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Acceso [[giacobino]], grande sostenitore delle [[rivoluzione francese|teorie rivoluzionarie francesi]], compie i primi studi nella sua città natale e nel [[1856]], a soli 17 anni, si iscrive alla facoltà di [[giurisprudenza]] dell'università di [[Torino]].<ref>{{cita web|http://www.treccani.it/enciclopedia/biagio-caranti_(Dizionario_Biografico)|Biagio Caranti, Dizionario Biografico Treccani|22 giugno 2015}}</ref> Nell'ateneo piemontese stringe amicizia con il [[marchese]] [[Giorgio Pallavicino Trivulzio]], reduce da una detenzione durata dal [[1823]] al [[1835]] per la partecipazione ai [[Moti del 1820-1821|moti del 1820-1821]], che aveva ripreso l'attività politica dopo le [[Cinque giornate di Milano]] e un periodo di [[confino]] a [[Praga]]. Nella sua villa, che inizia a frequentare regolarmente, viene introdotto nell'ambiente dei fautori dell'unificazione italiana, e conosce tra gli altri [[Giuseppe Garibaldi]] e [[Giuseppe La Farina]].<ref>{{cita web|http://www.castelnuovobormida.net/personaggi/biagio-caranti|Biagio Caranti, Liberi appunti su un garibaldino castelnovese. Politico, patriota, riformatore|22 giugno 2015}}</ref> Su invito di [[Daniele Manin]], che ne ha promosso la fondazione l'anno precedente, nel [[1858]] abbandona gli studi ed entra a far parte della [[Società Nazionale Italiana]], organismo politico ascrivibile a [[Cavour]] che sostiene l’unificazione italiana intorno a casa Savoia. Con la carica di segretario promuove la costituzione di numerosi comitati provinciali e raccolte di fondi e adesioni tra gli studenti delle università di [[Torino]] e [[Genova]].<ref>{{cita web|http://www.castelnuovobormida.net/personaggi/biagio-caranti|Biagio Caranti, Liberi appunti su un garibaldino castelnovese. Politico, patriota, riformatore|22 giugno 2015}}</ref><ref>{{cita web|http://www.treccani.it/enciclopedia/biagio-caranti_(Dizionario_Biografico)|Biagio Caranti, Dizionario Biografico Treccani|22 giugno 2015}}</ref> Dalle memorie del marchese Pallavicino, che lo invita a stilare una relazione per Garibaldi, si apprende che nel giro di pochi mesi ha promosso la costituzione di quattordici comitati soltanto in [[Lombardia]] ma che la società sta conoscendo grazie al suo personale impegno una crescita vertiginosa in tutta la [[Italia|penisola]].<ref>{{cita|Pallavicino|Pag. 449}}</ref>
Risale a questo periodo il suo esordio nel giornalismo, sulle colonne del periodico torinese ''Mondo Letterario'', e l'inizio dell'attività letteraria con un ''Catechismo politico pei contadini piemontesi'', pubblicato in cinque puntate sul periodico «Omnibus» tra il 20 ed il 29 novembre del 1859, il cui scopo è «''rendere popolare alle infime classi l’idea della nazionalità ed indipendenza italiana''».<ref>{{cita|Tollo|Loredana Palma, ''La nuova Italia attraverso lo sguardo del nuovo giornalismo. Esplorazioni nella stampa periodica di secondo Ottocento''}}</ref><ref>{{cita|Caranti|Premessa}}</ref> Più o meno nello stesso periodo, ritenendosi ormai prossimo lo scoppio della [[Seconda guerra d'indipendenza italiana|guerra contro l'Austria]], da alle stampe l'opuscolo ''Delle nuove speranze d’Italia. Parallelo tra il 1848 e il 1859'', nel quale analizza la convenienza delle grandi potenze europee verso un forte ridimensionamento dell'[[impero Austro-ungarico]].<ref>{{cita|Pallavicino|Pag. 452}}</ref>
=== Il sostegno a Garibaldi ===
[[File:Aurelio Bianchi-Giovini.jpg|left|thumb|204x204px|Aurelio Bianchi-Giovini]]
Il Caranti non partecipa in prima persona alla guerra ma organizza con la marchesa Pallavicino un comitato per il soccorso e l'assistenza ai feriti tornati dal fronte.<ref>{{cita web|http://www.castelnuovobormida.net/personaggi/biagio-caranti|Biagio Caranti, Liberi appunti su un garibaldino castelnovese. Politico, patriota, riformatore|22 giugno 2015}}</ref> Liberata la [[Lombardia]] dal giogo austriaco vi si reca per raccogliere notizie ed impressioni che gli tornano utili per l'opuscolo ''Catechismo politico ad uso del popolo lombardo''. Nel [[1860]] diventa applicato di terza classe presso il [[Ministero degli interni]] del [[Regno di Sardegna]], nella segreteria particolare di [[Urbano Rattazzi]], e mantiene tale carica anche quando [[Cavour]] assume l'incarico a interim. Caranti fa spesso da tramite tra [[Cavour]] e Garibaldi, recapitando lettere e messaggi, almeno finché non commette l'imprudenza di recapitare allo statista sabaudo una lettera del giornalista [[Aurelio Bianchi-Giovini]]
[[File:Le Gray, Gustave (1820-1884) - Portrait du général Istvàn Türr (1825-1908) - Palerme, juillet 1860.jpg|left|thumb|244x244px|Il generale Turr]]
[[File:Mille a Capua Vizzotto1.JPG|right|thumb|190x190px|La battaglia del Volturno]]
[[File:Francesco Crispi (ritratto).jpg|right|thumb|
Dopo aver ottenuto un grosso finanziamento da una banca privata di Torino nell'agosto [[1860]] parte per la [[Sicilia]] con un gruppo di volontari. A [[Messina]] entra a far parte dello [[stato maggiore]] della 15^ divisione al comando del generale [[Stefano Turr]], ai cui ordini rimane fino alla [[battaglia del Volturno]], alla quale prende parte con onore.<ref>{{cita web|http://www1.interno.gov.it/mininterno/export/sites/default/it/assets/files/21/0009_catalogo_Caranti_31-10.pdf|Biagio Caranti, una figura del Risorgimento al servizio dello Stato: politico, patriota, riformatore|22 giugno 2015}}</ref> Il Pallavicino lo chiama a [[Napoli]] il 1 ottobre, pochi giorni prima della sua nomina a prodittatore, allo scopo di avere un fondamentale sostegno alla sua idea di un [[plebiscito]] per l'annessione incondizionata delle [[Regno delle due Sicilie|province napoletane]] al [[Regno d'Italia]]. Pallavicino e Caranti devono infatti schierarsi contro l'idea di [[Francesco Crispi]], appoggiata da [[Carlo Cattaneo]] ma non da [[Garibaldi]], per un [[assemblea costituente]] destinata a fissare i termini e le condizioni dell'annessione.<ref>{{cita|Pallavicino|Pag. 462}}{{sp}}A Napoli il governo provvisorio di Garibaldi è in gran parte nelle mani dei fedeli di Cavour. Crispi, che arriva in città a metà settembre, insiste con il generale e ottiene di concentrare il potere nelle sue mani. Tuttavia, la spinta rivoluzionaria che ha animato la spedizione va affievolendosi, specie dopo la battaglia del Volturno. Per rafforzare la sua posizione presso Vittorio Emanuele II, Garibaldi nomina il 3 ottobre 1860 Giorgio Pallavicino prodittatore, affidando quindi il governo ad un fedele sostenitore di casa Savoia. Costui definisce Crispi incompatibile con la carica di Segretario di Stato. Intanto Cavour ha dichiarato che nell’Italia meridionale non avrebbe accettato altro che l’annessione incondizionata al Regno di Sardegna mediante plebiscito. Crispi, che ha ancora la speranza di far proseguire la rivoluzione per riscattare Roma e Venezia, si oppone, proponendo di far eleggere al popolo un’assemblea parlamentare. A lui si affianca Carlo Cattaneo. Preso fra due fuochi, Garibaldi dichiara che la decisione sarebbe spettata ai due prodittatori di Sicilia e di Napoli, Mordini e Pallavicino. Entrambi optano per il plebiscito e Crispi, dopo la riunione decisiva del 13 ottobre di palazzo d’Angri, si dimette dal governo di Garibaldi. (Per le posizioni di Crispi si veda in Christopher Duggan, Creare la nazione. Vita di Francesco Crispi, Roma-Bari, Laterza, 2000 pag. 249-256)</ref>
Il 13 ottobre [[1860]] Crispi, politicamente sconfitto sulla proposta della costituente, rassegna le sue dimissioni da ministro dell'Interno e delle Finanze nel Consiglio dei segretari di Stato, formato da Garibaldi in appoggio alla sua dittatura. Nello stesso giorno Caranti viene chiamato a sostituirlo, non senza il risentimento di Cavour. La sua ostilità, anzi, aumenta a dismisura quando, cessata la dittatura e tornato Pallavicino in [[Piemonte]], viene insediato quale funzionario del ministero dell'agricoltura pur continuando ad occuparsi della segreteria degli altri ministeri. Non potendolo rimuovere, a causa della considerazione che aveva per lui casa Savoia, lo statista piemontese rifiuta di trasmettere al re una proposta di ricompensa.<ref>{{cita web|http://www.treccani.it/enciclopedia/biagio-caranti_(Dizionario_Biografico)|Biagio Caranti, Dizionario Biografico Treccani|22 giugno 2015}}</ref>
[[File:Francesco Hayez 041.jpg|left|thumb|194x194px|Il conte di Cavour]]
{{Citazione|''Ieri nell'aprire il corriere di Napoli rimasi stupefatto, quantunque io non mi stupisca più quasi, nel trovare una quantità di lettere a me dirette, firmate Biagio Carranti! Io professo il perdono delle ingiurie, e lo pratico su larga scala. Ma io non credo che il precetto domenicale possa andare sin al punto di sopportare che un ragazzaccio che conta un anno di servizio, che or son sei mesi volevamo voi ed io cacciare dal modesto impiego d'applicato di terza classe per atto inaudito d'insolenza, mi tratti quasi alla pari. L'innalzarlo al posto di reggente della Secreteria degli Esteri è, lasciate ch'io vel dica, una vera enormità, che sconvolge ogni idea di gerarchia nei nostri Dicasteri. Vi supplico adunque di dispensarmi dal carteggiare con lui. Fatelo Governatore civile di Napoli, se così credete, ma toglietelo dagli Esteri, giacché se ivi rimanesse dovrei tosto richiamare Negri, Villamarina, Fasciotti per non sottoporli all'umiliazione di dipendere da Biaggio Carranti''|Lettera di Cavour a Farini del 29
=== In Calabria, il ritorno a Torino ===
[[File:Garibaldi aspromonte.jpg|
Relegato ad un ruolo più modesto Caranti compone a Napoli il ''Catechismo politico ad uso del popolo dell'Italia meridionale'', una riedizione di quello destinato ai contadini piemontesi con gli opportuni adattamenti.<ref>{{cita|Ottolenghi|Pag. 33}}</ref>}} Da una sua lettera indirizzata a [[Terenzio Mamiani]]<ref>{{cita|Caranti|Pag. 245-253}}</ref>}} si apprende che attraverso quest'opera mira ad un incarico di prestigio presso il ministero della Pubblica Istruzione, per introdurre nelle scuole lo studio di appositi catechismi politico-sociali e agrari composti in semplice forma dialogica.<ref>{{cita web|http://www.treccani.it/enciclopedia/biagio-caranti_(Dizionario_Biografico)|Biagio Caranti, Dizionario Biografico Treccani|22 giugno 2015}}</ref> Si reca invece a [[Palermo]], nuovamente chiamato dal Pallavicino a prestare la sua collaborazione nel periodo in cui, dal 16 aprile al 15 luglio [[1862]], ricopre la carica di [[Prefetto]] di quella città. Il Pallavicino è costretto a dare le dimissioni per l'appoggio dato a [[Garibaldi]], che ha deciso di marciare dalla Sicilia fino a Roma per cacciare [[Pio IX]] e che è stato invece fermato dall'[[esercito regio]] sull'[[Giornata dell'Aspromonte|Aspromonte]], dove viene anche ferito alla gamba.
A seguito di questo episodio pubblica l'opuscolo ''La nuova Roma'', una sua proposta oltremodo originale per risolvere la [[questione romana]] attraverso la costruzione di una nuova città al confine dello [[Stato Pontificio]], da battezzare Vittoria e proclamare capitale del Regno.<ref>{{cita|Caranti|Pag. 122-136}}</ref>}}
[[File:Alfonso La Marmora.jpg|right|thumb|244x244px|Alfonso La Marmora.]]
Terminata l'esperienza siciliana torna a [[Torino]] dove, venuto a mancare Cavour l'anno precedente, può ora ambire ad un incarico di prim'ordine al ministero dell'Agricoltura, Industria e Commercio, dove diventa capo della I divisione.<ref>{{cita web|http://www.treccani.it/enciclopedia/biagio-caranti_(Dizionario_Biografico)|Biagio Caranti, Dizionario Biografico Treccani|22 giugno 2015}}</ref> In questa veste predispone un ambizioso progetto per l'acquisto dagli inglesi delle [[Isole Nicobare]], nell'[[Oceano Indiano]], per stabilirvi una colonia penale che, ben organizzata e curata, avrebbe potuto raggiungere l'indipendenza economica nel giro di tre anni. La ''Relazione sulla convenienza della colonizzazione penitenziera''<ref>{{cita|Caranti|Pag. 37-61}}</ref>}} viene tuttavia respinta dal ministro, [[Luigi Torelli]], e dal capo del governo, [[Alfonso La Marmora]]. Lo stesso ministro lo invia di li a poco a [[Suez]] quale ufficiale rappresentante del ministero al congresso internazionale del [[1865]]. Da questa partecipazione nasce l'opuscolo ''Relazione sullo stato dei lavori dell’Istmo di Suez al Congresso Internazionale di Suez'', scritto in primo luogo quale relazione al ministro ma al contempo diffuso anche al grande pubblico, essendo la grandiosa impresa egiziana spesso trattata dai giornali dell'epoca.<ref>{{cita|Caranti|Pag. 63-74}}</ref>}}
=== La terza guerra di'indipendenza ===
[[File:Italia 1861-it.svg|thumb|float|left|220x220px|L'Italia prima della terza guerra di Indipendenza: in azzurro il Regno d'Italia, in viola lo Stato Pontificio, in verde il Veneto austriaco, in blu le regioni passate alla Francia nel 1860.]]
Nel [[1866]] scoppia la [[Terza guerra d'indipendenza italiana|terza guerra d'indipendenza]], combattuta contro l'[[Impero austriaco]] dal 20 giugno al 12 agosto, fronte meridionale della più ampia [[guerra austro-prussiana]]. Il Caranti chiede al generale La Marmora di poter organizzare un corpo di guardie forestali dipendente dal suo ufficio, con le quali andare a combattere in [[Trentino]]. Al diniego torna a collaborare col generale Turr, che nello stesso periodo preme per l'organizzazione di una spedizione militare nella [[Balcani|penisola balcanica]], dove le truppe italiane avrebbero trovato l'appoggio di serbi, rumeni e patrioti ungheresi anti-austriaci.
== Note ==
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