Galileo Galilei: differenze tra le versioni
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Vincenzo, il 5 settembre [[1580]], iscrisse il figlio all'Università di Pisa<ref group=N>Obbligatoriamente l'iscrizione doveva avvenire per gli studenti toscani in quell'Università. Chi voleva andare in un'altra Università avrebbe dovuto pagare una multa di 500 scudi stabilita da un editto granducale per scoraggiare la frequenza in un ateneo diverso da quello pisano (In: A. Righini, ''Op. cit.'')</ref> con l'intenzione di fargli studiare [[medicina]], per fargli ripercorrere la tradizione del suo glorioso antenato Galileo Bonaiuti e soprattutto per fargli intraprendere una carriera che poteva procurare lucrosi guadagni.
Nonostante il suo interesse per i progressi sperimentali di quegli anni, l'attenzione di Galileo fu presto attratta dalla matematica, che cominciò a studiare dall'estate del [[1583]], sfruttando l'occasione della conoscenza fatta a Firenze di [[Ostilio Ricci]] da [[Fermo]], un seguace della scuola matematica di [[Niccolò Tartaglia]]. Caratteristica del Ricci era l'impostazione che egli dava all'insegnamento della matematica: non di una scienza astratta, ma di una disciplina che servisse a risolvere i problemi pratici legati alla [[Meccanica (fisica)|meccanica]] e alle [[Ingegneria|tecniche ingegneristiche]].<ref>[[Enrico Bellone]], ''Caos e armonia. Storia della fisica moderna e contemporanea'', Torino, UTET Libreria, 1990, Parte I, Cap. I, § 2.</ref><ref>[[Morris Kline]], ''cit.'', Vol. I, Cap. XI, § 6, Cap. XVI, § 3.</ref><ref>[[Ilya Prigogine]], [[Isabelle Stengers]], ''La nuova alleanza. Metamorfosi della scienza'', Torino, Giulio Einaudi editore, 1993, Cap. I, § 3, p. 40.</ref> Fu, infatti, la linea di studio "Tartaglia-Ricci" (prosecutrice, a sua volta, della tradizione facente capo ad [[Archimede]]) a insegnare a Galileo l'importanza della precisione nell'osservazione dei dati e il lato pragmatico della ricerca scientifica.<ref>Andrea Pinotti, "Introduzione al ''Dialogo sopra i due massimi sistemi del mondo, tolemaico e copernicano''" (§ 2, p. 15.), in: G. Galilei, ''Dialogo sopra i due massimi sistemi del mondo'', 2 voll., Milano, Fabbri Editori, 1996, Vol. I, pp. 11-29.</ref> È probabile che a Pisa, Galileo abbia seguito anche i corsi di [[fisica]] tenuti dall'aristotelico [[Francesco Buonamici (1533-1603)|Francesco Bonamici]].<ref group=N>Lo testimonierebbe la coincidenza di argomentazioni esistente tra gli ''Juvenilia'', gli appunti di fisica abbozzati da Galileo in questo periodo, e i dieci libri del ''De motu'' del Bonamico. (In: ''Storia sociale e culturale d'Italia'', opera in 6 voll., Vol. V: ''La cultura filosofica e scientifica'', in due tomi, Parte I: ''La filosofia e le scienze dell'Uomo'', Parte II: ''La storia delle scienze'', Milano, Bramante Editrice, 1988, Parte II, p. 399.)</ref>
[[File:Pendologal.jpg|upright|miniatura|Pendolo di Galilei a Pisa]]
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