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Prima di dedicarsi definitivamente alle banche, tuttavia, Caranti tenta la scalata alla carriera politica. Il 18 giugno [[1874]] è eletto [[consigliere comunale]] di [[Torino]] (carica che mantiene fino alla morte), il 15 novembre successivo viene eletto [[deputato]] nel collegio elettorale di [[Cuneo]], territorio in cui ha proprietà e interessi provenienti da sua moglie, la nobildonna Luigia Luant Avena, originaria di [[Pesio]], sposata in barba alle sue convinzioni giacobine e rivoluzionarie. Alla [[Camera del Regno|camera]] appoggia il [[Governo Minghetti II|governo]] di [[Marco Minghetti]] ma il sostegno ad alcuni provvedimenti (arresti di Villa Ruffo<ref>{{cita web|http://www.treccani.it/enciclopedia/biagio-caranti_(Dizionario_Biografico)|Biagio Caranti, Dizionario Biografico Treccani|22 giugno 2015}}Villa, non più esistente presso Rimini, in cui nell’agosto 1874 si riuniscono i principali esponenti del Partito repubblicano per tracciare un programma d’azione in vista delle imminenti elezioni politiche. Il governo Minghetti, con il pretesto che il convegno fosse in realtà un complotto, fa arrestare i 28 partecipanti, che sono prosciolti e liberati dopo pochi mesi.</ref>, [[exequatur]] dei vescovi, inasprimento della [[pubblica sicurezza]]), gli aliena amicizie ed appoggio elettorale, tanto che alle successive elezioni viene sconfitto sia a Cuneo, sia al collegio di Torino IV.
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==== La rifondazione della Banca Italo-Germanica ====
[[File:Giovanni Battista Bottero.jpg|thumb|float|left|200x200px|Giovanni Battista Bottero.]]
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[[File:Sommer, Giorgio (1834-1891) - View of Forte Sant'Elmo.jpg|thumb|float|left|200x200px|La collina del [[Vomero]] in una foto ottocentesca.]]
[[File:Funicolare1.jpg|thumb|float|left|200x200px|Il nome della Banca Tiberina sulla stazione inferiore della Funicolare al Vomero.]]
Caranti adotta una strategia che da una parte deve gettare fumo negli occhi degli azionisti (alienazione di 1.131,25 mq di terreni nel [[1878]], 8.816 mq nel [[1879]]), mentre dall'altra fa incetta di vaste aree fabbricabili più o meno individuate e destinate dai piani regolatori, da rivendere a prezzo speculativo ai costruttori assieme a quelle ereditate dalla Italo-Germanica.<ref>{{cita|Palermo|Pag. 145}}</ref> Il ricavato delle vendite e l'aumento del [[capitale sociale]] della Tiberina da 10 a 15 milioni in 20.000 nuove azioni, tuttavia, non coprono il fabbisogno di fondi necessario agli acquisti e alla gestione del patrimonio, ciò che comporta l'apertura di due distinte linee di credito col [[Banco di Sconto e Sete]] e con la [[Banca Nazionale del Regno d'Italia]].<ref>{{cita web|http://www.treccani.it/enciclopedia/biagio-caranti_(Dizionario_Biografico)|Biagio Caranti, Dizionario Biografico Treccani|22 giugno 2015}}</ref><ref>{{cita|Polsi|Pag. 147}}</ref>
==== Verso la crisi immobiliare ====
I primi risultati danno comunque ragione alla strategia speculativa del Presidente. Nel periodo [[1882]]-[[1884]] la Tiberina vede anzitutto salire alle stelle il valore dei terreni ai Prati di Castello, dove il piano regolatore del [[1883]] posiziona il nuovo [[Palazzo di Giustizia (Roma)|palazzo di giustizia]] di Roma (la cui area è venduta alla Marotti & Frontini) e le caserme lungo l'attuale viale delle Milizie. Altro grande affare, condotto col [[Banco di Napoli]], è l'acquisto di 63.567,76 mq di terreno sulla collina napoletana del [[Vomero]], dove si costruisce un nuovo quartiere basato sulle teorie urbanistiche del [[Barone Haussmann]], già seguite a [[Roma]] per l'Esquilino e per il costruendo quartiere industriale di [[Testaccio]].<ref>{{cita|Landi|Pag. 2}}</ref> Col quartiere
[[File:
[[File:Girolamogiusso.gif|thumb|float|right|200x200px|Girolamo Giusso, direttore generale del Banco di Napoli.]]
Nella realtà le cose si stanno mettendo male, e non solo per la Banca Tiberina. Il sistema bancario nel suo complesso ha erogato centinaia di milioni di lire per finanziamenti al lungo e lunghissimo termine, in particolare nella grande industria e nelle ferrovie, ed è corto di liquidità sia per le operazioni correnti che per l'erogazione del credito ai clienti. Lo stesso Caranti ne è consapevole e nel [[1886]] effettua un secondo aumento del [[capitale sociale]], raddoppiandolo a 40 milioni di lire in 60.000 nuove azioni allo scopo di disporre di una riserva di denaro fresco, da destinare principalmente alla gestione del credito fondiario.<ref>{{cita|Palermo|Pag. 145}}</ref>.<ref>{{cita|Polsi|Pag. 148}}</ref> Tale gestione non entra però in funzione per l'avvio della crisi, e nel destino avverso dell'istituto pesa anche il rifiuto della Banca Nazionale di erogare mutui ai costruttori indicati dallo stesso, che si impegna a garantirli con una copertura totale di 10 milioni, e il defilamento del [[Banco di Napoli]] dagli investimenti partenopei.
==== Il fallimento ====
[[File:Portapia bersagliere.jpg|thumb|float|left|200x200px|Gli edifici costruiti dalla Banca Tiberina all'inizio di via Nomentana, a Roma.]]
[[File:Metallurgica italiana.jpg|thumb|float|left|200x200px|Uno stabilimento della Società Metallurgica Italiana.]]
Nel frattempo la speculazione sulle aree fabbricabili ha raggiunto livelli esplosivi. Le vendite di aree fabbricabili si dimezzano dai 436.267,29 mq del [[1885]] a 218.764,67 mq del [[1887]]. Il calo è in parte compensato dall'aumento vertiginoso dei prezzi ma al contempo sono fortemente aumentati i crediti concessi ai costruttori (da 3.500.269,74 lire del 1884 a 6.025.084 lire del 1885 fino ai 14.157.779 del 1886).<ref>{{cita|Palermo|Pag. 151}}</ref> Sono decine di milioni di lire teoricamente immobilizzati al medio periodo (i due-tre anni necessari alle costruzioni), che la banca rischia di non poter più recuperare. A beneficio della situazione interna interviene la decisione dello Stato di riscattare la Società nazionale industrie meccaniche di [[Napoli]] e l'accordo a tre Banca Tiberina-Geisser & C.-[[Banco di Sconto e Sete]] per la fondazione della ''Società metallurgica italiana'' (attuale Km Europa Metal, promossa del gruppo francese H. Mayer-La Veissière-Biver), ma ciò non vale a risolvere i problemi, che sono di natura strutturale.<ref>ibidem</ref>
Nel [[1888]], infatti, Caranti vanta un utile di bilancio di 3.112.610,53 lire e la distribuzione di un dividendo di 24 lire per azione, in ribasso rispetto agli anni precedenti, ma le stesse azioni subiscono in borsa un calo da 720 a 374 lire. La banca vanta circa 52 milioni di lire in crediti ipotecari e poco più di 19 in immobili di proprietà, ma entrambi sono solo cifre su un pezzo di carta. Il tentativo di mantenere la fiducia di azionisti e clienti fallisce miseramente, ed anzi inizia una corsa al ritiro dei depositi da parte dei cittadini, il cui ammontare scende da oltre 4 milioni a 1.100.000 lire. La contemporanea crisi del [[Banco di Sconto e Sete]] (che riflette quella dell'impero economico di Geisser), da un colpo decisivo alla situazione già esplosiva della Tiberina, che vede andare in fumo altri 19 milioni di lire dovuti dall'istituto torinese. Il Caranti, ormai pressato da una situazione insostenibile, tenta nuovamente di riconquistare la fiducia perduta pubblicando sul quotidiano l'Opinione (edizione del 24 luglio [[1889]]), l'annuncio che "''un gruppo di poderosi capitalisti di Londra sarebbe stato disposto a dare un sussidio di 20 milioni, elevabili a 60 in caso di bisogno, alla Tiberina, la quale sarebbe divenuta una Banca italo-inglese con facoltà di occuparsi specialmente di costruzioni ferroviarie''"<ref>{{cita web|http://www.treccani.it/enciclopedia/biagio-caranti_(Dizionario_Biografico)|Biagio Caranti, Dizionario Biografico Treccani|22 giugno 2015}}</ref><ref>{{cita|Polsi|Pag. 147}}</ref> ma la comunicazione, resoconto di una richiesta di aiuto inoltrata alla [[Banca Nazionale del Regno d'Italia]], viene vanificata dal suicidio del comm. Corrado Noli, vice-presidente del [[Banco di Sconto e Sete]] e consigliere d'amministrazione della Tiberina.<ref>
[[File:Giacomo Grillo.jpg|thumb|float|right|200x200px|Giacomo Grillo, Presidente della Banca Nazionale del Regno d'Italia.]]
Senza più spazi di manovra, mentre costruttori e imprenditori finanziati dichiarano fallimento uno dietro l'altro, Caranti si rivolge a [[Giovanni Giolitti]], al momento ministro del tesoro, perché interceda con [[Crispi]] per un intervento di salvataggio da parte della Banca Nazionale, che dopo ripetute iniezioni di liquidità aveva cessato ogni aiuto. Il piano di salvataggio viene inoltrato al suo Presidente, [[Giacomo Grillo]], e a Girolamo Giusso e prevede un intervento di 16 milioni di lire ripartito in pari quota tra le due banche. Il disaccordo di Giusso e i temporeggiamenti di Grillo dilungano la pratica al punto che la Tiberina è costretta a chiudere gli sportelli (24 agosto), seguita due giorni dopo dal Banco di Sconto e Sete. Solo grazie ad un intervento diretto di Giolitti viene alfine erogato un intervento di 44,6 milioni (40 dei quali della Banca Nazionale), dei quali 14 già erogati in precedenza, diciotto per saldare i debiti del Banco di Sconto e Sete e tre per onorare i mutui contratti dai costruttori.
I nove rimanenti, destinati ai cantieri in corso, servono solo a prolungare l'agonia della Tiberina, che ha garantito il prestito con un ipoteca sull'intero patrimonio e non può più onorare nemmeno gli interessi sui prestiti. L'esercizio del [[1889]] si chiude con una perdita di 3.984.877,06 lire, un colpo dal quale la Tiberina non si riprende. Coi depositi che scendono a meno di 400.000 lire e il mercato edilizio e immobiliare sempre più in crisi Caranti da il colpo di grazia all'istituto contrattando un ulteriore prestito di 3.715.044,43 lire, negoziato nel [[1890]] dopo una ulteriore perdita di 3.715.044,43 lire. Stava per giustificare questa ennesima azione con gli azionisti quando viene a mancare il 27 marzo [[1891]].
La Banca Tiberina viene messa in liquidazione tre giorni dopo.
== Note ==
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== Voci correlate ==
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*[[Aurelio Bianchi-Giovini]]
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{{portale|aziende|biografie|economia|risorgimento|storia d'Italia}}
[[Categoria:Deputati della XII Legislatura del Regno d'Italia]]
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