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*20 luglio: consiglio dei ministri: pressato dalle polemiche che salgono anche nella maggioranza l'esecutivo è chiamato ad abrogare la cosiddetta "tassa sulla sete". L'aumento delle tariffe per l'acqua potabile e imbottigliata viene sostituito a parità di gettito con un aumento di 60 lire per la benzina, 55 per il gasolio e 40 per il metano. Aumentano tra le 15 e le 25 lire i carburanti per uso agricolo e gli oli combustibili per l'industria. L'aumento dell'acqua minerale è sostituito con l'aumento dell'IVA dal 9 al 19%, ciò che ne diminuisce il prezzo di 50 lire. Alle critiche delle opposizioni e di [[Confindustria]] i ministri delle finanze e del bilancio rispondono che non ci sarà un aumento del tasso di inflazione e che il gettito per l'erario è stato aumentato di circa 10.000 miliardi. Andreotti, contestato da più parti, sostiene che la modifica delle imposte a parità di gettito è stata chiesta con voto unanime di maggioranza e opposizioni alla commissione finanze della camera.</br>Nelle stesse ore il ministro del tesoro, [[Guido Carli]], chiede al presidente della repubblica di rinviare alle camere una legge di adeguamento sulle pensioni dei lavoratori autonomi. Secondo Carli, dato un sommerso di 450 miliardi, la norma non possiede il requisito costituzionale della copertura finanziaria, dal momento che mancano dati sul numero dei beneficiari e l'ammontare delle somme richieste.<ref>Il messaggero, 21 luglio 1990</ref>
*23 luglio: il gruppo dei senatori socialisti presenta uno studio sugli effetti delle norme elettorali secondo le modifiche richieste dai referendum. Il documento sostiene che coi risultati del 1987 si avvantaggerebbe la sola DC; perderebbero seggi i comunisti e i socialisti, verrebbero ridotti al lumicino missini, repubblicani e socialdemocratici e scomparirebbero liberali, radicali, leghisti e verdi. Nella relazione allegata si sostiene che lo scopo del movimento referendario è quello di mettere a freno l'opinone pubblica. I promotori rispondono che l'obiettivo delle firme è stato raggiunto e con una lettera ai giornali firmata, tra gi altri, da [[Mario Segni]], [[Jas Gawronski]], [[Marco Pannella]] e [[Fulco Pratesi]], nella quale si sostiene che il parlamento è bloccato a ratificare interessi di correnti di partito e imprenditori e che l'elettorato ha il diritto di ufficializzare col voto la tendenza al cambiamento che il Paese richiede.<ref>Il messaggero, 24 luglio 1990</ref>
*24-2625 luglio: consiglio dei ministri: mentre alla camera l'esame procede a rilento l'esecutivo approva un maxi-emendamento alla [[legge Mammì]], definito un compromesso tra le parti. Le modifiche riguardano tetto pubblicitario e canone RAI (che sono "congelati" fino al 31 dicembre 1993), il massimo affollamento pubblicitario (12% ogn ora e 5% giornaliero per la RAI; 15 e 18% per le private) e le interruzioni: per gli spot è stabilito un massimo di tre interruzioni per programmi che superano i 45 minuti, elevate a 5 se durano oltre 90 minuti. Sono modificate anche le norme anti-trust per [[Sipra]] e [[Publitalia]]. I ministri della sinistra democristiana esprimono delle riserve e al termine della riunione si riuniscono con De Mita e Bodrato per decidere i termini dell'opposizione parlamentare. Il maxi-emendamento viene presentato e approvato dalla camera coi voti della maggioranza meno dieci deputati della sinistra DC ma il governo viene successivamente sconfitto su un emendamento che vieta gli spot nei programmi destinati ai minori fino a 14 anni. <ref>Il messaggero, 25-26 luglio 1990</ref>
*26 luglio: dopo una giornata di trattative inconcludenti Andreotti dichiara ufficialmente che il governo ha intenzione di porre la questione di fiducia non solo sugli articoli più controversi ma anche sul voto finale all'intera legge. Rientrato in anticipo da un viaggio all'estero il presidente del consiglio riunisce il consiglio dei ministri, dove [[Riccardo Misasi]], a nome suo e dei ministri [[Sergio Mattarella]], [[Carlo Fracanzani]], [[Mino Martinazzoli]] e [[Calogero Mannino]], annuncia il ritiro della sinistra democristiana dal governo. I cinque ministri sono rapidamente sostituiti col consenso degli alleati ma nelle stesse ore l'esecutivo è fatto oggetto di una mozione di sfiducia presentata dal PCI, respinta col voto per i nuovi mninistri. De Mita sostiene in una intervista che la decisione è coerente con la posizione assunta dalla minoranza democristiana fin dai tempi del [[Governo De Mita|suo governo]].</br>[[Adolfo Sarti]] e [[Mario D'Aquisto]], che hanno accusato la sinistra di voler provocare una scissione nella DC, fanno intanto presente che è necessario concludere l'iter di approvazione entro la fine del mese o poco più, dal momento che sul settore incombe la sentenza della [[Corte Costituzionale]] che oscurerebbe le emittenti di [[Berlusconi]]. Il presidente, [[Francesco Saja]], ha lasciato intendere che la Consulta non accorderà ulteriori proroghe.<ref>Il messaggero, 27 luglio 1990</ref>
 
==== Agosto ====
*1 agosto: in un clima di forte tensione tra i socialisti e la presidente [[Nilde Jotti]] con 335 voti favorevoli, 230 contrari e 3 astensioni la camera approva a scrutinio segreto la [[legge Mammì]] Il provvedimento deve tornare all'esame del Senato per le modifiche intervenute col maxi-emendamento del governo ma si alzano subito le proteste del mondo dello spettacolo e dalle emittenti private minori. I rappresentanti delle TV locali, riuniti in comitato, annunciano iniziative contro la scelta di governo e parlamento di formalizzare l'esistente non escludendo ricorsi sulla costituzionalità della legge.<ref>Il messaggero, 2 agosto 1990</ref>
[[File:Pino Rauti camera.jpg|thumb|150px|Pino Rauti]]
*2 agosto: nel giorno dell'anniversario della [[strage di Bologna]] il segretario del MSI, [[Pino Rauti]], presenta in aula una mozione per rimuovere dalla lapide commemorativa nella stazione la parola "fascista". Andreotti risponde di non avere nulla in contrario, a condizione che non venga sostituita con l'espressione "di Stato". L'affermazione possibilista del presidente del consiglio infiamma l'aula ai limiti della rissa. Secondo [[Luciano Violante]] la mancanza di un no netto e deciso è conseguenza del sostegno che il Movimento sociale ha dato al governo nel voto segretto sulla [[legge Mammì]]. La questione fa comunque presto a passare in secondo piano a causa dell'appena avvenuta [[Invasione del Kuwait]] e le possibili conseguenze sul prezzo del petrolio (che aumenta di 4 dollari in 24 ore) e la situazione debitoria dell'[[Iraq]] verso l'Italia.</br>Consiglio dei ministri: il ministro degli esteri, [[Gianni De Michelis]], fa il punto della situazione sull'invasione dell'Iraq: il governo decide di congelare i beni del Kuwait presenti in Italia a causa di un debito di 3.100 miliardi verso la [[Banca nazionale del lavoro]] e una commessa per undici navi ordinate dalla marina militare iraqena al gruppo [[Fincantieri]]. </br>Il comitato per la riforma elettorale deposita presso la [[Cassazione]] 608.000 firme. Mentre [[Mario Segni]] dichiara in una conferenza stampa che il referendum è un mezzo che può servire a stimilare l'iniziativa parlamentare la segreteria provinciale socialista di Avellino esprime riserve sulla raccolta attuata in [[Irpinia] attraverso le segreterie comunali, viziata dalla macchina clientelare e di potere della DC.<ref>Il messaggero, 3 agosto 1990</ref>
*6 agosto: l'[[ENI]] diffonde dei dati allarmanti sul problema delle importazioni petrolifere. Coi venti di guerra nel medio-oriente, sostiene un rapporto inviato al governo, ogni dollaro di aumento del barile di greggio si traduce per l'Italia in un aumento di 800 miliardi sul fronte dell'importazione. Col dollaro a 1.200 lire l'impegno economico italiano aumenterà fino a dicembre di almeno 1.000 miliardi, portando la spesa complessiva a 14.900 niliardi.<ref>Il messaggero, 7 agosto 1990</ref>
*8 agosto: il ministro dell'industria, [[Adolfo Battaglia]], firma un decreto che aumenta di 25 lire la benzina super, senza piombo e normale e di 23 lire quello del gasolio per autotrazione. Gli aumenti sono stati decisi dal [[Comitato interministeriale dei prezzi]] sulla base dell'aumento del greggio ed è la prima conseguenza della nuova situazione internazionale. Il ministro non esclude nuovi rincari e razionamenti nelle forniture e rivendica al suo partito (il PRI) il merito di aver difeso l'energia nucleare nel referendum del 1987.</br>Il Presidente della repubblica annuncia di voler concedere la grazia di propria iniziativa al fondatore delle [[Brigate rosse]]. L'atto di clemenza verso [[Renato Curcio]], sostiene [[Cossiga]], non è un perdono ma la conferma che lo stato ha vinto politicamente e militarmente il terrorismo. Contro la sua intenzione la maggioranza si divide tra favorevoli ([[Ottaviano Del Turco]]) e contrari (un editoriale de [[La Voce repubblicana]]). Dal MSI si sostiene che Curcio deve ancora rispondere dell'[[Assalto alla sede del Movimento Sociale Italiano di Padova|attentato alla sede missina di Padova]].<ref>Il messaggero, 9 agosto 1990</ref>
*7 agosto: consiglio dei ministri: nell'ultima riunione prima della pausa estiva è approvato il disegno di legge sulle pensioni che innalza a 65 anni l'età pensionabile e aumenta da 5 a 10 anni la base di calcolo del trattamento sulle retribuzioni. A margine della riunione il sottosegretario Cristofori dichiara che è stata raggiunta una rinnovata intesa nella maggioranza, quanto basta per raggiungere la naturale conclusione della legislatura dopo cinque conclusioni anticipate.<ref>Il messaggero, 8 agosto 1990</ref>
*10 agosto: al rientro da un vertice europeo sulla crisi del Golfo il ministro degli esteri, [[Gianni De Micheis]], dichiara che è imminente una convocazione del consiglio dei ministri per decidere modi e termini dell'eventuale intervento militare italiano. Andreotti dichiara a sua volta che non c'è ancora una data e che un eventuale coinvogimento italiano - che dovrà passare per l'approvazione del governo e del parlamento - sarà deciso solo nell'ambito degli obblighi dell'[[NATO|alleanza atlantica]]. La riunione del governo è in seguito fissata per il 14 agosto.<ref>Il messaggero, 11 agosto 1990</ref>
*14 agosto: consiglio dei ministri: viene deciso un primo impiego di cinque unità navali, chiamate a sostituire altrettante unità statunitensi nello [[stretto di Hormuz]]. La decisione dell'esecutivo è stata raggiunta all'unanimità ma a margine della riunione repubblicani e liberali sostengono che occorre un intervento più deciso. Il PCI, a sua volta, sosterrà in parlamento che le decisioni devono essere prese sotto l'egida dell'[[ONU] e non sotto il comando del presidente americano.</br>La [[guardia di finanza]] rende noti i dati di una vasta operazione di controllo di 11.000 imbarcazioni da diporto. Secondo le fiamme gialle (mille uomini con 196 navi e 23 elicotteri, affiancati da 800 pattuglie di terra) quasi tutte sono intestate a prestanome o società di comodo. I veri proprietari risultano essere imprenditori che dichiarano al fisco redditi annui tra i 12 e i 18 milioni di lire. Nel corso dei controlli sono inoltre sequestrati 55 Kg di stupefacenti. <ref>Il messaggero, 15 agosto 1990</ref>
 
== Note ==