Utente:Claudio Gioseffi/Sandbox 3: differenze tra le versioni

Contenuto cancellato Contenuto aggiunto
CommonsDelinker (discussione | contributi)
Bot: sostituisco Acquedotto-6.jpg con File:Acquedotto_romano_Lobia_Vicenza.jpg (da CommonsDelinker per: File renamed: disambiguate).
 
(214 versioni intermedie di 3 utenti non mostrate)
Riga 1:
{{torna a|Provincia di Vicenza}}
<div class="usermessage" style="-moz-border-radius:1em;text-align:center"> Sandbox Claudio Gioseffi </div>
<div class="usermessage" style="-moz-border-radius:1em;text-align:center"> Modifica in corso: Voce in creazione sulla Storia dell'urbanistica e dell'architettura vicentina</div>
 
Introduzione che sintetizza tutti gli elementi
La città di Vicenza è ricca di palazzi e di edifici pubblici - oltre che, naturalmente, di [[Storia dell'architettura religiosa a Vicenza|edifici religiosi]] - costruiti in epoca diverse, principalmente durante l'età moderna, i quattro secoli in cui la città è stata soggetta alla Repubblica veneta.
 
=== Precipitazioni, falde e risorgive ===
La storia dell'architettura e dello sviluppo urbanistico di Vicenza fornisce utili indicazioni per la conoscenza:
Il Veneto e il Friuli-Venezia Giulia sono le due regioni d'Italia con maggiore disponibilità d'acqua: le correnti d'aria calda e umida che giungono dall'Adriatico e salgono dalla pianura ma trovano nelle Prealpi vicentine e nelle Alpi Giulie il loro primo ostacolo. Lo sbalzo di temperatura fa raffreddare l'aria umida che si trasforma in pioggia.
* dei vincoli politici e del senso di appartenenza di una città che non è mai stata capitale di una signoria o di uno Stato: le mura, le porte e il rapporto della città con il contado, gli edifici del potere civile e religioso ricchi di valori simbolici
* della struttura sociale della comunità cittadina come si è modificata nel tempo: le differenze architettoniche, la posizione rispetto al centro e l'ampiezza delle strade, la dislocazione dei mercati, la struttura dei quartieri più poveri e l'addensamento degli uffici religiosi che contrassegnavano il prestigio delle classi sociali
* dell'evoluzione degli aspetti artistici, determinata dal gusto e dalle disponibilità finanziarie dei committenti, dall'emergere di artisti locali il più noto dei quali è il [[Andrea Palladio|Palladio]], dalle influenze esterne alla città.
 
Il Vicentino<ref>Secondo le statistiche riferite dal Centro idrico di Novoledo, società di servizi che si occupa del rilevamento dei parametri idrogeologici, idraulici, biologici, chimici e chimico-fisici che caratterizzano il sistema idrologico "Astico-Bacchiglione", utilizzato per l'approvvigionamento idrico e di acqua potabile dagli acquedotti di Vicenza e Padova</ref> è la seconda provincia in Italia per quantità di pioggia. Le precipitazioni sono concentrate soprattutto nella zona delle Prealpi nell'Alto Vicentino. Ben conosciuto è l'antico proverbio che recita "''Recoaro, Valdagno e Schio xè el cadin de Dio''" o addirittura "''Schio, el orinàl de Dio''".
Urbanistica ed edifici rappresentano quindi una fonte importante per comprendere la storia della città.
{{Nota
|allineamento=destra
|larghezza =200
|titolo=Cerca
|dim-testo = 90%
|contenuto=<center>
* [[Edifici religiosi di Vicenza|chiesa, oratorio, monastero, convento o altro]]
* [[Storia delle mura e fortificazioni di Vicenza|mura o fortificazioni]]
* [[#Collegamenti esterni|architetti e urbanisti che hanno operato a Vicenza]]
* [[Utente:Claudio_Gioseffi/Sandbox_18|palazzi ed edifici storici]]
}}
 
In questi ultimi anni i cambiamenti climatici e i mutamenti del suolo originati dalle opere dell'uomo hanno fatto sentire la loro influenza. L'aumento della temperatura media annuale ha comportato una riduzione delle piogge e della copertura del manto nevoso: la portata media mensile dei fiumi, rispetto agli anni Cinquanta, è calata del 50% nel Brenta e del 10% nel Bacchiglione<ref>{{cita|Di Lorenzo, 2011|p. 92}}</ref>.
==Epoca romana==
{{vedi anche|Storia di Vicenza#''Vicetia'' romana}}
 
In alcuni anni le precipitazioni sono state di forte intensità, concentrate in alcuni momenti e in alcuni bacini imbriferi. Ma mentre le nevi rilasciano lentamente le acque<ref>Importante ad esempio la copertura del manto nevoso nel gruppo delle [[Pale di San Martino]], dove nasce il torrente [[Cismon]], importante affluente del fiume [[Brenta]]</ref>, quelle delle piogge torrenziali oppure continue e insistenti - poco assorbite dai territori sempre più cementificati - defluiscono con violenza nei corsi d'acqua, con il rischio di tracimare o di rompere gli argini, com'è stato nel [[Alluvione del Veneto del 2010|novembre del 2010]].
Il primo insediamento sul piccolo gruppo di alture - formato da detriti alluvionali - che emergeva dalla pianura [[acquitrino]]sa alla confluenza dei fiumi [[Astico]] (ora [[Bacchiglione]]) e [[Retrone]] - ebbe origine nel [[VI secolo a.C.]]<ref name= ViRomana >{{Cita| Cracco Ruggini, 1988| pp. 205-303}}</ref> ad opre a dei [[Veneti#Storia|Veneti]]. Sicuramente esso fu influenzato dalla costruzione, nel 148 a.C., della [[via Postumia]] che favoriva i traffici e il rapido transito delle [[Legioni romane|legioni]].
 
Questa, per modalità e cause, fu diversa dalle alluvioni precedenti; fu definita una "bomba d'acqua" e anche "un avvertimento della natura", quasi una vendetta per le violenze che l'uomo le infligge, il sintomo di una nuova era. Tecnicamente rappresentò una delle conseguenze del [[cambiamento climatico]] globale che la Terra sta attraversando, la cui causa va cercata nel riscaldamento del pianeta per l'anidride carbonica rilasciata e il conseguente [[effetto serra]]<ref>Dario Zampieri, docente all'università di Padova: "Prepariamoci ad altre tempeste, perché le "bombe di calore" (siccità e incendi) così come gli uragani più frequenti e le inondazioni sono due facce della stessa medaglia", in ''La rivoluzione globale del clima porterà altre bombe d'acqua'', in ''il Giornale di Vicenza'', 31 gennaio 2011, p. 24, citato da {{cita|Di Lorenzo, 2011|p. 107}}</ref>.
Ma alla seconda metà del primo secolo a.C., quando ''Vicetia'' divenne ''[[municipium]]'' romano ''optimo iure'', cioè con pienezza di diritti civili e politici, risale la ristrutturazione dell'abitato secondo il caratteristico tracciato urbanistico romano ad assi relativamente ortogonali - quel tracciato ancora riconoscibile nella città moderna - così come la sostituzione di abitazioni in legno con costruzioni in pietra o laterizio e l'edificazione delle prime mura<ref>Fatto ormai provato dai ritrovamenti in occasione di ripetuti scavi, dagli anni cinquanta del Novecento, nelle contrade Mure Porta Castello, Mure Pallamaio e Canove vecchie, {{Cita| Barbieri, 2011| p. 6}}</ref>.
 
== Storia ==
Queste furono erette, come avvenne per altre città consimili, per delimitare lo spazio urbano da quello rurale e conferire prestigio al nuovo ''status'' di città romana<ref name= Monumenti>{{Cita| Ghedini, 1988| pp. 45-47}}</ref>, in un tempo in cui tutta la regione era [[Pax romana|pacificata]] e apparentemente non erano necessarie. In assenza di reperti significativi, si presume che le mura fossero costruite solo parzialmente, in particolare a ovest della città, che invece negli altri lati era naturalmente difesa dai fiumi, l'Astico (ora Bacchiglione) e il Retrone, valicati da due ponti - descritti e disegnati anche dal Palladio - che corrispondevano agli attuali ponte degli Angeli e di San Paolo<ref>Due lacerti delle mura romane si trovano in Motton San Lorenzo e in contrà Canove vecchie</ref>.
{{vedi anche|Storia dei fiumi di Vicenza}}
 
=== Formazione della pianura vicentina ===
L'estensione dell'insediamento romano era piuttosto modesta e corrispondeva all'attuale centro storico in senso stretto: a ovest, iniziava presso l'odierna porta Castello; a nord presso l’incrocio delle contrade Porti-Apolloni-Pedemuro San Biagio; a est, all’inizio di corso Palladio movendo da piazza Matteotti; a sud, là dove si incontrano le contrade della Pescheria e di San Paolo.
La pianura vicentina viene creata dalle acque
• 30-35 milioni di anni vi è una laguna al di sotto delle Prealpi e chiusa dalla barriera corallina dei Berici
• Poi con i periodi glaciali e interglaciali sgretolamento delle rocce che vengono trasportate dai fiumi (valli del Brenta dell’Astico del Leogra dell’Agno)
• Ricchezza di ghiaie, che saranno utili per l’edilizia. Spessore di oltre 200 m. nell’Alto Vicentino
• Ricchezza di acque che scendono dalle valli prealpine, in parte spariscono ma riemergono dalle risorgive di pianura, scorrono attorno al Centro storico di Vicenza e defluiscono verso il mare
• Si crea una modesta altura quando le acque arrivano davanti ai Berici, sulla quale sorgerà la città
• I fiumi scorrono attorno al Centro storico di Vicenza e defluiscono verso il mare.
 
Le acque sono così parte della storia della città e del territorio: sono state problema e risorsa, difesa e motivo di contesa, limite e opportunità di sviluppo.
[[File:Strada romana Vicenza.jpg|thumb|Tratto di strada romana (uno dei cardini minori) rinvenuto in corso Fogazzaro. Lastricato in [[Basolo|basoli]] poligonali di [[trachite]], con tracce del transito di carri.]]
 
Da tempi della preistoria il fiume Astico, proveniente dall'omonima valle, dopo aver ricevuto l'apporto delle acque della Val d'Assa e della Valle di Posina e attraversato un tratto di pianura scorrendo in direzione sud-est, giungeva dove oggi sorge l'abitato di Sarcedo.
L'impianto urbanistico delle città romane si basava su un fascio di strade parallele con orientamento est-ovest, i ''[[Decumano|decumani]]'', che si intersecavano in senso ortogonale con un fascio di altre, i ''[[Cardine (storia romana)|cardines]]'', ad orientamento nord-sud. La ristrutturazione urbanistica di Vicenza, avvenuta a metà del I secolo a.C., dovette tener conto dell'assetto preesistente, per cui questo schema fu adattato e subì delle variazioni: le intersezioni tra ''decumani'' e ''cardines'' non furono infatti tracciate in senso ortogonale ma obliquo.
 
=== Rotta della Cucca e spostamento dei fiumi della pianura vicentina ===
Al centro delle strade principali il ''decumanus maximus'' - che corrispondeva ''grosso modo'' all'attuale [[corso Palladio]] - costituiva il tratto cittadino della [[via Postumia]] che ad est, dopo aver superato l'[[Astico]] con un ponte<ref>Il ponte romano, corrispondente all'attuale Ponte degli Angeli, così come il ponte romano sul [[Retrone]] corrispondente all'attuale Ponte San Paolo, furono demoliti a fine Ottocento</ref>, continuava verso [[Aquileia]], mentre a ovest, passata la porta della cinta muraria in seguito chiamata Porta Feliciana e poi Porta Castello, continuava verso [[Verona]]. Era abbastanza ampio da permettere il doppio senso di circolazione dei carri.
 
Nel 589 d.C. in tutta la pianura veneta vi fu uno sconvolgimento idrografico – raccontato dallo storico Paolo Diacono - che interessò anche i fiumi del territorio vicentino: si spostarono verso est sia l'Astico che il Brenta, il quale cominciò a scorrere a oriente di Padova.
Più controverso è quale fosse il ''cardo maximus'', generalmente individuato nella via che, superato l'attuale Ponte San Paolo, passava sotto la [[Basilica Palladiana]], proseguiva per contrà del Monte e contrà Porti il continuava verso nord, costeggiato il bordo occidentale del ''lacus Postierlae'' formato dal fiume Astico. Altri ritengono che il ''cardo maximus'' fosse piuttosto quello che, salendo dalle attuali contrà Cordenons e Cesare Battisti, percorreva corso Fogazzaro e poi continuava, fuori città, verso le montagne.
 
I morti furono innumerevoli, data anche la scarsa capacità di far fronte a simili eventi catastrofici, e i danni incalcolabili: strade, sentieri, campagne e interi villaggi furono distrutti. In seguito all’alluvione, e a causa di essa, a Verona si verificò un disastroso incendio e Roma fu colpita da un’epidemia devastante. Inoltre, secondo la tradizione storiografica veneta, questo evento fu la causa dello sconvolgimento del corso dei fiumi della pianura veneto-friulana e anche della trasformazione della bassa pianura Padana in una palude.
Vicino all'intersecazione delle due strade principali – sotto [[Palazzo Trissino]] Baston e la parte occidentale di [[Piazza dei Signori (Vicenza)|Piazza dei Signori]] – è stata ritrovata una parte della pavimentazione del [[Forum (luogo)|Foro]], centro multifunzionale della vita cittadina che, secondo il modello romano, era dotato di strutture monumentali. Presentava un orientamento nord-sud: un'area sacra più rialzata, con i templi, a nord del decumano e un'area più abbassata, lastricata a grosse pietre rettangolari ancora visibili sotto il palazzo, destinata alla politica e ai commerci a sud della strada; concludeva il Foro una basilica civile, sul luogo in cui fu poi costruito il ''Palatium vetus'' e più tardi la [[Basilica Palladiana|Basilica]] - proprio per questo motivo così denominata dal [[Andrea Palladio|Palladio]]<ref>Una descrizione che può essere interessante per analogia - i Romani costruivano per modelli ripetitivi - è quella del [[Foro romano di Brescia]]</ref>.
 
Oggi è chiaro che il cambiamento idrografico del Veneto avvenuto nei secoli, fino ad arrivare all’assetto odierno, non può essere stato causato solo da questo singolo episodio, ma è stato il risultato di una serie di eventi più o meno evidenti che si sono susseguiti nel corso di centinaia di anni.
Sotto la [[cattedrale di Vicenza|cattedrale]], sono conservati e visibili i resti di ''[[domus]]'' decorate e di strade romane e al lato sud di piazza del Duomo, in ottimo stato di conservazione, il [[Criptoportico]], parte di una [[domus]] patrizia nel periodo imperiale. Si ritiene che in città vi fossero anche altri criptoportici<ref>Come in contrà Porti, distrutto durante lavori di ristrutturazione</ref> - creati per livellare il terreno formato da dossi naturali oltre che per contenere il terrazzamento dei giardini - e le terme, di cui resta qualche lacerto in contrà Pescherie vecchie.
 
=== Le guerre dell’acqua dal XII al XIV secolo ===
Dalla località Villaraspa (Motta di [[Costabissara]]) partiva l'[[acquedotto]] che, passando per la località Lobia, posta 3&nbsp;km a nord del centro storico, dove sussistono tuttora resti degli archi di sostegno, e transitando per gli attuali viale Ferrarin, via Brotton e corso Fogazzaro, portava in città l'acqua delle risorgive<ref>Il percorso e i recenti ritrovamenti sono descritti in: {{cita web|url=http://www.ilgiornaledivicenza.it/stories/dalla_home/422584_in_corso_fogazzaro_spuntaanche_lacquedotto_romano/?refresh_ce|titolo=
Con due atti successivi del 1079 e del 1084, l'imperatore Enrico IV aveva concesso, rispettivamente al vescovo di Padova Olderico e a quello di Vicenza Ezzelino, un eguale diritto di navigazione lungo il fiume - allora Retrone - sino alla foce.
In corso Fogazzaro spunta anche l'acquedotto romano |accesso= 25 ottobre 2012}}</ref> per terminare nel ''castellum aquae'', cioè nel serbatoio presso Mure San Lorenzo<ref>Per una descrizione dei ritrovamenti e gallerie fotografiche: {{cita web|url=http://www.archeoveneto.it/portale/?page_id=264|titolo= Regione del Veneto - Musei archeologici|accesso= 25 ottobre 2012}}</ref>.
 
Ma nel 1142 iniziò una guerra regionale che coinvolse tutte le città della Marca veronese e Padova tolse a Vicenza la possibilità di utilizzare le vie di comunicazione sia fluviali che terrestri. Per ritorsione, i Vicentini con una rosta, cioè uno sbarramento presso Longare, deviarono le acque del fiume nel Canale Bisatto - forse un antico ramo del Retrone che scorreva lungo le colline e che si dirigeva verso Este, tanto da essere chiamato fiume della Riviera - lasciando quindi Padova all'asciutto.
[[File:Acquedotto-6.jpg|thumb|left|300px|L'acquedotto romano in località Lobia]]
 
Tale privazione era assolutamente insostenibile, essendo l'acqua essenziale per l'azionamento dei mulini, per l'approvvigionamento dell'acqua potabile e per la difesa. Per ritornarne in possesso, Padova occupò militarmente Longare e ripristinò la situazione idrografica naturale. La guerra continuò per cinque anni, anche con l'obiettivo, da parte dei vicentini, di conquistare o consolidare il proprio dominio su zone periferiche strategiche, come Bassano, Marostica e Montegalda.
Nel [[I secolo]] d.C. Vicenza aveva acquisito una certa importanza, tanto da demolire in parte le mura per consentire lo sviluppo della città e costruire il Teatro, in cui si svolgevano i [[Teatro latino|ludi scenici]] e di cui si possono ancora vedere l'esatto perimetro e la configurazione con le 24 arcate<ref>Compreso tra contrà Santi Apostoli, piazzetta San Giuseppe e via del Guanto</ref>, posto nel sobborgo periferico di Berga e collegato al centro da un ponte sul Retrone, al punto di confluenza delle strade che giungevano da sud-est (da [[Costozza]] e [[Longare]]) e da sud-ovest (da [[Lonigo]] e [[Chiesa di Sant'Agostino (Vicenza)|Sant'Agostino]]), costeggiando le pendici dei [[Colli Berici]], per consentire un migliore afflusso degli spettatori. Dietro il palcoscenico, sul lato nord, era costruito un vasto quadriportico che arrivava sino al fiume, nel quale potevano intrattenersi gli spettatori.
 
Nel 1147 i vescovi veneti e il patriarca di Venezia intervennero nel conflitto portando le due città rivali alla pace di Fontaniva. La posta in palio nel 1147 era il controllo del Bacchiglione e soprattutto del Brenta, sul cui corso erano già intervenuti i padovani nel 1142, provocando un tale dissesto sul sistema lagunare da suscitare l'immediata ritorsione militare del ducato veneziano.
Un'ampia zona a sud-ovest della città, corrispondente agli attuali [[Campo Marzo]] e borgo San Felice, era destinato fin dall'epoca pre-romana alle tumulazioni (diversi reperti si trovano al [[Museo naturalistico archeologico (Vicenza)|Museo naturalistico archeologico]] della città). Testimonianze significative del culto cristiano in epoca tardo antica si trovano nella [[Basilica dei Santi Felice e Fortunato]], sotto forma di mosaici e di iscrizioni del tempo.
 
Nonostante il trattato, per scongiurare altre ritorsioni dei vicentini ed assicurarsi in maniera definitiva la presenza dell'acqua in città, i padovani intrapresero la costruzione del canale Piovesella da Noventa Padovana al capoluogo, primo tronco del futuro canale Piovego, portando così le acque del Brenta fin sotto le mura.
Nell'insieme, il tracciato urbanistico, i servizi urbani (acquedotto, ponti, fognature) e i reperti archeologici relativi agli edifici di quest'epoca mostrano un totale adeguamento del primo insediamento veneto alla cultura romana.
 
Nel 1188 Padova tornò a scontrarsi con Vicenza per tentare nuovamente di conquistare Montegalda, provocando la conseguente reazione dei Vicentini, che deviarono per la seconda volta le acque del Retrone/Bacchiglione nel Bisatto. Molto probabilmente l'apporto idrico del Piovesella non era sufficiente ai fabbisogni della città, pertanto i padovani per la seconda volta fecero una sortita su Longare per eliminare la deviazione. Nel 1209 Padova per garantirsi l'acqua scavò il canale Piovego, congiungendo così la città con il Brenta; le scaramucce si susseguirono ancora finché nel 1314 non si decise per la costruzione del canale Brentella con il quale la questione fu risolta definitivamente.
==Medioevo==
{{vedi anche| Storia delle mura e fortificazioni di Vicenza}}
 
L'ultimo dispetto viene ricordato nel 1311 quando, appena liberati da Enrico VII dalla soggezione a Padova, i vicentini deviarono nuovamente le acque del Bacchiglione, nonostante la disapprovazione dell'imperatore. Questi ingiunse a Vicenza di risarcire Padova per i danni provocati dalla deviazione del fiume, ma il Consiglio vicentino si rifiutò di pagare, dando così il via a numerose liti su varie questioni, in particolare sulla restituzione a Padova di alcuni fondi rurali. Alla fine Enrico impose a Vicenza di riaprire il corso originario del Bacchiglione.
===L'aspetto urbano nell'Alto Medioevo===
 
I problemi, e gli interventi di deviazione delle acque, si ripresentarono ancora nel XIV secolo durante le signorie scaligera e viscontea. Cessarono definitivamente dopo che, nel 1404, la Serenissima Repubblica di Venezia estese il proprio dominio fino all'Adda, stabilizzando l'assetto politico territoriale.
È improbabile che, durante i periodi di sovranità ostrogota, longobarda e franca - cioè dal V al IX secolo, Vicenza si sia allontanata dagli schemi e dai limiti della città romana. Di certo vi rimasero gli elementi determinanti della “maglia urbana”, la “impronta indelebile” della romanità, ribadita dalle ultime, più accreditate indagini archeologiche.
 
Fino alla metà del Trecento, comunque, fiumi e fossati conservarono il loro ruolo complementare alla difesa della città: la Roggia Seriola a ovest e a sud, il Retrone a sud e il Bacchiglione a nord e a est seguivano all'esterno l'andamento delle mura cittadine. Persero d'importanza quando furono costruite le mura scaligere e poi quelle veneziane che allargarono lo spazio urbano.
"''Semmai, saranno andati via via scomparendo, qui come altrove, i monumenti, ... i centri della vita sociale, politica, artistica antica, causa distruzione, abbandono o riconversione; con essi veniva meno tutta una pratica sociale e una cultura, insieme a elementi essenziali dell’immagine, della coscienza, dell’ideologia cittadina''"<ref>Le Goff, 1981, citato da {{cita|Barbieri, 2011| pp. 6-7}}</ref>.
 
I ponti del Palladio, degli Alpini sul Brenta, sul Tesina, degli Angeli sul Bacchiglione
La diminuzione della popolazione urbana condusse all'abbandono di molti edifici, senza che vi fosse poi bisogno di liberare gli spazi dalle macerie per utilizzarle in nuove costruzioni; aumentarono gli spazi incolti all'interno, paludosi e boschivi all'esterno della città; all’opposto della città precedente di estrazione greco-romana, quella medievale era dimora non solo dei vivi, bensì, in stretta vicinanza, dei vivi e dei loro morti: sepolti sotto i pavimenti delle chiese o lungo le navate o raccolti più semplicemente nelle zone adiacenti i luoghi di culto.
 
== Bacini idrografici e idrogeologici ==
[[File:Campanile Cattedrale VI.JPG|thumb|left|Campanile medievale della Cattedrale di Vicenza. Il basamento è parte di una fortificazione del X secolo e la sopraelevazione è del XII secolo<ref>{{cita|Barbieri, 2004| p. 301}}</ref>.]]
Nel Vicentino sono cinque i [[Bacino idrografico|bacini idrografici]] - o meglio i sotto bacini, in quanto rappresentano una parte di più ampi bacini che sfociano nel Nord [[Adriatico]] - che convogliano le acque in altrettanti corsi d'acqua, originati nella fascia montana e pedemontana. Da est a ovest sono quelli
[[File:Mura altomrd Luzo-2.jpg|thumb|left|Mura altomedievali in contrà Porton del Luzo.]]
* del Brenta
* dell'Astico-Tesina
* del Leogra-Timonchio
* dell'Agno-Guà
* del Chiampo
Il secondo e il terzo di questi corsi d'acqua confluiscono nel Bacchiglione, che si avvale anche del [[bacino idrogeologico]] della pianura vicentina, ricevendo le acque dalle risorgive e da modesti affluenti, come l'Astichello, la Seriola e il Retrone.
 
=== Bacino del Brenta ===
Nel X secolo, in seguito alle scorrerie degli Ungari, iniziò la costruzione di strutture difensive che caratterizzarono fortemente l'aspetto della città: una cerchia di mura, iniziata plausibilmente sulle basi e sul tracciato delle precedenti romane e proseguita fino a tutto il secolo XIII, infine completata, per racchiudere anche i nuovi borghi, nel XIV e XV secolo.
{{vedi anche|Canale di Brenta|Brenta}}
[[File:Bassanodelgrappa flickr02.jpg|thumb|Il fiume Brenta a Bassano del Grappa]]
Il Brenta o la Brenta (''Medoacus maior'', poi ''Brinta'' in [[lingua latina|latino]]) nasce dai [[Lago di Caldonazzo|laghi di Caldonazzo]] e di [[Lago di Levico|Levico]] in [[Trentino]]; è uno dei principali fiumi tra quelli che sfociano nell'[[alto Adriatico]], a nord del [[Po]]. La sua lunghezza complessiva è di circa 174&nbsp;km<ref name="sito">{{cita web |url=http://www.pedemontanobrenta.it/concorso/3_sezione/3_classificato/labrenta/storiafiume.htm |titolo=Copia archiviata |accesso=28 aprile 2007 |urlmorto=sì |urlarchivio=https://web.archive.org/web/20071008070329/http://www.pedemontanobrenta.it/concorso/3_sezione/3_classificato/labrenta/storiafiume.htm |dataarchivio=8 ottobre 2007 }}</ref> che lo colloca al tredicesimo posto in [[Italia]].
 
In provincia di Vicenza scorre un tratto della sua "parte montana": dopo aver percorso la [[Valsugana]], a [[Primolano]] entra nel [[Canale di Brenta]], transitando per [[Cismon del Grappa]], [[Valstagna]], [[San Nazario (Italia)|San Nazario]], [[Campolongo sul Brenta]], [[Solagna]], [[Pove del Grappa]] e [[Campese]].
Con riferimento ad alcuni studi, in particolare quelli dello storico francese [[Jacques Le Goff|Le Goff]], lo studioso vicentino Franco Barbieri insiste sul significato simbolico riassunto nelle mura e nell'aspetto circolare della città medievale. Anche a Vicenza si affermò la tipica tendenza ''radiocentrica'' medievale, che racchiudeva la città in un perimetro circolare, entro termini pressoché equidistanti da un punto intermedio tra la cattedrale e la sede del potere comunale<ref>{{cita|Barbieri, 2011| pp. 6-9}}</ref>.
 
In questo tratto sono suoi affluenti:
Erano forse presenti influenze etniche: gli accampamenti delle popolazioni germaniche erano rotondi, una disposizione funzionale a un ordinamento gerarchico. Ben più forti erano le ragioni politiche, ideologiche e religiose, che producevano un marcato simbolismo. La città, dimora degli uomini, piccolo microcosmo, aspirava a farsi simile alla perfezione dell’universo che, stando alla concezione aristotelico-tolemaica, era organizzato in cerchi concentrici. La città terrena doveva corrispondere all’immagine del suo prototipo ideale, la Gerusalemme celeste che nella tradizione iconografica veniva rappresentata chiusa in un cerchio perfetto attorno al tempio di Salomone. Il circuito rafforzava la sacralità della città e del potere che in essa risiedeva.
* il torrente [[Cismon]] presso [[Cismon del Grappa]]
* il torrente Frenzela della Val Frenzela, in prossimità di [[Valstagna]]
* il fiume [[Oliero (fiume)|Oliero]]; nasce dalle sorgenti, note come [[grotte di Oliero]], che rappresentano uno degli scarichi delle [[acque meteoriche]] del sovrastante [[Altipiano di Asiago]], per cui vengono considerate tra le più importanti [[sorgente valchiusana|sorgenti valchiusane]] d'Europa<ref>{{Cita web|url=http://www.comunevalstagna.it/grottedioliero.htm|titolo=comunevalstagna.it}}</ref>.
 
Dopo aver usufruito di entrambi i bacini, quello idrografico e quello idrogeologico, raggiunta la [[Pianura veneto-friulana|pianura veneta]] presso la città di [[Bassano del Grappa]], il fiume Brenta prosegue il suo percorso meandriforme e alimenta le [[falde freatiche]] di diversi fiumi di risorgiva, quali il [[Sile]], il [[Dese (fiume)|Dese]] e altri minori. Transita in prossimità dei paesi vicentini di [[Nove (Italia)|Nove]], [[Cartigliano]] e [[Tezze sul Brenta]], poi il suo corso entra in provincia di Padova.
Nell’Apocalisse, dodici angeli appaiono a presidio delle porte della Città santa: e gli Statuti di Vicenza del 1264 intimavano di far eseguire al più presto, sulle porte civiche, affreschi in onore della Vergine, dell’apostolo Pietro, dell’arcangelo Michele, dei Santi Cristoforo, Felice e Fortunato. Le porte, consacrate, costituivano non solo il necessario veicolo all’osmosi tra la città e il suo territorio, ma rimarcavano il divario nettissimo tra l’interno, regno dell’ordine tutelato dalla fede, e il disordine esterno: fuori si apriva la ''natura'', la ''non-città''<ref>Nella famosa veduta nella tela di Marcello Fogolino, la ''Madonna delle stelle'' nella chiesa di Santa Corona, appare - ancora nel Cinquecento - una Vicenza turrita isolata tra alberi e prati e sullo sfondo delle montagne: unica ad interrompere la solitudine e riproporre la presenza dell’umano e del divino, l’abbazia di San Felice</ref>. Già Aristotele, nel settimo capitolo della ''Politica'', raccomandava alla città ''le mura non solo perché necessarie, o quanto meno utili alla difesa, ma perché possono esservi d’ornamento e di definizione dello spazio identitario, significativo dal punto di vista sia tecnologico sia artistico''.
 
-> v.anche https://www.magicoveneto.it/natura/fiumi/Brenta.htm
La città medievale ci appare quindi organismo funzionale, ma anche immagine allegorica di un mondo trascendente. Scomparsa - all’infuori di alcune chiese, conventi e palazzi comunali - pressoché ogni importante testimonianza della ''facies interna'' della città, oggi le mura, o ciò che di esse rimane, rappresentano uno dei documenti privilegiati per la conoscenza del Medioevo in questo territorio<ref>{{cita|Barbieri, 2011| pp. 9-14}}</ref>.
 
=== Bacino dell'Astico-Tesina ===
D'altra parte, eccezione fatta per la torre-campanile della cattedrale e qualche breve tratto di mura, del periodo altomedievale quasi nulla resta nell'attuale aspetto urbano della città.
{{vedi anche|Val d'Astico}}
[[File:Blick in's Val d' Astico vom Werke Gschwendt". Aufgenommen im Mai 1916. (BildID 15533951).jpg|thumb|left|La Val d'Astico vista dalle montagne occupate dagli austriaci durante la [[Strafexpedition]] del maggio 1916]]
I primi due bacini, che raccolgono le sorgenti montane e pedemontane, confluiscono nel Bacchiglione, il corso d'acqua di portata maggiore. In questo complessivo arriva poco meno di un miliardo di metri cubi d'acqua l'anno, metà della quale evapora, mentre l'altra metà defluisce nei corsi d'acqua o penetra nelle falde, dove viene utilizzata dai pozzi e, sempre di più nei tempi recenti, dagli acquedotti.
 
===La= cittàIl turritatorrente delAstico XIII secolo====
Il torrente Astico, il cui nome deriva da ''[[astacus|àstacus]]'', [[gambero d'acqua dolce]] oppure, secondo lo storico [[Gaetano Maccà]], dda ''laste'', le lastre di pietra levigata presenti in fondovalle e lambite dal fiume<ref>Tratto da [http://www.centrostudilaruna.it/forum/viewtopic.php?t=722 Centro studi La runa]</ref>, nasce in Trentino nel territorio di [[Folgaria]]. Nel tratto iniziale del suo corso scende impetuosamente fino alla frazione di [[Buse]] nei pressi di [[Lavarone]] per poi seguire, piegando decisamente verso sud est, la [[Val d'Astico]] - cui ha dato nome - che separa l'[[Altopiano dei Sette Comuni]] da quelli di [[Folgaria]] e [[Tonezza del Cimone]] nella parte alta del suo corso, e dalle [[colline delle Bregonze]] nella parte centrale.
[[File:Torri dei Loschi Vicenza.JPG|thumb|Torri dei Loschi, in contrà Sant'Antonio, probabilmente della fine dell'XI secolo. Secondo la tradizione furono risparmiate da Federico II nel sacco di Vicenza del 1236, perché vicine alla cattedrale<ref>{{cita|Barbieri, 2004| p. 310}}</ref>.]]
 
Si dirige verso [[Lastebasse]] e Casotto, ricevendo gli affluenti Rio Torto, Val Longa, Val Roa e Torra. Prosegue quindi verso Pedescala, dove riceve le acque del torrente [[Val d'Assa]], e Seghe di Velo, dove confluisce il torrente [[Posina]], entrambi con ampi bacini imbriferi. Dirigendosi verso est passa per [[Meda (Velo d'Astico)|Meda]], [[Piovene Rocchette]], [[Caltrano]], [[Calvene]], [[Lugo di Vicenza|Lugo]] e [[Fara Vicentino]], ricevendo gli apporti di torrenti minori, come il Narotti, il Val Campiello e il Val Chiavona.
L'arrivo in città delle famiglie feudali ne cambiò l'aspetto, arricchendola di edifici privati e pubblici. Secondo il cronista Battista Pagliarini<ref>Battista Pagliarini, ''Croniche di Vicenza'', 1663</ref> che scrive qualche secolo più tardi, le [[torre|torri]] sarebbero state più di cento. Può trattarsi di un'esagerazione, ma è documentato che il podestà Guglielmo di Pusterla nel [[1208]] dovette emanare un ''praeceptum'', una sorta di [[regolamento edilizio]], per dare ordine al moltiplicarsi di edifici e di mura e all'occupazione delle aree pubbliche.
 
La vallata dell'alto Astico, molto stretta fino a Meda, si allarga verso Rocchette e sbocca in pianura nell'ampio bacino compreso tra le pendici dei monti Sunio e Summano, dove il torrente ha inciso uno spesso strato alluvionale che assorbe gran parte delle sue acque di magra. Poco a valle di Lugo l'intera residua portata viene deviata nel canale Mordini e l'alveo rimane completamente asciutto, per gran parte dell'anno, fino a Lupia di Sandrigo, dove confluisce nel [[Tesina]] e assume questo nome.
Nel [[XIII secolo|Duecento]] la struttura urbanistica della città era simile a quella di altre città venete.
 
Ha carattere torrentizio, con portata fortemente variabile nel corso delle stagioni. Ciononostante, soprattutto in passato, sono sorte lungo il suo corso numerose attività che sfruttavano la forza motrice dell'acqua.
Al centro dell'insediamento più antico – vicino a dove si presume fosse il Foro romano – il ''Palatium vetus'', prima sede del Comune che si è era costituito verso la seconda metà del XII secolo e che comprendeva la cappella dedicata a San Vincenzo, il Salone dei Quattrocento sostenuto da archivolti sotto il quale passava l'antico ''cardo maximus'' e dove si riuniva il Consiglio di Credenza e, più ad est, il Palazzo del Podestà, affiancato a nord dalla [[Torre Bissara|Torre dei Bissari]] e a sud da [[Torre del Girone|quella del Tormento]], rappresentavano la sede del potere pubblico.
 
; Storia
Tutt'intorno le piazze dei mercati di vendita al minuto: la piazza delle Biave, cioè del foraggio e delle sementi, la piazza del Vino<ref>Corrispondeva allo spazio di fronte all'attuale [[Chiesa di Santa Maria dei Servi (Vicenza)|Chiesa dei Servi]].</ref>, la piazza delle Erbe, le Pescherie vecchie e quelle Nuove<ref>Le prime corrispondenti all'attuale Piazzetta Palladio, dove si vendeva il pesce di fiume, mentre alle Pescherie Vecchie si vendeva quello di mare.</ref>, contrà Muscheria dove si vendevano guanti e oggetti in pelle e le strade occupate dalle professioni giuridiche, come i Nodari, e finanziarie come la contrà dei Giudei<ref>Corrispondente all'attuale contrà Cavour.</ref>. Piazze e palazzi pubblici erano circondati dallo spesso muro del Peronio, le cui porte venivano chiuse al tramonto.
Fin dai tempi della preistoria<ref>F. Molon, ''I nostri fiumi, Astico, Bacchiglione, Retrone, Brenta. Idrografia antica e moderna'', Vicenza 1882-83,</ref> il fiume Astico giungeva dove oggi sorge l'abitato di [[Sarcedo]]. Qui, in [[epoca romana]], fu costruito un imponente muro, lungo circa 800&nbsp;m., che impediva al fiume di dilagare subito in pianura – devastando Vicenza con le sue piene, con il rischio di distruggere l'[[acquedotto romano]] della città e gli insediamenti sorti con la centuriazione di [[Thiene]] - e lo deviava fino alla collina di [[Montecchio Precalcino]]<ref>{{cita| Sottani, 2012| pp. 55-56}}</ref>.
 
Verso il VI secolo d.C. però, probabilmente in seguito a una piena eccezionale, il fiume deviò verso sud est in direzione dell'attuale [[Dueville#Povolaro|Povolaro]], occupando quello che oggi è il letto del fiume [[Astichello (fiume)|Astichello]] e prima di allora era l'antico letto del torrente [[Brenta]]<ref>Nel [[589]] d.C. in tutta la [[Pianura veneto-friulana|pianura veneta]] vi fu uno sconvolgimento idrografico (detto [[Rotta della Cucca]]) che interessò anche i fiumi del territorio vicentino: si spostarono verso est sia l'Astico che il Brenta, il quale cominciò a scorrere a oriente di [[Padova]]. Alessandro Baldan, ''Storia della Riviera del Brenta'', 1978, Moro editore, Cassol.</ref>.
==== L'architettura religiosa del XIII secolo ====
{{vedi anche| Storia dell'architettura religiosa a Vicenza#Basso Medioevo}}
A poca distanza dall'area riservata ai poteri pubblici si trovava la cittadella, ancora in parte fortificata, degli edifici religiosi: la [[Cattedrale di Santa Maria Annunciata|cattedrale]], il [[Palazzo vescovile (Vicenza)|palazzo del vescovo]] e le abitazioni dei canonici.
 
In questo alveo l'Astico si allargava, per una larghezza media di 700–800&nbsp;m. ed una lunghezza di alcuni chilometri; questa striscia acquitrinosa era chiamata ''Lacus Pusterlae'' ed arrivava fino alla città dove trovava un dosso, formato dai detriti del fiume stesso, il Motton Pusterla che in epoca medievale sarebbe stato chiamato Castello o Santa Corona o San Pietro<ref>Che fino all'XI secolo il fiume fosse chiamato Astico è documentato da privilegi vescovili attorno all'anno 1000. {{cita| Sottani, 2012| pp. 22-23, 58-59}}</ref>. Dopo alcune centinaia di metri il fiume, passato sotto l'antico ponte romano, in seguito chiamato Ponte di San Pietro, confluiva nel [[Retrone]] alle Barche.
L'XI secolo - dopo il devastante terremoto del 1117 - e la prima metà del Duecento sono anche l'epoca in cui vennero ristrutturate in forme romaniche alcune importanti chiese cittadine - la stessa cattedrale - e monastiche costruite al limite della città: la [[Basilica dei Santi Felice e Fortunato|basilica dei Santi Felice e Fortunato]], la [[Complesso monumentale di San Silvestro|chiesa di San Silvestro]], quella di [[Chiesa e monastero di San Bartolomeo|San Bartolomeo]].
 
L'assetto idrografico restò immutato fino a tutto l'[[XI secolo]], quando probabilmente gli stessi vicentini, per ridurre il pericolo delle ricorrenti piene dell'Astico<ref>Secondo il {{cita| Sottani, 2012| pp. 142-143}} questo intervento fu reso necessario da eventi idrologici naturali verificatisi nella prima metà del secolo, quando i torrenti [[Leogra]], [[Timonchio]] e [[Orolo]] sarebbero usciti dai loro alvei ingrossando l'Astico, con effetti rovinosi per la città</ref> ne deviarono il corso a nord di [[Montecchio Precalcino]] e ne convogliarono il corso verso il Tesina, lasciando che a Vicenza giungessero solo una parte delle acque, cioè l'Astichello che continuò a scorrere nel vecchio alveo.
Nella seconda metà del secolo, conclusa la tirannia di [[Ezzelino III da Romano]], a Vicenza si diffusero rapidamente gli [[Ordini mendicanti]], ciascuno dei quali costruì la propria grande chiesa in uno dei settori della città, all'interno della cinta murata, presso una delle porte aperte nelle mura, spostando nei quartieri la vita religiosa della città e modificando così, almeno in parte, l'impostazione rigidamente centralizzata dell'abitato. Risalgono a quel tempo la [[chiesa di Santa Corona]], quella chiesa dedicata a [[San Michele]], la grande chiesa di [[Chiesa di San Lorenzo (Vicenza)|San Lorenzo]] e quella di San Giacomo Maggiore (Carmini).
 
==== Il fiume Tesina ====
Tutte queste chiese furono edificate nelle forme del [[gotico lombardo]] - un compromesso tra [[Architettura romanica|romanico]] e [[gotico]], senza eccessivi slanci in altezza, con il mantenimento della facciata a capanna e delle masse murarie - secondo l'impostazione [[cistercensi|cistercense]]: pianta a [[croce latina]], con tre navate terminanti in [[Abside|absidi]] rettangolari.
[[File:Ponte sul Tesina 20070718-1.jpg|thumb|Il ponte palladiano sul fiume Tesina]]
Nasce da [[risorgive]] in località Cibalde, nei pressi di [[Sandrigo]]. Lambisce l'abitato a est e subito dopo accoglie da sinistra le acque del [[Laverda (torrente)|Laverda]]; poco oltre, a [[Poianella]] di [[Bressanvido]], gli confluisce il torrente [[Astico]].
 
Procede verso sud sfiorando gli abitati di [[Crosara (Bolzano Vicentino)|Crosara]], [[Bolzano Vicentino]], [[Lisiera]], [[Quinto Vicentino]], [[Marola (Torri di Quartesolo)|Marola]] e [[Torri di Quartesolo]]; confluisce infine nel [[Bacchiglione]] nei pressi di San Pietro Intrigogna.
===XIV secolo: lo sviluppo della città e l'ampliamento delle mura===
 
Il [[Ponte sul Tesina|ponte]] di [[pietra]] che attraversa il Tesina in corrispondenza dell'abitato di [[Torri di Quartesolo]] è molto probabilmente frutto di un'idea [[Andrea Palladio|palladiana]] risalente al [[1569]], ma messa in esecuzione undici anni più tardi, nel [[1580]].
[[File:Mr scaligere S.Lucia-5.jpg|thumb|left|Case costruite nelle mura scaligere in Borgo Santa Lucia]]
{{vedi anche|Storia delle mura e fortificazioni di Vicenza}}
 
I suoi affluenti sono, da sinistra il rio Ghebisolo, il torrente [[Laverda (torrente)|Laverda]], i fossati Palmirona, fosso e Longhella, il rio Regazzo; da destra il fiume Astichello, il torrente [[Astico]], le rogge Tesinella, Tribolo e Caveggiara, il rio Tergola.
Sotto la signoria scaligera la città si arricchì e si espanse. Nel corso dei primi tre secoli del secondo millennio - come del resto in tutta Europa - il numero degli abitanti era aumentato notevolmente e si erano creati nuovi insediamenti al di fuori dell'antica cinta muraria altomedioevale di cui, a partire dal 1365, [[Cansignorio della Scala]] dispose l'ampliamento, sia a est che a ovest del centro storico; la nuova cinta era infatti necessaria per dotare di adeguate difese la città, in un momento in cui la signoria si trovava in difficoltà e si incominciavano ad usare le più potenti armi da fuoco.
 
=== Bacino del Leogra-Timonchio-Orolo ===
Il [[borgo]] orientale al di là del Bacchiglione, cresciuto intorno al monastero di San Pietro e già densamente abitato, fu racchiuso dal nuovo tratto in cui si aprivano le porte di Santa Lucia, di Padova e di Camarzo - posta alla fine di contrà San Pietro e successivamente chiusa<ref>Lo stesso toponimo del Campo Marzo, a indicare una zona ancora paludosa</ref> – che consentivano l'accesso alle strade provenienti rispettivamente da Treviso, Padova e Casale per confluire al ponte (ora degli Angeli), dall'epoca romana unico passaggio disponibile per valicare il fiume.
{{vedi anche|Val Leogra}}
==== Il torrente Leogra ====
Origina dal [[Pian delle Fugazze]], nel versante vicentino del massiccio del [[Pasubio]], alla quota altimetrica di 1162 metri, formando la [[Val Leogra|valle omonima]] scendendo verso la pianura. Attraversa i comuni di [[Valli del Pasubio]] e [[Torrebelvicino]] dove viene alimentato da numerosi affluenti derivanti da vallate laterali: la val Canale, la val Maso, la val Malunga, la val Sterpa, la val di Sagno; nel territorio di Torrebelvicino una derivazione del Leogra forma il [[canale artificiale]] [[Roggia Maestra]]. Giunto in pianura nel territorio comunale di [[Schio]] riceve l'acqua dell'affluente [[Gogna (torrente)|Gogna]]; in località San Pietro di [[Marano Vicentino]] confluisce con il torrente [[Timonchio]]; da questo punto in avanti il corso d'acqua assume il nome di Timonchio.
 
Corso d'acqua a carattere torrentizio, la sua portata può variare naturalmente in funzione della stagionalità e delle precipitazioni. A causa delle captazioni effettuate a scopo industriale o per alimentare il funzionamento di numerose [[centrale idroelettrica|centrali idroelettriche]], la portata del Leogra ma anche di alcuni dei suoi affluenti è notevolmente compromessa già nei tratti montani; in pianura l'alveo del torrente è quasi sempre in secca, anche a causa della conformazione del terreno. La qualità dell'acqua, dove perennemente presente, è buona.
[[File:Mr scaligere Mazzini-2-2.jpg|thumb|400px|<center>Le mura scaligere in viale Mazzini<center/>]]
 
==== Il torrente Timonchio ====
A ovest, invece, la nuova cinta si inserì nella struttura fortificata di porta Castello per dirigersi verso nord, creare l'avamposto della Rocchetta, aprirsi nelle porte Nuova e di Santa Croce, per poi seguire il corso del Bacchiglione e innestarsi nuovamente nei pressi del ponte Pusterla. Il nuovo tratto racchiudeva così un'area non ancora abitata - a parte il borgo di Porta Nuova<ref>Corrispondente al tratto di corso Fogazzaro che va dall'incrocio con Pedemure san Biagio alla chiesa dei Carmini</ref> - che, per volontà di [[Antonio della Scala]], fu dotata di un tracciato viario ad assi ortogonali, con isolati regolari di notevoli dimensioni. Quest'area rimase però per molto tempo secondaria rispetto al centro storico della città; nel corso del XVI e XVII in essa aumentarono gli insediamenti, in genere però formati da conventi e istituti assistenziali.
Il '''Timonchio''' (''Timóncio'' in [[lingua veneta|nella parlata locale]]<ref>''Civiltà rurale di una valle veneta: la Val Leogra'' pg. 444, Terenzio Sartore e altri autori, Vicenza, [[Accademia Olimpica]], 1976</ref>) è un torrente che attraversa la [[provincia di Vicenza]], scorrendo tra i comuni di [[Schio]], [[Santorso]], [[Isola Vicentina]], [[Marano Vicentino]], [[Malo]], [[Villaverla]] e [[Caldogno]].
 
; Idrografia -> rivedere per violazione copyright
La costruzione delle mura, che comportò alcune modifiche al percorso del Bacchiglione e della [[roggia Seriola]] per costituire i fossati di completamento, rispettò l'integrità della vecchia cinta. Questo fatto mantenne integra l'identità del nucleo storico cittadino, al punto che le nuove inclusioni furono ancora sempre chiamate, dagli storici locali come nel linguaggio corrente, i borghi della città.
Nasce tra il [[monte Summano]] e il [[monte Novegno]] sull'altopiano del [[Tretto]] e percorre la pianura tra [[Santorso]] e [[Marano Vicentino]], dove si incontra con il torrente [[Leogra]], molto più grosso di portata e con notevoli quantità di detrito che riempi l'alveo ad ogni alluvione. A nord di Caldogno si aggiunge l'Igna, che proviene dalle [[colline delle Bregonze]], alcune rogge che drenano i campi e alcune risorgive della zona soprastante, comprese alcune di Novoledo, molte usate una volta per il grande e ottocentesco acquedotto Vicenza-Padova, oggi pescante più in profondità. Poi si l'aggiunge il Bacchiglioncello, che non è altro che l'unione di molte risorgive ulteriori, della zona a sud di Dueville. Cambia nome in Bacchiglione solo dopo questo punto, a Vivaro, nell'ansa a gomito. A Cresole quindi è già Bacchiglione, scendendo a nord della città di [[Vicenza]]. Il Leogra è il torrente che ha la stessa zona per quantità altissima di precipitazioni del Veneto, con il torrente Agno, scendendo le loro acque piovane dalle stesse montagne, sono in direzioni e pareti di scorrimento diverse.
 
È un torrente alluvionale e generalmente a secco nella sua parte alta, ma le sue piene possono essere disastrose, come nel novembre 1966 quando allagò molti campi e abitazioni nei comuni di Caldogno e in altri nei quali passa e il 1º novembre 2010 quando ha rotto gli argini nel comune di [[Caldogno]], provocando gravi danni. Il punto di rottura è lo stesso. Questo è provocato perché il letto del torrente non è pulito. Attualmente (2013) nel suo corso medio, cioè da dove si unisce il Leogra, c'è mezzo milione di metri cubi di ghiaione, ghiaia, ghiaino e sabbie grossolane. L'attuale livello del letto del torrente è pensile, con una media di circa 2,5 metri, rispetto al livello di 100 anni fa. Il punto della rotta del 2010 è una curva, dove il Genio Civile aveva costruito 3 pennelli di deviazione delle acque, per non fare alzare troppo l'acqua a sud, solo che sono stati costruiti troppo alti e con un'inclinazione eccessiva, facendo così che la corrente venisse frenata con ulteriore deposito del materiale trasportato, con conseguente esondazione arginale di superficie, qualche decina di metri prima, cioè sulla cotica erbosa superficiale, che dopo alcuni minuti è stata erosa, aprendo la falla di alcune decine di metri, deviando la maggior parte del flusso, verso Cresole, con direzione chiesa, quella che doveva essere la zona golenale, già disegnata dopo il 1966.
==Età moderna==
 
Un convegno ha riportato che 5 su 6 rotture d'argine nel Veneto, del 2010-2013, sono state provocate dalle opere del Genio.
Si tratta di un arco di tempo - in cui Vicenza fu capoluogo di un contado appartenente ai [[Domini di Terraferma]] della Serenissima - particolarmente fecondo per l'architettura vicentina, in cui si susseguirono momenti distinti - anche se non nettamente divisi - ciascuno dei quali caratterizzato da aspetti di tipo politico, religioso, culturale e artistico:
Dopo il campo sportivo, sommerso per bem 2 metri esatti (rimanevano fuori solo le traverse delle porte a 217), l'acqua finiva a riconvogliarsi davanti al ponte a contro la nuova lottizzazione, dove rimaneva annegato Giuseppe Spigolon, andato a mettere al sicuro le cose più preziose del suo garage. La velocità d'innalzamento dell'acqua in quella zona è stata molto veloce e quindi ha sorpreso "Bepi" all'interno, chiudendogli il basculante alle spalle. La protezione civile, mal organizzata per questo evento, per "scarsità di materiale cerebrale umano", non ha potuto far niente in merito. Colpevole è la cementificazione che in provincia di Vicenza è arrivata ad oltre il 40%, facendo sì che il picco di piena, al posto di essere diluito in 20 ore, sia stato di meno della metà. Quindi sono colpevoli, tutti i politicanti che hanno messo le firme per le cementificazioni. Colpevoli anche le direzioni dei consorzi di bonifica e la regione con i suoi addetti, in quanto non hanno fatto niente di niente per limitare un possibile disastro, da soli 2 giorni scarsi di pioggia.
* 1450-1580: è il periodo della costruzione dei primi grandi palazzi nobiliari in stile gotico fiorito veneziano, ad indicare la piena adesione alla Dominante
'''L'attuale alveo''' è la sistemazione nuova, trovata costruendo argini nuovi in una zona bassa più ad est, rispetto al vecchio alveo, venduto nel 1827, perché ormai troppo pieno di ghiaione e troppo pensile, quando in quell'anno ruppe verso Villaverla, inondandola. La ghiaia drenante che vi era sopra, era una bella occasione per farla diventare strada inallagabile e fuori dal fango, come invece erano tutte le strade di quei tempi, in periodi di pioggia. Ecco che ancor oggi, nella sua parte sommitale, è strada comunale. A parte alcune zone che sono state asportate dai cavatori, la strada inizia da Case Ronzani, poi Grassure, poi Pomaroli, il centro di Capovilla, via Bozzi, via Spini, via Cà Alta, via Summano e poi per Vicenza con via S. Antonino.
* 1480-1530: ad opere di artisti provenienti da altre parti dell'Italia centro-settentrionale, a Vicenza si afferma rapidamente un gusto nuovo ed è la Rinascenza
* 1540-1580: il momento in cui - sancita ormai definitivamente la sottomissione di Vicenza alla Dominante - l'aristocrazia cittadina esprime le proprie aspirazioni frustrate all'autonomia con la richiesta di simboli e riconoscimenti di nobiltà e potenza. Andrea Palladio le interpreta con un'architettura che si richiama ai fasti imperiali si traduce in edifici pubblici, palazzi monumentali e ville signorili
* 1575-1640: in un periodo di declino demografico ed economico della città, gli architetti del tempo - dallo Scamozzi al Pizzocaro - interpretano questa tendenza con una architettura molto più sobria e funzionale alle esigenze del tempo
* 1650-1710: con l'emergere di una nuova classe sociale di recenti arricchiti e il consolidarsi della [[Controriforma]] cattolica, rinascono l'esigenza di ostentare il lusso privato e il trionfo della Chiesa, che si esprimono in palazzi privati e in edifici religiosi in stile barocco, in genere progettati da architetti non vicentini
* 1710-1797: mentre la Serenissima si avvia verso il suo inesorabile declino, l'aristocrazia vicentina investe ancora in palazzi e ville sempre più grandiosi, simbolo di uno stato sociale; la Chiesa, da parte sua, favorisce l'inserimento in città degli ordini religiosi della Controriforma e la conseguente costruzione di imponenti edifici. Il clima generale è infarcito di cultura classica e lo stile barocco si contende il campo con la riscoperta del Palladio.
 
Una sua rotta ottocentesca è ancora visibile da satellite nella sua curva più ad est e più bassa, dopo Ponte Marchese, con un ventaglio di conoide di ghiaia sul campo e 4 anse che si dirigono verso l'Astichello. Dopo quel punto dove fu la rotta si nota nei campi dopo altri 200&nbsp;m una grande doppia ansa, con diverse altimetrie, più corrispondenti al paleo Brenta che al paleo Astico, che lì vi passavano. Anche se il secondo potrebbe essere passato sopra al primo, riempiendolo. Il primo probabilmente attorno al periodo alluvionale del 1000 a.C., mentre il secondo dopo il 589, anno della grande alluvione, che deviò il corso di tutti i fiumi veneti, e descritta sommariamente da [[Paolo Diacono]], nel suo ''[[Historia Langobardorum]]'', scritto attorno ai primi anni del IX secolo, forse ad Aquisgrana, alla corte dell'imperatore Carlo Magno, ma traendo le informazioni dagli scritti del papa di quel tempo triste, sia economicamente, che politicamente, culminato con la più grande alluvione che la storia ricordi.
=== Il Quattrocento ===
====La ridefinizione della città nel Quattrocento====
{{vedi anche|Storia delle mura e fortificazioni di Vicenza#Età moderna}}
[[File:Porta S.Bortolo-1.jpg|thumb|Porta San Bortolo, fatto costruire da Venezia nel 1435]]
 
==== Il torrente Orolo ====
Dopo la dedizione di Vicenza alla Serenissima, la prima preoccupazione della Repubblica fu quella di dotare la città di ulteriori fortificazioni, che fossero adeguate all'espansione in atto e all'eventualità di una guerra moderna. Furono così delimitati con mura e fossati i settori a sud-est e a nord, cioè i Borghi di [[Borgo Berga|Berga]] e di [[Borgo Pusterla|Pusterla]], scelta strategica anche per garantire la sicurezza delle zone vicine alle vie d'acqua - principale collegamento con Venezia - che giungevano alla città.
[[File:Orolo secco.jpg|thumb|Il torrente Orolo in un periodo di secca]]
Le sorgenti sono al [[Passo Zovo]], tra i monti Scandolaro e Magrè; nel suo primo tratto il torrente prende il nome di Livergon. Passa per [[San Vito di Leguzzano]] dove riceve le acque del torrente Refosco e, all'uscita del comune, cambia il suo nome in quello di Giara; prosegue per Malo, riceve il contributo dei torrenti Prova, Solarone e Leogretta, passa ancora per i comuni di [[Isola Vicentina]] e di [[Costabissara]] dove diventa l'Orolo. All'altezza del ponte del Bo il torrente confluisce nel [[Bacchiglione]], il fiume che attraversa la città di Vicenza.
 
Il torrente ha la caratteristica di essere, per la maggior parte del suo percorso, in secca per quasi tutto il periodo dell'anno. Non è raro, infatti, trovare persone che camminano nel ciottoloso letto del corso d'acqua. Soltanto nelle vicinanze di [[Motta (Costabissara)|Motta di Costabissara]] l'acqua riaffiora in superficie fino alla confluenza nel Bacchiglione in località Lobbia in comune di [[Vicenza]].
Borgo Berga, presso il quale si trovava il porto sul Retrone, era già quasi completamente abitato; oltre a diversi monasteri che si erano insediati nel corso del Duecento, si erano sviluppate anche attività produttive, in particolare la manifattura di panni di lana. Borgo Pusterla, invece, era praticamente costituito solo da modesti insediamenti lungo la strada che usciva da porta Pusterla, tra la [[Chiesa di San Marco in San Girolamo|chiesa di San Marco]] - che dal punto di vista ecclesiastico, estendeva la propria giurisdizione parrocchiale fino al ponte del Marchese - e il [[chiesa e monastero di San Bartolomeo|monastero di San Bartolomeo]].
 
Ciononostante, poiché durante quasi tutto suo corso si mantiene alla base delle colline e quindi riceve buona parte delle acque che scendono dal versante orientale dei [[Lessini]]<ref>{{cita| Sottani, 2012| p. 102}}</ref>, in caso di piogge abbondanti e protratte può convogliare grandi masse d'acqua con effetti rovinosi.
Con questa scelta urbanistica la città ricevette la configurazione definitiva che sarebbe rimasta tale fino alla fine dell'[[Ottocento]] (secondo lo storico Castellini, che commentava una mappa, ''assumendo la figura di uno scorpione'').
 
; Storia
==== Il gotico fiorito ====
Il ponte sull'Orolo a Motta, che permette il passaggio da [[Vicenza]] a [[Schio]] e [[Thiene]], è stato teatro della battaglia di Motta il 7 ottobre [[1513]]. La battaglia è da inquadrare nella guerra fra la [[Lega di Cambrai]] e la [[Repubblica di Venezia]] negli inizi del '500.<ref name= foglio >Da ''Il Foglio di Costabissara e Motta''; anno III, numero 13 [http://ilfogliobissarese.myblog.it/files/Foglio%2090.pdf link]</ref>.
[[File:Pl Regaù-3.jpg|thumb|Palazzo Regaù, in Borgo San Pietro (ora Corso Padova), seconda metà del Quattrocento.]]
 
=== Bacino dell'Agno-Guà ===
La messa in sicurezza della città e del territorio - dal quale provenivano le risorse economiche che costituivano la ricchezza dei nobili vicentini, proprietari terrieri - diede, a partire dalla metà del XV secolo, un forte impulso allo sviluppo dell'edilizia privata, che era stata piuttosto povera durante il Medioevo, attraversato da continui conflitti e mutamenti di potere.
==== Il torrente Agno ====
Si forma ai piedi del [[gruppo del Carega]], in comune di [[Recoaro Terme]], dall'unione di numerosi ruscelli (Rotolon, Agno di Lora ecc.). Attraversa la [[Valle dell'Agno|valle omonima]] bagnando i centri di Recoaro, [[Valdagno]], [[Cornedo Vicentino]], [[Brogliano]], [[Trissino]]. Presso [[Tezze (Arzignano)|Tezze]] di [[Arzignano]] si unisce al torrente [[Restena (torrente)|Restena]] per formare il [[Guà]].
 
{{Citazione necessaria|La zona della sorgente dell'Agno invece è particolarmente franosa a causa della falda sotterranea e assume per questo il nome di ''Rotolon''. Nel suo corso da Recoaro a [[Trissino]], circa 25 chilometri, è racchiusa fra argini piuttosto stretti. Solo dopo Trissino il suo letto si allarga in una zona che è anche area faunistica del [[WWF]].
Sorsero così - nel centro della città, presso i luoghi del potere<ref>Sono i palazzi dei Da Porto in contrà Porti, Sesso in contrà Zanella, i palazzi dei Braschi, dei Franceschini, dei Dal Toso e dei Da Schio (la [[Ca' d'oro]]) in corso</ref>, e nella zona vicina al Retrone e al porto<ref>Tra questi, l'Ospedale di San Valentino presso il Retrone, casa Scroffa-Polazzo in contrà Piancoli, palazzo Squarzi-Micheletti in contrà Santi Apostoli, Guerra-Cabianca in contrà Cabianca, il palazzo Garzadori-Fattore in contrà Lioy e Arnaldi-Segala in contrà Pasini</ref>, punto d'arrivo per chi proveniva da Venezia - case e palazzi raffinati e di grandi dimensioni in stile [[gotico fiorito]], allora dominante in laguna - che volevano in qualche modo rivaleggiare con i palazzi di Venezia<ref>L'unico, seppure tra i più belli, costruito un po' più lontano, nel borgo di San Pietro è il palazzo della famiglia Regaù, di non antica nobiltà</ref>.
 
Pur nascendo in una delle zone più piovose del veneto, come la conca di [[Recoaro Terme]], lungo il suo corso l'Agno-Guà assume spesso un regime torrentizio, con secche estive dovute all'utilizzo [[agricoltura|agricolo]] e [[industria]]le delle sue [[acqua|acque]] nella Valle omonima, in particolare nei centri di [[Valdagno]] e [[Cornedo Vicentino]].}}
''Sono invaghiti di monofore e balconi ad archi inflessi e lobati, impennacchiati al cimiero, ornati di patere trafitte da spilloni, moltiplicati in [[trifore]] e [[polifore]] di spiegata grandiosità''. Le facciate erano ravvivate da [[affreschi]], oggi quasi del tutto perduti; nei cortili interni che, secondo il modello veneziano, erano abbelliti da [[logge]], una scala esterna dava accesso ai piani superiori<ref>Secondo Barbieri, i palazzi vicentini sono i più belli tra quelli delle città di Terraferma soggette alla Dominante, per la fedeltà alla matrice e l'ampio respiro, {{Cita| Barbieri (3), 1990| pp. 213-14}}</ref>.
 
==== Il fiume Guà ====
Una delle principali caratteristiche che fanno riconoscere la struttura gotica di un palazzo di quell'epoca - seppur rimaneggiato nel corso del tempo - è l'asimmetria delle aperture nei prospetti; a partire dalla fine del secolo, nei palazzi di nuova costruzione, rifacendosi ai modelli della classicità, verrà ricercata la perfetta simmetria.
Il toponimo deriva da guado in quanto un tempo in località Molinetto di Montecchio Maggiore, nei pressi dell'attuale ponte sul Guà, il fiume si prestava ad essere guadato; altra ipotesi del nome deriva da le Gue ovvero diramazioni del fiumi che si verificavano nelle esondazioni. [2]
 
Nasce dalla confluenza dei torrenti Agno e Restena presso Tezze di Arzignano. Scorre nelle campagne a ovest dei Colli Berici, bagnando, tra l'altro, Montecchio Maggiore, Montorso Vicentino, Zermeghedo, Montebello Vicentino, Sarego e Lonigo. Dopo Bagnolo di Lonigo entra nella provincia di Verona e lambisce Zimella, Cologna Veneta, Pressana e Roveredo di Guà. Passa quindi per la provincia di Padova e, in corrispondenza di Borgo Frassine di Montagnana, le sue acque vengono incanalate nel fiume Frassine, di origine artificiale. Riceve le acque del torrente Poscola in territorio di Montecchio Maggiore.
Lo sviluppo edilizio del Quattrocento diede impulso anche all'attività degli ''artigiani'', scultori e pittori che - come gli architetti, rimasti tutti anonimi - si iscrivevano alla Fraglia dei tagliapietra; dai pochi nomi che ci sono rimasti, alcuni provenivano dai territori veneziani, qualcun altro dalla Lombardia<ref>Tra gli scultori, da ricordare Antonino da Venezia e Giovanni Grandi da Como, {{Cita| Barbieri (3), 1990| pp. 215-16}}</ref>.
 
Magnifying glass icon mgx2.svg Lo stesso argomento in dettaglio: Chiampo (torrente) § Storia.
<gallery widths=160px mode="packed">
Fino al XVI secolo le acque del Chiampo confluivano nel Guà [3]
Palazzo Braschi-2.jpg|Palazzo Braschi, facciata
Palazzo Braschi-4.jpg|Palazzo Braschi, edicola
[Palazzo Braschi-9.jpg|Palazzo Braschi, quadrifora
[File:Palazzo Braschi-11.jpg| Palazzo Braschi, cortile
Palazzo Braschi-12.jpg|Palazzo Braschi, scala
Palazzo Regaù-11.jpg|Palazzo Regaù, sottoportico
Vicenza Palazzo Cà d'oro-2.jpg|Ca' d'oro, facciata
Palazzo Sesso-2.jpg|Palazzo Sesso
</gallery>
 
Dalla sorgente alla foce[modifica | modifica wikitesto]
<gallery widths=160px mode="packed">
Il Guà nasce dall'Agno, ma prima di sfociare nel canale Gorzone, cambia nome parecchie volte: [4]
Vescovado finestre-1.jpg|tPalazzo vescovile, finestre sul fianco nord
Cadoro-20.jpg|Palazzo Schio Cà d'oro, quadrifore
Cadoro-21.jpg|Palazzo Schio Cà d'oro, quadrifore
Cadoro-22.jpg|Palazzo Schio Cà d'oro, quadrifore
Arnaldi-2.jpg|Palazzi Arnaldi
Arnaldi-3.jpg|Palazzi Arnaldi
Arnaldi-4.jpg|Palazzi Arnaldi
Arnaldi-8.jpg|Palazzi Arnaldi
Arnaldi-9.jpg|Palazzi Arnaldi
</gallery>
 
==== L'ediliziaBacino pubblicadel eChiampo religiosa ====
==== Il torrente Chiampo ====
{{vedi anche|Storia dell'architettura religiosa a Vicenza#Dal XV secolo alla seconda metà del XVI}}
Nasce nel [[monte Gramolon]] a [[Crespadoro]], attraversa i paesi di [[Crespadoro]], [[San Pietro Mussolino]], [[Chiampo]] e [[Arzignano]]; nei pressi di [[Montebello Vicentino]] riceve l'apporto del [[Rio Rodegotto]] e prosegue per il territorio di [[Gambellara]]. A monte dell'abitato di [[San Bonifacio (Italia)|San Bonifacio]] riceve l'apporto del [[torrente Aldegà]]. Il corso del Chiampo termina presso San Bonifacio con l'immissione delle sue acque nel torrente [[Alpone]].
 
Fino al [[XVI secolo]] le acque del Chiampo confluivano nel [[Guà]]<ref>{{cita|Fabris 2002|Brentane - pag. 87|harv=}}</ref>
Intorno al 1450 venne sistemato per volontà pubblica il [[Basilica Palladiana|Palazzo della Ragione]], con il raggruppamento dei vetusti palazzi comunali precedenti mediante la creazione di un loggiato. La nuova struttura integrava con abilità elementi lagunari e di terraferma, guardando contemporaneamente al Palazzo Ducale di Venezia e al Palazzo della Ragione di Padova; da quest'ultimo, in particolare, veniva tratta l'idea della copertura a carena rovesciata. Un'altra opera pubblica importante fu la costruzione, in due momenti successivi nella prima metà del XVI secolo, del [[Palazzo del Monte di Pietà (Vicenza)|palazzo del Monte di Pietà]].
in prossimità dell'attuale roggia Fiume vecchio ad [[Arzignano]]. Quando le acque rompevano gli argini, queste confluivano nel torrente [[Aldegà]] e conseguentemente in parte sul fiume [[Alpone]].
 
Nel 1525 Verona chiese alla repubblica di Venezia di obbligare Vicenza a ripristinare gli argini in modo che le acque del Chiampo continuassero a defluire nel Guà. Padova si oppose per timore che il ripristino potesse causare dei danni al padovano.
Dal punto di vista dell'architettura religiosa, venne completamente ristrutturata la [[Cattedrale di Santa Maria Annunciata|Cattedrale]] duecentesca a tre navate, che era stata accresciuta e abbellita nel corso del Trecento. Nel 1467 venne eretta la facciata e furono completati il soffitto con le grandiose volte a vela e la cappella maggiore. Nel corso del secolo, ai lati della navata si aggiunsero numerose cappelle delle famiglie nobili cittadine.
<ref>{{cita|Fabris 2002|Brentane - pag. 90|harv=}}</ref>
 
Infine nel 1536 ci fu una sentenza che decise che le acque del Chiampo e dell'[[Aldegà]] dovevano confluire nell'[[Alpone]] e quindi nell'[[Adige]]<ref>{{cita|Fabris 2002|Brentane pag. 92|harv=}}</ref>.
A parte la costruzione della [[chiesa di Santa Maria in Foro]], vicino al Palazzo della Ragione, e all'[[Ospedale dei santi Maria e Cristoforo]] a San Marcello, altri edifici, invece, furono costruiti o ristrutturati nei borghi o ancora più lontano: l'[[Oratorio dei Boccalotti]] e il chiostro delle benedettine in Borgo San Pietro, la chiesa e il convento delle domenicane sempre nello stesso borgo, la chiesa e il convento dei Santi Bernardino e Chiara in Borgo Berga, la prima [[Santuario della Madonna di Monte Berico|chiesetta gotica di Monte Berico]].
 
==== LaBacino ''Rinascenza''del vicentinaBacchiglione ====
{{vedi anche|Bacchiglione}}
[[File:Palazzo Angaran-2.jpg|thumb|Palazzo Angaran, di fine '400, l'unico che a Vicenza sviluppa due prospetti su portico continuo]]
==== Il fiume Bacchiglione ====
(Latino ''Medoacus minor'') è un [[fiume]] del [[Veneto]] lungo 118&nbsp;km e con un un bacino di raccolta che si estende per 1400&nbsp;km², che scorre nelle province di [[provincia di Vicenza|Vicenza]] e di [[Provincia di Padova|Padova]].
 
Se ne ha notizia a partire dal 11º secolo, il 1070, anno in cui un documento parla di un terreno situato vicino al fiume chiamato Baccalone, riferendosi a un vescovo di Firenze che fu trasferito nel 1295 Vicenza.
L'entusiasmo per il gotico veneziano durò poco: a partire dagli anni settanta il gusto cominciò a cambiare, rivolgendosi piuttosto verso modelli veronesi e lombardi. In contrà Pedemuro San Biagio aprirono la loro bottega - e si iscrissero alla Fraglia vicentina dei tagliapietra - Bernardino da [[Como]] con il cognato Tommaso e Giacomo da [[Porlezza]] con i suoi luganesi; iniziò con loro un periodo molto fecondo, durante il quale il processo di cambiamento investì i preesistenti edifici gotici, spesso modificati e abbelliti con una serie di preziosismi lombardi: ne è un esempio [[casa Pigafetta]]; un altro esempio del passaggio da uno stile all'altro è dato dai due [[palazzi Arnaldi]], l'Arnaldi Segala gotico e l'Arnaldi Tretti rinascimentale, costruiti a pochi anni di distanza e affiancati in via Pasini.
 
Accenna a questo fiume anche Dante Alighieri che dice “saltar da Arno in Bacchiglione”.
Nel 1476 arrivò a Vicenza [[Lorenzo da Bologna]], che vi rimase per 13 anni e portò in città un suo linguaggio rinascimentale genericamente toscano su basi emiliane. La ricerca del modello di palazzo signorile, monumentale e più moderno, si tradusse in esempi, come il palazzo Negri De Salvi a Santo Stefano e il [[palazzo Angaran]] di là del ponte degli Angeli. Dove non era possibile procedere alla demolizione o alla trasformazione del palazzo, si cercò di adattare al nuovo gusto almeno l'ingresso, come nel caso della [[Palazzo Da Schio (Vicenza)|Ca' d'oro]].
 
; Storia
Su commissione di famiglie patrizie, Lorenzo da Bologna mise mano anche alla modifiche di importanti edifici religiosi, come la [[chiesa di Santa Corona]] dove, abbattuta l'abside rettilinea, ne costruì un'altra semicircolare per il grandioso e solenne presbiterio, insieme con la cappella dei [[Barbaran]]; a lui sono attribuiti anche il coro e la sagrestia del [[Santuario di Monte Berico]] e la cappella dei Trissino in Cattedrale. Vicenza così tendeva ad allinearsi su un decisivo livello monumentale, risolvendo nello splendore dell'apparato edilizio cittadino la propria frustrazione di non essere politicamente importante a livello regionale<ref>{{Cita| Barbieri (3), 1990| pp. 220-22}}</ref>.
{{vedi anche|Storia dei fiumi di Vicenza}}
; La deviazione dell'Astico e la nascita del Bacchiglione
In epoca antica e durante tutto l'Alto Medioevo il Bacchiglione non esisteva, a parte i piccoli corsi d'acqua che, nati dalle risorgive a nord di Vicenza, si gettavano nell'[[Astico]], ed era questo il fiume che arrivava in città. Nell'[[XI secolo]] i vicentini, per ridurre il pericolo delle sue ricorrenti piene<ref>Secondo il {{cita| Sottani, 2012| pp. 142-143}} questo intervento fu reso necessario da eventi idrologici naturali verificatisi nella prima metà del secolo, quando Leogra, Timonchio e Orolo sarebbero usciti dai loro alvei ingrossando l'Astico, con effetti rovinosi per la città</ref> ne deviarono il corso a nord di [[Montecchio Precalcino]] e ne convogliarono il corso verso il Tesina, lasciando che a Vicenza giungessero solo una parte delle acque, cioè l'Astichello che continuò a scorrere nel vecchio alveo.
 
A quel punto nel letto rimasto asciutto dell'Astico presso [[Dueville]] cominciarono a confluire le acque di risorgiva che, ingrossandosi con l'apporto dei torrenti Igna, Timonchio e Orolo divennero un fiume vero e proprio, il Bacchiglione - molto meno impetuoso e meno soggetto a esondazioni rispetto all'Astico - che scendeva da nord verso la città. Alla fine del [[XII secolo]] i fiumi di Vicenza avevano ormai l'assetto e la denominazione attuali: un documento del 1166 parla di un terreno ''inter flumen Astici vel Bakillonis'' e alla metà del XIII il nome del Bacchiglione identificava il fiume più importante di Vicenza che, dopo aver ricevuto le acque del Retrone, continuava con questo nome fino al mare<ref>{{cita libro|Gian Paolo| Marchini|Vicenza dal romano al romanico, in Vicenza - Aspetti di una città attraverso i secoli|1983|pp. 10-11|Vicenza}}</ref>.
Durante questo periodo le famiglie gentilizie vicentine si profusero in donazioni e lasciti alle chiese cittadine, stabilendo il loro patronato su nuove cappelle - che venivano ricavate nelle pareti laterali delle navate - finanziando la costruzione di altari e la produzione di tele e di affreschi. Esempi particolarmente importanti di questo momento si trovano in Cattedrale, in Santa Corona e si trovavano nella distrutta [[chiesa e monastero di San Bartolomeo|chiesa di San Bartolomeo]], il cui patrimonio artistico fu disperso nell'Ottocento.
 
; Le guerre per il controllo delle vie d'acqua
<gallery widths=160px mode="packed">
Con due atti successivi del 1079 e del 1084, l'imperatore [[Enrico IV di Franconia|Enrico IV]] aveva concesso, rispettivamente al [[vescovo di Padova]] Olderico e a [[Vescovo di Vicenza|quello di Vicenza]] Ezzelino, un eguale diritto di navigazione lungo il fiume sino alla foce<ref>{{cita| Sottani, 2012| pp. 31-33}}</ref>. Ma nel [[1142]] iniziò una guerra regionale che coinvolse tutte le città della [[Marca di Verona|Marca veronese]] e [[Padova]] tolse a [[Vicenza]] la possibilità di utilizzare le vie di comunicazione sia [[Trasporto fluviale|fluviali]] che terrestri. Per ritorsione, i Vicentini con una ''rosta'', cioè uno sbarramento presso [[Longare]], deviarono le acque del fiume nel [[Canale Bisatto]] - forse un antico ramo del Retrone che scorreva lungo le colline e che si dirigeva verso [[Este]], tanto da essere chiamato ''fiume della Riviera''<ref>{{cita| Sottani, 2012| pp. 148-56}}</ref> - lasciando quindi [[Padova]] all'asciutto.
Vicenza Palazzo Cà d'oro-1.jpg| Ca' d'oro, portone rinascimentale che sostituì quello gotico
 
Palazzo Lioy-5.jpg| Palazzo Lioy
Tale privazione era assolutamente insostenibile, essendo l'acqua essenziale per l'azionamento dei [[mulino|mulini]], per l'approvvigionamento dell'acqua potabile e per la difesa. Per ritornarne in possesso, Padova occupò militarmente Longare e ripristinò la situazione idrografica naturale. La guerra continuò per cinque anni.
Palazzo Lioy-6.jpg|Palazzo Lioy
 
Palazzo Lioy-8.jpg|tPalazzo Lioy, portone
Nel [[1147]] i vescovi veneti e il [[Patriarcato di Venezia|patriarca di Venezia]] intervennero nel conflitto portando le due città rivali alla [[pace di Fontaniva]]<ref>{{cita libro | Andrea| Castagnetti|Vicenza nell'età del particolarismo: da Comitato a Comune, in Storia di Vicenza, II||}}, p. 52</ref>. Nonostante il trattato, per scongiurare altre ritorsioni dei vicentini ed assicurarsi in maniera definitiva la presenza dell'acqua in città, i padovani intrapresero la costruzione del canale [[Piovesella]] da [[Noventa Padovana]] al capoluogo, primo tronco del futuro canale [[Piovego]], portando così le acque del Brenta fin sotto le mura.
Palazzo Pigafetta-1.jpg|Palazzo Pigafetta, portone
 
Palazzo Pigafetta-3.jpg|Palazzo Pigafetta, facciata
Nel [[1188]] i vicentini deviarono per la seconda volta le acque del Bacchiglione nel Bisatto e di nuovo i padovani fecero una sortita su Longare per eliminare la deviazione. Le scaramucce si susseguirono ancora finché nel [[1314]] non si decise per la costruzione del [[canale Brentella]] con il quale la questione fu risolta definitivamente.
Palazzo Pigafetta-7.jpg|Palazzo Pigafetta, retro
 
L'ultimo dispetto viene ricordato nel [[1311]] quando, appena liberati da [[Enrico VII di Lussemburgo|Enrico VII]] dalla soggezione a Padova, i vicentini deviarono nuovamente le acque del Bacchiglione, nonostante la disapprovazione dell'imperatore<ref>{{cita libro|Gian Maria|Varanini|Vicenza nel Trecento: Istituzioni, classe dirigente, economia, in Storia del Veneto, II||}}, p. 140</ref>.
Questi ingiunse a Vicenza di risarcire Padova per i danni provocati dalla deviazione del fiume, ma il Consiglio vicentino si rifiutò di pagare, dando così il via a numerose liti su varie questioni, in particolare sulla restituzione a Padova di alcuni fondi rurali. Alla fine Enrico impose a Vicenza di riaprire il corso originario del Bacchiglione.
 
I problemi, e gli interventi di deviazione delle acque, si ripresentarono ancora nel XIV secolo durante le signorie [[Scaligeri|scaligera]] e [[Visconti|viscontea]]. Cessarono definitivamente dopo che, nel [[1404]], la Serenissima [[Repubblica di Venezia]] estese il proprio dominio fino all'[[Adda]], stabilizzando l'assetto politico territoriale.
 
; Età moderna e contemporanea
[[File:Mappa fiume Brenta e Bacchiglione 1789.jpg|thumb|Il corso del fiume Bacchiglione e del [[Brenta]] in una mappa del 1789]]
Sotto il dominio della Serenissima le vie d'acqua aumentarono la loro importanza anche per il traffico commerciale. In questo periodo di stabilità, quando era più veloce, meno costoso e rischioso trasportare merci e persone per via d'acqua che per strada, il Bacchiglione svolse un ruolo decisivo per l'economia della città di Vicenza. La maggior parte delle merci venivano caricate e scaricate sulle ''piarde'' e nel "porto" della città, posto sull'Isola<ref>L'attuale piazza Matteotti</ref>.
 
Tra il [[1870]] e il [[1880]], per ridurre il pericolo delle esondazioni nella città di Vicenza, l'acqua del Bacchiglione fu fatta scorrere in un canale artificiale (parallelo al corso del Retrone lungo viale [[Antonio Giuriolo|Giuriolo]]) e la confluenza dei due fiumi fu spostata più a sud, all'inizio della [[Strada statale 247 Riviera|Riviera Berica]], di fronte alla [[chiesa di Santa Caterina in Porto]]<ref>{{cita libro | F. Barbieri e | R. Cevese | Vicenza, ritratto di una città| | | }}, p. 28</ref>.
 
; Origine
Il Bacchiglione è il collettore di un sistema idrografico costituito da corsi d'acqua a carattere torrentizio e da rivi perenni originati da risorgive. Il suo [[bacino imbrifero]] può essere suddiviso in due sottobacini principali, ciascuno con diverse caratteristiche morfologiche e geotettoniche:
* il sottobacino [[Leogra]] - [[Timonchio]] - Bacchiglione a ovest
* il sottobacino dell'[[Astico]] - [[Tesina]] a est<ref>Domenico Romito, in ''Si scrive Astico si legge Tesina'', p. 11</ref>
 
Sotto l'aspetto toponomastico il fiume nasce dalla confluenza del Timonchio (che ha appena ricevuto il torrente Igna poco a nord di Caldogno) con un ampio sistema di [[Risorgiva|risorgive]] che scaturiscono in località Bosco di [[Dueville]], in [[provincia di Vicenza]], prendendo inizialmente il nome di "Bacchiglioncello".
 
; Tratto vicentino
Da qui, prendendo il nome di "Bacchiglione" nell'ansa a gomito di [[Dueville#Vivaro|Vivaro]], prosegue verso sud ovest, in località Ponte del Bò presso Lobbia riceve le acque del torrente [[Orolo]] e giunge alla città di Vicenza. Qui, all'altezza di viale Pasubio riceve le acque della [[roggia Seriola]], presso [[parco Querini]] quelle del [[Astichello (fiume)|fiume Astichello]] e, passato [[Borgo Berga]], quelle del fiume [[Retrone]].
 
Riceve infine le acque del fiume [[Astico]] - [[Tesina]] in località [[Vicenza#Frazioni lungo la riva sinistra del Bacchiglione|San Pietro Intrigogna]].
 
Nel tratto vicentino presenta un andamento ricco di [[meandro|meandri]] e [[ansa (fiume)|anse]] mentre nel tratto padovano presenta una fisionomia differente con un corso rettilineo, in seguito ai numerosi interventi dell'uomo.
 
<gallery mode="packed">
File:Bosco di Dueville-1.jpg|Rami del Bacchiglione al Bosco di Dueville
Bacchiglione-1.jpg|Argine del Bacchiglione vicino a Polegge
File:3872VicenzaBacchiglione.JPG|Ponte Pusterla
File:3870VicenzaBacchiglione.JPG|Presso ponte Pusterla
File:Flooding in downtown Vicenza, Italy - November 1, 2010.jpg|Alluvione del 2010
</gallery>
 
; Canale Bisatto
=== Il secolo del Palladio ===
[[File:Fiumi medio veneto.svg|thumb|upright=1.6|right|I canali tra Brenta e Bacchiglione]]
==== Il retroterra culturale del Cinquecento ====
[[File:Vincenzo Catena Portrait of Gian Giorgio Trissino.jpg|thumb|Gian Giorgio Trissino, ritratto del [[1510]] di [[Vincenzo Catena]]]]
 
A [[Longare]], dal Bacchiglione si stacca il ''[[Canale Bisatto]]'' (o "Canale Bisato"), costruito nel [[XII secolo]] dai vicentini per privare [[Padova]] delle acque del fiume durante le numerose contese dell'epoca, come racconta [[Dante Alighieri|Dante]] nel IX canto del "Paradiso". Il canale si dirige verso [[Lozzo Atestino]] ed [[Este]]; prosegue verso [[Monselice]] ("Canale Este-Montelice") e oltre verso [[Battaglia Terme]] ("Canale Battaglia" o "Canale di Monselice"), dove si riunisce al [[Canale di Battaglia|Canale Battaglia]], proveniente da Padova. Attraverso il [[Canale Vigenzone]] ("Canale Cagnola") le acque si ricongiungono quindi con il fiume Bacchiglione ("Canale di Pontelongo"), permettendo ai vicentini di arrivare a [[Chioggia]] senza passare da Padova.
Dopo la conclusione della guerra di Cambrai, le maggiori città della Terraferma veneta si dotarono di importanti difese, totalmente diverse dalle fortificazioni precedenti e adeguate all'impiego dell'artiglieria. Anche per Vicenza furono formulati progetti - e la loro realizzazione avrebbe portato ad una configurazione ben diversa della città - che però vennero tutti disattesi. A parte il costo che sarebbe stato proibitivo - soprattutto per rafforzare il lato sud, dove gli spalti avrebbero dovuto arrampicarsi su Monte Berico - si fece costantemente sentire la non troppo malcelata opposizione dell'aristocrazia cittadina, che lamentava la devastazione dei campi e la demolizione di edifici per fare posto alle fortificazioni. Al di là di questi motivi concreti vi erano altre ragioni: i nobili vicentini manifestavano in prevalenza simpatie filo imperiali, che si erano rese evidenti durante la guerra nel momento in cui era arrivato [[Massimiliano I d'Asburgo|Massimiliano I]].
 
; Conclusione del percorso
La vittoria finale di Venezia aveva definitivamente frustrato ogni velleità di autonomia politica. Così l'aristocrazia vicentina si rifugiò in una distinzione culturale, che esaltava sogni di romana grandezza e si realizzava in tutto ciò che poteva essere creato con il patrimonio personale: l'educazione dei figli, la creazione di circoli culturali come l'[[Accademia olimpica]], l'edificazione di palazzi che si rifacevano alla Roma imperiale, piuttosto che agli edifici gotici di Venezia. Questo gusto per il classicismo di ascendenza tosco romana - già trionfante in Italia centrale - veniva indicato come la modernità<ref>{{Cita| Barbieri (3), 1990| pp. 227-29}}</ref>.
Il fiume Bacchiglione confluisce presso la località "Ca' Pasqua" nel fiume [[Brenta (fiume)|Brenta]], che si getta, a pochi chilometri di distanza, nel mare [[Adriatico]], con [[foce ad estuario]].
 
==== PalazziIl efiume villeAstichello ====
[[File:Quando c'è poesia. Parco Querini. Vicenza.jpg|thumb|left|Il fiume Astichello nel Parco Querini di Vicenza]]
{{vedi anche|Villa veneta|Ville palladiane}}
L'Astichello scorre principalmente nei paesi di [[Dueville]] e di [[Cavazzale]], per [[affluente|confluire]] nel [[Bacchiglione]] presso ponte Pusterla in città di [[Vicenza]].
 
Nei secoli scorsi molti aspetti della vita economica, artistica e culturale vicentina hanno trovato in questo ambiente fluviale la loro espressione e la loro sintesi. Oltre che essere utilizzato come importante [[via d'acqua]], lungo le rive del fiume sorsero diversi opifici per fruire della forza motrice dell'acqua e furono costruite molte ville patrizie.
Con l'estensione del dominio di Venezia alla Terraferma e il periodo di sostanziale pace creatosi dopo la guerra, l'aristocrazia vicentina, come anche quella veneta e veneziana, rafforzò il proprio interesse per i possedimenti fondiari. Alle grandi proprietà si accompagnarono importanti investimenti in agricoltura, che venivano poi remunerati dalla produttività dei fondi; le rendite così ottenute permettevano alle famiglie una vita sfarzosa: i palazzi in città, il patronato delle cappelle e degli altari nelle chiese, la carriera politica e militare dei figli e una cospicua dote per le figlie.
 
; Storia
Il palazzo di famiglia in città divenne sempre più grande e maestoso, ma il vero simbolo di questo mondo nuovo fu la villa, un complesso in cui alla bellezza e alla grandiosità della residenza signorile si affiancavano gli edifici necessari alla gestione della tenuta circostante: la villa aveva dunque, a differenza di altre residenze, una doppia funzione, sia di rappresentanza e di svago che di centro produttivo.
[[File:Astichello map-2.jpg|thumb|L'Astichello e la depressione omonima (zona compresa tra i fiumi Bacchiglione e Astichello)]]
 
Fino a tutto l'[[XI secolo]] nell'attuale letto dell'Astichello scorreva il torrente [[Astico]] quando i vicentini, per ridurre il pericolo delle ricorrenti piene<ref>Secondo il {{cita|Sottani, 2012|pp. 142-143}}, questo intervento fu reso necessario da eventi idrologici naturali verificatisi nella prima metà del secolo, quando Leogra, Timonchio e Orolo sarebbero usciti dai loro alvei ingrossando l'Astico, con effetti rovinosi per la città</ref> ne deviarono il corso a nord di [[Montecchio Precalcino]] e ne convogliarono il corso verso il Tesina, lasciando che a Vicenza giungessero solo una parte delle acque, cioè l'Astichello che continuò a scorrere nel vecchio alveo.
Rispetto alle ville venete che, alla fine del XV secolo, erano sorte sulla base degli antichi castelli - grandiose, quasi una ripetizione dei palazzi di città - quelle del Palladio risposero alla necessità di un nuovo tipo di residenza rurale. Più piccole, spesso con un unico piano principale abitabile, erano adatte da una parte a controllare l'attività produttiva, dall'altra ad impressionare gli affittuari e i vicini oltre che ad intrattenere gli ospiti importanti; erano quindi efficaci al fine di stabilire una presenza sociale e politica nelle campagne e, nello stesso tempo, adatte per il riposo, la caccia, e per sfuggire dalla città, soprattutto nel periodo estivo.
 
Nel XIX e nel XX secolo le sue acque rifornivano il [[canapificio]] Roi.
Circondate da vaste estensioni di campi coltivati e vigneti, le ville comprendevano magazzini, stalle e depositi per il lavoro agricolo. Di norma presentavano ali laterali, le [[barchesse]], destinate a contenere gli ambienti di lavoro, dividendo razionalmente lo spazio del corpo centrale, destinato ai proprietari, da quello dei lavoratori, in modo da non sovrapporre le diverse attività. Il corpo centrale era a sua volta suddiviso in senso verticale, dove ogni piano assolveva a funzioni diverse.
 
;La poesia di Giacomo Zanella
==== L'affermazione del Palladio ====
Nel [[1878]] il poeta [[Giacomo Zanella]], spinto dal desiderio della [[solitudine]] e della pace campestre per poter dimenticare, a contatto con la [[natura]] tanto amata, i travagli del "secol faccendiere", si fece costruire una villetta a Cavazzale, sulle rive dell'Astichello, e lì trascorse i suoi ultimi anni, recandosi ogni tanto in città a trovare gli amici.
{{vedi anche|Andrea Palladio}}
 
In questi anni egli seppe dare il meglio del suo spirito e della sua arte, perché seppe trascrivere con semplicità le sensazioni che le cose minute della natura gli risvegliavano e i [[sonetto|sonetti]], raccolti sotto il nome dell'''[[Astichello (poesia)|Astichello]]'', sono senza dubbio tra le sue cose migliori.
[[File:Palladio.jpg|thumb|left| Andrea Palladio nel [[1576]], in uno dei pochissimi ritratti ritenuti attendibili. Olio su tavola, attribuito a [[Giovanni Battista Maganza|G.B. Maganza]]. Vicenza, [[Villa Valmarana ai Nani]]]]
 
; Percorso
Uno dei più insigni esponenti di questo nuovo clima politico, sociale e culturale fu [[Gian Giorgio Trissino]], [[umanista]], [[poeta]] e [[tragediografo]] che, oltre a svolgere attività diplomatiche per conto del papato, si interessava di linguistica e di architettura.
È un fiume di risorgiva che nasce fisicamente dall'unione di numerose canalette risorgive a [[Dueville]], in località Pilastroni. Il suo corso comincia a nord di Passo di Riva e [[Montecchio Precalcino]] per proseguire costeggiando l'omonima via, il casello autostradale e raggiungendo la località Pilastroni. Le roggette che qui si uniscono, molte delle quali nate da risorgive, provengono tutte dal territorio duevillese, principalmente da Vivaro.
 
Il fiume scorrendo poi per [[Cavazzale]] giunge a [[Vicenza]]; qui attraversa dapprima il parco dell'Astichello a fianco dell'[[ospedale San Bortolo]] per poi scorrere attraverso il [[Parco Querini]] e riversare poco dopo le sue acque nel fiume [[Bacchiglione]].
Volendo rimodernare la sua residenza di [[Villa Trissino (Cricoli)|Cricoli]], intorno al 1537 il Trissino ne affidò la ristrutturazione alla bottega di Giovanni e Girolamo da Pedemuro e lì si entusiasmò per le capacità professionali di Andrea di Pietro che, tre anni dopo, avrebbe chiamato il [[Andrea Palladio|Palladio]]<ref>Nome desunto dalla sua opera ''L'Italia liberata'', dove il Palladio è un onnipotente angelo</ref>.
 
La sua lunghezza è di circa 16&nbsp;km.
Tra i due, accomunati dalla passione per la classicità, nacque una collaborazione che durò fino alla morte del Trissino nel 1550. Anche dopo, il Palladio si dedicò totalmente a rifare il volto della città, sia nell'edilizia pubblica che in base ai desideri dei nobili committenti che investivano nella costruzione o nella ristrutturazione dei loro palazzi.
 
[[Andrea Palladio]] lasciò in eredità un insostituibile patrimonio di idee, concretizzate soprattutto nei palazzi che arricchirono il centro storico e nelle sontuose ville venete.
 
;L'edilizia pubblica
Le grandi opere pubbliche progettate dal Palladio, e cioè le Logge del Palazzo della Ragione ([[Basilica Palladiana]]) e la [[Palazzo del Capitaniato|Loggia del Capitanio]], con la loro monumentalità mirarono a conferire alla città quell'importanza cui essa aspirava. Nel [[1580]] egli progettò il [[Teatro Olimpico]], commissionatogli dall'[[Accademia Olimpica]] per la messa in scena di commedie classiche.
 
==== La roggia Seriola ====
;L'edilizia religiosa
Il nome ''Seriola'' è comune in [[Lombardia]] e deriva da ''[[serio]]'', termine che in passato designava un [[Canale artificiale|canale artificialmente creato]] per azionare le ruote di [[Mulino ad acqua|mulini]], [[Maglio|magli]] o [[Gualchiera|gualchiere]], le macchine usate per rassodare i panni<ref name= MN >Gianlorenzo Ferrarotto: Quando la Seriola cingeva le mura e transitava attraverso i Giardini Salvi</ref>.
Autore di alcune tra le più belle chiese di Venezia, egli realizzò a Vicenza soltanto parti di edifici religiosi:il portale della [[chiesa di Santa Maria dei Servi (Vicenza)|chiesa di Santa Maria dei Servi]], la cupola e il portale laterale della [[Cattedrale di Santa Maria Annunciata|Cattedrale di Vicenza]], la Cappella Valmarana nella [[chiesa di Santa Corona]]. Gli viene attribuito anche il progetto, completato postumo, della [[Chiesa di Santa Maria Nova (Vicenza)|chiesa di Santa Maria Nova]].
 
[[File:Maddalene sorgenti Seriola-11a.jpg|thumb|left|Sorgenti della Roggia Seriola a Maddalene, Vicenza]]
;L'edilizia privata
[[File:Loggia Valmarana.jpg|thumb|left|La [[Loggia Valmarana]] si affaccia su quello che era il letto della roggia Seriola ai [[Giardini Salvi]] nel centro storico di Vicenza.]]
Il Palladio viene ricordato a Vicenza soprattutto per i palazzi signorili che progettò, anche se non di tutti riuscì a vedere il completamento: sono, in ordine cronologico, i palazzi [[Palazzo Civena|Civena]], [[Palazzo Pojana|Poiana]], [[Palazzo Thiene|Thiene]], [[Palazzo Porto|Porto]] (per [[Iseppo da Porto]]), [[Palazzo Chiericati|Chiericati]], [[Palazzo Schio|Schio]], [[Palazzo Valmarana|Valmarana]], [[Palazzo Barbaran da Porto|Barbaran da Porto]], [[Palazzo Porto in piazza Castello|Porto]] in piazza Castello, [[Palazzo Thiene Bonin Longare|Thiene Bonin Longare]].
 
Nel Seicento [[Francesco Barbarano de' Mironi]]<ref>Francesco Barbarano de' Mironi, ''Historia ecclesiastica della città, territorio e diocese di Vicenza'', Libro IV, p. 19</ref> ricordava che la Seriola nasce "''al Monticello di S. Maria Maddalena, scorre per Vicenza, fa girare molti molini, produce preziosissimi gamberi e nell'uscire dalla città, finisce nel Bacchiglione, appresso l'Isola''"<ref name= MN />. L'utilizzo dell'acqua per la pesca, per lavare i panni e per la forza motrice, seppur limitato quest'ultimo dopo l'invenzione della macchina a vapore, è continuato fino al Novecento, quando l'acqua alimentava ancora un mulino vicino a Porta Santa Croce, uno in Campo Marzo e le macchine di una filanda in contrà SS. Apostoli<ref name= MN />.
;Le ville
Oltre alla celebratissima [[villa Capra detta la Rotonda]], che servì di modello agli architetti successivi in tutta Europa, il Palladio progettò una quindicina di ville nel vicentino e diverse altre - [[Ville palladiane#Elenco|per un totale di 24]] - in territorio veneto.
 
La roggia nasce a pochi chilometri a nord della città in località Maddalene Vecchie. L'acqua affiora dal sottosuolo da polle (''boi'' o ''bojette'' per l'aspetto dell'acqua che sembra ribollire) in comunicazione tra loro e con il laghetto detto ''La Boja delle Maddalene'' e fa parte del sistema di risorgive che alimentano gli acquedotti cittadini. Durante tutto l'anno sgorga alla temperatura di 12 - 13 gradi<ref name= MN />. Il boschetto che ricopre le risorgive della Seriola è formato da olmi, salici, ontani e sovrasta un sottobosco abbastanza folto<ref>Per gli aspetti di flora e fauna vedi il sito dell'ARPA: {{cita web|url=http://www.arpa.veneto.it/educazione_sostenibilita/htm/retedamb_area.asp?id=461|titolo= Risorgive della Seriola e Boja delle Maddalene|accesso= 20 settembre 2012}}</ref>.
=== Il Sei e il Settecento ===
==== Due secoli di stagnazione ====
L'ambiente politico, economico e sociale di Vicenza nel periodo che va dalla morte del Palladio (1580) alla fine della Repubblica veneta (1797) fu essenzialmente determinato dalle sorti della Serenissima che, sfiancata dalle lotte contro i turchi e indebolita per la perdita dei traffici verso l'oriente, si arroccava in una politica conservatrice il cui unico obiettivo era quello di mantenere i privilegi dell'aristocrazia.
 
Uscita da Maddalene, la roggia scorre lungo le pendici di [[Monte Crocetta]], riceve ulteriore acqua da alcuni fossati, passa vicino a Cà Beregane - nel Settecento forniva l'acqua ai giardini della Villa [[Beregan]] - Pertile, e punta in direzione sud-est verso Vicenza.
Simile a quella della capitale era la situazione di Vicenza: l'aristocrazia cittadina, ormai rassegnatasi a dipendere da Venezia senza poter giocare un ruolo politico a livello statale, si rifaceva sul contado, sfruttando i proventi delle campagne per aumentare il proprio prestigio esteriore. All'interno della città restava netta la distinzione tra i ceti sociali - raro era l'emergere di nuove famiglie nobili o arricchitesi di recente - e all'interno delle stesse famiglie si tendeva alla concentrazione dei patrimoni, mediante l'esclusione dei figli cadetti o delle figlie che venivano avviate alla vita di convento.
 
Un tempo l'acqua proseguiva lungo viale Pasubio, viale Trento e viale Mazzini, entrava in città e scorreva sotto le antiche mura nella contrà dal significativo nome di Cantarane per riaffiorare nei [[Giardini Salvi]], lambire il lato nord di [[Campo Marzo]] e confluire nel fiume [[Retrone]] pochi metri a sud del Ponte Furo in viale Eretenio. Intorno al [[1365]], infatti, la roggia era stata deviata per costituire il fossato che affiancava le mura scaligere sul lato ovest della città, continuare poi nel lato sud dove già costeggiava Mure Pallamaio, ed essere così parte del sistema difensivo di Vicenza.
Tutto questo fu determinante per l'immagine urbana. I grandi palazzi restarono localizzati nell'antico centro storico, all'interno delle mura altomedievali, la cui popolazione era costituita dalle famiglie importanti e dai loro servitori. Gli artigiani e i commercianti si radicarono nei borghi racchiusi dalle mura tardomedievali di Berga, San Pietro, Pusterla, Porta Nova e in quello esterno di San Felice. L'ambiente fuori dalle mura restò quello della campagna, che si arricchì di ville sempre più imponenti.
 
A partire dagli anni sessanta del Novecento, invece, la roggia è stata nuovamente deviata per cui, all'altezza di viale Pasubio, ora confluisce nel Bacchiglione<ref name= MN />. Sarebbe perciò tecnicamente inesatto chiamare ancora Seriola - così come i vicentini comunemente fanno - quella che oggi scorre nei Giardini Salvi, attualmente un bacino chiuso di acqua che viene pescata da falde sotterranee, filtrata, ossigenata e posta forzatamente in circolo da pompe idrauliche<ref>{{cita web|url=http://www.comune.vicenza.it/albo/notizie.php/66874|titolo= Roggia Seriola, finiti i lavori ai Giardini Salvi per tenere limpida l’acqua attraverso un sistema di pompe e rocce vulcaniche|accesso= 20 settembre 2012}}</ref>.
La maggior novità di questo periodo dal punto di vista architettonico fu data dalla costruzione o dal rifacimento degli edifici religiosi: chiese, conventi, oratori, che trassero notevole impulso dall'attuazione della [[Controriforma|Controriforma cattolica]].
 
==== Il Seicento, uno stile monumentalefiume maRetrone severo====
[[Immagine:Ponte San Michele.jpg|thumb|left|Vicenza - Visione notturna di Ponte S. Michele sul Retrone.]]
La sua sorgente si trova a [[Sovizzo]] alla confluenza dei [[torrente|torrenti]] Valdiezza, Onte e Mezzarolo; prosegue attraversando [[Creazzo]], poi il territorio di [[Altavilla Vicentina]] e dopo 12&nbsp;km sbocca nel [[Bacchiglione]], presso l'area dell'ex cotonificio Rossi.
 
[[Immagine:Vicenza Ponte Barche 2006.jpg|thumb|left|Veduta del Retrone da Viale Giuriolo con l'antico ponte delle barche sullo sfondo.]]
Il Palladio morì senza vedere la piena realizzazione dei suoi sogni; nel 1580 - lo testimonia la [[Pianta Angelica]], redatta nel medesimo anno - tutto era ancora incompleto: le logge della Basilica erano finite solo a settentrione e ad occidente, nel [[Teatro Olimpico]] mancavano gli interni, molti palazzi restarono incompleti (come il [[Palazzo Porto in piazza Castello]]) o furono completati molto più tardi (il cantiere di [[Palazzo Chiericati]] sarebbe rimasto aperto ancora per un secolo e mezzo).
Alla [[sorgente (idrologia)|sorgente]] il fiume è largo circa 4 [[metro|m]] con una profondità di 50 [[centimetro|cm]], poi man mano che prosegue nel suo corso aumenta la larghezza e la [[profondità (liquidi)|profondità]] grazie ai diversi affluenti, fino a raggiungere la larghezza di 12 metri con una profondità di 2 all'ingresso nella città di [[Vicenza]]. Negli [[anni 1960|anni sessanta]] alcuni interventi di rettificazione del corso del fiume hanno portato una significativa modificazione al sistema [[idrogeologia|idrogeologico]] del corso d'acqua. Nei periodi di intense piogge il Retrone [[esondazione|esonda]] soprattutto nella zona di S. Agostino. La causa di questo problema è stata individuata nel fatto che il punto di affluenza nel Bacchiglione è più alto del corso del Retrone, caratteristica alquanto bizzarra.
 
La portata aumenta nel punto in cui confluisce con il fosso Cordano. Il fondale è più o meno costante nel tempo, composto per lo più da [[ghiaia]], [[sabbia]] e verso la foce [[fango]]. Presenta ovunque una elevata copertura vegetale. Le acque del Retrone risultano assai inquinate dagli scarichi di varia natura, ma nonostante questo inquinamento le sue acque sono popolate da numerose specie ittiche, in particolare [[Salmo trutta|trote]], [[Cyprinus carpio|carpe]], [[Squalius squalus|cavedani]], [[Esox lucius|lucci]], oltre che [[Anura|rane]]. Tra l'avifauna sono numerosi i [[Anas platyrhynchos|germani reali]], le [[Gallinula chloropus|gallinelle d'acqua]], gli [[Ardea cinerea|aironi cinerini]] e le [[Egretta garzetta|garzette]]. Negli ultimi anni sono diventate abbondanti le [[Myocastor coypus|nutrie]].
Con [[Vincenzo Scamozzi]], che proseguì il lavoro del Maestro in alcune di queste opere, iniziò un nuovo corso che avrebbe caratterizzato tutto il XVII secolo: l'attività edilizia aveva recepito l'insegnamento del Palladio, la sua tendenza alla monumentalità e alla scenografia - i palazzi si fecero sempre più grandi, spesso inglobando e unificando edifici preesistenti, cui si accedeva attraverso altissimi portoni - ma si fece sempre più sobria, severa e razionale, anche in base alle richieste della committenza, costituita ancora dalle famiglie aristocratiche cittadine, ma dove iniziava ad emergere anche una nuova classe sociale, che esprimeva il lusso e il prestigio in maniera diversa, contenendolo all'interno dei palazzi ed evitando lo sfoggio esterno.
 
; Storia
Nella seconda metà del secolo anche a Vicenza - che si risollevava dai tempi duri della peste - come nel resto dell'Italia nacque una nuova sensibilità che rifiutava la troppa austerità fino ad allora imperante, preferendo invece uno stile che puntava all'esuberanza decorativa, unendo pittura, scultura e stucco nella composizione spaziale e sottolineando il tutto mediante suggestivi giochi di luce ed ombre: lo [[stile barocco]], le cui caratteristiche fondamentali erano le linee curve, dagli andamenti sinuosi, come [[ellisse|ellissi]], [[spirale|spirali]] o curve a costruzione policentrica; il forte senso della teatralità doveva destare meraviglia e ammirazione.
Nasce a Sovizzo, le sue acque scorrono lente, quando arriva a borgo Berga che si trova in posizione più elevata la massa d’acqua può tornare indietro .
 
Nell’antica Roma era chiamato Edronis ed era il fiume principale, citato da Plinio, passava per Padova earrivava fino al mare in una località chiamata portus Edronis, identificata con Chioggia. Il Retrone scorreva attraverso la città di Padova, in quello che sarebbe poi divenuto il corso del Bacchiglione. Nell'antichità il Retrone si trova nominato anche nelle sue varianti Eretenos, Eretenus, Erethenus, Ereteno, Reteno mentre nelle carte medioevali è indicato come Rerone.
Questa sensibilità veniva da Venezia, dove il principale esponente del barocco, [[Baldassarre Longhena]] - a sua volta profondamente influenzato dai due sommi maestri del Cinquecento italiano, [[Jacopo Sansovino]] e Andrea Palladio - aveva costruito la [[Basilica di Santa Maria della Salute|chiesa di Santa Maria della Salute]]. A Vicenza però il barocco non trovò grandi applicazioni nell'architettura civile (praticamente solo il [[palazzo Leoni Montanari]]); maggiori invece furono le sue espressioni nell'architettura religiosa.
 
In tempi antichi era chiamato Retrone il fiume principale di Vicenza e [[Padova]], e non [[Bacchiglione]]. Il fiume ''Edronis'' era citato già da [[Gaio Plinio Secondo|Plinio]], e scorreva in un proprio alveo per gettarsi in mare, nella località costiera di ''Portus Edronis'', generalmente identificata con [[Chioggia]]. Il Retrone scorreva attraverso la città di Padova, in quello che sarebbe poi divenuto il corso del Bacchiglione.
==== Il Settecento e il mito del Palladio ====
Nell'antichità il Retrone si trova nominato anche nelle sue varianti ''Eretenos, Eretenus, Erethenus, Ereteno, Reteno'' mentre nelle carte medioevali è indicato come ''Rerone''.
{{vedi anche|Palladianesimo#Diffusione del palladianesimo}}
 
Estesi sconvolgimenti nell'[[idrografia]] della provincia, avvenuti in epoca [[Longobardi|longobarda]], modificarono la situazione, facendo diventare il Retrone un semplice tributario del Bacchiglione (del cui nome si hanno notizie a partire dagli inizi dell'[[XI secolo]]).
A Vicenza nel Settecento si assistette alla riscoperta e alla rivalutazione del Palladio.
 
La confluenza dei due fiumi a Vicenza avveniva presso la zona detta ''dell'Isola'', attualmente Piazza Matteotti, ma dava luogo a frequenti [[alluvione|alluvioni]] dovute al regime irregolare dei fiumi. Per questo la confluenza fu spostata di circa un chilometro, appena oltre l'abitato di Vicenza.
[[Marco Boschini]], personaggio eclettico e fine critico d’arte veneziano, chiamato dagli amministratori vicentini<ref>Aveva avuto grande successo con ''[[Marco Boschini#Le miniere della pittura|Le miniere della pittura]]'' del 1664 ripubblicato in ''Le ricche miniere della pittura veneziana'' del [[1674]], due guide di [[Venezia]]</ref>, nel 1676 pubblicò il volumetto ''I gioielli pittoreschi. Virtuoso ornamento della città di Vicenza'', la prima guida alla città. Questi gioielli erano le chiese e i palazzi pubblici della città. Egli affermava che tutta la città era stata abbellita dall’impostazione del Palladio e, come [[Tiziano]] era il gigante della pittura, Palladio era il Tiziano dell’architettura.
 
=== Lago di Fimon ===
Cent’anni dopo, nel 1779, venne pubblicata una nuova guida della città di Vicenza, la ''Descrizione delle architetture, pitture e scolture di Vicenza, con alcune osservazioni'', scritta da Pietro Baldarini, che poi affiancò [[Enea Arnaldi]], grande estimatore del Palladio: in essa si affermava che tutto ciò che c’era di buono a Vicenza era stato fatto dal Palladio, mentre i successori, dopo che era stato raggiunto un tale livello di perfezione, erano ricaduti nella barbarie. L’architettura del Seicento veniva vista come quella della decadenza e questa valutazione rimase tale fino alla fine dell’Ottocento<ref>Nel 1822, quando Giambattista Berti scrive una guida per Vicenza, afferma che l’architettura aveva vissuto un secolo – il Seicento - di torpore, ma ora si è risollevata, perché veniva rivista secondo le proposte dal Palladio</ref> e ai primi del Novecento, quando dell’architettura seicentesca venne fatta una rivalutazione critica.
[[File:Lago Fimon 6.jpg|thumb|La sponda est del Lago di Fimon]]
Il ''Lacus Pusterlae'' era, in tempi antichi, un corridoio fluviale che, in tempi di abbondanti alluvioni, si trasformava in un bacino di allagamento temporaneo, cioè in una bassura più o meno paludosa. Bassura che svolgeva una funzione moderatrice sulle allivioni di Vicenza.
 
In questo alveo l'Astico si allargava, per una larghezza media di 700–800 m. ed una lunghezza di alcuni chilometri; questa striscia acquitrinosa era chiamata Lacus Pusterlae ed arrivava fino alla città dove trovava un dosso, formato dai detriti del fiume stesso, il Motton Pusterla. Dopo alcune centinaia di metri il fiume, passato sotto l'antico ponte romano, in seguito chiamato Ponte di San Pietro, confluiva nel Retrone alle Barche.
==== L'architettura del XVII e del XVIII secolo ====
;L'edilizia pubblica
Verso la fine del XV secolo la città aveva sostenuto un notevole sforzo per la ristrutturazione o il completamento di alcune opere già iniziate.
 
Quanto al Lacus Pusterlae mancano fonti alto medioevali che ne documentino l'esistenza. È probabile che esso occupasse la zona tra la strada Marosticana e la strada che oggi porta a Cavazzale ed arrivasse a lambire la Piarda, detta dei Tecchio.
Il castello semi diroccato - ora [[Palazzo del Territorio]] - che dopo la dedizione alla Serenissima era stato diviso tra il Comune di Vicenza (che l'aveva adibito a prigione) e l'Arsenale della Repubblica veneta - fu ristrutturato e, dismesse le prigioni, nella parte comunale venne costruito il [[Teatro Olimpico]], mentre nel settore veneziano trovarono sede dal 1616 i magistrati incaricati dei 15 vicariati e delle due podesterie del territorio vicentino. Per accedere a questo settore nel 1600 fu eretto il maestoso arco progettato dall'architetto [[Ottavio Bruto Revese]], che disegnò anche l'arco trionfale in [[Campo Marzo]].
 
Dopo che il fiume Astico verso la metà del XII secolo fu deviato verso il Tesina, ciò che ne rimaneva - cioè il fiume Astichello - non aveva più una portata sufficiente ad alimentare il lago. Così quando nel XIV secolo veniva citato da alcuni documenti, esso era in parte prosciugato e limitato all'area che, ancor oggi, conserva il toponimo di Laghetto.
A cavallo del secolo furono completate le logge della Basilica palladiana - nel 1597 (diciassette anni dopo la morte di Palladio) il secondo livello delle logge e nel 1614 il prospetto su piazza delle Erbe.
 
Attualmente il lago è uno [[specchio d'acqua]] di modeste dimensioni (0,60&nbsp;km<sup>2</sup>) e poco profondo (in media 2&nbsp;m) che si trova in comune di [[Arcugnano]] tra le frazioni di [[Pianezze (Arcugnano)|Pianezze]] e [[Lapio (Arcugnano)|Lapio]]. È l'unico lago di dimensioni significative dell'intera provincia.
Il XVII e del XVIII secolo non annoverano invece l'esecuzione di importanti opere pubbliche, a parte l'ampliamento. a inizio Settecento, del palazzo del Monte di pietà e la costruzione della seconda facciata, che diventava l'accesso alla sede della prima biblioteca civica Bertoliana.
 
I dintorni del lago sono anche un [[sito archeologico]], la cui importanza fu riconosciuta già nel XIX secolo dal naturalista vicentino [[Paolo Lioy]].
;L'edilizia privata
Nel Seicento avvenne il completamento di molti palazzi progettati dal Palladio; nell'affidare ad altri architetti la progettazione di palazzi nuovi le famiglie rifiutarono lo sfarzo esteriore, chiedendo un decoro più contenuto. Anche se non grandioso, l'architettura in città divenne più severa, più austera fino a raggiungere con [[Antonio Pizzocaro]] un aspetto quasi militaresco, riflettendo così la diversa situazione economica e sociale che si era creata in città.
 
== Utilizzo delle acque ==
I palazzi cittadini, come in genere tutt'Italia seppure con varianti regionali, rimasero fedeli alla tipologia residenziale del Rinascimento, con un corpo edilizio chiuso attorno ad una corte interna; di solito i prospetti principali furono dotati di [[Avancorpo|avancorpi]] e decorati mediante l'impiego di colonne [[ordine gigante|giganti]]. Dagli altri si distingue il barocco palazzo Leoni Montanari, unione di unità abitative diverse messe insieme da un nuovo arricchito, il setaiolo Giovanni Leoni che lo volle per promuovere la sua posizione sociale e avere un seggio nel consiglio della città. La sua costruzione fu affidata ad un architetto "foresta", il lombardo Giuseppe Marchi. Solo qualche altro palazzo inserì all'esterno qualche elemento di un barocco smorzato, come le specchiature tipiche del palazzo Segala al di là del ponte degli Angeli e del palazzo Piovene Cicogna in [[Borgo Pusterla]].
=== Pozzi e acquedotti ===
[[File:Acquedotto romano Lobia Vicenza.jpg|thumb|left|L'acquedotto romano in località Lobia]]
La storia di un razionale utilizzo dell'acqua nel Vicentino è antica di due millenni.
 
L'[[acquedotto]] costruito in età romana risale al I secolo a.C. partiva da località Villaraspa ([[Costabissara#Motta di Costabissara|Motta di Costabissara]]), poi passando per località Lobia, posta 3&nbsp;km a nord del centro storico, dove sussistono tuttora resti degli archi di sostegno, e transitando per gli attuali viale Ferrarin, via Brotton e corso Fogazzaro, portava in città l'acqua delle risorgive<ref>Il percorso e i recenti ritrovamenti sono descritti in: {{cita web|url=http://www.ilgiornaledivicenza.it/stories/dalla_home/422584_in_corso_fogazzaro_spuntaanche_lacquedotto_romano/?refresh_ce|titolo=
I vicentini nobili, i nuovi ricchi e i patrizi veneziani continuarono a commissionare nelle loro ottenute di campagna la costruzione di ville sempre più grandiose.
In corso Fogazzaro spunta anche l'acquedotto romano |accesso= 25 ottobre 2012}}</ref> per terminare nel ''castellum aquae'', cioè nel serbatoio presso Mure San Lorenzo<ref>Per una descrizione dei ritrovamenti e gallerie fotografiche: {{cita web|url=http://www.archeoveneto.it/portale/?page_id=264|titolo= Regione del Veneto - Musei archeologici|accesso= 25 ottobre 2012}}</ref>. In contrà Pescherie vecchie resta qualche lacerto delle terme.
 
Dopo la caduta dell'impero romano e fino agli inizi del Novecento non vi furono più acquedotti. L'acqua veniva prelevata direttamente dalle sorgenti o dalle risorgive, oppure da pozzi, o incanalata attraverso rogge a cielo aperto; sostanzialmente non vi era l’acqua corrente in casa e per lavare i panni le lavandaie andavano sulla riva del fiume o presso il lavatoi pubblici.
;L'edilizia religiosa
{{vedi anche|Storia dell'architettura religiosa a Vicenza#Dalla seconda metà del XVI a tutto il XVIII secolo}}
A partire dalla fine del Cinquecento e fino a tutto il Settecento, l'attuazione della [[Controriforma]] diede un notevole impulso alla costruzione o al rifacimento di edifici religiosi: chiese, conventi, oratori.
 
Attualmente, agli inizi del terzo millennio, nel Vicentino il territorio del bacino Astico-Leogra-Bacchiglione assorbe una media di circa 400 milioni di metri cubi l'anno; il resto finisce nelle falde, particolarmente diffuse nel territorio vicentino.
Essa ebbe notevoli ripercussioni anche in campo artistico: gli edifici riflettevano nella struttura e nell'ornamentazione la simbologia cattolica che si voleva affermare, in contrapposizione a quella protestante; fu promossa l'importanza didascalica delle immagini e furono fissate una serie di norme nelle arti per sottolineare la distinzione tra il clero ed i fedeli.
 
Ogni anno cento milioni di metri cubi di quest'acqua - considerata tra l'altro di alta qualità - vengono utilizzati dagli acquedotti: 23 milioni di essi dall'Azienda "Acque vicentine", che serve una trentina comuni della Provincia, a partire da Vicenza; altri 4o milioni di metri cubi sono incanalati verso gli acquedotti di Padova<ref>L'acquedotto di Padova è stato inaugurato nel 1888, prima ancora dell'impianto di Vicenza in località Moracchino</ref> e Abano Terme; un ulteriore acquedotto serve la parte orientale della Provincia (Grumolo delle Abbadesse, Torri di Quartesolo, Camisano, Grisignano, Montegalda e Montegaldella) più altri 16 comuni padovani, utilizzando 12 milioni di metri cubi; 10 milioni d'acqua infine, tratti dalla falda di Almisano, servono comuni del Basso Vicentino e del Veronese.
La Chiesa cercò un compromesso col potere politico, conciliando la fede con la vita mondana; proprio per questo il barocco divenne uno stile atto ad esprimere sia lla fede che le frivolezze della mondanità. Questo stile, sviluppatosi a Roma tra il [[1630]] ed il [[1670]] e diffusosi in Italia e in [[Europa]], trovò la sua espressione anche negli edifici religiosi di Vicenza.
 
A queste dati andrebbero aggiunti quelli dei prelievi effettuati mediante migliaia di pozzi privati, per un consumo ipotizzato di 30 milioni di metri cubi d'acqua l'anno<ref>Un censimento fa stimare in tremila i pozzi artesiani, da cui sgorgano 0,1-0,2 litri al secondo. Il consumo è stimato in 250 litri al giorno per abitante</ref>.
Molti edifici furono costruiti o ristrutturati per accogliere i nuovi ordini religiosi istituiti con la Controriforma: si tratta della [[Chiesa di San Giuliano (Vicenza)|chiesa e del convento di San Giuliano]] (1666-1720 sotto la direzione di [[Antonio Pizzocaro]] che aveva redatto il progetto) per i [[frati Minimi]], delle chiese di [[Chiesa di Santo Stefano (Vicenza)|Santo Stefano]] (1675-1764 iniziata da [[Carlo Borella]])<ref>Accantonato il progetto di [[Guarino Guarini]] per il costo troppo elevato, fu utilizzata una copia della [[Basilica di Sant'Andrea della Valle]] in Roma, dell'architetto [[Giacomo della Porta]] che aveva realizzato anche la [[chiesa del Gesù]], punto di partenza del barocco romano.</ref> e di [[Chiesa e convento di San Gaetano|San Gaetano]](1720-29 dell’architetto padovano [[Girolamo Frigimelica]]<ref>Che seppe coniugare al palladianesimo imperante nella zona gli stilemi del barocco romano</ref>) per i [[Teatini]], di quelle di [[Chiesa di San Marco in San Girolamo|San Marco in San Girolamo]] per i [[Carmelitani Scalzi|Carmelitani]] (1720-27, forse dell'architetto veneziano [[Giorgio Massari]] o di quello vicentino Giuseppe Marchi), dei Santi Filippo e Giacomo per i [[padri Somaschi]], di San Filippo Neri per i [[Confederazione dell'oratorio di San Filippo Neri|padri Filippini]](su progetto, almeno per quanto riguarada la facciata, di [[Ottone Calderari]]).
 
Nelle zone della Provincia, in fascia pedemontana, la distribuzione dell'acqua è assai più articolata: a Valli del Pasubio, ad esempio, esiste una rete di ventuno acquedotti, praticamente uno per contrada<ref>{{cita|Di Lorenzo, 2011|p. 91}}</ref>.
Altri edifici furono ingranditi, abbelliti o totalmente ricostruiti, come la [[chiesa di Santa Maria in Araceli]] (1675-80, su progetto di Guarino Guarini e realizzazione di Carlo Borella) delle [[Clarisse cappuccine|Clarisse]], il [[santuario della Madonna di Monte Berico]] (1688-1703, realizzato da Carlo Borella sulla base di un progetto di Andrea Palladio) dei [[Servi di Maria]], la chiese e il monastero di Santa Caterina per le Benedettin, la facciata e la cappella della Pietà nella [[Chiesa di San Vincenzo (Vicenza)|chiesa di San Vincenzo]].
 
Non è possibile stabilire, per carenza di documentazione, se durante il primo millennio i fiumi che attualmente scendono dai rilievi a nord della città, e cioè il Leogra, il Timonchio e l'Orolo, confluissero tra di loro e, raccogliendo anche le acque di risorgiva, lambissero la parte settentrionale della città, gettandosi infine nell'Astico.
Un'ulteriore tipologia di edifici fu quella degli Oratori, che nel Seicento furono costruiti o rinnovati per iniziativa delle Confraternite: furono quelli del [[Oratorio del Gonfalone (Vicenza)|Gonfalone]], del Crocifisso, di [[Oratorio di San Nicola da Tolentino|San Nicola da Tolentino]], [[Oratorio delle Zitelle|delle Zitelle]], quelli della Concezione annesso alla [[Chiesa di San Lorenzo (Vicenza)|chiesa di San Lorenzo]] o del Rosario annesso alla [[chiesa di Santa Corona]].
==== Architetti e artisti del XVII e del XVIII secolo ====
Questo enorme cantiere - parallelo a quello della costruzione dei grandi palazzi cittadini - venne alimentato da botteghe di [[lapicida|lapicidi]] (acquistarono fama quelle di Pedemuro, degli [[Albanese (famiglia)|Albanese]], dei Merlo), da architetti (come [[Guarino Guarini|Guarini]] e [[Antonio Pizzocaro]]) e capomastri (i [[Borella (Vicenza)|Borella]]), da scultori (i fratelli [[Orazio Marinali|Marinali]]), da pittori (come i [[Alessandro Maganza|Maganza]], [[Francesco Maffei]], [[Giulio Carpioni]]) e da artigiani (falegnami, [[intarsiatore|intarsiatori]]) che producevano gli arredi.
 
==== Alimentazione dell'acquedotto dell'Altopiano di Asiago ====
; Seicento
Durante la notte le acque che sgorgano dalle sorgenti dentro alle [[grotte di Oliero]] sono pompate in alto fino alla stazione di raccolta dell'[[Altopiano dei Sette Comuni|Altipiano di Asiago]] situata sul [[Col d'Astiago]] in comune di [[Valstagna]], a 1.241 metri di altitudine. La centrale di pompaggio è costituita da pompe da 2.500 [[Cavallo vapore britannico|hp]] (1.86 [[Megawatt]]); tale potenza, che deve permettere di superare il dislivello di circa millecento metri, fa della centrale di pompaggio di [[Oliero]] una tra le più potenti d'Europa.
Tra gli architetti spicca, a cavallo tra il Cinquecento e il Seicento, [[Vincenzo Scamozzi]]. Dopo aver completato come scenografo il cantiere del [[teatro Olimpico]] progettato dal Palladio, progettò palazzi (come il [[palazzo Trissino al Duomo]] e il [[palazzo Trissino Baston]]) e ville (come la [[Villa Pisani (Lonigo)|Rocca Pisana]] di Lonigo) con uno stile innovativo, imponente ma più sobrio e severo rispetto a quelli del Palladio. Mentre quest'ultimo aveva proposto palazzi teorici, idealizzati, lo Scamozzi risolveva le difficoltà di edifici costruiti su aree irregolari, costruendo con grande abilità pratica. Egli individuò un elemento cardine, la serliana - non inventata dal Palladio ma da lui resa famosa per l'utilizzo che ne fece nelle logge della Basilica<ref>Il Palladio propose la serliana anche nella Villa Valmarana e nella Villa Pojana in sostituzione della loggia, ma non ne fece un elemento cardine della sua architettura</ref>- che utilizzò nella maggior parte delle sue opere.
 
Venne costruita nel 1971 e completata nel 1975. Il progetto di costruzione del '71 seguiva il percorso di una precedente stazione di pompaggio realizzata durante la [[prima guerra mondiale]] per servire le truppe italiane schierate a difesa della pianura. In quel tempo erano ben sette i salti intermedi realizzati per far arrivare l'acqua sull'Altopiano<ref>{{cita web|url=http://www.comunevalstagna.it/territorio-e-ambiente/la-magica-scalata-dellacqua.html|titolo=La magica scalata dell'acqua: da Oliero ad Asiago|accesso=26 aprile 2011}}</ref>.
[[Giacomo Monticolo]], architetto minore<ref>Più conosciuto per essere autore di una mappa della città nel 1611, con un taglio prospettico diverso dalla pianta Angelica che sarebbe durato fino a tutto il Settecento</ref>, disegnò la facciata della [[chiesa dei santi Filippo e Giacomo]] con una facciata estremamente sobria, tagliente, spigolosa. A partire dal 1641 [[Borella (famiglia vicentina)|Domenico Borella e i suoi figli]] realizzarono per i [[padri Somaschi]] il convento annesso a questa chiesa, nello stile militaresco e severo che sarebbe stato poi ripreso dal Pizzocaro<ref>[[Barbieri, 2004, pp. 353, 361]]</ref>
 
=== L’acqua come forza motrice ===
[[Ottavio Bruto Revese]] realizzò il [[Palazzo vescovile (Vicenza)|palazzo vescovile]] - rifatto completamente nell'Ottocento - in modo del tutto diverso dal Palladio; fu anche autore dell'arco di accesso al [[palazzo del Territorio]] e dell'arco trionfale fuori la porta del Castello.
Muoveva le pale dei mutini, che nel Cinquecento davano forza a segherie, tintorie, lanifici, setifici, ai magli .... A Vicenza tra la fine del XV e l'inizio det XVI secolo l'economia conosceva un "boom" di attività durato tutto il secolo. Erano centinaia i mulini e le pale idrauliche a Vicenza, forse quattrocento; ne sono stimati ottocento in tutta [a provincia'. Tanti? Solo per [a lavorazione della seta ne sono stati contati cento alla fine del Sedicesimo secolo.
 
poco più di duecento anni dopo, Gaetano Maccà, nel 1815, con l'elettricità ancora di là da venire, aveva contato quattordici mulini nei 400 metri della roggia Venata a Santors 02 .
Un'altra famiglia di architetti e scultori che avevano una bottega a Vicenza fu quella degli [[Albanese (famiglia)|Albanese]]. [[Giambattista Albanese]] pensò una nuova tipologia di edificio religioso, partendo dalle chiese palladiane di [[Chiesa di San Giorgio maggiore (Venezia)|San Giorgio]] e del [[Chiesa del Redentore|Redentore]] a Venezia e di [[Chiesa di Santa Maria Nova (Vicenza)|Santa Maria Nova]] a Vicenza<ref>Egli ridussee la profondità delle facciate palladiane, data dal diverso sovrapporsi di piani prospettici e di rilievi architettonici; rifacendosi piuttosto agli insegnamento dello Scamozzi, scarnificò le facciate togliendo i rilievi e sostituendoli con [[lesene]] che non danno profondità ma solo ritmo. Altro elemento caratteristico i due grandi finestroni, solo intercolunni centrali per porta d'accesso e oculo che dà luce.</ref>. Fu il modello utilizzato dal Pizzocaro ma, in generale, per tutto il Seicento a Vicenza e reiterato nei secoli successivi. Il fratello Girolamo, oltre a tante statue, costruì la chiesetta annessa alla Rotonda e probabilmente - essendo l'architetto di fiducia di Alessandro Trento - la villa Trento Capra a Costozza<ref>Questa fu attribuita al Pizzocaro, che però all'epoca della costruzione - il 1630 - era ancora troppo giovane</ref>.
L'identica funzione di dare potenza al lavoro, secoli dopo, l'avrà – per esempio – la roggia Maestra a Schio, che alimenterà tutti gli opifici, dal Lanificio Rossi a quello dei Boniver Conte. A Thiene un'altra acqua di roggia diventerà l'anima del lanificio Ferrarin. Insomma, l'era industriale nel Vicentino è nata con la potenza dell'acqua. Ancora oggi l'Astico conta trenta prese che danno vita ad altrettanti usi industriali, tra piccole centrali idroelettriche e aziende.
 
Nota:
"Grande impresario e mente direttiva dell'architettura seicentesca vicentina" - così lo definisce Franco Barbieri - "[[Antonio Pizzocaro]] fu l'indiscusso protagonista di quella Vicenza in grigio dal fascino austero ma non priva, tuttavia, di qualche lucida impennata"<ref>{{cita| Barbieri, 1990| p. 252}}</ref>.
Cfr. GAETANO MACcA, Storia del territorio vicentino, Cal-dogno, Menegatti, 1815, V. 12, p. 122. Per una bibliografia generale di riferimento cfr. Francesco Molon, / nostri fiu-miAstico-Bacchiglione- Retrone-Brenta: idrografia antica e moderna, Padova, Draghi, 1883; GIULIO ARRINGHI, 1 fiumi di Vicenza, Vicenza, Adpress, 1995; Luciano Gregoris, Idrografia vicentina: storia e attualità, Vicenza, Editrice Veneta, 2006; Il Bacchiglione, a cura di FRANCESCO SELMiN e CLAUDIO GRANDIS, Sommacampagna, Cierre, 2008. Proprio quest'ultimo volume contiene il saggio di Edoardo Demo e Francesco Vianello Il Bacchiglione a Vicenza – Regola¬zione delle acque, igiene pubblica e attività commerciale, che ricorda a P. 176 i cento mulini dedicati alfa lavorazio¬ne della seta a Vicenza nel 1596. E aggiunge: «Oltre ai numerosi impianti per la molitura, concentrati prevalen¬temente nell'area suburbana posta nei pressi del borgo di Pusteria, la città berica pullula di ruote idrauliche che danno movimento a mulini a martello per la concia dei pellami, a fucine per la lavorazione dei metalli, a magli per battere il rame e il ferro, a seghe, a cartiere, a mole per affilare e per la macinazione di pietre tintorie (come il guado e la vallonea) e per la frantumazione di lapides a vitro». Sugli aspetti dello sviluppo economico, più in profondità, si veda anche il volume a cura di GIOVANNI LUIGI FONTANA, L'industria vicentina dal Medioevo a oggi, Pado¬va, Cleup, 2004, in particolare il saggio di Edoardo Demo, Le manifatture tra medioevo ed età moderna, p. 21 e seguenti e quello di Francesco Vianello, Mercanti, imprese e commerci nel Cinque e Seicento, p. 187 e seguenti. il volume è pubblicato sotto l'egida della Camera di Com-mercio, Industria, Agricoltura e Artigianato di Vicenza e del Centro Studi sull'Impresa e il Patrimo,_) Industriale, sua emanazione.
 
(Di Lorenzo p. 9'10).
[[File:Mappa Dall'Acqua-1.jpg|thumb|Vicenza - Pianta di Vicenza di G.D. Dall'Acqua, 1711]]
 
E poco più di duecento anni dopo, Gaetano Maccà' ne[ 1815' con l,elettricità ancora di tà da Venire, aveva contato quattordici mulini nei 4oo metri detta roggia Verlata a Santorso
;Settecento
Uno dei primi interpreti del rinnovamento culturale nel Settecento fu [[Francesco Muttoni]], un "foresto" che veniva da Cima di [[Porlezza]] (Lugano) e, giunto a Vicenza dopo un viaggio a Roma in cui era stto influenzato dalle opere del Borromini, rimase affascinato dai palazzi palladiani. Compì estesi studi sulle opere del Palladio, che gli diedero la possibilità di traghettare Vicenza fuori dalle secche dello stile severo, proponendo un nuovo linguaggio che reinterpretava, secondo il gusto del tempo e dopo l’esperienza barocca, le soluzioni palladiane.
 
Nel 1596 a Vicenza c’erano oltre 100 mulini attivi per la lavorazione della seta, concentrati prevalentemente nell’area suburbana nei pressi di borgo Pusterla.
Il Muttoni esercitò la sua influenza sull’architetto veneziano [[Giorgio Massari]] quando questi, molto estroso e che difficilmente si rifaceva al Palladio, fu incaricato di progettare [[villa Cordellina]] di Montecchio Maggiore. Nel 1730 il Massari firmò il progetto della [[chiesa di San Filippo Neri (Vicenza)|chiesa di San Filippo Neri]] - dove la facciata è una rielaborazione dell’idea palladiana – chiesa che fu completata un secolo più tardi su progetto di [[Ottone Calderari]]. Nel 1750 costruì il [[palazzo Vecchia Romanelli]], un edificio costruito sull’antica cinta muraria altomedievale, caratterizzato dall’avere facciate su piani di livello molto diverso. La sua originalità sta nell’essere cerniera tra la città vecchia e il [[Borgo Porta Nova|Borgo di Porta Nova]]: in un contesto di valorizzazione del borgo, ad esso si rivolge la facciata più rilevante, mentre quella rivolta alla città è più sobria, più scamozziana.
 
La città pullulava di ruote idrauliche che davano movimento a mulini a martello per la concia dei pellami, a fucine per la lavorazione dei metalli, magli per battere il rame e il ferro, a seghe, a cartiere, a mole per affilare e per la macinazione di pietre e per la frantumazione di pietra e di vetro.
[[Enea Arnaldi]] rappresentò l'aspetto erudito e polemico della cultura illuminista vicentina; la sua notorietà è legata alle doti polemiche con cui, succedendo a [[Ottavio Bertotti Scamozzi]], egli condusse la difesa della [[Palladianesimo|tradizione palladiana]] a Vicenza.
 
Centinaia di altri mulini si trovavano nei paesi e nelle città dell’Alto vicentino e segnarono l’inizio dello sviluppo industriale.
[[Ottavio Bertotti Scamozzi]] fu uno dei più illuminati interpreti del palladianesimo nel Settecento, ma filtrato attraverso le lezioni dello Scamozzi e il suo sentire personale. [[Domenico Cerato]] fu attivo più in altre città venete che non a Vicenza.
 
Anche in seguito, l’acqua servì per far funzionare molte piccole centrali Idro elettriche e aziende, una trentina ancor oggi.
[[Ottone Calderari]], grande interprete del Settecento, forse più d’ogni altro si avvicinò al Palladio. Lavorò quasi esclusivamente a Vicenza, dove realizzò il palazzo Bonin in Borgo di Porta Nova, il palazzo Loschi Zileri Dal Verme in corso Palladio, il [[palazzo Cordellina]] in contrà Riale, l'opera 1774 più impegnativa nata da un'idea megalomane. Tra il 1776-78 si dedicò alla costruzione dellavilla Porto Casarotto ai Pilastroni, altra idea megalomane completata solo in parte; entrambe segno di una nobiltà esausta che ancora si illudeva nel momento in cui la [[Repubblica di Venezia]] era ormai alla fine.
 
Risorsa per lo sviluppo preindustriale
==Età contemporanea==
Poi uso energia diversa e sparizione dei mulini
=== Un nuovo modo di pensare città e territorio ===
Finite le guerre napoleoniche Vicenza, insieme con tutto il Veneto, passava sotto l'[[Impero austriaco]]. il ruolo della città, però, era ormai profondamente mutato rispetto a quello che aveva avuto durante quattro secoli trascorsi sotto il dominio della Serenissima: non era più quello di una piccola signoria di campagna, ma il capoluogo amministrativo di una provincia, più vasta di prima perché comprendente anche l'altopiano di Asiago.
 
=== Difesa della città ===
Era cambiata anche la classe sociale dominante: non più quell'aristocrazia cittadina di proprietari terrieri che [[Storia di Vicenza#Privilegiati dal privilegio|con i patti di dedizione]] si erano assicurati un insieme di privilegi nei confronti della campagna e si comportavano come signori del territorio, ma una classe emergente di imprenditori - molti dei quali residenti nella fascia pedemontana dell'alto vicentino, dove avevano creato le prime industrie tessili - e di commercianti che intendevano investire i proventi.
Fiumi e fossati attorno alle mura
 
Seriola. Da “ceriola” (scavo, canale). Vicino a Porta Santa Croce si divide in due rami principali: il primo corre attorno alle mura scaligere, gira intorno alla Rocchetta e finisce al giardino Salvi, il secondo entra nel quartiere dei conventi attorno a San Rocco in Porta Nova, scorre per contrà Cantarane e al ponte delle Bele si immette nel giardino Salvi. Da lì proseguea per Campo Marzo e passava intubata su ponte Furo e si infossava nel quartiere di Santa Caterina per gettarsi nel Bacchiglione prima dell’Isola.
Di conseguenza, le esigenze della città dal punto di vista urbanistico erano rapidamente cambiate. Se già nel Sei-Settecento erano stati aperti nuovi varchi nelle mura, agli inizi dell'Ottocento le esigenze di entrare e uscire dalla città per recarsi nel territorio - ma anche di snellire il traffico interno - si erano fatte sempre più pressanti.
 
Rio Merdarolo e Roggia Riello
La cinta murata, che per secoli aveva rappresentato la distinzione tra città e campagna, tra ricchezza e povertà, tra cultura ed ignoranza, tra centro del potere politico e religioso e sottomissione, perse del tutto il [Storia delle mura e fortificazioni di Vicenza#Il simbolismo del cerchio e delle mura|valore simbolico]] che aveva avuto per molti secoli. D'altronde le mura, le porte e i fossati non servivano ormai più alla difesa della città: la loro ormai accertata inutilità fece sì che non si curasse più la manutenzione di ciò che restava e così si aggiunse un ulteriore problema: il restauro diventava sempre più costoso e chi doveva prendere delle decisioni in proposito preferiva indirizzare i finanziamenti ad altre forme di sviluppo più congeniali ad una città moderna.
 
Fossato costruito a est canalizzava l’acqua che proveniva da Monticello Conte Otto.
Verso la metà del secolo la costruzione della ferrovia<ref>Il 15 gennaio 1846 fu inaugurata la Padova-Vicenza e il 5 luglio 1849 la Vicenza-Verona. Entrambi i tratti erano stati costruiti dalla Società delle strade ferrate lombardo-venete nel 1852 furono acquistati dallo Stato. v. ''Geografia storica moderna universale'', Napoli 1859, p. 576</ref> e del ponte di Santa Libera verso [[Monte Berico]] dilatarono la città verso sud rendendo anche psicologicamente obsoleta la cinta murata. [[Campo Marzo]], che fino ad allora era stato uno spazio esterno alla città, utilizzato per fiere, mercati, esercitazioni militari e perfino cimitero, dall'inizio dell'Ottocento divenne uno spazio urbano, oggetto di [[Campo Marzo#Epoca contemporanea|pubbliche progettazioni]]. Il [[santuario della Madonna di Monte Berico]], oltre che luogo di devozione, divenne la meta preferita delle passeggiate dei vicentini, che vi si recavano salendo sotto i portici costruiti qualche decennio prima da [[Francesco Muttoni|Muttoni]].
 
=== Conservatorismo asburgicoTrasporti e normalizzazioneusi commerciali ===
Porto di Vicenza (trasporti da nord e da sud) e piazza dell’Isola.
Fatta eccezione per l'area a sud della città, la prima metà del XIX secolo non vide la realizzazione di opere pubbliche così importanti da saper rispondere alle nuove esigenze; forse le uniche costruzioni notevoli - i decreti napoleonici sul seppellimento erano stati mantenuti anche dall'impero austriaco - furono quelle del [[Cimitero Maggiore di Vicenza|Cimitero maggiore]] e del [[Cimitero acattolico di Vicenza|Cimitero acattolico]], istituzioni cittadine ma, per definizione, poste fuori dalla città.
 
Nel 1406 i vicentini chiesero al doge, dopo la dedizione a Venezia, di poter costruire il porto vicino al distrutto castello.
Ben poco si fece, invece, per sistemare e utilizzare l'enorme patrimonio costituito dai monasteri e dai conventi che erano stati demanializzati durante l'occupazione francese e ora erano di proprietà del Comune. A parte la sistemazione della piazza del Duomo, con la costruzione del [[Palazzo delle Opere sociali|Casino nuovo (ora palazzo delle opere sociali]]) e il rifacimento del [[Palazzo vescovile (Vicenza)|palazzo vescovile]], databili al primo ventennio, l'unica costruzione ecclesiastica è quella imponente del Seminario, anch'essa come i due cimiteri, posta nel [[Borgo Santa Lucia (Vicenza)|borgo Santa Lucia]] in aperta campagna.
 
Il porto di Vicenza era situato vicino alla confluenza dei due fiumi vicino al ponte delle Barche - o meglio da Santa Caterina in Porto - da lì si estendeva fino alla piazza dell’Isola (che nel 1867 fu dedicata a Vittorio Emanuele II, nel 1944 ai Balilla, dopo la liberazione a Matteotti).
Per il resto, solo modesti interventi di conservazione, di bonifica e normalizzazione, molti dei quali diretti da [[Bartolomeo Malacarne]].
 
In questa zona avevano grande importanza i burchi o burci, imbarcazioni tipiche diverse da quelle veneziane, perché quelle vicentine erano chiatte, quasi zattere. Percorrendo il fiume controcorrente non procedevano a remi ma erano tirate da cavalli. Il loro compito era quello di portare a terra i carichi delle navi che arrivavano da Venezia a cominciare dal pesce e terminare con tessuti, spezie e qualunque altra merce.
===L'apertura della città e lo sviluppo dei borghi===
{{vedi anche|Storia delle mura e fortificazioni di Vicenza#Lo smantellamento delle fortificazioni|Storia dei fiumi di Vicenza#Epoca contemporanea}}
Nel Novecento, poi, si aggiunse un traffico veicolare sempre più intenso, per cui le antiche porte risultarono del tutto insufficienti.
 
Per fare questo c’era bisogno di un sistema di scarico. Esso avveniva nelle piarde, un rialzo esteso tra le mura e il fiume per accumulare il materiale portato dall’acqua. Le barche accostavano e grazie a un argano, i colli superavano il dislivello dalla riva :e era una specie di magazzino all’aria aperta.
Nel secondo dopoguerra, quando la città si espanse enormemente con la creazione di nuovi quartieri residenziali, una miriade di piccole e medie imprese sparse sul territorio, una rete viaria intasata dal traffico che richiedeva tratti di circonvallazione sempre più esterni, le antiche mura divennero solo un ricordo, un reperto per chi si sentiva legato ad un passato che non esisteva più, a malapena tollerato da chi ormai proiettava i propri interessi verso la modernità.
 
Contrà Burci era il luogo dove si fabbricavano queste imbarcazioni.
Alla fine del [[XVIII secolo|Settecento]] la situazione della rete idrica in città si stava notevolmente modificando. La roggia Seriola non riusciva più ad assolvere alle sue funzioni, come nei secoli precedenti, per le troppe derivazioni e l'incuria nella manutenzione<ref>{{cita| Sottani, 2012| pp. 193-97}}</ref>.
 
La florida attività del porto fluviale di Vicenza è testimoniata tra l’altro dall’esistenza di una confraternita di “padroni di barca”, la cui matricola è conservata alla biblioteca Bertoliana.
Nell'[[XIX secolo|Ottocento]], con l'avvento del [[Motore a vapore|vapore]], cambiarono radicalmente le modalità di comunicazione e la natura stesso dei traffici. Non più utili per i trasporti e poco per la forza motrice che azionava i mulini, l'importanza dei fiumi fu limitata all'approvvigionamento idrico e semmai furono più evidenti i problemi che essi creavano con le frequenti esondazioni. La città d'altronde si espandeva ulteriormente, la costruzione della ferrovia modificava antichi tracciati, si allargavano ove possibile le strade, durante gli anni ottanta vennero sostituiti i due antichi ponti degli Angeli e di S.Paolo, gli unici che in epoca romana davano accesso alla città e ormai non erano più adeguati alle esigenze moderne.
 
=== La pesca ===
Tra il [[1870]] e il [[1880]], per ridurre il pericolo delle esondazioni in città, l'acqua del Bacchiglione fu fatta scorrere in un canale artificiale (parallelo al corso del Retrone lungo viale [[Antonio Giuriolo|Giuriolo]]) e la confluenza dei due fiumi fu spostata più a sud, all'inizio della [[Strada statale 247 Riviera|Riviera Berica]], di fronte alla chiesetta di S. Caterina in Porto<ref>{{cita libro | F. Barbieri e | R. Cevese | Vicenza, ritratto di una città| | | }}, p. 28</ref>.
==== I fiumi della città ====
La pesca nel Retrone era già nota nei tempi dell’antica Roma, quando lo scrittore latino Eliano, vissuto tra il 170 e 230 d.C., diceva che: “nelle acque dell’Ereteno si trovano anguille grossissime e di gran lunga più grasse di quelle degli altri fiumi” e poi spiegava come si catturano.
 
Anche nei secoli successivi nelle acque dei due fiumi di Vicenza si pescava ottimo pesce; ne parla lo storico [[Francesco Barbarano de' Mironi]] nel XVII secolo: “Produce una grande quantità di preziosissimi pesci, massime da gamberi e anguille, le più stimate the tutta l’Italia, come diversi autori scrivono”. Alla fine dell’Ottocento il naturalista [[Paolo Lioy]] contava 23 specie di pesci presenti nelle acque del Basso vicentino.
Negli anni trenta del [[XX secolo|Novecento]] fu interrato il ramo antico della Seriola, quello che attraversava il quartiere di Porta Nova; nel 1935, in previsione dei lavori che avrebbero ristrutturato tutta la Piarda, fu interrata la Fossetta oltre ponte Furo, tolto il ponte canale e ripristinato lo scarico nel Retrone. Fino agli anni sessanta, il ramo della Seriola che scorreva a cielo aperto lungo viale Trento e viale Mazzini assicurava ancora acque pulite e fresche ai Giardini Salvi. Nel 1973, però, anche questo tratto fu coperto e il tombinamento ridusse la portata della roggia fino al punto da non garantire più il ricambio d'acqua ai Giardini. Così, alla fine del decennio, il percorso della Seriola fu nuovamente deviato e riportato a confluire nel Bacchiglione a nord della città.
 
La pesca durò fino agli anni settanta del Novecento; vi sono fotografie che ritraggono i pescatori con la lenza affacciati a ponte Pusterla e sul ponte degli Angeli ancora in questi anni.
Purtroppo, a causa della notevole urbanizzazione del dopoguerra, anche molti altri fossati e canali di scolo sono stati chiusi o intombinati e larghe aree di terreni una volta agricoli si sono trasformate in zone industriali, finendo per convogliare il deflusso delle acque, che dalla cerchia delle montagne e delle colline vicentine giungono in pianura, solo nei fiumi principali.
 
==== Il lago di Fimon ====
Borgo Pusterla
[[Immagine:Esox lucius1.jpg|thumb|left|Il luccio (''[[Esox lucius]]''), una delle specie ittiche presenti nel lago.]]
 
Il lago di Fimon presenta fondo melmoso e vegetazione abbondante, caratteristiche che, unite alla scarsa profondità, lo rendono un habitat adatto ai [[ciprinidi]].
Borgo Berga e Campo Marzo
 
In particolare le specie [[pesci (biologia)|ittiche]] presenti da lungo tempo (almeno dal [[1887]], anno cui risale lo studio del [[Tarassi]]) sono: la carpa (''[[Cyprinus carpio]]''), la tinca (''[[Tinca tinca]]''), il luccio (''[[Esox lucius]]''), la scardola (''[[Scardinius erythrophthalmus]]''), l'anguilla (''[[Anguilla anguilla]]''), la savetta (''[[Chondrostoma soetta]]'') e la lasca (''[[Chondrostoma genei]]'').
Borgo Santa Lucia
 
La popolazione ittica attuale è differente, dal momento che sono apparse nuove specie e ne sono scomparse altre: tra queste la lasca e la savetta, tra le prime il persico trota (''[[Micropterus salmoides]]''), il persico sole (''[[Lepomis gibbosus]]''), il persico reale (''[[Perca fluviatilis]]'') e il pesce gatto (''[[Ictalurus melas]]''). Dall'inizio degli [[anni 1980|anni ottanta]] è presente anche l'abramide (''[[Abramis brama]]''), specie originaria del centro-est europeo.
==== Gli architetti dell'epoca contemporanea====
;Ottocento
[[Bartolomeo Malacarne]] Visse ed esercitò la sua attività di [[architetto]] e [[urbanista]] sempre nella città di Vicenza, durante il periodo in cui la città era soggetta al [[Regno Lombardo-Veneto]], a sua volta integrato nell’[[Impero austriaco]], cui sentiva lealmente di appartenere<ref>{{cita| Barbieri, 1993| p. 31}}</ref>.
 
Oltre all’inquinamento alcune specie sono state distrutte dall’importazione del vorace gambero della Louisiana o dai voracissimi e immangiabili siluri.
Ultimo interprete del [[palladianesimo]], si occupò del rifacimento di diversi complessi più antichi in forme [[neoclassico|neoclassiche]] (per questo molto criticato dal Barbieri, che lo definisce "ostinato seguace del Calderari nel sogno della città totalmente e solo classicheggiante e palladiana, nulla rispettando che si opponesse al suo proposito di moralizzazione")<ref>{{cita| Barbieri, 2004| p. 145}} </ref>.
 
==== Laghetti artificiali per la pesca ====
Quando nella primavera del 1816 il Comune decise di aprire il parco di [[Campo Marzo]] a pubblico passeggio in onore di [[Francesco II d'Asburgo-Lorena|Francesco d’Austria]], egli progettò lo spazio e previde, tra l’altro, la creazione di un ampio stradone centrale - quello che fu poi chiamato viale Dalmazia o, nel linguaggio corrente, viale dei Platani - che portava dall’arco trionfale del Revese fino al fiume [[Retrone]] dove, nel 1823, fu costruito il nuovo ponte di Santa Libera per raccordare il viale ai portici del [[Francesco Muttoni|Muttoni]] che portavano al [[Santuario di Monte Berico]]<ref>{{cita| Giarolli, 1955| p. 136}}</ref>.
 
=== Le piscine ===
Sempre in Campo Marzo, il Malacarne progettò il Caffè Moresco – distrutto durante l’ultima guerra mondiale - che risentiva del gusto esotico allora di moda - e si occupò del restauro dell’arco trionfale seicentesco del Revese che nel 1838, in occasione del ripristino della Fiera d’agosto, concesso da [[Ferdinando I d'Austria |Ferdinando d’Austria]], completò con un prospetto esterno secondo canoni neoclassici<ref>{{cita| Barbieri, 2004| pp. 144, 150, 247-48}}</ref>.
Nella pagina occonto, bombini vicentini che nuotano in una
rud i m e ntale p i sci n o ri cav ata nel Bocchiglione. La foto è di Vajenti, scattata negli anni Trenta. A Port1 S1nta Croce,
nel t9o9, vicino al torrione scaligero, fu inaugurata la prima piscina di VÌcenza. Come ricorda Wolter Stefani, si voleva evit1re l0 sconvenÌente visione di numerosi nuotatori che si dilettavano a fare Ìl bagno lungo i corsi d'acqul cittldini, Asti ch e I lo, Bocch ig li o n e e Retrone, ilpiu delle volte completamente nudi, <offendendo in tal guisa il comune senso del pudore>. La grande vasca per Ìl nuoto era lunga zB metri, largo S,za e profonda, nel punto massimo, 2 metri e mezzo. La piscina richiamva anche z.8oo persone al giorno. Molti si lomentovono nor l'nrnttn rho nrrivnvn direttamente da[ fiume, che era troppo fredda anche con lo calura estiva. La piscina di porta Sant0 Croce lu distrulto dai bombardamenti alleati nel 1944. Di Lorenzo p. 9.
 
=== Le acque termali ===
Il suo progetto più importante, quello che lo fece ricordare stabilmente alla città, fu la realizzazione del [[Cimitero Maggiore di Vicenza]], iniziato nel 1816.
Recoaro
 
=== Valorizzazione dell'ambiente ===
Giacomo Verda
==== Ville patrizie ====
Palazzo vescovile
Villa Capra La Rotonda, di fronte al Bacchiglione
 
Ville lungo l'Astichello
;Novecento
=== Lo sviluppo urbanistico del Novecento ===
==== I piani regolatori della prima metà del secolo ====
{{vedi anche|Borgo Pusterla#Lo sviluppo urbanistico di Borgo Pusterla}}
 
==== Parco Querini ====
[[File:Vallardi Pusterla.jpg|thumb|Nella ''Mappa di Vicenza dell'Atlante Vallardi'' del 1880 si può notare come, a quella data, tutta l'area a nord-ovest di contrà San Francesco e San Bortolo era quasi priva di costruzioni e coltivata.]]
==== Grotte di Oliero ====
 
==== Contrà Pria ad Arsiero ====
Nel 1907 il Comune acquistò - nella parte nord-est del Borgo, il terreno per creare un nuovo quartiere di case popolari. Il progetto iniziale, a cominciare dall'acquisto delle aree ''ex Zorzi'', avrebbe dovuto essere sostenuto, dal punto di vista sia imprenditoriale che finanziario, dall'impegno congiunto pubblico e privato, mentre alla fine fu realizzato dal solo Comune, che ne sostenne l'onere e affidò l'intervento all'[[Azienda speciale]] municipalizzata. L'intervento viene considerato il primo qualificato piano urbanistico ed edilizio della prima metà del Novecento a Vicenza<ref>{{cita| Soragni, 1988| pp. 49-51}}</ref>.
Contrà Pria è una contrada di poche casette persa tra i monti dell'alto vicentino, il luogo è molto suggestivo per la serie di canyon scolpite dal torrente astico nel corso dei secoli.Un posto ideale per trascorrere una domenica di sole tra acque cristalline e natura incontaminata. Potrebbe interessarti: http://www.vicenzatoday.it/cronaca/un-oasi-di-fresco-in-contra-pria-ad-arsiero-come-arrivare.html
 
Nei pressi del paese di Arsiero, cittadina in provincia di Vicenza, si trova la zona di Contrà Pria, piccolo borgo di poche case, che rappresenta senza dubbio una delle località più affascinanti e caratteristiche della Valle dell'Astico: qui infatti l’acqua ha formato lungo il greto del torrente, nel corso dei millenni, una stretta gola rocciosa, con suggestivi paesaggi e viste mozzafiato in una natura quasi incontaminata. Durante la maggior parte dell'anno la zona è deserta e quasi disabitata, ma nel periodo estivo la vallata si anima e le spiaggette si popolano degli abitanti dei paesini vicini, attirati dalla possibilità di fare il bagno e prendere il sole... e non solo: nonostante i numerosi incidenti e l'ordinanza comunale che vieta i tuffi dal ponte e dalle rocce a picco, sono sempre numerosi coloro che vogliono provare l'ebbrezza di un volo da 10 metri nelle fredde acque del torrente<ref>[http://www.2000sub.org/articoli/arsiero.html]</ref>.
Occupando tutta la vasta area che va da contrà San Bortolo a viale D'Alviano, fu creata una trama di strade a raggiera, che confluivano su una nuova piazza triangolare (l'attuale piazza Marconi); nel 1909 erano stati costruiti 42 nuovi alloggi e nel 1911 altri 8, mentre - mancando il sostegno dei finanziatori privati - non furono realizzati i servizi sociali previsti dal progetto, come l'ambulatorio medico, la casa dei bambini con doposcuola e il laboratorio femminile. Oltre alle strade interne, ricorrendo a modesti sventramenti degli edifici esistenti, furono create le due nuove vie di accesso alla strada principale del Borgo<ref>Via fra Paolo Sarpi, che si collegava a via Santa Maria Maddalena e via Torquato Tasso che si collegava a contrà San Bortolo</ref>.
 
==== Parco dell'amicizia a Tezze sul Brenta ====
Una realizzazione particolare fu il cosiddetto ''casermone''. Ideato dall'ingegnere Nicolò Secco, era costituito da quattro blocchi residenziali disposti intorno a un grande cortile rettangolare; rappresentava una soluzione innovativa - anche se tratta dai severi modelli della cultura asburgica - finalizzata a costruire case popolari all'interno della città, dove bisognava sfruttare al meglio i terreni, ormai divenuti molto costosi<ref>{{cita| Soragni, 1988| pp. 57-58}}</ref>.
==== [[Ciclopista del Brenta]] ====
Pista ciclabile, di 70 km che attraversa la Valsugana ed il canale di Brenta seguendo il corso del fiume; l'itinerario ricalca parte dell'antica [[via Claudia Augusta]].
 
==== [[Parco Civiltà delle Rogge]] ====
Nel 1911 il quartiere era completato e le nuove vie vennero intitolate a illustri scienziati italiani<ref>Una di queste strade fu intitolata a [[Emanuele Filiberto I di Savoia|Emanuele Filiberto]], Principe di [[casa Savoia]] che nel 1566 era venuto a Vicenza, ospite dei fratelli Giovanni e Guido Piovene nella loro sfarzosa casa all'Isola presso il porto delle barche. La strada fu reintitolata ad [[Alessandro Volta]] con una deliberazione del Commissario prefettizio nel marzo 1944 quando, in seguito agli avvenimenti dell'8 settembre 1943, fu dato l'ordine di "sostituire tutti i toponimi riferentisi a personaggi di [[casa Savoia]], anche se da tempo scomparsi" {{cita| Giarolli, 1955| pp. 538, 542-43, 606}}</ref>. Un tronco dell'antica strada di circonvallazione - ottenuta dal riempimento della fossa delle fortificazioni progettate nel Cinquecento da [[Bartolomeo d'Alviano]], fu intitolato al condottiero e segnò il limite moderno del quartiere.
 
==== Il laghetta Lumera di Asiago ====
Durante il [[ventennio fascista]], a nord di viale D'Alviano furono costruiti nuovi lotti di case popolari: dapprima, negli anni venti, le ''case rosse'' fuori porta San Bortolo (l'attuale quartiere di San Bortolo); in un secondo tempo, a metà degli anni trenta e spostato più a ovest quello che fu chiamato Quartiere dei Savoia, dopo la guerra Quartiere dell'Unità d'Italia e infine, dopo la creazione della parrocchia, Quartiere San Paolo<ref>{{cita| Giarolli, 1955|pp. 138, 608, 614, 631-32}}</ref>.
Dal centro di Asiago una strada pedonale sterrata, fiancheggiata da "laste" in marmo di Asiago (antiche recinzioni risalenti all’epoca dei Cimbri) e da un filare di pioppi che la ombreggiano, conduce, attraversando un’ampia valletta, al laghetto naturale.
 
Lungo il percorso, per i più attenti è facile riconoscere un gran numero d’erbe officinali e, per i più fortunati, è possibile imbattersi in incontri con qualche animale selvatico.
Nel luglio del 1940, in seguito a una deliberazione [[Podestà|podestarile]], contrà San Marco fu ridedicata al [[quadrumviro]] fascista [[Italo Balbo]], con la motivazione che "mentre la denominazione di San Marco non traeva le proprie origini da alcun particolare avvenimento di interesse storico nazionale, ma dal semplice fatto che ivi esisteva una delle sette cappelle cittadine, nella contrada aveva sede la [[Fasci di combattimento|Federazione dei fasci di combattimento]], motore dell'attività politica vicentina" (si trattava del palazzo Folco Franceschini, durante il ventennio la [[Casa del Fascio]] più grande d’Italia). Nel dicembre 1945 la Giunta municipale del [[CLN]] soppresse questo toponimo ripristinando quello precedente<ref>{{cita| Giarolli, 1955|p. 590}}</ref>.
 
Il laghetto, circondato da una corona di pini, è attrezzato con numerose panchine in legno, un parco giochi per bambini e un bar; nel laghetto si può praticare la pesca sportiva<ref>[http://www.asiago.to/it/pagina.aspx?idPage=66]</ref>.
====Lo sviluppo urbanistico di Borgo Berga e di Monte Berico====
Durante il [[Italia fascista|periodo fascista]] si ebbe il completo riassetto della Piarda con la concentrazione nell'area di alcune scuole (l'Istituto Magistrale "A.Fogazzaro", la Scuola elementare "Trevisan") e degli edifici dell'Opera Nazionale Maternità e Infanzia, della Palestra "Umberto I", della [[Gioventù Italiana del Littorio]] (GIL) e il campo per attività sportive lungo il Retrone. L'11 novembre del [[1944]] in località Ponte dei Marmi, ora intitolato viale Dieci Martiri, i nazifascisti fucilarono per rappresaglia dieci giovani vicentini prelevati dalle carceri di Padova.
 
==== Parco delle Sorgenti di Dueville ====
Il piazzale della Vittoria
E' un'area di circa 26 ettari all'interno dei territori dei Comuni di Villaverla e di Dueville, riconosciuta come uno degli ambienti naturalistici di maggior pregio della Provincia, che deve la sua importanza alla presenza, al suo interno, di un fitto reticolo di canali e risorgive che generano e alimentano il Bacchiglione. Tale area, fatta di ambienti tipici delle zone umide, di siepi e alberi ripariali, nonché di bosco planiziale, rientra, proprio per la sue peculiarità, all'interno della Rete ecologica comunitaria denominata "Natura 2000", giacché in tale zona ricadono il sito "Bosco di Dueville" e il sito "Bosco di Dueville e risorgive limitrofe"<ref>[http://www.fondazioneculturarurale.it/Centri%20didattici/Bosco%20di%20Dueville.html Fondazione per la cultura rurale]</ref>.
Fino al 1920 dalla gradinata della basilica non si aveva la vista della città, nascosta da un dosso piuttosto alto, esistente laddove oggi vi è il piazzale della Vittoria; l'antica aspirazione dei vicentini, di dare alla chiesa un più ampio respiro e di poter spaziare con lo sguardo oltre questa barriera sulla sottostante città, non era mai stato realizzato per l'enorme costo che lo sbancamento avrebbe comportato.
 
Negli anni sessanta l’area era colonizzata da cicogne, che man mano sono andate a scomparire prima di farsi rivedere nel territorio solo negli ultimi anni, grazie ad alcuni progetti specifici. Ogni anno nelle campagne vicentine transitano e si fermano quindi diversi esemplari di cicogna bianca, ma l’ultimo caso accertato di nidificazione spontanea risale a una decina di anni fa in zona Schiavon. Proprio nel periodo della migrazione, che va da maggio a giugno, 4 coppie di animali si sono fermate nei paraggi per circa una settimana, secondo gli esperti per cercare un sito idoneo per nidificare. Per questo si è deciso di installare un nido di diametro di circa 120 cm in metallo, rivestito con fronde di salice, posizionato sul piedistallo sopra alla cabina dell’ENEL dismessa. Non solo, sono state posizionate due sagome a grandezza naturale al fine di richiamare eventuali esemplari di passaggio, nella speranza che qualcuno di loro lo trovi idoneo per la deposizione delle uova. <ref>[http://www.acquevicentine.it/it/azienda/news/2017/dueville-nel-parco-delle-sorgenti-del-bacchiglione-arriva-un-nido-per-cicogne Acque Vicentine]</ref>
Questa intenzione poté concretizzarsi dopo la fine della [[prima guerra mondiale]], quando si costituì un Comitato cittadino per dare corpo al comune sentimento di riconoscenza verso i caduti con la costruzione di un'opera grandiosa e solenne, che fu individuata, appunto, nella creazione di un piazzale sul quale poi costruire un qualche monumento commemorativo, un [[arco trionfale]] o un'ara.
 
==== Il "Laghetto" di Altavilla Vicentina ====
Il Comune se ne assunse l'onere, un gigantesco sforzo economico a quel tempo - alla fine fu quantificato in 5 milioni milioni di lire - ma ne ricavarono un discreto beneficio anche quelle masse di operai che altrimenti, nell'immediato primo dopoguerra, non avrebbero trovato altra occupazione.
Oasi naturale di 70 mila metri quadrati di cui 25 mila occupati da un laghetto artificiale. Si tratta di uno splendido esempio di recupero di un’ex cava di basalto abbandonata da anni lungo via Tovo.
 
Il progetto ha previsto la tutela di una zona paesaggistica immersa nel verde e dominata dal laghetto in cui prolifera la vegetazione creando un habitat ideale per la nidificazione della fauna volatile (cigni bianchi e neri, oche, anitre).
L'opera comportò la demolizione di 120.000 metri cubi di roccia, parte della quale fu trasportata sul declivio del monte verso settentrione; ne risultò un piazzale, largo in media 60 m. e con un'area complessiva di 6600 m²; alla fine piacque tanto che non si senti più il bisogno di collocarvi un ulteriore monumento. Sul lato occidentale trovò posto il monumento ai caduti del 1848, dello scultore [[Antonio Tantardini]]; di fronte venne murata una lapide di marmo con il Bollettino della Vittoria del 1918. Il piazzale fu solennemente inaugurata da [[Benito Mussolini]] il 24 settembre 1924<ref>{{cita|Giarolli, 1955| pp. 539-41}}</ref>. È inserito nella lista dei [[monumenti nazionali]].
Attorno al parco corre un percorso panoramico arricchito da nuove piante e da alcune panchine<ref>[http://laghettoaltavilla.altervista.org/]</ref>.
 
==== Risorgive della Seriola e Boja delle Maddalene ====
<gallery widths=160px mode="packed">
L’area delle Risorgive della Seriola è costituita da un sistema di polle anastomizzate coperte da un boschetto igrofilo, collegata alla Boja delle Maddalene, bacino in parte di origine artificiale originatosi a seguito della realizzazione di uno sbarramento, con una formazione di Ontano comune di buon grado di naturalità, inframezzate da una roggia con acqua corrente<ref>[http://www.arpa.veneto.it/rete-ea//retedamb_area.php?id=461 ARPA Veneto]</ref>.
File:Vicenza panorama Monte Berico 19-10-08.jpg|Panorama di Vicenza visto dalla balconata di piazzale della Vittoria
File:Vicenza Monte Berico Panorama-1.JPG|Panorama della città
File:Vicenza Monte Berico Panorama-7.JPG|Panorama della città verso nord-est
File:Vicenza Monte Berico Panorama-8.JPG|Panorama della città verso nord-ovest
</gallery>
 
V. "L'acqua di Vicenza" https://maddalenenotizie.files.wordpress.com/2011/10/lacqua-di-vicenza.pdf
Nel corso della prima metà del Novecento - sul terreno a gradoni prima coltivato a vigneto, come in un immenso anfiteatro aperto sulla città - tutto il versante nord del monte compreso tra il percorso delle Scalette e quello dei Portici e delimitato in alto da Viale Massimo d'Azeglio fu occupato da un nuovo quartiere di ville signorili e di case di civile abitazione, costruite con stili anche molto diversi tra di loro. È attraversato da due strade in salita, viale Dante e via Petrarca, alle quali il nome venne dato con deliberazioni comunali nel 1911<ref>{{cita|Giarolli, 1955| pp. 141, 341}}</ref>.
<gallery mode="packed">
File:Vicenza Monte Berico Panorama-10.JPG|Il quartiere novecentesco di Monte berico
File:Vicenza Monte Berico Istituti religiosi-1.JPG|Istituti religiosi su Monte Berico
File:Vicenza Monte Berico Istituti religiosi-3.JPG|Istituti religiosi su Monte Berico
</gallery>
 
==== L'architetturaOasi deldi ventennio fascistaCasale ====
L'Oasi degli stagni di Casale “Alberto Carta”<ref>Giovane vicentino (1962-1992) fisico ed alpinista che, insieme ad altri attivisti del WWF, si era fortemente impegnato alla progettazione ed alla realizzazione dell'Oasi</ref> è stata istituita dal Comune di Vicenza nel 1998 su iniziativa del [[WWF]] che, da allora, gestisce l’area.
==== La ricostruzione del secondo dopoguerra e l'espansione della città ====
 
L’insieme di stagni e di aree umide che compongono l’Oasi è il risultato della passata attività di escavazione dell’argilla che con il suo termine, alla fine degli anni settanta, ha creato i presupposti per una progressiva colonizzazione da parte della vegetazione caratteristica delle zone umide di pianura e dell’avifauna, [[ardeidi]] in particolare.
 
Negli anni, gli interventi promossi dal WWF, oltre a realizzare strutture per la ricezione dei visitatori, hanno ulteriormente contribuito ad esaltare la diversificazione ambientale dell’Oasi creando una riva idonea agli uccelli limicoli, rinaturalizzando alcune sponde verticali, realizzando un’area rimboschita con specie caratteristiche del bosco planiziale della pianura padana, ricavando nuovi stagni per gli anfibi e controllando l’evoluzione di un’area prativa.
====Lo sviluppo urbanistico di Borgo Santa Lucia====
 
Oggi i 24 ettari dell’Oasi rappresentano una delle poche zone umide della pianura padana, non solo vicentina, e rivestono, pertanto, una notevole importanza sia per la tipica vegetazione palustre, che per la fauna, riccamente rappresentata da invertebrati e anfibi, ma anche da uccelli e mammiferi, alcuni dei quali a rischio di estinzione e protetti dalle norme europee in merito.
=== Problemi e realizzazioni del secondo millennio===
===Gli anni Duemila===
==== i piani regolatori del primo Novecento ====
{{vedi anche|Borgo Berga#Anni Duemila}}
Negli anni più recenti alcuni interventi edilizi di grande rilievo hanno modificato notevolmente l’aspetto, la viabilità e la stessa vivibilità del Borgo.
 
L’Oasi è infatti sito di importanza comunitaria e zona di protezione speciale (ai sensi delle direttive 92/43/CEE "Habitat" e 79/409/CEE "Uccelli") costituendo, pertanto, uno dei nodi della Rete Natura 2000, il principale strumento della politica dell'Unione Europea per la conservazione della biodiversità.
Nell’area compresa tra viale Margherita e il fiume Bacchiglione nel 2009 sono stati ultimati i lavori per la costruzione di un grande edificio, costituito da tre corpi paralleli con aule, sale riunioni e uffici, laboratori e biblioteca, in cui ha sede il Polo universitario di Vicenza delle [[Università degli Studi di Verona]] e di [[Università degli Studi di Padova|Padova]]<ref>{{cita web| http://www.univi.it/|Università a Vicenza|2 ottobre 2012}} e {{cita web| http://www.comune.vicenza.it/cittadino/scheda.php/42728,46065|Università|2 ottobre 2012}}</ref>.
 
L’Oasi è anche sede di un Centro di educazione ambientale WWF che organizza laboratori didattici per le scuole e per i visitatori.
All’altro capo del Borgo, nel 2004 è stata ristrutturata l'antica struttura del convento di San Silvestro che oggi ospita appartamenti destinati agli studenti universitari e altri alloggi dell’ESU<ref>{{cita web| http://www.univi.it/COMUNE/alloggi.htm|Residenza universitaria “San Silvestro”|2 ottobre 2012}}</ref>.
Durante l’estate nell’Oasi vengono organizzati i centri estivi.
 
Periodicamente, inoltre, presso il centro visite sono organizzati corsi a tema ambientale, conferenze e mostre<ref>[http://www.comune.vicenza.it/cittadino/scheda.php/42706,45947 Sito del Comune di Vicenza]</ref>.
Nella vasta area compresa tra il Bacchiglione ed il Retrone prima della loro confluenza, in precedenza occupata dall'ex cotonificio "Rossi", invece, è stata ultimata nel 2010 la costruzione, iniziata nell'estate del 2006, del nuovo [[Vicenza#Nuovo Tribunale e nuovo quartiere borgoberga|Palazzo di Giustizia]] di Vicenza, intitolato al senatore [[Ettore Gallo]]. La struttura è destinata ad accogliere tutti gli uffici e le attività connesse ancora funzionanti nella sede di Santa Corona e quelli del Tribunale di [[Bassano del Grappa]]. Contestualmente al Tribunale sono stati realizzati nuovi edifici (in corso di ultimazione ad aprile 2013) sia direzionali/commerciali che residenziali, con un parcheggio da 500 posti auto.
 
==== Parco Retrone ====
La nuova ubicazione del Palazzo di Giustizia ha suscitato molte critiche, sia di tipo urbanistico che funzionale e paesaggistico-ambientale<ref>{{cita web| http://www.ladomenicadivicenza.it/a_ITA_2040_1.html|Luca Faietti, Domenica Vicenza.it del 1 maggio 2010|2 ottobre 2012}}</ref>; i problemi di traffico e di viabilità hanno provocato le proteste degli abitanti del Borgo, con la costituzione di un Comitato ad hoc<ref>{{cita web|http://comitatoborgoberga.blogspot.it/|Dossier|2 ottobre 2012}}</ref>.
{{Parco
|nome = Parco Retrone
|immagine = Vicenza 22 04 Retrone003.jpg
|didascalia =
|tipo = parco pubblico
|indirizzo = zona sant'Agostino-Ferrovieri
|città = [[Vicenza]]
|paese = ITA
|dimensioni = 40.000 km²
|inaugurazione = [[1999]]
|entegestore =
|apertura = sempre aperto
|ingressi = via Caregaro Negrin, via Meldolesi, via Malvezzi, via Carta
|architetto =
|ingegnere =
|appaltatore =
|costruttore =
|proprietario = Comune di Vicenza
|sitoweb =
|note =
}}
 
[[File:Inverno al Parco Retrone.jpg|thumb|right|Inverno al Parco del Retrone - Foto del Maestro Giorgio Vezzaro.]]
== Note ==
{{references|2}}
 
Nel quartiere di S. Agostino/Ferrovieri di [[Vicenza]] lungo la sponda sinistra del Retrone è stato ricavato un grande parco fluviale di 40&nbsp;000&nbsp;m², chiamato appunto "parco Retrone". In quest'area verde attrezzata vengono annualmente organizzate varie manifestazioni, tra le quali Ferrock e [[Festambiente]] Vicenza.
== Bibliografia ==
 
Il parco sul fiume Retrone è radicato da tempo nella storia del quartiere dei Ferrovieri. È nato e si è costituito in modo diverso dal solito: nella città di Vicenza rappresenta la prima esperienza di costruzione e gestione partecipata di un parco pubblico attrezzato.
;Testi utilizzati:
* {{cita libro|titolo=Illuministi e neoclassici a Vicenza|autore=Franco Barbieri|id=|editore= Accademia Olimpica|città=Vicenza|anno=1972|cid= Barbieri, 1972}}
* {{cita libro|titolo=Cartografia e immagini di Vicenza cinquecentesca e palladiana|autore=Franco Barbieri|id=|editore= Collana Carnet del turista (E.P.T.), Tip. Rumor|città=Vicenza|anno= 1980 |cid= Barbieri, 1980}}
* {{cita libro|titolo=L'immagine urbana dalla Rinascenza alla Età dei Lumi, in ''Storia di Vicenza III/2, L'Età della Repubblica Veneta''|autore=Franco Barbieri|id=|editore= Neri Pozza editore|città=Vicenza|anno= 1990 |cid= Barbieri, 1990/1}}
* {{cita libro|titolo=Tra Neopalladianesimo e Neoclassicismo, in ''Storia di Vicenza'', IV/2, L'Età contemporanea|autore=Franco Barbieri|id=|editore= Neri Pozza editore|città=Vicenza|anno= 1990 |cid= Barbieri, 1990/2}}
* {{cita libro|autore=Franco Barbieri|autore2= Renato Cevese|titolo=Vicenza, ritratto di una città|id=ISBN 8890099070|editore= Angelo Colla editore|città=Vicenza|anno=2004|cid=Barbieri, 2004}}
* {{cita libro|autore=Franco Barbieri|autore2= Mario Michelon |titolo=Palazzo Trissino Baston, sede municipale|città=Vicenza|anno= 2005 |cid=Barbieri, 2005}}
* {{cita libro|titolo=Vicenza: la cinta murata, 'Forma urbis' ''|autore=Franco Barbieri|id=|editore= Ufficio Unesco del Comune di Vicenza|città=Vicenza|anno= 2011 |cid= Barbieri, 2011}}
* Daniele Meledandri, ''Vicenza nuova: La difficoltà della scena urbana', in ''Storia di Vicenza IV/2, L'Età contemporanea'', Neri Pozza editore, 1990
* Ugo Soragni, ''Architettura e società dall'Ottocento al nuovo secolo: Palladianisti e ingegneri (1848-1915)'', in ''Storia di Vicenza IV/2, L'Età contemporanea'', Neri Pozza editore, 1990
 
Nel 1997 l'Amministrazione Comunale ha istituito e parzialmente finanziato la realizzazione del Parco; in seguito quasi tutto il lavoro di realizzazione è stato a carico di gruppi volontari organizzati del quartiere, delle scuole, dei [[gruppi scout]] e sportivi, rappresentati da Legambiente che tuttora ha la custodia del parco.
;Per approfondire:
 
Il Parco è sede di progetti didattici sia della vicina scuola Dino Carta (Istituto Comprensivo n.8), che di alcune scuole superiori della città.
* {{cita libro|autore=Franco Barbieri|autore2= Mario Michelon |titolo=Palazzo Trissino al Duomo - Scamozzi a Vicenza|editore= Angelo Colla editore|città=Vicenza|anno=1989|cid=Barbieri-Michelon, 1989}}
 
* {{cita libro|titolo=Vicenza gotica: il sacro|autore=Franco Barbieri|id=|editore= Collana Carnet del turista (E.P.T.), Tip. Rumor|città=Vicenza|anno= 1982 |cid= Barbieri, 1982}}
Legambiente, con il sostegno del Centro Servizi per il Volontariato di Vicenza, ha sviluppato nel corso del primo decennio degli anni 2000 alcuni progetti di riqualificazione ambientale del parco, tra cui 4 lampioni fotovoltaici dislocati lungo il parco, panche e tavoli per il picnic progettati anche per persone disabili.
 
Il parco si estende lungo il fiume Retrone ed occupa un'area di 40 mila&nbsp;m², ponendolo al secondo posto per ordine di estensione tra le aree verdi della città. Il maestro Giorgio Vezzaro, abitante del quartiere dei Ferrovieri, ha dedicato a Festambiente una mostra fotografica sul fiume Retrone.<ref>La mostra è in visione permanente presso la Cooperativa sociale Insieme, via della Scola 255 a Vicenza.</ref>
 
Il parco è ricco di alberi, cespugli fioriti, ma ciò che lo caratterizza è il corso del fiume Retrone che costeggia il parco per tutta la sua lunghezza. All'interno si possono compiere passeggiate a piedi e in bicicletta godendo della vista degli aironi e delle colline al di là del fiume.
Nel parco vi sono anche alcuni spazi attrezzati per la pallavolo, il calcetto e un punto di rimessa e di attracco per le canoe, predisposto dai Maestri del Canoa Club di Vicenza che durante Festambiente propongono corsi gratuiti di canoa fin dalla prima edizione del 2002.
 
I progetti in corso prevedono che il Parco del Retrone sia collegato con il parco attiguo di Villa Bedin Aldighieri tramite una passerella sul fiume stesso le cui fondamenta sono state poste nell'inverno 2011-2012. La passerella ciclo-pedonale è agibile dal 2013.
 
== Problemi causati dalle acque ==
Sono almeno due: da sempre quello delle disastrose alluvioni e, negli ultimi decenni, anche quello dell'inquinamento ambientale, palese o, anche più spesso, subdolo-
 
=== Le alluvioni ===
Quando nel 1882 il Bacchiglione inondò Vicenza con la più disastrosa alluvione che si ricordi, l'acqua arrivò a 1,80 m. di altezza nel [[Borgo San Pietro (Vicenza)|quartiere di Trastevere]], al di là di ponte degli Angeli.
 
-> foto
 
A Vicenza, in contrà San Pietro, su di un muro sono incise quattro tacche, che indicano i livelli raggiunti dalle esondazioni del Bacchiglione dal 1882 al 2010. La più alta si riferisce al 1882, quando l'altezza dell'acqua raggiunse in quel punto 1,80 m. e anche il ponte degli Angeli fu distrutto, mentre quella di Ognissanti del 2010 arrivò a 1,30 m.; l'inondazione del 1966 fu di 1,08, praticamente uguale a quella del 1905, la prima a essere testimoniata da fotografie che sono rimaste nella memoria della città.
 
==== Paludi e boscaglie ====
Negli ultimi secoli del primo millennio e all'inizio del secondo la gran parte del territorio vicentino era incolto e intervallato da zone paludose, particolarmente estese nella depressione che dall'Abbazia di Sant'Agostino, Creazzo e Valmarana, andava a Monteviale e al Biron, e in quella che da Settecà arrivava fino a Grumolo delle Abbadesse.
 
L'acqua stagnante favoriva la crescita dei boschi, allora molto estesi, come la Selva Mugla intorno al Lacus Pusterlae, la Selva Arimanna dal monastero di San Pietro fino ai Colli Berici intorno al Lago di Longara, e il Bosco maggiore da Lerino a Grantorto e Rasega.
 
Buona parte del territorio fu bonificato, durante il Medioevo, dai benedettini, in particolare i terreni paludosi dell'alveo del Retrone furono prosciugati dai monaci di San Felice e quelli dell'Astico e del Tesina dalle monache di San Pietro.
 
Nella zona di Sarcedo i Romani costruirono un imponente muro, lungo circa 800 m., che impediva al fiume di dilagare subito in pianura – devastando Vicenza con le sue piene, con il rischio di distruggere l'acquedotto romano della città e gli insediamenti sorti con la centuriazione di Thiene - e lo deviava fino alla collina di Montecchio Precalcino.
 
 
L'assetto idrografico restò immutato fino a tutto l'XI secolo, quando probabilmente gli stessi vicentini, per ridurre il pericolo delle ricorrenti piene dell'Astico ne deviarono il corso a nord di Montecchio Precalcino e ne convogliarono il corso verso il Tesina, lasciando che a Vicenza giungessero solo una parte delle acque, cioè l'Astichello che continuò a scorrere nel vecchio alveo.
 
A quel punto nel letto rimasto asciutto dell'Astico presso Dueville cominciarono a scaturire acque di risorgiva che, ingrossandosi con l'apporto dei torrenti Igna, Timonchio e Orolo divennero un fiume vero e proprio, il Bacchiglione, rispetto all'Astico molto meno impetuoso e meno soggetto a esondazioni, che scendeva da nord verso la città. Alla fine del XII secolo i fiumi di Vicenza avevano ormai l'assetto e la denominazione attuali: un documento del 1166 parla di un terreno inter flumen Astici vel Bakillonis e alla metà del XIII il nome del Bacchiglione identificava il fiume più importante di Vicenza che, dopo aver ricevuto le acque del Retrone, continuava con questo nome fino al mare
 
Molto più chiara è invece l'etimologia del nome [[Bacchiglione]]. Deriva dal tedesco bach, che significa torrente, che con la parte finale in italiano arcaico o agreste antico, ione, è aggettivo ingrandente, diventa torrentone, quello che in realtà è in caso di alluvioni. Compare come nome in un documento del 1067, non prima, in quanto l'idrografia, dopo il 589, era completamente diversa.
 
Gli autori latini, da Tito Livio di epoca imperiale, a Claudio Eliano del V secolo, parlano solo del Retrone, proprio perché gli affluenti di questo, soprattutto l'Orolo, vi finivano direttamente da nord, da [[Costabissara]], attraversando i territori oggi del Dioma e non è detto che anche l'[[Astico]] vi finisse più ad ovest, di quello che oggi è il suo paleo alveo, cioè l'Astichello.
Solo dopo la grande alluvione questi corsi si spostarono ad est, avendo riempito le fosse lasciate libere dal Brenta che vi arrivava da nord della città, fino al 1000 a.C., spostandosi anch'esso più ad est, in quello che fu poi il ramo di Friola, poi Ceresone, occlusosi definitivamente nel 589. Il cambio dei nomi-fiumi coincide con l'arrivo dei Longobardi che parlavano in tedesco antico e dai vescovi tedeschi che cominciarono ad arrivare nell'alta Italia, in special modo nel veronese e nel vicentino, dal cambio del millennio, mandati anche dagli imperatori tedeschi del sacro romano impero, e che parlavano anch'essi tedesco, oltre che latino.
In particolare gli studi di Giovanni Cattelan mettono in risalto che da atti notarili antichi e da carteggi religiosi, che in tutta l'area c'erano aree depresse, che puntualmente, ad ogni alluvione, si allagavano e rimanevano paludose per settimane o anche per alcuni mesi, se il periodo piovoso si protraeva nel tempo. Una zona si chiamava ''Aqua Lata'' e altre zone oggi si chiamano Bosco-Boschi, proprio perché erano boschi paludosi, facilmente allagabili e quindi impossibili da mettere a cultura. Solo dopo il 1700-1800, con le nuove regimentazioni delle acque da parte dei grandi latifondisti della zona, i terreni vennero roncati, svegrati e poi arati. Erano comunque utili per i proprietari, ''come fonte di cacciagione sia alata che a 4 zampe, oltre che di legname da foco o da tavole per li marangoni''.
 
==== La Serenissima affronta il problema delle alluvioni ====
Costruzione del Murazzo a Montecchio Precalcino nel 1507, nel vecchio alveo resta Astichello per il trasporto delle legne, fino ad un certo punto poi abolito.
 
==== La deviazione del Bacchiglione ====
Nel corso dell'Ottocento, praticamente ogni anno i fiumi della città di Vicenza raggiungevano il livello di guardia; frequenti erano le esondazioni, parzialmente risolte dalle casse di espansione naturale, come le piarde e nord e a sud del ponte degli Angeli.
 
La confluenza ad angolo retto del Bacchiglione e del Retrone vicino a piazza dell'Isola aumentava questi problemi, costringendo le autorità a intervenire con provvedimenti che però erano di scarsa efficacia. Dopo ben 14 studi, iniziati a partire dal 1651, nel 1876 per risolvere il nodo delle piene in centro città venne realizzato il progetto Beroaldi<ref>Ingegnere Carlo Cav. Beroaldi, ''Le allagazioni in Vicenza e modo di ripararvi : relazione e proposte'', Vicenza, Gaetano Longo, 1872</ref>per la separazione dei due fiumi.
 
==== L'alluvione del 1882 ====
Neanche la separazione dei due fiumi nel 1876 era servita a mettere al sicuro la città. Il ponte degli Angeli, che prima del Cinquecento era a tre arcate e dopo il progetto del Palladio a quattro arcate fu totalmente danneggiato con la piena del 1882 e ricostruito nel 1889 in ferro con colonne di ghisa poggianti sulle fondamenta delle vecchie basi. Fu nuovamente rifatto nel 1957 sul progetto dell’ingegnere Chemello con una campata unica di 31 m. in cemento armato.
 
==== L'alluvione del 16 maggio 1905 ====
In quell'anno, oltre al Bacchiglione, anche il [[Guà]] ruppe gli argini nel Basso Vicentino: la linea ferroviaria Venezia-Milano fu interrotta tra [[Montebello Vicentino|Montebello]] e [[San Bonifacio (Italia)|San Bonifacio]]. Il centro di Vicenza finì sott'acqua da ponte degli Angeli a Santa Croce.
 
==== Interramento e cementificazione del territorio ====
Nel corso del Novecento a poco a poco,ma nel secondo dopoguerra molto rapidamente, furono interrati fossati e canali prossimi alla città.
 
Ad esempio fu interrata la [[roggia Seriola]]<ref>Ancora nel Seicento [[Francesco Barbarano de' Mironi|Francesco Barbarano]] ricorda che la Ceriola faceva girare le ruote di molti mulini e produceva preziosissimi gamberi</ref>: contra Cantarane, contrada della Fossetta, poi viale Mazzini quando fu fatta la circonvallazione diventarono dei “''rio terrà''”.
 
==== L'alluvione del 4 novembre 1966 ====
Anche nel 1966 l'esercito dovette intervenire per soccorrere Vicenza, allagata come tutta la provincia nella notte del 4 novembre. La sciagura ebbe dimensioni nazionali: mentre il fango dell'Arno a Firenze rovinava le opere del Rinascimento, a Vicenza il fiume sommergeva gran parte del [[Borgo San Pietro (Vicenza)|borgo San Pietro]].
 
Il Brenta ruppe l'argine nella vallata a nord di [[Bassano del Grappa]] e la pressione dell'acqua deve addirittura incurvare il [[ponte degli Alpini]] ; l'Astico distrusse la cartiera Rossi ad [[Arsiero]] come il ponte stradale a [[Sandrigo]]; il Bacchiglione assediò Vicenza e mandò sott'acqua interi quartieri, primo fra tutti - come sempre - [[Borgo San Pietro (Vicenza)|quello di San Pietro]].
 
I danni nel Vicentino furono valutati in svariati miliardi di lire, tutte le strade provinciali furono interrotte, molti i ponti crollati, le fabbriche chiuse, gli allevamenti distrutti. Vicenza fu sommersa dal fango. Il bilancio dell'alluvione nel Vicentino fece registrare tre morti e alcuni feriti gravi; ci volle una settimana perché i vicentini superino la paralisi e la paura provocate dall'alluvione<ref>{{cita|Di Lorenzo, 2011|pp. 103}}</ref>.
 
==== [[Orolo#L'alluvione dell'11 agosto 2002|L'alluvione dell'11 agosto 2002]] ====
Nei primi giorni di agosto del 2002 la provincia di Vicenza - [[Alluvione europea dell'agosto 2002|come la gran parte dei paesi europei]] - fu colpita da maltempo che mise all'erta la protezione civile, in previsione del pericolo che il [[Bacchiglione]] e il [[Retrone]] potessero straripare a causa delle forti piogge. Nella mattinata dell'11 agosto a straripare fu invece il torrente [[Orolo]], conosciuto per essere quasi sempre in secca, che distrusse 60 metri di argine e sommerse una buona metà del territorio di [[Costabissara]], dalla località dei Motterle (detti ''dell'acqua'') al Municipio e a tutta la zona verso Vicenza. Molte famiglie si ritrovarono con le case allagate, senza più poter usare elettricità ed acqua a causa dell'alluvione<ref>{{citazione| ''La campagna dei Motterle è diventata una gigantesca, irreale tazza di cioccolata, il torrente Orolo ha sbriciolato gli argini, aprendo una falla di una sessantina di metri, e vomitando su Costabissara tutta l’acqua che la notte di San Lorenzo aveva fatto cadere al posto delle stelle. Acqua sporca, acqua color marroncino, acqua che si è trascinata dietro quanto ha trovato lungo il tormentato cammino.'' .|dal Giornale di Vicenza del 12 agosto 2002}}</ref>.
 
A Vicenza invece non vi furono gravi danni, solo alcune strade allagate e blocchi del traffico.
 
==== L'alluvione del 1° novembre 2010 ====
{{Vedi anche|Alluvione del Veneto del 2010}}
Dopo due giorni continui di piogge incessanti ed ingrossato dallo scioglimento delle nevi in montagna, nella mattinata del 1° novembre 2010 il Bacchiglione ruppe gli argini nel territorio comunale di [[Caldogno]], poco a nord di Vicenza, allagando completamente i centri abitati di [[Caldogno#Cresole|Cresole]] e [[Caldogno#Rettorgole|Rettorgole]].
 
Nella stessa mattinata il fiume esondò nell'attraversamento di [[Vicenza]] allagando una grossa fetta del centro storico, la zona dello [[Stadio Menti]], il quartiere sportivo di San Paolo, il quartiere di Santa Bertilla, la zona della Riviera Berica e di Casale e bloccando sia la circonvallazione esterna - con l'allagamento di viale Diaz - sia la tangenziale Sud nonché la linea ferroviaria Milano-Venezia. Il 20% del capoluogo berico finì sott'acqua.
 
Durante la notte proseguì nel suo corso verso Padova, creando notevoli danni anche in questa città e nel territorio circostante<ref>[http://mattinopadova.gelocal.it/multimedia/2010/11/05/video/emergenza-maltempo-padova-fuoriuscita-di-cloro-alla-rari-nantes-26865579/1 Fuoriuscita di cloro]</ref>.
 
L'"alluvione di Ognissanti" fu per Vicenza la peggiore degli ultimi 150 anni. La stima degli uffici comunali valutò in 76 milioni di euro i danni a 2.128 abitazioni, oltre a 4.500 autorimesse e 150 auto distrutte; oltre 61 milioni furono i danni subiti da negozi, botteghe artigiane, magazzini, studi professionali, aziende; i beni pubblici subirono danni per 21 milioni. A un anno di distanza, dal commissario governativo per l'alluvione furono destinati a Vicenza 19 milioni di risarcimenti: un terzo a strutture pubbliche, un terzo a imprese, un terzo a famiglie<ref>Una sintesi ma anche un commento alle polemiche di quei giorni è contenuto nell'articolo di Ferdinando Camon, ''Perché il resto dell'Italia ci ha ignorati'', in ''1° novembre 2010-2011 …'', pp. 44 e segg.</ref>.
 
Il Capo dello Stato, [[Giorgio Napolitano]], il pomeriggio dell'11 novembre fu accolto dai vicentini in piazza Matteotti, dov'era allestito il centro di raccolta. Dal palco sotto palazzo Chiericati gli rivolsero il saluto due volontari, un immigrato del Burkina Faso di 28 anni e una studentessa di 19, come rappresentanti degli oltre 2.500 vicentini che avevano risposto all'appello del Comune.
 
Solo per il capoluogo, il sindaco Achille Variati presentò un conto dei danni che sfiorava i 160 milioni, oltre la metà dello stanziamento straordinario che il governo avrebbe approvato per tutto il Veneto. Ma i giornali nazionali e i mass media trascurarono nei primi giorni il disastro veneto. Divampò la polemica e si arrivò a minacciare lo sciopero fiscale per il disinteresse delle autorità centrali<ref>{{cita|Di Lorenzo, 2011|pp. 106-07}}</ref>.
 
==== I bacini di laminazione ====
Dopo la disastrosa alluvione del 2010 si è ritenuto che l'unico modo di risolvere il problema sia quello di dotare il territorio di adeguati invasi di laminazione, ossia di bacini realizzati lungo i corsi d’acqua naturali o all’interno di sistemi di drenaggio urbano allo scopo di ridurre le portate di piena entro limiti prefissati, dipendenti dalle capacità di convogliamento delle portate da parte del sistema idraulico a valle<ref>[http://www.costruzioniantonioli.com/laminazione.html]</ref>.
 
A sei anni di distanza da questa alluvione e dopo due anni e mezzo di lavori, il 9 novembre 2016 è stato inaugurato quello più importante per difendere la città di Vicenza, cioè il bacino di laminazione di Caldogno, una delle maggiori opere cantierate dalla Regione per la mitigazione del rischio idrogeologico nel territorio veneto, con un investimento di 40 milioni di euro.
 
il bacino è stato realizzato su una superficie di 110 ettari ed ha un volume massimo invasabile di 3,8 milioni di metri cubi d’acqua, di cui 2,3 milioni di metri cubi nella cassa di monte e 1,8 milioni nella cassa di valle.
 
Ancora da realizzare sono il bacino di laminazione sul torrente Agno-Guà nel comune di Trissino, quello di Viale Diaz in Comune di Vicenza, il primo stralcio dei lavori sull’Astico, tra Sandrigo e Breganze, oltre ad altri regionali<ref>[http://www.vicenzatoday.it/cronaca/caldogno-inaugurato-il-bacino-di-laminazione-zaia-opera-della-rinascita.html Vicenza Today, 9 novembre 2016]</ref>.
 
=== Inquinamento ===
==== PFAS ====
L’inquinamento riguarda parte delle province di Vicenza, Verona e Padova. I PFAS sono stati riscontrati nelle acque superficiali, nelle acque sotterranee e anche in alcuni campioni di acque destinate al consumo umano.
 
Il Centro Nazionale Ricerche - Istituto di Ricerca sulle Acque (CNR - IRSA), in accordo con il Ministero dell'Ambiente, ha effettuato, tra il 2011 e il 2013, una campagna di misura di sostanze chimiche contaminanti rare sui principali bacini fluviali italiani. In quest'ambito, sono stati monitorati i corpi idrici superficiali e i reflui industriali e di depurazione del reticolo idrografico della provincia di Vicenza e, in particolare, del distretto industriale di Valdagno e Valle del Chiampo.
 
Oltre alle acque superficiali, sono stati prelevati campioni di acqua destinata al consumo umano in più di 30 comuni nella provincia di Vicenza e nelle zone limitrofe delle province di Padova e Verona. Le indagini hanno evidenziato un inquinamento diffuso di sostanze perfluoro-alchiliche (PFAS), a concentrazione variabile in alcune aree delle province sopracitate<ref>[https://sian.aulss9.veneto.it/iweb/521/categorie.html Ulss 9]</ref>.
 
== Note ==
<references />
 
== Bibliografia ==
;Fonti utilizzate
* {{cita libro|titolo=La memoria delle acque vicentine: storie, personaggi, misteri e curiosità nei secoli|autore=Antonio Di Lorenzo|id=|editore=Terra Ferma|città=Crocetta del Montello|anno= 2011|cid= Di Lorenzo, 2011}}
* {{cita libro|titolo=Idrografia vicentina: storia e attualita|autore=Luciano Gregoris|id=|editore=Editrice veneta|città=Vicenza|anno= 2006|cid= Gregoris, 2006}}
* {{cita libro|titolo=Antica idrografia vicentina. Storia, evidenze, ipotesi|autore=Natalino Sottani|id=|editore=Accademia Olimpica|città=Vicenza|anno= 1955|cid= Sottani, 2012}}
* Adolfo Trevisan, ''Vicenza: i suoi fiumi, le alluvioni e i suoi porti'', Vicenza, 2016
 
;Per approfondire
* Giulio Ardinghi, ''Si scrive Astico si legge Tesina'', Firenze, Servizi editoriali, 2000
* Giulio Ardinghi, ''I fiumi di vicenza'', Vicenza, Adpress & Servizi Editoriali, 1995
* Biblioteca civica Bertoliana [a cura di], ''Acque vicentine: energia rinnovabile e produttiva'', Vicenza, Biblioteca civica Bertoliana, 2012
* Umberto Cera, ''Memorie storiche di Laghetto e del grande lago Pusterla'', Vicenza, Tip. Rumor, 1986
* G.C. Corò, G. Professione, F. Taberni, ''Colli prealpi fiumi vicentini in mountain bike: 31 itinerari tra Vicenza, Bassano del Grappa e il Pasubio'', Portogruaro, Ediciclo, 1993
* Doriano Fabrinetti, ''Il torrente Agno e l'oasi delle "rotte del Guà": natura nella Valle dell'Agno. Storia, ambiente, gestione'', Vicenza, Provincia, Assessorato all'ambiente, 1997
* Antonio Fabris, ''Brentane: cinquecento anni di alluvioni del torrente Agno-Gua nella Valle dell'Agno e nella pianura sottostante'', Valdagno, Litovald, 2002
* Alberto Girardi, Francesco Mezzalira, ''Il lago e le valli di Fimon'', Altavilla Vicentina, Publigrafica, 1991
* Luigi Sarolo (fotografie), ''Astichello. Viaggio lungo il fiume e il suo paesaggio'', Vicenza, Editrice Veneta, 2011
* Sandra Vantini e Lucia Masotti, ''Acque di terraferma: il Vicentino: ricerca e progettazione territoriale per la mitigazione del rischio idraulico'', Venezia, Marsilio, 2015
 
== Voci correlate ==
* [[EdificiAlluvione religiosidel diVeneto Vicenzadel 2010]]
* [[MonumentiCanale di VicenzaBrenta]]
* [[StoriaCiclopista deidel fiumi di VicenzaBrenta]]
* [[Val d'Astico]]
* [[Storia dell'architettura religiosa a Vicenza]]
* [[Val Leogra]]
* [[Storia delle mura e fortificazioni di Vicenza]]
* [[StoriaValle di Vicenzadell'Agno]]
 
== Altri progetti ==
{{interprogetto}}
 
== Collegamenti esterni ==
* [http://www.bacchiglione.it Il sito del Bacchiglione con livello e webcam] del Comune di Vicenza
*{{cita web|http://www.provincia.vicenza.it/ente/la-struttura-della-provincia/servizi/pesca/i-fiumi/bacino-del-leogra-bacchiglione|Scheda del bacino del Retrone sul sito della Provincia di Vicenza}}
 
{{Portale|geografia|Vicenza}}
 
{{Portale[[:Vicenza/ChieseCategoria:Fiumi della provincia di Vicenza}}]]
{{Portale:Vicenza/architetti}}
{{Utente:Claudio Gioseffi/Sandbox 18}}
{{Portale|architettura|Vicenza}}