Alarico I: differenze tra le versioni
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|Nome = Alarico I
|Cognome =
|PostCognomeVirgola = o '''Alarico dei Balti''', noto anche come '''Flavio Alarico'''
|PreData = ''Flavius Alaricus'' in [[lingua latina|latino]] |Sesso = M
|LuogoNascita =
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== Biografia ==
=== Giovinezza ===
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Abbiamo scarse notizie di Alarico nel periodo antecedente al 395; perlopiù vaghe allusioni contenute nei [[Panegirico|panegirici]] di [[Claudiano]]. Claudiano ci informa che Alarico nacque sull'isola di Peuce, sul [[Danubio]].<ref>Claudiano, ''Sul sesto consolato di Onorio'', 105-106.</ref> Secondo un tardo storico del VI secolo, [[Giordane]], Alarico apparteneva alla dinastia dei [[Balti (dinastia)|Balti]].<ref>Giordane, Getica, 146.</ref> Il suo popolo era stato costretto dalle invasioni degli [[Unni]] a chiedere ospitalità ai Romani nel 376, anno in cui furono insediati in [[Tracia (provincia romana)|Tracia]] in seguito a un accordo con l'Imperatore [[Valente (imperatore)|Valente]]. Nel 382 un nuovo trattato tra i Goti e l'Imperatore [[Teodosio I]] li riconosceva come alleati (''[[foederati]]'' o ''symmachoi''), permettendo loro di insediarsi in alcune province dell'Impero e di godere di una parziale autonomia in cambio dell'impegno di assistere militarmente l'Impero nelle battaglie come contingenti mercenari alleati. Alarico era uno dei guerrieri goti insediatosi in Tracia all'interno dell'Impero romano all'epoca di Valente e Teodosio. All'epoca della [[Guerra gotica (376-382)|migrazione dei Goti in Tracia]], nel 376, Alarico doveva essere ancora fanciullo, a giudicare dal fatto che Claudiano, narrando l’invasione dell’Italia del 401-403, lo accusi di temerarietà giovanile, per cui nel 401 sicuramente doveva avere meno di quarant'anni; considerando il fatto che già intorno al 391 aveva cominciato a predare le province dell’Impero, e quindi all'epoca doveva avere almeno una ventina di anni, si ritiene che Alarico fosse nato intorno al 365/370.
In uno dei suoi panegirici, Claudiano allude a una rivolta di Alarico antecedente al 395, nel corso della quale tese un'imboscata all'Imperatore Teodosio sul [[Evros (fiume)|fiume Maritza]].<ref>Claudiano, ''La guerra gotica'', 524.</ref> La [[Maria Cesa|Cesa]] colloca questi avvenimenti nel 391/392, nel contesto di una rivolta generale degli alleati Goti, sia quelli insediati in Macedonia che quelli insediati in Tracia. Alarico sarebbe stato a capo dei ribelli Goti di Tracia e avrebbe teso un'imboscata all'Imperatore Teodosio sulla Maritza dopo che quest'ultimo aveva represso con successo la rivolta dei Goti di Macedonia narrata da [[Zosimo (storico)|Zosimo]].<ref>{{cita|Cesa|p. 57.}}</ref> L'esercito di Alarico fu ulteriormente rinforzato dall'alleanza con invasori barbari transdanubiani, tra cui i [[Bastarni]] che avrebbero poi ucciso il [[magister militum]] [[Promoto]] in un'imboscata. Alla fine però Alarico fu messo in difficoltà dalla controffensiva romana condotta dal ''magister militum'' di origini vandaliche [[Stilicone]], e fu indotto dai parziali rovesci subiti a più miti propositi: fu firmato un nuovo trattato tra i Goti di Tracia guidati da Alarico e l'Impero, in cui ai Goti fu rinnovato il permesso di insediarsi nelle province settentrionali della Tracia in cambio dell'impegno di servire in contingenti alleati l'esercito di Teodosio nella imminente campagna militare contro l'usurpatore d'Occidente [[Flavio Eugenio|Eugenio]].<ref>{{cita|Cesa|p. 58.}}</ref>
I Goti di Alarico, posti sotto la supervisione del generale romano (seppur di origini gotiche) [[Gainas]], furono schierati da Teodosio in prima linea nel corso della [[Battaglia del Frigido]] (5-6 settembre 394), subendo perdite considerevoli: secondo [[Orosio]], ben 10.000 Goti perirono nel corso della battaglia.<ref>Orosio, VII,35.</ref> Successivamente alla battaglia, che vide la vittoria di Teodosio e la detronizzazione e l'esecuzione dell'usurpatore Eugenio, i ''Foederati'' Goti furono congedati e rispediti in Tracia, anche se è controverso il momento in cui ciò accadde. Diversi studiosi ritengono che gli alleati Goti furono congedati da Stilicone solo nel gennaio 395, mentre altri, come la Cesa, ritengono inverosimile che Teodosio avesse permesso a truppe di dubbia fedeltà come gli alleati Goti di entrare in Italia, e sostengono che li avesse congedati egli stesso immediatamente dopo la vittoria al Frigido.<ref>{{cita|Cesa|p. 65.}}</ref> Durante il loro viaggio di ritorno nelle loro terre di insediamento in Tracia Settentrionale, il loro malcontento nei confronti dell'Impero cominciò a crescere. Essi temevano che l'Imperatore Teodosio li avesse schierati in prima linea al solo fine di indebolirli in maniera da approfittarne revocando loro l'autonomia acquisita in virtù delle sconfitte inflitte all'esercito romano, prima di tutte quella di [[Battaglia di Adrianopoli (378)|Adrianopoli]] del 378. Avendo perso 10.000 dei loro soldati al Frigido, i Goti intendevano rivoltarsi in modo da mettere al sicuro la loro autonomia all'interno dei confini dell'Impero, prima che i Romani ne potessero approfittare. A dire di [[Zosimo (storico)|Zosimo]], lo stesso Alarico era scontento per il fatto che non gli fosse stata assegnata da Teodosio una carica militare romana (Alarico verosimilmente ambiva a quella di ''[[magister militum]]'').<ref name=ZosV5>Zosimo, V,5.</ref> Arrivati in Tracia, i Goti decisero di rivoltarsi apertamente. Fu forse in quel momento che Alarico fu nominato loro re; di certo, al di là del titolo regale o meno, era il loro capo militare.<ref>La questione è in realtà controversa. Stando al racconto dello storico del VI secolo Giordane (''Getica'', 146), il quale è però pieno di grossolani errori, Alarico sarebbe stato eletto re dei Goti solo intorno al 400. Secondo lo scrittore del VII secolo Isidoro di Siviglia, Alarico era già re dei Goti sotto il regno di Teodosio I, mentre secondo il cronista del VI secolo Marcellino Comes (''Chronicon'', s.a. 395) avrebbe assunto tale titolo a partire dal 395. Alcuni studiosi hanno addirittura messo in dubbio che Alarico detenesse effettivamente il titolo di ''rex Gothorum'', facendo notare che le fonti coeve agli avvenimenti non gli attribuiscono mai siffatto titolo ma semmai quello di comandante militare dei Goti. Per esempio, per quanto riguarda le fonti greche, Alarico viene definito {{polytonic|ό τών Γότθοι φύλαρχος}} (filarca dei Goti) da Olimpiodoro (frammento 3 Muller), ό τών Γότθοι ἡγούμενος (governatore dei Goti) da Sozomeno (''Storia Ecclesiastica'', IX,4), ma non viene mai definito da essi un βασιλεύς (re). Invece i latini Tirannio Rufino, Agostino (''De civitate dei'', I,2) e Prospero Tirone lo definiscono ''dux gothorum'' (sempre condottiero dei Goti). Le fonti che lo definiscono ''rex'' sono Agostino (''Retract.'', II,43.1), Merobaude (''Panegirici'', II, 134 e 138), Marcellino Comes (s.a. 395), Giordane (''Getica'', 146 e 157), Cassiodoro (''Variae'', XII,20 e ''Chronicon'', s.a. 400). Cfr. {{cita|Halsall|pp. 202-206.}}</ref>
=== Rivolta e invasione della Grecia ===
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All'inizio del 395 i Goti di Alarico, in rivolta, marciarono minacciosamente su [[Costantinopoli]], devastandone le campagne circostanti ma astenendosi dal saccheggiare le tenute di [[Flavio Rufino]], prefetto del pretorio d’Oriente e reggente del nuovo Imperatore d’Oriente [[Arcadio]]. Il mancato saccheggio delle tenute di Rufino da parte dei Barbari alimentò i sospetti di una presunta collusione di Rufino con i Goti, accusato da diverse fonti di aver istigato Goti e Unni a invadere l'Impero allo scopo di approfittare del caos conseguente per detronizzare con un colpo di Stato Arcadio e impadronirsi del trono.<ref>Claudiano, ''In Rufinum'', II, 70 sgg.</ref> Rufino avrebbe poi visitato l’accampamento goto, secondo il racconto prevenuto di [[Claudiano]] vestito da goto, per negoziare con Alarico. Non sono noti i dettagli dell’incontro, ma ciò che è certo è che, in seguito alle negoziazioni tra Alarico e Rufino, i Goti si allontanarono da Costantinopoli dirigendosi minacciosamente verso la Macedonia e la Tessaglia.
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In ogni modo, i Goti di Alarico devastarono la Macedonia e la Tessaglia.<ref name=ZosV5/> Forse è proprio al 395 che si colloca l'episodio tramandato da [[Socrate Scolastico]] secondo cui gli abitanti della Tessaglia affrontarono in battaglia i Goti di Alarico nei pressi del [[Peneo (fiume della Tessaglia)|fiume Peneo]], infliggendogli {{formatnum:3000}} perdite.<ref>Socrate Scolastico, VII,10.</ref> È ugualmente possibile comunque che questo episodio fosse avvenuto nel 397, nel corso della marcia dei Goti dal Peloponneso all'Epiro.<ref>{{cita|Cesa|p. 68.}}</ref> In ogni modo Alarico si trovò a fronteggiare in Tessaglia l'esercito di [[Stilicone]], che all'epoca comprendeva sia le legioni d'Occidente che quelle d'Oriente, non avendo ancora fatto ritorno a Costantinopoli le truppe orientali che avevano seguito Teodosio in Italia nella sua spedizione contro l'usurpatore [[Flavio Eugenio|Eugenio]]. L'intervento di Stilicone contro Alarico non fu però gradito da Rufino, che temeva che il generalissimo d'Occidente intendesse in realtà marciare su Costantinopoli per prendere il suo posto come reggente di Arcadio (Stilicone sosteneva di essere stato nominato da Teodosio sul punto di spirare reggente anche di Arcadio). Per mettere al sicuro la propria posizione di reggente di Arcadio, Rufino indusse quindi Arcadio a scrivere a Stilicone, ordinandogli di fare ritorno in Italia e di rispedire a Costantinopoli le truppe orientali del suo esercito che ancora non erano state restituite alla ''pars orientis''. Stilicone obbedì, ma le legioni orientali sotto il comando di [[Gainas]], forse istigate da Stilicone, al loro arrivo a Costantinopoli uccisero Rufino (27 novembre 395).<ref name=ZosV7/> Gli succedette come primo ministro di Arcadio l'eunuco [[Eutropio (console 399)|Eutropio]].
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Nel frattempo Alarico passò agevolmente il passo delle Termopili, Zosimo insinua a causa del tradimento di Geronzio, e devastò agevolmente l'intera Grecia, massacrando donne, vecchi e fanciulli, e impadronendosi di un ampio bottino.<ref name=ZosV5/> Secondo Zosimo, la devastazione della Grecia fu tale che le tracce del passaggio dei Goti erano ancora presenti all'epoca in cui scriveva.<ref name=ZosV5/> Solo [[Tebe (città greca antica)|Tebe]] sarebbe scampata ai saccheggi di Alarico, in parte per la resistenza delle proprie mura, in parte per l'impazienza da parte del re goto di espugnare [[Atene]].<ref name=ZosV5/> Per costringere quest'ultima città alla resa per fame, Alarico occupò [[il Pireo]], il porto cittadino, per impedire l'introduzione di provviste alla città assediata.<ref name=ZosV5/> A questo punto della narrazione, lo storico pagano Zosimo inserisce il miracoloso e fantasioso intervento delle divinità pagane (la dea [[Minerva]] e il semidio [[Achille]]) in protezione di Atene, che avrebbero atterrito Alarico, inducendolo ad essere clemente con Atene e con l'intera Attica, risparmiandole dal saccheggio.<ref name=ZosV6>Zosimo, V,6.</ref> Quando infatti Alarico, dopo negoziazioni con la guarnigione cittadina, entrò a Atene scortato da pochi soldati, si astenne dal saccheggiarla, partendo dopo alcuni giorni di permanenza.<ref name=ZosV6/> Dopo essersi astenuto dal saccheggiare Atene e l'intera Attica e aver espugnato la città di [[Megara (Attica)|Megara]], Alarico attraversò agevolmente l'[[Istmo di Corinto|Istmo]] (Zosimo insinua a causa del tradimento di Geronzio), oltre il quale tutte le città potevano essere agevolmente occupate e devastate in quanto prive di fortificazioni.<ref name=ZosV6/> Alarico saccheggiò così [[Sparta]], [[Argo (Grecia)|Argo]], [[Corinto]] e le città circostanti.<ref name=ZosV6/> Claudiano sostiene che Corinto fu data alle fiamme dai Goti di Alarico. A questi saccheggi si accompagnò anche la devastazione dei templi pagani da parte dei Goti di Alarico: fu proprio l’invasione della Grecia del 396 di Alarico, secondo [[Eunapio]], a determinare la fine delle celebrazioni dei [[misteri eleusini]].
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=== Prima invasione dell’Italia e ritorno nell'Illirico ===
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Nel novembre 401, i [[Visigoti]] di Alarico, abbandonando l'Illirico, [[Guerra gotica (402-403)|invasero improvvisamente l'Italia]].<ref>Due sono le date fornite dalle fonti antiche. Secondo la Cronaca di Prospero Tirone, Alarico e Radagaiso invasero l'Italia nell'anno 400, data confermata anche da Giordane. Secondo invece i ''Fasti Vindobonenses'', Alarico entrò in Italia il quattordicesimo giorno prima delle calende di dicembre (18 novembre) dell'anno 401. La data corretta è quest'ultima in quanto Claudiano accenna a delle eclissi alla vigilia dell’invasione, e due eclissi avvennero nel 401 (più precisamente il 21 giugno e il 6 dicembre), ma non nel 400.</ref> Le laconiche fonti antiche non chiariscono i motivi di questa invasione. I panegirici di [[Claudiano]] sostengono che Alarico avrebbe invaso l'Italia unicamente spinto dal desiderio di "penetrare nell'Urbe" rimasta inviolata fin dai tempi di [[Brenno]], e raggiungere così fama perpetua presso i posteri. In passato, diversi studiosi moderni, come Demougeot e Stein, avevano congetturato che Alarico sarebbe stato istigato dalla corte di [[Arcadio]] a invadere l'Italia, al duplice fine di liberarsi della loro scomoda presenza e al contempo danneggiare [[Stilicone]], con il quale la ''pars orientis'' era in cattivi rapporti.<ref>{{cita|Ravegnani|p. 49.}}</ref> Più recentemente, studiosi come Cesa e Cameron hanno respinto questa congettura, facendo notare che tra il 401 e il 403 i rapporti tra le due ''partes'' migliorarono decisamente, per cui appare effettivamente improbabile che la ''pars orientis'' avesse istigato Alarico a invadere l'Italia. Essi invece sostengono la tesi che i Goti di Alarico fossero stati attaccati dai nuovi alleati di Arcadio, gli [[Unni]] di re [[Uldino]], venendo costretti da questi attacchi a spostarsi più a Occidente. Spesso gli studiosi moderni hanno cercato di collegare con una relazione di causa-effetto [[Rivolta di Gainas|l'insurrezione antigermanica]] scoppiata a Costantinopoli nel 400 contro la tirannia del generale goto [[Gainas]] con la partenza di Alarico per l'Italia, sostenendo che, in seguito alla caduta in disgrazia di [[Eutropio (console 399)|Eutropio]] e di Gainas, il partito antigermanico che aveva preso il potere a Costantinopoli avesse annullato il trattato del 397, privando Alarico della carica di ''[[magister militum per Illyricum]]'' e i Goti del riconoscimento legale delle loro terre di insediamento.<ref>{{cita|Heather|pp. 266-267.}}</ref> Alarico, disperando di poter ottenere in tempi brevi un nuovo trattato con Costantinopoli, avrebbe tentato di rivolgersi allora all'altra corte, quella occidentale con residenza [[Milano romana|Milano]], spostandosi quindi minacciosamente verso Occidente.<ref>{{cita|Heather|p. 267.}}</ref>
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I Goti tornarono nell'Illirico. [[Sozomeno]] ambiguamente afferma che nel 405 i Goti di Alarico erano insediati nella «regione dei Barbari ai confini di Dalmazia e Pannonia» e che Alarico aveva ricevuto dal suo alleato Stilicone una carica militare romana.<ref name=SozIX4>Sozomeno, IX,4.</ref> La maggior parte degli studiosi ha identificato questa «regione dei Barbari» con i distretti di frontiera a cavallo tra [[Dalmazia (provincia romana)|Dalmazia]] e [[Pannonia (provincia romana)|Pannonia]], quindi con province romano-occidentali, supponendo che in seguito alla battaglia di Verona del 403 Stilicone avesse concesso ad Alarico di insediarsi in quei territori in cambio del suo appoggio contro l'Impero d'Oriente, al quale intendeva sottrarre l'Illirico Orientale; la carica militare romana concessa ad Alarico, secondo questa ipotesi, sarebbe stata quindi quella di ''[[Comes Illyrici]]''.<ref>{{cita|Burns|p. 193.}}</ref> Altri autori invece sostengono che Alarico firmò un'alleanza con Stilicone solo nel 405, e identificano la «regione dei Barbari» di Sozomeno con province romano-orientali (''[[Praevalitana]]'' e ''[[Moesia I]]'') ai confini con la ''pars occidentis''.<ref name=Cesa98-99>{{cita|Cesa|pp. 98-99.}}</ref> Nel 403 Stilicone si sarebbe limitato unicamente a garantire ad Alarico un salvacondotto, e i Goti sarebbero tornati nell'Illirico Orientale.<ref name=Cesa98-99/> A confermare questo ritorno di Alarico nelle province sotto la giurisdizione di Arcadio sarebbe una lettera di Onorio del 404 indirizzata al fratello e collega Arcadio, in cui l'Imperatore d'Occidente deplorava lo stato delle province dell’Illirico Orientale devastate da non ben precisati Barbari, da identificare presumibilmente con i Visigoti di Alarico.<ref name=Cesa98-99/>
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Nel 405 Alarico fu contattato da Stilicone, e stipulò con lui un trattato di alleanza contro la ''pars orientis'', suggellato da uno scambio di ostaggi. Secondo Zosimo, già nel 405 Alarico, istigato da Stilicone, avrebbe invaso l'Epiro, provincia sotto la giurisdizione di Costantinopoli, con l'intento di assistere Stilicone nella conquista militare dell'Illirico Orientale; Stilicone aveva promesso ad Alarico di raggiungerlo presto in Epiro con le truppe dell'esercito regolare per portare a termine insieme la conquista di quei territori ai danni della ''pars orientis'', ma sarebbe stato trattenuto in Italia dapprima dall'invasione di [[Radagaiso]] e poi dall'usurpazione in Gallia di [[Costantino III (usurpatore)|Costantino III]].<ref>Zosimo, V,26.</ref> Ci sono però forti dubbi sull'accuratezza di Zosimo in questo frangente, e molti autori collocano l’invasione dell'Epiro di Alarico su istigazione di Stilicone solo successivamente alla [[Battaglia di Fiesole (405)|sconfitta di Radagaiso]] avvenuta il 23 agosto 406.<ref name=Cesa100-102>{{cita|Cesa|pp. 100-102.}}</ref> Si può supporre quindi che Alarico avesse stretto un’alleanza con Stilicone contro l'Impero d'Oriente già nel 405, ma che l'invasione dell'Epiro avvenne solo tra la fine del 406 e l'inizio del 407.<ref name=Cesa100-102/> Secondo alcuni studiosi, come Heather, Stilicone, a corto di soldati, intendeva assicurarsi l'alleanza militare con i Goti di Alarico in modo da poterli impiegare contro le altre minacce (come i Barbari e gli usurpatori nelle province galliche); Alarico, tuttavia, chiedeva in cambio la concessione di terre di insediamento per il suo popolo, ma Stilicone non intendeva trasferirli in un territorio romano-occidentale perché ciò avrebbe comportato problemi con i proprietari terrieri, a cui avrebbe dovuto confiscare parte delle proprietà per concederle ai Goti; Stilicone allora propose ad Alarico di assisterlo nella conquista dell'Illirico Orientale, dove i Goti già si trovavano illegalmente, assicurandogli che, se la spedizione avesse avuto successo, avrebbe legalizzato il controllo dei Goti sui territori da essi già occupati nell'Illirico Orientale.<ref>{{cita|Heather|pp. 272-273.}}</ref> In cambio Alarico gli avrebbe assicurato l'alleanza contro qualunque altro nemico dell'Impero d'Occidente. Alarico restò in Epiro in attesa dell’arrivo di Stilicone, venendo raggiunto dal prefetto del pretorio d'Illirico [[Giovio (prefetto)|Giovio]], inviatogli da Stilicone affinché approvvigionasse l’armata gotica.<ref name=SozIX4/> Tuttavia Stilicone non raggiunse mai Alarico in Epiro perché fu costretto ad annullare la spedizione illirica contro la ''pars orientis'' a causa dell'invasione della Gallia da parte di Vandali, Alani e Svevi e dell'usurpazione di Costantino III.<ref>Zosimo, V,27.</ref> Infine Alarico ricevette da Onorio delle lettere che gli annunciavano l'annullamento della spedizione.<ref name=SozIX4/>
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Ben presto si presentarono al cospetto di Alarico due ambasciatori inviati dal senato romano per aprire le negoziazioni: essi erano Basilio e Giovanni, quest'ultimo ex ''primicerius notariorum'' e conoscente del re goto.<ref name=ZosV40>Zosimo, V,40.</ref> I due ambasciatori rammentarono ad Alarico che i Romani erano pronti ad uscire dalla città armati per combatterlo e sconfiggerlo.<ref name=ZosV40/> Alarico rispose che non aveva paura delle loro minacce, affermando sprezzantemente che «l'erba folta è più facile da tagliare rispetto all'erba rada».<ref name=ZosV40/> Il re goto, inoltre, ribadì che non avrebbe levato l'assedio fintanto non avesse ricevuto tutto l'oro, l'argento, le suppellettili e gli schiavi della città.<ref name=ZosV40/> Quando gli ambasciatori gli chiesero cosa sarebbe rimasto agli abitanti di Roma, si tramanda che Alarico avesse risposto «le vostre vite».<ref name=ZosV40/> Dopo altri incontri, Alarico stabilì che la città avrebbe dovuto pagargli {{formatnum:5000}} libbre d'oro, {{formatnum:30000}} libbre d'argento, {{formatnum:4000}} vestiti di seta, {{formatnum:3000}} pelli scarlatte, e {{formatnum:3000}} libbre di pepe.<ref>Zosimo, V,42.</ref> Nel frattempo il senato aveva inviato un'ambasceria presso Onorio per comunicargli le proposte di Alarico in cambio della pace: il re goto, in cambio di una modesta somma di denaro e della cessione in ostaggio di alcuni figli di persone di rango illustre, offriva non solo la sospensione delle ostilità ma anche un'alleanza militare contro qualunque nemico dello stato romano.<ref name=ZosV43>Zosimo, V,43.</ref> Dopo il pagamento del tributo, Alarico tolse momentaneamente il blocco alla città, concedendo per tre giorni agli abitanti di Roma la possibilità di uscire liberamente dalle mura per acquistare al Porto le provviste necessarie e portarle dentro la città.<ref name=ZosV43/> Tuttavia, alcuni soldati visigoti, disobbedendo agli ordini del loro re, aggredirono alcuni cittadini romani usciti dalle mura per fare acquisti al porto.<ref name=ZosV43/> Quando Alarico ne venne informato, volle punire gli autori dell'aggressione, per rendere chiaro e tondo che quell'atto era stato commesso contro la sua volontà.<ref name=ZosV43/> I Visigoti si allontanarono momentaneamente dall'Urbe, spostandosi in [[Tuscia]].<ref name=ZosV43/> Nel frattempo, numerosi schiavi fuggirono da Roma, e si arruolarono nell'esercito di Alarico, portandolo ad annoverare {{formatnum:40000}} soldati.<ref name=ZosV43/> Tutti questi avvenimenti avvennero negli ultimi mesi dell'anno 408.
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Agli inizi del 409, il senato romano inviò un'ulteriore ambasceria presso Onorio, sollecitandolo a concludere la pace con il re goto, senza ottenere però risultati a causa dell'influenza esercitata sull'Imperatore dal ''magister officiorum'' Olimpio, contrario ad ogni negoziazione con i Barbari.<ref>Zosimo, V,44.</ref> Onorio decise tuttavia di munire Roma di una forte guarnigione, in modo che potesse resistere più agevolmente agli assalti di Alarico: ordinò quindi a {{formatnum:6000}} soldati provenienti dalla Dalmazia di marciare su Roma per presidiarla.<ref name=ZosV45>Zosimo, V,45.</ref> Poiché il loro comandante Valente, sprezzante del pericolo, aveva deciso di marciare sull'Urbe percorrendo strade sorvegliate dal nemico, Alarico si accorse del piano di Onorio e riuscì a sventarlo: attaccando con il suo esercito i {{formatnum:6000}} soldati dalmati di Valente, Alarico riuscì ad annientarli quasi completamente; solo 100 di essi, insieme al loro comandante Valente e a Prisco Attalo, riuscirono a riparare dentro le mura dell'Urbe.<ref name=ZosV45/> Alarico catturò inoltre uno degli ambasciatori presso Onorio, Massimiano, che fu poi riscattato dal genitore al prezzo di {{formatnum:30000}} aurei.<ref name=ZosV45/> Il re goto, contrariato non solo per il rifiuto da parte di Onorio di proseguire le trattative ma anche per la sortita delle legioni dalmate di Valente, ripristinò il blocco all'Urbe, privando di nuovo i suoi abitanti della libertà di uscire dalle mura.<ref name=ZosV45/>
D'accordo con Alarico, il senato romano decise di inviare una nuova ambasceria, condotta da [[papa Innocenzo I]], presso l'Imperatore, per sollecitarlo a concludere la pace.<ref name=ZosV45/> Alarico si offrì di munire l'ambasceria di una scorta di soldati visigoti per proteggerla da eventuali attacchi nemici durante il viaggio.<ref name=ZosV45/> Mentre l'ambasceria era presso l'Imperatore, a Ravenna giunse la notizia che le truppe di Ataulfo avevano attraversato le Alpi e stavano per ricongiungersi con quelle di Alarico.<ref name=ZosV45/> Onorio ordinò alle truppe a sua disposizione di attaccare Ataulfo prima che potesse rafforzare ulteriormente l'esercito di Alarico, ma, nonostante una modesta vittoria conseguita nei pressi di Pisa, le legioni romane non riuscirono a impedire ad Ataulfo di raggiungere Alarico nei pressi di Roma.<ref name=ZosV45/> In seguito a questo fallimento, Olimpio fu rovesciato e costretto a fuggire in Dalmazia.<ref>Zosimo, V,46.</ref>
Dopo la caduta in disgrazia di Olimpio, scalò rapidamente le gerarchie del potere il prefetto del pretorio d'Italia [[Giovio (prefetto)|Giovio]], che divenne in breve tempo la personalità più influente nella corte di Onorio.<ref name=ZosV48>Zosimo, V,48.</ref> Giovio, che aveva già conosciuto Alarico in Epiro intorno al 406-407, convocò il re goto a Rimini per riprendere le negoziazioni.<ref name=ZosV48/> Alarico richiese, in cambio della pace, un tributo annuale in oro e in grano e la concessione per il suo popolo di insediarsi nelle province di ''[[Venetia et Histria]]'', [[Norico (provincia romana)|Norico]] e Dalmazia.<ref name=ZosV48/> Giovio mandò le richieste per iscritto all'Imperatore, suggerendogli inoltre di nominare Alarico ''[[magister utriusque militiae]]'' per indurlo ad accettare la pace a condizioni più moderate.<ref name=ZosV48/> La risposta di Onorio per iscritto fu la seguente: che Giovio, in qualità di prefetto del pretorio, aveva la facoltà di garantire ai Goti il pagamento del tributo in oro e in grano, ma che Onorio, in qualità di Imperatore, non avrebbe mai concesso la carica di ''magister utriusque militiae'' né ad Alarico né a nessun altro goto.<ref name=ZosV48/> Giovio commise però l'errore di leggere la lettera ad alta voce proprio di fronte ad Alarico, facendolo inferocire al punto che interruppe ogni negoziazione e riprese la marcia su Roma.<ref>Zosimo, V,49.</ref> Quando la sua rabbia si placò, Alarico arrestò la sua marcia e inviò alcuni vescovi come ambasciatori presso la corte di Onorio, offrendo la pace a condizioni molto più moderate delle precedenti: {{citazione|Il barbaro infatti non aveva bisogno di un comando o una carica, né più desiderava le province richieste precedentemente come residenza, ma si accontentava dei soli due Norici, che sono situati all'estremità del fiume Danubio, sono devastati da continue incursioni, e sono in grado di fornire solo un modesto contributo alle casse dello stato. Oltre a questo, chiedeva annualmente grano, nella misura che l'Imperatore avrebbe ritenuto opportuno garantirgli. Rinunciava anche all’oro, e voleva che tra lui e i Romani ci fossero amicizia e alleanza contro chiunque prendesse le armi e scatenasse una guerra contro l'Impero.|Zosimo, ''Storia Nuova'', V,50.}}
Alarico rinunciava al tributo in oro, accontentandosi solo di un modesto tributo in grano; rinunciava alla Venezia e alla Dalmazia, accontentandosi del solo Norico, provincia continuamente devastata dalle invasioni e con gettito fiscale molto ridotto; in cambio di queste concessioni, Alarico si impegnava a fornire assistenza militare allo stato romano contro qualunque nemico.<ref>Zosimo, V,50.</ref> Anche queste proposte furono respinte, in quanto Giovio e gli altri ministri avevano giurato poco tempo dopo la precedente rottura delle negoziazioni che non avrebbero più accettato di negoziare con Alarico, per cui il re dei Goti riprese la marcia su Roma.<ref>Zosimo, V,51.</ref>
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Verso la fine del 409 Alarico assediò di nuovo Roma, occupandone il [[Porto (città antica)|Porto]] e impedendo l'introduzione di provviste nella città.<ref name=ZosVI6>Zosimo, VI,6.</ref><ref name=SozIX8>Sozomeno, IX,8.</ref> Alarico mandò inoltre un messaggio al senato romano, informandolo che se non avessero eletto un antimperatore in opposizione ad Onorio e favorevole ai Goti, Roma sarebbe stata distrutta.<ref name=ZosVI6/> Il senato romano, temendo il peggio, accettò la proposta di Alarico, il quale fu fatto entrare in città.<ref name=ZosVI7>Zosimo, VI,7.</ref> In comune accordo tra Alarico e il senato, la scelta dell'antimperatore ricadde su [[Prisco Attalo]], all'epoca [[praefectus urbi|prefetto della città di Roma]].<ref name=ZosVI7/><ref name=SozIX8/> Non appena eletto antimperatore in opposizione all'Imperatore legittimo Onorio, Attalo tentò di mantenere il favore dei Goti nominando immediatamente Alarico ''[[magister peditum praesentalis]]'' e Ataulfo ''comes domesticorum equitum'' e accettando addirittura di convertirsi dal [[paganesimo]] all'[[arianesimo]] (i Visigoti erano per la maggior parte ariani).<ref name=ZosVI7/><ref name=SozIX8/><ref name=SozIX9>Sozomeno, IX,9.</ref> Alarico ottenne così, tramite il suo imperatore fantoccio, la carica militare romana da lui ambita.<ref name=ZosVI7/>
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