Mario Giaccone: differenze tra le versioni

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In un'intervista del 2014 ha raccontato di esser sempre stato innamorato dalla bicicletta, quasi ossessionato, al punto di allenarsi alle 3 del mattino, pedalando sulle strade del [[Lago Maggiore]] dove transitavano i camion, che seguiva perché illuminavano il percorso<ref name=LaStampa20141029 />. Più precisamente, il suo allenamento prevedeva due volte a settimana la sveglia alle 3 del mattino, mentre nei restanti giorni di allenamento in distensione si alzava all'alba. L'attività proseguiva dunque fino alle 8<ref name=LAzione19701205 />. Memore di tutto ciò, si dice convinto che solo chi ha praticato il ciclismo può capire la vita del corridore<ref name=LaStampa20141029 />.
 
Ha sempre affrontato le corse in modo combattivo e spericolato, rimediando numerose cadute e fratture<ref name=LaStampa20141029 />. Nel 1967 il giornalista Gino Sala lo descrisse combattivo e aggressivo<ref name=Sala19670902 />.
 
Diversi giornalisti della stampa nazionale gli dedicarono interventi: Gino Sala ([[l'Unità]]) lo descrisse combattivo e aggressivo<ref name=Sala19670902 />; Nino Rota ([[La Gazzetta dello Sport]]) gli attribuì una discreta personalità che in gara attirava l'antipatia di numerosi avversari, assieme a notevole furbizia e intelligenza; Gino Ardemagni ([[Tuttosport]]) confermò l'impressione di furbizia e scaltrezza, assieme a un deciso ''piglio bersaglieresco''<ref name=LAzione19680610 />.
 
Nei primi tempi correva impetuosamente, guidato soprattutto dall'istinto e dal temperamento impulsivo, giocando ogni volta il tutto e per tutto, giungendo sovente esausto al finale e mancando quindi della necessaria convinzione in volata. Col tempo, tuttavia, maturò un approccio più ragionato alle competizioni: essendosi affermato come corridore e sottoposto di conseguenza a marcamenti più stretti, iniziò a pianificare lo svolgimento delle gare e il relativo dispendio di energie<ref name=LAzione19701205 /><ref name=LAzione19680610 />.