Utente:Giulio Mainardi/Sandbox: differenze tra le versioni

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Chesterton era un autore estremamente produttivo e veloce, che scriveva quasi di getto, facendo poco lavoro di revisione; era capace di pubblicare anche quattro o cinque libri all'anno, oltre a una fiumana d'articoli per giornali, contributi per libri di altri autori, poesie, eccetera.
 
Nella sua produzione ''La ballata del Cavallo Bianco'' spicca come un'anomalia, per il suo lungo sviluppo (durato circa un decennio), la ricerca e la cura dei dettagli. Nel 1907 Chesterton aveva pubblicato un ''Frammento d’una ballata epica su «Alfredo»'', già molto vicino al testo definitivo: confrontandolo col testo finale, si nota come il lavoro di limatura del poeta, con solo lievi cambiamenti lessicali e di punteggiatura, renda il prodotto finale più maturo, raffinato.<ref>{{cita|Chesterton 2025(Mainardi)|pp. 52–53, nota alla strofa 18.}}</ref>
 
[[Maisie Ward]], amica e poi biografa di Chesterton, e monsignor [[John O'Connor|O'Connor]], suo amico e ispirazione per il personaggio di [[padre Brown]], riportano entrambi, pur in modo un po' diverso, che un'ispirazione per il poema sarebbe venuta a Chesterton in sogno, nella forma d'una preghiera che nella versione finale della ''Ballata'' si trova nel libro V.<ref>{{Cita|Chesterton 2025(Mainardi)|p. 154, nota alla strofa 15.}}</ref>
 
==Struttura==
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Infine, l'autore spiega che introduce i tre capi locali alleati d'Alfredo (Eldredo, Marco, Colano) come simbolo delle origini miste dell'Inghilterra, e della battaglia contro il «[[nichilismo]] pagano» portata avanti in quella terra da molti popoli.
 
{{Citazione|Immagino che la [[Wessex|Vessessia]] d’Alfredo avesse infatti un sangue molto eterogeneo; ma, in ogni caso, il valore precipuo della leggenda è di mescolare i secoli mantenendo inalterato il sentimento; di vedere tutte le epoche in una sorta di splendido scorcio. È questa l’utilità della [[tradizione]]: rende telescopica la storia.<ref>{{cita|Chesterton 2025(Mainardi)|p. 21.}}</ref>}}
 
===Dedica===
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[...]
 
E lì tra tutti i rumori soltanto<br>giunge dal cielo antichissimo il pianto;<br>lacrima è già nel più piccolo fiore<br>perché persino un dio infine muore.|Libro III, strofe 54 e 56, traduzione di G. Mainardi<ref>{{Cita|Chesterton 2025(Mainardi)|p. 113.}}</ref>|“For this is a heavy matter,<br>&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;And the truth is cold to tell;<br>Do we not know, have we not heard,<br>The soul is like a lost bird,<br>&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;The body a broken shell.
 
[...]
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===Libro IV: ''La donna nella foresta''===
[[File:Alfred_the_Great,_Battle_of_Ashdown.jpg|thumb|150px|La [[Battaglia_di_Ashdown|battaglia di Collefrassino]], su cui Alfredo riflette all'inizio del libro IV, in un'illustrazione di [[Morris Meredith Williams]] (1913)]]
[[File:Pictures_of_English_History_Plate_VII_-_King_Alfred_and_the_Cakes.jpg|thumb|150px|Alfredo e la donna in un'[[incisione]] ottocentesca. L'episodio, «senza dubbio il più famoso»<ref>{{Cita|Keynes & Lapidge|p. 197.}}</ref> su Alfredo, è tramandato in varie versioni; «Chesterton crea una sua versione, modificando i dettagli e dandole un finale particolarmente acceso»<ref>{{Cita|Chesterton 2025(Mainardi)|p. 129, nota alla strofa 11.}}</ref>.]]
Alfredo studia l'accampamento nemico e poi, nella notte, s'inoltra nella foresta verso il fiume, luogo stabilito per l'incontro coi suoi alleati. La foresta ha un che di misterioso e spaventoso, ricordando suggestivamente quasi una [[catabasi|discesa agl'inferi]]. Giunto sul posto, viene accolto da una donna povera, che lo scambia per un mendicante, e impietosita gli offre del cibo, se in cambio lui l'aiuterà a curare il fuoco e il cibo che vi sta cuocendo. Alfredo, preso da grandi riflessioni su [[Dio (cristianesimo)|Dio]] e l'universo, si distrae e brucia il cibo: in uno scatto d'ira, la donna lo colpisce al volto, lasciandogli un segno rossastro. Alfredo per un istante è colto dalla rabbia e pensa di vendicarsi terribilmente; ma in quel momento arrivano le truppe degli alleati (gli uomini d'Eldredo, con animali e provviste; i celti di Colano, cupi e misteriosi come antiche statue; e le truppe multietniche di Marco, il cui ordine marziale rammenta la gloria di Roma), e la rabbia del re si scioglie in una risata. Dall'episodio trae una lezione d'[[umiltà]], e partendo dal fallimento invita gli uomini al coraggio paradossale dei cristiani.
 
===Libro V: ''Etanduna – Il primo scontro''===
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«Per me scavate laddove morrò,<br>sia se primo o se ultimo cadrò…<br>sia che il primiero assalto al suol mi spinga<br>o ch’io muoia appo i mur di Vanetinga;
 
la mia testa dal sangue al suolo spanto<br>non s’alzi, non portate la mia soma<br>a casa, poiché il mondo è tutto quanto<br>terra romana ed io morirò a Roma».|Libro V, strofe 28–30, traduzione di G. Mainardi<ref>{{Cita|Chesterton 2025(Mainardi)|pp. 157–158.}}</ref>
|A proud man was the Roman,<br>&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;His speech a single one,<br>But his eyes were like an eagle’s eyes<br>&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;That is staring at the sun.
 
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L'esercito quindi si rimette in marcia, e cristiani e danesi si schierano in campo aperto, «nella terra prunosa d'[[Battaglia di Ethandun|Etanduna]]».
 
Aroldo viene avanti dal folto delle truppe, deridendo i celti per la povertà dei loro vestiti e il loro equipaggiamento, e afferrato un arco lancia una freccia contro Colano; ma il principe celtico, velocissimo, gli lancia addosso la spada arrugginita, colpendolo alla testa e uccidendolo sul colpo. Il primo sangue è versato, e tinge di rosso le margherite. Tutti sono meravigliati per il gesto di Colano; Alfredo lo vede come un atto simbolico del carattere cristiano, che «tira / il suo cuore oltre ciò ch’è conosciuto / per ottener ciò che il cuore desira»<ref>{{Cita|Chesterton 2025(Mainardi)|p. 166.}}</ref>, e gli offre la sua spada regale. Per combattere, Alfredo prende una scure.
 
I nobili danesi hanno sguainato le spade, che splendono come fiamme attorno al comandante morto. Squillano le trombe: ha inizio la battaglia.
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Nel finale, la narrazione salta in avanti di qualche anno. Gutrumo si è convertito al cristianesimo, e per i danesi è costituito un [[Danelaw|regno nordorientale in terra inglese]]. Vediamo gli anni di pace passare velocemente sotto il governo d'Alfredo. C'è un grande lavoro di riforma, e per l'Inghilterra è un'epoca prospera di sviluppo, arricchimento, cultura, esplorazione.
 
I nobili invitano Alfredo a ridiscendere in campo, replicando la vittoria d'Etanduna ed espandendo la propria sovranità nel settentrione della Gran Bretagna. Ma il re, invecchiato precocemente, li mette in guardia dalle tentazioni dell’[[imperialismo]] e dall’idea d'ottenere una vittoria conclusiva.:
 
{{citazione
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L’Asia tutta e ogni impero che si spande<br>per lo sciocco son cosa troppo stretta;<br>ma per l’uomo i cui occhi han vista retta,<br>d’Adelingia la piccola isoletta<br>per governarla è terra troppo grande.
|Libro VIII, strofe 18–19, traduzione di G. Mainardi<ref>{{Cita|Chesterton 2025(Mainardi)|p. 227.}}</ref>
|“When all philosophies shall fail,<br>&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;This word alone shall fit;<br>That a sage feels too small for life,<br>&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;And a fool too large for it.
 
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{{citazione
|Quando si fa d’un destino sicuro<br>e tendenze e saggezza un gran parlare,<br>salutate il pagano imperituro<br>che nel suo cuore è più triste del mare.
|Libro VIII, strofa 59, traduzione di G. Mainardi<ref>{{Cita|Chesterton 2025(Mainardi)|p. 241.}}</ref>
|“When is great talk of trend and tide,<br>&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;And wisdom and destiny,<br>Hail that undying heathen<br>&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;That is sadder than the sea.|lingua=en}}
 
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{{citazione
|Manca dunque alla vostra fine poco,<br>la fine vostra e dei vostri regnanti,<br>non perch’è sulla [[Fens|chiana]] d’[[Ely|Eli]] un fuoco,<br>non perché i vostri dèi son molti o tanti,<br>ma perché solo gli uomini cristiani<br>conservano anche il mondo dei pagani.
|Libro III, strofa 78, traduzione di G. Mainardi<ref>{{Cita|Chesterton 2025(Mainardi)|pp. 119–120.}}</ref>
|“Therefore your end is on you,<br>&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;Is on you and your kings,<br>Not for a fire in Ely fen,<br>Not that your gods are nine or ten,<br>But because it is only Christian men<br>&nbsp;&nbsp;&nbsp;&nbsp;Guard even heathen things.|lingua=en}}
 
Un altro dei temi principali è l'ineluttabilità del ritorno del [[male]], dell'[[ignoranza]], del decadimento, e alla fine della [[morte]], e di come il cristianesimo inviti l'uomo vivo a una speranza e a un'azione [[paradosso|paradossali]].
 
Varie questioni filosofiche e religiose della ''Ballata'' sono trattate dall'autore anche in opere di saggistica, come [[Eretici (saggio)|''Eretici'']] e [[Ortodossia (saggio)|''Ortodossia'']].
 
La ''Ballata'' è stata studiata e commentata, sia in sé sia nel contesto più ampio delle opere di Chesterton<ref>{{Cita|Chesterton 2025(Mainardi)|''Nota del traduttore e curatore'', p. 7.}}</ref>.
 
==Accoglienza==
''La ballata del Cavallo Bianco'' è generalmente considerata uno dei lavori più belli e preminenti della vasta produzione poetica di Chesterton. Secondo [[Dale Ahlquist]], importante studioso di Chesterton, è possibile che lui la considerasse la propria opera migliore<ref>{{Cita|Ahlquist}}.</ref>.
 
La ''Ballata'' di Chesterton è a volte confrontata con ''[[La ballata del vecchio marinaio]]'' di [[Samuel Taylor Coleridge]]. Secondo [[Maurice Baring]], Chesterton racconta una storia vivida come Coleridge ma senza lasciare che sia il racconto da solo a portare il tema, e per questo l'opera di Chesterton sarebbe meno «autentica». Secondo [[Garry Wills]], invece, su questo punto il ''Cavallo Bianco'' {{citazione|ha un’indiscutibile superiorità. Il tema di Coleridge non è più complesso o più ispirato di quello di Chesterton, ma è meno “popolare”. Chesterton costruisce a partire dal sentimento popolare, come deve fare una ballata; […] coglie di nuovo […] il momento in cui le ballate primitive furono intessute insieme per diventare epica nazionale.<ref>{{Cita|Chesterton 2025(Mainardi)|pp. 28–29, nota alla strofa 4.}}</ref>}}
 
Secondo Wills la ''Ballata'' è «un capolavoro trascurato di poesia narrativa»<ref>{{Cita|Chesterton (Sheridan)|p. xxix.}}</ref>.
 
[[Maurice Evans]], nel suo studio su Chesterton, scrive che ''La ballata del Cavallo Bianco'' è «certamente» la sua opera poetica migliore<ref>{{Cita|Evans|p. 120.}}</ref>. Evans ragiona dettagliatamente delle poesie di Chesterton, senza risparmiare critiche e stroncature; ma afferma che la ''Ballata'' «gli darà un posto permanente tra gli scrittori di narrativa»<ref>{{Cita|Evans|pp. 132–133.}}</ref>.
 
Mentre un critico, pur lodando il poema, ne trovava eccessiva la lunghezza, il poeta e [[premio Pulitzer]] inglese [[Wystan Hugh Auden]] rispose che gli sembrava appropriata, e che, per esempio, il confronto filosofico cantato del libro III «non si sarebbe potuto condensare ulteriormente senza perdite»<ref>{{Cita|Chesterton (Sheridan)|p. xxix.}}</ref>.
 
Sono state osservate affinità tra l'opera di Chesterton e quella di [[J. R. R. Tolkien]], al punto che si è ipotizzato che la ''Ballata'' gli sia stata d'ispirazione; tuttavia, successivamente si è scoperto che al contrario Tolkien dava della ''Ballata'' un giudizio assai negativo: in una lettera inviata al figlio nel 1944, scrisse che «[i]l finale è assurdo. Il luccichio e il fracasso delle parole ed espressioni [...] non possono nascondere il fatto che GKC non sapesse niente di niente riguardo al "nord", pagano o cristiano». Nonostante questo, [[Joseph Pearce]] concorda con [[Christopher Clausen]] nel dire che c'è almeno un'influenza ''indiretta'' di Chesterton su Tolkien, e che «ci sono collegamenti d'affinità chiaramente individuabili fra i due uomini»<ref>{{cita|Milne|pp. 38–39.}}</ref>.
 
==Storia editoriale==
A causa del suo successo, la ''Ballata'' è stata pubblicata numerose volte. Si riscontrano divergenze minori fra le edizioni<ref>{{Cita|Chesterton 2025(Mainardi)|''Nota del traduttore e curatore'', p. 5}}.</ref>.
 
La prima edizione, come anche molte edizioni successive, presenta indicazioni contraddittorie circa lo schieramento dei personaggi in battaglia, nei libri V e VI. Alcune edizioni presentano un testo emendato che corregge queste contraddizioni<ref>{{Cita|Chesterton 2025(Mainardi)|pp. 160–161, nota alla strofa 36}}.</ref>.
 
===Traduzioni in italiano===
''La ballata del Cavallo Bianco'' è stata pubblicata in italiano in due traduzioni, quella di Annalisa Teggi<ref>{{cita|Chesterton (Teggi)}}.</ref> e quella di Giulio Mainardi<ref>{{Cita|Chesterton 2025(Mainardi)}}.</ref>. La traduzione della Teggi usa versi liberi, traducendo quasi parola per parola, senza strutture metriche. La traduzione di Mainardi, seguendo le idee dell'autore, «non amante del verso libero»<ref>{{Cita|Chesterton 2025(Mainardi)|''Nota del traduttore e curatore'', p. 5}}.<br>Mainardi rimanda alle opinioni di Chesterton espresse in ''Fancies Versus Fads'', cap. I (''The Romance of Rhyme'').</ref>, cerca maggior fedeltà allo spirito del testo, e usa forme metriche tradizionali ([[endecasillabi]] rimati) e un linguaggio poetico con tocchi anticheggianti, come la lingua dell'originale inglese.
 
==Note==
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Elenco parziale.
===In italiano===
*{{Cita libro|titolo=La ballata del cavallo bianco|autore=G. K. Chesterton|editore=Raffaelli|altri=traduzione e note di Annalisa Teggi, 3ª edizione|città=Rimini|anno=2013|ISBN=978-88-6792-207-9|cid=Chesterton (Teggi)}}
*{{Cita libro|titolo=La ballata del Cavallo Bianco|autore=G. K. Chesterton|editore=Edizioni del Faro|altri=traduzione e note di Giulio Mainardi|città=Trento|anno=2025|ISBN=978-88-5512-499-7|cid=Chesterton 2025(Mainardi)}}
 
===In inglese===
*{{Cita libro|titolo=The Ballad of the White Horse|autore=G. K. Chesterton|lingua=inglese|editore=Ignatius|altri=edited by B. Sheridan|città=San Francisco|anno=2001|ISBN=978-0-89870-890-5|cid=Chesterton (Sheridan)}}
*{{Cita libro|titolo=The Ballad of the White Horse|autore=G. K. Chesterton|lingua=inglese|editore=Seton Press|altri=with notes by S. K. Higby, illustrated by B. Hatke|città=Front Royal|anno=2011|ISBN=978-1-60704-107-8|cid=}}
*{{Cita libro|titolo=The Ballad of the White Horse|autore=G. K. Chesterton|lingua=inglese|editore=St. Jerome Library|altri=prepared by M. Bernadette and J. Totten, illustrated by A. Burbank|città=Elkhorn|anno=2011|annooriginale=|ISBN=978-1726002622|cid=}}
* Contenuta in: {{Cita libro|titolo=The Collected Works of G. K. Chesterton|autore=G. K. Chesterton|lingua=inglese|editore=Ignatius|altri=vol. X (''Collected Poetry''), part III, compiled and edited with an Introduction and Notes by D. J. Conlon|città=San Francisco|anno=2010||ISBN=978-1-58617-254-1|cid=}}
 
==Bibliografia==