Verità: differenze tra le versioni
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{{Nota disambigua}}
{{nd||Vero (disambigua)|Vero}}
[[File:Disputa 02.jpg|
Con il termine '''verità''' (
I principali argomenti di dibattito riguardano da un lato la definizione e l'identificazione della verità, secondo cioè una prospettiva [[ontologia|ontologica]], dall'altro i criteri per conseguire tale verità, attinenti piuttosto all'ambito [[gnoseologia|gnoseologico]].<ref name=treccani /> Quest'ultimo può coinvolgere anche l'aspetto [[etica|etico]], essendo collegato con l'esigenza di [[onestà]] intellettuale, buona fede e [[sincerità]].<ref>[[Karl Popper]] sostiene al riguardo che i princìpi posti alla base di ogni intento rivolto a ricercare la verità «sono ad un tempo principi epistemologici ed etici» (K. Popper, ''Come io vedo la filosofia e altri saggi'', p. 107, Armando Editore, 2005).</ref>
[[File:Giovanni Battista Piranesi - The Drawbridge - Google Art Project.jpg|alt= Forerunner of Escher's fantastic endless stairs: Piranesi's Carceri Plate VII – The Drawbridge, 1745, reworked 1761|
== Teorie sulla verità ==
[[File:CARRACCI, Annibale - An allegory of Truth and Time (1584-5) (cropped).JPG|
La questione della verità insita in [[proposizione (logica)|proposizioni]], affermazioni, dichiarazioni, [[idea|idee]], [[credenza|convinzioni]] e [[giudizio (filosofia)|giudizi]] rimanda alla necessità di individuarne i fondamenti. Per [[Parmenide]] la verità si fonda sull'indistinzione, o coincidenza, tra [[pensiero]] ed [[essere]], tra [[logica]] e [[ontologia]], che avrebbe contraddistinto tutto il pensiero antico: egli non attribuisce alla verità nessuna determinazione, appellandosi piuttosto al [[logica|rigore logico]] che vede la verità rigorosamente contrapposta all'errore, per cui semplicemente l'«essere è», e il «non-essere non è».<ref name=treccani />
{{citazione|Il [[principio di non-contraddizione]], introdotto da [[Parmenide]] per rivelare l'[[essere]] stesso, la verità essenziale, fu successivamente impiegato come strumento del pensiero logicamente cogente per qualsiasi affermazione esatta. Sorsero così la logica e la dialettica|[[Karl Jaspers]]<ref>Cit. da ''I grandi filosofi'', pag. 737, trad. it., Longanesi, Milano 1973.</ref>}}
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#* La [[Teoria corrispondentista della verità|teoria corrispondentista]] vede la verità come corrispondenza con la realtà. Così, un'affermazione è vera solo quando trova conferma nelle cose presenti.
#* La [[teoria della coerenza]] vede la verità come coerenza (ovvero non contraddittorietà) all'interno di un certo insieme di affermazioni o, più spesso, di convinzioni. Per esempio, la convinzione di una certa persona è vera solo se è coerente con tutte (o con la maggior parte) delle altre sue convinzioni.
#* La [[teoria del consenso]] sostiene che la verità è ciò che mette d'accordo (nel presente o in un futuro prossimo) le [[
#* Il [[pragmatismo]] valuta la verità in base all'[[utilitarismo|utilità]] delle conseguenze pratiche di una certa idea. Un'idea è vera, in altri termini, se – mediante le idee e gli atti che ci suscita – è capace di guidarci senza intoppi da un'esperienza ad un'altra.
#* Il [[costruttivismo sociale]] sostiene che la verità è costruita dai processi sociali, e che essa rappresenta la lotta di potere all'interno di una comunità.
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La [[teoria semantica]] si fonda sul caso generale: 'P' è vera se e solo se P,
dove 'P' è il riferimento all'affermazione (ovvero, il nome di quell'affermazione), e P è l'affermazione stessa. Il suo inventore, il filosofo e logico [[Alfred Tarski]], pensò che la teoria semantica, per diversi motivi, non potesse essere applicata a nessuna delle [[
Tarski pensò alla sua teoria come a una particolare teoria della corrispondenza, nella quale si suppone che il termine situato a destra corrisponda ai fatti. Ma egli è stato anche elaboratore e fondatore di una semantica della verità, basata su "modelli", per cui le condizioni del vero sono già implicate dalle componenti del discorso.
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== In filosofia e in teologia ==
{{citazione|Il vero è l'intero.|[[Friedrich Hegel|G. W. F. Hegel]]<ref>Hegel, ''Fenomenologia dello Spirito'', prefazione, Firenze, La Nuova Italia, 1960, p. 39.</ref>}}
[[File:Bernini Truth unveiled by Time Gal Borghese.jpg|
Nello specifico, lo studio della verità attiene alla logica filosofica; ad essa si interessano particolarmente la [[metafisica]], l'[[epistemologia]], la [[gnoseologia]], la [[filosofia della scienza]] e la [[filosofia del linguaggio]].
=== L'etimologia greca ===
{{Vedi anche|Kalokagathia}}▼
L'esigenza di ricercare la verità fu un tratto caratteristico già della [[filosofia greca]], che per prima sollevò il problema dell'[[essere]], ossia di ciò che veramente ''è''. Il termine [[lingua greca|greco]] utilizzato per indicare la ''verità'' era {{polytonic|ἀλήθεια}}, ''[[Aletheia|alétheia]]'', la cui [[etimologia]], come ha messo in luce [[Heidegger]],<ref>[[Martin Heidegger]], ''Dell'essenza della verità'' (conferenza del [[1930]] pubblicata nel [[1943]]) in ''[[Segnavia (Heidegger)|Segnavia]]'', trad. it. a cura di F. Volpi, Adelphi, Milano 1987.</ref> significa «non nascondimento», in quanto è composta da alfa privativo (α-) più λέθος, ''léthos'', che vuol dire propriamente eliminazione dell'oscuramento, ovvero disvelamento. [[Doxa (filosofia)|Doxa]] è invece la verità relativa dell'opinione comune che si forma in [[democrazia]] anche a seguito della [[persuasione]] [[Retorica (Aristotele)|retorica]] e non necessariamente come [[inferenza]] [[logica]]. La verità infatti era intesa non come una semplice realtà di fatto, ma come un atto dinamico, mai concluso, attraverso cui avviene la confutazione dell'errore e il riconoscimento del falso: non un pensiero statico e definito una volta per tutte, bensì movimento di [[rivelazione]] dell'essere.
Se i [[sofisti]], da un lato, tendevano a relativizzare il concetto dell'essere sulla base di un soggettivismo e nichilismo radicali, fu con [[Socrate]] e il suo discepolo [[Platone]] che si ebbe una forte reazione a questa concezione,<ref>Vedasi il dialogo ''[[Teeteto]]'' di Platone.</ref> facendo della verità un bisogno fondamentale dell'[[anima]], che si distingue nettamente dalle opinioni per la sua intrinseca validità e oggettività. Ne conseguì il carattere [[Bene (filosofia)|etico]] della verità.
▲{{Vedi anche|Kalokagathia}}
Sarà poi con [[Aristotele]] che verranno fissati in maniera quasi scientifica i caratteri della verità; egli, ad esempio, giudicava erroneo il detto del sofista [[Protagora]] secondo cui «l'uomo è misura di tutte le cose», proprio perché privava la verità di coerenza logica e di qualunque criterio oggettivo.<ref>Aristotele, ''Metafisica'', 1062 b 14.</ref> La verità si ha per lui quando l'[[intelletto]] giunge a coincidere con l'oggetto da conoscere, facendolo passare dalla potenza all'atto.<ref>«C'è un intelletto analogo alla materia perché diviene tutte le realtà, ed un altro che corrisponde alla causa efficiente perché le produce tutte, come una disposizione del tipo della luce, poiché in certo modo anche la luce rende i colori che sono in potenza colori in atto» (Aristotele, ''Sull'anima'', libro III, in F. Volpi, ''Dizionario delle opere filosofiche'', pag. 92, Mondadori, Milano 2000).</ref> Nella contemplazione fine a se stessa della verità risiede per Aristotele la [[felicità]] e lo scopo ultimo della conoscenza [[metafisica]].
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=== Verità come criterio di se stessa ===
In ambito neoplatonico, [[Plotino]] concepì ancora la verità, ossia l'[[Uno (filosofia)|Uno]] da cui l'[[essere]] emana, non come un semplice dato di fatto, ma come un produrre se stessa, come un atto che si auto-avvalora in virtù della propria intrinseca forza e autenticità. Egli la assimilò alla luce: come questa si rende visibile agli occhi nel rendere loro possibile la visione degli oggetti sottraendoli all'oscurità, così la verità si rivela non per dimostrazione, ma per la sua stessa capacità di rivelare l'essere al [[pensiero]], di farci distinguere quel che è da ciò che non è. Recuperando la tradizione [[neoplatonismo|neoplatonica]], [[
=== La doppia verità ===
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Secondo la concezione specificamente [[Cristianesimo|cristiana]] della verità, questa non è assimilabile a un concetto, ma piuttosto è [[Incarnazione|incarnata]], e quindi rappresentata direttamente da una ''[[Persona (filosofia)|Persona]]'': [[Gesù Cristo]].
Tale visione è suffragata da diversi passi [[Vangelo|evangelici]], ad esempio: «Allora Pilato gli disse: "Dunque tu sei re?". Rispose Gesù: "Tu lo dici; io sono re. Per questo io sono nato e per questo sono venuto nel mondo: per rendere testimonianza alla verità. Chiunque è dalla verità, ascolta la mia voce". Gli dice Pilato: "Che cos'è la verità?". E detto questo uscì di nuovo verso i Giudei e disse loro: "Io non trovo in lui nessuna colpa"» ([[Vangelo secondo Giovanni|Gv]] 18, 37 - 38). O ancora: «Gli disse Tommaso: "Signore, non sappiamo dove vai e come possiamo conoscere la via?". Gli disse Gesù: "[[Via, Veritas, Vita|Io sono la via, la verità, e la vita]]"» (Gv 14,6).
Il [[Catechismo della Chiesa cattolica]] afferma che:
«2466 In Gesù Cristo la verità di Dio si è manifestata interamente. “Pieno di grazia e di verità” (Gv 1,14), egli è la “luce del mondo” (Gv 8,12), egli è la Verità [Gv 14,6]. “Chiunque crede” in lui non rimane “nelle tenebre” (Gv 12,46). Il discepolo di Gesù rimane fedele alla sua parola, per conoscere la verità che fa liberi [Gv 8,32 ] e che santifica [Gv 17,17]. Seguire Gesù, è vivere dello “Spirito di verità” (Gv 14,17) che il Padre manda nel suo nome [Gv 14,26] e che guida alla verità tutta intera” (Gv 16,13). Ai suoi discepoli Gesù insegna l'amore incondizionato della verità: “Sia il vostro parlare sì, sì; no, no” (Mt 5,37)».
La [[teologia cristiana]] poi, appropriandosi di gran parte del patrimonio filosofico elaborato soprattutto da [[Socrate]], [[Platone]], [[Aristotele]], [[Plotino]], ha più volte sostenuto l'irriducibilità della nozione di "verità" a quella di "[[dimostrabilità]]". Alcuni tra i più importanti [[dottore della Chiesa|dottori della Chiesa]], come [[Sant'Agostino d'Ippona|Agostino]], [[Anselmo d'Aosta]], [[Tommaso d'Aquino|Tommaso]], [[Bonaventura da Bagnoregio|Bonaventura]], [[Nicola Cusano|Cusano]],
La nozione cristiana della verità cominciò a entrare in crisi con l'avvento del [[filosofia moderna|pensiero moderno]], ad opera dei tentativi di [[Cartesio]] da una parte, e dell'[[empirismo]] dall'altra (soprattutto [[George Berkeley]] e [[David Hume]]), di escludere dall'orizzonte della verità tutto ciò che non potesse essere dimostrato logicamente, o verificato sperimentalmente. Questa nuova concezione della verità sarà poi fatta propria in particolare dal [[positivismo]] [[Ottocento|ottocentesco]].<ref>P. Valori, articolo su ''La Civiltà Cattolica'', edd. 2929-2940, 1972, p. 320.</ref>
===Novecento===
Con il corso ''Dell'essenza della verità '' del 1931/1932 [[Heidegger]], interpretando [[Platone]], passò dalla concezione della verità intesa come disvelamento a quella della verità intesa come correttezza di una [[proposizione]].
Platone sarebbe divenuto il primo protagonista dell'"oblio dell'[[Essere]]" nella filosofia occidentale.<ref>{{Cita web|url=https://www.avvenire.it/agora/pagine/platone-e-la-metafisica-gli-appunti-di-marcuse-a-lezione-da-heidegger|titolo=Filosofia. Platone e la metafisica: gli appunti di Marcuse a lezione da Heidegger|sito=www.avvenire.it|data=2024-11-06|lingua=it|accesso=2024-11-22}}</ref>
== In logica matematica ==
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Nella [[scienza]] e nel [[diritto]] la verità è riconosciuta in quelle proposizioni o affermazioni il cui contenuto non sia controvertibile.
Da un [[testimone (diritto)|testimone]] che rende sotto [[giuramento]] la propria testimonianza verace in un [[tribunale]] non ci si aspetta l'enunciazione di proposizioni infallibilmente vere, ma la [[buona fede]] nel raccontare un evento osservato a partire dal proprio [[
== Note ==
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== Voci correlate ==
* [[Bugia]]
* [[Onestà]]
* [[Coerentismo]]
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