Apollo 6: differenze tra le versioni
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Dieci ore dopo il lancio, il modulo di comando atterrò a 80 chilometri dal previsto punto di ammaraggio nell'[[Oceano Pacifico]] settentrionale a nord delle [[Hawaii]] per poi essere recuperato a bordo della ''USS Okinawa''.<ref name = "chariots 6" /> Il modulo di servizio era stato espulso poco prima che la navicella raggiungesse i primi strati di [[atmosfera terrestre]] e bruciò durante la caduta.<ref>{{cita|Orloff e Harland, 2006|p. 157}}.</ref> Il terzo stadio del Saturno V rientrò nell'atmosfera distruggendosi il 26 aprile 1968 dopo un lento decadimento della propria orbita.<ref>{{cita|Orloff e Harland, 2006|p. 156}}.</ref>
== Indagini
[[File:S68-27364.jpg|miniatura|Apollo 6 lascia la rampa di lancio]]
In una conferenza stampa tenutasi dopo il decollo della missione, il generale Samuel Phillips, direttore del [[programma Apollo]], ha dichiarato che l'Apollo 6 "non c'è dubbio che sia meno di una missione perfetta" ma ha anche aggiunto che riteneva la possibilità che il razzo vettore potesse ancora raggiungere l'orbita nonostante la perdita di due motori del secondo stadio fosse "un importante risultato non pianificato".<ref name= "moonport 6a" /> Mueller definì poi la missione Apollo 6 come "un buon lavoro a tutto tondo, un ottimo lancio e, a conti fatti, una missione di successo... da cui abbiamo imparato molto", ma in seguito affermò che l'Apollo 6 "dovrà essere definito come un fallimento».<ref name = "moonport 6a" />
La causa delle "oscillazioni pogo" durante la prima fase del volo era ben nota. Tuttavia, si pensò di aver ridotto il problema dato che il razzo era stato depotenziato. Per smorzare ulteriormente le oscillazioni di pressione nelle pompe del combustibile e del comburente così come nelle linee di alimentazione, le cavità di questi sistemi erano state riempite con [[elio]] proveniente dal sistema di controllo pneumatico del sistema di propulsione, che avrebbe dovuto agire come un ammortizzatore per attenuare le oscillazioni.▼
▲La causa delle "oscillazioni pogo" durante la prima fase del volo era ben nota. Tuttavia, si pensò di aver ridotto il problema dato che il razzo era stato depotenziato. Per smorzare ulteriormente le oscillazioni di pressione nelle pompe del combustibile e del comburente così come nelle linee di alimentazione, le cavità di questi sistemi erano state riempite con [[elio]] proveniente dal sistema di controllo pneumatico del sistema di propulsione, che avrebbe dovuto agire come un ammortizzatore per attenuare le oscillazioni.<ref name = "moonport 6a" />
La causa del malfunzionamento dei due motori nella seconda fase del volo fu identificata nella rottura di una linea di alimentazione degli iniettori del motore. L'iniettore era essenzialmente un motore a razzo in miniatura montato sulla parete della camera a pressione del [[J-2]], ed alimentato da linee flessibili di piccolo calibro che trasportavano idrogeno e ossigeno liquidi. Questa miscela, ricca di idrogeno, è di vitale importanza per mantenere una bassa temperatura durante il funzionamento dei motori. Mentre il razzo era in volo, le vibrazioni indotte dal secondo stadio provocarono la rottura della linea dell'idrogeno che alimentava l'iniettore del motore numero due. Come conseguenza, il dispositivo immise ossigeno liquido puro nella camera di combustione, generando una temperatura molto più alta del normale che provocò la rottura della camera stessa. Il conseguente brusco calo della pressione venne rilevato dalla centralina del sistema automatico di controllo, che comandò lo spegnimento. Sfortunatamente i segnali diretti al motore numero tre furono parzialmente confusi con quelli del motore numero due, così l'ordine di spegnimento del motore numero due causò anche la chiusura della valvola di alimentazione dell'ossigeno del motore numero tre, causando lo spegnimento anche di quest'ultimo.▼
▲La causa del malfunzionamento dei due motori nella seconda fase del volo fu identificata nella rottura di una linea di alimentazione degli iniettori del motore. L'iniettore era essenzialmente un motore a razzo in miniatura montato sulla parete della camera a pressione del [[J-2]], ed alimentato da linee flessibili di piccolo calibro che trasportavano idrogeno e ossigeno liquidi. Questa miscela, ricca di idrogeno, è di vitale importanza per mantenere una bassa temperatura durante il funzionamento dei motori. Mentre il razzo era in volo, le vibrazioni indotte dal secondo stadio provocarono la rottura della linea dell'idrogeno che alimentava l'iniettore del motore numero due. Come conseguenza, il dispositivo immise ossigeno liquido puro nella camera di combustione, generando una temperatura molto più alta del normale che provocò la rottura della camera stessa. Il conseguente brusco calo della pressione venne rilevato dalla centralina del sistema automatico di controllo, che comandò lo spegnimento. Sfortunatamente i segnali diretti al motore numero tre furono parzialmente confusi con quelli del motore numero due, così l'ordine di spegnimento del motore numero due causò anche la chiusura della valvola di alimentazione dell'ossigeno del motore numero tre, causando lo spegnimento anche di quest'ultimo.<ref name = "chariots 6a" >{{cite book |last1=Brooks |first1=Courtney G. |last2=Grimwood |first2=James M. |last3=Swenson |first3=Loyd S., Jr. |title=Chariots for Apollo: A History of Manned Lunar Spacecraft |url=http://www.hq.nasa.gov/office/pao/History/SP-4205/cover.html |access-date=September 25, 2021 |series=NASA History Series |year=1979 |publisher=Scientific and Technical Information Office, NASA |___location=Washington, D.C. |lccn=79001042 |id=NASA SP-4205|chapter=Pogo and other problems|chapter-url=https://www.hq.nasa.gov/office/pao/History/SP-4205/ch10-6.html |url-status=live}} Ch.10-6.</ref>
Il problema delle linee di carburante non venne rilevato durante i test a terra perché la maglia in acciaio inox che ricopriva il tubo del carburante divenne satura di aria liquida a causa del freddo estremo indotto dall'idrogeno liquido che scorreva all'interno del tubo. L'aria liquida smorzò quindi le vibrazioni che, vennero evidenziate solo in seguito, durante i test in vuoto eseguiti dopo il volo dell'Apollo 6. L'inconveniente fu risolto semplicemente sostituendo il soffietto flessibile nel punto dove si verificò la rottura, con un pezzo di tubo d' [[acciaio]]. L'[[Saturn V#Stadio S-IVB|S-IVB]], come l'[[Saturn V#Stadio S-II|S-II]], usava lo stesso design dei motori del J-2, così si ipotizzò che lo stesso problema sulla linea di alimentazione avesse anche impedito la riaccensione del terzo stadio per il rientro nell'orbita terrestre. In seguito, test a terra confermarono che, le scarse prestazioni riscontrate nella prima accensione dell'S-IVB, erano da imputare a danneggiamenti della linea di alimentazione.<ref>{{cita|Orloff e Harland, 2006|p. 172}}.</ref> Il velivolo spaziale aveva inoltre evidenziato altri problemi negli adattatori (gli anelli interposti tra uno stadio e l'altro del razzo), a causa della loro struttura a nido d'ape. Mano a mano che il razzo accelerava e saliva nell'atmosfera, le celle si espandevano a causa dell'aria e dell'acqua intrappolate tra di esse, causando rotture sulla superficie. Anche qui la soluzione fu semplice: praticare piccoli fori sulla superficie per permetterne la espansione.<ref>{{cita|Orloff e Harland, 2006|p. 158}}.</ref>
Sebbene i problemi con i motori, sperimentati durante il volo dell'Apollo 6, avrebbero potuto far saltare l'intero Programma Apollo con equipaggio a bordo, la NASA considerò il volo un inestimabile collaudo del veicolo di lancio.
Dopo la missione, il modulo di comando CM-020 venne trasferito allo [[Smithsonian Institution]].<ref name = "end">{{cite web|title=Apollo/Skylab ASTP and Shuttle Orbiter Major End Items|date=March 1978|url=https://s3.documentcloud.org/documents/6473665/Apollo-Skylab-ASTP-and-Shuttle-Orbiter-Major-End.pdf|publisher=[[NASA]]|format=pdf|page=15}}</ref> Successivamente è stato posto in esposizione al [[Fernbank Science Center]] di [[Atlanta]], in [[Georgia]].<ref>{{cite web |url=http://nssdc.gsfc.nasa.gov/planetary/lunar/apolloloc.html |title=Apollo: Where are they now? |last=Williams |first=David R. |work=[[National Space Science Data Center]] |publisher=NASA |access-date=July 7, 2013}}</ref>
== Conseguenze ==
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