Basilica di San Zeno: differenze tra le versioni

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{{nota disambigua|la chiesa di [[Pistoia]]|Cattedrale di San Zeno}}
{{Coord|45|26|33|N|10|58|45|E|display=title|type:landmark_region:IT}}
{{nota disambigua|la chiesa di [[Pistoia]]|[[Cattedrale di San Zeno]]}}
{{Edificio religioso
|Nome = Basilica di San Zeno Maggiore
|DedicatoA = [[Zeno di Verona]]
|Immagine = San Zeno Maggiore 1 (14370710737).jpg
|NomeEdificio = Basilica di San Zeno
|Immagine = San Zeno-ext.JPG
|Didascalia = Basilica di San Zeno
|Larghezza =
|CittàNomeComune = [[File:Stemma comune Verona.svg|20px]] [[Verona]]
|Regione = {{IT-VEN}}[[Veneto]]
|SiglaStato = ITA
|Religione = [[Chiesa cattolica|Cristiana cattolica]] di [[rito romano]]
|Diocesi = [[Diocesi di Verona]]
|AnnoConsacr =
|Architetto =
|StileArchitett = [[Architettura romanica|Romanico]]
|InizioCostr = [[IV secolo]]
|FineCostr = [[1389]]
|Sito = http://www.basilicasanzeno.it
|Website =
|Note =
}}
 
La '''basilica di San Zeno''' a [[Verona]] è considerata uno dei capolavori del [[architettura romanica in Italia|romanico in Italia]]. Si sviluppa su tre livelli e l'attuale struttura fu impostata nel [[X secolo|X]]-[[XI secolo]]. Il nome del santo viene talvolta riportato in altri due modi, e così viene talvolta nominata la basilica di Verona: ''San Zeno Maggiore'' o ''San Zenone''. Tra le numerose opere d'arte, ospita un capolavoro di [[Andrea Mantegna]], la ''[[pala di San Zeno]]''.
La '''basilica di San Zeno''', conosciuta anche con il nome di '''chiesa di San Zeno Maggiore''' o '''chiesa di San Zenone''', è un importante [[Tempio|luogo di culto]] [[Chiesa cattolica|cattolico]] che sorge nel cuore del [[San Zeno (Verona)|quartiere di San Zeno]] a [[Verona]]; si tratta di uno dei capolavori dell'[[architettura medievale]].
 
L'attuale chiesa venne realizzata sul luogo dove almeno altri cinque edifici religiosi erano stati edificati in precedenza. Sembra che la sua origine sia da ricercarsi in una chiesa edificata sulla tomba di san [[Zeno di Verona]], morto tra il 372 e il 380. L'edificio venne comunque riedificato all'inizio del IX secolo per volere del vescovo [[Ratoldo]] e del re d'Italia [[Pipino d'Italia|Pipino]] che giudicarono sconveniente che il corpo del santo patrono riposasse in una povera chiesa. La tradizione vuole che l'arcidiacono [[Pacifico (arcidiacono)|Pacifico]] contribuisse alla fabbrica; la consacrazione avvenne l'8 dicembre 806 mentre il 21 maggio dell'anno successivo il corpo di san Zeno fu traslato nella [[cripta]]. In occasione delle invasioni degli [[magiari|Ungari]], che [[Cronologia delle razzie ungare|imperversarono tra l'899 e il 933]], la chiesa riportò notevoli danni tanto che nel 967 il vescovo [[Raterio]] dovette promuovere una nuova ricostruzione. Intorno alla fine dell'XI secolo e al principio del XII, si diede così mano a un grandissimo progetto di rinnovamento della chiesa in [[architettura romanica|stile romanico]]. I lavori subirono una battuta di arresto per via del devastante [[terremoto di Verona del 1117]], tuttavia intorno al 1138 gran parte di quella che è la chiesa attuale era stata completata. Nel corso dei secoli successivi l'edificio andò incontro a ulteriori modifiche e trasformazioni che però non ne modificarono l'impianto, mantenendo sostanzialmente inalterata la sua origine [[medioevo|medievale]].
 
Tra le numerose opere d'arte, ospita un capolavoro di [[Andrea Mantegna]], la ''[[pala di San Zeno]]''. Celebri sono anche le [[Porta della basilica di San Zeno|formelle bronzee del portale]] e il grande rosone della facciata, chiamato "[[Rosone della basilica di San Zeno|Ruota della Fortuna]]", opera del lapicida [[Brioloto de Balneo]]. Nel corso della sua storia, la basilica ispirò numerosi poeti tra cui [[Dante Alighieri]], [[Giosuè Carducci]], [[Heinrich Heine]], [[Gabriele D'Annunzio]] e [[Berto Barbarani]].<ref name=":0">{{cita|Ederle, 1953|p. 20}}.</ref>
 
La chiesa, che nel 1973 fu elevata alla dignità di [[basilica minore]],<ref>{{cita|Archivio storico|p. 101}}.</ref> è sede di una parrocchia inserita nel [[Parrocchie della diocesi di Verona#Vicariato di Verona Centro|vicariato di Verona Centro]]<ref>{{cita web|url=http://www.parrocchiemap.it/parrocchiemap/consultazione/parrocchie/scheda.jsp?icsc=7630314|titolo=Parrocchia di San Zeno Vescovo|accesso=25 luglio 2020|urlarchivio=https://archive.is/20200725165642/http://www.parrocchiemap.it/parrocchiemap/consultazione/parrocchie/scheda.jsp?icsc=7630314|dataarchivio=25 luglio 2020|urlmorto=no}}</ref>.
 
{{TOClimit|4}}
 
== Storia ==
=== Origini paleocristiane ===
[[Zeno di Verona|San Zeno]] morì nel [[380]]. Nella cronologia della chiesa veronese fu l'ottavo vescovo. Lungo la [[via Gallica]], nella zona dell'attuale chiesa, vi era il cimitero dove il santo fu sepolto. Sulla tomba fu edificata una piccola chiesetta da [[Teodorico il Grande]], re [[Arianesimo|ariano]].
[[File:Death of San Zeno - Nave right - San Zeno - Verona 2016.jpg|miniatura|sinistra|La traslazione del corpo di san [[Zeno di Verona]] in un affresco presente all'interno della basilica, lungo la parete destra del [[presbiterio]].]]
La leggenda vuole che dopo la devastante piena dell'[[Adige]] del [[589]] l'inondazione si bloccò sulla soglia della chiesa, risparmiando i fedeli. [[Paolo Diacono]] riporta l'episodio nella sua ''[[Historia Langobardorum]]'', specificando che avvenne al tempo del re [[Autari]]. La prima chiesa fu distrutta nel [[IX secolo]]. Venne subito ricostruita per volere del vescovo Rotaldo e di re [[Pipino d'Italia]] su progetto dell'[[arcidiacono Pacifico]].
Questa nuova chiesa fu distrutta dagli [[Magiari|Ungari]] all'inizio del [[X secolo]]. Dopo una breve traslazione nella [[cattedrale di Santa Maria Matricolare]], il 21 maggio [[921]] il corpo di san Zeno fu riportato nella cripta che oggi è il livello più basso della basilica. La cerimonia fu molto importante, si decise che il trasporto della salma fosse affidato ai santi eremiti [[Benigno di Malcesine|Benigno]] e [[Caro di Malcesine|Caro]], considerati a quel tempo i soli degni di toccare il corpo del santo.
Alla cerimonia erano presenti il re, il vescovo locale, e quelli di Cremona e di Salisburgo. San Zeno è uno dei santi a cui è stato cambiato più volte il giorno della commemorazione, dal [[2004]] la diocesi ed il comune di Verona hanno deciso di celebrarlo nella data della traslazione del suo corpo nell'attuale sede, al fine di non sovrapporlo alle feste pasquali e di poter dedicare un periodo più lungo ai festeggiamenti.
La chiesa prende l'attuale forma e struttura, rispettando i canoni dello stile romanico veronese, sotto il vescovo ''Raterio'', che ottenne i fondi per la costruzione dall'imperatore tedesco [[Ottone I di Sassonia|Ottone I]] nel [[967]].
La chiesa fu danneggiata dal [[terremoto di Verona del 1117|terremoto del 3 gennaio 1117]] che colpì e danneggiò gravemente molte città del nord Italia, e nel [[1138]] venne e ingrandita. La sistemazione che è arrivata ai giorni nostri fu finita nel [[1398]] a cura degli architetti Giovanni e Nicolò da Ferrara con rifacimenti del soffitto e dell'abside in stile gotico.
 
La dottrina cristiana dovette arrivare a Verona ben presto data l'importanza della città come snodo viario, da cui passarono certamente soldati provenienti da [[Antica Roma|Roma]] o dalla [[Palestina]]. Se il primo vescovo della [[diocesi di Verona]], [[Euprepio di Verona|Euprepio]], venne nominato intorno alla prima metà del III secolo, l'ottavo, [[Zeno di Verona]], si ritiene che sia morto tra il 372 e il 380 e la tradizione vuole che sia stato sepolto non lontano dal luogo ove oggi sorge la basilica. Il notaio veronese Coronato, vissuto verso la fine del VII secolo, nella sua ''Cronaca'' ci informa che sopra la tomba del vescovo venne eretta una chiesa in suo onore. Sembra, inoltre, che questo primo edificio cristiano venne restaurato e ingrandito nel 589, dopo l'avvenuto miracolo raccontato da san [[Papa Gregorio I|Gregorio Magno]] e riportato anche da [[Paolo Diacono]] nella ''[[Historia Langobardorum]]'', in occasione del quale la chiesa avrebbe fornito protezione in seguito a una terrificante alluvione: si narra che le acque dell'[[Adige]] avessero abbattuto le mura della città e raggiunto l'edificio, in cui avevano trovato rifugio molti veronesi, sommergendolo ma non riuscendo, poi, a entrare né dalle finestre né dalle porte.<ref name="DL7" /><ref name="Simeoni8">{{cita|Simeoni, 1909|pp. 8–9}}.</ref><ref name=Benini214>{{cita|Benini, 1988|p. 214}}.</ref><ref>{{cita|Ederle, 1953|pp. 9–10}}.</ref>
=== Il rosone circolare detto anche ''Ruota della fortuna'' ===
Il [[rosone]], che fu opera di Brioloto, è decorato da sei statue che raffigurano le alterne vicende umane: La prima figura rappresenta l'uomo saldamente sul trono, poi precipita, continuamente schiacciato dalla sventura e poi è in ripresa e risalita creando la ruota della fortuna. Fu una delle prime finestre romaniche, caratteristica che passò al gotico.
 
[[File:CapitelloSacelloSanBenedetto.jpg|miniatura|verticale|Colonna con [[pulvino]] in [[arte bizantina|stile bizantino]] situati nel sacello di San Benedetto, probabilmente facenti parte dell'edificio del V-VI secolo.]]
Dall'esterno la ruota si chiude in quattro cerchi in marmi bianchi azzurri e tufo, le statue in altorilievo sono sul secondo cerchio esterno. All'interno una ruota con un mozzo a dodici lobi e un centro diviso a sua volta in dodici settori divisi da raggi costituiti da coppie di colonne che uniscono il mozzo ai quattro cerchi.
 
È probabile che una ricostruzione dell'edificio sia collocabile all'epoca dei [[Goti]], come confermano alcuni frammenti di pietra scolpita in [[arte bizantina|stile bizantino]], dunque ascrivibile al V-VI secolo, reimpiegati nel sacello di San Benedetto (accessibile dal chiostro) e nel campanile. Lo storico [[Luigi Simeoni (storico)|Luigi Simeoni]] conferma che tale fabbrica possa risalire al VI secolo riconoscendo delle similitudini tra i pulvini del chiostro e del sacello con quelli della [[basilica di Sant'Apollinare Nuovo]] a [[Ravenna]]. Inoltre, non è così improbabile che lo stesso [[Teodorico il Grande]], che dedicò molta attenzione al [[Urbanistica di Verona|rinnovamento urbanistico di Verona]], abbia contribuito a tale fabbrica, come d'altronde se ne fa menzione negli ''[[Annales Valesiani]]''.<ref name="DL7" /> Si può quindi desumere che questo antico edificio fosse ricco di [[colonne]], [[pilastri]], [[capitelli]] e [[pulvini]], tutti di marmo come lo doveva essere il pavimento.<ref name="Simeoni8"/><ref>{{cita|Da Lisca, 1941|p. 8}}.</ref>
Nel mozzo del rosone sono scolpiti due distici in latino:
{{Citazione|Ecco, solo io Fortuna, governo i mortali;<br />elevo, depongo, dono a tutti i beni ed i mali;<br />vesto chi è nudo, spoglio chi è vestito.<br />Se qualcuno confida in me, se ne andrà deriso||En ego fortuna moderor mortalibus una,<br />Elevo, depono, bona cunctis vel mala dono<br />Induo nudatos, denudo veste paratos.<br />In me confidit si quis, derisus abibit.|lingua=la}}
 
Caduto il regno dei Goti nel 553 a seguito della [[guerra greco-gotica]], dopo un breve domino dell'[[impero bizantino]], Verona passò in mano dei [[Longobardi]] e il re [[Alboino]] ne fece una delle sue residenze preferite. Ben poco sappiamo delle vicende della chiesa in questo periodo ma, di nuovo grazie a Coronato, apprendiamo che ancora custodiva le spoglie del santo e che i Longobardi, di fede [[arianesimo|ariani]], acconsentirono che permanesse a Verona un vescovo cattolico, e che il re [[Desiderio (re)|Desiderio]] concesse alcuni donativi che andarono a costituire la ''Domus Sancti Zenonis''.<ref>{{cita|Da Lisca, 1941|p. 9}}.</ref>
La Fortuna, così concepita e così rappresentata, pone in risalto la precarietà dei beni terreni, per i quali ci insegna a non nutrire un eccessivo attaccamento, in quanto ne possiamo essere privati in ogni momento. Solo lo stolto confida unicamente nella fortuna, ma il suo destino è quello di essere deriso, come insegna il quarto verso della ruota del Brioloto.<ref>Mario Patuzzo, ''San Zeno, gioiello di arte romanica'', Editrice La Grafica, pag. 97.</ref>
 
[[File:Pépin d'Italie.jpg|miniatura|verticale|sinistra|[[Pipino d'Italia]], il re che nell'IX secolo contribuì alla realizzazione di un nuovo edificio chiesastico.]]
=== Il protiro ===
[[File:Basilica di san zeno protiro, lunetta di nicholaus 03.JPG|thumb|Il protiro di ''Nicholaus'']]
 
Sembra che intorno all'804 la chiesa fosse stata gravemente danneggiata «ut ad nihilum esset redacta» e al monastero appiccato un incendio «ab infidelibus hominibus»,<ref name="Fainelli152-156">{{cita|Fainelli, 1940|pp. 152–156}}.</ref> forse dei [[Franchi]] insubordinati o dei superstiti ariani.<ref>{{cita|Ederle, 1953|pp. 10–11}}.</ref> Nei primi anni del IX secolo a Verona si trovava il re d'Italia [[Pipino d'Italia|Pipino]] che insieme al vescovo [[Ratoldo]] giudicarono sconveniente che il corpo del santo patrono riposasse in un edificio "povero". Quindi decisero, «propter divinum amorem et reventiam»,<ref name="Fainelli152-156"/> che si doveva procedere con l'edificazione di una più grande e più bella chiesa, e che il corpo doveva essere poi traslato in una cripta: «una chiesa sotterranea oscura sopra colonne, et lo pavimento di quelle pietre vive et anco fecero fare uno avello de marmo polito lo quale destinarono al corpo del Santo Zenone pe la sua sepoltura». Ai lavori dovette sovraintendere, almeno secondo tradizione, l'[[arcidiacono Pacifico]].<ref>{{cita|Simeoni, 1909|pp. 10–11}}.</ref><ref>{{cita|Da Lisca, 1941|p. 10}}.</ref><ref group="N">Sull'[[epitaffio]] dedicato all'[[arcidiacono Pacifico]], murato nel [[Duomo di Verona]], si legge:<br />«ECCLESIARUM FUNDATUR, RENOVATOR OPTIMUS<br />
Il [[protiro]] è firmato dal ''[[Niccolò (scultore)|maestro Niccolò]]'' ed è del [[XII secolo]]. I leoni alla base rappresentano i guardiani della chiesa, coloro che impediscono l'entrata delle anime immeritevoli (non a caso trattengono sotto le loro zampe due intrusi). La copertura del protiro poggia su due telamoni rannicchiati, sui quali, in ideale prolungamento delle stesse colonne, sono scolpiti i bassorilievi di san [[Giovanni Battista]] e [[san Giovanni Evangelista]]. Sull'arco risaltano l'Agnello e la mano di Dio benedicente con una scritta latina che tradotta recita: ''La destra di Dio benedica le genti che entrano per chiedere cose sante''.
ZENONIS PROCULI VITI PETRI ET LAURENTII<br />
DE QUOQUE GENITRICIS NEC NON ET GEORGII»<br />
In {{cita|Da Lisca, 1941|p. 10}}.</ref> Gli ''Annali Zenoniani'' raccontano che venne costruita una nuova chiesa, e che quindi non venne ampliata quella già esistente, che dovette però rimanere integra ancora per lungo tempo. Nel nuovo edificio venne realizzato un "antro opaco", ovvero un locale senza luce, almeno parzialmente scavato sotto terra e destinato ad accogliere le reliquie di san Zeno. In ogni caso ben poco sappiamo di questa costruzione, come ben poco è arrivato fino ai nostri giorni.<ref>{{cita|Da Lisca, 1941|pp. 11, 13}}.</ref> Il re Pipino donò, inoltre, alla basilica vasellame d'oro e d'argento e Vangeli ornati di gemme preziose.<ref name=":1">{{cita|Ederle, 1953|p. 11}}.</ref>
 
[[File:Lapide Arcidiacono Pacifico 01.jpg|miniatura|Iscrizione situata nel [[Duomo di Verona]] che ricorda il contributo dell'arcidiacono [[Pacifico (arcidiacono)|Pacifico]] nell'XI secolo alla realizzazione di una nuova basilica.]]
All'interno, nella lunetta alcune scene dedicate alla storia cittadina di quei tempi. Vi è la consacrazione del ''comune veronese'' libero finalmente dalle servitù feudali verso l'[[impero tedesco]]. Al centro della lunetta si trova un san Zeno benedicente mentre calpesta il demonio che simboleggia il paganesimo sconfitto simbolo anche del coevo potere imperiale identificato come il male.
 
La [[consacrazione]] del nuovo edificio avvenne l'8 dicembre 806 mentre il 21 maggio dell'anno successivo il corpo di san Zeno fu traslato nella cripta che oggi è il livello più basso della basilica. La cerimonia fu molto solenne, si decise che il trasporto della salma fosse affidato ai santi eremiti di [[Malcesine]] [[Benigno e Caro]], considerati a quel tempo i soli degni di toccare il corpo del santo. Alla cerimonia erano presenti il re, il vescovo locale [[Nokterio]], e quelli di Cremona e di Salisburgo.<ref name=":1" /><ref>{{cita|Patuzzo, 2010|p. 95}}.</ref>
Ai lati di San Zeno sulla destra i rappresentanti della nobiltà veronese e delle famiglie dei mercanti a cavallo (gli ''[[equites]]'') e a sinistra i rappresentanti del popolo, dei fanti armati (i ''pedites''). San Zeno, nella scena, consegna una bandiera ai veronesi, una sorta di investitura di derivazione sacra, l'affresco è accompagnato da una scritta in latino: ''Il Vescovo dà al popolo la bandiera degna di essere difesa / San Zeno dà il vessillo con cuore sereno.''
[[Niccolò (scultore)|Niccolò]] sotto la lunetta ha scolpito bassorilievi che rappresentano i miracoli compiuti da san Zeno: l'[[esorcismo]] sulla figlia di [[Gallieno]] preda del demonio; un uomo salvato mentre precipitava nell'Adige su un carro; e i pesci che san Zeno pescatore donava.
 
Si ritiene che l'antro e il sovrapposto presbiterio includessero un'abside con orientamento sud-nord, come la vicina [[Chiesa di San Procolo (Verona)|chiesa di San Procolo]], anch'essa attribuita a Pacifico, e come lo è l'attuale, e che l'abside fosse coperta solamente da una semplice copertura con orditure lignee. La traslazione delle spoglie del santo avvenne con grande solennità, rappresentando un avvenimento eccezionale per l'epoca che riaccese in tutti i veronesi il culto del loro [[Santo patrono|patrono]]. La donazione di Pipino, insieme a quelle dei vescovi e della popolazione, permisero che questa chiesa fosse «non solo bella, ma per quei tempi sublime». Di questo edificio quasi nulla rimane oggi, forse gli appartenne l'antica muratura di mattoni di laterizio che si trova in fondo all'edificio, dopo l'ultima lesena.<ref name=":2">{{cita|Ederle, 1953|p. 13}}.</ref> Ad essa era annesso un [[Abbazia di San Zeno (Verona)|monastero benedettino]] e, con ogni probabilità, un chiostro posto lungo il fianco orientale.<ref>{{cita|Da Lisca, 1941|p. 13}}.</ref> Il primo abate menzionato nelle fonti è un certo Leone che ricoprì la carica nell'833.<ref>{{cita|Valenzano, 1993|p. 9}}.</ref>
Sulle mensole interne ed esterne del ''protiro'' sono rappresentati i dodici mesi dell'anno con i lavori tipici relativi ai mesi, questo calendario inizia da marzo. Nel ''protiro'' vi sono mescolati tre tipi di rappresentazioni, quelle sacre relative alla vita del santo, quelle politiche relative alla nascita del comune e quelle profane rappresentate dai mesi e dai mestieri collegati. Dodici mesi che riprendono i dodici settori della ruota della fortuna e riprendono anche la rotazione e la ripetizione di un ciclo, i mesi e le stagioni che indefinitamente si susseguono. È la parte didattica rivolta al popolo che non sa leggere, ripetuta più volte nella architettura della basilica.
 
=== GliDal altorilieviprincipio aidel secolo X alla metà laticirca del protiroXI ===
[[File:Pianta Basilica San Zeono Vr - X secolo.jpg|miniatura|verticale|sinistra|Pianta di come doveva essere l'edificio del X secolo.]]
[[File:VeronaSZenoMaggScultureDx.jpg|thumb|I bassorilievi a destra del portale con scene della Genesi e del re Teodorico.]]
[[File:VeronaSZenoMaggScultureSx.jpg|thumb|left|upright|I bassorilievi a sinistra del portale con scene del Nuovo testamento.]]
 
Secondo lo storico [[Onofrio Panvinio]], le invasioni degli [[Magiari|Ungari]] che imperversarono tra l'899 e il 933 avrebbero mandato in rovina le chiese dei sobborghi di Verona, poste fuori dalle mura. Così la chiesa di San Zeno, che era ancora quella fabbricata ai tempi di Pipino, sarebbe stata gravemente danneggiata insieme al monastero, in quanto all'epoca era ancora fuori dalla cinta difensiva (sarà inclusa solamente con le [[Mura scaligere di Verona|mura realizzate dagli Scaligeri]]). Lo stesso scrittore afferma che, prevedendo il pericolo, avrebbero traslato il corpo al sicuro nella cattedrale, che allora era probabilmente la [[Duomo di Verona|chiesa di Santa Maria Matricolare]]; un racconto non suffragato da fonti ma ritenuto, comunque, probabile.<ref>{{cita|Da Lisca, 1941|p. 19}}.</ref>
Ai lati del protiro e del portale ci sono 18 altorilievi risalenti al [[XII secolo]]. A sinistra quelli del maestro Guglielmo e a destra quelli del [[maestro Nicolò]]. Sono soggetti sacri tratti dal [[Nuovo Testamento|Nuovo]] e [[Antico Testamento]] e profani con al centro [[Teodorico il Grande]] in uno il duello fra Teodorico ed [[Odoacre]] e in un altro Teodorico all'inseguimento del cervo, che rappresenta il demonio della [[Leggenda di Teodorico]].
 
Con la fine delle scorrerie degli Ungari si pensò di riparare i tanti danni con il restauro del monastero e il rifacimento della chiesa. La ricostruzione fu voluta dal vescovo [[Raterio di Verona|Raterio]], che ottenne i fondi per la costruzione dall'imperatore tedesco [[Ottone I di Sassonia|Ottone I]] in cambio dell'ospitalità che ricevette a Verona nel 967. Tuttavia, Raterio ben presto venne accusato di aver usato tali fondi per propri interessi tanto che dovette giustificarsi nell'''Apologetico'' spiegando che li aveva invece impiegati per riformare il basso clero, eliminando il concubinaggio tra i preti. Pertanto i lavori dovettero incominciare un po' in ritardo, seguendo i canoni dello [[Architettura romanica veronese|stile romanico veronese]] che incominciava ad affermarsi. Venne dunque edificato un edificio a tre navate, con la maggiore sopraelevata, divise da arcate sorrette da pilastri alternati a colonne, con una cripta e un sovrapposto piano rialzato. Le sue dimensioni corrisposero in larghezza a quelle dell'attuale e in lunghezza a circa i tre quarti, mentre l'altezza doveva essere circa la metà.<ref>{{cita|Da Lisca, 1941|p. 27}}.</ref><ref name=Simeoni12/> Le navate terminavano in tre absidi, una maggiore centrale e due minori laterali.<ref>{{cita|Da Lisca, 1941|p. 20}}.</ref><ref>{{cita|Ederle, 1953|p. 12}}.</ref>
Le storie vanno lette dal basso in alto. Guglielmo a sinistra curò temi esclusivamente religiosi. Dall'alto, a coppie si ha: la mano di Dio e l'agnello, poi, il tradimento di Giuda e la crocifissione, indi, la fuga in Egitto e il battesimo di Gesù, ed infine, i Magi, la presentazione al tempio, l'avviso a Giuseppe, il presepio, la visitazione e l'annunciazione.
 
Alcuni elementi di questo edificio sopravvivono ancora oggi, come la cripta che è attribuita al X secolo. All'esterno sono inoltre visibili le sue murature sul lato orientale, nei pressi del campanile dove il materiale utilizzato è laterizio che giunge fino a un'altezza di 7,60 metri oltre i quali corre una fascia a dente di sega che indica l'inizio di quello che fu il cornicione di gronda.<ref>{{cita|Da Lisca, 1941|p. 21}}.</ref> Un altro muro probabilmente ascrivibile alla stessa epoca è quello che si trova al fianco della navata di sinistra e che serve di fondo al chiostro, in cui è ben visibile la struttura in tufo con conci poco regolari disposti a strati misti a qualche frammento di laterizio.<ref>{{cita|Da Lisca, 1941|p. 23}}.</ref> Un diploma dell'imperatore [[Enrico II il Santo|Enrico II]] ci informa che nel 1014 le reliquie di san Zeno erano già state nuovamente traslate nella basilica (in ''villula Sancti Zenonis'').<ref name="Simeoni12">{{cita|Simeoni, 1909|p. 12}}.</ref><ref>{{cita|Patuzzo, 2010|p. 42}}.</ref>
Niccolò, in basso mette re Teodorico a cavallo e il cervo che lo guida all'inferno, forse da questi altorilievi il [[Giosuè Carducci|Carducci]] trovò l'ispirazione. Sopra si torna all<nowiki>'</nowiki>''Antico Testamento'' ed in particolare alla ''[[Genesi]]'': Dio crea gli animali, Adamo, Eva; il peccato originale, la cacciata dal paradiso terrestre e la condanna al lavoro. Sopra fra le cariatidi, un leone e un ariete, un centauro e un cane musicisti che suonano.<ref>[http://www.arte-argomenti.org/saggi/nicolo.html San Zeno Verona, maestro Niccol�]</ref>
 
[[File:IscrizioneTombaMonaciSanZeno.jpg|miniatura|Iscrizione nel [[chiostro]] dell'[[Abbazia di San Zeno (Verona)|abbazia di San Zeno]] che ricorda la presenza della tomba dei monaci fatta realizzare dall'abate Alberico nell'XI secolo.]]
=== Il portale con 24 formelle bronzee ===
[[File:San zeno, verona, formelle bronzee del portale.jpg|thumb|Formelle bronzee]]
 
Nei primi decenni dell'XI secolo la prima chiesa romanica era dunque compiuta e si decise di migliorarla sopraelevandola. Quasi nulla resta oggi di questo intervento, poiché i successivi lavori hanno in gran parte rinnovato, e in parte nascosto, quanto poteva rimanere.<ref>{{cita|Da Lisca, 1941|p. 29}}.</ref> Secondo l'architetto e soprintendente [[Alessandro Da Lisca]], in questi anni l'edificio venne irrobustito nei suoi muri e sopraelevato fino a raggiungere l'altezza degli attuali tetti.<ref>{{cita|Da Lisca, 1941|p. 30}}.</ref>
Il portale della chiesa, oramai chiuso per motivi di sicurezza, è decorato con 24 formelle quadrate bronzee per ogni anta della porta. Le formelle sono legate fra di loro da cornici di bronzo. Oltre alle formelle regolari, ve ne sono di minori su entrambe le parti della porta. A destra ve ne sono sette rettangolari che rappresentano probabilmente santi e figure storiche, l'attribuzione non è certa per tutti: [[san Pietro]], [[san Paolo]], [[Zeno di Verona|san Zeno]], [[Flavia Giulia Elena|sant'Elena]], [[Matilde di Canossa]], il suo sposo Goffredo e lo scultore.
 
Nel 1045 l'[[abate]] Alberico (1045-1067) dette inizio alla costruzione del campanile, come ricordato da una scritta posta sulla sua base nel fianco esterno a occidente.<ref group="N" name="a">L'iscrizione è la seguente:<br />
Matilde ed il marito sono rappresentati per le donazioni all'abbazia, ed è curiosa la presenza di un autoritratto di chi le fece. A sinistra le formelle minori sono diverse: tre vengono chiamate gli ''Imperatori'' e tre rappresentano le tre [[virtù teologali]]: la fede, la carità e la speranza. Sulla base otto piccole formelle riprendono un tema caro a chi ha eretto la basilica: la musica. Questa volta sono dei re suonatori con degli strumenti in mano.
«ANNO INCARNATIONIS DOMINI NOSTRI IESU CRISTI MILLESIMO XLV<br />
INDICATIONE XIII, ANNO SEPTIMO DOMNI HEINRICI IMPERATORIS, NONO<br />
VERO ANNO DOMINI WALTHERII PONTIFICIS, AD HONOREM DEI ET SANCTI<br />
ZENONIS DOMNUS ALBERICUS ABBAS ANNO PRIMO SUE CONSECRATIONIS,<br />
HANC TURRIM CUM FRATRIBUS SUIS INCHOAVIT».<br />In {{cita|Da Lisca, 1941|p. 30}}.</ref> Alla morte dell'abate, avvenuta nel 1067, la torre doveva essere giunta in altezza pressappoco oltre la metà dell'attuale e forse era già stata completata una [[cella campanaria]] realizzata mediante bifore.<ref name=DL31>{{cita|Da Lisca, 1941|p. 31}}.</ref> Alberico, inoltre, fece realizzare anche il sepolcro dei monaci; esso è situato nel chiostro nel lato verso la chiesa. Questo è composto da un sepolcro in marmo rosso, coperto da una spessa lastra adornata da una grande croce in rilievo. Non è certo che questa sia l'originale dell'XI secolo ma è molto probabile se si considera che il chiostro era già esistente. Sopra la tomba vi è una scritta che lo ricorda.<ref name="sepolcro" group="N">L'iscrizione sulla pietra sepolcrale è la seguente:<br />
«OSSA SEPULTURA PATRUM CONDUNTUR IN UNA,<br />
UT DOMINIS PARIBUS MANSIO SIT PARILIS:<br />
HIC QUOQUE MANSURUS PRESENS HERUS ATQUE FUTURUS<br />
HIC ANIMABIT EOS, CEU SUA GRANA, THEOS.<br />
ALBERICE FACIS, CAPIES MELIORA PATRATIS,<br />
DANT BENE FACTA SOLI, CLAUSTRA SUPERNA POLI<br />
EXSEQUIAS PATRUM REPETAT DEVOTIO FRATRUM,<br />
UT PATRIARCHA SINUM PANDAT IN ARCE PIUM».<br />
In {{cita|Simeoni, 1909|p. 12}}.</ref><ref name="Simeoni12" /><ref>{{cita|Da Lisca, 1941|pp. 32–33}}.</ref>
 
=== Il rinnovamento degli inizi del XII secolo e il terremoto del 1117 ===
Le formelle non appartengono alla stessa epoca storica. Le prime sono di origine tedesca, probabilmente fuse in [[Sassonia]]. Hanno un forte collegamento con le analoghe del duomo tedesco dell'[[XI secolo]] di [[Hildesheim]], la [[Chiesa di San Michele (Hildesheim)]]. I monaci [[benedettini]] dell'abbazia erano in quel momento tedeschi. Altre appartengono alla scuola veronese ed opera di almeno due scultori: i miracoli di ''San Zeno'' e l<nowiki>'</nowiki>''Antico Testamento''. Lo stile li avvicina alla scuola veronese e vengono citati come esempi [[Benedetto Antelami]], [[Niccolò (scultore)]] e Guglielmo; gli ultimi due autori del [[protiro]]. Nel momento dell'allargamento della facciata le formelle furono rimontate in forma casuale, perdendo il filo logico che le univa.
Intorno alla fine dell'XI secolo e al principio del XII, si diede mano a un grandissimo progetto di rinnovamento della chiesa di San Zeno. L'intenzione era quella di ingrandirla con l'aggiunta di un corpo di fabbrica davanti alla vecchia facciata, corrispondente oggi alla prima campata dell'edificio; oltre a tale ampliamento, si era proposto di rinnovare i vecchi muri longitudinali, sia delle navate minori sia della maggiore. Il nuovo edificio, come risulta da quanto rimane ancora oggi, doveva possedere paramenti murari in tufo ben squadrato, lesene aggettanti, una galleria marmorea costituita da arcatelle adorna di colonnette binate, in alto un cornicione ad archetti con doppia ghiera e mensole a doppio sbalzo, ricco di minuti ricami e un frego nobilmente scolpito in candido marmo.<ref>{{cita|Da Lisca, 1941|p. 35}}.</ref> Quando avvenne il devastante [[terremoto di Verona del 1117]] tale ricostruzione dovette essere già ben avviata, dato che si era quasi completato il prolungamento e incominciato a rinnovare il fianco della navatella di destra.<ref name=":3">{{cita|Da Lisca, 1941|p. 36}}.</ref><ref name=patuzzo88>{{cita|Patuzzo, 2010|p. 88}}.</ref>
 
Nonostante le distruzioni riportate a seguito del sisma, che danneggiò innumerevoli altri edifici cittadini, non si rinunciò al lavoro già in parte attuato e si decise di portarlo a termine anche se in maniera più modesta, reimpiegando per le nuove murature, per quanto più fosse possibile, il materiale che era crollato. Quindi, dal 1117 al 1138, si procedette alla ricostruzione degli antichi muri longitudinali in gran parte caduti o pericolanti, cingendo quelli della nave maggiore con nuovi pilastri a fascio. Nel 1138 tutte queste opere dovettero essere terminate e poteva già vedersi anche il [[protiro]] aggiunto alla nuova facciata, come confermato dall'epigrafe che si trova collocata sul fianco meridionale esterno della navatella, nei pressi della facciata.<ref name=":3" /> Tale epigrafe dichiara che il restauro del campanile e la costruzione della prima cella campanaria era compiuto nel 1120, mentre la ricostruzione e l'allungamento della chiesa, con l'aggiunta almeno di una campata verso ovest, erano ultimati nel 1138 («A RESTAURATIONE VERO IPSIUS CAMPANILIS CONFLUXERANT ANNI LVIII»).<ref name=Benini214/><ref name=":2" /><ref name=":4">{{cita|Da Lisca, 1941|p. 37}}.</ref>
Da parte di molti studiosi viene data una patente di unicità alla struttura del portale, una complessità ripetuta poche volte in altri luoghi di culto. Ancora al centro di discussione è l'epoca a cui far risalire il portale in formelle bronzee della chiesa romanica di San Zeno Maggiore (o fuori le mura) di Verona.
 
[[File:Cabianca Il portico di S Zeno.jpg|miniatura|sinistra|Il [[chiostro]] dell'[[Abbazia di San Zeno (Verona)|abbazia di San Zeno]] in un dipinto del 1867 di [[Vincenzo Cabianca]].]]
Ritenute da alcuni risalenti all'[[XI secolo]], prevale oggi l'ipotesi sostenuta da W. Neumann che vadano datate verso il [[1118]] e comunque in epoca tardo-[[Wiligelmo|wiligelmica]] delle cui precedenti opere conservano qualcosa dello spirito e dello stile, come il gruppo della verità e della frode nel [[Duomo di Modena]].
 
Nello stesso tempo un ''religiosus vir'', il prete Gaudio, si occupò del restauro del chiostro, completato nel 1123, mentre Gerardo tra il 1165 e il 1187 sopraelevò il campanile che venne poi terminato nel 1173 sotto la direzione di maestro Martino, come ricordato da una lunga iscrizione sul muro esterno del fianco meridionale.<ref name="gerardo" group=N/><ref name=":2" /> Dal 1138 fino al 1187, ultimo anno in cui fu abate Gerardo, non si eseguirono lavori significativi sulla chiesa e, quindi, ci si poté concentrare sul completamento del campanile e la realizzazione delle campane.<ref name=":4" /><ref>{{cita|Simeoni, 1909|p. 13}}.</ref> Tali lavori sono testimoniati da un'iscrizione, risalente al 1178 e collocata sul fianco meridionale, vicino alla facciata, nella quale si accenna al restauro del campanile per poi proseguire indicando che «renovatione autem et ecclesie augmentatione (confluscerant anni) XL». Si ritiene che l'abate Gherardo fosse l'[[abate di San Zeno]], vissuto sotto l'imperatore [[Barbarossa]], citato da [[Dante Alighieri]] nel Canto XVIII del [[Purgatorio (Divina Commedia)|''Purgatorio'']].<ref>{{cita|Simeoni, 1909|p. 15}}.</ref>
Comunque il termine temporale finale per la loro esecuzione deve essere necessariamente anteriore al [[1150]], in considerazione del fatto che in quella data nei cantieri di [[Magdeburgo]] in [[Sassonia]], vengono fuse le porte di bronzo di [[Velikij Novgorod|Novgorod]], chiaramente derivate da quelle veronesi, e che Nicholaus concepì il portale maggiore di San Zeno adattandosi sin dal principio alle preziose porte di bronzo che con le loro misure determinarono quelle del [[timpano (architettura)|timpano]] e del [[protiro]].
Attualmente il portale misura m.4,80 x 3,60 ed è il probabile adattamento del precedente portale, più ridotto, dell'anteriore prospetto romanico. Si pensa che quello presentasse minori elementi ornamentali: quattro file verticali di sette formelle ciascuna che furono utilizzate nel contesto del nuovo battente (vedi quanto relativo alla formella del miracolo del carrettiere) anche se ciò ha portato ad un evidente disordine sia dal punto di vista iconologico che dal puro e semplice accostamento estetico dei vari pezzi.
 
La forma delle colonne e dei capitelli romanici del chiostro, che non presentano alcuna mescolanza di [[Reimpiego|frammenti reimpiegati]], dimostra che l'opera di Gaudio dovesse essere stata di rinnovamento completo e non di una semplice ristrutturazione. Due iscrizioni poste nel chiostro, situate vicino alla tomba di [[Giuseppe della Scala]], raccontano che Gaudio fece realizzare anche un sepolcro decorato da pitture e donò all'abbazia una fornitura continua di olio perché potesse essere tenuta accesa tutta la notte la lampada del chiostro.<ref>{{cita|Simeoni, 1909|p. 14}}.</ref> Nel 1145 venne incominciata anche la grande [[Torre abbaziale di San Zeno|torre merlata dell'abbazia]], ancora oggi esistente, i cui interni sono decorati con affreschi del XIII secolo. A quel tempo essa serviva come baluardo difensivo in quanto la basilica si trovava fuori dalle mura e pertanto soggetta a pericoli; si dovette attendere l'intervento degli [[Scaligeri]] perché venisse inglobata nella [[Mura scaligere di Verona|cortina difensiva cittadina]].<ref name=Benini214/><ref name=patuzzo88/>
Le due ante del portone ligneo, di abete rosso, restaurate nel corso degli anni'80, sono rivestite con 48 formelle quadrangolari.
24 sono chiodate sull'anta sinistra, a cui si aggiungono 17 altre formelline quadrangolari di circa cm 16 x 16 raffiguranti re incoronati, di cui due, trafugate nel [[1909]], furono conservate per molti anni al Kaiser Friedrich Museum di [[Berlino]] ma poi andate distrutte durante un bombardamento aereo.
Di esse ci restano le riproduzioni, raffiguranti due re.
24 formelle maggiori sono chiodate nell'anta destra, a cui si aggiungono altre 7 formelle rettangolari. In origine probabilmente queste ultime erano di più.
 
=== I lavori dalla fine del secolo XII alla metà circa del XIII ===
Le formelle di dimensione maggiore sono perimetrate da un fregio di listelli a traforo che negli incroci è "legato" da una ventina di mascherine raffiguranti volti umani od animali ed otto figure di re ed è incompleto in alcuni punti.
[[File:San Zeno Maggiore Window (14577299873).jpg|miniatura|La [[Rosone della basilica di San Zeno|Ruota della Fortuna]], il [[rosone]] realizzato da maestro [[Brioloto de Balneo]].]]
 
All'abate Gerardo successe l'abate Ugone che nel secondo anno del suo ufficio, il 1189, trattò con uno scultore per l'esecuzione di alcuni lavori per la chiesa. Il maestro si chiamava [[Brioloto de Balneo]] o almeno così è nominato su un'iscrizione datata 14 aprile 1189, murata all'interno dell'edificio non lontano dal battistero: si tratta del primo documento che lo ricorda, seppur senza far accenno alla sua paternità o provenienza.<ref group="N" name="iscrizione-Brioloto">L'iscrizione, in parte perduta, che menziona il maestro [[Brioloto de Balneo]] e posta nel muro della navatella destra nei pressi del [[battistero]] recita:<br />
Seguendo all'incirca il ritmo della [[trilogia]], le formelle maggiori narrano storie dell'Antico (20 pezzi) e Nuovo Testamento (20 formelle) e quattro storie di San Zeno, cui vanno aggiunti un [[San Michele]] e due [[protome]] leonine che reggevano anticamente il battente; le minori, rettangolari, raffigurano santi tra cui San Zeno stesso ed un [[lapicida]] o scultore.
«QUISQUE BRIOLOTUM LAUDET QUIA DONA MERETUR<br />
Le opere, la cui autografia è da lungo tempo dibattuta dagli studiosi e che il Maffei definì "fantocci strani di maniera affatto barbara" ed il Venturi "il regno delle scimmie", sono per alcuni di quattro diverse mani, "maestri" o "lavoranti" che definirli si voglia.
SUBLIMIS HABEAT, ARTEFICEM COMMENDAT OPUS TAM RITE POLITUM<br />
Per quelle relative alla vita del santo si è avanzato il nome di Brioloto<ref>[http://www.treccani.it/enciclopedia/brioloto_%28Dizionario_Biografico%29/ Brioloto in Dizionario Biografico – Treccani]</ref>, ma più genericamente si parla di un anonimo "terzo maestro".
SUM NOTAT ESSE PERITUM. HIC FORTUNE FECIT ROTAM S. E.<br />
CUIUS PRECOR TENE NOTAM – ET – VERONE PRIMITUS BALNEUM<br />
LAPIDEUM IPSE DESIGNAVIT – UNDE TURBA FORTITER<br />
POSSIDEAT PRECIBUS IUSTORUM REGNA BEATA – IN QUIBUS U<br />
PARATA ISTE VERENDUS HOMO NIMIUM QUEM FAMA DECORAT<br />
QUIA LUCIS IN EDE LABORAT».<br />
In {{cita|Da Lisca, 1941|p. 7}}.</ref> In tale iscrizione gli si attribuisce la realizzazione della cosiddetta "[[Rosone della basilica di San Zeno|Ruota della Fortuna]]", il [[rosone]] sulla facciata della chiesa che è decorato da sei statue che raffigurano le alterne fasi della vita umana, ovvero della Fortuna (nel senso latino di "destino").<ref name=DL7>{{cita|Da Lisca, 1941|p. 7}}.</ref>
 
Nei lavori a San Zeno, Brioloto, fu certamente aiutato dal lapicida [[Adamino da San Giorgio]] che lasciò la sua firma su un [[capitello]] all'interno della chiesa, in cui si legge «magister Adam murarius qui fuit de Sanzorzio» ed è inoltre ricordato in due documenti del 1217 e 1225. A lui si attribuiscono le ghiere degli archi di accesso alla cripta e le cornici superiori delle facciata. Si ritiene che Adamino potesse essere originario di [[San Giorgio di Valpolicella]] o, più probabilmente del comasco.<ref name=DL7/><ref name=":5">{{cita|Simeoni, 1909|p. 21}}.</ref>
Certo son proprio queste le più "moderne" in senso [[gotico]] e quelle che in qualche spunto hanno maggior efficacia icastica<ref>[http://www.treccani.it/vocabolario/icastico/ Icàstico in Vocabolario – Treccani]</ref>; per altri appartengono genericamente ad una "prima officina" affine ai modi dei primi del [[XII secolo]] e ad una "seconda officina" della fine del XII, inizi [[XII secolo]].
 
Per collocare la grande Ruota della Fortuna fu necessario praticare un vasto squarcio nel muro, il quale venne successivamente ricostruito con il paramento esterno a regolari conci di tufo nella zona compresa fra le due grandi lesene e le due cornici orizzontali. All'interno, invece, il nuovo paramento di tufo si limita solo al muro rinnovato, lasciando ai fianchi i vecchi corsi alternati di tufo e di cotto.<ref name=":6">{{cita|Da Lisca, 1941|p. 83}}.</ref> Al di sopra della nuova cornice orizzontale, il muro del [[timpano (architettura)|timpano]] fu rivestito esteriormente di marmo su cui venne eseguita la scena del [[Giudizio Universale]], oggi andata perduta.<ref name=":6" />
Secondo il Puppi, le quattro storie di san Zeno rivelano una particolare fisionomia stilistica "attribuibile ad una distinta personalità rispetto agli autori delle altre formelle, riferibili ad un divulgatore dei modi di [[Benedetto Antelami]] attivo al [[Battistero di Parma]]" .
 
Un documento datato 30 marzo 1194 riportato da [[Giovanni Battista Biancolini]] ci informa che in quello stesso anno i Canonici della Cattedrale conferirono alla Confederazione del Clero Intrinseco che officiava a San Zeno la possibilità di battezzare e, pertanto, fu necessario realizzare nella chiesa un [[battistero]]. Si ritiene che anche questo manufatto venne commissionato a Brioloto per via di alcune assonanze stilistiche con le sue opere.<ref name="DaLisca88">{{cita|Da Lisca, 1941|p. 88}}.</ref> Un'ulteriore iscrizione del 1212, collocata fino al 1732 in un cortiletto e oggi al [[museo lapidario maffeiano]], ricorda la ricostruzione di una porta nel monastero.<ref>{{cita|Simeoni, 1909|p. 18}}.</ref> Del medesimo periodo sono le [[colonne ofitiche]]<ref name="DaLisca89">{{cita|Da Lisca, 1941|p. 89}}.</ref> e la [[San Zeno che ride|statua del Santo Patrono]] collocata all'interno e opera di uno scultore anonimo.<ref>{{cita|Da Lisca, 1941|p. 92}}.</ref> Il 24 agosto 1225 il cardinale [[Adelardo Cattaneo]] morì e venne sepolto nel presbiterio della chiesa in un semplice sarcofago, poi rimosso nel XIX secolo per essere spostato nel chiostro; pertanto è probabile che in quell'anno quella parte della chiesa fosse già completa.<ref name=":5" /> In ogni caso lo era sicuramente intorno al 1300, quando si procedette alla realizzazione degli [[ambone|amboni]].<ref>{{cita|Da Lisca, 1941|p. 93}}.</ref>
Seguendo l'[[agiografia]] di Coronato, i riquadri rappresentano: il miracolo del carrettiere salvato dalle acque, San Zeno che pesca e accoglie i messi del re, San Zeno che libera l'ossessa dal demonio, Gallieno che offre al Santo la sua corona.
La storia del carrettiere, mancante di una grossa porzione sul lato destro, ha fatto avanzare al Mellini l'ipotesi di una doppia trilogia delle storie, di cui in origine questa sarebbe stata parte.
Probabilmente la sezione mancante doveva raffigurare il demonio.
Per una forma di "[[esorcismo]]", all'epoca non infrequente, la formella fu subito vandalizzata e la figura malefica eliminata.
Non essendo praticabile la mera sostituzione di essa in quanto anche la nuova formella probabilmente avrebbe subito la medesima sorte, quella fu accantonata e sostituita con una con nuovo soggetto.
Si sarebbero avute così nel tempo due serie di tre elementi ciascuna: una prima, comprendente San Zeno pescatore, il miracolo del carrettiere e dell'ossessa; una seconda in cui il miracolo del carrettiere è sostituito dalla formella con Gallieno che offre la corona al santo.
Comunque attualmente quell<nowiki>'</nowiki>"avanzo" è collocato al centro del secondo [[trittico]] partendo dal basso sul battente di destra, contestualmente alle altre tre storie. Esso rappresenta il carrettiere che cerca di trattenere i buoi, già entrati in acqua, aggrappandosi alla coda di quello alla sua destra, urlante ed agitante un lungo bastone mentre il carro già ha perso due ruote.
 
Il 23 maggio del 1238 nella basilica si tennero le sontuose nozze tra Selvaggia, figlia dell'[[imperatore del Sacro Romano Impero|imperatore]] [[Federico II di Svevia]], ed [[Ezzelino III da Romano]]; si presume che lo stesso imperatore abbia soggiornato nella [[Torre abbaziale di San Zeno|torre abbaziale]].<ref>{{cita|Patuzzo, 2010|p. 93}}.</ref><ref>{{cita|Solinas, 1981|p. 265}}.</ref>
Di qualche interesse è il fatto che l'episodio di [[Nabucodonosor II]] che condanna i fanciulli alla fornace, opera di un anonimo "primo maestro"; è riportato proprio nella formella a fianco di quella del carrettiere e quindi naturale "pendant" delle storie del santo se si ricorda che tale episodio è usato quale premessa al miracolo della chiesa risparmiata dalla piena narrato da [[Gregorio Magno]].
 
=== Trasformazioni gotiche e rinascimentali (XIV-XV secolo) ===
Sullo stesso registro, a destra di quest'opera, è la formella cronologicamente conclusiva del ciclo, rappresentante il dono della corona.
[[File:Basilica di San Zeno 11.jpg|miniatura|sinistra|verticale|La zona absidale della basilica, nelle cui murature si possono facilmente individuare alcune delle fasi costruttive dell'edificio.]]
Gallieno, con gesto reverente, offre la sua corona al vescovo [[mitra (copricapo)|mitrato]] che con la destra regge il bastone pastorale e con la sinistra accenna ad un gesto di meraviglia, di ricusazione o di benedizione.
In essa è visibile la traccia di un "pentimento": il re offre la corona con la mano destra, che ha però la morfologia della sinistra, forse frutto di un successivo "girarsi" del personaggio rispetto alla scena di prima ideazione.
Immediatamente sopra, è la formella rappresentante l'episodio della figlia dell'imperatore.
 
Tra la fine del XIII secolo e il principio del XIV la città di Verona trascorse un periodo caratterizzato da un grande fermento costruttivo in cui si andarono a realizzare o a riedificare numerosi edifici, soprattutto religiosi. Ad esempio si possono citare la [[Chiesa di Sant'Eufemia (Verona)|chiesa di Sant'Eufemia]], incominciata dagli [[Agostiniani]] nel 1275, la ricostruzione della [[Chiesa di San Paolo (Verona)|chiesa di San Paolo in Campo Marzio]] e, nei primi del Trecento, la fondazione della [[basilica di Santa Anastasia]] da parte dei [[Domenicani]]. Caratteristica di tutti questi edifici fu l'utilizzo del solo laterizio per le murature al posto dell'alternarsi di questo con il tufo che aveva conferito alle costruzioni precedenti il tipico aspetto del [[Architettura romanica veronese|romanico veronese]], con il susseguirsi di fasce rosse e bianche.<ref>{{cita|Da Lisca, 1941|p. 119}}.</ref>
La scena si svolge sotto un arco sostenuto da due colonne ed in essa ricorrono tutti i motivi [[iconografia|iconografici]] fin qui più volte visti circa l'ossessione e l'[[esorcismo]]: la donna, il cui corpo traspare dalle pieghe delle vesti, torce ad arco verso il santo l'addome, la testa volta all'indietro, mentre un diavoletto [[antropomorfismo|antropomorfizzato]], con lunga barba terminante in tre punte, con corna e lunga coda che gli si attorciglia tre volte intorno alla gamba destra che termina con uno zoccolo, le esce dalla bocca e sembra fuggire verso l'alto.
Un personaggio tonsurato in tonaca e sotto-veste, probabilmente un religioso, trattiene con la destra il moto ossessivo e con la sinistra regge la testa rivolta all'indietro dell'indemoniata. Anche il santo la trattiene, spingendo verso il basso il suo braccio che pare irrigidito mentre con la destra la benedice con indice e medio congiunti.
La decorazione del manto del santo è data da un motivo che sembra voler essere fatto a stelle.
I più recenti restauri, dopo la pulitura hanno evidenziato coloriture celesti nel fondale. La presenza di tracce di colore in altre formelle, testimonia che in origine le formelle bronzee erano colorate, per cui l'aspetto originario del portale non è quello che appare oggi.
 
A quel tempo l'abside delle basilica di San Zeno era ancora quello risalente al X secolo tanto che quella maggiore dovette figurare troppo bassa per il suo catino, troppo angusta nel suo giro e, quindi, stonata rispetto alla spaziosa e alta chiesa che era stata da poco tempo ultimata. Venne di conseguenza deciso di ampliarla ma sembra che tale lavoro sia avvenuto in tempi diversi: la prima fase dovrebbe essere collocata intorno all'anno 1300 mentre la seconda potrebbe essere stata portata a termine verso la fine del secolo XIV.<ref>{{cita|Da Lisca, 1941|p. 121}}.</ref> Intorno alla fine del Trecento si trovava a Verona l'architetto [[Giovanni da Ferrara]] che, insieme a Giacomo da Gozo, aveva progettato il [[ponte delle Navi]] per [[Cansignorio]] e, molto probabilmente, il [[ponte di Castelvecchio]]. Fu l'abate Ottonello Pasti che lo incaricò di concludere l'ampliamento e apportare altre modifiche. Giovanni incominciò i lavori il 24 marzo 1386 e, dopo alcune interruzioni dovute a vicende politiche, li portò a termine nel luglio del 1398 sempre coadiuvato dal figlio Nicolò.<ref>{{cita|Da Lisca, 1941|pp. 130–131}}.</ref> L'abside così rinnovata, in [[architettura gotica|stile gotico]], venne poco tempo dopo adornata di affreschi dall'abate Pietro Paolo Cappelli, il cui stemma è scolpito sull'[[arco trionfale]], e dall'abate Pietro Emilei, l'ultimo abate monaco a capo dell'abbazia, che vanitosamente pose la sua [[Arma (araldica)|arma nobiliare]] nella [[chiave di volta]] e sul pilastro dello stesso arco.<ref name=Benini214/><ref>{{cita|Da Lisca, 1941|p. 131}}.</ref>
Immediatamente a sinistra di questa scena è la formella col santo intento a pescare in riva all'Adige.
San Zeno indossa una semplice tonaca, ampiamente descritta nel drappeggio della parte inferiore, seduto su una sorta di scanno semicircolare.
L'autore dell'opera cerca anche di dare l'illusionismo dei pesci rifratti nell'acqua.
Schiacciati sullo sfondo, quasi a voler dare la sensazione di un'altra riva, due personaggi, uno visto di fronte, l'altro a tre quarti, osservano il santo con le mani conserte.
Un calderone pieno di pesci pende, al centro della formella, da un ipotetico ramo.
 
[[File:Breviario_-_abbazia_San_Zeno_(sec._XV).jpg|miniatura|Breviario in uso nell'abbazia di San Zeno nel XV secolo e oggi custodito presso la [[biblioteca civica di Verona]].]]
La terza delle formelle rettangolari partendo dall'alto, sotto quella raffigurante San Paolo, sulla porta di destra, raffigura, sotto un arco colonnato, San Zeno barbuto, in abito vescovile che con la destra benedice stendendo le prime tre dita e con la sinistra regge il [[Pastorale (liturgia)|bastone pastorale]].
 
Nonostante questi lavori migliorativi, durante tutto il XIV secolo il monastero sperimentò un periodo di forte decadenza: i monaci erano oramai pochi e le disponibilità economiche si erano notevolmente ridotte a seguito delle spogliazioni perpetrate dagli [[Scaligeri]]. Il 24 giugno 1405, con la [[dedizione di Verona a Venezia]], la città passò sotto il controllo della [[Serenissima]] e a capo di San Zeno cessarono di esserci gli abati monaci e incominciò, nel 1425, il periodo degli [[abate commendatario|abati commendatari]].<ref name=":7">{{cita|Da Lisca, 1941|p. 138}}.</ref><ref>{{cita|Valenzano, 1993|p. 12}}.</ref>
=== Il frontone ===
Il [[frontone]] segna esternamente alla chiesa la sommità della navata centrale. Il frontone triangolare è di marmo bianco. Questo marmo crea un contrasto con il resto della facciata della chiesa fatta in tufo, pietra e percorso centralmente da sette [[lesena|lesene]] in marmo rosa.
 
[[File:Carta Almagià Verona.jpg|miniatura|sinistra|Particolare della Carta d'Almagià (1440), con l'[[Abbazia di San Zeno (Verona)|abbazia di San Zeno]] in basso a sinistra.]]
[[Max Ongaro]] nel 1905 scoprì graffiti sul [[timpano (architettura)|timpano]] relativi ad un grande ''Giudizio Universale''. Lo riprodusse in calco e lo illustrò sul "Bollettino d'arte del Ministero della Pubblica Istruzione". L'opera del ''Brioloto'' e di ''Adamino da San Giorgio'' è una delle più importanti ed antiche rappresentazioni veronesi del ''Giudizio Universale''.
 
Marco Emilei, successore dell'abate Pietro, venne creato abate commendatario da papa [[papa Martino V|Martino V]] e si occupò di fornire al monastero alcune nuovi ordinamenti, tra cui separare la mensa abbaziale da quella monastica, stabilire che i monaci residenti non fossero mai meno di dodici mentre i [[Frate converso|frati conversi]] dovevano essere almeno in tre. Fece, inoltre, in modo che vi fosse una rendita stabile di 500 [[fiorino|fiorini]] d'oro per il mantenimento della struttura e ottenne dal Pontefice l'invio di tre frati che si occupassero di riformare il convento secondo la [[regola benedettina]] di questi. Per adempiere a tale riforma e in particolare per raggiungere il numero minimo di monaci, si dovettero accogliere altri religiosi tedeschi che, in breve tempo, divennero padroni dell'[[Abbazia di San Zeno (Verona)|abbazia di San Zeno]]. Nel 1450 il monastero strinse un patto di alleanza e di fraternità con il [[Abbazia di Muri-Gries|monastero di San Quirino]] e l'[[abbazia di Tegernsee]].<ref name=":8">{{cita|Da Lisca, 1941|p. 132}}.</ref> Fu solamente con la [[peste del 1630]] che i monaci tedeschi vennero rimossi dall'abbazia; passata la terribile epidemia ne giunsero altri dalla Germania ad occupare i posti vacanti, ma vi fu l'opposizione dell'abate Pietro Contarini che ottenne dalla [[Repubblica di Venezia]] un decreto per cui nel monastero potessero risiedere esclusivamente veronesi o, al limite, veneti.<ref name=":8" /> Così, Contarini, chiamò i [[Congregazione vallombrosana|monaci vallambrosiani]] per riempire il monastero.<ref name="Valenzano13" />
L'opera aveva al centro il Cristo in trono con a fianco due angeli, da Maria e da san Giovanni evangelista. Al di sotto gli Apostoli e ai lati gli eletti ed i reprobi. Dalla parte degli eletti [[Abramo]] li tiene in grembo, degli angeli portano in cielo un re, un vescovo e due santi e i morti si alzano dalle tombe al suono delle trombe angeliche.
 
[[File:Abbazia San Zeno Verona (Paolo Ligozzi).jpg|miniatura|Disegno di [[Paolo Ligozzi]] in cui è raffigurata l'abbazia intorno al XVII secolo.]]
Dalla parte dei dannati gli angeli li cacciano con la spada e suonano trombe di giustizia. Fra i dannati un vescovo, un re e una donna. Cinque donne li seguono ed una di esse tira la barba al diavolo. Sullo sfondo le fiamme ardono i dannati e un diavolo li punisce.
 
Nel 1443 venne consacrato abate [[Gregorio Correr]] e, grazie a lui, vennero eseguiti importanti lavori e innovazioni nella basilica. Fino ad allora l'ufficiatura e il canto dei salmi si teneva nella cripta e questa, non avendo ancora un'abside abbastanza grande, essendo ancora quella del X secolo, finiva per essere in gran parte occupata dal presbiterio e dal coro. Lo spazio per i fedeli era insufficiente, specie nei giorni di solennità. La chiesa superiore, invece, offriva un ambiente più comodo e salubre.<ref name=":7" /> Il Correr, anche al fine di accrescere l'onore del suo casato, volle eseguire a proprie spese il coro e il nuovo altare maggiore.<ref name=":7" /> Alla sua morte, comunque, il coro non era ancora stato ultimato ma nel suo testamento fece disporre che venisse portato a compimento dagli eredi a proprie spese nella forma con cui era stato incominciato.<ref>{{cita|Da Lisca, 1941|p. 141}}.</ref> Gregorio Correr fu anche il committente della celebre ''[[Pala di San Zeno]]'', dipinta da [[Andrea Mantegna]] per l'altare maggiore della basilica.<ref name="uno">{{cita|Ciatti e Marini, 2009|pp. 25–26}}.</ref><ref>{{cita|Da Lisca, 1941|pp. 277–281}}.</ref>
== L'interno ==
[[File:Verona SZeno1 tango7174.jpg|thumb|L'interno di san Zeno]]
 
Nella seconda metà del Quattrocento si provvide anche a restaurare la [[sagrestia]], posizionata sopra il sacello di San Benedetto. Sembra che i lavori fossero iniziati grazie all'impegno dell'abate Jacopo Surain (1464-1482) il quale comunque non visse abbastanza a lungo per vedere finita l'opera e quindi dispose un [[Legato (diritto)|legato]] per garantirne la conclusione, come sappiamo da un necrologio del monastero. I lavori, interrotti, vennero quindi ripresi e terminati dal suo successore, il cardinale [[Giovanni Battista Zeno]].<ref>{{cita|Da Lisca, 1941|p. 143}}.</ref>
Com'è d'uso nelle chiese romaniche, l'interno della chiesa è posto su tre livelli di altezza, dal basso: la ''Cripta'' (una vera e propria chiesa nella chiesa), la parte centrale (detta anche [[chiesa plebana]]) e il [[Presbiterio]] (la parte contenente l'altare maggiore).
 
=== Adattamenti e rifacimenti dal XVI secolo a oggi ===
=== La cripta ===
[[File:San Zeno a Verona 1770.jpg|miniatura|sinistra|Il [[Abbazia di San Zeno (Verona)|complesso abbaziale di San Zeno]] nel 1770, pochi decenni prima della sua soppressione.]]
La [[cripta]] è del [[X secolo]], dal [[921]] il corpo del santo è [[:File:Saint Zeno Abbey in Verona - Crypt.jpg|custodito in un sarcofago a vista]] con il volto coperto da una maschera d'argento. È una chiesa completa all'interno della Basilica. Ha una struttura particolare, è suddivisa in nove navate con gli archi sostenuti da ben 49 colonne, che hanno la particolarità di avere tutti capitelli differenti.
 
Al principio del XVI secolo si affermò, in Italia, uno spirito nuovo che coinvolse soprattutto le arti. La scoperta del trattato ''[[De architectura]]'' di [[Vitruvio]] diede uno dei maggiori impulsi a questo nuovo stile e gusto che si espressero pienamente in quella che verrà più tardi definita come [[architettura rinascimentale]].<ref>{{cita|Da Lisca, 1941|p. 155}}.</ref> Anche la basilica di San Zeno fu coinvolta in questi cambiamenti, tanto che all'inizio del XVI secolo si eseguirono molte opere, tra cui abbattimenti, trasformazioni e spostamenti, che contribuirono a conferire alla chiesa l'aspetto definitivo. Vennero, tra l'altro, demoliti il [[pontile-tramezzo]] (la stessa cosa venne fatta nel [[Duomo di Verona|Duomo]] del 1534, a [[chiesa di San Fermo Maggiore|San Fermo Maggiore]] nel 1573 e a [[Basilica di Santa Anastasia|Santa Anastasia]] nel 1580) e le scalette laterali. Inoltre, si realizzò una grande scala che, chiudendo i tre accessi centrali alla cripta ed estendendosi per tutta la larghezza della nave maggiore, permetteva di salire dalla chiesa plebana alla chiesa superiore. Il [[Coro (architettura)|coro]] venne rimosso dalla chiesa superiore e, a seguito della demolizione dell'altare quattrocentesco e della ricollocazione del trittico nel fondo dell'abside, fu realizzato un nuovo [[altare maggiore]] posto sotto l'arco trionfale.<ref>{{cita|Da Lisca, 1941|p. 157}}.</ref> Nel complesso, il lavoro fu condotto con molta cura e conservando la maggior parte del coro del Quattrocento.<ref name=DL158/> Per il nuovo altare si usufruì del materiale proveniente dalla demolizione del vecchio; si trovano, infatti, su di esso dei pezzi di pilastri in laterizio come materiale di reimpiego.<ref name=DL158>{{cita|Da Lisca, 1941|p. 158}}.</ref> Nel 1535 era compiuto il [[fornice]] del nuovo altare laterale, spiccatamente di gusto rinascimentale, dedicato alla Vergine.<ref>{{cita|Da Lisca, 1941|pp. 159–160}}.</ref>
Qui, secondo la tradizione, si sposarono Romeo e Giulietta, nella celebre opera di Shakespeare.
 
[[File:San Zeno in Verona.jpg|miniatura|La basilica in una fotografia del 1860 circa di [[Moritz Lotze]].]]
''Adamino da San Giorgio'', scultore locale, nel [[1225]] scolpì sugli archi di accesso decorazioni basate su soggetti non religiosi: animali fantastici e mostruosi. La cripta fu ristrutturata nel [[XIII secolo]] e [[XVI secolo]].
 
Nei primi anni del XVI secolo, ai tempi dell'abate Marco Cornelio, vennero terminati i lavori per l'altare maggiore con la costruzione sulla sua mensa di un grandissimo [[tabernacolo]], oggi capovolto e utilizzato come pilastro dell'[[acquasantiera]], la prima entrando da sinistra. L'architetto Da Lisca ritenne che a questa occasione sia attribuibile anche la modifica dei pavimenti dell'abside e del monastero.<ref>{{cita|Da Lisca, 1941|p. 169}}.</ref> Altre modifiche all'altare maggiore vennero apportate dal cardinale e abate [[Carlo Rezzonico (cardinale)|Carlo Rezzonico]] nel 1771 il quale, a proprie spese, fece aggiungere un corpo anteposto con nuovo tabernacolo. Lo stesso Rezzonico fece fondere le due antiche campane risalenti al 1149 in un'unica.<ref name=":9">{{cita|Da Lisca, 1941|p. 170}}.</ref>
=== Parte centrale ===
La parte centrale detta anche ''"chiesa plebana"'' è a tre [[navata|navate]], longitudinali. Le navate sono delimitate da possenti pilastri con sezione a forma di croce in alternanza a colonne sormontate da capitelli con motivo zoomorfo e [[Ordine corinzio|capitelli corinzi]] spesso recuperati da edifici romani preesistenti. Il soffitto è ligneo e carenato ed è datato [[XIV secolo]].
 
Il 5 dicembre 1770 la Serenissima decretò la soppressione dell'[[Abbazia di San Zeno (Verona)|abbazia di San Zeno]]<ref name=":0" /> i cui beni immobiliari passarono in buona parte agli Ospedali Civili di Verona mentre il fondo librario andò a costituire il primo nucleo della [[biblioteca civica di Verona|biblioteca civica]].<ref name=Valenzano13>{{cita|Valenzano, 1993|p. 13}}.</ref> Quando, nel 1816, venne soppressa la vicina [[chiesa di San Procolo (Verona)|chiesa di San Procolo]], la parrocchia locale passò alla chiesa di San Zeno e l'abate guadagnò anche il titolo di arciprete. Inoltre, a San Zeno vennero portate le sculture, le lapidi e gli altari che si trovavano nella precedente chiesetta parrocchiale oramai inutilizzata.<ref name=":9" /> Nel 1801 si diede inizio alla demolizione di parte del complesso abbaziale.<ref name=Valenzano13/>
Fra la parte centrale e il presbiterio vi sono numerose opere d'arte pittoriche, dal [[XIII secolo|XIII]] al [[XVI secolo]] e sculture dal [[XII secolo|XII]] al [[XIV secolo]]. Fra le altre una croce stazionale di [[Lorenzo Veneziano]], la coppa di porfido che faceva parte delle terme romane della città alle quali è legata una [[Zeno di Verona#I miracoli|leggenda]], il battistero di marmo ottagonale del [[XIII secolo]], la ''Pala della Madonna e Santi'' di [[Francesco Torbido]], l'affresco del [[XIII secolo]] di [[San Cristoforo]].
 
[[File:Anderson, Roma - n. 12343 - Verona - Basilica di S. Zeno Maggiore.jpg|miniatura|sinistra|San Zeno in una fotografia scattata probabilmente da [[James Anderson (fotografo)|James Anderson]] intorno alla fine del XIX secolo.]]
=== Presbiterio ===
[[File:Verona Italy San Zeno DSC07766.JPG|thumb|"San Zen che ride"]]
[[File:MantegnaSanZeno.jpg|miniatura|destra|[[Andrea Mantegna]], [[Pala di San Zeno]]]]
[[File:San Zeno - affresco.jpg|left|thumb| San Zeno - affresco trecentesco posto nell'abside dietro la grande pala del Mantegna e proprio per questo di norma invisibile al pubblico - si noti la strana carnagione chiara (San Zeno è noto come il'' Vescovo Moro'' - della Mauritania), la presenza della barba e l'assenza del pesciolino pendente dal pastorale]]
 
Il 1838 fu un anno importante per le vicende della basilica in quanto vennero trovate le reliquie del santo patrono. Le ricerche erano incominciate già con il passaggio della sede parrocchiale da San Procolo a San Zeno ma, dopo molte infruttuose fatiche, il 22 marzo vennero scoperte le ossa. Si decise, tuttavia, di aspettare che passasse la [[Pasqua]] per l'[[estumulazione]] completa e quindi il 20 aprile successivo, alla presenza di una commissione numerosa, venne aperta la tomba; l'abate Cesare Cavattoni lasciò una particolareggiata descrizione dell'avvenimento.<ref group=N>L'abate Cesare Cavattoni ci informa che vennero trovate le ossa «coperte da un velo o veste di seta mezzo marcita che doveva essere di color pavonazzo»; sul teschio «avanzi di un berretto con una pignetta o fiocco bislungo di metallo indorato». Vennero poi trovati alcuni vestimenti di seta gialla «coperti a quadriglia con fiori di colore pavonazzo quasi corrosi dal tempo». In {{cita|Da Lisca, 1941|p. 175}}.</ref><ref>{{cita|Da Lisca, 1941|p. 175}}.</ref> Le sacre spoglie vennero ricomposte e collocate in un'urna di legno dorato con vetri ai lati. In seguito, per riverenza, le ossa vennero vestite da un paludamento (indumento solenne) episcopale di seta rossa ricamata in oro.<ref>{{cita|Da Lisca, 1941|p. 176}}.</ref> Nel 1870 venne demolito lo scalone centrale e recuperate le vecchie scale laterali; contestualmente venne realizzato il [[pontile-tramezzo]] che separa la chiesa plebana dal presbiterio sulla cui balaustra vennero collocate tredici statue di epoca medievale.<ref name="DaLisca88" />
Il [[presbiterio]] è soprelevato rispetto al piano basilicale, ed è raggiungibile tramite due scalinate poste nelle navate laterali.
 
Tra il 1927 e il 1931, l'allora soprintendente [[Alessandro Da Lisca]] diresse un cantiere che ebbe lo scopo principale di ricollocare il celebre [[Pala di San Zeno|trittico di San Zeno]], dipinto da [[Andrea Mantegna]] poco dopo la metà del XV secolo, all'interno della chiesa dopo che era stato spostato al [[Museo di Castelvecchio|museo civico cittadino]] per preservarlo durante la [[prima guerra mondiale]].<ref>{{cita|Da Lisca, 1941|p. 179}}.</ref> Alla fine del 1930 si costruì, pertanto, un nuovo altare maggiore (l'attuale) aggiungendo una muratura sul vecchio blocco di fondazione.<ref>{{cita|Da Lisca, 1941|p. 189}}.</ref> Nell'anno successivo si diede inizio al restauro dei dipinti dell'abside e dell'arco trionfale, alla realizzazione di nuove vetrate e alla riapertura della finestra posta sul fianco meridiano.<ref>{{cita|Da Lisca, 1941|p. 190}}.</ref>
Sull'altare maggiore vi è il sarcofago di [[San Lupicino]], [[San Lucillo]] e [[San Crescenziano]] tutti e tre vescovi veronesi. A sinistra dell'[[abside]] sopra l'entrata della [[sagrestia]] troviamo un dipinto della scuola di [[Altichiero]]<ref>Secondo alcuni studiosi, l'opera è da attribuirsi al Maestro.</ref>, ''la Crocifissione'', e nella piccola [[abside]] di sinistra la statua in marmo rosso e colorato che ritrae il patrono detta il "[[San Zen che ride]]", eseguita da un anonimo del [[XII secolo]], che rappresenta probabilmente l'icona più importante dei veronesi. Alla destra della porta della sacrestia vi è un pannello votivo raffigurante ''San Zeno che presenta gli offerenti alla Madre di Dio'', del [[XIV secolo]].
 
Nel 1938, in occasione della ricorrenza del centenario del ritrovamento del corpo del santo patrono, vennero eseguiti alcuni lavori nell'abside della cripta al fine di migliorarne le condizioni igieniche e di renderla più decorosa, così come si fece con la tomba di San Zeno.<ref>{{cita|Da Lisca, 1941|p. 193}}.</ref>
L'opera più importante del ''Presbiterio'' è la [[pala di San Zeno|pala]] di [[Andrea Mantegna]], considerato un capolavoro della pittura del [[Rinascimento italiano]]. Il soggetto del polittico è nel trittico superiore la ''Madonna con Bambino e santi'' e nella [[predella]] scene della vita di [[Gesù]]. Il polittico fu portato via dai francesi di [[Napoleone Bonaparte|Napoleone]] nel [[1797]]. Fu recuperata la parte superiore dopo anni, mentre la predella rimase in [[Francia]] ed oggi quella che si vede in loco è una copia, opera di Paolino Caliari, discendente di [[Paolo Veronese]].
 
=== AltriDescrizione interni ===
=== Esterno ===
Le altre parti interne facevano parte dell'[[Abbazia di San Zeno (Verona)|Abbazia]] in parte distrutta. Si ricorda il chiostro, che al suo interno contiene una edicola e il ''Sacello di [[San Benedetto]]''.
[[File:Verona Basilica di San Zeno Maggiore 08.jpg|miniatura|verticale|Il prospetto laterale, in cui si osservano i diversi materiali utilizzati: cotto e tufo alternati per la fase più antica ed esclusivamente tufo nella parte più vicina alla facciata, segno dell'ampliamento avvenuto in un secondo momento.]]
[[File:Verona SZeno3 tango7174.jpg|thumb|center|upright=2|Il chiostro]]
 
L'esterno della basilica di San Zeno rappresenta uno degli esempi più armoniosi e omogenei di [[architettura romanica]] dell'Italia settentrionale. La facciata, realizzata in tufo (similmente a come si operò per il [[Duomo di Verona|duomo]] e [[chiesa di San Giovanni in Valle|San Giovanni in Valle]]), risale all'ultimo intervento di ampliamento della chiesa dei primi decenni del XII secolo, nonostante alcuni elementi, tra cui il protiro e il [[Porta della basilica di San Zeno|portale della chiesa]], risalgano alla facciata precedente da cui sono stati smontati e qui ricollocati, con i dovuti aggiustamenti. Celebre il grande rosone centrale chiamato "[[Rosone della basilica di San Zeno|Ruota della Fortuna]]" per via della sua simbologia. Il fianco meridionale, invece, sembra essere stato realizzato in momenti diversi in altrettanti stili.<ref>{{cita|Arslan, 1939|pp. 183–187}}.</ref> Il complesso è completato da un imponente ed elegante campanile e dagli edifici superstiti dell'antica [[Abbazia di San Zeno (Verona)|abbazia di San Zeno]], tra cui il chiostro, il sacello di San Benedetto e la [[Torre abbaziale di San Zeno|torre abbaziale]].
== La parte esterna, il campanile e San Procolo ==
=== Il campanile ===
[[File:594VeronaSZenoMaggiore.JPG|thumb|left|Il campanile.]]
Il [[campanile]] è staccato dalla chiesa. La torre campanaria è alta 62 metri. I lavori di costruzione e restauri iniziarono nel [[1045]] con l'''abate Alberico'' e finirono nel [[1173]] con il "maestro Martino" anche se è certo che vi fosse una torre campanaria precedente, edificata nei secoli VIII-IX. Un lungo lavoro interrotto dal terremoto del [[1117]] con il restauro seguente del [[1120]]. Il campanile riprende lo stile della chiesa, sopra la zoccolatura alterna fasce di tufo e cotto che ne dona la sua bicromia.
 
==== Facciata ====
Vista l'altezza, è diviso in 5 piani da cornici ad archetti di tufo ed ha un doppio ordine di trifore. La cuspide svetta sulla cima del campanile ed ha quattro pinnacoli angolari. È decorato all'esterno da sculture romane.
[[File:Verona Basilica di San Zeno Maggiore 12.jpg|miniatura|sinistra|La [[facciata]] della basilica di San Zeno.]]
 
Osservando la [[facciata]] della basilica di San Zeno si può distinguere la suddivisione in tre parti che ripetono l'impostazione degli spazi all'interno: le due laterali corrispondenti alle due navate minori, che vanno dagli estremi fino alle grandi [[lesena|lesene]] triangolari, e la centrale corrispondente alla navata maggiore, compresa tra le lesene stesse.<ref>{{cita|Da Lisca, 1941|p. 41}}.</ref> Nelle due parti laterali la muratura è costituita da dadi di [[tufo]] mentre la galleria è realizzata in pietra identica a quella del fianco meridionale. Sul cornicione, sotto lo spiovente, semplici mensole reggono [[Archetti pensili|archetti]] a doppia ghiera scolpiti con sottili e bassi rilievi; successivamente vi è il [[fregio]] scolpito in marmo greco da [[Adamino da San Giorgio|Adamino]] a sostituire l'originale.<ref name="DaLisca42">{{cita|Da Lisca, 1941|p. 42}}.</ref>
Già nel 1498 ospitava 6 campane (per approfondire si veda [[Campane alla veronese]]). La più grande, fusa nel 1423, sfiora la tonnellata di peso ed emette la nota Sol bemolle: ha un diametro di oltre un metro. Le altre, in accordo frigio sono degli anni 1423, 1498, 1067 e 1149 ma quest'ultime due sono state rifatte nel 1755. La più antica è ottagonale e, nel 2005, è stata datata da un gruppo di esperti austriaci, tedeschi ed italiani, risalente ai secoli VIII-X: ciò ne farebbe una fra le più antiche campane esistenti. Aveva una funzione particolare: veniva suonata in occasione dei temporali ed è esposta benché ancora perfettamente funzionante.
 
Sulla parte destra della facciata, centralmente e poco sopra la galleria delle finestre, è stato inserito un piccolo [[bassorilievo]] in tufo, databile per il suo stile agli inizi del XII secolo, nel quale sono rozzamente stilizzate tre figure poste in piedi tra alcune piante: al centro vi è Cristo con l'aureola crucifera, a sinistra un Santo e a destra un abate (ora privo di testa) col pastorale, che offre al Redentore il modello della chiesa e del campanile completato con la cella e con due soli balconi per lato. È possibile ritenere che il modello possa raffigurare la chiesa come era stata progettata nel prolungamento e che indichi come si intendeva realizzare (o come si era già compiuto) il campanile iniziato nel 1046 dall'abate Alberico.<ref name="DaLisca42" />
=== La chiesa di San Procolo ===
{{vedi anche|Chiesa di San Procolo (Verona)}}
 
Nella parte centrale della facciata si possono distinguere due, ulteriori, zone: quella inferiore che da terra giunge fino alla cornice del grande [[rosone]] (detto "[[Rosone della basilica di San Zeno|Ruota della Fortuna]]"), comprendente il [[Portale (architettura)|portale]] e il [[protiro]], e quella superiore con il rosone e il [[timpano (architettura)|timpano]]. La due zone sono divise da una cornice di archetti a dente di sega interrotta nella parte mediana dalla grande Ruota. Ugualmente alle parti laterali, anche quella centrale termina con un cornicione ad archetti posto sotto gli spioventi e dal fregio di Adamino.<ref>{{cita|Da Lisca, 1941|p. 43}}.</ref>
[[File:598VeronaSProcolo.JPG|thumb|Chiesa di San Procolo]]
 
===== Il rosone e il frontone =====
[[Procolo di Verona|San Procolo]] fu il quarto vescovo di Verona. La chiesa a lui dedicata ne conserva le sue spoglie. La prima erezione fu del periodo paleocristiano [[V secolo|V]] o [[VI secolo]] all'interno della necropoli pagano-cristiana lungo la via Gallica.
{{vedi anche|Rosone della basilica di San Zeno}}
[[File:Basilica di san Zeno VR 4.jpg|miniatura|Il [[Rosone della basilica di San Zeno|rosone della basilica]] realizzato da [[Brioloto de Balneo]]. Sul [[timpano (architettura)|timpano]] del [[frontone]] una volta era rappresentato un ''Giudizio Universale''.]]
 
Il [[rosone]], che fu opera di [[Brioloto de Balneo]], è decorato da sei statue che raffigurano le alterne fasi della vita umana, ovvero della Fortuna (nel senso latino di "destino") e per questo è conosciuta come "[[Rosone della basilica di San Zeno|Ruota della Fortuna]]".<ref>{{cita|Patuzzo, 2010|p. 97}}.</ref> Essa, così concepita da Brioloto, risulta divisa in dodici settori da altrettante paia di colonnette di marmo rosso a fusto esagonale, ornate da capitelli a foglie e a figure animalesche. Al centro vi è un cerchio, o mozzo, internamente aperto e coronato di dodici [[Lobo (architettura)|lobi]], mentre altrettanti lobi maggiori collegano i capitelli binati. Esternamente è circondato da una ghiera a tre gradini in marmo bianco e azzurro, terminante in una cornice in pietra che funge da raccordo col piano delle lesene. Nell'ultimo gradino in marmo si trovano disposte ritmicamente sei figure scolpite in marmo greco rappresentanti i mutamenti del destino dovuti alla Fortuna: le due centrali, in alto e in basso, rappresentano rispettivamente i momenti della maggior fortuna e del suo massimo abbandono, mentre quelle laterali i passaggi intermedi, ovvero a destra la transizione dalla felicità alla miseria e a sinistra il ritorno allo stato di fortuna. Sul mozzo della Ruota gira una scritta che spiega il concetto simbolico: all'esterno si legge «En ego Fortuna moderor mortalibus una. / Elevo, depono, bona cunctis vel mala dono.», mentre all'interno «Induo nudatos, denudo veste paratos; / in me conidit si quis, derisus abibit».<ref>{{Cita|Musetti, 2015|p. 395}}.</ref>
== Altre immagini ==
<gallery>
Immagine:basilicasanzenoverona.jpg| [[Piazza San Zeno]] con la basilica
Immagine:Verona Italy San Zeno DSC08195.JPG|Vista laterale
Immagine:Verona Italy San Zeno DSC08194.JPG|Il campanile
Immagine:Verona Italy San Zeno DSC07754.JPG|Il chiostro
 
[[File:Giudizio Universale - San Zeno.jpg|miniatura|sinistra|verticale=1.5|Una riproduzione di [[Giuseppe Gerola]] del graffito del ''Giudizio Universale'', un tempo presente sul timpano della facciata.]]
Immagine:Verona Italy San Zeno DSC07752.JPG|La basilica vista dal chiostro
Immagine:Basilica di San Zeno.jpg|L'interno
File:Verona SZeno2 tango7174.jpg|Il presbiterio sopra la cripta
Immagine:Verona Italy San Zeno DSC08205.JPG|L'altare
 
Il [[frontone]], che segnala esternamente la sommità della navata centrale, è di marmo bianco, creando così un contrasto con il resto della facciata della chiesa, fatta in tufo e pietra, e con le sette [[lesena|lesene]] in marmo rosa che lo percorrono e scandiscono. [[Massimiliano Ongaro]] nel 1905 scoprì graffiti sul [[timpano (architettura)|timpano]] relativi a un grande ''Giudizio Universale''. Lo storico [[Giuseppe Gerola]] lo riprodusse in calco e lo illustrò sul ''Bollettino d'arte del Ministero della Pubblica Istruzione''. L'opera, attribuita a Brioloto e ad Adamino da San Giorgio, è una delle più importanti e antiche rappresentazioni veronesi del ''Giudizio Universale''.<ref name=Benini215>{{cita|Benini, 1988|p. 215}}.</ref> Essa aveva al centro il Cristo in trono con a fianco due angeli, Maria e san Giovanni evangelista. Al di sotto gli Apostoli e ai lati gli eletti e i reprobi. Dalla parte degli eletti [[Abramo]] li tiene in grembo, degli angeli portano in cielo un re, un vescovo e due santi e i morti si alzano dalle tombe al suono delle trombe angeliche. Dalla parte dei dannati gli angeli li cacciano con la spada e suonano trombe di giustizia. Fra i dannati un vescovo, un re e una donna. Cinque donne li seguono e una di esse tira la barba al diavolo. Sullo sfondo le fiamme ardono i dannati e un diavolo li punisce.<ref>{{cita|Da Lisca, pp. 85-86}}.</ref><ref>{{cita pubblicazione|autore=[[Giuseppe Gerola]]|anno=1908|rivista=Bollettino d'Arte, fascicolo XII|mese=dicembre|titolo=Il giudizio universale scoperto a S. Zeno di Verona}}</ref>
Immagine:Verona Italy San Zeno DSC08213.JPG|Alcuni degli affreschi
Immagine:VeronaSZenoMaggScultureSxPresent.jpg|Dettaglio di un bassorilievo, raffigurante Gesù nel Tempio
Immagine:VeronaSZenoMaggScultureDxCreazAdamo.jpg|Dettaglio di un bassorilievo, raffigurante la Creazione di [[Adamo]]
Immagine:Pronze panel.jpg|Dettaglio di un pannello di bronzo del portale
 
===== Il protiro =====
Immagine:VeronaSZenoMaggStipite.jpg|Decorazioni sullo stipite del portale
[[File:Verona Basilica di San Zeno Maggiore Portal 3.jpg|miniatura|Il [[protiro]] del maestro [[Niccolò (scultore)|Niccolò]]. La scena rappresentata nella [[lunetta]], realizzata nel 1138, attesta la nascita del [[comune medievale]] di Verona.]]
Immagine:VeronaSZenoMagLeone.jpg|Leone che sostiene una colonna
</gallery>
 
Il [[protiro]] è firmato dal maestro [[Niccolò (scultore)|Niccolò]] ed è stato realizzato nel XII secolo, tuttavia è probabile che vi siano state successive manomissioni che ne abbiano compromesso l'armonicità. Appare di forma molto semplice, senza [[strombatura]], limitandosi a coprire con il baldacchino ad unica [[Cuspide (architettura)|cuspide]] una parte delle cinque lesenette di facciata e lasciando in ciascun lato, prima della grande lesena, una zona di riposo con le due bifore cieche della galleria.<ref>{{cita|Da Lisca, 1941|p. 45}}.</ref><ref name=Puppi-facciata/> Il baldacchino è sorretto su due [[telamoni]] rannicchiati, sui quali, in ideale prolungamento delle stesse colonne, sono scolpiti i bassorilievi dei santi [[san Giovanni Battista|Giovanni Battista]] e [[san Giovanni Evangelista|Giovanni Evangelista]]. Sull'arco risaltano l'Agnello e la mano di Dio benedicente con una scritta latina che tradotta recita «La destra di Dio benedica le genti che entrano per chiedere cose sante». Alla base due leoni [[Stiloforo|stilofori]] rappresentano i guardiani della chiesa, coloro che impediscono l'entrata delle anime immeritevoli (non a caso trattengono sotto le loro zampe due intrusi), mentre le due colonne simboleggiano il "diritto" e la "fede".<ref name=Puppi-facciata>{{cita|Puppi, 1981|La facciata}}.</ref><ref>{{cita|Marchi, 1989|p. 216}}.</ref><ref>{{cita|Trecca, 1938|p. 12}}.</ref>
==Note==
 
{{references|2}}
Nel protiro convivono tre tipi di rappresentazioni, quelle sacre relative alla vita del santo, quelle politiche relative alla nascita del comune e quelle profane rappresentate dai mesi e dai mestieri collegati. All'interno, nella [[lunetta]], vi è un bassorilievo raffigurante la ''Consacrazione del Comune veronese'' che, oltre al suo valore artistico, rappresenta anche un importante documento storico che permette di attestare la nascita del [[comune medievale]] veronese al 1138, data di realizzazione dell'opera. In esso il santo patrono, Zeno, compare al centro mentre calpesta il demonio, quasi a sancire simbolicamente il patto tra i ''milites'' (l'aristocrazia feudale, rappresentata dai cavalieri alla destra) e i ''pedites'' (il popolo grasso, la borghesia nascente).<ref>{{cita|Solinas, 1981|p. 246}}.</ref><ref>{{cita|Castagnetti, 1991|pp. 122–123}}.</ref> Ai lati di san Zeno, sulla destra i rappresentanti della nobiltà veronese e delle famiglie dei mercanti a cavallo (gli ''equites'') e a sinistra i rappresentanti del popolo, dei fanti armati (i ''pedites''). San Zeno, nella scena, consegna una bandiera ai veronesi, una sorta di investitura di derivazione sacra. L'affresco è accompagnato da una scritta in latino, traducibile in «Il Vescovo dà al popolo la bandiera degna di essere difesa / San Zeno dà il vessillo con cuore sereno»''.''<ref>{{cita|Patuzzo, 2010|p. 99}}.</ref>
 
Sotto la lunetta Niccolò scolpì bassorilievi che rappresentano i miracoli compiuti da san Zeno: l'[[esorcismo]] sulla figlia di [[Gallieno]] preda del [[demonio]]; un uomo salvato mentre precipitava nell'[[Adige]] su un carro; e infine i pesci che san Zeno pescatore donava. Sulle mensole interne ed esterne del protiro sono rappresentati i dodici mesi dell'anno, partendo da marzo, con i lavori tipici relativi ai mesi. I dodici mesi riprendono i dodici settori della Ruota della Fortuna e la rotazione e la ripetizione di un ciclo, i mesi e le stagioni che indefinitamente si susseguono.<ref>{{cita|Patuzzo, 2010|pp. 97–98}}.</ref>
 
===== Gli altorilievi ai lati del protiro =====
[[File:VeronaSZenoMaggScultureDx2.jpg|miniatura|verticale|Gli altorilievi a destra del portale con scene della Genesi e del re [[Teodorico il Grande]], opera del maestro [[Niccolò (scultore)|Niccolò]] e aiuti.]]
[[File:VeronaSZenoMaggScultureSx2.jpg|miniatura|sinistra|verticale|Gli altorilievi a sinistra del portale con scene del Nuovo testamento, opera del maestro Guglielmo.]]
 
Ai lati del protiro e del portale sono collocati 18 altorilievi risalenti al XII secolo, dieci a sinistra e otto a destra, disposti a coppie sotto delle arcatelle e separate da una piccola lesena, a sua volta decorata con motivi vegetali e figure zoomorfe. La realizzazione dei bassorilievi di sinistra è attribuita al maestro Guglielmo e ai suoi aiutanti, mentre quelli a destra appartengono a maestro [[Niccolò (scultore)|Niccolò]] e alla sua scuola.<ref name=Puppi-facciata/>
 
Le scene nei bassorilievi presentano sia soggetti sacri, tratti dal [[Nuovo Testamento|Nuovo]] e [[Antico Testamento]], sia soggetti profani, con protagonista [[Teodorico il Grande]]. Più precisamente a destra maestro Niccolò scolpì, dall'alto verso il basso e da sinistra a destra: ''Cacciata dal Paradiso terrestre'', ''I Progenitori'', ''Nascita di Eva'', ''Peccato originale'', ''Dio crea gli animali'', ''Creazione di Adamo'', ''Caccia di Teodorico'' e infine ''Dannazione di Teodorico''. Sopra la figura di [[Adamo]], sul lato destro, vi è scolpita una frase che indica in maestro Niccolò l'autore: «Hic exempla trai possunt lauds Nicolai» (ovvero «Qui si possono trarre prove della lode di Niccolò»); tuttavia, la differenza tra l'altissima qualità con cui sono state realizzate le figure relative alla vita di Teodorico e le più semplici rappresentazioni sacre, fanno ritenere che solo le prime appartengano alla mano di Niccolò mentre le seconde parrebbero essere opera di lapicidi della sua bottega.<ref name=Puppi-facciata/>
 
A sinistra, invece, lo stile appare decisamente più uniforme e dunque generalmente si ritiene che maestro Guglielmo possa esserne l'unico autore, come testimoniato da un'iscrizione posta sulla cornice superiore: «Qui legis ista pie natum placato Marie salvet in etrum qi sculpsit sita Guillelmum. Intrates concti sucurrant huic pereunti» (cioè «Tu che leggi queste parole placherai piamente il Figlio di Maria che salvi in eterno chi scolpì ciò Guglielmo. Ognuno che entra soccorra costui che perirebbe»). L'autore rappresentò, sempre dall'alto verso il basso e da sinistra a destra: ''La cattura di Cristo'', ''Crocifissione'', ''Fuga in Egitto'', ''Battesimo di Cristo'', ''I Re Magi'', ''Presentazione al Tempio'', ''Giuseppe avvertito da un angelo'', ''Annunciazione'', ''Natività'', ''Annuncio ai Pastori'', ''Duello fra Teodorico ed Odoacre'' e ''Duello di fanti''.<ref name=Puppi-facciata/> Lo storico dell'arte [[Adolfo Venturi (storico dell'arte)|Adolfo Venturi]] identifica maestro Guglielmo in [[Wiligelmo]], celebre autore dei bassorilievi del [[Duomo di Modena]], mentre [[Carlo Cipolla]] ritiene che fosse allievo di Niccolò, osservando come i due stili si assomiglino; altri hanno invece proposto che ambedue gli scultori fossero discepoli di Wiligelmo.<ref>{{cita|Trecca, 1938|p. 17}}.</ref>
 
Infine, sempre sul fianco sinistro, si nota nella grande lesena un ulteriore rilievo raffigurante una figura di donna inserita in un arco ove è incisa la scritta «MATALIANA». Se la critica concorda che tale opera non sia da attribuire né a Niccolò né a Guglielmo, non vi è la stessa certezza su chi sia il soggetto rappresentato. Alcuni hanno proposto che possa trattarsi di una benefattrice dell'abbazia mentre altri hanno visto nel nome un richiamo a [[Matilde di Canossa]], che nel 1073 donò al monastero alcuni beni. Alessandro Da Lisca, invece, propone [[Adelaide di Borgogna (imperatrice)|Adelaide di Borgogna]] come soggetto, moglie di [[Ottone I di Sassonia|Ottone I]], ritenendo che tale figura si raccordi con la vicina scena del duello che, sempre secondo Da Lisca, rappresenterebbe il marito che combatte contro [[Berengario II d'Ivrea|Berengario II]].<ref>{{cita|Lorenzoni e Valenzano, 2000|p. 65}}.</ref><ref>{{cita|Da Lisca, 1941|p. 75}}.</ref>
 
===== Il portale =====
{{vedi anche|Porta della basilica di San Zeno}}
[[File:Verona - San Zeno - Portale (contrasto 33).jpg|sinistra|miniatura|verticale|Il [[Porta della basilica di San Zeno|portale bronzeo]] della chiesa.]]
 
L'ingresso principale della basilica è chiuso da un [[Porta della basilica di San Zeno|celebre portale bronzeo]] realizzato in epoche diverse, non determinate con precisione, da diversi maestri fonditori. Esso è costituito da un totale di 73 formelle di [[bronzo]] di varie dimensioni fissate ad ante di legno per mezzo di grossi chiodi di ferro e disposte senza apparente simmetria.<ref>{{cita|Da Lisca, 1941|pp. 203–204}}.</ref> Di queste, le 48 più grandi (24 per ogni battente) misurano 56×52&nbsp;cm circa, di cui 42 recano scene dell'Antico e Nuovo Testamento, in 4 vi sono i miracoli di San Zeno e 2 fungono da maniglia; su 7 formelle più piccole di forma rettangolare (50×25&nbsp;cm circa) è raffigurata in ciascuna una sola figura posta tra due colonnine e un archetto sovrapposto; 18 sono ancora più piccole e di forma quadrata (17×17&nbsp;cm circa) con rappresentate figure cornate e le Virtù; infine ve ne sono altre 7 rettangolari (circa 45×17&nbsp;cm circa) lavorate a traforo in forma di torre conica, posate su una galleria, che fungono da cornice per le formelle maggiori. Le formelle più grandi sono distribuite ordinatamente nella parte centrale dell'anta, con ognuno dei due battenti che è organizzato in tre fasce verticali e otto orizzontali.<ref>{{cita|Da Lisca, 1941|p. 203}}.</ref>
 
Ogni formella è il risultato di piccole e separate fusioni, un metodo di realizzazione semplice e che permetteva di ovviare facilmente a eventuali errori, differente quindi da quello utilizzato in Germania, in cui era più frequente procedere ad un'unica fusione.<ref>{{cita|Da Lisca, 1941|p. 204}}.</ref> Gli attuali battenti di legno sono in [[larice]] e misurano 3,95×4,81 metri; vennero molto probabilmente realizzati in occasione del prolungamento della chiesa già ultimato nel 1138.<ref>{{cita|Da Lisca, 1941|p. 205}}.</ref>
 
Come anticipato, è certo che le formelle siano il frutto di almeno due differenti versi autori di epoche diverse, più probabilmente tre. Tutti gli studiosi, tuttavia, concordano ad assegnare al cosiddetto "primo maestro", collocabile intorno alla prima metà dell'XI secolo,<ref name=Fasanari5>{{cita|Fasanari, 1956|p. 5}}.</ref> le formelle del Vecchio Testamento inserite nel battente di sinistra, eccezion fatta per una con una scena del Nuovo Testamento e tre della stessa narrazione in basso nel battente di destra.<ref name="Fasanari6">{{cita|Fasanari, 1956|p. 6}}.</ref><ref>{{cita|Da Lisca, 1941|pp. 205–207}}.</ref> A proposito di queste formelle, [[Alessandro Da Lisca]] osserva che, seppure il particolare figurativo è reso in modo «rozzo e schematico, l'insieme di ciascuna composizione è ammirevole per l'effetto decorativo e per la ''vis drammatica''».<ref>{{cita|Da Lisca, 1941|p. 207}}.</ref> Secondo diversi autori tale primo maestro (secondi alcuni identificabile in un certo Stefano Lagarino)<ref name=Benini215/> realizzò tali formelle che servivano a decorare l'intero portale della chiesa più antica di dimensioni più ridotte e che, successivamente, con l'ampliamento dell'edificio e del portale, vennero smontate e in parte riutilizzate integrandole con altre di ulteriori fonditori per essere applicate sui nuovi e più grandi battenti; tale teoria spiegherebbe l'evidente disordine sia dal punto di vista iconologico che dal puro e semplice accostamento estetico dei vari pezzi.<ref>{{cita|Da Lisca, 1941|p. 210}}.</ref><ref>{{cita|Fasanari, 1956|p. 13}}.</ref>
 
[[File:Verona, Basilica di San Zeno, bronze door 004.JPG|miniatura|Dettaglio di alcune formelle bronzee che compongono il portale.]]
 
Il Da Lisca, inoltre, identifica un "secondo maestro" a cui attribuisce la realizzazione delle formelle con rappresentato il Nuovo Testamento, ma che rispetto al primo «manifesta un notevolissimo progresso, pure essendo riuscito meno intensamente e meno efficacemente nell'esprimere il senso della vita».<ref>{{cita|Da Lisca, 1941|p. 209}}.</ref> Secondo il [[Luigi Simeoni (storico)|Simeoni]] questo maestro operò al tempo di Niccolò e Guglielmo,<ref>{{cita|Fasanari, 1956|p. 10}}.</ref> mentre per il Trecca deve essere collocato tra la fine del XI e il principio del XII secolo.<ref>{{cita|Fasanari, 1956|pp. 10–11}}.</ref> Infine, secondo molti è da rilevare la presenza di almeno un "terzo maestro", il cui intervento potrebbe essere avvenuto tra la fine del XII secolo e l'inizio del XIII, che si occupò di rappresentare tre scene della vita di San Zeno per il battente di destra.<ref name="Fasanari6" /><ref>{{cita|Arslan, 1943|pp. 72, 132-133}}.</ref>
 
Il portale ha destato negli anni l'interesse di molti studiosi della storia dell'arte che ne hanno analizzato lo stile mettendolo in relazione con opere precedenti; [[Pietro Toesca]] lo definisce «arte tedesca del secolo XII inoltrato», una caratterizzazione accettata anche da altri, come [[Wart Arslan|Arslan]] che propone delle similitudini con il portale medioevale del [[Duomo di Hildesheim]].<ref>{{cita|Arslan, 1943|pp. 75–76, 133}}.</ref> Nonostante oggi il portale appaia disorganico, rovinato, vittima del tempo e dei furti, è comunque generalmente considerato uno dei più interessanti esempi di questo genere riscontrabili in Italia.<ref name=Fasanari5/>
 
==== Fianco meridionale ====
[[File:Basilica di San Zeno VR 2c 2.jpg|miniatura|sinistra|L'iscrizione situata lungo il fianco meridionale.]]
 
Il fianco meridionale presenta diverse tecniche costruttive e stili architettonici che consentono di individuare le diverse fasi di costruzione e ampliamento della chiesa. La parte più antica, completata intorno al 1120, risulta essere verosimilmente quella meridionale, interamente realizzata in mattoni di [[laterizio]]: questa comprende l'absidiola e arriva fino al contrafforte.<ref>{{cita|Arslan, 1939|p. 183}}.</ref>
 
La porzione di muratura intermedia presenta invece un utilizzo alternato di filari in conci di [[tufo]] e corsi in mattoni di laterizio: questa tecnica conferisce alla muratura un aspetto a fasce bicrome bianche e rosse tipiche del romanico veronese, riscontrabili anche in altre chiese come, ad esempio, in [[chiesa di Santo Stefano (Verona)|Santo Stefano]].<ref>{{cita|Arslan, 1939|p. 187}}.</ref> Così anche il fianco della navata centrale appare a fasce bicrome, seppur più omogenee. Il termine di questo intervento dovrebbe collocarsi nel 1138.<ref>{{cita|Lorenzoni e Valenzano, 2000|pp. 140–142}}.</ref>
 
L'ultima parte, quella più prossima alla facciata, è invece interamente in tufo e si ritiene risalga all'ultima fabbrica della chiesa, quando venne effettuato l'ampliamento del XIII secolo diretto da Adamino e Brioloto, che ha portato l'edificio alle dimensioni odierne.<ref>{{cita|Lorenzoni e Valenzano, 2000|p. 142}}.</ref> Sempre sul fianco orientale, vicino alla facciata, è incisa una lunga scritta che celebra l'abate Gerardo, committente dei lavori di ampliamento, e un certo Martino, maestro muratore.<ref name="gerardo" group="N">Sul fianco meridionale vi è incisa la seguente scritta in latino:
{{citazione|Nel 1178 al tempo di papa Alessandro III, quando Federico era imperatore e Ognibene vesocvo, il venerabile abate Gerardo, tra i tanti beni che concesse al monastero, fece elegantemente decorare il campanile della stessa chiesa e innalzare le logge nuove sopra quelle vecchie e quindi costruì una pigna straordinaria con l'aiuto dei suoi confratelli e massari Samonone e Rainaldo, e da altri uomini religiosi. La quel opera, realizzata dal maestro Martino.||Ammo D(omi)nicce incarnationis MCLXXVIII indiccione XI t(em)p(o)ribus d(omi)ni Alexandri p(a)p(ae) III atq(e) d(omi)ni Friderici imp(e)r(ator)is et d(omi)ni O(mn)eboni veron(ensis) ep(iscop)i. d(omi)n(u)s Giradus D(e)i gra(ti)a venerabilis abb(as) monas/terii s(an)c(t)i Zenonis int(er) alia pl(ur)ima que contulit monasterio beneficia eiusde(m) ecc(lesi)ae ca(m)panile decent(er) exornari et balcones novos sup(er) balcones veteres elevari dein(de) capitellvm mirabiliter c(o)strvctu(m) ut cunctis n(un)c manifeste appa ret cu(m) suis fr(atr)ib(us) fieri fec(it) coadiuvantibus Salomone atque Rainaldo eiusdem operis massariis aliisq(ue)religiosis viris quod opus a magistro Martino factu(m)|lingua=la}}
 
In {{cita|Valenzano, 1993|pp. 214–218}} e {{cita|Lorenzoni e Valenzano, 2000|p. 133}}.</ref> Poco sopra tale iscrizione, all'interno di una nicchia, vi è un affresco rappresentante la ''Madonna col Bambino a mezza figura'', realizzato intorno alla seconda metà del XII secolo e restaurato malamente nel XX secolo.<ref name="DaLisca270">{{cita|Da Lisca, 1941|p. 270}}.</ref>
 
==== Zona absidale ====
[[File:Basilica di San Zeno 12.jpg|miniatura|verticale|Nell'immagine si può osservare l'abside maggiore, ricostruita in stile gotico, mentre quella a destra è stata inglobata negli edifici che sono stati addossati all'edificio.]]
 
La basilica di San Zeno termina a nord con due [[abside|absidi]], uno minore a sinistra e uno maggiore al centro, mentre quello di destra venne inglobato negli edifici dell'antico convento ed è visibile solo internamente. I due visibili esternamente sono chiaramente di epoche diverse: secondo lo storico [[Luigi Simeoni (storico)|Luigi Simeoni]] quello minore risale alla costruzione del IX secolo, ai tempi di Raterio e Pipino, mentre quello centrale sarebbe stato ricostruito successivamente, escludendo un'ulteriore modifica intermedia.<ref>{{cita|Simeoni, 1909|p. 35}}.</ref> Sebbene alcuni elementi<ref group=N>All'interno dell'abside maggiore è presente lo stemma degli abati Emilei (a san Zeno tra il 1399 e il 1430) sulla [[chiave di volta]] delle volte a vela e sui pilastri dell'arco trionfale, inoltre la presenza del [[leone di San Marco]], sempre sui pilastri, ha fatto pensare che il rinnovamento dell'abside fosse da collocarsi dopo la [[dedizione di Verona a Venezia]] del 1405. In {{cita|Simeoni, 1909|p. 34}}.</ref> abbiano fatto ritenere che l'attuale abside maggiore risalisse all'epoca degli abati Emilei (a San Zeno tra il 1399 e il 1430), il ritrovamento del giornale di fabbrica ha permesso di datare i lavori di rinnovamento tra il 1386 e il 1398, lavori effettuati grazie all'impegno degli abati Ottonello, Jacopo Pasti e Pietro Paolo Cappelli.<ref>{{cita|Simeoni, 1909|pp. 34–35}}.</ref>
 
Esternamente l'abside minore appare di semplici fattezze e realizzato principalmente in mattoni mentre quello maggiore si presenta con il classico schema del romanico veronese dell'alternarsi tra filari di tufo e di cotto, mascherando così il suo stile tipicamente [[Architettura gotica|gotico]] che invece traspare chiaramente da alcuni elementi visibili in particolare all'interno, come l'[[arco trionfale]] a [[sesto acuto]], la [[volta a crociera]] con [[Costolone|costoloni]] sporgenti dalla campata quadrata e le alte finestre terminanti con un arco acuto.<ref>{{cita|Simeoni, 1909|p. 34}}.</ref>
 
==== Campanile ====
[[File:Basilica di San Zeno 03.jpg|miniatura|verticale|sinistra|Il campanile visto da [[piazza San Zeno]].]]
 
L'attuale [[campanile]], isolato dalla chiesa e realizzato al di sopra di uno precedente risalente ai secoli VIII-IX, è il frutto di una lunga storia edificatoria. Da un'iscrizione posta su di esso,<ref group=N name="a"/> è noto che i lavori di costruzione e restauro incominciarono nel 1045 con l'abate Alberico; circa vent'anni più tardi, alla morte dell'abate avvenuta nel 1067, arrivava all'incirca alla metà dell'altezza odierna.<ref name="DaLisca78">{{cita|Da Lisca, 1941|p. 78}}.</ref> La sua realizzazione finì intorno al 1178 grazie al "maestro Martino" che ricevette la commissione dei lavori dall'abate Gerardo. Si trattò quindi di un lungo cantiere interrotto solo dal [[terremoto del 1117]], cui seguì il restauro del 1120.<ref name="DaLisca79">{{cita|Da Lisca, 1941|p. 79}}.</ref>
 
Esso poggia su un'imponente [[Zoccolo (architettura)|zoccolatura]] a pianta rettangolare realizzata in conci di viva pietra: i lati est e ovest sono lunghi 8,25 metri, quelli nord e sud misurano 8,23 metri, mentre l'altezza dello zoccolo è di circa 7 metri dal piano di campagna. L'utilizzo della pietra continua anche al di sopra del basamento, sia negli spigoli della canna che nella [[lesena]] centrale di ogni faccia, mentre nello spazio interposto tra questi vi è un uso alternato dei corsi di tufo e di cotto, tecnica che riprende quella già utilizzata nei muri perimetrali della chiesa e che gli dona la bicromia caratteristica del romanico veronese.<ref name=DL31/>
 
[[File:Basilica di San Zeno (VR) 11 modificata.jpg|miniatura|La zoccolatura in pietra viva del campanile.]]
 
Ciascuna faccia è divisa orizzontalmente in quattro disuguali ordini per mezzo di [[Cornice marcapiano|cornici]] dotate di mensoline ad archetti di tufo a semplice ghiera e sovrapposti corsi di cotto a dente di sega; di queste cornici, la prima e la seconda recano una sola fascia a dente di sega fra i corsi di tufo, la terza due e la quarta ben quattro. Nel fianco occidentale, sopra la zoccolatura, si apre la porta rettangolare di accesso, di aspetto simile a quelle di altri campanili coevi. Nello stesso fianco si possono osservare diversi elementi di [[reimpiego]]: sopra la seconda cornice, nella lesena centrale, si trova una scultura romana raffigurante un uomo ritto col berretto frigio; più in alto vi è una piccola testa, sempre di epoca romana, scolpita nel marmo; un'ulteriore scultura romana, raffigurante un genio alato, si nota sopra la prima cornice nella lesena centrale della facciata meridionale.<ref name=DL31/>
 
[[File:Verona Basilica di San Zeno Maggiore Turm 2.jpg|miniatura|verticale|sinistra|Dettaglio della [[cella campanaria]], caratterizzata dai due ordini di trifore.]]
 
La [[cella campanaria]] è dotata da due ordini sovrapposti di [[trifore]] per ogni lato. L'apertura centrale della trifora è leggermente più piccola rispetto alle due laterali, mentre tutte sono ad [[arco a tutto sesto]] in conci di tufo con ghiera di laterizio ad arcatelle intrecciate. Tutte le [[Colonna|colonne]], i [[capitello|capitelli]], i [[pulvino|pulvini]] hanno forme semplici, solo alcuni decorati con foglie ma quasi tutti con un fiore al centro dell'[[Abaco (architettura)|abaco]]. Nell'ordine inferiore della cella le colonne sono senza base, eccetto una, e tutti i capitelli sono di marmo greco, all'infuori di una colonna in [[diaspro sanguigno]]. Quattro degli otto pulvini sono di marmo greco.<ref name=DL31/> Fin dal 1498 la cella campanaria ospita 6 campane, di cui la più grande, fusa nel 1423, sfiora la tonnellata di peso, ha un diametro di oltre un metro ed emette la nota Sol bemolle. Delle più vecchie campane non ci rimane che la piccola ottagona e priva di scritte, detta "del figar"; della altre due coeve che purtroppo furono fatte fondere dall'abate Rezzonico nel 1755, non ci restano che le scritte conservateci da [[Giovanni Battista Biancolini]]<ref group="N">Sulla prima si leggeva:<br />
«ANNO AB INCARNATIONE DOMINI M.C. QUADRAGESIMO NONO REGNANTE CONRADO IMPERATORE. ALDO PRESBITER»<br />
sulla seconda:<br />
«IN NOMINE DOMINI NOSTRI IESU XRISTI EGO GISLIMERUS HOC OPUS FECI»<br />
In {{cita|Da Lisca, 1941|p. 79}}.</ref> che ci fanno sapere che vennero realizzate nel 1149 dal fonditore Gislimerio su commissione del prete Aldo.<ref name="DaLisca79" />
 
La canna termina con [[modanature]] lisce di tufo.<ref name="DaLisca78" /> Infine, sui suoi spigoli si ergono quattro pinnacoli tutti in laterizio con un doppio archetto posto nella faccia. Anche la grande pigna centrale è realizzata totalmente in laterizio: essa risulta rifatta nella metà superiore poiché, come risulta dagli ''Annales Veronenses Antiqui'', il 31 marzo 1242 venne colpita da alcuni fulmini che ne causarono un crollo parziale.<ref name="DaLisca78" />
 
Entrando nel campanile attraverso la porta che si apre nella faccia posta verso la chiesa ci si trova in un primo ambiente buio coperto da una [[volta a crociera]], che un tempo poteva servire da prigione.<ref name=DL31/> Salendo le prime scale, che posano, come le superiori, su archi rampanti, si accede al primo piano dove, per la rastremazione dei muri, si trova un locale più largo di quello sottostante. I muri della torre sono [[muratura a sacco|a sacco]], vale a dire realizzati con una gettata di [[calcestruzzo]] fra i due paramenti. Mentre nel paramento esterno si pose per maggior finezza il laterizio integro, all'interno esso è alternato a conci di tufo frammentario. Man mano che si sale diminuiscono i conci di tufo e aumentano quelli di cotto. Nella cella campanaria inferiore vi è il reimpiego di marmi più antichi.<ref>{{cita|Da Lisca, 1941|p. 32}}.</ref>
 
==== Chiostro ====
[[File:Chiostro San Zeno Verona.jpg|miniatura|[[Chiostro]] dell'antica [[Abbazia di San Zeno (Verona)|abbazia di San Zeno]], con l'edicola sporgente ove una volta era collocato il pozzo.]]
 
La prima attestazione della presenza del [[chiostro]], facente parte dell'[[Abbazia di San Zeno (Verona)|abbazia di San Zeno]], lo fa risalire al X secolo ma la sua attuale presentazione la si deve ad un rinnovamento operato tra il 1293 e il 1313. I quattro lati sono formati da arcatelle, ad [[arco acuto]] su due lati e ad [[arco a tutto sesto]] su altri due, sorrette da colonnine binate realizzate in [[marmo rosso di Verona]]. Sul lato settentrionale sporge un'[[Edicola (architettura)|edicola]] quadrangolare in cui si trovava l'antico pozzo dell'abbazia. Sui muri perimetrali degli ambulacri sono posti [[sarcofago|sarcofagi]] e lapidi sepolcrali, tra cui si distingue la tomba di [[Giuseppe della Scala]], risalente al 1313 e arricchita da una [[lunetta]] con [[affresco]] di un pittore di [[scuola giottesca]].<ref name=Benini220/>
 
Sul lato meridionale vi è il già citato sepolcro dei monaci dell'abbazia fatto costruire nell'XI secolo dall'abate Alberico; seppur non si sia certi che quello attuale sia quella originale, si tratta di una tomba in marmo rosso chiusa da una spessa lastra su cui vi è una grande croce in rilievo.<ref name="Simeoni12" /> Sopra di essa una scritta lo ricorda.<ref name=sepolcro group=N/> Di fianco si apre la porta che conduce alla chiesa superiore, provvista di una lunetta con un affresco degli inizi del Trecento con raffigurata una ''Madonna con due angeli''.<ref name="DaLisca270" />
 
[[File:Verona Basilica di San Zeno Maggiore Kreuzgang 14.jpg|miniatura|sinistra|L'interno di una delle ali del porticato del chiostro.]]
 
Sul muro del lato orientale vi è un vasto affresco del pittore veronese [[Jacopo Ligozzi]], che ha rappresentato un ''Giudizio Universale'' e un{{'}}''Allegoria''.<ref name="Benini220">{{cita|Benini, 1988|p. 220}}.</ref> Sul medesimo muro si apre una porta che permette l'accesso, scendendo alcuni gradini, al cosiddetto sacello di San Benedetto, sopra la quale vi è una lunetta affrescata alla fine del XIV secolo con una ''Madonna con due santi vescovi''.<ref name="DaLisca271">{{cita|Da Lisca, 1941|p. 271}}.</ref>
 
==== Sacello di San Benedetto ====
Lungo il fianco meridionale del chiostro si apre una porta attraverso la quale si può accedere al cosiddetto [[sacello]] (o [[Oratorio (architettura)|oratorio]]) di San Benedetto. Si tratta di un piccolo locale a pianta quadrata, diviso in tre navatelle di uguali dimensioni, coperte da nove [[volta a crociera|volte a crociera]] sorrette da quattro sostegni in gran parte realizzati attraverso materiali di [[reimpiego]] risalenti a epoche assai diverse.<ref name="Benini220" /><ref>{{cita|Arslan, 1939|p. 203}}.</ref> Tra questi, degni di nota un [[pulvino]] del VI secolo in [[architettura bizantina|stile bizantino]] e un cippo romano posto in un pilastro parietale. Le pareti presentano una decorazione a quadrati gialli, rossi e verdi del XIV secolo, mentre sulla parete nord vi è un frammento di affresco non facilmente leggibile.<ref name="DaLisca271" />
 
Sono state proposte diverse epoche a cui far risalire la realizzazione di tale sacello, tra le più attendibili vi è quella formulata dallo storico dell'arte [[Wart Arslan]] che lo ritiene un'opera del XII secolo,<ref>{{cita|Arslan, 1939|p. 204}}.</ref> mentre altri, pur concordando sulla datazione, propongono che si sia trattato di una ristrutturazione di un precedente piccolo edificio che risalirebbe addirittura all'epoca romana (IV-V secolo).<ref name=Benini220/> Sono state fatte diverse supposizioni sulla funzione originale di tale locale, tra queste è stato proposto che poteva trattarsi dell'antica [[sagrestia]] o della [[sala capitolare]]. Il nome di "San Benedetto" deriva dal fatto che nel 1723 venne trovata una lapide la cui incisione raccontava di come un monaco dell'abbazia avesse fatto edificare a sue spese «hoc opus ecclesie sancti benedicit».<ref>{{cita|Lorenzoni e Valenzano, 2000|p. 216}}.</ref>
 
=== Interno ===
[[File:Pianta di San Zeno.jpg|miniatura|verticale=1.5|Pianta della chiesa.]]
 
Per entrare nella chiesa si salgono alcuni gradini, simboleggianti il distacco dello spirito dalle cose del mondo, dopodiché se ne scendono alcuni altri, invito all'umiltà.<ref>{{cita|Marchi, 1989|p. 217}}.</ref> L'interno è a [[Basilica (architettura cristiana)|pianta basilicale]] con l'aula divisa in tre navate da due file di possenti pilastri con sezione cruciforme alternati a colonne, dieci per parte, sormontate da capitelli con motivi zoomorfi e capitelli corinzi spesso recuperati da edifici romani preesistenti. Il [[Soffitto a carena di nave|soffitto è ligneo a forma di carena di nave]] con raffinate decorazioni ed è stato realizzato tra il 1385 e il 1389, durante la ristrutturazione gotica dell'edificio. È all'unanimità considerato anch'esso un'opera d'arte, in grado di competere anche con il celebre soffitto della [[chiesa di San Fermo Maggiore]]. La navata è, inoltre, divisa da due grandi arcate trasversali che gli conferiscono un certo ritmo.<ref>{{cita|Patuzzo, 2010|p. 114}}.</ref>
 
[[File:Basilica di San Zeno 13.jpg|miniatura|verticale|sinistra|L'interno della chiesa, con in fondo il presbiterio e l'accesso alla cripta.]]
 
Nella chiesa si trova un'ampia cripta a cui si accede tramite delle scale poste al termine della navata centrale, a cui è sovrapposto un presbiterio rialzato rispetto all'aula che si raggiunge a sua volta tramite delle scale, che in questo caso si trovano al termine delle due navate minori. Verticalmente, dunque, lo spazio si divide su tre livelli: cripta, aula plebana e presbiterio. Il presbiterio è, inoltre, separato dall'aula da un pontile-tramezzo a balaustra. Originariamente le tre navate della chiesa terminavano in tre absidi semicircolari, come consuetudine dell'[[architettura romanica]], tuttavia solo quella meridionale si è conservata integralmente nelle sue forma originarie, in quanto quella settentrionale venne inglobata negli edifici abbaziali e quella maggiore è stata ricostruita in [[architettura gotica|stile gotico]] nel XIV secolo.<ref name=Puppi-interno/>
 
Le pareti sono riccamente decorate da affreschi realizzati nel corso di oltre due secoli,<ref>{{cita|Simeoni, 1909|p. 75}}.</ref> alcuni danneggiati e sovrapposti uno sull'altro, di cui i più antichi sono quelli che decorano la cripta.<ref name="Puppi-decorazione">{{cita|Puppi, 1981|La decorazione pittorica}}.</ref> La critica suole attribuire la maggioranza di questi ai cosiddetti primo e secondo maestro di San Zeno. È necessario precisare che tutti gli storici dell'arte concordano che non si tratti di due unici frescanti, ma che con questi nomi si voglia intendere due diversi gruppi di pittori affini per stile, epoca e tecnica che lavorarono in questa basilica e in altri luoghi cittadini. Per la precisione, con "primo maestro" si attribuiscono convenzionalmente gli affreschi realizzati intorno al secondo quarto del XIV secolo e accreditati per essere stati i primi ad aver diffuso la [[scuola giottesca]] a Verona. Invece, con "secondo maestro" si intendono i frescanti che realizzarono nella seconda metà del XIV secolo numerosi dipinti in molte chiese di Verona, tra cui una serie di 24 a carattere votivo nella sola San Zeno, e che si caratterizzano per una pittura più evoluta rispetto al primo maestro e con forti richiami alla cultura pittorica lombarda.<ref name="Cozzi324">{{cita|Cozzi, 1992|p. 324}}.</ref>
 
[[File:Basilica di San Zeno 25.jpg|miniatura|L'area plebana della chiesa, vista in direzione della controfacciata.]]
 
Molti meno, invece, sono gli affreschi a cui si è riusciti a proporre nomi di artisti conosciuti, tra cui [[Martino da Verona]] e [[Altichiero da Zevio]]. Spesso sui dipinti compaiono alcune scritte grafite riportanti nomi tedeschi e talvolta brevi frasi, lasciate dai monaci provenienti dalla Germania che soggiornarono a lungo nell'abbazia, diventandone di fatto i padroni.<ref>{{cita|Simeoni, 1909|p. 81}}.</ref> Sulla navata destra è collocata una pala d'altare di [[Francesco Torbido]], mentre nell'abside si trova la celebre [[pala di San Zeno]] di [[Andrea Mantegna]].<ref name="Puppi-interno">{{cita|Puppi, 1981|L'interno}}.</ref>
 
==== Navata di destra ====
[[File:Verona Basilica di San Zeno Maggiore Innen Langhaus Kreuze 2.jpg|miniatura|sinistra|verticale|Croce stazionale del XIV secolo.]]
 
Appena entrati dal portone principale, spostandosi verso la navata di destra si osserva una grande vasca battesimale ottagonale in marmo. La tradizione, seppur infondata, vuole che il suo autore sia lo stesso Brioloto autore del grande rosone, in quanto vicino si trova l'iscrizione che lo loda.<ref name="Benini216">{{cita|Benini, 1988|p. 216}}.</ref>
 
Appesa sulla parete della [[controfacciata]], di fianco all'ingresso, vi è una croce stazionale del XIV secolo che per lungo tempo ha diviso la critica circa la sua attribuzione; parte degli studiosi la indicava come opera del [[Guariento di Arpo]] o di un appartenente alla sua scuola, mentre altri intravedevano gli influssi provenienti dai lavori di [[Lorenzo Veneziano]].<ref name=Puppi-interno/><ref name=Benini216/> Studi più recenti la attribuiscono senz'altro ad un giovane Veneziano, influenzato da un naturalismo giottesco mediato, appunto, dal Guariento.<ref>{{Cita libro|autore=Cristina Guarnieri|titolo=Lorenzo Veneziano|anno=2006|editore=Silvana editoriale|città=Cinisello Balsamo|pp=181–183|sbn=VEA0699696}}</ref> Si tratta, comunque, di una pregevole opera in discreto stato di conservazione, in cui il soggetto è dipinto sopra uno sfondo di oro; nei quadrilobi esterni della croce vi sono rappresentati, rispettivamente, nel bracci di sinistra la Madonna, in quello di destra san Giovanni, nel testacroce il Padre Eterno con lo Spirito Santo e in quello inferiore un devoto e un monaco domenicano genuflessi, che si ritiene rappresentino i committenti dell'opera. Nel cartello si legge in [[scrittura gotica|caratteri gotici]] «[[I.N.R.I.]]» e sul braccio traversale «MORS MEA VITA TUA».<ref name=Puppi-interno/><ref>{{cita|Da Lisca, 1941|p. 245}}.</ref> Le croci stazionali furono oggetti tipici dell'[[arte altomedievale]] in quanto, almeno prima della [[controriforma]], era usanza che durante le processioni quaresimali il vescovo e i fedeli si recassero nelle varie chiese, dette appunto "stazionali", ad adorare la croce conservata.<ref>{{cita|Patuzzo, 2010|p. 117}}.</ref>
 
All'inizio del muro perimetrale si trova un frammento di [[affresco]] che si vuole attribuire alla mano del pittore [[Martino da Verona]], attivo tra la fine del XIV e gli inizi del XV secolo, in cui si ritiene che raffigurò un ''San Benedetto''.<ref name=Benini216/> Subito dopo, incastonata nel muro, vi è la già citata iscrizione in cui si loda maestro Brioloto<ref group=N name=iscrizione-Brioloto/> e che ha scaturito l'errata attribuzione della vasca battesimale.<ref name="Puppi-interno" />
 
[[File:Verona, Basilica di San Zeno, frescos 015.JPG|miniatura|Affresco ''San Giorgio e il drago fra due santi vescovi e il committente'', attribuito al cosiddetto secondo maestro di San Zeno.]]
 
Proseguendo per la navata in direzione del presbiterio si incontra un [[altare]] del XVI secolo la cui [[pala d'altare|pala]] è opera giovanile del pittore [[Francesco Torbido]], realizzata intorno al 1514, in cui rappresentò una ''Madonna con i Santissimi Anna, Zeno, Giacomo, Sebastiano, Cristoforo''; nella rispettiva [[lunetta]], dello stesso autore, una ''Resurrezione'' in cui ben si nota il legame del pittore con il maestro [[Liberale da Verona]].<ref name=Puppi-interno/><ref name=Benini216/>
 
[[File:Basilica di San Zeno 28.jpg|miniatura|verticale|sinistra|Altare [[architettura romanica|romanico]], le cui [[colonne ofitiche]] potrebbero provenire da un [[protiro]] del XIII secolo.]]
 
Superato l'altare si possono osservare alcuni resti di affreschi, spesso sovrapposti, che un tempo dovevano ricoprire interamente le pareti e che furono realizzati tra il XIII e il XV secolo da anonimi pittori di [[scuola giottesca]].<ref name=Benini216/><ref name=Patuzzo118>{{cita|Patuzzo, 2010|p. 118}}.</ref> Tra di essi si possono citare un ''San Sigismondo con un devoto'', ''Due scene della vita di San Nicola'' e una ''Madonna in trono col Bambino'', attribuiti al cosiddetto secondo maestro di San Zeno, mentre del primo maestro di San Zeno, operante alla fine del XIII secolo, vi è un ''Sant'Anna in trono con la Vergine''. Termina la serie, un grande ''San Cristoforo'' del XII secolo.<ref name="Cozzi324" /><ref>{{cita|Da Lisca, 1941|p. 265}}.</ref>
 
Successivamente, sempre sulla parete, è collocato un altare le cui origini sono incerte, in quanto alcuni ritengono che le colonne che lo compongono potessero essere originariamente parte di un [[protiro]] costruito nei primi anni del XIII secolo, forse appartenente alla porta che l'abate Riprando fece restaurare nel 1212, anche se il Da Lisca esclude questa ipotesi. I due fasci di quattro [[colonne ofitiche]] legate da serpi attorcigliate, vennero realizzare in [[marmo rosso di Verona]] e poggiano, a destra, sul [[Leone di San Marco]], e a sinistra, sul Bue di San Luca.<ref name=Benini216/><ref name=Patuzzo118/><ref name=dl90/> La storica dell'arte Loredana Olivato Puppi rileva come lo stile di tali sculture sia da correlare con le «analoghe opere che maestro Nicolò e la sua scuola andavano a realizzare nello stesso San Zeno e nel Duomo».<ref name=Puppi-interno/> Le colonne sorreggono un [[timpano (architettura)|timpano]] triangolare, questo probabilmente risalente al XVIII secolo, all'interno del quale è dipinto un ''San Zeno''.<ref name=dl90>{{cita|Da Lisca, 1941|p. 90}}.</ref> Sulla parete dell'altare vi sono alcuni affreschi, per la maggior parte attribuiti al secondo maestro di San Zeno, tra cui una ''Madonna in trono con bambino'', una ''Crocifissione'', una ''Deposizione nel sepolcro'' e ''Presentazione al tempio''.<ref name="Puppi-decorazione" /> Più antichi, forse risalenti al XIII secolo, una ''Santa Caterina'' e una ''Santa Lucia''.<ref name=Benini216/>
 
==== Navata di sinistra ====
[[File:Baptismal font - San Zeno - Verona 2016 (2).jpg|miniatura|La grande coppa di porfido, originariamente situata nelle terme romane di Verona.]]
 
Nell'angolo tra la controfacciata e il muro perimetrale sinistro della chiesa, dove una volta era collocato il [[carroccio di Verona]], è ora posta una grande coppa di porfido rosso del diametro di 2,27 metri e di modesta profondità nel quale si notano ancora i resti della base di una statua che doveva trovarsi nel mezzo. Proveniente dalle antiche terme cittadine del II secolo e mutila della sua base centrale che reggeva una statua, un tempo si trovava all'esterno della basilica, sul [[sagrato]] meridionale. La leggenda vuole che essa sia stata trasportata dal diavolo sconfitto, per ordine di san Zeno, dalla [[Siria]] a Verona e che i guasti che oggi si vedono siano i segni impressi dalle sue unghie. Nel 1703 l'abate Alvise Priuli, a seguito di alcune preoccupazioni per l'incolumità della coppa esposta alle intemperie e ai vandali, fece fabbricare intorno ad essa un piccolo edificio ma, nel 1819, a seguito della demolizione degli edifici sul fianco meridionale della chiesa, si provvide a ricollocarla dove si trova ancora oggi.<ref>{{cita|Da Lisca, 1941|p. 173}}.</ref><ref>{{cita|Patuzzo, 2010|p. 116}}.</ref><ref>{{cita|Simeoni, 1909|pp. 61–62}}.</ref>
 
[[File:Basilica di San Zeno 37.jpg|miniatura|verticale|sinistra|L'altare barocco, realizzato nel XVIII secolo.]]
 
Proseguendo in direzione dell'altare, si incontra una lunga porzione di muro spoglia: infatti qui fino al 1929, anno in cui venne abbattuto e venduto alla parrocchiale di [[Luserna]], era stato collocato oltre un secolo prima quello che fu l'altare maggiore della vicina [[Chiesa di San Procolo (Verona)|chiesa di San Procolo]]; di gusto barocco, tale altare era composto da marmi colorati verdi, gialli, bianchi e lapislazzuli, oltre che da una lastra di marmo verde ove furono in passato collocate le reliquie di San Procolo; esso era dedicato al Sacro Cuore di Gesù.<ref name=S68>{{cita|Simeoni, 1909|p. 68}}.</ref><ref name=DL171/> Proseguendo si trova il nuovo altarino del Sacro Cuore di Gesù e immediatamente oltre, su una lesena, un affresco del XIV secolo raffigurante una ''Madonna col Bambino''. Appena dopo sulla parete vi sono i resti di un{{'}}''Ultima cena''. Giunti alla porta che conduce nel chiostro dell'attiguo monastero, vi sono intorno ad essa alcuni frammenti di affreschi raffiguranti vari santi mentre, subito dopo, si distingue un ''Giudizio Universale'' del XIII secolo, una ''Scena del Battesimo'' (secondo alcuni, un ''Battesimo di Costantino'') attribuito al secondo maestro e, al di sotto di essi, ''Madonna in Cattedra'', ''San Giovanni Evangelista'', ''San Bartolomeo'', ''Santa Maddalena'' e un ''Santo Evangelista''. Sulla lesena successiva troviamo invece raffigurata una ''Santa Elisabetta sul fianco'', due ''Madonna col Bambino'' sulla faccia e sull'altro lato un ''san Dionigi'' del XIV secolo.<ref>{{cita|Da Lisca, 1941|pp. 257–258}}.</ref><ref name="Benini218"/>
 
L'altare che segue, dedicato alla Madonna e risalente al XVIII secolo, contiene nella nicchia una statua di pietra tenera della Vergine che, seduta, tiene il figlio morto sulle ginocchia. L'interessante scultura, che può essere datata intorno alla metà del XV secolo, rivela una maniera tedesca. Fu veneratissima nella chiesa di San Procolo dove nell'anno 1621, insieme con l'altare, le era stata eretta una cappella, come è noto dalla scritta incisa sulla [[predella]]. L'altare si presenta con un alzato composto da quattro colonne di marmo nero con, tra di esse, due piccole statue dorate di santi, inserite in nicchie.<ref name=S68/><ref name=DL171>{{cita|Da Lisca, 1941|p. 171}}.</ref>
 
Passato l'altare si trovano alcuni affreschi tra cui un ''San Cristoforo'', collocabile nella metà del XIV secolo, e, a fianco della scalinata che conduce nel presbiterio, un ''Martirio di Santo Stefano'' e un ''Giudizio Universale con il Cristo tra Maria e San Giovanni Evangelista, un angelo e San Zenone''.<ref>{{cita|Da Lisca, 1941|p. 258}}.</ref>
 
==== Pontile-tramezzo ====
[[File:Basilica di San Zeno 34.jpg|miniatura|Parte centrale del [[pontile-tramezzo]] sovrapposto alle scale che scendono nella cripta.]]
 
La zona plebana della chiesa è separata dal [[presbiterio]] mediante un [[pontile-tramezzo]] che, con la sua [[balaustra]] moderna realizzata in marmo rosso e le sue antiche statue, risale al 1870, quando si demolì lo scalone centrale e si ripristinarono le scale laterali. Il vecchio pontile era costituito da un muro che si elevava ben più dell'attuale, come si può dedurre dagli affreschi posti sopra le arcate della cripta, che dovevano continuare in alto. Tale elemento architettonico richiama l'[[iconostasi]] della tradizione [[arte bizantina|bizantina]].<ref name="DaLisca88" /><ref name=Patuzzo126>{{cita|Patuzzo, 2010|p. 126}}.</ref>
 
[[File:Basilica di san Zeno (iconostasi) 10.jpg|miniatura|verticale|sinistra|Una delle statue che compongono il pontile.]]
 
Osservando attentamente le statue oggi collocate su di esso, che la tradizione voleva attribuire a mastro Brioloto, si possono notare ancora tracce della colorazione policroma originale; la disposizione dei soggetti, da sinistra, è la seguente: Apostoli Bartolomeo, Mattia, Giacomo minore, gli evangelisti Matteo e Giovanni, Pietro, Cristo, Giacomo Maggiore, Tommaso e Simone, a destra, Andrea, Filippo e Taddeo.<ref name=Patuzzo126/> La maggior parte degli storici ritiene che la loro realizzazione sia attribuibile alla mano dello stesso lapicida, mentre altri, come [[Géza de Fràncovich]], propongono che siano il prodotto di due distinti scultori, assegnando al migliore dei due le figure di Cristo, Giacomo Maggiore, Matteo Evengelista, Pietro, Giacomo Minore e Tommaso.<ref>{{cita|Patuzzo, 2010|p. 128}}.</ref> Tutti, tuttavia, osservano come le caratteristiche figurative dei personaggi, ossia i corpi allungati, le membra quasi contratte, i capelli con numerose ciocche, le pieghe ricercate dei vestiti, suggeriscano un'influenza del primo gotico tedesco; ciò può essere spiegabile dagli intensi legami con il mondo germanico che intratteneva Verona all'epoca di [[Ezzelino III da Romano]], alleato dell'imperatore [[Federico II di Svevia]] e a capo della [[marca di Verona]] nel XIII secolo.<ref>{{cita|Patuzzo, 2010|p. 127}}.</ref>
 
L'unica iscrizione che il [[Luigi Simeoni (storico)|Simeoni]] ritiene originale è sullo zoccolo del Cristo che, in caratteri minuscoli romanici del XIII secolo, dice: «vide tomas noli esse incredulus set fidelis»,<ref name="DaLisca89" /> una frase che può essere messa in relazione con la lotta all'[[eresia]] [[catari|catara]] che a quel tempo imperversava in riva all'Adige.<ref>{{cita|Patuzzo, 2010|p. 130}}.</ref>
 
==== Presbiterio ====
{{vedi anche|Pala di San Zeno}}
[[File:Verona Italy San Zeno DSC08205.JPG|miniatura|[[Presbiterio]] della basilica di San Zeno.]]
 
Il [[presbiterio]] è soprelevato rispetto al piano basilicale ed è raggiungibile tramite due scalinate poste nelle navate laterali e attraversando, quindi, il pontile-tramezzo già descritto. Alle pareti vi sono diversi affreschi sovrapposti di diverse epoche. Su di essi vi sono diverse iscrizioni che raccontano alcuni fatti della [[storia di Verona]] come la piena dell'Adige del 3 ottobre 1239 che causò la demolizione di tre ponti, il sacco della città ad opera di [[Gian Galeazzo Visconti]] del 29 giugno 1390, il terremoto del 1695.<ref name="Benini216" /><ref>{{cita|Patuzzo, 2010|p. 120}}.</ref> Il presbiterio è composto dalla zona centrale ove è collocato l'altare maggiore, ai cui lati vi sono i prolungamenti delle navate laterali con i muri decorati da lacerti di affreschi e terminanti in due piccole absidi laterali, mentre in fondo vi è la grande abside maggiore con il [[coro (architettura)|coro]].
 
Sul muro di sinistra, sopra l'entrata della [[sagrestia]] troviamo un grande dipinto attribuito ad [[Altichiero]] o a qualcuno della sua scuola, ''la Crocifissione'',<ref name=Benini218>{{cita|Benini, 1988|p. 218}}.</ref> e nella piccola [[abside]] di sinistra la statua in marmo rosso e colorato che ritrae il patrono detta "[[San Zeno che ride]]", eseguita da un anonimo del XII secolo, che rappresenta una delle icone più importanti dei veronesi.<ref>{{cita|Da Lisca, 1941|pp. 92–93}}.</ref><ref>{{cita|Patuzzo, 2010|p. 122}}.</ref> Alla destra della porta della sacrestia vi è un pannello votivo raffigurante ''San Zeno che presenta gli offerenti alla Madre di Dio'', del XIV secolo.<ref>{{cita|Da Lisca, 1941|p. 260}}.</ref>
 
Sul muro del lato destro del presbitero vi sono diversi affreschi risalenti al XIV secolo, tra di essi si riconoscono un ''Battesimo di Gesù'', ''Resurrezione di Lazzaro'', ''San Giorgio e il Drago'', ''I santi Benigno e Caro trasportano il corpo di San Zeno''.<ref name=Benini216/> Il muro che termina con l'absidiola di destra è forse una delle più antiche parti della basilica, in quanto si ritiene che appartenga all'edificio del X secolo, ed è l'unico abside originale interamente sopravvissuto. Al suo interno venne posto nel XIX secolo l'altare cosiddetto del Santissimo Sacramento. Nell'[[intradosso]] dell'abside vi sono dei resti di una decorazione ad affresco risalente al XIV secolo.<ref>{{cita|Da Lisca, 1941|pp. 265–266}}.</ref>
 
[[File:Basilica di San Zeno 19.jpg|miniatura|sinistra|Sarcofago dei santi San Lupicino, San Lucillo e San Crescenziano utilizzato come [[altare maggiore]].]]
 
A servire come [[altare maggiore]] vi è il sarcofago dei santi San Lupicino, San Lucillo e San Crescenziano, tutti e tre [[diocesi di Verona|vescovi veronesi]], precedentemente conservato nella cripta. La presenza delle reliquie dei santi è attestata da una scrittura di ricognizione datata 1808 e incisa sulla testata. Questi corpi non figurano tra quelli rinvenuti nel 1492, per cui la loro traslazione dalle primitive e distinte sepolture è anteriore a quell'anno.<ref>{{Cita|Da Lisca, 1941|p. 100}}.</ref> Il sarcofago è riccamente decorato a [[bassorilievo]]: sulla faccia anteriore del sarcofago, in mezzo, è scolpita una crocifissione tra Giovanni e Maria e due angeli; ai lati, due per parte, i 4 evangelisti con i loro simboli intenti a scrivere; nella faccia posteriore nel centro un Cristo con due figure maschili; a destra la porta dell'inferno dal quale il Cristo libera alcune anime; a sinistra due figure di un uomo e una donna. Sulla testata parrebbe riconoscere una scena di caccia, la prima figura ha un corno nella sinistra e con la destra trattiene un cane mentre l'altra sembra attenta a evitare che un leone addenti un agnello. Sopra stanno altre figure.<ref>{{Cita|Da Lisca, 1941|p. 101}}.</ref> Mancano indizi per poter collocare temporalmente la realizzazione del sarcofago, ma secondo [[Alessandro da Lisca]] potrebbe essere del principio del X secolo.<ref>{{Cita|Da Lisca, 1941|pp. 101–102}}.</ref>
 
[[File:Pala di San Zeno by Andrea Mantegna - San Zeno - Verona 2016 (3).jpg|miniatura|[[Andrea Mantegna]], [[Pala di San Zeno]].]]
 
L'opera più importante collocata nel [[presbiterio]] è la [[pala di San Zeno|pala]] di [[Andrea Mantegna]], considerato un capolavoro della pittura del [[Rinascimento italiano]]. Il soggetto del [[polittico]] è nel trittico superiore la ''Madonna con Bambino e santi'' e nella [[predella]] scene della vita di [[Gesù]]. Il polittico fu portato via dai francesi di [[Napoleone Bonaparte|Napoleone]] nel 1797 e recuperata, la parte superiore, dopo diversi anni, mentre la predella rimase in [[Francia]]; quella che si vede oggi ''in loco'' è una copia, opera di [[Paolino Caliari]], discendente di [[Paolo Veronese]].<ref name="uno" /><ref>{{Cita|Da Lisca, 1941|pp. 277–284}}.</ref>
 
===== Abside maggiore =====
L'attuale [[abside]], dal gusto gotico, è di forma poligonale e venne realizzata tra il 1386 e il 1389; vi si accede attraverso un grande [[arco trionfale]], su cui è affrescata un{{'}}''Annunciazione'', opera di maestro [[Martino da Verona]], commissionata dall'abate Cappelli ed eseguita tra il 1391 e il 1399, e terminata da alcuni suoi allievi al tempo dell'abate Pietro Emilei.<ref name="DaLisca261">{{Cita|Da Lisca, 1941|p. 261}}.</ref> Sulla parete di sinistra, presso la [[lesena]], vi è un quadrante di un orologio con le ore che può attribuirsi al XV secolo; a questo interno ne corrispondeva uno esterno, quasi del tutto scomparso. Nei fianchi della parete quadrata vi sono delle semplici fasce decorative orizzontali, alcune con volute di color rosso, giallo e nero; le parti non rifatte dovrebbero essere state realizzate alla fine del XIII secolo.<ref name="DaLisca261" />
 
Sempre di Martino da Verona anche una vasta ''Crocifissione'' ad affresco per il fondo dell'abside, sovrapposta ad un ''San Zenone assiso in un ricco trono'', quest'ultimo commissionato da Marco Emilei (1421-1430) ad un seguace di Martino.<ref name=DaLisca261/> Il catino absidale è interamente decorato con un cielo azzurro con stelle a otto punte mentre le arcate portano gli stemmi dell'abate Emilei. Le [[Volta a crociera|volte a crociera]] sono dei maestri Giovanni e Niccolò da Ferrara.<ref>{{cita|Patuzzo, 2010|p. 121}}.</ref> Sotto il catino, in nicchie gotiche, i ''Santi Pietro, Paolo e Benedetto''.<ref>{{Cita|Da Lisca, 1941|p. 262}}.</ref>
 
==== Cripta ====
[[File:Pianta di San Zeno - cripta.jpg|miniatura|sinistra|Pianta della cripta.]]
 
I lavori per la realizzazione della [[cripta]] dovettero iniziare intorno al principio del X secolo per poi proseguire per circa un secolo fino all'ultimazione della prima chiesa romanica, vale a dire fino agli inizi del Mille. Poco dopo si procedette anche all'aggiunta dell'ingresso settentrionale. Rovinata in occasione del [[Terremoto di Verona del 1117|terremoto del 1117]], venne ricostruita durante i lavori che si eseguirono in tutto l'edificio tra quell'anno e il 1138, e subì un ulteriore restauro intorno alla fine del XII secolo. Da ultimo, nei primi decenni del XIII secolo fu esteticamente e staticamente compiuta con l'apertura dell'ingresso settentrionale.<ref>{{cita|Da Lisca, 1941|p. 94}}.</ref>
{{Sequenza immagini
|larghezza =
|titolo = Interno della cripta
|align = right
|sfondo =
|bordo = no
|File:Basilica di San Zeno 33.jpg|
|File:Basilica di San Zeno 31.jpg|
|File:Basilica di San Zeno 32.jpg|
}}
 
Il succedersi di questi interventi, dei vari adattamenti necessari e i ripieghi usati giustificano alcune irregolarità riscontrabili nelle volte e nelle colonne. L'ambiente interno è suddiviso in dodici navate composte da gallerie che si intersecano fra loro: nove da ovest a est, sei da nord a sud, divise da 49 colonne su cui poggiano gli archi che formano le 54 [[volta a crociera|volte a crociera]] che compongono il soffitto. Ogni [[colonna]] dispone di un [[capitello]] scolpito, ognuno diverso dall'altro.<ref>{{cita|Da Lisca, 1941|p. 95}}.</ref><ref name=Patuzzo131/>
 
Tutti i capitelli risalgono al X secolo ad eccezione di tre che sono elementi di reimpiego provenienti da un precedente edificio di epoca romana.<ref>{{cita|Da Lisca, 1941|pp. 98–100}}.</ref> Tra i vari soggetti rappresentati in essi si possono riconoscere figure floreali, animalesche, mostri favolosi, alcune teste umane, foglie, ghiere e scene di caccia. In molti di questi è ben riconoscibile un influsso proveniente dall'[[arte bizantina]].<ref>{{cita|Da Lisca, 1941|p. 96}}.</ref> Nell'abside della cripta si trova il corpo di san [[Zeno di Verona|Zeno]], custodito in un sarcofago a vista consacrato nel 1939, con il volto coperto da una maschera d'argento e vestito con abiti pontificiali, mentre sulla parete è poggiato il precedente cenotafio. Una volta nella cripta era collocato anche il sarcofago dei santi Lucillo, Lupicino e Crescenziano che ora si trova nel [[presbiterio]] superiore, dove assolve la funzione di [[altare maggiore]].<ref name=Patuzzo131>{{cita|Patuzzo, 2010|p. 131}}.</ref>
 
[[File:Affreschi cripta San Zeno VR 04.jpg|miniatura|verticale|sinistra|Affresco raffigurante la ''Madonna col Bambino''.]]
 
Sia le pareti che i pilastri della cripta dovevano essere in origine riccamente decorati con [[affresco|affreschi]] di varie epoche, tuttavia oggi ne sono ancora visibili solo alcuni, spesso lacerti o deteriorati dal tempo e talvolta sovrapposti l'uno sull'altro. Tra di essi si possono menzionare: sulla parete ovest un frammento di una ''Santa'' e, alla sua destra, una rappresentazione della ''Fuga in Egitto''; una ''Madonna della Misericordia'' di cui rimane solo la figura dal busto in su; un frammento di un ''Crocifissione'' su un muro sporgente;<ref>{{cita|Da Lisca, 1941|p. 268}}.</ref> un ''Santo vescovo'' ritenuto opera di un maestro della metà del Trecento; una ''Madonna col Bambino'' e una ''Crocifissione con la Vergine'' su uno stesso pilastro; un ''San Giovanni e un santo vescovo'' collocabile nella seconda metà del Trecento; un'altra ''Madonna col Bambino'' della fine del Duecento posta sul secondo pilastro a sinistra, sopra una semicolonna.<ref>{{cita|Da Lisca, 1941|p. 269}}.</ref>
 
[[File:Entrance detail - Crypt of San Zeno - Verona 2016.jpg|miniatura|verticale|Dettaglio dei fregi marmorei presenti nelle arcate d'ingresso alla cripta, realizzati dal maestro [[Adamino da San Giorgio|Adamino]].]]
 
[[Adamino da San Giorgio]], scultore locale autore anche dei fregi marmorei della facciata della basilica, nel 1225 scolpì sugli archi di accesso decorazioni basate su soggetti non religiosi: animali fantastici e mostruosi. Ciascuna arcata è a doppia ghiera; esse sono adorne di eleganti [[Voluta|volute]] floreali e frutti. La fascia esterna contiene, invece, rappresentazioni di animali e scene di caccia con cani o belve che si rincorrono o si affrontano, uomini che colpiscono fiere, mostri, una cicogna che uccide una serpe, galli che portano una volpe e altre figurazioni. Le fasce mediane posano nel loro incontro su un piccolo capitello e le arcate sopra il semplice capitello bianco centrale sorretto dal fusto in marmo rosso forato dalla unione di quattro colonnine. Nella faccia anteriore del capitello si legge la scritta in caratteri gotici che attesta l'attribuzione ad Adamino: «ADAMINUS DE SANCTO GEORGIO ME FECIT».<ref>{{cita|Da Lisca, 1941|p. 97}}.</ref><ref>{{cita|Patuzzo, 2010|pp. 130–131}}.</ref> Infine, l'ingresso della cripta è chiuso da una cancellata a maglie di ferro giudicata assai elegante.<ref name=Patuzzo131/>
 
== Note ==
[[File:PD-icon.svg|12px|Icona di Pubblico Dominio]] Questa voce include [[pubblico dominio|materiale in pubblico dominio]]: {{cita libro|autore=Alessandro Da Lisca|wkautore=Alessandro Da Lisca|titolo=La basilica di San Zenone in Verona|città=Verona|editore=Scuola Tipogafica Don Bosco|anno=1941|SBN=VEA0043997}}
 
=== Esplicative ===
<references group=N/>
 
=== Bibliografiche ===
{{Note strette}}
 
== Bibliografia ==
{{div col|2}}
* G. P. Marchi, A. Orlando e M. Brenzoni: ''Il culto di San Zeno nel veronese''. Verona, 1972.
* {{cita libro|curatore=Archivio storico della curia diocesana di Verona|titolo=Cenni storici sulle chiese parrocchiali della diocesi di Verona|città=Verona|editore=Archivio storico Curia Diocesana|anno=2015|sbn=VIA0292237|url=http://www.diocesiverona.it/s2ewdiocesiverona/allegati/25755/cenni%20storici%20delle%20parrocchie.pdf|accesso=10 aprile 2020|cid=Archivio storico|urlmorto=sì|urlarchivio=https://web.archive.org/web/20200725173256/http://www.diocesiverona.it/s2ewdiocesiverona/allegati/25755/cenni%20storici%20delle%20parrocchie.pdf|formato=PDF}}
* G. Borelli: ''Chiese e monasteri di Verona''. Verona, 1980.
* {{cita libro|autore=Edoardo Arslan|wkautore=Wart Arslan|titolo=L'architettura romanica veronese|città=Verona|editore=La Tipografica veronese|anno=1939|sbn=RAV0056913|cid=Arslan, 1939}}
* G. Lorenzoni e G. Valenzano: ''Il duomo di Modena e la basilica di San Zeno''. Verona, 2000.
* {{cita libro|autore=Edoardo Arslan|titolo=La pittura e la scultura veronese dal secolo 8. al secolo 13|anno=1943|città=Milano|editore=Bocca|sbn=RAV0057216}}
* {{cita libro|autore=Gianfranco Benini|titolo=Le chiese di Verona: guida storico-artistica|editore=Arte e natura libri|anno=1988|cid=Benini, 1988|sbn=PUV0856596}}
* {{cita libro|curatore=Pierpaolo Brugnoli|titolo=L'abazia e il chiostro di S. Zeno Maggiore in Verona: un recente intervento di restauro|editore=Banca Popolare di Verona|anno=1986|città=Vago di Lavagno|cid=Brugnoli, 1986|sbn=RAV0018362}}
* {{cita libro|autore=Andrea Castagnetti|titolo=Le città della Marca Veronese|editore=Libreria Universitaria Editrice|anno=1991|città=Verona|cid=Castagnetti|sbn=TO00110950}}
* {{cita libro|curatore=Marco Ciatti|curatore2=Paola Marini|titolo=Andrea Mantegna. La Pala di San Zeno: studio e conservazione|città=Firenze|editore=Edifir|anno=2009|isbn=978-88-7970-454-0|cid=Ciatti e Marini, 2009}}
* {{cita libro|autore=Enrica Cozzi|curatore=Mauro Lucco|titolo=La pittura nel Veneto. Il Trecento|città=Milano|editore=Electa|anno=1992|isbn=978-88-43536-14-6|cid=Cozzi, 1992}}
* {{cita libro|autore=Alessandro Da Lisca|wkautore=Alessandro Da Lisca|titolo=La basilica di San Zenone in Verona|città=Verona|editore=Scuola Tipogafica Don Bosco|anno=1941|cid=Da Lisca, 1941|sbn=VEA0043997}}
* {{cita libro|autore=Guglielmo Ederle|titolo=La Basilica di S. Zeno|anno=1953|editore=Edizioni di vita veronese|città=Verona|cid=Ederle, 1953|sbn=CUB0251225}}
* {{cita libro|autore=Vittorio Fainelli|titolo=Dalla caduta dell'impero romano alla fine del periodo carolingio|città=Venezia|editore=Deputazione di storia patria per le Venezie|anno=1940|cid=Fainelli, 1940|sbn=TO01469464}}
* {{cita libro|autore=Raffaele Fasanari|titolo=I bronzi del portale di San Zeno|città=Verona|editore=Vita veronese|anno=1956|cid=Fasanari, 1956|sbn=LO10749427}}
* {{cita libro|autore=Raffaele Fasanari|titolo=Il portale di San Zeno: marmi|città=Verona|editore=Vita veronese|anno=1964|cid=Fasanari, 1964|sbn=PUV0442164}}
* {{cita libro|autore=Giovanni Lorenzoni|autore2=Giovanna Valenzano|titolo=Il Duomo di Modena e la Basilica di San Zeno|città=Verona|editore=Banca Popolare di Verona|anno=2000|sbn=PUV0648522|cid=Lorenzoni e Valenzano, 2000}}
* {{cita libro|autore=Cesare Marchi|wkautore=Cesare Marchi|titolo=Grandi peccatori grandi cattedrali|città=Milano|editore=Rizzoli|anno=1989|cid=Marchi, 1989|sbn=RLZ0193938}}
* {{cita libro|autore=[[Gian Lorenzo Mellini]]|titolo=I maestri dei bronzi di San Zeno|città=Verona|editore=Banca popolare di Verona|anno=1992|sbn=LO10308248|cid=Mellini, 1992}}
* {{cita libro|autore=Girolamo Orti Manara|wkautore=Girolamo Orti Manara|titolo=Dell'antica basilica di San Zeno|città=Verona|anno=1839|cid=Orti Manara, 1839}}
* {{cita libro|autore=Alessia Parolotto|titolo=La biblioteca del monastero di San Zeno in Verona (1318-1770)|editore=Della Scala|anno=2002|città=Verona|cid=Parolotto, 2002|sbn=PUV0896278}}
* {{cita libro|autore=Mario Patuzzo|titolo=San Zeno: gioiello d'arte romanica|città=Vago di Lavagno|editore=Editrice La Grafica|anno= 2010|cid=Patuzzo, 2010|sbn=VIA0208919|}}
* {{cita libro|autore=Fabrizio Pietropoli|curatore=Francesca Flores d'Arcais|titolo=La pittura nel Veneto. Le origini|città=Milano|editore=Electa|anno=2004|isbn=8837025831 |cid=Pietropoli, 2004}}
* {{cita libro|autore=Loredana Olivato Puppi|titolo=San Zeno|editore=Banca Popolare di Verona|città=Verona|anno=1981|sbn=TO01113226|cid=Puppi, 1981}}
* {{cita libro|autore=Luigi Simeoni|wkautore=Luigi Simeoni (storico)|titolo=S. Zeno di Verona. Studi con nuovi documenti|città=Verona|editore=Baroni|anno=1909|cid=Simeoni, 1909|sbn=LO10824318}}
* {{cita libro|autore=Giovanni Solinas|titolo=Storia di Verona|anno=1981|editore=Centro Rinascita|città=Verona|cid=Solinas, 1981|sbn=SBL0619693}}
* {{cita libro|autore=Giuseppe Trecca|wkautore=Giuseppe Trecca (architetto)|titolo=La facciata della basilica di S. Zeno|editore=La tipografica veronese|città=Verona|anno=1938|cid=Trecca, 1938|sbn=UM10039825}}
* {{cita libro|autore=Giovanna Valenzano|titolo=La basilica di san Zeno in Verona: problemi architettonici|città=[[Vicenza]]|editore=Neri Pozza|anno=1993|isbn=88-7305-420-X|cid=Valenzano, 1993}}
* {{cita libro|autore=David Watkin|wkautore=David Watkin|titolo= Storia dell'architettura occidentale|città=Bologna|editore=Zanichelli|anno=2016|isbn=978-88-08-62114-6|cid=Watkin, 2016|sbn=TO10014602}}
* {{Cita libro|autore-capitolo=Silvia Musetti|capitolo=Il rosone di Brioloto|curatore1=Francesco Butturini|curatore2=Flavio Pachera|titolo=San Zeno Maggiore a Verona. Il campanile e la facciata. Restauri, analisi tecniche e nuove interpretazioni|città=Verona|editore=Istituto Salesiano San Zeno|anno=2015|isbn=88-89112-09-3|SBN=TSA1484558|cid=Musetti, 2015}}
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== Voci correlate ==
* [[Abbazia di San Zeno (Verona)]]
* [[PiazzaMonumenti Sandi ZenoVerona]]
* [[PalaAbbazia di San Zeno (Verona)|Abbazia di San Zeno]]
* [[MonumentiTorre abbaziale di VeronaSan Zeno]]
* [[Chiesa di San Procolo (Verona)|Chiesa di San Procolo]]
*[[Cappella musicale di San Zeno Maggiore]]
* [[Piazza San Zeno]]
* [[Pala di San Zeno]]
* [[Rosone della basilica di San Zeno]]
* [[Porta della basilica di San Zeno]]
* [[Cappella musicale di San Zeno]]
 
== Altri progetti ==
{{interprogetto|preposizione=sulla|b=Disposizioni foniche di organi a canne/Italia/Veneto/Provincia di Verona/Verona/Verona - Basilica di San Zeno Maggiore|b_etichetta=disposizione fonica dell'organo maggiore}}
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== Collegamenti esterni ==
 
* {{Collegamenti esterni}}
 
{{Chiese di Verona}}
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[[Categoria:ChieseBasilica di VeronaSan Zeno|Zeno (Verona), Basilica di San]]
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[[Categoria:Chiese dedicate a san ZenoBasiliche di Verona|Verona]]
[[Categoria:Architetture romaniche del Veneto]]
[[Categoria:Chiese romaniche]]