Mitologia di Tebe: differenze tra le versioni
Contenuto cancellato Contenuto aggiunto
→Anfione e Zeto: Nota |
Nessun oggetto della modifica Etichette: Modifica visuale Modifica da mobile Modifica da web per mobile |
||
(33 versioni intermedie di 13 utenti non mostrate) | |||
Riga 1:
[[File:Williams Hugh William - View of Thebes - Google Art Project.jpg|miniatura|upright=1.5|''Veduta di Tebe'', di [[Hugh William Williams]], 1819]]
La '''mitologia di Tebe''' è formata dalla lunga serie di [[Mito|miti]] riguardanti la [[Tebe (città greca antica)|città greca]]. Essa include anche la cosiddetta '''saga dei Labdacidi''', ossia le vicende di [[Edipo]], dei suoi genitori e dei suoi figli (i capitoli ''[[
== La fondazione di Tebe ==
=== Il ratto di Europa ===
Figlia di [[Agenore (figlio di Poseidone)|Agenore]], re di [[Tiro (Libano)|Tiro]], [[Europa (figlia di Agenore)|Europa]] era famosa nel suo regno come giovane di grande avvenenza. [[Zeus]], colpito dalla sua bellezza, decise di sedurla sotto mentite spoglie, come soleva fare con le mortali. Trasformatosi in un [[Bos taurus|toro]] si recò presso la spiaggia, dove la giovane giocava insieme ad alcune sue compagne, e si adagiò presso di lei. Europa, meravigliata per la bellezza del fiero animale, accettando la sfida delle amiche, si posò sul suo dorso. In quello stesso istante il toro divino si rialzò e si gettò in acqua, nuotando velocemente per tutta la notte, giungendo infine presso la costa [[Creta (Grecia)|cretese]], dove, senza essere visto da nessuno, prese le sembianze di un'aquila e si unì a lei. Europa divenne così madre di [[Minosse]], [[Radamante]] e [[Sarpedonte (figlio di Europa)|Sarpedonte]].<ref>Graves, p. 174.</ref>
Agenore, impensierito per il destino della figlia, decise di farla cercare, così ordinò agli altri suoi figli di percorrere la [[Antica Grecia|Grecia]] in lungo e in largo, intimando loro di non tornare senza di lei. Nessuno di loro sarebbe più tornato in patria.<ref>Graves, p. 174; Grimal, p. 97.</ref>
Riga 12:
=== Il viaggio di Cadmo ===
[[Immagine:Kadmos dragon Louvre N3157.jpg|miniatura|Cadmo sconfigge il [[Drago greco#Drago Ismeneo|drago]] che ha ucciso i suoi compagni]]
Il giovane [[Cadmo]], uno dei figli di Agenore, partito in cerca della sorella perduta, insieme a un nutrito gruppo di compagni, salpò dalla [[Fenicia]] diretto verso le coste greche. L'unico strumento in grado di rivelargli l'ubicazione di Europa si trovava a [[Delfi (città antica)|Delfi]]: era l'[[Oracolo di Delfi|oracolo sacro]] al dio [[Apollo]]. Il responso della sibilla fu però alquanto bizzarro: doveva infatti seguire una vacca solitaria che avrebbe trovato in un campo vicino, e dove questa si fosse poi nuovamente fermata, avrebbe dovuto erigere una città e darle il nome di [[Tebe (città greca antica)|Tebe]].<ref name=sec>Graves, p. 175; Grimal, p. 97.</ref>
Facile fu trovare l'animale della predizione, il cui manto sembrava raffigurare un cielo stellato, difficile fu però seguirlo. Dopo molti giorni di duro cammino, la mucca sacra si fermò infatti in una terra collinosa, denominata [[Beozia]]. Grato agli dei, Cadmo preparò un piccolo altare nel quale compiere sacrifici di ringraziamento in onore della dea [[Atena]]. Avendo però bisogno d'acqua, ordinò ai suoi compagni di procurarsela presso una vicina fonte situata in un boschetto. Gli uomini però non tornarono indietro. Cadmo, impensierito, andò a cercarli, e nel boschetto scoprì che fine avessero fatta i compagni: divorati da un terribile [[drago]], sacro ad [[Ares]], guardiano della fonte. Senza farsi intimidire dal mostro, l'eroe gli schiacciò la testa con una pietra, uccidendolo.<ref name=sec/>
=== La creazione della città ===
Dopo aver sconfitto il mostro, Cadmo fece sacrifici ad [[Atena]], chiedendo agli dei come poter costruire una città, essendo privo di compagni. La dea si mostrò all'eroe, invitandolo a staccare i denti dalle fauci del dragone defunto e a seminarli nel terreno circostante. Cadmo fece quanto gli era stato ordinato e, in poco tempo, vide sbucare dal terreno un intero esercito di uomini, armati di tutto punto. Visto il loro atteggiamento minaccioso, Cadmo pensò di scagliare delle pietre contro di loro. Non sapendo chi li colpisse, essi cominciarono ad accusarsi tra loro, uccidendosi così a vicenda. Sopravvissero soltanto cinque guerrieri, gli [[Sparti]], "i seminati", che, dotati di una forza sovrumana, costruirono la [[Cadmea]], l'antica [[rocca (fortificazione)|rocca]] di Tebe, divenendone i primi abitanti sotto la sovranità di Cadmo.<ref group="Nota">La città, inizialmente chiamata Cadmea, acquisì il suo nome di Tebe soltanto in seguito, ai tempi di [[Zeto]]. Secondo alcune fonti infatti moglie di Zeto fu Tebe, in onore della quale venne ribattezzata la città. La stessa ''[[Odissea]]'', peraltro, afferma che Tebe fu fondata da Anfione e Zeto:
Poco tempo dopo il giovane guerriero prese in sposa [[Armonia (mitologia)|Armonia]], figlia di Ares e [[Afrodite]], dalla quale ebbe quattro figlie ([[Agave (figlia di Cadmo)|Agave]], [[Ino]], [[Semele]] e [[Autonoe (figlia di Cadmo)|Autonoe]]) e un figlio, [[Polidoro (figlio di Cadmo)|Polidoro]]. Cadmo aveva però attirato contro il suo casato la maledizione di Ares, adirato per l'uccisione del suo drago, così, per placare il dio, il sovrano cedette il trono al nipote [[Penteo]], figlio di Agave, rimanendo a Tebe come privato cittadino.<ref>Graves, p. 178; Grimal, p. 98.</ref>
Riga 45:
Dall'unione fra Niobe e Anfione nacquero sette nobili figli e sette leggiadre figlie. Inorgoglita dalla sua prole, Niobe osò farsi beffe della dea [[Latona]], che aveva avuto soltanto due figli. I due bambini erano però nientemeno che [[Apollo]] e [[Artemide]], che la madre offesa chiamò a vendicare il suo onore contro la presuntuosa regina tebana. I due fratelli giunsero a Tebe dove, in un'arena all'aperto, fuori dalle mura della città, i sette figli di Niobe si stavano esercitando nella corsa dei carri e in altre attività sportive. In quel mentre il maggiore fra i figli di Niobe venne trafitto al cuore da una freccia caduta dal cielo, così fu anche per tutti gli altri figli, uno dopo l'altro.<ref>Graves, pp. 233-234.</ref>
Appena avuto notizia dell'orrendo massacro, Anfione si uccise (e così fece anche Zeto, a causa del dolore per la morte di un figlio).<ref group="Nota">Tale figlio di Zeto, di nome [[Itilo (figlio di Zeto)|Itilo]], venne involontariamente ucciso dalla madre [[Aedona]] in un momento di perturbazione mentale. Secondo altre fonti invece ella voleva in realtà uccidere il figlio maggiore di Niobe per invidia, ma sbagliò letto e uccise Itilo.</ref> Niobe, portando con sé le figlie, si precipitò nel campo dove i sette giovani giacevano senza vita. Ad una ad una però anche le sette ragazze vennero raggiunte dalle frecce e caddero morte.<ref group="Nota">Secondo alcuni autori, vennero risparmiati [[Amicla]] tra i figli e [[Clori (figlia di Anfione)|Melibea]] tra le figlie, poiché avevano innalzato preghiere propiziatorie a Latona.</ref> Sebbene non avesse ricevuto neppure un graffio, Niobe era sconvolta: si rifugiò su un monte, dove Zeus, mosso a pietà, la trasformò in statua, che prese a piangere a ogni inizio estate per il triste risultato della sua superbia.<ref>Graves, pp. 233-234; Kerényi, p. 309; [[Omero]], ''[[Odissea]]'', XIX, 517.</ref>
== La storia di Edipo ==
[[Immagine:Oedipus Phorbas Chaudet Louvre N15538.jpg|miniatura|sinistra|Edipo bambino viene nutrito da un pastore]]
=== Il governo di Laio ===
Essendo Anfione e Zeto entrambi morti, i tebani chiamarono sul trono Laio, che era il legittimo pretendente e che si era nel frattempo rifugiato a [[Pisa (Grecia)|Pisa]] (in [[Elide]]). Egli sposò [[Giocasta]], la quale era figlia di un eroe della città, tale [[Meneceo (figlio di Oclaso)|Meneceo]].<ref group="Nota">Questo Meneceo era padre di Creonte e nonno di un altro [[Meneceo]] che parteciperà alla guerra dei Sette contro Tebe.</ref> Su Laio pesava però una maledizione lanciata dal re di [[Micene]] (o [[Argo (
Per scongiurare la terribile prospettiva ventilata dall'oracolo, non appena Giocasta partorì un bambino il re Laio lo allontanò dal palazzo, facendolo abbandonare sul monte Citerone perché morisse. Ma il servitore a cui era stato affidato l'incarico si impietosì per quel bambino indifeso, e invece di abbandonarlo lo diede in custodia ad un pastore, il quale a sua volta lo portò in dono al suo signore [[Polibo di Corinto|Polibo]], re di [[Corinto (città antica)|Corinto]]. Questi accolse l'infante, lo allevò nel suo palazzo con il nome di Edipo, che significa ''piedi gonfi'' a causa dei lacci che lo stringevano alle caviglie. Polibo e sua moglie [[Peribea]], che erano senza prole, adottarono il trovatello crescendolo come se fosse loro figlio, e in breve a Corinto nessuno si ricordò più le vere circostanze dell'arrivo di Edipo in città.<ref>Grimal, p. 182.</ref>
=== Il destino si compie ===
Un giorno Edipo ebbe una disputa con un corinzio, il quale per insultarlo, lo accusò di non essere figlio di Polibo ma un trovatello. Edipo, colpito da quelle parole, si rivolse ai genitori per sapere se l'insinuazione fosse vera. Essi, dopo molte reticenze, non poterono nascondergli che l'affermazione era corretta, ma essi non sapevano quali fossero le sue vere origini.<ref name=quin>Graves, pp. 338-339; Grimal, pp. 182-183.</ref>
Edipo, ansioso di sapere la verità, decise dunque di rivolgersi all'oracolo di Delfi. Lasciando segretamente Corinto, egli si recò a piedi fino a [[Delfi (città antica)|Delfi]], dove la profetessa del tempio gli diede solo un'oscura e minacciosa risposta: meglio sarebbe stato per lui non ritornare in patria, poiché avrebbe ucciso il padre e sposato la madre. Temendo per coloro che credeva suoi genitori, Edipo decise allora di non tornare più a Corinto, ma di emigrare in qualche terra lontana, dove non avrebbe in alcun modo potuto nuocere loro.<ref name=quin/>
Giunto in uno stretto passaggio, dove si congiungevano tre strade, egli incappò in un uomo su un carro, davanti al quale andava un servitore arrogante che intimava ai passanti di farsi da parte. Edipo rispose con aspre parole all'intimazione e ne nacque una colluttazione in cui Edipo uccise l'uomo sul carro. Soddisfatto per la vittoria, Edipo proseguì il cammino, ignorando che l'uomo da lui assassinato altri non era che Laio, il suo vero padre.<ref name=quin/>
[[Immagine:IngresOdipusAndSphinx.jpg|miniatura|''[[Edipo e la Sfinge (Ingres)|Edipo e la Sfinge]]'' (1808-27), di [[Jean-Auguste-Dominique Ingres|Ingres]].]]
=== Edipo e la
Edipo giunse così a Tebe. Trovò la città in lutto, non solo per la morte del sovrano, ma anche a causa di un mostro che infestava le alture intorno alle sue mura. Si trattava della terribile [[sfinge]], figlia di [[Tifone (mitologia)|Tifone]] ed [[Echidna (mitologia)|Echidna]] e sorella di [[Cerbero]] e delle [[Arpie]]. Era una sinistra creatura col corpo di [[leone]], le ali d'[[aquila]] e la testa di donna, inviata sul monte Citerone dalla dea Era che voleva punire Laio per aver amato Crisippo di un amore omosessuale. Ad ogni viandante la sfinge poneva un indovinello, e se il malcapitato non sapeva trovare la risposta giusta veniva immediatamente divorato. Questo aveva provocato a Tebe terrore e carestia, poiché nessuno più coltivava i campi. Ogni giorno un cittadino di Tebe trovava la morte nel cimento con il mostro, e tra le vittime c'era stato anche il figlio di [[Creonte]], reggente della città dopo la morte di Laio.<ref name=sex>Graves, p. 339; Grimal, pp. 142, 183-184, 564-565.</ref>
Riga 76:
[[Immagine:Oedipus at Colonus.jpg|miniatura|destra|Edipo a Colono insieme alla figlia Antigone]]
Edipo, disperato, si accecò con la spilla della cintura di Giocasta. I suoi capelli sbiancarono di colpo, facendone un vecchio cieco. Così ridotto, Edipo barcollò fuori dal palazzo, mentre la gente lo scansava ed anche i suoi figli si allontanavano da lui. Soltanto le figlie femmine, Antigone ed Ismene, lo seguirono; la prima fece voto di non abbandonare mai quel padre sfortunato, e al suo fianco ella vagabondò fuori dalla sua terra natale.<ref group="Nota">Benché questa sia certamente la più nota versione del mito, esistono numerose varianti, eccone alcune a titolo esemplificativo:
* Edipo, dopo la scoperta sul suo passato, perde il titolo di re ma non viene esiliato: continua a vivere, cieco e pieno di odio, nel suo palazzo con la moglie-madre Giocasta, che non si è suicidata.
* Edipo, dopo la morte di Giocasta, resta sul trono e muore parecchi anni dopo, durante una guerra contro i [[Mini (popolo)|Mini]].
* Edipo viene accecato da Creonte, che si considera il vero sovrano di Tebe, e la verità sulle sue origini viene fuori dal racconto che [[Peribea]] fa del ritrovamento di Edipo bambino. In seguito alla scoperta, Giocasta si uccide. * Il matrimonio tra Edipo e Giocasta è senza figli, e questi ultimi erano nati da una precedente relazione di Edipo con [[Eurigania]], figlia di [[
=== La scomparsa ===
Riga 86 ⟶ 87:
== I sette contro Tebe ==
=== Fratello contro fratello ===
Allontanato Edipo, Creonte assunse provvisoriamente il ruolo di sovrano reggente della città, ma si pose il problema di chi sarebbe stato il successivo re di Tebe, poiché i due figli di Edipo, Eteocle e Polinice, erano entrambi decisi ad ottenere il trono. Alla fine si giunse ad un compromesso: i due si sarebbero alternati sul trono, un anno a testa. Il primo a diventare sovrano fu Eteocle, ma, allo scadere del proprio anno, egli si rifiutò di cedere il titolo, rompendo l'accordo. A Polinice non restò che allontanarsi, maledicendo il fratello, e recarsi nella città di [[Argo (
Polinice quindi partì alla volta di Tebe, a capo dell'esercito di Argo, nonostante su di lui gravasse una maledizione lanciata dal padre Edipo: poiché né lui né il fratello Eteocle si erano opposti all'esilio del padre da Tebe, Edipo aveva affermato che i due fratelli sarebbero stati destinati a darsi la morte l'un l'altro. Essi quindi temevano che la profezia potesse avverarsi. A [[Nemea]] l'esercitò si fermò per rendere onore ad [[Archemoro|Ofelte]], un bambino figlio di [[Licurgo (re di Nemea)|Licurgo]], re della città, morto per il morso di un serpente. In suo onore vennero istituiti i [[giochi Nemei]].<ref name=otto/>
Riga 129 ⟶ 130:
=== La battaglia ===
Prima dell'attacco, Polinice designò un eroe
=== Antigone ===
Riga 139 ⟶ 140:
[[Immagine:Aranjuez JardinIsla FuenteHercules Detalle.jpg|miniatura|destra|Eracle]]
=== Sotto la protezione di Eracle ===
La città di Tebe ebbe anche l'onore di essere culla del grande eroe [[Eracle]]. Figlio di Zeus e di [[Alcmena]], Eracle crebbe a Tebe, quando il padre adottivo [[Anfitrione (mitologia)|Anfitrione]] (marito di Alcmena) fu costretto ad allontanarsi da [[Tirinto]]. L'eroe giovinetto fu inoltre causa dello scoppio di un grave conflitto tra i tebani e gli abitanti di [[Orcomeno (Beozia)|Orcomeno]]. Il re di Tebe, Creonte, era infatti costretto a pagare un pesante tributo al sovrano di Orcomeno. Un giorno, mentre i suoi dispotici [[araldo|araldi]] si recavano nella città per riscuotere il tributo, incrociarono Eracle. Questi era stato costretto a vivere come pastore dopo aver ucciso il suo maestro di canto, [[Lino (cantore)|Lino]]. Infastidito dalle cattive maniere degli araldi stranieri, Eracle li punì tagliando loro orecchie e naso. Il loro re decise allora di rispondere all'affronto muovendo guerra contro i tebani.<ref name=decem>Graves, pp. 422-425.</ref>
Durante il conflitto, l'eroe, ancora molto giovane, dimostrò il proprio temperamento e la propria forza fisica, annientando le armate del re di Orcomeno, il cui nome era [[Ergino (figlio di Climeno)|Ergino]], e uccidendo il sovrano stesso. Sul campo di battaglia l'eroe perse però l'amato padre adottivo, Anfitrione. Il re Creonte, grato ad Eracle per il proprio contributo decise di premiarlo dandogli in sposa la più bella fra le sue figlie, [[Megara (mitologia)|Megara]]. Tuttavia in un momento di follia, scatenato su di lui dalla dea [[Era (mitologia)|Era]], sempre invisa ai figli illegittimi dell'infedele marito, l'eroe uccise la moglie e i figlioletti.<ref name=decem/>
Riga 151 ⟶ 152:
=== Gli ultimi sovrani ===
Divenuto re di Tebe, Tersandro richiamò la popolazione che era fuggita e regnò per vari anni. Sposò [[Demonassa]], figlia di Anfiarao, da cui ebbe come figlio [[Tisameno (figlio di Tersandro)|Tisameno]]. Partecipò ad una prima spedizione contro [[Troia]] (antecedente alla [[guerra di Troia]] vera e propria), ma non riuscì nemmeno a raggiungere la città: sbarcato in [[Misia]], fu ucciso da [[Telefo]]. Avrebbe dovuto succedergli il figlio Tisameno, ma era ancora troppo giovane, così il comando venne dato a [[Peneleo]] come suo reggente. Quest'ultimo partecipò alla guerra di Troia al comando di un contingente tebano e rimase ucciso nel conflitto.<ref group="Nota">Secondo alcune fonti, a Troia Peneleo vendicò la morte di Tersandro uccidendo il figlio di Telefo, [[Euripilo (figlio di Telefo)|Euripilo]]; secondo altre fonti, invece, fu da questi ucciso.</ref> Tisameno ormai adulto
== Lista dei re di Tebe ==
Riga 180 ⟶ 181:
|-
| align="center" valign="top"|
| align="center" valign="top"|[[Lico (figlio di Ireo)|Lico]]
| align="center" valign="top"|Reggente di Laio
|-
Riga 190 ⟶ 191:
| align="center" valign="top"|'''[[Laio]]'''
| align="center" valign="top"|
|-
| align="center" valign="top"|
| align="center" valign="top"|[[Creonte]]
| align="center" valign="top"|Reggente dopo la morte di Laio
|-
| align="center" valign="top"|7.
Riga 196 ⟶ 201:
|-
| align="center" valign="top"|
| align="center" valign="top"|
| align="center" valign="top"|Reggente di Eteocle e Polinice
|-
Riga 208 ⟶ 213:
|-
| align="center" valign="top"|
| align="center" valign="top"|[[Lico (figlio di Lico)|Lico
| align="center" valign="top"|Usurpatore
|-
Riga 259 ⟶ 264:
{{Albero genealogico | | |!| | | | | |,|-|-|-|-|-|-|-|-|-|^|-|-|.|}}
{{Albero genealogico | | LAI |~|y|~| GIO | | | | | EUR |~|y|~| CRE|
boxstyle_LAI=background:#FFD700|LAI=[[Laio]]<br><small>''Re di Tebe (VI)''</small>|GIO= [[Giocasta]]|boxstyle_CRE=background:#C0C0C0| CRE=[[Creonte]]<br><small>''Reggente
{{Albero genealogico | | | | | |!| | |:| | | | | | |,|-|-|^|-|-|.| | | |}}
{{Albero genealogico | | | | | EDI |y|J| | | | | | EMO | | | | ME2 | boxstyle_EDI=background:#FFD700|EDI=[[Edipo]]<br><small>''Re di Tebe (VII)''</small>|ME2=[[Meneceo]]| EMO=[[Emone]]|}}
Riga 290 ⟶ 295:
* {{cita libro | autore=[[Giulio Guidorizzi]] | titolo=Letteratura greca, da Omero al secolo VI d.C. | anno=2002 | editore=Mondadori | ISBN=978-88-88242-10-1 }}
* [[Károly Kerényi]], ''Gli dei e gli eroi della Grecia'', il Saggiatore, 2017, ISBN 978-88-428-2116-8.
* Apollodoro, ''I miti greci'', a cura di [[Paolo Scarpi]], Arnoldo Mondadori Editore, 2008, ISBN 978-88-04-41027-0.
* {{en}} [[Martin Litchfield West|Martin L. West]] (a cura di), ''Greek epic fragments'', Loeb Classical Library, Harvard University Press, 2003, ISBN 978-0-674-99605-2.
Riga 296 ⟶ 302:
* ''[[Edipodia]]'', poema perduto
* ''[[Tebaide (poema ciclico)|Tebaide]]'', poema perduto
* ''[[Gli
* ''[[I sette contro Tebe]]'', tragedia di [[Eschilo]]
|