Italo Balbo: differenze tra le versioni

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=== Quadrumviro ===
Balbo venne designato da Mussolini [[Quadrumvirato#Fascismo|quadrumviro]] per prendere parte alla [[marcia su Roma]], e lo incaricò di scegliere gli altri due ([[Michele Bianchi]] era già stato scelto dalda DuceMussolini): Balbo sentì [[Cesare Maria De Vecchi]], che accettò subito, mentre per l'ultimo quadrumviro pensò ad [[Attilio Teruzzi]], poi scartato perché già vicesegretario del PNF, e al generale [[Asclepia Gandolfo]], che declinò l'invito in quanto aveva la moglie molto malata, oltre a essere lui stesso in precarie condizioni fisiche. Balbo e Bianchi puntarono alla fine su [[Emilio De Bono]], che accettò l'investitura.<ref>{{Cita|Bertoldi 1994|pp. 85–31}}.</ref><ref name="bernguar175">{{Cita|De Bernardi, Guarracino 1998|p. 175}}.</ref> Prima di recarsi a Roma, il 28 ottobre Balbo si precipitò a Firenze per calmare lo squadrista Tullio Tamburini, che aveva deciso di assaltare il palazzo del governo dove si stava svolgendo una festa alla presenza del duca della Vittoria [[Armando Diaz]]: per non coinvolgere l'esercito nelle questioni fasciste, Balbo liberò gli ufficiali della scorta di Diaz presi prigionieri da Tamburini, e, stando al suo racconto, vietò «ai fascisti di assaltare la prefettura [...] anzi [...] che organizzino una grande manifestazione al Duca della Vittoria per le strade di Firenze dove passerà»<ref>{{Cita|Bertoldi 1994|pp. 48–49}}.</ref>. A Roma guidò in particolare la spedizione punitiva contro il quartiere di [[San Lorenzo (Roma)|San Lorenzo]] che aveva attaccato una colonna fascista. Alla fine della marcia, diversamente dagli altri quadrumviri, Balbo non venne ricompensato in alcun modo: secondo alcuni autori Mussolini già lo intravedeva come un possibile rivale e non volle valorizzarlo troppo.<ref>{{Cita|Bertoldi 1994|p. 60}}.</ref>
 
Sempre nel 1922 iniziò a formare, in città, un gruppo ristretto di collaboratori fidati, tra i quali l'amico Renzo Ravenna. Questi venne candidato alle elezioni amministrative che si tennero alla fine di quello stesso anno, dove fu eletto assessore.<ref>{{Cita|Pavan 2006|pp. 39–41}}.</ref>
 
=== Al governo ===
Dall'11 gennaio 1923 Balbo fu membro del [[Gran consiglio del fascismo]]. Il 1º febbraio 1923 fu nominato comandante generale della [[Milizia Volontaria per la Sicurezza Nazionale]] (vice di De Bono)., Volutavoluta da Mussolini per normalizzare le squadre d'azione,. il DuceMussolini pensòideò allala MVSN già prima della marcia su Roma, affidando a Balbo e ad [[Asclepia Gandolfo]] il compito di formare reparti, gradi e uniformi, sebbene non ci fu ancora una vera e propria militarizzazione del corpo.<ref>{{Cita|Bertoldi 1994|p. 209}}.</ref>
Nel 1923 intanto Balbo fondò a Ferrara il ''[[Corriere Padano]]''<ref name=bernguar175/> con i soldi ricevuti in dote dalla moglie Emanuela, affidato poi alla direzione di [[Nello Quilici]].<ref>{{Cita|Bertoldi 1994|p. 197}}.</ref>
 
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La successiva [[crociera aerea del Mediterraneo orientale]] (5-19 giugno 1929) fu presieduta sempre da Balbo, ma il generale De Pinedo venne incluso come semplice pilota di uno degli aerei della formazione, in quanto la direzione tecnica del volo andò al colonnello [[Aldo Pellegrini]], capo del gabinetto di Balbo. Il 20 aprile 1929 intanto fu rieletto deputato alla Camera per il PNF.
Quasi due mesi dopo, il 12 agosto, Balbo sfruttò le voci che giravano su De Pinedo e gli chiese conto dei fondi a lui destinati per compiere il raid atlantico del 1927.<ref>{{Cita|Rocca 1993|pp. 39–40}}.</ref> De Pinedo rispose indirizzando una lettera a Mussolini in cui criticava le crociere spettacolari e propagandistiche che ponevano in secondo piano la preparazione bellica (senza sapere che Mussolini era contento di questa strategia), dando poi le dimissioni da sottocapo di stato maggiore, che il DuceMussolini accolse con favore, reputandolo non in grado di comprendere le esigenze del regime.
 
Il 12 settembre 1929, a soli trentatré anni, Italo Balbo, che era stato promosso [[generale di squadra aerea]], fu nominato [[ministro]] dell'Aeronautica, carica tenuta fino ad allora dalda DuceMussolini. De Pinedo venne allontanato con l'incarico di [[addetto militare|addetto aeronautico]] in [[Argentina]]<ref>{{Cita|Rocca 1993|pp. 40–41}}.</ref>. In questi anni Balbo era ricco, potente e famoso, ancora esuberante ed entusiasta, con amicizie nel mondo della cultura e dell'industria che lo avevano affermato tra l'alta borghesia e la nobiltà romana.<ref>{{Cita|Bertoldi 1994|pp. 79–80}}.</ref>
 
Balbo guidò poi due [[crociera aerea|crociere aeree]] transatlantiche in formazione, inframezzate, nel 1932, da una proposta avanzata a Mussolini circa l'istituzione di un unico ministero per la difesa, sostenuto dalla quadruplicazione delle somme destinate alla marina e all'aeronautica. Alla guida del nuovo ministero sarebbe dovuto andare lo stesso Balbo ma, benché alcuni capi militari vedessero di buon occhio l'iniziativa, le rivalità tra le forze armate e, soprattutto, la gelosia deldi DuceMussolini nei confronti della popolarità del ministro aviatore, fecero naufragare l'intero progetto.<ref name="smith224">{{Cita|Mack Smith 1992|p. 224}}.</ref>
[[File:Getúlio Vargas e Italo Balbo - 1931.jpg|miniatura|Balbo con il [[Presidenti del Brasile|presidente del Brasile]] [[Getúlio Vargas]] a [[Rio de Janeiro]], 15 gennaio 1931.]]
Per un'altra fonte il nuovo dicastero sarebbe spettato a Mussolini, mentre Balbo progettava di ridefinire i compiti del capo di stato maggiore generale e di prendere possesso di tale carica<ref name="rocca5758">{{Cita|Rocca 1993|pp. 57–58}}.</ref>. La prima idea per una crociera aerea oltreoceano gli venne in mente durante un congresso internazionale aeronautico negli Stati Uniti, dove si convinse che il primo gruppo di aerei che avesse attraversato in formazione l'oceano Atlantico sarebbe passato alla storia. Nel 1929 persuase l'ingegnere [[Alessandro Marchetti (ingegnere)|Alessandro Marchetti]] a mettere a punto per l'impresa gli idrovolanti [[Savoia-Marchetti S.55|S.55A]] che sarebbero andati a equipaggiare uno stormo creato ''ad hoc'' a [[Orbetello]]. Si scelse di trasvolare l'Atlantico meridionale con dodici apparecchi, a cui la [[Regia Marina]] avrebbe fornito appoggio con cinque [[cacciatorpediniere]].
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Raggiunta un'enorme popolarità e considerato politicamente come un insidioso rivale di Mussolini (pesò anche la proposta di riforma dei ministeri delle forze armate)<ref name=rocca5758/>, il regime impose che il nome di Balbo non comparisse più di una volta al mese sui quotidiani<ref>{{Cita libro|autore=John Gunther|titolo=Inside Europe|anno=1937|url=https://archive.org/details/insideeurope0000gunt|editore=Harper & Brothers|pp=[https://archive.org/details/insideeurope0000gunt/page/259 259]-260}}</ref> e fu probabilmente per queste motivazioni che Balbo venne promosso governatore<ref>Quando gli era stata comunicata la nomina a governatore della colonia, Balbo aveva compreso che non si trattava esattamente di una promozione: sarebbe stato più appropriato definirla un esilio. Cfr. {{Cita web|url=http://www.lastoriasiamonoi.rai.it/puntata.aspx?id=68|titolo=La storia siamo noi - Italo Balbo, lo squadrista trasvolatore|sito=lastoriasiamonoi.rai.it|accesso=19 maggio 2013|urlmorto=sì|urlarchivio=https://web.archive.org/web/20111020055251/http://www.lastoriasiamonoi.rai.it/puntata.aspx?id=68}}</ref><ref>{{Cita|Petacco 2002|p. 13}}.</ref> della [[Tripolitania italiana]], della [[Cirenaica italiana]] e del [[Fezzan]] che, sotto il suo patronato, si fusero nel 1934 in un'unica colonia: la [[Libia italiana|Libia]], procedendo poi a una nuova organizzazione territoriale su province.
 
Balbo ricevette la lettera in cui gli si comunicavano i nuovi compiti il 5 novembre 1933, rispose con un «Mio grande capo, sempre agli ordini!» e il 7 si recò da Mussolini per la consueta visita di congedo<ref>{{Cita|Rocca 1993|pp. 58–59}}.</ref>. Il ministero dell'aviazione ritornò nelle mani deldi DuceMussolini, che dimissionò anche [[Raffaello Riccardi]] da sottosegretario, mentre il generale [[Giuseppe Valle]] rimase [[Capo di stato maggiore dell'Aeronautica Militare|capo di stato maggiore]] e assunse anche l'incarico di Sottosegretario.
 
In questa nuova veste il generale Valle scrisse un rapporto segreto in cui dimostrò che Balbo aveva falsificato le cifre sull'effettiva consistenza numerica degli aeroplani, salvo essere accusato dal suo successore, [[Francesco Pricolo]], di aver fatto la stessa cosa.<ref>{{Cita|Mack Smith 1992|pp. 223–224}}.</ref> Data l'attitudine dei capi fascisti di mettersi in cattiva luce l'un l'altro agli occhi di Mussolini, le dichiarazioni di Valle sono da prendere con cautela: Balbo, nei fatti, fu certamente più energico e miglior organizzatore della maggior parte dei suoi colleghi.<ref name=smith224/> In ogni caso anche il DuceMussolini, pochi giorni dopo averlo licenziato, lo informò che la cifra di {{formatnum:3125}} aeroplani in forza alla Regia Aeronautica da lui fornita era esagerata. Balbo dovette scusarsi chiarendo che aveva incluso nei conteggi anche gli aerei da addestramento, da turismo e addirittura quelli in produzione. Il vero numero degli aerei efficienti al combattimento era, secondo Balbo, 1.765. Mussolini capì che la politica dei raid oltreoceano e dei primati, peraltro da lui sostenuta, aveva distolto l'attenzione dall'efficienza bellica dell'Arma azzurra.<ref>{{Cita|Rocca 1993|p. 59}}.</ref>
[[File:Balbo arrivo in LIbia genn 1934.jpg|thumb|left|upright=1.1|L'arrivo di Italo Balbo a Tripoli quale Governatore della Libia, il 16 gennaio 1934]] [[File:Balbo festeggiam Libia genn 1934.jpg|thumb|left|upright=1.1|Festeggiamento in onore di Italo Balbo nuovo Governatore della Libia. Tripoli, gennaio 1934]]
Il 16 gennaio 1934 sbarcò a Tripoli e lanciò un proclama: «Assumo da oggi, in nome di Sua Maestà, il governo. I miei tre predecessori, [[Giuseppe Volpi|Volpi]], [[Emilio De Bono|De Bono]], [[Pietro Badoglio|Badoglio]], hanno compiuto grandi opere. Mi propongo di seguire le loro orme». Balbo, in accordo con il piano di Mussolini,<ref name="smith141">{{Cita|Mack Smith 1992|p. 141}}.</ref> dette un fortissimo impulso alla colonizzazione italiana della Libia, organizzando l'afflusso di decine di migliaia di italiani e seguendo una politica di integrazione e pacificazione con le popolazioni [[musulmani|musulmane]] affermando che, diversamente dalle popolazioni dell'[[Africa Orientale Italiana|Africa orientale]], quelle libiche avevano un'antica tradizione di civiltà e che col tempo, grazie alla loro intelligenza e alle loro tradizioni, si sarebbero portate al di sopra del livello coloniale.<ref>{{Cita|Mack Smith 1992|pp. 142–143}}.</ref> Proprio in senso di questo proposito per prima cosa, una volta giunto in Libia, Balbo fece immediatamente chiudere (contro il volere di Mussolini) cinque campi di concentramento italiani creati contro le popolazioni locali. Ampliò la superficie del territorio nazionalizzato a {{formatnum:1250000}} acri e promosse la politica coloniale fascista che, pur prevedendo investimenti nelle infrastrutture, comportò l'esproprio di terre, la deportazione di popolazioni locali e la repressione sistematica di ogni resistenza alla dominazione italiana; in [[Cirenaica]] per rinsaldare la [[Riconquista della Cirenaica|sconfitta dei Senussi]], vennero confiscate le proprietà delle tribù e la loro struttura sociale distrutta, deportandone i membri per farne una riserva di manodopera a basso costo.<ref>{{Cita|Mack Smith 1992|pp. 141–142}}.</ref>
 
Nel 1937 Balbo si fece promotore presso il DuceMussolini, in visita alla colonia, di un'iniziativa per donare alla popolazione indigena, quale ricompensa per aver prestato servizio militare in Etiopia, la cittadinanza italiana, una proposta che alla fine sfociò in una cittadinanza di "seconda classe" a soltanto pochi elementi.<ref>{{Cita|Mack Smith 1992|p. 143}}.</ref> Nel 1938 guidò di persona un convoglio di diciassette navi partito dall'Italia alla volta della Libia con a bordo {{formatnum:1800}} famiglie, per la cui venuta furono fondati 26 nuovi villaggi, principalmente in [[Cirenaica]], ognuno con un municipio, un ospedale, una chiesa, un ufficio postale, una stazione di polizia, un locale per bere il caffè, una cooperativa di consumo, un mercato e una sede del PNF. Sull'evento fu organizzata una grande campagna pubblicitaria, che Mussolini fece presto tacere per non dare troppo risalto alla figura di Balbo. Vennero donate terre, bestiame e sementi agli agricoltori (in misura minore agli arabi)<ref>"Ritorneremo?" Economist [London, England] 15 May 1943: 610+. The Economist Historical Archive, 1843-2012.</ref>, anche se i frutti di queste politiche non fecero in tempo a maturare prima dell'inizio della seconda guerra mondiale.<ref>{{Cita|Mack Smith 1992|p. 142}}.</ref> Inoltre si cercò di assimilare i musulmani libici con una politica apparentemente amichevole, fondando nel 1939 dieci villaggi per gli [[Arabi]] e i [[Berberi]] libici: "El Fager" (''al-Fajr'', "Alba"), "Nahima" (Deliziosa), "Azizia" (''{{'}}Aziziyya'', "Meravigliosa"), "Nahiba" (Risorta), "Mansura" (Vittoriosa), "Chadra" (''khadra'', "Verde"), "Zahara" (''Zahra'', "Fiorita"), "Gedida" (''Jadida'', "Nuova"), "Mamhura" (Fiorente), "[[Beida]]" (''al-Bayda{{'}}'', "La Bianca"). Tutti questi villaggi avevano la loro moschea, scuola, centro sociale (con ginnasio e cinema) e un piccolo ospedale. Questo massiccio investimento italiano però non migliorò in maniera rilevante la qualità della vita della popolazione libica; anzi contribuì a peggiorarla in quanto l'obiettivo principale della costruzione di questi villaggi era allontanare le popolazioni locali dalle aree più fertili per favorire così l'economia dei coloni italiani.<ref>{{Cita libro|autore=Albert Adu Boahen, International Scientific Committee for the drafting of a General History of Africa|titolo=General History of Africa|anno=1990|editore=Heinemann|p=196}}</ref>
 
Anche il turismo venne curato con la istituzione dell'[[ETAL]], Ente turistico alberghiero della Libia, il quale gestiva alberghi, linee di autobus di gran turismo, spettacoli teatrali e musicali nel [[Teatro di Sabratha|teatro romano di Sabratha]], il Gran Premio automobilistico della [[Mellaha]] (detto internazionalmente "[[Gran Premio di Tripoli|Tripoli Grand Prix]]" e disputato dal 1925 al 1940), una località entro le oasi tripoline e altre iniziative.
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=== In dissenso con Mussolini ===
[[File:Italo Balbo a Cortina d'Ampezzo.jpg|thumb|Italo Balbo davanti al rifugio Luzzatti (oggi [[Rifugio Alfonso Vandelli]]) a [[Cortina d'Ampezzo]] nell'estate 1937.]]
Italo Balbo fu il meno servile dei gerarchi.<ref name="bocca176">{{Cita|Bocca 1997|p. 176}}.</ref> Dopo l'[[occupazione tedesca della Cecoslovacchia]], il 21 marzo 1939 Balbo, a Roma, accusò gli altri membri del Gran Consiglio del Fascismo di lustrare «le scarpe alla Germania», unico a criticare la scelta deldi DuceMussolini di rimanere vicino alla Germania di [[Adolf Hitler]].<ref>{{Cita|Mack Smith 1992|pp. 179–180}}.</ref> In seguito espresse ripetutamente malcontento e preoccupazione per l'alleanza militare con la Germania (opinione condivisa peraltro nelle fasi iniziali anche dal ministro degli esteri [[Galeazzo Ciano]], da [[Emilio De Bono]] e da [[Dino Grandi]]) e per la politica seguita da Mussolini sia sul piano interno che sul piano internazionale<ref>{{Cita web|url=http://www.lastoriasiamonoi.rai.it/puntata.aspx?id=166|titolo=La storia siamo noi - Gli eroi del primo aprile|sito=lastoriasiamonoi.rai.it|accesso=19 maggio 2013|urlmorto=sì|urlarchivio=https://web.archive.org/web/20110722051744/http://www.lastoriasiamonoi.rai.it/puntata.aspx?id=166}}</ref>. Egli si era mostrato segretamente contrario anche all'intervento italiano nella [[guerra civile spagnola]] a sostegno di [[Francisco Franco]], convinto che le forze armate italiane avessero bisogno di tempo e denaro per riorganizzarsi dopo la [[guerra d'Etiopia]].<ref>{{Cita|Mack Smith 1992|p. 123}}.</ref>
 
Il suo dissenso nei confronti deldi DuceMussolini si era sempre più acuito<ref>In occasione del discorso della Corona a [[Montecitorio]] nel [[1939]], fu - con [[Giuseppe Bottai|Bottai]] e [[Emilio De Bono|De Bono]] - tra coloro che (in violazione dell'ordine di Starace, che senatori e consiglieri nazionali partecipassero alla cerimonia ostentando sulle uniformi solo le decorazioni fasciste) si presentarono esibendo le insegne degli ordini cavallereschi monarchici, inducendo così i consiglieri meno servili a non spogliarsi di sciarpe, distintivi e insegne sabaude: [[Luigi Federzoni]], ''L'Italia di ieri per la storia di domani'', Milano, Mondadori, 1967, pp. 236-238.</ref> a partire dal 1938, quando, in più occasioni, manifestò a Mussolini la sua contrarietà alla promulgazione delle [[leggi razziali fasciste|leggi razziali]]. Balbo proveniva da Ferrara, città sede di un'antica e rappresentativa comunità ebraica, aveva amici ebrei, con i quali restò in relazione rifiutando l'ostracismo ufficiale; in Libia evitò agli ebrei locali l'estensione delle leggi razziali.<ref name=bocca176/> Nel suo periodo di governatore della Libia entrò però in vigore a Tripoli un'ordinanza commissariale che costringeva i negozianti ebrei di alcune parti della città a tenere aperte le loro attività anche il [[Shabbat|sabato]], pena il ritiro della licenza e la [[fustigazione]].<ref>{{Cita libro|autore=Michele Sarfatti|titolo=Gli ebrei nell'Italia fascista: vicende, identità, persecuzione|url=https://archive.org/details/gliebreinellital0000sarf|anno=2000|editore=Einaudi|p=[https://archive.org/details/gliebreinellital0000sarf/page/113 113]}}</ref>
 
In particolare, riguardo al comportamento di Italo Balbo dinanzi alla promulgazione fascista delle [[leggi razziali fasciste|leggi razziali]] (1938), nella sua documentata biografia di Italo Balbo lo storico Giorgio Rochat si è cosi espresso: «La comunità ebraica ferrarese, che nel 1938 contava quasi settecento aderenti, era una delle più anziane e meglio inserite di tutta Italia. Chi oggi cerca di definire se Balbo e il fascismo ferrarese fossero filosemiti o antisemiti, dimentica che a Ferrara il problema non si poneva, perché gli ebrei non erano discriminati ma giustamente considerati cittadini a pieno titolo; e infatti furono in grande maggioranza ferventi fascisti e l'avvocato [[Renzo Ravenna]], amico e collaboratore di Balbo, fu [[Podestà (fascismo)|podestà]] di Ferrara dal 1926 al 1938 senza che ciò suscitasse problema alcuno. L'otto luglio del 1936 il generale [[Riccardo Moizo]], comandante generale dell'arma dei Carabinieri, scriveva, in risposta a una sollecitazione del ministero degli interni: ''Da riservate indagini è risultato che in Ferrara domiciliano circa ottocento ebrei, molti dei quali occupano importanti cariche pubbliche. Tutti gli ebrei, in genere, sono elementi attivi, diligenti e parsimoniosi, ciò che spiega come non pochi abbiano potuto raggiungere buone posizioni sociali ed economiche ed occupare posti direttivi. Essi, in linea politica, non hanno mai dato luogo a rilievi, né consta che abbiano comunque commesso abusi o parzialità; si distinguono anzi per attaccamento al regno e alle istituzioni nazionali''. [...]<br/>
[Balbo] fece quanto era in suo potere per arrestare la campagna antisemita, pur senza arrivare a prendere posizione in pubblico, come non era consentito a un alto gerarca; e nella riunione del Gran Consiglio del sei ottobre 1938, che varò un articolato programma di discriminazioni contro gli ebrei, si batté contro il progetto [...] e tentò con qualche successo di attenuarne la portata. Questa battaglia non giunse fino a una rottura politica: Balbo ostentò ripetutamente la sua amicizia con Renzo Ravenna e altri ebrei cacciati dalle loro cariche, ma rimase amico fraterno di [[Nello Quilici]] e, pur adoperandosi per favorire singole persone, non si oppose all'introduzione a Ferrara della legislazione antisemita in tutta la sua estensione».
 
Assieme a Ciano, disse che Hitler aveva violato il [[Patto d'Acciaio]] firmando il [[patto Molotov-Ribbentrop|patto con Stalin]] nell'agosto 1939, e si schierò fermamente e apertamente a favore della neutralità in una futura guerra<ref>{{Cita|Mack Smith 1992|p. 241}}.</ref><ref name="bert80">{{Cita|Bertoldi 1994|p. 80}}.</ref> e, anche quando questa scoppiò il 1º settembre seguente, Balbo, il 7 dicembre durante una riunione del Gran Consiglio, mise sul tavolo la possibilità di un'alleanza con il Regno Unito e la Francia.<ref>{{Cita|Mack Smith 1992|p. 249}}.</ref> Raccolse l'invito della principessa [[Maria José del Belgio|Maria José]] a dissuadere insieme ad [[Amedeo di Savoia-Aosta (1898-1942)|Amedeo di Savoia-Aosta]] Mussolini dall'entrare in guerra<ref name="bert80" />, ma il DuceMussolini decise di restare fedele all'alleato tedesco.
 
=== L'entrata in guerra ===
[[File:Italo Balbo e Graziani in Libia.jpg|miniatura|sinistra|verticale|Balbo con [[Rodolfo Graziani]] durante un'ispezione sul fronte libico.]]
Nelle sue direttive del 31 marzo 1940 [[Benito Mussolini]] aveva delineato in termini generali la strategia globale che avrebbe dovuto essere seguita dalle forze armate italiane nel caso sempre più probabile di una entrata in guerra a fianco del [[Terzo Reich]] contro la [[Francia]] e la [[Gran Bretagna]]. Riguardo al [[Teatro del Mediterraneo della seconda guerra mondiale|teatro bellico nordafricano]] il DuceMussolini stabiliva che a causa della difficile situazione geografica della [[Libia]] teoricamente minacciata sia dall'[[Egitto]] britannico che dal [[Impero coloniale francese|Nordafrica francese]], le forze italiane nella colonia, comandate da Balbo, avrebbero dovuto mantenersi sulla difensiva.<ref>{{Cita|Bauer 1971|Vol. II, pp. 178 e 273.}}</ref> Le forze francesi in [[Marocco]], [[Algeria]] e [[Tunisia]] del generale [[Charles Noguès]] ammontavano a otto divisioni mentre le truppe britanniche in Egitto erano calcolate dal servizio informazioni italiano in circa cinque divisioni; quindi dopo l'entrata dell'Italia nella [[seconda guerra mondiale]] il 10 giugno 1940 Mussolini confermò le sue direttive difensive. La situazione cambiò con la [[Campagna di Francia|sconfitta della Francia]] e l'[[Armistizio di Villa Incisa|armistizio del 25 giugno 1940 a Villa Incisa]]; le colonie francesi vennero neutralizzate e il maresciallo Balbo poté concentrare la maggior parte delle sue forze sul confine libico-egiziano.<ref>{{Cita|Bauer 1971|Vol. II, pp. 273-274.}}</ref>
 
Le forze italiane in Libia del maresciallo Balbo apparivano sulla carta adeguate al teatro bellico coloniale; dalla fine degli [[Anni 1930|anni trenta]] erano state inviate una serie di unità di fanteria destinate in realtà prevalentemente a compiti difensivi.<ref>{{Cita|Rochat 2005|pp. 294–295.}}</ref> In totale il 10 giugno 1940 erano presenti in Libia quattordici divisioni con {{formatnum:236000}} soldati, {{formatnum:1427}} cannoni, 339 carri armati leggeri [[CV33|L3]], {{formatnum:8039}} automezzi<ref>{{Cita|Rochat 2005|p. 294.}}</ref>; queste forze erano suddivise tra la 5ª Armata che al comando del generale [[Italo Gariboldi]] copriva il confine occidentale con sei divisioni di fanteria e due divisioni di [[Milizia Volontaria per la Sicurezza Nazionale|camicie nere]], e la 10ª Armata del generale [[Mario Berti]] che, con tre divisioni di fanteria, due divisioni libiche e una divisione di camicie nere, era schierata sul confine egiziano. La [[Regia Aeronautica]] disponeva in Libia di circa 250 aerei in maggioranza di modelli non molto moderni ospitati in basi sguarnite e poco difese, e necessitavano di urgenti rifornimenti.<ref>{{Cita|Molteni 2012|p. 28}}.</ref> Queste forze erano forti numericamente ma in realtà si trattava di reparti prevalentemente appiedati, privi di automezzi sufficienti, con gravi carenze di armamento soprattutto nei mezzi corazzati, poco addestrate alla guerra nel deserto.<ref>{{Cita|Rochat 2005|p. 295.}}</ref>
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Giunti in vista di Tobruch verso le 17:30 i piloti videro alte colonne di fumo dovute a un attacco britannico effettuato con bombardieri [[Bristol Blenheim]],<ref name=molteni9/> e Balbo ordinò di atterrare per verificare la situazione.<ref name="bocca183">{{Cita|Bocca 1997|p. 183}}.</ref> Prossimo all'atterraggio senza aver tuttavia avvisato prima la base, ed essendoci stata una tempesta di [[Scirocco|Ghibli]],<ref>{{cita news|autore=[[Aldo Cazzullo]]|url=https://www.corriere.it/cronache/23_novembre_06/corrado-augias-intervista-94d93374-7c0f-11ee-8eea-fc9ff09b1145.shtml|titolo=Corrado Augias: «Dopo 63 anni lascio la Rai per La7. Da Kennedy agli hippy, vi racconto i miei amori»|pubblicazione=[[Corriere della Sera]]|data=6 novembre 2023|accesso=12 novembre 2024}}</ref> fu scambiato dalla contraerea di terra e dall'[[incrociatore]] italiano ''[[San Giorgio (incrociatore)|San Giorgio]]'' - all'ormeggio nei pressi del porto come batteria galleggiante - per uno degli aerei britannici che poco prima avevano attaccato le attrezzature navali lì presenti e fu di conseguenza preso di mira e colpito dalle batterie del ''San Giorgio''.<ref name="Armataneldeserto">{{Cita|Petacco 2002|pp. 12–13}}.</ref> L'aereo di Porro riuscì a compiere una manovra diversiva e non fu centrato, mentre quello di Balbo, ormai in fase di atterraggio, precipitò in fiamme al suolo, provocando la morte di tutto l'equipaggio.
 
Il 29 giugno Mussolini dichiarò: «un bell'alpino, un grande aviatore, un autentico rivoluzionario. Il solo che sarebbe stato capace di uccidermi».<ref name="bert81">{{Cita|Bertoldi 1994|p. 81}}.</ref><ref>{{Cita|Volta 1973|p. 35}}.</ref> Badoglio, che era con lui ad [[Alpignano]] quando apprese della notizia, disse che il DuceMussolini non dimostrò «il minimo turbamento»<ref name=bocca183/>. [[Galeazzo Ciano]] invece annotò sul suo diario che «Balbo non meritava questa fine: era esuberante, irrequieto, amava la vita in ogni sua manifestazione. […] Non aveva voluto la guerra e l'aveva osteggiata fino all'ultimo. […] Il ricordo di Balbo rimarrà a lungo tra gli italiani, perché era, soprattutto, un italiano con i grandi difetti e le grandi qualità della nostra razza.» Sul bollettino delle forze armate apparve il seguente comunicato:
{{Citazione|Il giorno 28, volando sul cielo di Tobruch, durante un'azione di bombardamento nemica, l'apparecchio pilotato da Italo Balbo è precipitato in fiamme. Italo Balbo e i componenti dell'equipaggio sono periti. Le bandiere delle Forze Armate d'Italia s'inchinano in segno di omaggio e di alto onore alla memoria di Italo Balbo, volontario alpino della guerra mondiale, Quadrumviro della Rivoluzione, trasvolatore dell'Oceano, Maresciallo dell'Aria, caduto al posto di combattimento.}}
 
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Nel 2006 Quilici fu contattato da Aldo Massa, un guardiamarina che il giorno dell'abbattimento dell'aereo di Balbo era di vedetta nell'unico edificio in cemento armato del porto, un bunker dotato di ampia feritoia. Grazie alle testimonianze di Massa e di altri, Quilici segnalò la presenza di un sottomarino all'ancora nella rada di Tobruch e, sebbene nessun rapporto ufficiale facesse riferimento alla sua presenza in Libia, lo identificò nel sommergibile posamine italiano ''[[Marcantonio Bragadin (sommergibile)|Marcantonio Bragadin]]'', proveniente da [[Napoli]]. Fonti giornalistiche<ref>{{Cita web|autore=Antonio Carioti|url=http://archiviostorico.corriere.it/2006/febbraio/13/sommergibile_abbatte_aereo_Balbo_co_9_060213067.shtml|urlarchivio=https://web.archive.org/web/20121110031800/http://archiviostorico.corriere.it/2006/febbraio/13/sommergibile_abbatte_aereo_Balbo_co_9_060213067.shtml|titolo=Un sommergibile abbatté l'aereo di Balbo|editore=[[Corriere della Sera]]|data=13 febbraio 2006|accesso=19 maggio 2013|urlmorto=sì}}</ref> ipotizzarono che dalla sua torretta fu sparata la raffica che abbatté l'aereo di Balbo, che si schiantò e bruciò a lungo nella notte, rendendo quasi irriconoscibili i corpi<ref name=quilici/>. Nella confusione che seguì l'abbattimento il ''Bragadin'' ripartì dal porto libico la sera stessa.
 
Ad ogni modo, [[Arrigo Petacco]] aveva pubblicato nel 1997 la relazione ala DuceMussolini del [[generale di brigata aerea]] [[Egisto Perino]] (passeggero sull'aereo di Porro), che reca la data del 1º luglio 1940 e che corrisponde alla versione ufficiale, con pienezza di dettagli; il documento fu ritrovato fra le carte segrete di Mussolini.<ref name=petaccoarchivio />
 
== Opere ==