Italo Balbo: differenze tra le versioni

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Nel frattempo [[Olao Gaggioli]], pure lui reduce della grande guerra, fondò a Ferrara il [[Partito Politico Futurista|Fascio futurista]] cittadino, non lontano, nel suo primo programma, dalle richieste socialiste. Gaggioli, probabilmente sostenuto in questo da [[Filippo Tommaso Marinetti|Marinetti]], inviò la richiesta di adesione del gruppo di Ferrara ai [[Fasci italiani di combattimento]] che si stavano riunendo a [[Milano]] in piazza San Sepolcro per volontà di [[Benito Mussolini|Mussolini]].<ref>{{Cita|A.Guarnieri|p. 14}}.</ref>
 
Le elezioni politiche del [[1919]] furono un successo per il [[Partito Socialista Italiano|Partito Socialista]] in [[Italia]], dando origine a quello che poi fu chiamato [[Biennio rosso in Italia|biennio rosso]]. Sia a [[Bologna]] che a Ferrara la vittoria socialista alle elezioni amministrative, e le ondate di scioperi e occupazioni che l'accompagnarono, destarono la preoccupazione della [[borghesia]] industriale e dei proprietari terrieri, che cominciarono ad appoggiare le azioni [[Squadrismo|squadriste]] contro gli scioperanti e i simpatizzanti socialisti<ref>Gaetano Salvemini, ''Le origini del fascismo in Italia. Lezioni di Harvard'', a cura di [[Roberto Vivarelli]], Feltrinelli, Milano 1979 (quarta edizione), pagg. 309-10. Il testo di Salvemini risale al 1943.</ref><ref>{{cita web|titolo=Il biennio "rosso"|url=http://www.storiaxxisecolo.it/fascismo/fascismo1b.htm |sito=storiaXXIsecolo.it|accesso=11 agosto 2019}}</ref> del nascente movimento fascista. Esso, infatti, aveva iniziato a perdere l'iniziale spirito ''futurista''<ref>{{Cita|A.Guarnieri|p. 15}}.</ref> a favore di un'ideologia più conservatrice.
 
Fu in quel clima che Balbo, terminati gli studi, tornò nella sua città natale ove, messosi alla ricerca di un impiego, gli fu offerta la segreteria del fascio ferrarese. Olao Gaggioli infatti si era dimesso per protesta (poco prima di uno [[Eccidio del Castello Estense (1920)|scontro]] fra militanti socialisti e fascisti presso il castello Estense), adducendo a motivazione che ormai gli agrari, i cattolici ed i liberali avevano snaturato il movimento, trasformandolo in un'organizzazione reazionaria finalizzata a mantenere la situazione di fatto, andando contro le richieste dei braccianti e dei proletari.<ref>{{Cita|A.Guarnieri|p. 16}}.</ref>
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Sempre nel 1924 venne accusato di essere il mandante dell'omicidio del parroco antifascista don [[Giovanni Minzoni]] ad [[Argenta]], avvenuto per mano di due squadristi facenti capo alle sue milizie: il caso venne archiviato alcuni mesi dopo, per essere poi riaperto - sotto la pressione della stampa, a seguito del [[Giacomo Matteotti|delitto Matteotti]] - nel 1925, risolvendosi con l'assoluzione di tutti gli imputati.<ref>{{Cita|Tagliaferri 1993|p. 284}}.</ref> Nonostante l'assoluzione, l’omicidio del parroco antifascista Don Minzoni è emblematico del clima di violenza politica promosso dalle squadre fasciste; la gestione del processo fu condizionata dall'influenza del regime sulle istituzioni giudiziarie.
 
Il 21 novembre [[1924]] Balbo fu costretto a dimettersi dalla carica di comandante della [[MVSN|Milizia]] a seguito delle documentate rivelazioni de ''[[La Voce Repubblicana]]'' circa ordini da lui impartiti di bastonature di antifascisti e pressioni sulla magistratura<ref>{{Cita|Candeloro 2002|p. 91}}.</ref>, perdendo la successiva causa per diffamazione da lui intentata al quotidiano.<ref>Nel 1947 la Corte di Assise di Ferrara istruì un nuovo processo sull'omicidio di don Minzoni, che si concluse con la condanna per omicidio preterintenzionale di due imputati senza che fosse provata una responsabilità diretta di Balbo.</ref>
Balbo intanto, a Ferrara, continuò ad operare in modo da avere persone di sua fiducia e rappresentative nelle posizioni di potere. L'amico Ravenna, da sempre estraneo ad ogni atto di squadrismo, fortemente nazionalista, ebreo ma con una visione laica della sua fede fu invitato ad iscriversi al PNF, e successivamente, alla fine del 1924, nominato Segretario Federale Ferrarese del PNF.<ref>{{Cita|Pavan 2006|pp. 44–45}}.</ref>
 
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Italo Balbo fu il meno servile dei gerarchi.<ref name="bocca176">{{Cita|Bocca 1997|p. 176}}.</ref> Dopo l'[[occupazione tedesca della Cecoslovacchia]], il 21 marzo 1939 Balbo, a Roma, accusò gli altri membri del Gran Consiglio del Fascismo di lustrare «le scarpe alla Germania», unico a criticare la scelta di Mussolini di rimanere vicino alla Germania di [[Adolf Hitler]].<ref>{{Cita|Mack Smith 1992|pp. 179–180}}.</ref> In seguito espresse ripetutamente malcontento e preoccupazione per l'alleanza militare con la Germania (opinione condivisa peraltro nelle fasi iniziali anche dal ministro degli esteri [[Galeazzo Ciano]], da [[Emilio De Bono]] e da [[Dino Grandi]]) e per la politica seguita da Mussolini sia sul piano interno che sul piano internazionale<ref>{{Cita web|url=http://www.lastoriasiamonoi.rai.it/puntata.aspx?id=166|titolo=La storia siamo noi - Gli eroi del primo aprile|sito=lastoriasiamonoi.rai.it|accesso=19 maggio 2013|urlmorto=sì|urlarchivio=https://web.archive.org/web/20110722051744/http://www.lastoriasiamonoi.rai.it/puntata.aspx?id=166}}</ref>. Egli si era mostrato segretamente contrario anche all'intervento italiano nella [[guerra civile spagnola]] a sostegno di [[Francisco Franco]], convinto che le forze armate italiane avessero bisogno di tempo e denaro per riorganizzarsi dopo la [[guerra d'Etiopia]].<ref>{{Cita|Mack Smith 1992|p. 123}}.</ref>
 
Il suo dissenso nei confronti di Mussolini si era sempre più acuito<ref>In occasione del discorso della Corona a [[Montecitorio]] nel [[1939]], fu - con [[Giuseppe Bottai|Bottai]] e [[Emilio De Bono|De Bono]] - tra coloro che (in violazione dell'ordine di Starace, che senatori e consiglieri nazionali partecipassero alla cerimonia ostentando sulle uniformi solo le decorazioni fasciste) si presentarono esibendo le insegne degli ordini cavallereschi monarchici, inducendo così i consiglieri meno servili a non spogliarsi di sciarpe, distintivi e insegne sabaude: [[Luigi Federzoni]], ''L'Italia di ieri per la storia di domani'', Milano, Mondadori, 1967, pp. 236-238.</ref> a partire dal 1938, quando, in più occasioni, manifestò a Mussolini la sua contrarietà alla promulgazione delle [[leggi razziali fasciste|leggi razziali]]. Balbo proveniva da Ferrara, città sede di un'antica e rappresentativa comunità ebraica, aveva amici ebrei, con i quali restò in relazione rifiutando l'ostracismo ufficiale; in Libia evitò agli ebrei locali l'estensione delle leggi razziali.<ref name=bocca176/> Nel suo periodo di governatore della Libia entrò però in vigore a Tripoli un'ordinanza commissariale che costringeva i negozianti ebrei di alcune parti della città a tenere aperte le loro attività anche il [[Shabbat|sabato]], pena il ritiro della licenza e la [[fustigazione]].<ref>{{Cita libro|autore=Michele Sarfatti|titolo=Gli ebrei nell'Italia fascista: vicende, identità, persecuzione|url=https://archive.org/details/gliebreinellital0000sarf|anno=2000|editore=Einaudi|p=[https://archive.org/details/gliebreinellital0000sarf/page/113 113]}}</ref>
 
In particolare, riguardo al comportamento di Italo Balbo dinanzi alla promulgazione fascista delle [[leggi razziali fasciste|leggi razziali]] (1938), nella sua documentata biografia di Italo Balbo lo storico Giorgio Rochat si è cosi espresso: «La comunità ebraica ferrarese, che nel 1938 contava quasi settecento aderenti, era una delle più anziane e meglio inserite di tutta Italia. Chi oggi cerca di definire se Balbo e il fascismo ferrarese fossero filosemiti o antisemiti, dimentica che a Ferrara il problema non si poneva, perché gli ebrei non erano discriminati ma giustamente considerati cittadini a pieno titolo; e infatti furono in grande maggioranza ferventi fascisti e l'avvocato [[Renzo Ravenna]], amico e collaboratore di Balbo, fu [[Podestà (fascismo)|podestà]] di Ferrara dal 1926 al 1938 senza che ciò suscitasse problema alcuno. L'otto luglio del 1936 il generale [[Riccardo Moizo]], comandante generale dell'arma dei Carabinieri, scriveva, in risposta a una sollecitazione del ministero degli interni: ''Da riservate indagini è risultato che in Ferrara domiciliano circa ottocento ebrei, molti dei quali occupano importanti cariche pubbliche. Tutti gli ebrei, in genere, sono elementi attivi, diligenti e parsimoniosi, ciò che spiega come non pochi abbiano potuto raggiungere buone posizioni sociali ed economiche ed occupare posti direttivi. Essi, in linea politica, non hanno mai dato luogo a rilievi, né consta che abbiano comunque commesso abusi o parzialità; si distinguono anzi per attaccamento al regno e alle istituzioni nazionali''. [...]<br/>
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|carica = Sottosegretario del Ministero dell'Aeronautica
|immagine = Flag of Italy (1861-1946).svg
|periodo = 6 novembre [[1926]] - 12 settembre [[1929]]
|precedente = [[Alberto Bonzani]]
|successivo = [[Raffaello Riccardi]]