Assedio di Capua (211 a.C.): differenze tra le versioni

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|Comandante1=[[Appio Claudio Pulcro (console 212 a.C.)|Appio Claudio Pulcro]]<br />[[Marco Claudio Marcello]]<br />[[Quinto Fabio Massimo Verrucoso|Fabio Massimo]]<br />[[Gneo Cornelio Lentulo (console 201 a.C.)|Gneo Cornelio Lentulo]]<br />[[Quinto Fulvio Flacco (console 237 a.C.)|Quinto Fulvio Flacco]]<ref name="LivioXXVI1.2"/><br />[[Appio Claudio Pulcro (console 212 a.C.)|Appio Claudio]]<ref name="LivioXXVI1.2"/><br />[[Gaio Claudio Nerone]]<ref name="LivioXXV22.7"/>
|Comandante2=[[Seppio Lesio]]<ref>{{cita|Livio|XXVI, 6.13-17}}.</ref><br />[[Annibale]]<br />[[Annone (figlio di Bomilcare)|Annone]]<br />[[Bostare (generale di Annibale)|Bostare]]<br />[[Magone il Sannita]]
|Effettivi1=6 [[legione romana|legioni]] + 6 [[ala (esercito romano)|''alae'']]<br />(circa 55/60.000{{formatnum:60000}} uomini)
|Effettivi2=6.000{{formatnum:6000}} [[Campani]]<ref name="LivioXXIII46.11"/><br />30.000{{formatnum:30000}} [[Esercito cartaginese|Cartaginesi]]
|Perdite1=Sconosciuto
|Perdite2=Sconosciuto
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Il condottiero cartaginese quindi risalì verso l'importante centro di ''[[Casilinum]]'' che riuscì a occupare dopo un lungo assedio prolungatosi per alcuni mesi.<ref>{{cita|Livio|XXIII, 18-19}}; {{cita|Lancel 2002|pp. 177-178}}.</ref> Contemporaneamente il dittatore romano, [[Marco Giunio Pera]], svernava con l'esercito non molto distante da lui, a ''[[Teanum Sidicinum]]''.<ref>{{cita|Livio|XXIII, 24.5}}.</ref> Claudio Marcello tornò in Campania, dopo che era stato eletto [[proconsole]];<ref>{{cita|Livio|XXIII, 30.19}}.</ref> allo stesso vennero affidate le due nuove legioni urbane, che furono prima convocate a ''[[Cales]]'' e poi trasferite nell'accampamento sopra ''[[Suessula]]''.<ref>{{cita|Livio|XXIII, 31.3 e 31.5}}.</ref> Contemporaneamente le due legioni [[battaglia di Canne|superstiti di Canne]] vennero condotte in Sicilia con il pretore [[Appio Claudio Pulcro (console 212 a.C.)|Appio Claudio Pulcro]], mentre quelle siciliane vennero trasferite a Roma.<ref>{{cita|Livio|XXIII, 31.4 e 31.6}}.</ref>
 
I due nuovi consoli, [[Quinto Fabio Massimo Verrucoso]] e [[Tiberio Sempronio Gracco (console 215 a.C.)|Tiberio Sempronio Gracco]], si divisero tra loro l'esercito. A Fabio toccò quello accampato presso ''[[Teanum Sidicinum]]'', che in precedenza era stato posto sotto il comando di [[Marco Giunio Pera]]; a Sempronio gli schiavi (''volones'') arruolatisi volontariamente e più di 25.000{{formatnum:25000}} alleati che si trovavano non molto distanti da ''[[Casilinum]]''.<ref>{{cita|Livio|XXIII, 32.1}}.</ref> A Marcello venne affidato nuovamente l'esercito che stava a difesa di [[Nola]], presso ''Suessula'', come [[proconsole]].<ref name="LivioXXIII,32.2">{{cita|Livio|XXIII, 32.2}}.</ref>
 
[[File:Shepherd-vicinity of Naples.jpg|left|thumb|upright=1.4|Il golfo di Napoli e la vicina Cuma (in alto a sinistra) che fu [[battaglia di Cuma (215 a.C.)|presa d'assedio da Annibale]]]]
 
Frattanto i Campani presero l'iniziativa di ridurre in loro potere la città di [[Cuma]], sollecitando dapprima i Cumani ad abbandonare l'alleanza con i Romani, e poiché che non riuscirono a sortire alcun effetto, provarono ad impadronirsene con l'inganno.<ref>{{cita|Livio|XXIII, 35.2}}.</ref> A Tiberio Gracco venne inviata un'ambasceria, dove il console veniva informato di ciò che i Campani stavano tramando nei confronti dei Cumani e che, tre giorni più tardi, avrebbero dovuto recarsi presso ''Hamas'' ad incontrare il senato e l'esercito riunito campano. Gracco allora consigliò ai Cumani di raccogliere più provviste possibili all'interno della città e di rimanervi. Egli intanto mosse l'[[Esercito romano della media repubblica|intero esercito]] verso ''Hamas'' (che distava 3.000{{formatnum:3000}} [[Passo (unità di lunghezza)|passi]], pari a circa 4,5 [[Chilometro|km]]) il giorno prima della celebrazione del sacrificio.<ref>{{cita|Livio|XXIII, 35.10-12}}.</ref> La [[battaglia di Cuma (215 a.C.)|battaglia che ne seguì]] volse a favore dei Romani e dei Cumani. Furono infatti uccisi più di 2.000{{formatnum:2000}} Campani, oltre al loro stesso condottiero, [[Mario Alfio]].<ref name="LivioXXIII35.19">{{cita|Livio|XXIII, 35.19}}.</ref> Le perdite romane furono invece meno di 100. Gracco, una volta impadronitosi dell'accampamento nemico, si affrettò a ritirarsi dentro le mura di Cuma, per timore che [[Annibale]] potesse raggiungerlo rapidamente, essendo lo stesso posizionato sul [[Monte Tifata]], a nord-est di [[Capua (città antica)|Capua]].<ref name="LivioXXIII36.1">{{cita|Livio|XXIII, 36.1}}.</ref>
 
Il giorno seguente, il condottiero cartaginese tornò a Cuma con tutte le [[Armi d'assedio (storia romana)|macchine]] e pose la città sotto assedio.<ref>{{cita|Livio|XXIII, 36.7}}.</ref> Neppure [[Quinto Fabio Massimo Verrucoso]], che aveva il ''[[castrum]]'' presso ''[[Cales]]'', aveva osato attraversare il Volturno, intento a prendere di nuovo gli auspici, dove gli aruspici rispondevano che non era facile placare l'ira degli dèi.<ref>{{cita|Livio|XXIII, 36.8-10}}.</ref> Sempronio, riuscendo a resistere e contrattaccando,<ref>{{cita|Livio|XXIII, 37.1-6}}.</ref> costrinse Annibale a togliere l'assedio e far ritorno al Monte Tifata.<ref>{{cita|Livio|XXIII, 37.7-9}}.</ref>
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[[File:Campania bellum Hannibalicum 215 aC.png|thumb|upright=1.8|Campagna di Annibale in Campania 215 a.C.]]
Marcello intanto aveva continuato a condurre i suoi saccheggi, mai in modo imprudente. Egli, infatti, dopo aver ripetutamente esplorato la zona, con la protezione di saldi presidi, aveva condotto le sue incursioni conservandosi la strada aperta per un'eventuale ritirata. Ogni azione era sempre cauta e previdente, come se egli si trovasse di fronte lo stesso Annibale. E quando il proconsole romano venne a sapere che il condottiero cartaginese marciava verso di lui, ordinò ai suoi soldati di rifugiarsi tutti all'interno delle mura dei Nola.<ref>{{cita|Livio|XXIII, 43.7-8}}.</ref> La [[battaglia di Nola (215 a.C.)|battaglia]] che ne seguì, fu favorevole ai Romani.<ref>{{cita|Livio|XXIII, 44-45}}.</ref> Il popolo dei Nolani, prima favorevole ai Cartaginesi, accolse i Romani in modo entusiastico. In quel giorno furono uccisi 5.000{{formatnum:5000}} Cartaginesi, 600 furono fatti prigionieri, 18 insegne militari e due elefanti furono catturati; dei Romani ne caddero meno di 1.000.{{formatnum:1000}}<ref name="LivioXXIII46.4">{{cita|Livio|XXIII, 46.4}}.</ref> Annibale, dopo aver rimandato Annone nel Bruzio, insieme all'armata con cui era venuto, si diresse verso gli accampamenti invernali in [[Apulia]], ponendo il campo attorno ad [[Argos Hippium|Arpi]].<ref>{{cita|Livio|XXIII, 46.8; XXIV, 3.16-17}}.</ref>
 
Appena [[Quinto Fabio Massimo Verrucoso]] venne a sapere che il condottiero cartaginese era partito per l'Apulia, trasportò tutto il grano che era presente a Nola e a ''[[Napoli|Neapolis]]'' nei suoi accampamenti sopra ''[[Suessula]]''. Dopo averli rinforzati e lasciata un'adeguata guarnigione per l'inverno, mosse il campo in direzione di Capua. Mise quindi a ferro e fuoco le terre della [[Campania antica|Campania]], fino a quando i Campani, furono costretti ad uscire dalle porte e fortificare in campo aperto gli accampamenti davanti alla città.<ref>{{cita|Livio|XXIII, 46.9-10}}.</ref>
 
Avevano 6.000{{formatnum:6000}} armati, di cui la fanteria non era adatta alla guerra, mentre la cavalleria era la parte migliore.<ref name="LivioXXIII46.11">{{cita|Livio|XXIII, 46.11}}.</ref> Si misero così a provocare i Romani ad uno scontro equestre. Livio racconta di un episodio curioso riguardante un nobile di Capua, un certo Cerrino Vibellio, il più valoroso tra i cavalieri campani, il quale sfidò a duello un cavaliere romano, un tal Claudio Asello.<ref>{{cita|Livio|XXIII, 46.14}}.</ref> Il duello si risolse in un nulla di fatto, poiché il campano, dopo un primo scontro, fuggì all'interno delle mura cittadine inseguito dal romano.<ref>{{cita|Livio|XXIII, 47}}.</ref>
 
In seguito a quest'ultimo episodio, il console Fabio Massimo mosse il campo arretrando, per permettere ai Campani di fare le semine e non devastò così l'agro campano, se non quando l'erba divenne più alta per fornire il foraggio necessario ai suoi animali.<ref>{{cita|Livio|XXIII, 48.1}}.</ref> Venne quindi raccolto e trasportato negli accampamenti sopra ''Suessula'', dove pose i suoi accampamenti invernali (''[[hiberna]]''). Comandò, quindi, al proconsole Claudio Marcello di lasciare un'adeguata guarnigione romana all'interno di Nola e di rimandare il resto delle truppe a Roma, in modo da non aggravare troppo le spese sugli alleati.<ref>{{cita|Livio|XXIII, 48.2}}.</ref> L'altro console, [[Tiberio Sempronio Gracco (console 215 a.C.)|Tiberio Sempronio Gracco]], avendo condotto le sue legioni da ''[[Cuma]]'' a ''[[Lucera]]'' in [[Apulia]], inviò il pretore [[Marco Valerio Levino]] a ''[[Brundisium]]'' con l'esercito che aveva con sé in precedenza a ''Lucera'', incaricandolo di difendere le coste dell'agro [[Salento|salentino]] e sorvegliare i movimenti di [[Filippo V di Macedonia]] in vista di una possibile [[prima guerra macedonica|guerra con la Macedonia]].<ref>{{cita|Livio|XXIII, 48.3; XXIV, 3.16-17}}.</ref>
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Fabio, quando venne a sapere che Annibale era partito da Arpi e tornava in Campania, marciò notte e giorno e si ricongiunse al suo esercito. Inviò quindi un dispaccio a [[Tiberio Sempronio Gracco (console 215 a.C.)|Tiberio Gracco]], perché muovesse le truppe da ''Luceria'' a ''[[Benevento|Beneventum]]'', ed al figlio, il pretore [[Quinto Fabio Massimo (console 213 a.C.)|Quinto Fabio]], ordinò di partire per l'Apulia e sostituirvi Gracco. Contemporaneamente tutti i pretori partirono per le destinazioni concordate con decreto del senato.<ref>{{cita|Livio|XXIV, 12.5-8}}.</ref>
 
E mentre Annibale si trovava presso il lago d'Averno, vennero dallo stesso alcuni giovani che lo implorarono di recarsi a Taranto per liberare la città dai Romani. Il condottiero cartaginese, dopo averli elogiati e promesso loro che sarebbe intervenuto al momento opportuno, li invitò a tornare a casa per permettere l'attuazione del piano. Egli sapeva che quell'antica colonia greca, non solo era ricca e nobile, ma era posta sul mare, pronta a ricevere l'[[esercito macedone|armata macedone]] del suo alleato, [[Filippo V di Macedonia|Filippo V]], una volta che avesse deciso di attraversare l'Adriatico e portare la guerra ai Romani in Italia, considerando che ''[[Brundisium]]'' era in mano al nemico.<ref>{{cita|Livio|XXIV, 13.1-5}}.</ref> Compiuto il sacrificio per il quale era venuto, saccheggiò il territorio di Cuma fino a [[capo Miseno]] e poi si diresse su ''Puteoli'', pronto ad assalire la guarnigione romana.<ref>{{cita|Livio|XXIV, 13.6}}.</ref> Erano di presidio alla cittadina 6.000{{formatnum:6000}} armati. Era posta in una località sicura non solo per la posizione naturale ma anche per le opere di difesa. Qui Annibale si trattenne per tre giorni, cercando di assalirla da ogni parte. Perduta poi ogni speranza di occuparla, si avviò a devastare le terre intorno a ''Neapolis'', spinto dalla collera per il mancato successo.<ref>{{cita|Livio|XXIV, 13.7}}.</ref>
 
All'arrivo nel vicino territorio, la plebe di [[Nola]] si ribellò, da tempo ostile ai Romani ed al suo Senato. Vennero quindi ambasciatori ad Annibale, per chiedergli di dirigersi verso la città che si sarebbe certamente arresa a lui. Il console Marcello venne contemporaneamente informato dall'aristocrazia nolana, contraria alla fazione pro-Cartagine, affinché prevenisse i piani del condottiero cartaginese. Marcello allora, in un sol giorno, da ''[[Cales]]'' giunse a ''[[Suessula]]'', dopo una breve esitazione nell'attraversare il [[Volturno]].<ref>{{cita|Livio|XXIV, 13.8-9}}.</ref> La notte successiva fece entrare a Nola 6.000{{formatnum:6000}} fanti e 300 cavalieri, a difesa del senato, affrettandosi ad occupare la città.<ref>{{cita|Livio|XXIV, 13.10-11}}.</ref>
 
In questi stessi giorni il console Fabio Massimo giunse a ''[[Casilinum]]'', pronto ad assaltarla, ora che era occupata da una guarnigione cartaginese; giunsero insieme nei pressi di ''[[Beneventum]]'', quasi si fossero accordati, il comandante cartaginese [[Annone (figlio di Bomilcare)|Annone]], proveniente dal paese dei [[Bruzi]], e il proconsole Tiberio Gracco, da Lucera.<ref>{{cita|Livio|XXIV, 14.1}}.</ref> Lo [[battaglia di Benevento (214 a.C.)|scontro che ne seguì]] vide Tiberio Gracco vincitore. Il nemico cartaginese, tra morti e fatti prigionieri, perse 15.0001{{formatnum:5000}} armati, almeno secondo quanto ci tramanda [[Tito Livio|Livio]].<ref>{{cita|Livio|XXIV, 14.2-16.19}}.</ref>
 
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Il giorno seguente i Romani si schierarono nuovamente sul campo di battaglia, Annibale invece rimase negli accampamenti. Il terzo giorno nel silenzio della notte, non avendo più speranza di occupare Nola, impresa che aveva fallito per la terza volta, il comandante cartaginese levò il campo e partì alla volta di [[Taras (Taranto)|Taranto]], sperando che almeno questa città tradisse i Romani.<ref>{{cita|Livio|XXIV, 17.8}}.</ref>
 
E mentre tutto questo era accaduto tra Benevento e Nola, il console Fabio Massimo aveva posto il campo presso ''[[Casilinum]]'', città occupata da una guarnigione di 2.000{{formatnum:2000}} Campani e 700 Cartaginesi. Essa era comandata da [[Stazio Mezio]], inviato dal sommo magistrato campano (''[[meddix tuticus]]''), [[Gneo Magio Atellano]]. Quest'ultimo aveva armato schiavi e popolani per assalire gli accampamenti romani, mentre il console era impegnato ad assaltare ''Casilinum''.<ref>{{cita|Livio|XXIV, 19.1-2}}.</ref> Nulla di tutto ciò era sfuggito a Fabio che aveva mandato a dire al suo collega a Nola che, mentre lui attaccava ''Casilinum'', un altro esercito avrebbe dovuto tenere sotto controllo i Campani. Egli suggeriva a Marcello o di venire egli stesso, dopo aver lasciato a Nola un'adeguata guarnigione, oppure nel caso in cui fosse stato ancora impegnato contro Annibale, avrebbe chiamato il proconsole Tiberio Gracco da [[Benevento|''Beneventum'']].<ref>{{cita|Livio|XXIV, 19.3-4}}.</ref>
 
Marcello a questa notizia preferì lasciare a Nola un presidio di 2.000{{formatnum:2000}} armati e con il rimanente esercito raggiunse Fabio. Fu così che i due consoli portarono l'attacco a ''Casilinum''. E poiché l'assalto procurò ai soldati romani non poche ferite, Fabio decise di abbandonare l'assalto alla cittadina campana, ritenendola un obiettivo di poco conto.<ref>{{cita|Livio|XXIV, 19.5-6}}.</ref> Al contrario Marcello, deciso a portare a termine l'impresa, ottenne che non ci si ritirasse. E mentre avvicinava alle mura le ''[[vinea]]'' e altre [[Macchine d'assedio (storia romana)|macchine d'assedio]], i Campani giunsero a pregare Fabio di permettere loro di ritirarsi sicuri nella vicina [[Capua (città antica)|Capua]].<ref>{{cita|Livio|XXIV, 19.7-8}}.</ref> Marcello allora iniziò ad occupare quella porta dalla quale alcuni stavano uscendo e iniziò la strage, prima attorno alla porta e poi all'interno della città. I primi cinquanta Campani che si erano rifugiati presso Fabio, riuscirono a mettersi in salvo raggiungendo Capua. ''Casilinum'' venne così occupata grazie ad un colpo di mano, favorita dai discorsi e dal ritardo generato da quelli che chiedevano di essere risparmiati. I prigionieri fatti tra Campani e Cartaginesi vennero inviati a Roma e chiusi nel carcere. I cittadini invece vennero distribuiti tra le popolazioni confinanti per meglio sorvegliarli.<ref>{{cita|Livio|XXIV, 19.9-11}}.</ref>
 
Intanto Tiberio Gracco inviò nell'[[Lucania|agro lucano]] alcune [[coorte|coorti]] di soldati arruolati in quella regione, sotto il comando del ''[[praefectus sociorum]]'', a saccheggiare il campo dei nemici. Mentre le coorti erano disperse, vennero attaccate da [[Annone (figlio di Bomilcare)|Annone]], il quale ottenne una vittoria non meno importante di quella ottenuta da Tiberio poco prima a ''Beneventum''. E subito dopo si era ritirato presso i [[Bruzi]] per non essere inseguito da Tiberio Gracco.<ref>{{cita|Livio|XXIV, 20.1-2}}.</ref> Marcello tornò indietro poi verso Nola, Fabio si diresse verso il [[Sannio]], per devastare i campi e rioccupare le città che erano passate al nemico. Il paese di ''[[Caudium]]'' fu tra tutti quello maggiormente devastato: i campi furono incendiati, venne fatta ricca preda di bestiame e uomini. Anche le città di ''[[Compulteria]]'', ''[[Telesia]]'', ''[[Compsa]]'', ''[[Fagifula]]'', ''[[Orbitanium]]'' furono prese con la forza. In Lucania venne occupata la città di ''[[Blanda]]'' ed in ''[[Apulia]]'' di ''[[Aecae]]''.<ref>{{cita|Livio|XXIV, 20.3-5}}.</ref> Da tutte queste città furono presi ed uccisi 25.000{{formatnum:25000}} nemici e 170 disertori. Questi ultimi furono inviati a Roma, massacrati nel comizio a colpi di verga e gettati dalla [[rupe Tarpea]].<ref>{{cita|Livio|XXIV, 20.6}}.</ref> Marcello, una volta tornato a Nola, fu colto da malattia e non poté partecipare alle imprese poco sopra enunciate.<ref>{{cita|Livio|XXIV, 20.7}}.</ref>
 
===Anno 213 a.C.===
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[[File:Campania bellum Hannibalicum 212 aC.png|left|thumb|upright=1.8|Campagna di Annibale in Campania nel 212 a.C.]]
 
Inviarono allora dei messi ad Annibale per chiedergli di inviare a Capua il frumento necessario dai luoghi più vicini, prima che giungessero i consoli con i loro eserciti ad occupare i campi e le strade circostanti.<ref>{{cita|Livio|XXV, 13.2}}.</ref> Il condottiero cartaginese ordinò ad [[Annone (figlio di Bomilcare)|Annone]] di recarsi dal Bruzio in Campania con l'esercito, fornendo ai Campani abbondanti scorte di grano.<ref>{{cita|Livio|XXV, 13.3}}.</ref> Annone, nel tentativo di evitare le armate consolari, pose gli accampamenti a 3.000{{formatnum:3000}} passi (4,5&nbsp;km) da ''[[Beneventum]]'',<ref>{{cita|Livio|XXV, 13.4}}.</ref> ed ordinò che il grano, raccolto durante l'estate presso le popolazioni alleate, fosse portato nel suo accampamento sotto la scorta dei suoi soldati. Informò quindi i Campani di tenersi pronti a ritirare il frumento raccolto, dopo aver radunato da tutti i campi circostanti ogni genere di veicoli e bestie da soma.<ref>{{cita|Livio|XXV, 13.5-6}}.</ref> Livio scrive:
{{Citazione|Il fatto è che da parte dei Campani vi fu la solita indolenza e negligenza; poco più di quattrocento carri e pochi cavalli vennero radunati. Per questo motivo vennero rimproverati aspramente da Annone, poiché neppure la fame, che infiamma le bestie che non possono parlare, poteva stimolare la loro diligenza, il quale fissò un altro giorno per ritirare il frumento con mezzi più appropriati.|{{cita|Livio|XXV, 13.7}}}}
 
La notizia della qual cosa giunse ai Beneventani, che prontamente inviarono dieci messi ai consoli, accampati nei dintorni di ''[[Bovianum]]''.<ref>{{cita|Livio|XXV, 13.8}}.</ref> Fu così che il console [[Quinto Fulvio Flacco (console 237 a.C.)|Fulvio Flacco]] ebbe l'incarico di dirigersi in Campania. La notte successiva riuscì ad introdursi nella mura di Benevento all'insaputa dei Cartaginesi. Venne poi a sapere che Annone era partito con una parte dell'esercito per raccogliere grano e che 2.000{{formatnum:2000}} carri erano giunti per prelevarlo e riportarlo a Capua. Si trattava di una folla disordinata ed inerme di contadini e schiavi, che aveva creato non poca confusione all'interno dell'accampamento cartaginese.<ref>{{cita|Livio|XXV, 13.9-10}}.</ref> Lo scontro che ne seguì, in seguito ad un attacco romano, vide i Cartaginesi [[Battaglia di Benevento (212 a.C.)|uscirne pesantemente sconfitti]].<ref>{{cita|Livio|XXV, 13.11-14.12}}.</ref> Distrutti gli accampamenti nemici, l'esercito romano fece ritorno a Benevento, dove il bottino venne venduto all'asta e poi diviso fra i soldati di ambedue gli eserciti dei consoli. Annone invece, una volta venuto a conoscenza della disfatta del suo esercito, preferì far ritorno nel [[Bruzio]], «più simile a uno che fugge che ad uno che si mette in marcia».<ref>{{cita|Livio|XXV, 14.12-14}}.</ref>
 
I Campani, avuta notizia della sconfitta cartaginese, inviarono ambasciatori ad Annibale per informarlo che i due consoli si trovavano a Benevento, ad un solo giorno di marcia da Capua.<ref>{{cita|Livio|XXV, 15.1}}.</ref> Il condottiero cartaginese provvide subito ad inviare 2.000{{formatnum:2000}} cavalieri, per impedire i saccheggi romani nei campi circostanti.<ref>{{cita|Livio|XXV, 15.3}}.</ref> Contemporaneamente i due consoli condussero le loro legioni verso il territorio campano per assalire Capua. Per evitare che la città di Benevento rimanesse indifesa, ordinarono a [[Tiberio Sempronio Gracco (console 215 a.C.)|Tiberio Sempronio Gracco]] di condurre nella città un reparto di [[cavalleria (storia romana)|cavalleria]] e uno di [[velites|fanteria leggera]], affidando a qualcun altro il comando delle sue legioni per continuare l'occupazione della [[Lucania]].<ref>{{cita|Livio|XXV, 15.18-20}}.</ref> Tiberio, poco dopo, venne sopraffatto in un'[[battaglia dei Campi Veteres|imboscata nei pressi dei ''Campi Veteres'']], tesagli da un certo Flavo Lucano in collaborazione con [[Magone il Sannita]].<ref>{{cita|Livio|XXV, 16-17}}.</ref>
 
I consoli, entrati in Campania, mentre saccheggiavano i territori circostanti a Capua, furono colti da un'improvvisa sortita dei suoi abitanti e della cavalleria di Magone. Richiamati in fretta i soldati, che si erano sparpagliati per le campagne, ne rimasero uccisi più di 1.500.{{formatnum:1500}} In seguito i Romani divennero più attenti a difendersi dai pericoli.<ref>{{cita|Livio|XXV, 18.1-2}}.</ref> Annibale mosse anch'egli da Benevento e raggiunse il suo luogotenente a Capua, schierando dopo tre giorni l'esercito. Egli era certo che, se in sua assenza pochi giorni prima la battaglia era stata favorevole ai Campani, a maggior ragione i Romani non avrebbero potuto resistere all'assalto dell'[[esercito cartaginese]], tante volte vittorioso.<ref>{{cita|Livio|XXV, 19.1-2}}.</ref> La battaglia che ne nacque vide inizialmente i Romani subire i continui attacchi della cavalleria cartaginese, sommersi dai dardi nemici, fino a quando il segnale di contrattacco romano non produsse una battaglia equestre equilibrata. Ma quando da lontano apparve l'esercito che da poco aveva perduto il proprio comandante Tiberio Sempronio Gracco, ed era ora guidato dal questore [[Gneo Cornelio Lentulo (console 201 a.C.)|Gneo Cornelio Lentulo]], tale vista generò in entrambe le parti e contemporaneamente, la paura che si avvicinassero nuovi contingenti nemici.<ref>{{cita|Livio|XXV, 19.3-4}}.</ref> E come racconta Livio:
{{Citazione|Quasi ci fosse stata un'intesa, da una parte e dall'altra fu dato il segnale di ritirata.|{{cita|Livio|XXV, 19.5}}.}}
Alla fine della battaglia, i caduti da parte romana furono in numero superiore, a causa dell'iniziale urto della cavalleria cartaginese.<ref>{{cita|Livio|XXV, 19.5}}.</ref>
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}}
 
I consoli dopo questo scontro, per tener lontano Annibale da Capua, nella notte seguente si separarono. Fulvio si diresse nel territorio cumano, mentre Claudio in Lucani. Il condottiero cartaginese, incerto inizialmente sul da farsi, decise di inseguire Appio Claudio, che a sua volta portò in giro il nemico come volle, per poi fare ritorno a Capua una seconda volta.<ref>{{cita|Livio|XXV, 19.6-8}}.</ref> Durante la marcia, i Cartaginesi ebbero l'occasione di affrontare un nuovo combattimento a loro favorevole, dove [[Battaglia del Silaro|massacrarono]] un altro esercito romano di 16.0001{{formatnum:6000}} armati.<ref>{{cita|Livio|XXV, 19.9-17}}.</ref>
 
Frattanto i consoli, tornati a Capua, ricominciarono ad assediare la città con grandissima violenza raccogliendo e preparando [[Armi d'assedio (storia romana)|ogni cosa fosse necessaria]].<ref>{{cita|Livio|XXV, 20.1}}.</ref> A ''[[Casilinum]]'' fu ammassato il grano; alla foce del [[Volturno]], dove si trova la città omonima, fu fortificata una rocca e posto un presidio romano; anche a [[Pozzuoli]] venne messo un presidio per dominare il mare e il vicino fiume.<ref>{{cita|Livio|XXV, 20.2}}.</ref> In queste due fortezze sul mare e a [[Ostia (città antica)|Ostia]] venne portato tutto il frumento che era stato inviato dalla [[Sardegna e Corsica|Sardegna]] e quello che il pretore [[Marco Giunio Silano (pretore)|Marco Giunio Silano]] aveva raccolto in [[Etruria]], affinché l'esercito romano ne avesse in abbondanza durante l'inverno.<ref>{{cita|Livio|XXV, 20.3}}.</ref> Annibale non voleva abbandonare Capua in una situazione tanto critica, ma quando alcuni messaggeri giunsero dalla ''Apulia'' e lo informarono che il pretore [[Gneo Fulvio Flacco]], dopo aver assalito con successo alcune città apule passate dalla parte dei Cartaginesi, si era abbandonato, lui e il suo esercito, a una tale trascuratezza da sopprimere ogni disciplina militare, il condottiero cartaginese mosse il suo esercito in direzione dell'Apulia. Egli era impaziente di assalire un nuovo esercito romano, meglio se comandato da un comandante inetto.<ref>{{cita|Livio|XXV, 20.4-7}}.</ref> Nei pressi di ''[[Herdonia]]'' il pretore romano [[Battaglia di Herdonia (212 a.C.)|affrontò in battaglia]] Annibale, ma fu sconfitto. Fulvio Flacco fu il primo a fuggire dal campo con 200 cavalieri, non appena si rese conto di come stavano andando le cose.<ref>{{cita|Livio|XXV, 21.1-9}}.</ref><ref name="LivioXXV21.10"/><ref name="Periochae25.8-9">{{cita|Periochae|25.9}}.</ref> Il resto dello schieramento, respinto e poi accerchiato alle spalle ed alle "ali", fu fatto a pezzi. Dei 18.000{{formatnum:18000}} soldati romani ne sopravvissero solo poco più di 2.000{{formatnum:2000}}. I nemici poi si impadronirono degli [[castrum|accampamenti]].<ref name="LivioXXV21.10">{{cita|Livio|XXV, 21.10}}.</ref>
{{Citazione|Quando a Roma giunse la notizia di quelle disfatte che si erano succedute una dopo l'altra, grande lutto e paura si diffusero per l'intera cittadinanza. Tuttavia poiché i consoli [...] avevano condotto le operazioni più importanti felicemente, i cittadini furono meno turbati da quelle sconfitte.|{{cita|Livio|XXV, 22.1}}.}}
 
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I Romani trovarono notevoli difficoltà ad avvicinarsi alla porta della città, poiché era munita di numerose [[balista|baliste]] e [[scorpione (arma)|scorpioni]], i cui lanci erano numerosi e potenti. L'impeto dei Romani venne, inoltre, fermato dalla ferita del loro comandante, Appio Claudio, che era stato colpito nella parte alta del petto da un grosso giavellotto, mentre incitava all'assalto i suoi. Tuttavia molti nemici caddero sul campo di battaglia, mentre gli altri furono costretti ad indietreggiare e rifugiarsi entro le mura cittadine.<ref>{{cita|Livio|XXVI, 6.4-5}}.</ref>
 
Annibale, avendo assistito alla strage della sua coorte ispanica ed alla strenua difesa dell'accampamento da parte dei Romani, preferì ritirarsi con la fanteria mentre la cavalleria ne proteggeva le spalle. Grande allora fu l'ardore delle legioni nell'inseguire il nemico in rotta. Flacco allora preferì far suonare la ritirata. Secondo quanto tramanda Livio, sulla base dei dati dallo stesso raccolti nei racconti di precedenti storici, caddero 8.000{{formatnum:8000}} soldati di Annibale e 3.000{{formatnum:3000}} Campani; vennero inoltre sottratte ai Cartaginesi 15 insegne e 18 ai Campani.<ref>{{cita|Livio|XXVI, 6.6-8}}.</ref> Altri storici antichi sembrano invece negare che vi sia stato uno scontro di tali proporzioni, raccontando che quando Numidi e Ispanici irruppero all'interno dell'accampamento romano insieme agli elefanti, i pachidermi travolsero le tende dei soldati, mentre gli animali da soma, spezzati i legami si diedero alla fuga in modo disordinato. Annibale allora, per aumentare il panico tra i Romani, organizzò uno stratagemma, inviando tra il nemico alcuni vestiti da Italici e conoscitori della lingua latina, affinché ordinassero alle truppe di fuggire su monti, a nome dei consoli. Scoperto l'inganno, i legionari reagirono con grande strage del nemico cartaginese, mentre gli elefanti vennero cacciati con il fuoco.<ref>{{cita|Livio|XXVI, 6.9-12}}.</ref>
{{Citazione|In qualunque modo sia cominciata o terminata, questa fu l'ultima battaglia prima della resa di Capua.|{{cita|Livio|XXVI, 6.13}}.}}
 
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;Reazioni immediate
{{Vedi anche|processo dei consoli romani (210 a.C.)}}
Il giorno seguente alla dichiarazione di resa della città, per ordine dei proconsoli, venne aperta la porta di Giove che si trovava di fronte ad uno degli accampamenti romani. Passarono da questa porta, insieme al ''[[legatus]]'' Gaio Fulvio, una sola legione e due ''[[ala (esercito romano)|alae]]'' di [[cavalleria (storia romana)|cavalleria]].<ref>{{cita|Livio|XXVI, 14.6}}.</ref> Il ''legatus'', dopo aver provveduto che tutte le armi gli fossero consegnate, mise delle sentinelle a tutte le porte per evitare che nessuno potesse entrare o uscire; fece quindi prigioniero l'intero presidio cartaginese e comandò che il senato campano si presentasse al cospetto dei proconsoli romani nel loro accampamento. Quando vi giunsero, i senatori vennero tutti incatenati e ricevettero l'ordine di far portare tutto l'oro e l'argento che possedevano ai questori. In totale furono raccolte 2.700{{formatnum:2700}} [[libbre]] di oro e 31.200{{formatnum:31200}} di argento. Venticinque senatori vennero inviati come prigionieri a ''[[Cales]]'' e ventotto a ''[[Teanum Sidicinum]]''. Si trattava dei principali responsabili della rivolta di Capua contro Roma.<ref>{{cita|Livio|XXVI, 14.7-9}}.</ref>
 
Riguardo poi alla pena da infliggere ai senatori, i due proconsoli, Fulvio e Claudio, si scontrarono, poiché il secondo era propenso al perdono, mentre il primo ad una punizione esemplare. Il disaccordo tra i due portò a scrivere al senato, non solo in merito alla decisione da prendere, ma anche per dare la possibilità di interrogare i prigionieri. E poiché Fulvio, non riteneva opportuno che i senatori campani fossero ascoltati, per evitare che gli stessi potessero compiere azioni delatorie nei confronti degli alleati di stirpe latina e mettere a repentaglio alleanze consolidate, decise di partire per ''Teanum'' con 2.000{{formatnum:2000}} cavalieri all'alba.<ref>{{cita|Livio|XXVI, 15.1-6}}.</ref>
 
[[File:Jean-Léon Gérôme 004.jpg|thumb|left|Molti degli abitanti di Capua, dopo la resa, vennero posti in [[Schiavitù nell'antica Roma|schiavitù]] e poi venduti (dipinto di [[Jean-Léon Gérôme]])]]