali del [[Dnestr]], del [[Don (fiume Russia)|Don]] e del [[Kuban']], fino ad arrivare al [[Volga]]. È plausibile che il suo limite orientale fosse rappresentato dagli [[Urali]], anche se non si hanno informazioni precise sulla sua estensione oltre questa catena montuosa. L'estensione meridionale rimane incerta a causa della mancanza di dati storici. Anche definire l'esatta estensione occidentale del tarpan è complesso. Fonti [[Medioevo|medievali]] suggeriscono che la sua presenza potesse superare l'attuale [[Polonia]], arrivando in [[Germania]], [[Danimarca]], [[Francia]] e forse spingendosi fino alla [[penisola iberica]]. Tuttavia, queste indicazioni non sono confermate da prove concrete e rimangono quindi oggetto di dibattito tra gli studiosi.<ref name="Heptner 1988"/>
[[File:Erster Kranich 2017 EO5P0211-2.jpg|thumb|Gru di ritorno nel Meclemburgo.]]
Rappresentanti di questa famiglia si possono trovare in tutti i [[Continente|continenti]] del mondo ad eccezione dell'Antartide e del Sudamerica. La maggior parte delle specie della sottofamiglia Gruinae abitano le regioni [[Artide|artiche]] e temperate dell'emisfero settentrionale; fanno eccezione la gru caruncolata e la gru del paradiso dell'Africa subsahariana, la gru antigone dell'Asia meridionale e la gru brolga australiana. Le gru coronate sono esclusive delle regioni tropicali e subtropicali dell'Asia. Nelle isole britanniche le gru cenerine furono sterminate nel XVII secolo, ma dal 2010, sotto l'egida del ''Great Crane Project'', i conservazionisti stanno cercando di reintrodurre la specie nel sud dell'Inghilterra<ref>{{cita web | titolo=On patrol protecting the 'first crane egg in 400 years' | autore=John Maguire | url=http://www.bbc.co.uk/news/uk-22605767 | data=21 maggio 2013 | sito=BBC News}}</ref>.
 
''Habitat'' preferiti delle gru sono i paesaggi aperti come la [[tundra]] o la [[savana]]. Molte specie sono legate all'acqua e pertanto si trovano principalmente in ambienti paludosi. La damigella di Numidia e la gru del paradiso si trovano anche nelle praterie aride e nei semi-deserti.
 
Mentre alcune specie di gru dei climi caldi sono [[Uccelli stanziali|stanziali]], quelle dei climi più freddi sono [[uccelli migratori]] che devono percorrere lunghe distanze di diverse migliaia di chilometri. La gru siberiana si sposta dall'estremo nord della Siberia verso l'Iran, l'India e la Cina meridionale; alcune popolazioni della gru canadese migrano dalle regioni artiche del Canada e dell'Alaska verso la Florida e il Messico. Le gru si muovono in [[formazione a V]] ad altitudini di circa 2000 m, eccezionalmente fino a 10.000 m. In un giorno possono coprire, generalmente, distanze di 300 km, a volte anche 800, procedendo ad una velocità compresa tra 60 e 80 km/h.
 
== Biologia ==
Le abitudini di vita del tarpan possono essere ricostruite principalmente attraverso resoconti storici, che suggeriscono comportamenti simili a quelli dei [[Equus ferus caballus|cavalli domestici]] moderni e del [[Equus ferus przewalskii|cavallo di Pržewalski]]. Secondo [[Samuel Gottlieb Gmelin]], i tarpan vivevano in gruppi sociali guidati da un maschio dominante, ruolo che il maschio conquistava presumibilmente attraverso lotte.<ref name="Gmelin 1770"/> Le dimensioni di questi gruppi variavano tra cinque e venti individui, come riportato da [[Peter Simon Pallas]], ma [[Charles Hamilton Smith]] descrive anche raduni più numerosi, che potevano contare diverse centinaia di esemplari.<ref name="Smith 1841"/> I giovani maschi, una volta raggiunta la maturità, venivano scacciati dal gruppo principale e conducevano inizialmente una vita solitaria, fino a formare un proprio branco,<ref name="Pallas 1771"/> un comportamento osservato anche da Hamilton Smith. Dal punto di vista comportamentale, i tarpan erano noti per la loro velocità e per la loro estrema timidezza, fuggendo al minimo rumore, come riportato da Gmelin.<ref name="Gmelin 1770"/> Secondo [[Belsazar Hacquet]], erano animali difficili da addomesticare, coraggiosi e pronti a difendersi dai predatori.<ref name="Hacquet 1794"/> Hamilton Smith osservò che le vocalizzazioni del tarpan erano più acute e intense rispetto a quelle dei cavalli domestici e descrisse le mandrie in fuga come particolarmente rapide, con il maschio dominante a chiudere il gruppo per proteggerlo da predatori come [[Ursidae|orsi]] e [[Canis lupus|lupi]], che affrontava con potenti calci. Hamilton Smith documentò anche migrazioni stagionali: in estate i tarpan si spostavano a nord, mentre in autunno tornavano verso sud.<ref name="Smith 1841"/> Pallas sottolineò la preferenza del tarpan per aree montuose ricche di sorgenti d'acqua, mentre in inverno si dirigevano verso alture spazzate dai venti, dove il terreno libero dalla neve permetteva loro di trovare cibo.<ref name="Pallas 1771"/> Gmelin aggiunse che i tarpan razziavano spesso i depositi di fieno dei contadini e si accoppiavano frequentemente con cavalle domestiche,<ref name="Gmelin 1770"/> un comportamento osservato anche da Pallas.<ref name="Pallas 1771"/><ref name="Jezierski et al. 2008"/>
=== Comportamento ===
[[File:Sandhill at Sunrise with Eggs - Flickr - Andrea Westmoreland.jpg|thumb|Gru canadese nel nido.]]
[[File:Mommy, where are you - Flickr - Andrea Westmoreland.jpg|thumb|Gru canadese alla ricerca del cibo con il piccolo.]]
Le gru sono uccelli diurni che mostrano i maggiori livelli di attività al mattino e alla sera. Di notte, riposano sugli alberi (le gru coronate) o sul terreno (i Gruinae). Anche se conducono un'esistenza solitaria durante la stagione riproduttiva, negli altri periodi dell'anno sono uccelli particolarmente socievoli che vivono in grandi stormi.
 
== Tassonomia ==
Un comportamento per cui le gru sono ben note è la «danza». Le danze svolgono un ruolo particolare durante la formazione delle coppie e, nelle coppie già stabilite, servono a rafforzare i legami coniugali. Tuttavia, le danze sono state segnalate anche al di fuori della stagione degli amori e sono chiaramente polifunzionali presso un certo numero di specie. Esse riflettono il benessere degli uccelli e svolgono un certo ruolo nella coesione tra genitori e prole<ref>Potapov & Fling, 1989, S. 221</ref>. I più attivi in questo senso sono gli esemplari giovani e subadulti. Quando danzano, questi uccelli saltellano con le ali spiegate, si flettono sulle zampe, scalciano in aria, emettono forti richiami e lanciano in aria erba e altri oggetti con il becco. L'esatto andamento della danza varia da una specie all'altra.
=== Classificazione generale ===
Il tarpan appartiene alla [[Famiglia (tassonomia)|famiglia]] degli equidi ([[Equidae]]) ed è una [[specie]] del [[Genere (tassonomia)|genere]] ''[[Equus]]'', rendendolo uno dei rappresentanti moderni di questa famiglia. All'interno del genere, il tarpan è strettamente imparentato con il cavallo domestico (''[[Equus caballus]]'') e il cavallo di Pržewalski (''[[Equus przewalskii]]''), con i quali forma il gruppo definito «caballoide». Questo gruppo si distingue dalle [[Zebra|zebre]] e dagli asini, che appartengono invece al gruppo «stenonoide» o «non-caballoide». Una delle principali differenze tra queste due linee evolutive risiede nella struttura caratteristica dei molari inferiori. Secondo i dati [[Biologia molecolare|molecolari genetici]], la separazione tra il gruppo caballoide e quello stenonoide risale a circa 3,4-4,4 milioni di anni fa, durante il [[Pliocene]].<ref name="Steiner et al. 2012"/><ref name="Vilstrup et al. 2013"/><ref name="Jonsson et al. 2014"/> Tuttavia, le relazioni precise tra le specie appartenenti al gruppo caballoide non sono ancora del tutto chiare. Dal punto di vista genetico, il tarpan rappresenta un ibrido tra cavalli selvatici originari dell'Eurasia occidentale e cavalli domestici, con una possibile origine nell'area dell'attuale [[Ucraina]].<ref name="Librado et al. 2021"/> Per quanto riguarda la linea evolutiva, la separazione tra la linea ancestrale del cavallo domestico e quella del cavallo di Pržewalski è avvenuta durante il [[Pleistocene superiore|tardo Pleistocene]], circa {{M|117000}} anni fa, anche se alcune stime variano tra {{M|45000}} e {{M|364000}} anni a seconda dello studio preso in esame.<ref name="Wallner et al. 2003"/><ref name="Goto et al. 2011"/><ref name="Vilstrup et al. 2013"/><ref name="Sarkissian et al. 2015"/>
 
=== Nome scientifico ===
Dal momento che la maggior parte delle specie di gru sono animali molto territoriali, almeno durante la stagione riproduttiva, le loro posture rituali comprendono anche segnali di minaccia. Anche questi differiscono nella loro forma dettagliata da specie a specie. La gru cenerina, ad esempio, abbassa rapidamente la testa a terra con le ali leggermente sollevate, quindi la risolleva e la ripiega sulla schiena. Allora le ali vengono abbassate e l'uccello emette un richiamo intimidatorio. Nel caso della gru siberiana, che è considerata una delle gru più territoriali e aggressive, le dimostrazioni intimidatorie costituiscono gran parte del comportamento ritualizzato. Tra le sue posture minacciose figura un approccio dimostrativo al rivale, in cui la gru solleva la zampa prima del passo successivo, solleva il collo verticalmente e preme il becco contro il collo<ref>Potapov & Fling, 1989, S. 249</ref>.
La classificazione [[sistematica]] del tarpan è stata oggetto di dibattito nel corso del tempo. Durante il XX secolo, il tarpan è stato variamente classificato come parte della specie ''Equus caballus'' (il cavallo domestico) o come ''Equus ferus'' (spesso indicato come «cavallo selvatico»). Inoltre, alcuni autori hanno occasionalmente utilizzato il nome ''Equus przewalskii'' per riferirsi al tarpan.<ref name="Heptner 1955"/><ref name="Heptner 1988"/> Generalmente, il tarpan è stato trattato come una sottospecie, con denominazioni come ''Equus caballus ferus'' o ''Equus ferus ferus'', ma la distinzione tra questi nomi è rimasta ambigua, poiché talvolta sono stati utilizzati come [[Sinonimo (tassonomia)|sinonimi]]. La denominazione ''Equus caballus'' risale a [[Linneo]], che nel 1758, nel suo ''[[Systema Naturae]]'', la utilizzò per riferirsi al cavallo domestico (dal [[Lingua latina|latino]] ''caballus'', «cavallo da sella»).<ref name="Linne 1758"/> Nello stesso anno, [[Pieter Boddaert]] introdusse il nome ''Equus ferus'' per descrivere un cavallo selvatico delle steppe russe, identificato in vari resoconti storici come tarpan.<ref name="Boddaert 1785"/> Più tardi, nel 1881, il nome ''Equus przewalskii'' venne proposto dallo zoologo [[Ivan Semenovič Poljakov]] per identificare una nuova forma di cavallo selvatico scoperta in Asia centrale.<ref name="Poljakov 1881"/> A causa delle ambiguità nella classificazione, l'ICZN ([[Commissione internazionale di nomenclatura zoologica]]) stabilì nel 1954 che la [[specie tipo]] per il genere ''Equus'' fosse ''Equus caballus'', basandosi sulla regola di priorità e confermando la denominazione originale di Linneo.<ref name="ICZN 1954"/> Per affrontare le difficoltà di classificazione tra forme domestiche e selvatiche, un gruppo di scienziati propose nel 2003 un'integrazione delle norme per le denominazioni scientifiche degli animali domestici. Questa proposta, nota come ''Opinion 2027'' (Case 3010), consentì di mantenere i nomi linneani per le forme domestiche, estendendoli anche alle corrispondenti forme selvatiche.<ref name="ICZN 2003"/><ref name="Gentry et al. 2003"/> Pertanto, ''Equus caballus ferus'' implica che il cavallo domestico e il tarpan appartengano alla stessa specie, mentre ''Equus ferus'' suggerirebbe che il tarpan fosse indipendente dal cavallo domestico. Tuttavia, per via della regola di priorità, non è consentito utilizzare denominazioni come ''Equus ferus caballus'' per il cavallo domestico o ''Equus przewalskii ferus'' per altre forme selvatiche.<ref name="Zessin et al. 2009"/>
 
Nel XX secolo, il tarpan, il cavallo domestico e il cavallo di Pržewalski sono stati talvolta considerati [[Specificità biologica#Conspecificità|conspecifici]], in parte a causa della capacità di interfecondità osservata tra il cavallo domestico e quello di Pržewalski, e probabilmente anche tra il tarpan e il cavallo domestico, come suggerito dai resoconti storici. Tuttavia, non sono disponibili dati genetici sul tarpan per confermare queste supposizioni. È noto, invece, che il cavallo domestico e il cavallo di Pržewalski costituiscono linee distinte fin dal tardo Pleistocene, presentando differenze [[Anatomia|anatomiche]] e [[Citogenetica|citogenetiche]]: il cavallo di Pržewalski possiede infatti 66 [[Cromosoma|cromosomi]], rispetto ai 64 del cavallo domestico.<ref name="Benirschke et al. 1965"/> Nel 1986, [[Colin Groves|Colin P. Groves]] ipotizzò una stretta relazione tra il cavallo di Pržewalski e il tarpan, basandosi sull'analisi di cavalli con caratteristiche intermedie trovati a est degli [[Urali]]. Groves propose che il cavallo di Pržewalski rappresentasse il ramo orientale e il tarpan quello occidentale del «cavallo selvatico». Tuttavia, egli notò alcune differenze anatomiche significative, come il cranio più corto del cavallo di Pržewalski, con una [[Osso occipitale|cresta occipitale]] più pronunciata, un [[diastema]] più breve e denti molari più grandi rispetto al tarpan.<ref name="Groves 1986"/><ref name="Groves 1994"/> Studi successivi lo portarono a rivalutare questa ipotesi: Groves concluse infine che il tarpan e il cavallo di Pržewalski fossero specie separate, posizione confermata nella revisione della sistematica degli ungulati del 2011, realizzata insieme a [[Peter Grubb]]. Tale revisione consolidò quindi il cavallo domestico, il cavallo di Pržewalski e il tarpan come specie separate.<ref name="Groves et al. 2011"/>
=== Alimentazione ===
Le gru sono uccelli onnivori che si nutrono di sostanze sia di origine vegetale (semi, radici, foglie, erba, noci, bacche) che animale (vermi, molluschi, insetti, crostacei, pesci, rane, lucertole, roditori). Quando vanno in cerca di cibo, le gru si spostano in continuazione, in quanto non tendono mai agguati alle prede restando ferme in un unico punto. La loro dieta può subire variazioni a seconda delle stagioni.
 
== Forschungsgeschichte und Etymologie ==
Le specie a becco corto (gru cenerina, damigella di Numidia, gru coronata nera, ecc.) pascolano come le [[Anserinae|oche]], nutrendosi di quel che trovano in superficie. Al contrario, le specie a becco lungo (gru siberiana, gru antigone, brolga, ecc.) scavano nel terreno soffice e umido alla ricerca di radici e altri alimenti.
=== Storia ===
[[File:Petr Ivanovich Rychkov by Franz Krüger.jpg|thumb|[[Pëtr Ivanovič Ryčkov]] utilizzò per la prima volta nel 1762 il termine ''tarpan'' in un contesto scientifico.]]
Uno dei primi riferimenti ai cavalli selvatici nell'Europa orientale risale al V secolo a.C., quando [[Erodoto]], nel quarto libro delle sue ''[[Storie (Erodoto)|Storie]]'', menziona cavalli selvatici «bianchi» che pascolavano lungo il fiume Hypanis, oggi identificato con il [[Bug Orientale|Bug Meridionale]], nella regione della [[Podolia]], in [[Ucraina]].<ref name="Herodot"/> Tuttavia, è controverso se questi animali fossero effettivamente «bianchi», poiché il termine [[Lingua greca|greco]] ''λευκός'' (''leukos'') può anche significare «chiaro», riferendosi forse a una colorazione grigia. Nel 732, [[Papa Gregorio III]] inviò il missionario [[Bonifacio (arcivescovo di Magonza)|Bonifacio]] nell'odierna Germania per scoraggiare il consumo di carne di cavallo, sia domestico sia selvatico, tra i Turingi e i Sassoni. Successivamente, riferimenti a cavalli selvatici comparvero nei documenti medievali. [[Alberto Magno]], nel XII secolo, menzionò la presenza di cavalli selvatici in Europa centrale, mentre i registri dell'[[Ordine teutonico|Ordine Teutonico]] dei secoli XV e XVI documentano la presenza di questi animali in aree che oggi appartengono alla Polonia, come [[Ełk]] o [[Węgorzewo]].<ref name="Smith 1841"/><ref name="Lydekker 1912"/><ref name="Jezierski et al. 2008"/> Nel XVII e XVIII secolo, con l'aumento delle esplorazioni naturalistiche, le testimonianze sui cavalli selvatici dell'Europa orientale divennero più frequenti. [[Guillaume le Vasseur de Beauplan]], un ingegnere e architetto francese che lavorò in Polonia e Ucraina negli anni 1630-1640, descrisse nel 1650 l'indomabilità dei cavalli selvatici, notando anche quelli che considerava difetti nei loro zoccoli.<ref name="Beauplan 1650"/><ref name="Jezierski et al. 2008"/>
 
Informazioni più dettagliate sul tarpan emersero durante le spedizioni di [[Samuel Gottlieb Gmelin]] e [[Peter Simon Pallas]], due naturalisti tedeschi che viaggiarono in Russia negli anni 1770. Gmelin osservò i cavalli selvatici vicino a [[Voronež]], lungo il fiume [[Don (fiume Russia)|Don]], mentre Pallas li studiò lungo il corso della [[Samara (fiume)|Samara]], un affluente del [[Volga]], entrambe località situate nella Russia meridionale. Nei loro resoconti di viaggio, ''Reise durch Rußland'' di Gmelin e ''Reise durch verschiedene Provinzen des Rußischen Reichs'' di Pallas, dedicano lunghe sezioni al tarpan, fornendo descrizioni fisiche e dettagli sul comportamento di questi animali. Tuttavia, Pallas era convinto che i cavalli da lui osservati non fossero autentici cavalli selvatici, ma piuttosto cavalli domestici inselvatichiti, pur continuando a utilizzare il termine «tarpan» per riferirsi a loro.<ref name="Gmelin 1770"/><ref name="Pallas 1771"/> Ulteriori informazioni vennero raccolte da [[Belsazar Hacquet]], medico dell'esercito [[Monarchia asburgica|austriaco]], che intorno al 1760, durante la [[Guerra dei sette anni|Guerra dei Sette Anni]], si trovò nella regione di [[Zamość]], nella [[Polonia]] meridionale.<ref name="Hacquet 1794"/> Circa venticinque anni dopo, lo scrittore polacco [[Kajetan Kozmian]] visitò la stessa zona, riportando ulteriori osservazioni sul tarpan. Infine, [[Charles Hamilton Smith]], nel suo libro del 1841, ''The Natural History of the Horse'', offrì un'ampia trattazione sul tarpan, includendo anche alcune delle prime informazioni sul [[Equus ferus przewalskii|cavallo di Pržewalski]].<ref name="Smith 1841"/><ref name="Jezierski et al. 2008"/>
=== Riproduzione ===
Nelle regioni nord-temperate e polari, la stagione riproduttiva delle gru ha inizio tra aprile e giugno. Al contrario, è variabile ai tropici: alcune specie si riproducono durante la [[stagione delle piogge]], altre in qualsiasi momento dell'anno. Le gru sono [[Monogamia|monogame]]. Le coppie di solito rimangono insieme fino a quando uno dei due ''partner'' muore. Nel caso una coppia non riesca a riprodursi per più volte di seguito, tuttavia, i due membri si possono separare prematuramente.
 
=== Erstbeschreibung ===
All'inizio della stagione riproduttiva, le gru che si sono unite a formare una coppia eseguono le caratteristiche danze. Le coppie già formatesi in una stagione degli amori precedente non eseguono parate nuziali, ma procedono subito all'accoppiamento. Questo è seguito da una reciproca pulizia del piumaggio.
[[File:Pieter Boddaert.jpg|thumb|[[Pieter Boddaert]] introdusse nel 1785 la denominazione scientifica ''Equus ferus'']]
La prima descrizione scientifica del tarpan come ''Equus ferus'' fu realizzata dallo zoologo olandese [[Pieter Boddaert]] nel 1785, all'interno del suo lavoro ''Elenchus Animalium''. Tra le caratteristiche distintive della specie, Boddaert sottolineò il manto grigio scuro, la criniera corta e riccia, la coda corta e le lunghe orecchie. Per la sua descrizione si basò principalmente sugli scritti di Samuel Gottlieb Gmelin e Peter Simon Pallas. Oltre a indicare Voronež, in Russia, come uno dei luoghi di presenza del tarpan, Boddaert menzionò anche l'[[Penisola arabica|Arabia]], la [[Tartaria]] e la [[Cina continentale]] come parte del suo areale di distribuzione. Tuttavia, oggi si ritiene che la regione di Voronež rappresenti l'effettiva ''[[Locus typicus (biologia)|terra typica]]'' del tarpan.<ref name="Boddaert 1785"/><ref name="Groves et al. 2011"/> Un [[Sinonimo (tassonomia)|sinonimo]] parzialmente utilizzato per il tarpan è ''Equus gmelini'', introdotto nel 1912 da [[Otto Antonius]] in onore di Gmelin. Antonius giustificò questa denominazione notando che l'aspetto del tarpan ricordava quello di un asino, a causa della testa grande e degli arti lunghi e sottili. Anche in questo caso, le descrizioni di Gmelin costituirono la base per la classificazione, arricchite dai dati ricavati dall'osservazione di alcuni esemplari catturati nella seconda metà del XIX secolo e dai due scheletri conosciuti.<ref name="Antonius 1912"/>
 
=== Tarpan delle steppe e tarpan dei boschi ===
Entrambi i ''partner'' sono coinvolti nella costruzione del [[nido]]. Di solito, le gru nidificano sul terreno; solo le gru coronate costruiscono il nido sugli alberi, ma anche presso di loro questo rappresenta un'eccezione. Le damigelle di Numidia e le gru del paradiso di tanto in tanto non costruiscono nessun nido, ma depongono le uova sulla nuda terra. Normalmente, le gru che nidificano in terreni paludosi costruiscono un nido fatto di materiale vegetale accatastato. La covata è costituita da due uova in quasi tutte le specie. Le gru caruncolate a volte depongono un solo uovo, mentre le gru coronate di solito ne depongono tre o quattro. Il colore delle uova è bianco o bluastro nelle specie tropicali, più scuro nelle specie dei climi più freddi. Le uova scure assorbono la radiazione solare del nord, mentre le uova bianche la riflettono. Le uova della maggior parte delle specie di gru sono ricoperte da un motivo a macchie.
La questione dell'eventuale attribuzione di sottospecie distinte al tarpan è stata oggetto di un lungo dibattito. Oltre all'occasionale inclusione del cavallo di Pržewalski nella stessa specie, si è discusso della possibile distinzione tra un «tarpan delle steppe» e un «tarpan dei boschi». La descrizione originale di ''Equus ferus'' fornita da Pieter Boddaert nel 1785 si basava su esemplari delle steppe dell'Europa orientale. Successivamente, nel 1828, [[Julius von den Brinken]], capo forestale del [[Corona del Regno di Polonia|Regno di Polonia]], propose il nome ''Equus sylvestris'' per identificare i cavalli selvatici della [[foresta di Białowieża]],<ref name="Brincken 1828"/> un termine che divenne comunemente utilizzato per il cosiddetto «tarpan dei boschi». Al «tarpan dei boschi» vengono attribuite alcune caratteristiche distintive rispetto al «tarpan delle steppe»: un corpo più piccolo e leggero, una faccia più corta, arti più corti e una maggiore decolorazione del manto invernale.<ref name="Groves 1986"/><ref name="Heptner 1988"/> L'areale di questa forma sarebbe stato limitato alle foreste dell'Europa orientale e centrale, anche se non è chiaro quanto si estendesse verso ovest. Resoconti storici, come quelli citati da Hamilton Smith nel 1841,<ref name="Smith 1841"/> parlano di cavalli selvatici massicci con crani larghi e mandibole robuste presenti in Europa occidentale e centrale, ma non è certo che si riferissero al «tarpan dei boschi». Uno dei principali sostenitori della distinzione tra «tarpan dei boschi» e «tarpan delle steppe» fu il ricercatore polacco [[Tadeusz Vetulani]]. Nel 1927, Vetulani propose il nome scientifico ''Equus gmelini silvaticus'' per il tarpan della foresta di Białowieża, basandosi su fonti storiche e analisi di materiali cranici. Egli ipotizzò che l'aumento delle foreste in Europa centrale dopo l'[[Glaciazione weichseliana|ultima era glaciale]] avesse favorito l'adattamento del tarpan a un ambiente boschivo.<ref name="Vetulani 1927"/><ref name="Vetulani 1933"/><ref name="Vetulani 1933b"/><ref name="Vetulani 1933c"/> Tuttavia, non tutti i reperti cranici analizzati da Vetulani sono oggi attribuiti con certezza al tarpan.<ref name="Vuure 2014"/> Dopo la [[Seconda Guerra Mondiale]], la distinzione tra «tarpan dei boschi» e «tarpan delle steppe» venne ripresa da studiosi come [[Vladimir Georgievič Geptner]] negli anni '50 e '60<ref name="Heptner 1955"/><ref name="Heptner 1988"/> e, in parte, da [[Colin Groves|Colin P. Groves]] negli anni '80.<ref name="Groves 1986"/> Tuttavia, Groves successivamente abbandonò questa suddivisione, affermando che non esistessero prove sufficienti per giustificare la separazione in due sottospecie distinte.<ref name="Groves 1994"/><ref name="Groves et al. 2011"/><ref name="Jezierski et al. 2008"/>
 
La cova dura in media trenta giorni. Ad essa si dedicano entrambi i ''partner'', ma è la femmina a svolgere la maggior parte di questo compito. Pertanto la femmina cova per tutta la notte, mentre durante il giorno i due ''partner'' si alternano. Entrambi i genitori partecipano anche all'alimentazione dei piccoli. Questi, tuttavia, si allontanano dal nido dopo pochi giorni e saranno loro stessi ad andare in cerca del cibo di cui necessitano, pur continuando, comunque, a dipendere dalla protezione dei genitori per molto tempo. Le damigelle di Numidia diventano indipendenti dopo 55-60 giorni e le gru caruncolate dopo 90-130 giorni. Spesso solo uno dei giovani riesce a sopravvivere, in quanto il primo che esce dall'uovo è più forte e impedisce al fratello di accedere al cibo. Nella gru siberiana, i genitori con il primogenito lasciano sempre il nido primo che il secondo uovo si schiuda; di conseguenza, il pulcino, una volta nato, rimane da solo e muore di fame.
 
== Evoluzione ==
Il gruppo più antico di gru è quello delle gru coronate, di cui si conoscono resti fossili risalenti all'[[Eocene]], epoca nella quale vivevano anche in Europa e in Nordamerica. I più antichi fossili di «vere» gru (Gruinae), invece, risalgono al [[Miocene]]. Nel [[Wyoming]] è stato rinvenuto un osso della zampa appartenente ad una gru canadese del [[Pliocene]]. Nel [[Pleistocene]] medio-superiore, molte delle specie di gru odierne erano già presenti entro i confini del loro areale<ref>Matthiessen, S. 273 bis S. 275</ref>.
 
== Tassonomia ==
[[File:Kanadakraniche.jpg|thumb|[[Antigone canadensis|Gru canadesi]] nel [[parco nazionale di Yellowstone]] (19 giugno 2004).]]
[[File:Grus rubicunda.jpg|thumb|Due esemplari di [[Antigone rubicunda|brolga]].]]
Le gru sono state assegnate all'ordine che da esse prende il nome, quello dei [[Gruiformes|Gruiformi]]. All'interno di questo ordine, i loro parenti più stretti sono il [[Aramus guarauna|rallo gigante o serracura]] e i [[Psophia|trombettieri]].
 
Tradizionalmente, le gru vengono suddivise in due sottofamiglie. Le [[Balearica|gru coronate]] (Balearicinae) sono prive della trachea assai lunga e serpentina propria delle [[Gruinae|vere gru]] (Gruinae). Al gruppo delle gru coronate sono ascritte solamente due specie; tutte le altre appartengono ai Gruinae. Tra questi ultimi, il genere ''Grus'' è di gran lunga il più ricco di specie. La classificazione seguente segue quella ufficiale dell'Unione Ornitologica Internazionale<ref>G.W. Archibald: ''Crane taxonomy as revealed by the unison call''. In: J.C. Lewis & H. Masatomi: ''Crane research around the world'', International Crane Foundation 1976</ref>, con le correzioni proposte da ''Handbook of the Birds of the World Alive''<ref name="krajewski">C. Krajewski: ''Phylogenetic relationships among cranes (Gruiformes: Gruidae) based on DNA hybridization''. In: ''Auk'' 1989, Nr. 106, S. 603–618</ref>.
 
Sottofamiglia '''Balearicini''' (Balearicinae)
* ''[[Balearica]]'' <span style="font-variant: small-caps">Brisson, 1760</span>
** ''[[Balearica regulorum]]'' <span style="font-variant: small-caps">(E. T. Bennett, 1834)</span> - gru coronata grigia;
** ''[[Balearica pavonina]]'' <span style="font-variant: small-caps">(Linnaeus, 1758)</span> - gru coronata nera.
Sottofamiglia '''Gruini''' (Gruinae)
* ''[[Leucogeranus]]'' <span style="font-variant: small-caps">Bonaparte, 1855</span>
** ''[[Leucogeranus leucogeranus]]'' <span style="font-variant: small-caps">(Pallas, 1773)</span> - gru siberiana.
* ''[[Antigone (genere)|Antigone]]'' <span style="font-variant: small-caps">Reichenbach, 1853</span>
** ''[[Antigone canadensis]]'' <span style="font-variant: small-caps">(Linnaeus, 1758)</span> - gru canadese;
** ''[[Antigone vipio]]'' <span style="font-variant: small-caps">(Pallas, 1811)</span> - gru nucabianca;
** ''[[Antigone antigone]]'' <span style="font-variant: small-caps">(Linnaeus, 1758)</span> - gru antigone;
** ''[[Antigone rubicunda]]'' <span style="font-variant: small-caps">(Perry, 1810)</span> - brolga.
* ''[[Grus]]'' <span style="font-variant: small-caps">Brisson, 1760</span>
** ''[[Grus carunculata]]'' <span style="font-variant: small-caps">(J. F. Gmelin, 1789)</span> o ''[[Bugeranus carunculatus]]'' - gru caruncolata;
** ''[[Grus paradisea]]'' <span style="font-variant: small-caps">(A. A. H. Lichtenstein, 1793)</span> o ''[[Anthropoides paradiseus]]'' - gru del paradiso;
** ''[[Grus virgo]]'' <span style="font-variant: small-caps">(Linnaeus, 1758)</span> o ''[[Anthropoides virgo]]'' - damigella di Numidia;
** ''[[Grus japonensis]]'' <span style="font-variant: small-caps">(P. L. Statius Müller, 1776)</span> - gru della Manciuria;
** ''[[Grus americana]]'' <span style="font-variant: small-caps">(Linnaeus, 1758)</span> - gru americana;
** ''[[Grus grus]]'' <span style="font-variant: small-caps">(Linnaeus, 1758)</span> - gru cenerina;
** ''[[Grus monacha]]'' <span style="font-variant: small-caps">Temminck, 1835</span> - gru monaca;
** ''[[Grus nigricollis]]'' <span style="font-variant: small-caps">Przewalski, 1876</span> - gru collonero.
 
Grazie alle analisi genetiche molecolari è stato possibile studiare le relazioni che intercorrono tra le specie di gru. Le analisi effettuate attraverso l'[[Ibridazione (biologia molecolare)|ibridazione DNA-DNA]] da Krajewski<ref name="krajewski"/> e le analisi del [[Citocromo b|citocromo ''b'']] da Krajewski e Fetzner<ref>Carey Krajewski & James W. Fetzner: ''Phylogeny of cranes (Gruiformes: Gruidae) based on cytochrome-b DNA sequences''. In: ''Auk'' 1994, Nr. 111 (2), S. 351–365</ref> sono giunte a conclusioni simili. I raggruppamenti di specie a eccezione di ''Grus'' sono risultati [[Monofilia|monofiletici]], mentre quest'ultimo è risultato [[Parafilia (filogenesi)|parafiletico]] per quanto riguarda i generi ''Antigone'', ''Bugeranus'' e ''Anthropoides''. Il [[cladogramma]] realizzato da Krajewski e Fetzner si presenta così:
 
{{clade
|label1=Gruidae&nbsp;
|1={{clade
|label1=&nbsp;N.N.&nbsp;
|1={{clade
|1=&nbsp;Gru siberiana (''[[Leucogeranus leucogeranus]]'')
|label2=&nbsp;N.N.&nbsp;
|2={{clade
|1=&nbsp;''[[Grus]]''
|label2=&nbsp;N.N.&nbsp;
|2={{clade
|1=&nbsp;''[[Antigone (genere)|Antigone]]''
|label2=&nbsp;N.N.&nbsp;
|2={{clade
|1=&nbsp;Gru canadese (''[[Antigone canadensis]]'')
|label2=&nbsp;N.N.&nbsp;
|2={{clade
|1=&nbsp;[[Grus virgo|Damigella di Numidia]] e [[Grus paradisea|gru del paradiso]] (''Anthropoides'')
|2=&nbsp;[[Grus carunculata|Gru caruncolata]] (''Bugeranus'')
}}
}}
}}
}}
}}
|2=&nbsp;Gru coronate (''[[Balearica]]'')
}}
}}
 
== Rapporti con l'uomo ==
=== Cultura popolareEstinzione ===
Il declino del tarpan dal suo vasto areale di distribuzione iniziò molto presto. In [[Danimarca]], dove veniva intensamente cacciato, pare fosse presente in grande numero fino al XII secolo. Durante il [[Medioevo]] o all'inizio dell'[[era moderna]], il tarpan scomparve dall'Europa occidentale e centrale, sopravvivendo più a lungo nelle aree boschive e steppiche dell'Europa orientale. Tuttavia, anche in [[Polonia]] e [[Lituania]], la specie divenne sempre più rara. Nel 1783, [[Kajetan Kozmian]], durante una visita al parco naturale di [[Zamość]], nel sud della Polonia, scrisse che il tarpan era stato recentemente estirpato in natura in Polonia. Poco prima, secondo alcuni resoconti, gli ultimi esemplari che vivevano intorno alla [[foresta di Białowieża]] furono catturati e trasferiti nel parco di Zamość, suggerendo che il tarpan fosse già assente a Białowieża prima del 1800.<ref name="Pasicka 2013"/><ref name="Vuure 2014"/> Similmente, [[Julius von den Brinken]] riportò che il tarpan era ancora abbastanza comune in Polonia un secolo prima e che, quaranta anni prima, poteva essere avvistato occasionalmente in Lituania.<ref name="Brincken 1828"/> L'ultimo tarpan selvatico noto dei boschi fu probabilmente abbattuto intorno al 1814 nei pressi di [[Kaliningrad]].<ref name="Heptner 1955"/><ref name="Heptner 1988"/><ref name="Jezierski et al. 2008"/>
==== Etimologia e denominazione ====
Il nome «gru» deriva dal latino ''grus'', che a sua volta trae origine dal greco ''geranos''; la stessa etimologia hanno anche il francese ''grue'' e lo spagnolo ''grulla'', nonché il tedesco ''kranich'' e l'inglese ''crane'', termini strettamente correlati tra loro. Secondo [[Isidoro di Siviglia]] è possibile che ''grus'' derivi dal latino ''congruere'' («essere d'accordo»). Pertanto, tale nome si riferirebbe sia al richiamo simile allo squillo di una tromba di questi uccelli, sia alle posizioni sincrone che assumono durante le loro danze.
 
Inoltre, gli etimologi hanno anche riscontrato alcuni nomi che derivano da quello delle gru. Ad esempio, alcune bacche simili al mirtillo rosso che le gru amano mangiare (''Vaccinium oxycoccos'') vengono chiamate in inglese ''cranberries'' («bacche delle gru»). Il suo piede simboleggia il dipartirsi delle varie linee nell'albero genealogico tant'è vero che ha ispirato il [[Lingua francese antica|francese antico]] ''pied-de-grue'', indicante quel particolare disegno dove in cima vi era il capostipite, mentre i suoi discendenti erano via via collegati fra loro da tratti verticali verso il basso: in quegli schemi comparivano spesso dei segni composti di tre linee a forma di freccia aperta che designavano la successione e che furono considerati come l'orma del piede di questo uccello. Poi gli inglesi, ispirandosi a quell'espressione, forgiarono il vocabolo ''[[pedigree]]'', che venne a poco a poco a significare «discendenza». In Italia si è cominciato a usare la parola nella seconda metà del XIX secolo riservandola però ai cavalli di razza e poi agli animali domestici in genere.
 
[[Gru (tecnologia)|Gru]] è stata battezzata a sua volta la macchina moderna che serve per sollevare carichi e trasportarli da un punto all'altro per la somiglianza del suo braccio mobile con il collo di questo uccello.
 
==== Mitologia e culto ====
[[File:Jiayuguan-087.JPG|thumb|Statue di gru a Jiayuguan (Cina).]]
Siccome era un uccello migratore venne consacrato dai [[Mitologia greca|greco-romani]] a [[Ermes]]-[[Mercurio (mitologia)|Mercurio]], il dio che vegliava sui viaggiatori ed era stato anticamente il protettore dei poeti e degli artisti, prima che queste funzioni gli fossero usurpate da [[Apollo]]. Il suo volo veniva osservato attentamente dagli [[Augure|auguri]] antichi che ne traevano indicazioni per il futuro.
 
Nell'antichità si favoleggiava che fra questi uccelli e i [[Pigmei (mitologia)|Pigmei]], una popolazione situata più a sud delle sorgenti del Nilo, vigesse un'inimicizia eterna. «A quanto sento dire», scriveva [[Claudio Eliano|Eliano]], «anche il popolo dei Pigmei è retto a monarchia; ma essendo venuto meno il re, il comando sopra di loro fu assunto da una regina, di nome Gerana, che i Pigmei divinizzarono tributandole onori troppo grandi per un essere umano. A causa di quegli eccessi Gerana cominciò a dare segni di pazzia e a disprezzare le dee; diceva, riferendosi in particolare a Era, ad Atena, ad Artemide e Afrodite, che queste divinità non potevano minimamente competere con la sua bellezza. Non riuscì però a sottrarsi alle conseguenze di simili vaniloqui. Era infatti, sdegnata, la trasformò nel più brutto degli uccelli, cioè in una gru, e anche oggi essa continua a combattere contro i Pigmei, colpevoli di averla rovinata e resa pazza con le eccessive manifestazioni di ossequio»<ref>[[Claudio Eliano]], ''La natura degli animali'', XV, 29. [[Ovidio]] (''[[Le metamorfosi (Ovidio)|Metamorfosi]]'', VI, 90-92) ne dà una versione diversa: «La regina dei Pigmei avrebbe addirittura sfidato Giunone che l'aveva vinta e poi trasformata in quell'uccello che si azzuffava perennemente con i Pigmei».</ref>.
 
Al mitico episodio allude anche [[Omero]]:
{{Citazione|Quando poi furono in ordine, ognuno col suo comandante,<br/>
si mossero i Troiani con clamore e gridio, come uccelli,<br/>
come quando nel cielo si spande lo strepito delle gru,<br/>
che fuggite di fronte all'inverno e alle grandi piogge,<br/>
strepitando si levano a volo sulle correnti dell'Oceano,<br/>
per poi portare ai Pigmei la strage e la morte...<ref>[[Omero]], ''[[Iliade]]'', III, 1-6.</ref>}}
 
Fu sempre Omero a parlare per primo della «[[danza delle gru]]», quella che fu eseguita da [[Teseo]] all'uscita dal labirinto, poco prima che l'eroe ripartisse con [[Arianna (mitologia)|Arianna]]; tale danza era collegata al labirinto: [[Károly Kerényi]] spiega la correlazione col fatto che la gru è un uccello migratore che va e ritorna, come Teseo che va e torna dal labirinto.
 
{{Citazione|In origine colei che i Greci chiamavano Arianna era la Signora del Regno dei morti. Nel tempo delle origini si poteva entrare nel suo regno danzando, così come danzando si poteva uscirne. La figura primordiale della danza cretese, il ''ghéranos'', era una spirale dalle molteplici volute, nella quale il danzatore (il primo ballerino di una schiera di danzatori), giunto al centro ritornava sui suoi passi e si avviava danzando verso l'uscita su un percorso parallelo a quello per cui era entrato, sempre danzando. A [[Delo]] venne poi interpretata come danza di vittoria; e infine inserita nel mito di Teseo dove si narrava che era stata eseguita per la prima volta quando Teseo e Arianna stavano per partire da Creta. [...] Non si potrà dimenticare che le gru a un certo momento si alzano in volo [...] Nelle danze del labirinto era ben tangibile un anelito verso la liberazione; e a quell'anelito si mescolava, fino a non differenziarsene, se non proprio a essergli identico, un profondo desiderio di levarsi in volo, di fuggire.<ref>[[Károly Kerényi]], ''Nel labirinto'', Torino 1983, I, pp. 117-18.</ref>}}
 
In Grecia si narrava che durante il diluvio [[Deucalione]] fu salvato da uno stormo di gru che lo guidò sul monte Gerania, che significa «il monte delle gru» (dal greco ''ghéranos'', che designa questo uccello).
 
Nella stessa area simbolica si situa anche una leggenda greca secondo la quale il celebre poeta [[Ibico]], nato a [[Reggio Calabria|Reggio]] nella [[Magna Grecia]], era stato ucciso da alcuni ladroni. Nessuno sarebbe riuscito a scoprire gli assassini se uno stormo di gru non li avesse indicati sorvolandoli con insistenza. Questa storia, narrata da Plutarco, ispirò molti secoli dopo [[Friedrich Schiller]] a scrivere la famosa ballata ''Le gru di Ibico''<ref>[http://gutenberg.spiegel.de/schiller/gedichte/ibykus.htm Friedrich Schiller Rousseau.]</ref>.
 
Si diceva che il dio [[celti]]co [[Ogma]] avesse inventato l'alfabeto ogamico dopo aver osservato il volo delle gru, che erano le custodi del segreto di questo alfabeto. In [[Irlanda]], i contadini pregavano il dio [[Manannan mac Lir|Manannan]] portando in offerta una sacca di pelle di gru piena di tesori del mare, chiedendo in cambio di avere un buon raccolto, mentre i marinai gli si rivolgevano affinché facessero un buon viaggio. Il paese di Grippia menzionato nella saga di ''Herzog Ernst'' era abitato da uomini con teste di gru che assediavano un popolo di pigmei fino a ché Ernst non riuscì a liberarli. In [[Svezia]] le gru vengono soprannominate gli «uccelli della fortuna», in quanto il loro arrivo coincide con la primavera, che porta con sé calore, luce e abbondanza di cibo.
[[File:Origami 2.jpg|thumb|[[Origami]] di gru - simbolo di lunga vita.]]
Il simbolo di guida spirituale verso la liberazione si riscontra in [[Cina]] dove la danza delle gru (che vengono chiamate 鹤, ''hè'') evoca la possibilità di volare fino alle Isole degli Immortali. D'altronde nel [[taoismo]] questo trampoliere è simbolo d'immortalità. A loro volta i giapponesi, credendo che le gru vivano migliaia di anni, le considerano simboli di longevità: tanto è vero che si offrono spesso agli anziani delle pitture o incisioni dove figurano gru, pini e tartarughe, tutti e tre simboli di lunga vita. L'immagine di questo uccello è collegata anche al culto degli antenati, come testimoniano molti oggetti rituali che, modellati nelle sembianze del volatile, vengono usati nelle cerimonie in loro onore. Questo simbolismo si spiega considerando che in Cina la gru è l'uccello Hac, «colui che è venuto e non rimane». Dopo l'[[Bombardamenti atomici di Hiroshima e Nagasaki|esplosione atomica]] su [[Hiroshima]], che si dice sia stata più luminosa di mille soli, una bambina colpita dalle radiazioni, [[Sadako Sasaki]], si impegnò a costruire mille gru di carta nella speranza di poter guarire. Morì prima di portare a termine la sua impresa, ma altri bambini hanno continuato per lei, e oggi le statue di pietra del [[Monumento alla pace dei bambini|Peace Memorial Park]] di Hiroshima sono decorate da milioni di piccole gru di [[origami]].
 
In India tuttavia, a causa di alcuni suoi atteggiamenti, come quelli che assume nella danza, è considerata il più falso tra gli uccelli e simbolo di tradimento. «Ingannevole» è l'epiteto con cui la si designa: non a caso ha dato il suo nome alle dee dalla testa di gru (le otto ''[[Mahāvidyā|mahâvidyâ]]'') che simboleggiano la potenza della crudeltà, della magia nera, del veleno e dell'istinto di distruzione.
 
==== Araldica ====
[[File:DEU Kransberg COA.svg|thumb|260px|[[Stemma]] della comunità di Kransberg.]]
Riguardo alle gru, mescolando osservazioni fondate e fantasticherie, che tuttavia hanno ispirato il [[Simbolo|simbolismo]] di questo animale, [[Plinio il Vecchio]] riferiva:
{{Citazione|Si mettono d'accordo sulla data della partenza; volano a grande altezza per vedere lontano davanti a sé e scelgono un capo che faccia loro da guida lungo l'itinerario che devono seguire e in coda alla schiera, a turno, pongono delle compagne che con le loro grida sappiano mantenere compatto lo stormo. Durante la notte dispongono dei turni di guardia: e le sentinelle sono costrette a reggere una pietruzza, perché se questa scivola via dalla presa a causa del sonno e cade, diventa così molto evidente la loro negligenza; le altre gru dormono, nascondendo la testa sotto l'ala e stando, alternativamente, ora su un piede ora su un altro. Il capo invece, tenendo il collo ben ritto, controlla e ordina.<ref>[[Gaio Plinio Secondo]], ''Storia naturale'', X, 58-59.</ref>}}
Già [[Aristotele]] aveva smentito la falsa credenza della pietra tenuta nella zampa: tuttavia essa era troppo suggestiva per non venire adottata anche nel Medioevo giacché evocava i simboli della vigilanza, della previdenza e anche della prudenza spirituale. È possibile trovare la figura della gru con la pietra su molti [[Arma (araldica)|emblemi]], [[Stemma|stemmi]] e [[Insegna|insegne]], nonché su case e [[Castello|castelli]].
 
Nella cristianità medievale ci si è ispirati a una credenza dei naturalisti antichi per evocare anche la figura del Salvatore: come testimonia il passo di Plinio il Vecchio che abbiamo citato, le gru si scelgono un capo il quale non soltanto guida lo stormo durante la migrazione, ma di notte lo sorveglia con la testa eretta.
 
Sulla decorazione di un vaso antico proveniente dalla [[villa Adriana]] di [[Tivoli]], oggi custodito al [[Hôtel de Cluny|Museo di Cluny]], si vede una gru che combatte il serpente. Probabilmente l'immagine venne a simboleggiare in ambiente cristiano il Cristo che combatte il demonio. Così è stata interpretata un'analoga figura su un amuleto gnostico: è un simbolismo che appare anche nell'ambito della cicogna. D'altronde nel Medioevo si tendevano a confondere le cicogne con le gru, gli aironi e gli ibis<ref>Henri Leclercq, ''Dictionnaire d'archéologie chrétienne et de liturgie'', Parigi 1903, fasc. 108-09, col. 1288, figg. 7-547.</ref>.
 
Nel mosaico del santuario cristiano di [[Madaba]], eretto in [[Palestina]] nel 490 in onore di sant'Elia, si è scoperta anche una gru coronata che non può non essere una figura simbolica di Cristo<ref>Henri Leclercq, ''Dictionnaire d'archéologie chrétienne et de liturgie'', Parigi 1903, fasc. 106-07, col. 869, figg. 7-427.</ref>.
 
==== Astronomia ====
[[File:Grus and Piscis Austrinus from Atlas Coelestis.jpg|thumbnail|right|Le costellazioni della Gru e del [[Pesce Australe]], che in passato formavano una costellazione unica, come appaiono in ''Atlas Coelestis'' di [[Johann Gabriel Doppelmayer|Johann Doppelmayr]] (1742 ca.).]]
La [[Gru (costellazione)|gru]] è anche disegnata nel cielo: [[Petrus Plancius|Plancius]], che nel 1598 l'aveva inserita nel suo mappamondo, in uno successivo la trasformò nel Fenicottero (''Phoenicopterus''); oggi però è catalogata con il nome originario. Venne formata con stelle che si trovavano sotto il [[Pesce Australe|Pesce australe]]. Due sono abbastanza luminose: [[Al Na'ir|Alnair]] (''α Gruis'', magnitudine 1,7), il cui nome deriva dall'abbreviazione di un'espressione araba che significa «quella brillante presa dalla coda di pesce» perché gli arabi nel Medioevo avevano esteso la coda del Pesce australe fino a questa regione del cielo; e ''[[Beta Gruis|β Gruis]]'', una gigante rossa di magnitudine 2,1.
 
==== Fiabe, favole e letteratura ====
Nell'antica [[Folclore|tradizione popolare]] e nelle fiabe, la gru, alla quale vengono di regola attribuite qualità positive, compare come annunciatrice di nascite e di matrimoni, ma anche di guerra e di morte. Nelle [[Favola|favole]], viene di solito utilizzata per simboleggiare l'ingiustizia e l'ingratitudine umana.
 
Il racconto [[Sacha (Jacuzia)|jakuto]] ''Le piume della gru'' parla di una gru che si trasforma in una bellissima ragazza per sposare un essere umano. Un giorno, tuttavia, l'uomo scopre le piume strappate che un tempo rivestivano la moglie e si allontana, rappresentando così la natura sfuggente dell'estate e dell'amore. Anche favole russe come ''L'airone e la gru'' o ''La volpe e la gru''<ref>{{cita web | url=http://ww2.raccontidifata.com/2013/11/la-volpe-e-la-gru-fiaba-russa.html | sito=racconti fiabe filastrocche e.. non solo | titolo=La volpe e la gru}}</ref> hanno per protagonista questo uccello; in quest'ultima, i due protagonisti si invitano reciprocamente a un pranzo che solo il padrone di casa è in grado di mangiare. Anche [[Johann Wolfgang Goethe]] dedicò a questo argomento un poema<ref>[http://www.textlog.de/18777.html J.W. Goethe - Gedichte – Fuchs und Kranich]</ref>. Nella favola di [[Fedro]] ''Il lupo e la gru''<ref>{{cita web | url=https://www.inrete.ch/cult/FAVOLE/Fedro/Fedro-Il%20lupo%20e%20la%20gru.htm | autore=Fedro | titolo=Il lupo e la gru}}</ref>, invece, l'uccello libera il lupo da un osso rimastogli bloccato in gola, ma non riceve alcuna ricompensa.
 
Nelle ''Storie animali'' di Haanpää la gru viene umanizzata e individualizzata. Il racconto ''La gru dalle ali monche'' parla di un esemplare che non può migrare verso sud e durante l'inverno deve lottare contro i suoi nemici. Esso trae spunto dal poema ''La gru'' di [[Theodor Fontane]], che parla di una gru con le ali spuntate che tenta a lungo di seguire i suoi conspecifici e viene derisa dai polli dopo i suoi inutili sforzi.
 
L'antico [[profeta]] israelita [[Libro di Geremia|Geremia]] cita uno dei tratti caratteristici di questo uccello (il conoscere il periodo in cui migrare) nella [[Bibbia]] (''Geremia 8,7''<ref>[http://www.bibleserver.com/act.php?search_context=24008007&context_translation=1 bibleserver.com]</ref>).
 
Nella poesia, la gru viene utilizzata simbolicamente per descrivere qualcosa di «[[sublime]]» in natura. ''La gru saggia'' di [[Wilhelm Busch]]<ref>[http://www.wilhelm-busch-seiten.de/gedichte/letzt75.html Zu guter Letzt Der kluge Kranich]</ref> si rifà nuovamente alla figura dell'uccello vigile con la pietra nella zampa. [[Johann Wolfgang Goethe]], nel ''[[Faust (Goethe)|Faust: Una tragedia]]'' (''Fuori porta'')<ref>{{cita web | url=https://www.rodoni.ch/busoni/bibliotechina/goethe/faust.html | autore=Johann Wolfgang Goethe | titolo=Faust}}</ref>, lascia che il protagonista si lamenti:
{{Citazione|quando sopra pianure e sopra laghi<br/>vola la gru che fa ritorno a casa.}}
 
L'uccello è protagonista anche delle poesie ''La gru'' di [[Nikolaus Lenau]], ''La gru'' di Nikolaj Rubcov e ''La gru paralizzata'' di [[Ewald Christian von Kleist]].
 
Nel romanzo ''I bambini Jeronim'' di [[Ernst Wiechert]], Gogun, un razziatore di nidi, ruba le uova di gru e i loro piccoli per venderli ai proprietari terrieri. Nel [[dramma]] di Viktor S. Rozow ''Gli amanti eterni'', questi uccelli vengono usati come metafora alla morte del protagonista Boris. Nella [[novella]] ''Le prime gru'' di [[Čyngyz Ajtmatov]], le gru appaiono come annunciatrici della primavera prossima, dell'amore e della gioia di vivere, ma anche come promemoria contro la guerra, l'alienazione e le divisioni. Anche [[Selma Lagerlöf]] menziona la gru in uno dei capitoli del ''[[Il viaggio meraviglioso di Nils Holgersson|Viaggio meraviglioso di Nils Holgersson]]'' (''La grande danza delle gru sul Kullaberg'').
 
==== Musica, arte e film ====
[[File:Pine, Plum and Cranes.jpg|thumb|Tre [[Simbolo|simboli]] cinesi - il pino, il susino e la gru (qui due [[Grus japonensis|gru della Manciuria]]) - in un disegno di Shen Quan (1759).]]
Nell'opera ''[[Ascesa e caduta della città di Mahagonny]]'' di [[Bertolt Brecht]] c'è un brano musicale che parla delle gru (''Siehst du die Kraniche im hohen Bogen...'').
 
Nelle arti visive, raffigurazioni di gru si possono trovare dalle epoche storiche più antiche fino ad oggi. Questo uccello è stato un modello sia per [[Pittura su tavola|pitture su tavola]] che su parete, nonché per [[Miniatura (ritratto)|miniature]] e [[Illustrazione|illustrazioni]]. Ne esistono rappresentazioni artigianali e plastiche fatte di tessuto, [[ceramica]], [[legno]], [[Pietra (classificazione commerciale)|pietra]], [[bronzo]], [[Metallo nobile|metalli preziosi]] e altri materiali. Soprattutto in [[Asia]], è uno dei soggetti preferiti dagli illustratori.
 
Nell'arte cristiana, la gru compare, assieme ad altri uccelli, all'ingresso dell'[[arca di Noè]] nel [[mosaico]] della chiesa di San Marco a [[Venezia]]. Un'incisione di [[Albrecht Dürer]] mostra la Giustizia con la gru con la pietra nella zampa al suo fianco.
 
Nel film ''[[Quando volano le cicogne]]'' del regista georgiano [[Michail Konstantinovič Kalatozov|Michail Kalatozov]], uno stormo di gru appare in cielo alla morte di Boris, il protagonista.
 
==== Miscellanea ====
La gru in volo è il [[Marchio registrato|logo]] di molte [[Compagnia aerea|compagnie aeree]] attuali. Essa è utilizzata dalla [[Japan Airlines]], dalla [[Air Uganda]] e dalla [[XiamenAir]] cinese. Il logo della tedesca [[Lufthansa]], creato nel 1918 da Otto Firle a [[Berlino]], viene utilizzato dal 1926.
 
Un particolare reparto operativo della [[polizia]] [[austria]]ca, istituito in seguito all'attacco terroristico all'[[aeroporto di Vienna-Schwechat]] del [[27 dicembre]] [[1985]], è stato battezzato ''Einsatzabteilung Kranich''; il nome è stato scelto per la particolare vigilanza di questo uccello e, probabilmente, anche per la sua associazione con il volo.
 
=== L'uomo e le gru ===
==== Le gru come oggetto di caccia ====
Grazie ai petroglifi che sono stati scoperti in grotte [[Spagna|spagnole]] e in [[Svezia]], nonché ai ritrovamenti di ossa negli insediamenti [[Neolitico|neolitici]], sappiamo che le gru sono state cacciate fin dalla preistoria. È interessante notare che le ossa di età romana ritrovate in [[Ungheria]] sono circa il 10-20% più grandi di quelle degli esemplari odierni. La carne e le uova venivano mangiate, con le ossa venivano fabbricati strumenti e le piume venivano usate come monili.
 
Nelle steppe dell'Europa orientale, il tarpan si estinse qualche decennio più tardi, probabilmente intorno al 1880. Uno degli ultimi esemplari selvatici noti fu una femmina uccisa nel 1879 ad [[Askanija-Nova (città)|Askanija-Nova]], in Ucraina. Dalla fase finale della sua esistenza sono noti quattro esemplari significativi. Il primo fu catturato come puledro nel 1853 vicino a [[Melitopol']] e allevato in una tenuta, ma il suo destino rimane incerto a causa dello scoppio della [[guerra di Crimea]]. Il secondo, catturato negli anni 1850 da una mandria vicina alla penisola di [[Crimea]], fu soprannominato «tarpan della Crimea» o «della Tauride». Questo esemplare, donato allo [[zoo di Mosca]], fu successivamente trasferito all'[[Accademia russa delle scienze|Accademia delle Scienze Russa]], dove morì intorno agli otto anni. Il suo scheletro è oggi conservato presso l'Accademia. Il terzo esemplare, noto come «tarpan di Cherson» o «di Šatilov», fu catturato a metà degli anni 1860 nei pressi di [[Cherson]] e allevato in una tenuta. Nel 1884 fu trasferito allo zoo di Mosca, dove visse ancora per alcuni anni. Di questo esemplare esiste una fotografia, e il suo scheletro è conservato presso l'[[Università Lomonosov]] di Mosca. L'ultimo esemplare noto, il «tarpan di Dubrovka», morì in cattività intorno al 1918.<ref name="Antonius 1912"/><ref name="Heptner 1955"/><ref name="Heptner 1988"/>
Il poeta latino [[Quinto Orazio Flacco|Orazio]] la considerava una «piacevole preda», se solo non avesse avuto così tanti tendini. Ancora oggi, è possibile trovare gru in vendita in alcuni mercati in [[Africa]] e in [[India]]. Nel [[Medioevo]] le gru erano considerate prede nobili. Il trattato di [[caccia]] di [[Pietro de' Crescenzi]] ne descrive accuratamente la cattura con una rete tesa nella quale, al crepuscolo, questi uccelli venivano spinti. Nel suo [[De arte venandi cum avibus|libro di falconeria]], il [[Codice (filologia)|codice]] ''De arte venandi cum avibus'' (Sull'arte di cacciare con gli uccelli) l'imperatore [[Federico II di Svevia|Federico II]] di [[Hohenstaufen]] raffigurò in varie miniature a colori la gru in varie attività.
 
Le cause dell'estinzione del tarpan sono attribuibili principalmente all'attività umana. La caccia fu un fattore determinante, inizialmente riservata alla [[nobiltà]] nell'Europa centrale medievale. Inoltre, numerosi resoconti storici indicano che, soprattutto nelle steppe, le popolazioni locali come i [[Tatari]] e i [[Cosacchi]] utilizzavano il tarpan come risorsa alimentare. Il tarpan era noto per razziare i depositi di fieno, attaccare cavalli domestici o attrarli nel proprio gruppo. Condivideva inoltre con i cavalli domestici le fonti d'acqua, una risorsa particolarmente scarsa nelle regioni steppiche. Questi conflitti, uniti alla pressione della caccia, portarono alla progressiva scomparsa del tarpan.<ref name="Heptner 1988"/><ref name="Jezierski et al. 2008"/>
==== La gru come animale nocivo ====
[[File:Rastende Kraniche.JPG|thumb|Gri nel Meclemburgo.]]
Secondo un detto contadino [[Impero bizantino|bizantino]], è più facile «coltivare la roccia che campi e colline con gru nelle vicinanze». Chiamandole «ladri di semi» e «razziatrici di zolle», gli antichi greci le catturavano con reti, cappi o con il vischio. In [[Prussia]], [[Federico Guglielmo I di Prussia|Federico Guglielmo I]] ordinò la caccia alle gru «per i grandi danni» che arrecavano alle coltivazioni nelle valli fluviali e nelle pianure alluvionali.
 
=== Domesticazione ===
==== La gru come misuratore del tempo ====
[[File:Oostvaardersplassen2a.jpg|thumb|Il [[Konik (zoologia)|konik]], una razza di cavalli domestici a cui si attribuisce una somiglianza con il tarpan]]
Un certo numero di [[Meteorognostica|regole meteorognostiche]] correlate alla semina e alla raccolta, fa riferimento alle migrazioni delle gru. Ad esempio, l'autore greco [[Esiodo]] afferma quanto segue:
La [[domesticazione]] dei cavalli dai loro antenati selvatici risale a un periodo compreso tra il 4000 e il 3000 a.C. Uno dei principali centri di questa pratica fu l'[[Asia centrale]], dove, intorno al 3500 a.C., si sviluppò la [[cultura di Botai]], situata nell'attuale [[Kazakistan]] settentrionale. Questa cultura, collocata tra il [[Neolitico]] e l'[[età del rame]], utilizzava i cavalli come fonte di cibo e materie prime. L'usura caratteristica dei [[premolari]] dei cavalli rinvenuti nei siti di Botai suggerisce l'uso di [[Morso (equitazione)|morsi]], indicando che gli animali potrebbero essere già stati utilizzati per cavalcare. Per questa popolazione delle steppe, priva di mezzi di trasporto su ruote e, a parte i cani, di altri animali domestici, l'uso del cavallo rappresentò probabilmente un significativo incremento della mobilità.<ref name="Brown et al. 1998"/><ref name="Anthony et al. 2000"/><ref name="Anthony 2007"/><ref name="Outram et al. 2009"/> Analisi [[Genetica|genetiche]] condotte nel 2018 hanno rivelato che i cavalli della cultura di Botai costituiscono un gruppo fratello del [[Equus ferus przewalskii|cavallo di Pržewalski]], suggerendo che quest'ultimo discenda dai cavalli dei Botai, i quali si sarebbero inselvatichiti dopo la scomparsa della cultura. Questo risultato implica che il cavallo di Pržewalski non possa più essere considerato l'antenato dei cavalli domestici moderni.<ref name="Gaunitz et al. 2018"/><ref name="Fages et al. 2019"/> Tuttavia, alcuni studiosi continuano a dubitare che i cavalli della cultura di Botai fossero realmente addomesticati.<ref name="Taylor et al. 2021"/>
 
La stessa analisi del 2018 ha stabilito che i cavalli di Botai non sono gli antenati dei cavalli domestici attuali, suggerendo che la domesticazione del cavallo abbia avuto origine altrove. Per lungo tempo, né i dati genetici né le evidenze archeologiche sono riusciti a individuare con precisione il luogo e il tempo di questa seconda domesticazione. Tra le possibili aree di origine sono state proposte le steppe [[Mar Nero|pontico]]-[[Mar Caspio|caspiche]], l'[[Anatolia]] orientale, la [[penisola iberica]], il [[Levante (regione storica)|Levante]] e l'[[Iran]] occidentale.<ref name="Gaunitz et al. 2018"/><ref name="Benecke 2018"/> Il ruolo del tarpan in questo processo è stato ampiamente dibattuto.<ref name="Rubenstein 2011"/> Uno studio genetico del 2021 ha identificato una popolazione ancestrale di cavalli domestici risalente a circa il 3000 a.C. in Eurasia occidentale, probabilmente associata alle culture tardo-neolitiche di [[Cultura Majkop|Majkop]] o di [[Cultura di Jamna|Jamna]] nell'area del [[Mar Nero]]. Intorno al 2200 a.C., i cavalli domestici si diffusero oltre le steppe, forse in relazione alla [[cultura della ceramica cordata]] in Europa.<ref name="Librado et al. 2021"/><ref name="Librado et al. 2024"/> I cavalli domestici moderni mostrano un'elevata diversità nel [[DNA mitocondriale]] ma una scarsa variabilità nel [[cromosoma Y]], suggerendo che nel processo di domesticazione sia stato utilizzato un numero relativamente ridotto di stalloni, mentre le fattrici selvatiche locali contribuirono significativamente alla diversità mitocondriale. Inoltre, episodi di domesticazione indipendente e [[introgressione|introgressioni]] di femmine selvatiche potrebbero aver ulteriormente arricchito questa diversità.<ref name="Vila et al. 2001"/><ref name="Jansen et al. 2002"/><ref name="Lindgren et al. 2004"/><ref name="Warmuth et al. 2012"/>
{{Citazione|Fa' poi attenzione, quando tu odi il verso della gru,<br/>
che ogni anno strepita dall'alto delle nubi:<br/>
essa reca il segnale dell'aratura e dell'inverno piovoso<br/>
indica la stagione...<ref>[[Esiodo]], ''Le opere e i giorni'', 448 sgg.</ref>}}
 
Alcune razze di cavalli domestici, come il [[Konik (zoologia)|Konik]] e forse anche il [[pony Exmoor]] e il [[Dülmen (zoologia)|Dülmen]], sono state proposte come possibili discendenti dirette del tarpan. Questa ipotesi si basa su caratteristiche craniche e scheletriche, oltre che su resoconti storici. Per quanto riguarda il Konik, si narra che discenda dalla popolazione di tarpan ospitata nella riserva di caccia principesca di Zamość. Questi cavalli, distribuiti nel 1806 ai contadini della regione di [[Biłgoraj]] per aiutarli durante una crisi economica, si sarebbero incrociati con i cavalli domestici locali.<ref name="Pasicka 2013"/> Tuttavia, questa interpretazione è controversa.<ref name="Vuure 2014"/> Studi genetici sui cavalli domestici non hanno rilevato particolarità genetiche nel Konik o in altre razze primitive che possano confermare una diretta discendenza dal tarpan.<ref name="Jordana et al. 1995"/><ref name="Jansen et al. 2002"/><ref name="Jezierski et al. 2008"/>
Inoltre, le gru che volano ad alta quota dovrebbero annunciare il bel tempo.
 
==== LaIncrocio grucon comei animalecavalli ornamentaledomestici ====
È probabile che non tutti i cavalli selvatici descritti nelle regioni dell'Europa orientale fossero autentici cavalli selvatici; alcuni potrebbero essere stati cavalli domestici inselvatichiti o [[Ibrido|ibridi]]. Ad esempio, autori polacchi del XVIII secolo notarono che i cavalli selvatici locali soffrivano spesso di problemi agli zoccoli, che causavano deformità alle zampe. Questo particolare suggerisce che si trattasse di cavalli domestici tornati allo stato selvatico. Analogamente, [[Peter Simon Pallas]] sosteneva che tutti i cavalli selvatici tra il [[Volga]] e gli Urali fossero in realtà esemplari domestici inselvatichiti.<ref name="Pallas 1771"/><ref name="Pallas 1831"/> Al contrario, [[Charles Hamilton Smith]] respingeva questa ipotesi come troppo speculativa e riteneva che nel XIX secolo esistessero ancora veri cavalli selvatici non addomesticati.<ref name="Smith 1841"/><ref name="Jezierski et al. 2008"/>
[[Grus grus|Gru cenerine]] e [[Grus virgo|damigelle di Numidia]] erano tenute come uccelli ornamentali sia in [[Cina]] («uccelli di rango superiore») che in [[India]] («i più importanti tra tutti i pennuti»), nonché nell'[[Antico Egitto]]. Ne troviamo raffigurazioni risalenti ad oltre 4000 anni fa sulle pareti delle tombe egiziane del periodo [[Faraone|faraonico]]. I bassorilievi della mastaba di Ti indicano anche che questi uccelli venivano tenuti e fatti ingrassare in stormi semi-addomesticati come animali sacrificali.
 
Il grado di incrocio tra il tarpan e i cavalli domestici è stato oggetto di dibattito. Dopo i conflitti bellici, i cavalli dei soldati venivano spesso abbandonati e si integravano nei branchi di tarpan. Inoltre, i maschi di tarpan erano noti per rapire femmine domestiche e talvolta uccidere i maschi concorrenti. Nei secoli XVIII e XIX, erano frequenti i resoconti di cavalli selvatici con colorazioni insolite o branchi che includevano esemplari chiaramente appartenenti a razze domestiche. Pallas descrisse cavalli con caratteristiche tipiche dei selvatici, come testa grande, orecchie appuntite, criniera e coda corte e ricce, ma osservò anche esemplari con mantelli grigi o bianchi e arti chiari, tratti spesso associati alla domesticazione.<ref name="Pallas 1771"/><ref name="Jezierski et al. 2008"/>
Dagli scritti del romano [[Marco Terenzio Varrone|Varrone]] si può concludere che le gru furono in seguito allevate anche come uccelli domestici. Esse erano abituate a sorvegliare la casa e il cortile, grazie alle forti grida che avvisavano in modo affidabile l'arrivo di [[Carnivora|animali carnivori]] e [[Accipitriformes|uccelli rapaci]]. Tuttavia, quando [[Carlo Magno]] effettuò dei cambiamenti ad una legge salica, tale usanza andò persa.
 
Per queste ragioni, molti autori ritengono che i tarpan osservati negli ultimi due secoli fossero in realtà una popolazione di ibridi selvatici o, in alcuni casi, cavalli domestici inselvatichiti. Questo potrebbe valere anche per il tarpan di Cherson, noto per la sua criniera pendente, che poteva raggiungere una lunghezza di 48 cm. Tuttavia, alcuni studiosi preferiscono un approccio più cauto, sottolineando che anche nel cavallo di Pržewalski la criniera può pendere durante il passaggio dal manto estivo a quello invernale.<ref name="Antonius 1912"/> Vladimir Georgievič Geptner, tra gli altri, ha osservato che nel XIX secolo i tarpan nella Russia meridionale presentavano caratteristiche abbastanza uniformi, suggerendo una mescolanza limitata con i cavalli domestici. Inoltre, non ci sono segnalazioni di stalloni domestici che abbiano preso il controllo di branchi di tarpan, il che potrebbe indicare una relativa purezza genetica. Tuttavia, Geptner riconosce che il grado di ibridazione potrebbe essere stato più elevato in alcune regioni. Attualmente, solo pochi studiosi considerano i tarpan storici come veri cavalli selvatici puri, lasciando aperta la questione sulla natura e sull'identità del tarpan.<ref name="Heptner 1988"/><ref name="Jezierski et al. 2008"/>
==== Protezione delle gru ====
Ben undici specie delle quindici presenti sulla Terra sono a [[Specie a rischio|rischio di estinzione]]. In Asia orientale la perdita di aree umide minaccia la [[Grus japonensis|gru della Manciuria]], quella [[Grus monacha|monaca]] e quella [[Antigone vipio|nucabianca]]. La leggiadra [[Grus paradisea|gru del paradiso]], l'uccello simbolo del Sudafrica, è stata messa a rischio dalla predazione da parte dei cani rinselvatichiti e dalle colture arboree che hanno soppiantato gran parte del raro ''habitat'' originario della specie. La [[Grus americana|gru americana]], la specie più rara, è stata cancellata da gran parte del suo areale in America del Nord nel XIX secolo a causa della caccia, della raccolta delle uova e della distruzione dell<nowiki>'</nowiki>''habitat'' provocata dalla bonifica delle aree umide a favore delle praterie, più adatte all'allevamento. Nei primi anni '40 erano rimaste soltanto 21 gru americane. Grazie alla protezione dell'ambiente, alle leggi più restrittive sulla caccia e ai programmi di allevamento in cattività cominciati negli anni '60, quanto rimasto della popolazione di gru americana ha iniziato ad aumentare. Al momento si contano 442 individui in natura e 161 in cattività, nulla in confronto ai numeri originali, ma un grande risultato sulla via della salvezza per questa specie.
 
=== Progetti di ricostruzione ===
Tre le organizzazioni che si dedicano alla protezione delle gru ricordiamo l'[[International Crane Foundation]], con sede negli [[Stati Uniti d'America|USA]], e l'europea European Crane Working Group.
[[File:Hinweisschild Tarpane Neandertal.jpg|thumb|Im [[Eiszeitliches Wildgehege Neandertal|Wildgehege Neandertal]] (sowie etlichen anderen Tierparks in Deutschland) wird der Eindruck vermittelt, der Tarpan würde noch existieren. Die dortigen Tiere sind jedoch Heckpferde]]
Nel corso del XX secolo, sono stati intrapresi diversi tentativi per ricostruire il tarpan attraverso processi di [[Breeding back|riproduzione selettiva]], spesso definiti «retrodomesticazione». Tra questi, il più noto è il progetto del «[[cavallo di Heck]]», avviato negli anni '30 dai fratelli [[Heinz Heck|Heinz]] e [[Lutz Heck]]. L'obiettivo era ricreare un cavallo simile al tarpan utilizzando l'incrocio tra il cavallo di Pržewalski e varie razze di pony, selezionando caratteristiche fisiche che si ritenevano vicine a quelle del tarpan. Nel 1933 nacque il primo puledro grigio di questa linea, e i cavalli ottenuti sono talvolta chiamati «tarpan» ancora oggi. Tuttavia, non rappresentano una ricostruzione scientificamente fedele, ma piuttosto un tentativo di ottenere un animale dall'aspetto simile.<ref name="Nature"/><ref name="Hellabrunn"/> Un altro progetto di ricostruzione fu avviato negli stessi anni da [[Tadeusz Vetulani]], con l'obiettivo specifico di reintrodurre il «tarpan dei boschi» nella foresta di Białowieża. Vetulani utilizzò esemplari di Konik, una razza considerata vicina al tarpan, catturando diversi animali nella regione di Biłgoraj e trasferendoli in una riserva di 4 ettari vicino alla foresta primaria.<ref name="Vetulani 1936"/><ref name="Pasicka 2013"/> Questo progetto, tuttavia, subì un'interruzione durante la [[Seconda Guerra Mondiale]]. Durante il conflitto, il lavoro fu parzialmente continuato dai sovietici e, in alcuni casi, dai tedeschi. Negli anni '50, dopo la morte di Vetulani nel 1952, il governo polacco decise di trasferire il progetto a [[Popielno]], nel nord-est della Polonia. Qui, il gruppo di cavalli fu suddiviso e il focus si spostò gradualmente dalla «retrodomesticazione» alla conservazione della razza Konik. Il progetto originale di ricostruzione del tarpan cessò definitivamente negli anni '70, e i cavalli risultanti furono utilizzati principalmente per preservare e diffondere il Konik come razza indipendente.<ref name="Vuure 2014" />
 
== NoteLiteratur ==
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== BibliografiaEinzelnachweise ==
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<ref name="Heptner 1955">{{cita pubblicazione | lingua=ru | autore=Владимир Георгиевич Гептнер | titolo=Заметки о Тарпанах | rivista=Зоологический Журнал | volume=34 | numero=6 | anno=1955 | pp=1404-1423}}</ref>
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<ref name="Jezierski et al. 2008">{{cita libro | lingua=de | autore=Tadeusz Jezierski e Zbigniew Jaworski | titolo=Das Polnische Konik | collama=Die Neue Brehm-Bücherei 658 | editore=Westarp Wissenschaften | città=Hohenwarsleben | anno=2008 | capitolo=Herkunft und Zuchtgeschichte | pp=9-20}}</ref>
* Wolfgang Mewes, Günter Nowald e Hartwig Prange, ''Kraniche. Mythen, Forschung, Fakten.'' Braun, Karlsruhe 1999, ISBN 3-7650-8195-7.
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<ref name="Groves 1994">{{cita libro | autore=Colin P. Groves | capitolo=Morphology, Habitat and Taxonomy | curatore=Lee Boyd e Katherine A. Houpt | titolo=Przewalski’s Horse – The History and Biology of an Endangered Species | editore=State University of New York | città=Albany | anno=1994 | pp=39-59 | isbn=0-7914-1890-1}}</ref>
* R. L. Potapov e V. E. Fling, ''Handbuch der Vögel der Sowjetunion. Band 4: Galliformes, Gruiformes.'' Aula Verlag, Wiesbaden 1989, ISBN 3-89104-417-8.
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<ref name="Groves et al. 2011">{{cita libro | autore=Colin Groves e Peter Grubb | titolo=Ungulate Taxonomy | editore=Johns Hopkins University Press | anno=2011 | pp=13-17}}</ref>
<ref name="Vetulani 1927">{{cita pubblicazione | lingua=de | autore=T. Vetulani | titolo=Weitere Studien über den polnischen Konik (polnisches Landpferd) | rivista=Bulletin de l'Academie Polonaise des Sciences | volume=Séries B | anno=1927 | pp=835-949}}</ref>
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<ref name="Linne 1758">{{cita libro | autore=Carl von Linné | lingua=lt | titolo=Systema naturae | edizione=10 | anno=1758 | volume=1 | pp=73-74 | url=https://www.biodiversitylibrary.org/item/10277#page/87/mode/1up}}</ref>
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<ref name="Poljakov 1881">{{cita pubblicazione | lingua=ru | autore=Иван Семёнович Поляков | titolo=Лошадь Пржевальского (Equus Przewalskii n. sp.) | rivista=Известия Императорского Русского Географического общества | volume=16 | anno=1881 | pp=1-20 | url=https://books.google.de/books?id=xj0FAAAAYAAJ&printsec=frontcover&hl=de#v=onepage&q&f=false}}</ref>
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<ref name="Gaunitz et al. 2018">{{cita pubblicazione | autore=Charleen Gaunitz, Antoine Fages, Kristian Hanghøj, Anders Albrechtsen, Naveed Khan, Mikkel Schubert, Andaine Seguin-Orlando, Ivy J. Owens, Sabine Felkel, Olivier Bignon-Lau, Peter de Barros Damgaard, Alissa Mittnik, Azadeh F. Mohaseb, Hossein Davoudi, Saleh Alquraishi, Ahmed H. Alfarhan, Khaled A. S. Al-Rasheid, Eric Crubézy, Norbert Benecke, Sandra Olsen, Dorcas Brown, David Anthony, Ken Massy, Vladimir Pitulko, Aleksei Kasparov, Gottfried Brem, Michael Hofreiter, Gulmira Mukhtarova, Nurbol Baimukhanov, Lembi Lõugas, Vedat Onar, Philipp W. Stockhammer, Johannes Krause, Bazartseren Boldgiv, Sainbileg Undrakhbold, Diimaajav Erdenebaatar, Sébastien Lepetz, Marjan Mashkour, Arne Ludwig, Barbara Wallner, Victor Merz, Ilja Merz, Viktor Zaibert, Eske Willerslev, Pablo Librado, Alan K. Outram e Ludovic Orlando | titolo=Ancient genomes revisit the ancestry of domestic and Przewalski’s horses | rivista=Science | volume=360 | numero=6384 | anno=2018 | pp=111-114 | doi=10.1126/science.aao3297}}</ref>
<ref name="Fages et al. 2019">{{cita pubblicazione | autore=Antoine Fages, Kristian Hanghøj, Naveed Khan, Charleen Gaunitz, Andaine Seguin-Orlando, Michela Leonardi, Christian McCrory Constantz, Cristina Gamba, Khaled A. S. Al-Rasheid, Silvia Albizuri, Ahmed H. Alfarhan, Morten Allentoft, Saleh Alquraishi, David Anthony, Nurbol Baimukhanov, James H. Barrett, Jamsranjav Bayarsaikhan, Norbert Benecke, Eloísa Bernáldez-Sánchez, Luis Berrocal-Rangel, Fereidoun Biglari, Sanne Boessenkool, Bazartseren Boldgiv, Gottfried Brem, Dorcas Brown, Joachim Burger, Eric Crubézy, Linas Daugnora, Hossein Davoudi, Peter de Barros Damgaard, María de los Ángeles de Chorro y de Villa-Ceballos, Sabine Deschler-Erb, Cleia Detry, Nadine Dill, Maria do Mar Oom, Anna Dohr, Sturla Ellingvåg, Diimaajav Erdenebaatar, Homa Fathi, Sabine Felkel, Carlos Fernández-Rodríguez, Esteban García-Viñas, Mietje Germonpré, José D. Granado, Jón H. Hallsson, Helmut Hemmer, Michael Hofreiter, Aleksei Kasparov, Mutalib Khasanov, Roya Khazaeli, Pavel Kosintsev, Kristian Kristiansen, Tabaldiev Kubatbek, Lukas Kuderna, Pavel Kuznetsov, Haeedeh Laleh, Jennifer A. Leonard, Johanna Lhuillier, Corina Liesau von Lettow-Vorbeck, Andrey Logvin, Lembi Lõugas, Arne Ludwig, Cristina Luis, Ana Margarida Arruda, Tomas Marques-Bonet, Raquel Matoso Silva, Victor Merz, Enkhbayar Mijiddorj, Bryan K. Miller, Oleg Monchalov, Fatemeh A. Mohaseb, Arturo Morales, Ariadna Nieto-Espinet, Heidi Nistelberger, Vedat Onar, Albína H. Pálsdóttir, Vladimir Pitulko, Konstantin Pitskhelauri, Mélanie Pruvost, Petra Rajic Sikanjic, Anita Rapan Papěsa, Natalia Roslyakova, Alireza Sardari, Eberhard Sauer, Renate Schafberg, Amelie Scheu, Jörg Schibler, Angela Schlumbaum, Nathalie Serrand, Aitor Serres-Armero, Beth Shapiro, Shiva Sheikhi Seno, Irina Shevnina, Sonia Shidrang, John Southon, Bastiaan Star, Naomi Sykes, Kamal Taheri, William Taylor, Wolf-Rüdiger Teegen, Tajana Trbojević Vukičević, Simon Trixl, Dashzeveg Tumen, Sainbileg Undrakhbold, Emma Usmanova, Ali Vahdati, Silvia Valenzuela-Lamas, Catarina Viegas, Barbara Wallner, Jaco Weinstock, Victor Zaibert, Benoit Clavel, Sébastien Lepetz, Marjan Mashkour, Agnar Helgason, Kári Stefánsson, Eric Barrey, Eske Willerslev, Alan K. Outram, Pablo Librado e Ludovic Orlando | titolo=Tracking Five Millennia of Horse Management with Extensive Ancient Genome Time Series | rivista=Cell | volume=177 | anno=2019 | pp=1419-1435 | doi=10.1016/j.cell.2019.03.049}}</ref>
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<ref name="Pallas 1771">{{cita libro | autore=Peter Simon Pallas | lingua=de | titolo=Reise durch verschiedene Provinzen des Rußischen Reichs | città=San Pietroburgo | anno=1771 | volume=Volume I | pp=210-211 | url=https://gdz.sub.uni-goettingen.de/id/PPN329913735?tify}}; {{cita libro | autore=Peter Simon Pallas | lingua=de | titolo=Reise durch verschiedene Provinzen des Rußischen Reichs | città=San Pietroburgo | volume=Volume II | anno=1776 | pp=510-512 | url=https://gdz.sub.uni-goettingen.de/id/PPN33004978X?tify}}</ref>
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<ref name="Gmelin 1770">{{cita libro | autore=Samuel Gottlieb Gmelin | lingua=de | titolo=Reise durch Rußland zur Untersuchung der drey Natur-Reiche | volume=Volume I | città=San Pietroburgo | anno=1770-1784 | pp=45-48 | url=https://reader.digitale-sammlungen.de/de/fs1/object/display/bsb11062277_00078.html}}</ref>
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Carles Vilà, Jennifer A. Leonard, Anders Götherström, Stefan Marklund, Kaj Sandberg, Kerstin Lidén, Robert K. Wayne und Hans Ellegren: ''Widespread Origins of Domestic Horse Lineages.'' Science 291, 2001, S. 474–477
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<ref name="Jordana et al. 1995">
J. Jordana, P. M. Pares und A. Sanchez: ''Analysis of genetic relationships in horse breeds.'' Journal of Equine Veterinary Science 15 (7), 1995, S. 320–328
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<ref name="Pasicka 2013">
Edyta Pasicka: ''Polish Konik horse – characteristics and historical background of native descendants of Tarpan.'' Acta Scientiarum Polonorum, Medicina Veterinaria 12 (2–4) 2013, S. 25–38
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<ref name="Vetulani 1936">
T. Vetulani: ''Die Wiedereinführung des Waldtarpans in den Urwald von Białowieża (Bialowies).'' Bulletin de l'Academie Polonaise des Sciences Séries B II, 1936, S. 205–215
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<ref name="Vuure 2014">
Cis Van Vuure: ''On the origin of the Polish konik and its relation to Dutch nature management.'' Lutra 57 (2), 2014, S. 111–130
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<ref name="Nature">
Anonym: ''Breeding-back of the Tarpan.'' Nature 171, 1953, S. 1008
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<ref name="Hellabrunn">
Hellabrunn. Der Münchner Tierpark: ''Tarpan.'' ([https://www.hellabrunn.de/hellabrunner-tierwelt/europa/tarpan/hellabrunner-tierlexikon/])
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<ref name="Taylor et al. 2021">
William Timothy Treal Taylor und Christina Isabelle Barrón‑Ortiz: ''Rethinking the evidence for early horse domestication at Botai.'' Scientific Reports 11, 2021, S. 7440, [[doi:10.1038/s41598-021-86832-9]]
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<ref name="Librado et al. 2021">
Pablo Librado, Naveed Khan, Antoine Fages, Mariya A. Kusliy, Tomasz Suchan, Laure Tonasso-Calvière, Stéphanie Schiavinato, Duha Alioglu, Aurore Fromentier, Aude Perdereau, Jean-Marc Aury, Charleen Gaunitz, Lorelei Chauvey, Andaine Seguin-Orlando, Clio Der Sarkissian, John Southon, Beth Shapiro, Alexey A. Tishkin, Alexey A. Kovalev, Saleh Alquraishi, Ahmed H. Alfarhan, Khaled A. S. Al-Rasheid, Timo Seregély, Lutz Klassen, Rune Iversen, Olivier Bignon-Lau, Pierre Bodu, Monique Olive, Jean-Christophe Castel, Myriam Boudadi-Maligne, Nadir Alvarez, Mietje Germonpré, Magdalena Moskal-del Hoyo, Jarosław Wilczyński, Sylwia Pospuła, Anna Lasota-Kuś, Krzysztof Tunia, Marek Nowak, Eve Rannamäe, Urmas Saarma, Gennady Boeskorov, Lembi Lōugas, René Kyselý, Lubomír Peške, Adrian Bălășescu, Valentin Dumitrașcu, Roxana Dobrescu, Daniel Gerber, Viktória Kiss, Anna Szécsényi-Nagy, Balázs G. Mende, Zsolt Gallina, Krisztina Somogyi, Gabriella Kulcsár, Erika Gál, Robin Bendrey, Morten E. Allentoft, Ghenadie Sirbu, Valentin Dergachev, Henry Shephard, Noémie Tomadini, Sandrine Grouard, Aleksei Kasparov, Alexander E. Basilyan, Mikhail A. Anisimov, Pavel A. Nikolskiy, Elena Y. Pavlova, Vladimir Pitulko, Gottfried Brem, Barbara Wallner, Christoph Schwall, Marcel Keller, Keiko Kitagawa, Alexander N. Bessudnov, Alexander Bessudnov, William Taylor, Jérome Magail, Jamiyan-Ombo Gantulga, Jamsranjav Bayarsaikhan, Diimaajav Erdenebaatar, Kubatbeek Tabaldiev, Enkhbayar Mijiddorj, Bazartseren Boldgiv, Turbat Tsagaan, Mélanie Pruvost, Sandra Olsen, Cheryl A. Makarewicz, Silvia Valenzuela Lamas, Silvia Albizuri Canadell, Ariadna Nieto Espinet, Ma Pilar Iborra, Jaime Lira Garrido, Esther Rodríguez González, Sebastián Celestino, Carmen Olària, Juan Luis Arsuaga, Nadiia Kotova, Alexander Pryor, Pam Crabtree, Rinat Zhumatayev, Abdesh Toleubaev, Nina L. Morgunova, Tatiana Kuznetsova, David Lordkipanidze, Matilde Marzullo, Ornella Prato, Giovanna Bagnasco Gianni, Umberto Tecchiati, Benoit Clavel, Sébastien Lepetz, Hossein Davoudi, Marjan Mashkour, Natalia Ya. Berezina, Philipp W. Stockhammer, Johannes Krause, Wolfgang Haak, Arturo Morales-Muñiz, Norbert Benecke, Michael Hofreiter, Arne Ludwig, Alexander S. Graphodatsky, Joris Peters, Kirill Yu. Kiryushin, Tumur-Ochir Iderkhangai, Nikolay A. Bokovenko, Sergey K. Vasiliev, Nikolai N. Seregin, Konstantin V. Chugunov, Natalya A. Plasteeva, Gennady F. Baryshnikov, Ekaterina Petrova, Mikhail Sablin, Elina Ananyevskaya, Andrey Logvin, Irina Shevnina, Victor Logvin, Saule Kalieva, Valeriy Loman, Igor Kukushkin, Ilya Merz, Victor Merz, Sergazy Sakenov, Victor Varfolomeyev, Emma Usmanova, Viktor Zaibert, Benjamin Arbuckle, Andrey B. Belinskiy, Alexej Kalmykov, Sabine Reinhold, Svend Hansen, Aleksandr I. Yudin, Aleksandr A. Vybornov, Andrey Epimakhov, Natalia S. Berezina, Natalia Roslyakova, Pavel A. Kosintsev, Pavel F. Kuznetsov, David Anthony, Guus J. Kroonen, Kristian Kristiansen, Patrick Wincker, Alan Outram und Ludovic Orlando: ''The origins and spread of domestic horses from the Western Eurasian steppes.'' Nature, 2021, [[doi:10.1038/s41586-021-04018-9]]
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<ref name="Librado et al. 2024">
Pablo Librado, Gaetan Tressières, Lorelei Chauvey, Antoine Fages, Naveed Khan, Stéphanie Schiavinato, Laure Calvière-Tonasso, Mariya A. Kusliy, Charleen Gaunitz, Xuexue Liu, Stefanie Wagner, Clio Der Sarkissian, Andaine Seguin-Orlando, Aude Perdereau, Jean-Marc Aury, John Southon, Beth Shapiro, Olivier Bouchez, Cécile Donnadieu, Yvette Running Horse Collin, Kristian M. Gregersen, Mads Dengsø Jessen, Kirsten Christensen, Lone Claudi-Hansen, Mélanie Pruvost, Erich Pucher, Hrvoje Vulic, Mario Novak, Andrea Rimpf, Peter Turk, Simone Reiter, Gottfried Brem, Christoph Schwall, Éric Barrey, Céline Robert, Christophe Degueurce, Liora Kolska Horwitz, Lutz Klassen, Uffe Rasmussen, Jacob Kveiborg, Niels Nørkjær Johannsen, Daniel Makowiecki, Przemysław Makarowicz, Marcin Szeliga, Vasyl Ilchyshyn, Vitalii Rud, Jan Romaniszyn, Victoria E. Mullin, Marta Verdugo, Daniel G. Bradley, João L. Cardoso, Maria J. Valente, Miguel Telles Antunes, Carly Ameen, Richard Thomas, Arne Ludwig, Matilde Marzullo, Ornella Prato, Giovanna Bagnasco Gianni, Umberto Tecchiati, José Granado, Angela Schlumbaum, Sabine Deschler-Erb, Monika Schernig Mráz, Nicolas Boulbes, Armelle Gardeisen, Christian Mayer, Hans-Jürgen Döhle, Magdolna Vicze, Pavel A. Kosintsev, René Kyselý, Lubomír Peške, Terry O’Connor, Elina Ananyevskaya, Irina Shevnina, Andrey Logvin, Alexey A. Kovalev, Tumur-Ochir Iderkhangai, Mikhail V. Sablin, Petr K. Dashkovskiy, Alexander S. Graphodatsky, Ilia Merts, Viktor Merts, Aleksei K. Kasparov, Vladimir V. Pitulko, Vedat Onar, Aliye Öztan, Benjamin S. Arbuckle, Hugh McColl, Gabriel Renaud, Ruslan Khaskhanov, Sergey Demidenko, Anna Kadieva, Biyaslan Atabiev, Marie Sundqvist, Gabriella Lindgren, F. Javier López-Cachero, Silvia Albizuri, Tajana Trbojević Vukičević, Anita Rapan Papeša, Marcel Burić, Petra Rajić Šikanjić, Jaco Weinstock, David Asensio Vilaró, Ferran Codina, Cristina García Dalmau, Jordi Morer de Llorens, Josep Pou, Gabriel de Prado, Joan Sanmartí, Nabil Kallala, Joan Ramon Torres, Bouthéina Maraoui-Telmini, Maria-Carme Belarte Franco, Silvia Valenzuela-Lamas, Antoine Zazzo, Sébastien Lepetz, Sylvie Duchesne, Anatoly Alexeev, Jamsranjav Bayarsaikhan, Jean-Luc Houle, Noost Bayarkhuu, Tsagaan Turbat, Éric Crubézy, Irina Shingiray, Marjan Mashkour, Natalia Ya. Berezina, Dmitriy S. Korobov, Andrey Belinskiy, Alexey Kalmykov, Jean-Paul Demoule, Sabine Reinhold, Svend Hansen, Barbara Wallner, Natalia Roslyakova, Pavel F. Kuznetsov, Alexey A. Tishkin, Patrick Wincker, Katherine Kanne, Alan Outram und Ludovic Orlando: ''Widespread horse-based mobility arose around 2,200 BCE in Eurasia.'' Nature, 2024, [[doi:10.1038/s41586-024-07597-5]]
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