Purtroppo, a causa della notevole urbanizzazione del dopoguerra, anche molti altri fossati e canali di scolo sono stati chiusi o intombinati e larghe aree di terreni una volta agricoli si sono trasformate in zone industriali, finendo per convogliare il deflusso delle acque, che dalla cerchia delle montagne e delle colline vicentine giungono in pianura, solo nei fiumi principali.
==== La ricostruzione del secondo dopoguerra e l'espansione della città ==== ▼
=== Lo sviluppo urbanistico del Novecento ===
==== I piani regolatori della prima metà del secolo ====
{{vedi anche|Borgo Pusterla#Lo sviluppo urbanistico di Borgo Pusterla}}
[[File:Vallardi Pusterla.jpg|thumb|Nella ''Mappa di Vicenza dell'Atlante Vallardi'' del 1880 si può notare come, a quella data, tutta l'area a nord-ovest di contrà San Francesco e San Bortolo era quasi priva di costruzioni e coltivata.]]
Nel 1907 il Comune acquistò - nella parte nord-est del Borgo, il terreno per creare un nuovo quartiere di case popolari. Il progetto iniziale, a cominciare dall'acquisto delle aree ''ex Zorzi'', avrebbe dovuto essere sostenuto, dal punto di vista sia imprenditoriale che finanziario, dall'impegno congiunto pubblico e privato, mentre alla fine fu realizzato dal solo Comune, che ne sostenne l'onere e affidò l'intervento all'[[Azienda speciale]] municipalizzata. L'intervento viene considerato il primo qualificato piano urbanistico ed edilizio della prima metà del Novecento a Vicenza<ref>{{cita| Soragni, 1988| pp. 49-51}}</ref>.
Occupando tutta la vasta area che va da contrà San Bortolo a viale D'Alviano, fu creata una trama di strade a raggiera, che confluivano su una nuova piazza triangolare (l'attuale piazza Marconi); nel 1909 erano stati costruiti 42 nuovi alloggi e nel 1911 altri 8, mentre - mancando il sostegno dei finanziatori privati - non furono realizzati i servizi sociali previsti dal progetto, come l'ambulatorio medico, la casa dei bambini con doposcuola e il laboratorio femminile. Oltre alle strade interne, ricorrendo a modesti sventramenti degli edifici esistenti, furono create le due nuove vie di accesso alla strada principale del Borgo<ref>Via fra Paolo Sarpi, che si collegava a via Santa Maria Maddalena e via Torquato Tasso che si collegava a contrà San Bortolo</ref>.
Una realizzazione particolare fu il cosiddetto ''casermone''. Ideato dall'ingegnere Nicolò Secco, era costituito da quattro blocchi residenziali disposti intorno a un grande cortile rettangolare; rappresentava una soluzione innovativa - anche se tratta dai severi modelli della cultura asburgica - finalizzata a costruire case popolari all'interno della città, dove bisognava sfruttare al meglio i terreni, ormai divenuti molto costosi<ref>{{cita| Soragni, 1988| pp. 57-58}}</ref>.
Nel 1911 il quartiere era completato e le nuove vie vennero intitolate a illustri scienziati italiani<ref>Una di queste strade fu intitolata a [[Emanuele Filiberto I di Savoia|Emanuele Filiberto]], Principe di [[casa Savoia]] che nel 1566 era venuto a Vicenza, ospite dei fratelli Giovanni e Guido Piovene nella loro sfarzosa casa all'Isola presso il porto delle barche. La strada fu reintitolata ad [[Alessandro Volta]] con una deliberazione del Commissario prefettizio nel marzo 1944 quando, in seguito agli avvenimenti dell'8 settembre 1943, fu dato l'ordine di "sostituire tutti i toponimi riferentisi a personaggi di [[casa Savoia]], anche se da tempo scomparsi" {{cita| Giarolli, 1955| pp. 538, 542-43, 606}}</ref>. Un tronco dell'antica strada di circonvallazione - ottenuta dal riempimento della fossa delle fortificazioni progettate nel Cinquecento da [[Bartolomeo d'Alviano]], fu intitolato al condottiero e segnò il limite moderno del quartiere.
Durante il [[ventennio fascista]], a nord di viale D'Alviano furono costruiti nuovi lotti di case popolari: dapprima, negli anni venti, le ''case rosse'' fuori porta San Bortolo (l'attuale quartiere di San Bortolo); in un secondo tempo, a metà degli anni trenta e spostato più a ovest quello che fu chiamato Quartiere dei Savoia, dopo la guerra Quartiere dell'Unità d'Italia e infine, dopo la creazione della parrocchia, Quartiere San Paolo<ref>{{cita| Giarolli, 1955|pp. 138, 608, 614, 631-32}}</ref>.
Nel luglio del 1940, in seguito a una deliberazione [[Podestà|podestarile]], contrà San Marco fu ridedicata al [[quadrumviro]] fascista [[Italo Balbo]], con la motivazione che "mentre la denominazione di San Marco non traeva le proprie origini da alcun particolare avvenimento di interesse storico nazionale, ma dal semplice fatto che ivi esisteva una delle sette cappelle cittadine, nella contrada aveva sede la [[Fasci di combattimento|Federazione dei fasci di combattimento]], motore dell'attività politica vicentina" (si trattava del palazzo Folco Franceschini, durante il ventennio la [[Casa del Fascio]] più grande d’Italia). Nel dicembre 1945 la Giunta municipale del [[CLN]] soppresse questo toponimo ripristinando quello precedente<ref>{{cita| Giarolli, 1955|p. 590}}</ref>.
====Lo sviluppo urbanistico di Borgo Berga e di Monte Berico====
Durante il [[Italia fascista|periodo fascista]] si ebbe il completo riassetto della Piarda con la concentrazione nell'area di alcune scuole (l'Istituto Magistrale "A.Fogazzaro", la Scuola elementare "Trevisan") e degli edifici dell'Opera Nazionale Maternità e Infanzia, della Palestra "Umberto I", della [[Gioventù Italiana del Littorio]] (GIL) e il campo per attività sportive lungo il Retrone. L'11 novembre del [[1944]] in località Ponte dei Marmi, ora intitolato viale Dieci Martiri, i nazifascisti fucilarono per rappresaglia dieci giovani vicentini prelevati dalle carceri di Padova.
Il piazzale della Vittoria
Fino al 1920 dalla gradinata della basilica non si aveva la vista della città, nascosta da un dosso piuttosto alto, esistente laddove oggi vi è il piazzale della Vittoria; l'antica aspirazione dei vicentini, di dare alla chiesa un più ampio respiro e di poter spaziare con lo sguardo oltre questa barriera sulla sottostante città, non era mai stato realizzato per l'enorme costo che lo sbancamento avrebbe comportato.
Questa intenzione poté concretizzarsi dopo la fine della [[prima guerra mondiale]], quando si costituì un Comitato cittadino per dare corpo al comune sentimento di riconoscenza verso i caduti con la costruzione di un'opera grandiosa e solenne, che fu individuata, appunto, nella creazione di un piazzale sul quale poi costruire un qualche monumento commemorativo, un [[arco trionfale]] o un'ara.
Il Comune se ne assunse l'onere, un gigantesco sforzo economico a quel tempo - alla fine fu quantificato in 5 milioni milioni di lire - ma ne ricavarono un discreto beneficio anche quelle masse di operai che altrimenti, nell'immediato primo dopoguerra, non avrebbero trovato altra occupazione.
L'opera comportò la demolizione di 120.000 metri cubi di roccia, parte della quale fu trasportata sul declivio del monte verso settentrione; ne risultò un piazzale, largo in media 60 m. e con un'area complessiva di 6600 m²; alla fine piacque tanto che non si senti più il bisogno di collocarvi un ulteriore monumento. Sul lato occidentale trovò posto il monumento ai caduti del 1848, dello scultore [[Antonio Tantardini]]; di fronte venne murata una lapide di marmo con il Bollettino della Vittoria del 1918. Il piazzale fu solennemente inaugurata da [[Benito Mussolini]] il 24 settembre 1924<ref>{{cita|Giarolli, 1955| pp. 539-41}}</ref>. È inserito nella lista dei [[monumenti nazionali]].
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File:Vicenza panorama Monte Berico 19-10-08.jpg|Panorama di Vicenza visto dalla balconata di piazzale della Vittoria
File:Vicenza Monte Berico Panorama-1.JPG|Panorama della città
File:Vicenza Monte Berico Panorama-7.JPG|Panorama della città verso nord-est
File:Vicenza Monte Berico Panorama-8.JPG|Panorama della città verso nord-ovest
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Nel corso della prima metà del Novecento - sul terreno a gradoni prima coltivato a vigneto, come in un immenso anfiteatro aperto sulla città - tutto il versante nord del monte compreso tra il percorso delle Scalette e quello dei Portici e delimitato in alto da Viale Massimo d'Azeglio fu occupato da un nuovo quartiere di ville signorili e di case di civile abitazione, costruite con stili anche molto diversi tra di loro. È attraversato da due strade in salita, viale Dante e via Petrarca, alle quali il nome venne dato con deliberazioni comunali nel 1911<ref>{{cita|Giarolli, 1955| pp. 141, 341}}</ref>.
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File:Vicenza Monte Berico Panorama-10.JPG|Il quartiere novecentesco di Monte berico
File:Vicenza Monte Berico Istituti religiosi-1.JPG|Istituti religiosi su Monte Berico
File:Vicenza Monte Berico Istituti religiosi-3.JPG|Istituti religiosi su Monte Berico
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==== L'architettura del ventennio fascista ====
▲==== La ricostruzione del secondo dopoguerra e l'espansione della città ====
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