Anassimandro: differenze tra le versioni

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{{Bio
'''Anassimandro''', filosofo vissuto a [[Mileto]], città della [[Ionia]], tra il [[VII secolo AC|VII]] ed il [[VI secolo AC]]., detto per questo '''Anassimandro di Mileto'''. La tradizione lo tramanda come discepolo diretto di [[Talete]] e continuatore della sua scuola (detta dei [[filosofi ionici]], [[filosofi della physis]] o [[filosofi naturalisti]]).
|Nome = Anassimandro
Fu anche [[matematica|matematico]] ed [[astronomia|astronomo]] ed a lui sono attribuite la scoperta dell'[[obliquità dell'eclittica]] (cioè l'[[angolo di intersezione]] del piano dell'[[orbita terrestre]] con l'[[equatore celeste]]), l'introduzione della [[meridiana]] e della [[cartografia]].
|Cognome =
|PreData = {{lang-grc|Ἀναξίμανδρος|Anaxímandros}}
|Sesso = M
|LuogoNascita = Mileto
|LuogoNascitaLink = Mileto (Asia Minore)
|GiornoMeseNascita =
|AnnoNascita = [[610 a.C.]] circa
|LuogoMorte =
|GiornoMeseMorte =
|AnnoMorte = [[546 a.C.]] circa
|Epoca = -500
|Attività = filosofo
|Attività2 = astronomo
|Nazionalità = greco antico
|PostNazionalità = [[presocratici|presocratico]] e il primo [[cartografo]] della storia
|Immagine = Anaximander_Mosaic_(cropped,_with_sundial).jpg
|Didascalia = Mosaico del [[III secolo]] proveniente da [[Treviri]] che ritrae Anassimandro mentre regge una [[meridiana]].
}}
 
Anassimandro fece parte della [[scuola di Mileto]] dove apprese gli insegnamenti del suo maestro [[Talete]] a cui successe divenendo il secondo maestro di quell'istituto che annoverò anche [[Anassimene di Mileto|Anassimene]] e, probabilmente, ebbe [[Pitagora]] tra i suoi allievi.<ref>{{cita libro|url=https://www.google.de/search?tbm=bks&hl=en&q=Porphyry%2C+Life+of+Pythagoras+Anaximander|titolo=Porphyry, Life of Pythagoras Anaximander}}</ref>
Anassimandro è anche l'autore di un testo ''[[Intorno alla natura (Anassimandro)|Intorno alla natura]]'', di cui ci è pervenuto un celebre frammento che suona pressappoco così:
 
Si conosce poco della sua vita e del suo lavoro; secondo i documenti storici disponibili, fu il primo filosofo noto ad aver trascritto i suoi studi,<ref>[[Temistio]], ''Oratio'' 26, §317</ref> sebbene rimanga solo un frammento della sua opera. Testimonianze frammentarie trovate in documenti postumi hanno permesso di ricostruire un ritratto dell'uomo.
:"'' ... principio delle cose è l'infinito ... nascita e morte delle cose avvengono secondo necessità, poich&eacute; esse pagano la pena e reintegrano il torto che commettono le une alle altre secondo l'ordine del tempo ... ''".
 
Anassimandro fu uno dei primi sostenitori della scienza e cercò di osservare e spiegare diversi aspetti dell'[[universo]], con un particolare interesse per le sue origini, sostenendo che la natura sia governata da leggi, proprio come le società umane, e tutto ciò che disturba l'equilibrio non può continuare a lungo.<ref>Park, David (2005) ''The Grand Contraption'', Princeton University Press {{ISBN|0-691-12133-8}}</ref> Come molti pensatori del suo tempo, la filosofia di Anassimandro includeva contributi a molte discipline. In [[astronomia]], tentò di descrivere la [[meccanica dei corpi celesti]] in relazione alla [[Terra]]. In [[fisica]], la sua postulazione che l'indefinito (o ''[[Ápeiron]]'') fosse la fonte di tutte le cose spinse la [[filosofia greca]] a un nuovo livello di astrazione concettuale. La sua conoscenza della [[geometria]] gli permise di introdurre lo [[gnomone]] in Grecia. Realizzò una mappa del mondo grazie alla quale contribuì notevolmente al progresso della [[geografia]]. Fu anche coinvolto nella politica di [[Mileto (Asia Minore)|Mileto]] e fu inviato come esponente in una delle sue colonie.
Una celebre analisi del [[filosofia|significato filosofico]] di questo frammento si può trovare in ''[[Sentieri interrotti]]'' di [[Martin Heidegger]].
 
== Biografia ==
Il nome di Anassimandro &egrave; comunque legato al termine [[apeiron]] (o [[archè]]) col quale egli indicava, in opposizione a Talete, il principio indeterminato di tutte le cose; apeiron &egrave; infatti cio&egrave; ''senza perimetro'' ovvero l'indefinito, l'illimitato, l'[[infinito]].
[[File:Anaximander.jpg|thumb|left|upright=0.6|Dettaglio della ''[[Scuola di Atene]]'', di [[Raffaello Sanzio]] 1510–1511. Questo personaggio è tradizionalmente identificato con [[Severino Boezio|Boezio]], ma la somiglianza con il bassorilievo del [[Museo Nazionale Romano]] ha spinto alcuni a identificarlo con il filosofo<ref>{{cita web |url=http://www.hellenicaworld.com/Greece/Science/en/SchoolAthens2.html |titolo=Copia archiviata |accesso=11 novembre 2017}}</ref>.]]
 
Si conosce poco della sua vita: [[Diogene Laerzio]]<ref name=DL>''Vite dei filosofi'', II, 1-2 = 12 A 1 Diels-Kranz.</ref>, dopo averlo detto di Mileto e figlio di un Prassiade, riferisce l'apparentemente insignificante aneddoto secondo il quale, mentre cantava, sarebbe stato deriso da alcuni bambini, esclamando allora: «Bisognerà cantare meglio, per via dei bambini»: episodio che indicherebbe la necessità di far ben comprendere agli ingenui le verità da lui conosciute.
{{filosofia}}
 
Lo storico greco sostiene che egli avrebbe preparato un'esposizione delle proprie dottrine e, citando la ''Cronologia'' di [[Apollodoro di Atene]]<ref>fr. 79 FHG = FGrHist 244 F 29 II 1028.</ref>, afferma che nel secondo anno della 58ª [[Olimpiade]] ([[547 a.C.]]) Anassimandro avrebbe avuto 64 anni e sarebbe morto poco dopo.<ref name=DL />
 
La tarda [[Suda (enciclopedia)|Suda]], intorno al [[X secolo]] d.C., gli attribuisce le opere ''Sulla natura'', ''Il giro della terra'', ''Sulle stelle fisse'', ''La sfera'' e «alcune altre», lo dichiara discepolo e parente di [[Talete]] e ne fa lo scopritore degli equinozi, dei solstizi e degli "orologi"<ref>''Suda'', Ἀ 1986 = 12 A 2 Diels-Kranz.</ref>, una notizia forse ricavata dalla ''Praeparatio evangelica''<ref>X 14, 11 = 12 A 4 Diels-Kranz.</ref> di [[Eusebio di Cesarea]], secondo la quale Anassimandro: «per primo costruì degli [[gnomone|gnomoni]] per conoscere le rivoluzioni del [[sole]], il [[tempo]], le stagioni e gli [[equinozio|equinozi]]». Nella ''Varia historia'' di [[Claudio Eliano|Eliano]]<ref>III, 17 = 12 A 3 Diels-Kranz.</ref> si riporta che Anassimandro avrebbe guidato i Milesi alla fondazione della nuova colonia di [[Apollonia Pontica|Apollonia]].
[[de:Anaximander]]
 
[[en:Anaximander]]
[[Cicerone]]<ref>''De divinatione'', I 50, 112 = 12 A 5a Diels-Kranz.</ref>, dal canto suo, afferma che «i Lacedemoni furono avvertiti da Anassimandro, lo studioso della [[natura]], di lasciare la [[città]] e le case, vegliando in armi sui campi, perché era imminente un [[terremoto]]; dopo questo evento la città rimase del tutto distrutta e venne giù dal monte [[Taigeto]] una massa rocciosa della grandezza della [[poppa]] di una [[nave]]».
[[es:Anaximandro]]
 
[[fr:Anaximandre]]
== Cosmologia ==
[[id:Anaximander]]
{{Citazione|Anassimandro di Mileto, l'allievo di [[Talete]], ebbe per primo l'audacia di disegnare l'[[ecumene]] su una tavoletta|[[Agatemero]]}}
[[la:Anaximander]]
 
[[nl:Anaximandros]]
=== Le concezioni astronomiche ===
[[ja:&#12450;&#12490;&#12463;&#12471;&#12510;&#12531;&#12489;&#12525;&#12473;]]
[[File:Anaximander cosmology-it.svg|thumb|La concezione dell'universo secondo Anassimandro]]
[[ru:&#1040;&#1085;&#1072;&#1082;&#1089;&#1080;&#1084;&#1072;&#1085;&#1076;&#1088;]]
 
[[sl:Anaksimander]]
L'uso di spiegazioni naturalistiche anziché mitico-religiose distingue radicalmente la cosmologia di Anassimandro dai precedenti autori, come [[Esiodo]], e si inserisce nel grande movimento di "de-mitificazione" della conoscenza dei filosofi presocratici. Anassimandro è il primo a concepire un modello meccanico del mondo. Sostiene che la Terra galleggia immobile nello spazio, senza cadere e senza essere appoggiata a nulla. Se per Talete la Terra è un disco piatto che si regge sull'acqua, conformemente alla sua dottrina dell'acqua come principio – ''substantia'', "che sta sotto" – delle cose, [[Aezio (filosofo)|Aezio]]<ref>''De Fide'' (III, 7, 1).</ref> e lo [[Pseudo-Plutarco]]<ref>III, 10</ref> riportano che per Anassimandro la Terra ha la curiosa forma di un disco, o un corto cilindro (come una "pietra di colonna") di altezza un terzo del diametro. Aristotele<ref>''De coelo'', II 13, 295 b</ref> riferisce che secondo alcuni la Terra «sta ferma a causa dell'eguale distribuzione delle parti: così tra gli antichi Anassimandro. E in effetti, quel che è collocato al centro e ha eguale distanza dagli estremi, non può essere portato in alto più che in basso o di lato. Essendo pure impossibile che il movimento avvenga contemporaneamente in direzioni opposte, sta necessariamente ferma». Aristotele considera l'idea "ingegnosa", ma la respinge, preferendo la propria idea che la Terra resta al centro dell'universo perché questo è il suo "luogo naturale".
[[sv:Anaximander]]
 
[[zh:&#38463;&#37027;&#20811;&#35199;&#26364;&#24503;]]
Il fatto che Anassimandro abbia compreso che la Terra galleggia libera nello spazio senza cadere e senza bisogno di essere sostenuta da qualcosa è stato indicato da molti come la prima grande rivoluzione cosmologica, e una delle sorgenti del pensiero scientifico<ref>[[Carlo Rovelli]], "Che cos'è la scienza. La rivoluzione di Anassimandro" (Mondadori, 2011)</ref><ref>Daniel W. Graham, "Explaining the Cosmos: The Ionian Tradition of Scientific Philosophy" (Princeton, NJ: Princeton University Press, 2006).</ref>. Il filosofo della scienza [[Karl Popper]] ha chiamato questa idea "una delle più coraggiose, più rivoluzionarie, più portentose idee nella storia del pensiero umano"<ref>Karl Popper, "Conjectures and Refutations: The Growth of Scientific Knowledge" (New York: Routledge, 1998), pg 186.</ref>. Il modello di Anassimandro permette ai corpi celesti di passare sotto la Terra, e apre la via alla grande astronomia greca dei secoli successivi.
 
Per [[Aezio (filosofo)|Aezio]]<ref>''Dox''. 342, 348, 354, 355, 359, 367, 374</ref> Anassimandro avrebbe sostenuto che gli astri sono involucri d'aria a forma di ruota, pieni di fuoco, dalle cui aperture fuoriescono le fiamme; allo stesso modo il Sole «è una sfera ventotto volte maggiore della terra, molto simile alla ruota di un carro, che in una parte, attraverso un'apertura, mostra il fuoco, come attraverso la canna di un flauto» e le eclissi si produrrebbero quando quell'apertura si chiude. Analogamente, anche la Luna «è una sfera diciannove volte la terra, simile a una ruota di carro, la cui circonferenza è incavata e piena di fuoco come il Sole, e come il Sole è posta in una posizione obliqua e munita di sfiatatoio, come la canna di un flauto» la cui otturazione ne provoca l'eclissi.
 
Anche dei fenomeni naturali fornisce interpretazioni: «tutti questi fenomeni sono prodotti dal [[vento]] che quando, chiuso in una spessa [[nuvola]], riesce, a causa della sottile leggerezza delle sue parti, a fuoriuscire con violenza, rompendo la nuvola e producendo il fragore del [[tuono]], mentre la dilatazione della massa nera produce il chiarore del lampo». Il vento è una corrente d'aria «provocata dalle particelle più leggere e umide in essa contenute che si muovono ed evaporano sotto l'azione del Sole». [[Lucio Anneo Seneca|Seneca]],<ref>''Naturales quaestiones'', II, 18</ref> precisa che può anche tuonare a cielo sereno perché «il vento s'abbatte sull'aria densa che si lacera. E perché altre volte non ci sono [[fulmine|fulmini]] ma solo tuoni? Perché il vento, troppo debole, non è riuscito a risolversi in fiamma ma solo in [[suono]]. Cos'è allora il lampeggiare? Una scossa d'aria che si disperde e precipita mostrando un debole fuoco incapace di uscire e il fulmine è una corrente d'aria più violenta e densa».
 
Secondo [[Favorino]]<ref>[https://books.google.it/books?id=Ztiori43vX0C&pg=PA30&lpg=PA30&dq=favorino+anassimandro&source=bl&ots=Yb_0ypVlJo&sig=Vt36z_hpcM1wDe72W3wsKFAz2QM&hl=it&ei=B-fGTLXKNZCdOtH29ZgB&sa=X&oi=book_result&ct=result&resnum=8&ved=0CDQQ6AEwBw#v=onepage&q=favorino%20anassimandro&f=false Diogene Laerzio, II, 1-2]</ref> fu Anassimandro il primo a inventare lo gnomone, conficcando un'asta al centro di un quadrante disegnato nell'[[agorà]] di [[Sparta]].
 
=== Il mare, la terra, l'origine dell'uomo ===
Dalle opere perdute di [[Teofrasto]], [[Alessandro d'Afrodisia]]<ref>''Meteorologia'', 67, 3</ref> riporta che per Anassimandro il [[mare]] è «il residuo di un'umidità originaria: infatti la zona intorno alla [[Terra]] era umida e, con l'evaporazione di una parte, sotto l'azione del Sole, vennero i venti e le stesse rotazioni del Sole e della Luna, come se questi compissero le loro rivoluzioni a causa dei vapori e delle esalazioni e si volgessero nei luoghi dove sono più abbondanti. Il residuo dell'umidità nelle cavità della Terra forma il mare, che diventa sempre meno esteso, disseccato com'è continuamente dal Sole, tanto che alla fine tutto sarà asciutto».
 
L'origine degli animali e degli stessi esseri umani avrebbe avuto luogo dal mare e dalle zone umide della Terra; [[Censorino]]<ref>''De die natali'', 4, 7</ref> riporta che Anassimandro, allo scopo di dare una spiegazione di come fossero potuti sopravvivere i primi esseri umani, incapaci come sono di provvedere a sé stessi fin dalla nascita, sostenesse che «dall'acqua e dalla Terra riscaldate nacquero [[pesce|pesci]] o animali simili; entro di loro si generarono [[feto|feti]] umani che crebbero fino alla [[pubertà]]; poi, spezzate le loro membrane, ne uscirono uomini e donne che erano ormai in grado di nutrirsi autonomamente».
 
[[File:Anaximander world map-it.svg|thumb|left|Possibile atlante di Anassimandro]]
 
Lo storico [[Ammiano Marcellino]]<ref>''Res gestae'', XVII 7, 12</ref> ci ricorda la concezione che Anassimandro aveva dei [[terremoto|terremoti]], in questo modo: «la Terra, inaridita dall'eccessiva siccità dell'[[estate]] o dopo l'umidità delle piogge, si apre in grosse voragini, entro le quali penetra l'aria dall'alto con gagliarda violenza per cui, squassata dalle fortissime correnti d'aria che vi si sono infiltrate, è sconvolta dalle fondamenta. Tali terremoti avvengono per questi motivi nei periodi di grande caldo o anche in quelli estremamente piovosi»
 
Tanto [[Strabone]] che [[Agatemero]], e anche [[Temistio]], nei suoi ''Discorsi'', citando [[Eratostene di Cirene]], ricordano altresì, a testimonianza degli interessi geografici tipici di questi primi filosofi di [[Mileto (Asia Minore)|Mileto]], che Anassimandro avrebbe per primo disegnato e reso pubblica una carta della Terra, poi perfezionata da [[Ecateo di Mileto]]. Le critiche di [[Eraclito]] contro la multiscienza (''polymathìa'') si diressero solamente nei confronti di quest'ultimo.<ref>{{cita pubblicazione|url=https://www.jstor.org/stable/24176284?seq=1|titolo=Saggio sugli Eleati|autore=Maria Timpanaro Cardini|rivista=Studi Classici e Orientali|volume= 16 |oclc= 5828223658|issn=0081-6124|anno=1967|pagine= 149-255 |jstor=24176284|editore=Pisa University Press}}</ref>
 
In essa appare la sua concezione generale dell'universo, composto da quattro elementi fondamentali: la Terra al centro, tutta circondata dall'acqua, al di sopra della quale è il vapore prodotto dal riscaldamento dell'acqua operato da un fuoco che originariamente abbracciava ogni cosa. L'evaporazione dell'acqua aumentò il volume del vapore d'acqua che fece esplodere l'involucro di fuoco, producendo le stelle, il Sole, e la Luna.
 
=== L'interpretazione di Schiaparelli ===
 
[[File:Schiaparelli interpretation of Anaximander's cylindrical earth.png|thumb|La Terra cilindrica di Anassimandro nell'interpretazione di [[Giovanni Schiaparelli|Schiaparelli]]]]
 
Nei suoi [[Scritti sulla storia della astronomia antica]], [[Giovanni Schiaparelli]] sostiene che la Terra cilindrica di Anassimandro non andrebbe immaginata come un mondo popolato sulla superficie piana, ma su quella convessa, la cui curvatura seguirebbe quindi un meridiano. In questo modo troverebbero spiegazione alcuni fenomeni già noti ai tempi di Anassimandro, come il fatto che la [[Stella Polare]] appare a elevazioni diverse a seconda dalla latitudine a cui si trova l'osservatore, e il fatto che viaggiando verso sud si vedono stelle e costellazioni non altrimenti visibili. Inoltre le variazioni dell'angolo di incidenza dei raggi solari giustificherebbero le diverse zone climatiche, con le relative diversità nella flora e la fauna<ref>Il testo originale di Schiaparelli è consultabile [[wikisource:it:Scritti sulla storia della astronomia antica - Volume II/XIV. - Sui Parapegmi o Calendari astro-meteorologici degli antichi/IV. - Origine comune dell'Astronomia e della Meteorologia presso i Greci. Prime scoperte e speculazioni|in questa pagina di wikisource]]</ref>.
 
== Mito e filosofia ==
È tipico della coscienza mitica non solo interpretare singole figure sensibili, oggetti comuni, come manifestazioni o risultato di azioni di forze mitiche, ma pretendere di spiegare tutto l'esistente, ricercandone tanto l'origine che il motivo della sua esistenza. In questo andare a ritroso, la coscienza mitica – non soltanto greca – si arresta nell'individuazione, indicata come postulato, di un primo fondamento. Così in un canto rigvedico è scritto:
 
{{Citazione|Solo il Questo respirava immobile, non c'era altro. Allora non c'era né l'essere né il non essere, né l'aria né di sopra il cielo [...] non c'era né morte né immortalità, né giorno né notte.}}
 
Anassimandro, contrariamente a [[Talete]], che pone il fondamento delle cose naturali in un elemento che ha caratteristiche sensibili e naturali come l'acqua, sembra, pur essendo di quello più giovane, tornare a una concezione prossima alla visione mitologica del cosmo. In realtà, egli ne è già lontano; se la forma del suo linguaggio – per quel che si può giudicare dal poco che ci è rimasto – mantiene evidenti assonanze con precedenti esposizioni cosmogoniche, la sua intuizione dell'origine delle cose non si svolge, come nelle mitologie, nel racconto di una successione di creazioni, in una sequenza genealogica come si manifesta, per esempio, nella teogonia di [[Esiodo]]. Egli pone immediatamente, come Talete e come farà successivamente [[Anassimene di Mileto|Anassimene]], il fondamento del Tutto dal quale tutte le cose nascono: e questo Tutto è la ''phýsis'', è la natura.
 
La parola ''phýsis'' ha già in sé, nella propria etimologia, il senso del divenire, collegandosi a ''phýein'' – generare – e a ''phýesthai'' – crescere. Nel concetto di natura è già implicito il nascere e il crescere delle cose, il loro divenire, e pertanto non occorre ricorrere a successioni di esseri mitici dai quali dovrebbero derivare altri fino a giungere finalmente alle cose sensibili. E tuttavia, pur essendo l'origine delle cose, essa rimane eguale a sé stessa, essa genera mantenendosi: i filosofi ionici colgono nella natura l'unità che si manifesta tanto nell'essere quanto nel divenire, tanto nel conservarsi che nel mutare delle cose.
 
Come scrive il [[Ernst Cassirer|Cassirer]], «la "natura" del fondamento originario è tale che essa si disperde in una molteplicità di configurazioni particolari dell'essere e si traduce in essa, ma non vi si distrugge: si conserva in essa come un nocciolo immutabile. Al contrario, la molteplicità, come deriva tutto il proprio essere dal fondamento originario, così alla fine deve necessariamente ritornare a quest'ultimo. In tale processo del nascere e del perire, si manifesta l'ordine eterno e l'eterna giustizia della natura come l'annunzia Anassimandro».
 
=== L{{'}}''ápeiron'' ===
{{Vedi anche|ápeiron|arché}}
Di Anassimandro ci è pervenuto un frammento, tramandato da [[Simplicio (filosofo)|Simplicio]]<ref>''Commentario alla fisica di Aristotele'', 24, 13; Diels-Kranz fr. 12, B 1.</ref>:
{{Citazione|Anassimandro....ha detto.... che principio degli esseri è l’illimitato ([[ápeiron]])....da dove infatti gli esseri hanno l'origine, lì hanno anche la distruzione secondo necessità, poiché essi pagano l'uno all'altro la pena e l'espiazione dell'ingiustizia secondo l'ordine del tempo.||Ἄναξίμανδρος....ἀρχήν....εἴρηκε τῶν ὄντων τὸ ἄπειρον....ἐξ ὧν δὲ ἡ γένεσίς ἐστι τοῖς οὖσι, καὶ τὴν φθορὰν εἰς ταῦτα γίνεσθαι κατὰ τὸ χρεὼν διδόναι γὰρ αὐτὰ δίκην καὶ τίσιν ἀλλήλοις τῆς ἀδικίας κατὰ τὴν τοῦ χρόνου τάξιν||lingua=grc}}
[[File:Theophrastus.jpg|thumb|Le ''Opinioni dei fisici'' di [[Teofrasto]] sono una delle maggiori fonti della filosofia presocratica]]
In un altro frammento fornisce la prima definizione di tempo.
{{Citazione|Tempo è ciò che determina la generazione, la distruzione e l'esistenza dei mondi|[[Diels-Kranz|DK]] 12A11}}
 
E lo stesso Simplicio, commentando il passo e rifacendosi alle, per noi perdute, ''Opinioni dei fisici'' di [[Teofrasto]], scrive che per Anassimandro «principio ed elemento degli esseri è l'infinito, avendo egli per primo introdotto questo nome di principio (''[[archè]]''). E dice che il principio non è né l'acqua né un altro dei cosiddetti elementi, ma un'altra natura infinita, dalla quale provengono tutti i cieli e i mondi che in essi esistono [...] e l'ha espresso con parole alquanto poetiche. È chiaro che avendo osservato il reciproco mutamento dei quattro elementi [''acqua, aria, terra, fuoco''], ritenne giusto di non porne nessuno come principio, ma qualcosa d'altro. Secondo lui la nascita delle cose non avviene per alterazione del principio elementare, ma avviene per il distacco da quello dei contrari a causa dell'eterno movimento».
 
Per contrari, Simplicio intende il caldo e il freddo, il secco e l'umido e così via; seguendo [[Aristotele]], considera che Anassimandro sia di fatto un precursore di [[Anassagora]]: Aristotele, infatti, nella ''Fisica'', già considerò che per Anassimandro «dall'Uno che li contiene, si staccano i contrari» e che «quanti ammettono sia l'unità che la molteplicità dell'[[Essere]], come per esempio [[Empedocle]] e [[Anassagora]], fanno uscire dalla mistione le altre cose per divisione».
 
Ma Aristotele, nella sua ''Fisica''<ref>Γ 4. 203 b 3</ref> dice di più: «ogni cosa o è principio o deriva da un principio: ma non c'è principio dell'infinito, perché questo rappresenterebbe il suo limite. Inoltre è ingenerato e incorruttibile, in quanto principio, perché necessariamente ogni cosa generata deve avere una fine e c'è una fine di ogni distruzione. Perciò, l'infinito non ha principio ma sembra esso stesso essere principio di ogni cosa e ogni cosa abbracciare e governare, come dicono quanti non ammettono altre cause, a parte l'infinito [...] Inoltre esso è divino perché è immortale e indistruttibile, come vuole Anassimandro e la maggior parte dei fisiologi.
 
Fanno fede dell'esistenza dell'infinito, a guardar bene, cinque ragioni: il tempo – perché è infinito; la divisione delle grandezze – perché anche i matematici usano l'infinito; e ancora: solo se la fonte, da cui deriva ogni cosa generata, è infinita, allora esistono sempre la generazione e la distruzione; poi, ogni cosa, che sia limitata, ha sempre il suo limite rispetto a un'altra cosa, cosicché non ci sarà un limite se una cosa troverà sempre un limite in un'altra cosa.
 
Ma soprattutto, il motivo più importante e più difficile per tutti, è che pare che siano infiniti tanto il numero e le grandezze matematiche quanto tutto quello che c'è oltre i cieli; ma siccome quel che c'è oltre i cieli è infinito, sembra che vi debba essere un corpo infinito e dei mondi infiniti».
 
È evidente che qui Aristotele sviluppa un personale ragionamento che non può essere fatto risalire ad Anassimandro, tanto che Aezio<ref>''Dox.''. 277</ref>, che segue Teofrasto, sostiene che Anassimandro sbaglierebbe, in quanto «non dice che cos'è l'infinito, se l'aria o l'acqua o terra o qualsiasi altro corpo. E sbaglia perché ammette la materia e sopprime la causa efficiente. In effetti l'infinito non è altro che materia e la materia non può essere in atto se non c'è causa efficiente». Aristotele e gli aristotelici non ammettono l'infinito-materia se non come "causa materiale", come [[materia (filosofia)|materia]] costituente gli oggetti, i quali devono essere il risultato di un'altra causa – la "causa efficiente" – a loro avviso necessariamente diversa dalla materia. Si pone allora il problema di come le cose provengano dall'ápeiron.
 
Se ''ápeiron'' (letteralmente, "senza perimetro") viene tradotto comunemente in "infinito" o illimitato, esso va anche inteso come "non definito", "indeterminato". Essendo indeterminato, non identificandosi con nessun specifico elemento (''stoichéion'') - acqua, aria, terra o fuoco – resta determinato dall'unica qualità che gli appartenga derivante dalla sua stessa definizione, ossia una materia indifferenziata, della quale nulla possa dirsi se non infinita e irriducibile a ogni determinazione.
 
{{Citazione|[...] da dove infatti gli esseri hanno l'origine, lì hanno anche la distruzione [...]|}}
 
I filosofi naturalisti della [[Ionia]], impressionati dal fenomeno del nascere, del mutare e del morire di tutte le cose, ne ricercano la causa: come [[Talete]] vedeva nell'acqua, considerata ''ovunque'' presente come elemento liquido, solido e gassoso, l'origine delle cose, così per le medesime ragioni, [[Anassimene di Mileto|Anassimene]] ne vedrà l'origine nell'aria, ''ovunque'' presente, mentre Anassimandro vede che i fenomeni si producono ''ovunque'' e l{{'}}''ovunque'' è per sua stessa natura ''indefinito'' proprio perché, essendo il Tutto, è privo di individuazione al di fuori di sé stesso, non è spiegabile attraverso la determinazione di qualcosa di altro, dal momento che questo qualcosa rientrerebbe già nel Tutto.
 
Allo stesso modo, se nell'ápeiron sembrerebbe che vi debba essere una [[forza]] – l'"eterno movimento" di cui parla Simplicio – che faccia nascere, trasformare e morire le cose, questa forza, proprio in virtù dell{{'}}''indefinibilità'' del Tutto, è resa ''definibile'' solo come essa stessa ''ápeiron'', indissolubilmente legata, non scindibile e non distinguibile da esso, altrimenti il Tutto, nuovamente, non sarebbe più tale, avendo altro da sé, e come le cose nascono dall'ápeiron, così lì devono trasformarsi e morire, perché non c'è un ''altrove'' dove trasformarsi e morire.
 
{{Citazione|[...] lì hanno anche la distruzione secondo necessità, poiché essi pagano l'uno all'altro (''αλλήλοις'') la pena e l'espiazione dell'ingiustizia secondo l'ordine (τάξις) del tempo|}}
 
Ogni cosa che nasce si manifesta nella sua individualità, si dimostra diversa da ogni altra. Vi è chi, come [[Friedrich Nietzsche]]<ref>''La filosofia nell'età tragica dei Greci'', 4</ref>, ha interpretato il passo come se per Anassimandro ogni divenire sia «un'emancipazione, meritevole di castigo, dall'eterno essere, come un'ingiustizia da espiare con la distruzione [...] Scorgendo nella molteplicità delle cose giunte alla nascita una somma di ingiustizie da espiare, con piglio audace, primo tra i Greci, ha afferrato il nodo del più profondo problema etico. Come può perire qualcosa che ha diritto d'essere? Da cosa nasce quell'incessante divenire e generare, quell'espressione di spasimo sul volto della natura, quel funereo, interminabile lamento in tutti i regni dell'esistenza? [...]».
 
Così lo Jaeger<ref>''Paideia'', I, 9</ref> può interpretare che «Anassimandro immagina concretamente che le cose contendano fra loro, come gli uomini in tribunale. Ci troviamo di fronte a una polis ionica. Vediamo il mercato, dove si rende giustizia, e il giudice, seduto sul suo seggio, che stabilisce il castigo (''táttei''). Egli ha nome Tempo. Lo conosciamo dal pensiero politico di [[Solone]]: al suo braccio non si sfugge. Quanto l'uno dei contendenti abbia preso di troppo all'altro, gli sarà immediatamente ritolto e ridato a colui che ebbe troppo poco [...] Anassimandro va assai più oltre. Egli vede verificarsi questo eterno compenso non solo nella vita umana, ma nell'universo intero, in tutti gli esseri. L'immanenza della sua effettuazione, che si palesa nella sfera umana, gli suggerisce che le cose della natura, le loro forze e contrasti, siano sottoposti a una giustizia immanente, come gli uomini, e che secondo questa se ne compia l'ascesa e il tramonto».
 
Essendo l'ápeiron l'unità dei contrari, contenendo nel suo seno gli opposti, ognuno di questi, nascendo, contrasta con un altro, così come la notte, opponendosi al giorno alla sua nascita, lo distrugge e da questo sarà dissolta a sua volta: ogni nascita è un'ingiustizia commessa contro altri, è la pretesa di ogni cosa di sostituirsi alla sua contrastante, di sussistere in assenza di quella. In questo incessante contrastare sta il movimento delle cose, il loro eterno divenire.
 
Come esiste un'immanenza di [[giustizia]] nella realtà dell'ordinamento umano, a maggior motivo nel Tutto esiste un ordinamento giuridico attraverso il quale le cose vengono governate: la giustizia umana ne è soltanto un riflesso, è una delle manifestazioni della [[legge]] universale, nella quale risiede la necessità del nascere e del perire manifestata dal comando, dall'ordine (τάξις) - da non intendere in senso di consequenzialità temporale, cronologica – del Tempo che svolge la funzione di giudice, il quale applica la legge universale che governa ogni cosa.
 
Un'interpretazione molto diversa dell'ápeiron è difesa dagli autori che danno una lettura più naturalistica della concezione del mondo di Anassimandro. Per esempio Marc Cohen<ref>“History of Ancient Philosophy,” lecture notes for University of Washington course Philosophy 320: Ancient Philosophy, accessed January 3, 2011, https://faculty.washington.edu/smcohen/320/320Lecture.html.</ref> e Carlo Rovelli<ref>''Cos'è la Scienza. La Rivoluzione di Anassimandro'', capitolo VI.</ref> interpretano l'ápeiron come la prima "entità teorica" nella storia della scienza: una entità naturale non direttamente osservabile, ma la cui esistenza è postulata per organizzare rendere conto in maniera naturalistica della complessità fenomeni osservabili. Isolata, ma consistente con questa lettura, è l'opinione del filologo [[Giovanni Semerano (filologo)|Giovanni Semerano]] (''[[Giovanni Semerano (filologo)#L'infinito: un equivoco millenario|L'infinito: un equivoco millenario]]'') secondo il quale ''ápeiron'', che deriverebbe dal semitico ''apar'', («polvere», «terra»), accadico ''eperu'' equivalente del biblico '' 'afar'', sarebbe stato utilizzato da Anassimandro nel significato di ''terra'' e non di ''infinito'', ciò, fra le tante sue conseguenze citate da Semerano, ricondurrebbe la [[filosofia presocratica]] essenzialmente a una [[fisica]] corpuscolare, che accomunerebbe Anassimandro, [[Talete]] e [[Democrito]]. La relazione fra l'ápeiron di Anassimandro e gli atomi di [[Leucippo]] e [[Democrito]] è corroborata dall'attributo che comunemente accompagna gli atomi nei frammenti degli atomisti: "ápeira", plurale di ápeiron, usualmente tradotto con "innumerevoli".
 
== Note ==
<references/>
 
== Bibliografia ==
;Fonti primarie
* [[Diogene Laerzio]], ''Vite e dottrine dei più celebri filosofi'', Milano, Bompiani 2005, ISBN 88-452-3301-4
 
;Fonti secondarie
* [[Aldo Brancacci]], ''Il principio in Anassimandro'', in ''Giornale Critico della Filosofia Italiana'', XCI (XCIII), 2012, pp.&nbsp;209–223
* Ernst Cassirer, ''Da Talete a Platone'', Roma-Bari, [[1992]], ISBN 88-420-3993-4* B. Farrington, ''Storia della scienza greca'', [[Milano]], [[1964]]
* [[Giorgio Colli]], ''La sapienza greca II – Epimenide, Ferecide, Talete, Anassimandro, Anassimene, Onomacrito''. Adelphi, Milano, 1978, ISBN 978-88-459-0893-4
* Antonello Franco, ''Anassimandro'' e l'interpretazione heideggeriana, in ''Essere e senso. Filosofia, religione, ermeneutica'', cap. II, Guida, Napoli, 2005.
* [[Martin Heidegger]], ''Il detto di Anassimandro'', in ''Sentieri interrotti'', trad. it. di [[Pietro Chiodi]], Firenze, La Nuova Italia, 1968
* Edward Hussey, ''I presocratici'', Mursia, Milano 1976
* Werner Jaeger, ''Paideia. La formazione dell'uomo greco'', Milano, [[2003]], ISBN 88-452-9233-9
* Charles H. Kahn, ''Anaximander and the Origins of Greek Cosmology'', New York: Columbia University Press, 1960 (terz edizione: Indianapolis, Hackett, 1994
* Renato Laurenti, ''Introduzione a Talete, Anassimandro, Anassimene'', Bari: Laterza, 1971.
* [[Friedrich Nietzsche]], ''La filosofia nell'età tragica dei Greci'', [[Roma]], [[1993]], ISBN 88-7983-265-4
* [[Carlo Rovelli]], ''Che cos'è la scienza. La rivoluzione di Anassimandro'', Mondadori, Milano 2011 ISBN 978-8861840751
* [[Emanuele Severino]], ''La filosofia antica'', Milano, [[1984]]
* Eduard Zeller - Rodolfo Mondolfo, ''La filosofia dei Greci nel suo sviluppo storico'', [[Firenze]], [[1951]]
* Paolo Zellini, ''Breve storia dell'infinito'', Milano, 1980, ISBN 88-459-0948-4
 
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== Collegamenti esterni ==
* {{Collegamenti esterni}}
* {{cita web|url=http://www.iep.utm.edu/anaximan/|titolo=Anaximander (c. 610—546 B.C.E.)|autore=Dirk L. Couprie|sito=Internet Encyclopedia of Philosophy|lingua=en}}
* {{cita web|url=http://www.dirkcouprie.nl/Anaximander-bibliography.htm|titolo=Bibliography on Anaximander|autore=Dirk L. Couprie|lingua=en}}
 
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