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=== La rottura tra Unione Sovietica e Jugoslavia ===
La successiva assemblea plenaria dopo quella fondativa si tenne nel giugno 1948 a [[Bucarest]] e fu caratterizzata dall'attacco sferrato contro il partito comunista jugoslavo e dall'espulsione di questo dal Cominform.<ref>{{cita|Marcou|pp. 113-114}}.</ref> La risoluzione in questo senso approvata il 28 giugno ufficializzò la rottura fra URSS e Jugoslavia che si era consumata rimanendo inizialmente segreta nel febbraio 1948 in seguito a un incontro al [[Cremlino]] al quale [[Josip Broz Tito]] si era rifiutato di partecipare inviandovi i suoi più stretti collaboratori Kardelj e Djilas: in questa riunione Stalin aveva accusato gli jugoslavi di perseguire una politica indipendente e provocatoria sul confine greco e li aveva invitati ad una pronta federazione con la Bulgaria. Al rientro della delegazione Tito a<ref>{{Cita libro|titolo=Joze Pirjevec, Tito e i suoi compagni, Torino 2015, pp. 235-240 e 253-263}}</ref>veva aveva rifiutato il piano di Stalin di federazione tra Jugoslavia e [[Repubblica Popolare di Bulgaria|Bulgaria]]. Il progetto stravolgeva l'idea di una [[Federazione Balcanica|federazione balcanica]] pluralista a cui da anni lavoravano gli jugoslavi e in cui la Bulgaria avrebbe trovato posto soltanto come una un'altra tra le repubbliche che già componevano la federazione Jugoslava, mentre il progetto staliniano prevedeva una federazione tra la federazione jugoslava e la Bulgaria<ref>{{cita|Claudín|p. 381}}.</ref> e in questo caso il partito comunista bulgaro, fedelissimo dell'URSS, sarebbe stato per Tito «un cavallo di Troia in seno al nostro proprio partito».<ref>{{cita|Marcou|pp. 209-212}}.</ref> Venivano così alla luce problemi politici, strategici e anche personali tra Tito e Stalin che perduravano dai tempi della seconda guerra mondiale. In quella fase il partito comunista jugoslavo aveva infatti scelto di legare la lotta di liberazione contro i nazisti alla rivoluzione per la conquista del potere in contrasto con le direttive sovietiche che miravano a non turbare gli equilibri in seno agli Alleati.<ref>{{cita|Claudín|p. 297}}.</ref> La situazione si era poi deteriorata con il consolidarsi dell'autonomia di Belgrado dalla politica estera di Mosca (esemplificata dal supporto jugoslavo al partito comunista greco impegnato nella [[Guerra civile greca|guerra civile]])<ref>{{cita|Piccardo|p. 145}}.</ref> e con la crescente influenza del [[Economia della Repubblica Socialista Federale di Jugoslavia|modello jugoslavo]] sugli altri comunisti dell'[[Europa centro-orientale]].<ref>{{cita|Piccardo|p. 148}}.</ref>
 
L'espulsione del partito comunista jugoslavo fu motivata contestandone le deviazioni dal [[marxismo-leninismo]] e muovendogli accuse di antisovietismo e di nazionalismo mentre venne coniato il termine dispregiativo di [[Titismo|titoismo]].<ref>{{cita|Marcou|pp. 241-243}}.</ref> Tutti i partiti del Cominform in un'epoca di monolitismo del movimento comunista in un mondo diviso in due blocchi presero le parti dell'URSS e i dirigenti jugoslavi ritenuti eretici continuarono a essere bersaglio di duri attacchi,<ref>{{cita|Marcou|pp. 244-245}}.</ref> cui si unirono all'unisono anche gli altri partiti comunisti dei Paesi occidentali e il partito comunista cinese.<ref>{{cita|Claudín|pp. 413-415}}.</ref> Si accentuò invece una sorta di culto dell'URSS e di Stalin che segnò lo sviluppo degli altri Paesi socialisti in cui si ebbero nel periodo immediatamente successivo siluramenti e purghe ai danni di esponenti di alto livello.<ref>{{cita|Marcou|p. 270}}.</ref><ref>{{cita|Claudín|pp. 401 ss.}}</ref>