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== Biografia ==
[[File:Enzo_Baglioni_autoritratto.jpeg|sinistra|miniatura|[[Autoritratto]] di ''Giuseppe E. Baglioni'' ([[1905]]-[[1906]]).]]
Laureato in [[ingegneria civile]] ed architettura a [[Bologna]] <ref name=":0" />. Fin da bambino dimostrò interesse per il disegno. I primi tentativi furono piccoli tocchi in penna e [[Bozzetto|bozzetti]] a colore. Tra il 1905 e il 1906 si cimenta nel disegno particolari architettonici di [[Palazzi di Ferrara|antichi palazzi]], dilettandosi con ritratti e qualche schizzo a matita. La situazione di benessere sociale della sua [[Baglioni (famiglia)|famiglia]] lo porta a coltivare varie passioni, tra le quali il [[violino]], per cui più avanti comporrà alcuni pezzi, giudicati dai critici musicali ''"di moderna e attraente fattura"'' <ref>{{Cita pubblicazione|data=14 gennaio 1927|titolo=Concerto vocale istrumentale|rivista=Corriere Padano}}</ref>. Nel [[1910]] sperimenta nelle campagne di [[Cona (Ferrara)|Cona]] un modello di [[biplano]] di sua invenzione, denominato ''"[[Baglioni (famiglia)|Baglioni]]"'', per poi essere collaudato a Bologna<ref>{{Cita pubblicazione|anno=1997|titolo=Ali italiane nel mondo|rivista=Associazione Arma Aeronautica sez. M.O.V.M.|città=Ferrara|curatore= I. Balbo|pp=51-52}}</ref> . Mentre dal punto di vista artistico rimane ancorato alle varie tecniche: [[pastello]], [[Pittura cinese|china]], [[Acquerello|acquarello]], [[Pittura a tempera|tempera]] e [[Pittura a olio|olio]]. Dopo la laurea conseguita nel [[1911]], incominciano primi progetti di villini e cappelle funerarie che si caratterizzano da uno stile innato che solo successivamente fletterà verso un déco più rigoroso; nel [[1912]] lavora alla nuova sede della [[Camera dei deputati del Regno d'Italia|Camera dei Deputati a Roma]]. La fine della [[Guerra italo-turca|guerra in Libia]] segna l'occasione per il suo primo impiego come ingegnere ferroviario delle [[Linea di comunicazione|linee di comunicazione]] sulle impervie tra [[Massaua|Massima]] ed [[Asmara]], in [[Colonia eritrea|Eritrea]], passando 13 mesi in [[Africa]]. Successivamente si trasferisce a [[Parigi]], dove suscita interesse per il fatto d'aver vissuto il continente nero e l'arte "primitiva" in prima persona. Al suo ritorno a Ferrara riprende l'attività artistica con una scelta tecnica che è preludio alla sua futura predilezione per l'impressione a stampa: il [[monotipo]]. Da qui incomincia a maturare la conversione al disegno profondo, d'acido e d'inchiostro. Nel [[1915]] è addetto alla Direzione del Genio Militare di Firenze. Presso [[Accademia di belle arti di Firenze|l'Accademia di Belli Arti di Firenze]] frequenta un corso specialistico per approfondire e perfezionare la tecnica della [[puntasecca]] <ref>{{Cita libro|autore=Arrigo Pozzi|titolo=Il ritorno di Mecenate|anno=1937|editore=Gregoriana editrice in Padova|pp=372-375|capitolo=Castelli e Cattedrali in acqueforti Enzo Baglioni}}</ref>. L'obbiettivo più grande è partecipare come concorrente alla Mostra di Belle Arti di Firenze del [[1917]] <ref>{{Cita pubblicazione|anno=1917|titolo=Concittadino premiato|rivista=Gazzetta Ferrarese}}</ref>. Intorno al [[1918]] produce una serie di dieci acqueforti su [[Venezia]]; con il passare degli anni, nel fascicolo si aggiungono altre opere, dedicate a Venezia. La prima tiratura di quest'ultime le donò a [[Benito Mussolini|Mussolini]], il quale ''"vivamente ringraziò, definendole bellissime"'' <ref>{{Cita pubblicazione|data=19 giugno 1927|titolo=Un acquaforte dell'ing. Baglioni offerto al Duce|rivista=Corriere Padano}}</ref> . Soggiornando a lungo in varie città in concomitanza con lavori progettuali nel campo dell'edilizia ed essendo socio della Deputazione Provinciale di Storia Patria, crea produzioni analoghe divise per città: [[Firenze]], [[Roma]], [[Bologna]], [[Padova]], [[Siena]], [[Pompei (comune)|Pompei]], [[Assisi]], [[Milano]] e non per ultima [[Ferrara]], comprendenti decine di opere di varie dimensioni.
 
Alla mostra d'Arte Ferrarese del [[1928]] su un centinaio di artisti soltanto dieci hanno una sala per un'esposizione individuale, di cui il [[Baglioni (famiglia)|Baglioni]] <ref>{{Cita pubblicazione|autore=N. Bennati|data=4 novembre 1928|titolo=Un acquafortista: Enzo Baglioni|rivista=Il Giornale del'Arte}}</ref>. Successivamente è responsabile dei progetti architettonici e dell'allestimento interno nelle fiere di Milano, [[Bari]] e Bologna. Negli anni che seguono tratterà sempre meno il tema urbano, recandosi spesso nel comacchiese, nella zona della grande bonifica. Partecipe entusiasta alle iniziative di scavo, sarà tra i promotori di un [[Museo archeologico nazionale di Ferrara|museo archeologico a Ferrara]], presso il [[Palazzo Costabili|Palazzo Ludovico il Moro]], inaugurato poi nel [[1935]]. Amareggiato dalle disposizione fasciste ed essendo amico di molti ebrei ferraresi affronta con malessere la notizia dell'emanazione delle prime leggi razziali. Con l'inizio della [[Seconda guerra mondiale|guerra]] trascorre sempre più tempo nella vecchia casa di famiglia in Rero, dove trasferisce il suo laboratorio di incisione sino a rimanervi definitivamente, dopo aver abbandonato la casa in [[via Santo Stefano]] in [[Bologna|città]]. In questo periodo, il susseguirsi di vicende belliche con la morte di amici lo turbano profondamente a tal punto da deviare il suo stile. Nelle sue opere infatti appaiono ballerine d'avanspettacolo, attori e tecnici in un set cinematografico, simbolo di un inganno e di una finzione scenica beffarda nei giorni dell'odio e della morte.
 
Nel [[1945]] fu prelevato dai partigiani dalla sua abitazione divenuta principale nella campagna ferrarese a 2 km da [[Tresigallo]], per poi essere riconosciuto da suo figlio tra i fucilati. <ref>{{Cita web|url=http://www.italia-rsi.it/arpabirmana/elencaduti/cadutiferrara.htm|titolo=Caduti Ferrara}}</ref>