Demade: differenze tra le versioni
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Demade era una persona di umili origini e si diceva che avesse lavorato una volta come semplice [[marinaio]],<ref>{{cita|Quintiliano|II, 17, 12}}.</ref> ma riuscì ad ottenere i primi impieghi nel governo di [[Antica Atene|Atene]] grazie alla sua eloquenza e alla sua abilità. Egli apparteneva al partito filomacedone ed era un acerrimo nemico di [[Demostene]], con il quale si scontrò già all'epoca della guerra contro [[Olinto]] nel [[349 a.C.]] e con cui intrattenne relazioni ostili fino alla morte: quando, su consiglio di [[Antipatro (generale)|Antipatro]] e [[Cratero]], Demostene e i suoi sostenitori dovettero lasciare Atene, Demade convinse il popolo ad emanare una sentenza di morte contro di loro.<ref>{{cita|Plutarco|28|Dem|titolo=Vite parallele: Demostene}}.</ref>
Fu fatto prigioniero da [[Filippo II di Macedonia]] durante la [[Battaglia di Cheronea (338 a.C.)|battaglia di Cheronea]], nel [[338 a.C.]], ma dopo lo scontro, quando il re esaminò i prigionieri, Demade dimostrò a Filippo la sua cattiva condotta con franchezza ma educazione e seppe conquistarsi la stima del re macedone, che non solo liberò lui, ma anche tutti i prigionieri ateniesi senza chiedere riscatto e concluse un [[Pace di Demade|trattato di
Demade mantenne la stessa condotta anche nei confronti di [[Alessandro Magno]], figlio e successore di Filippo, e il suo eccessivo zelo verso di lui costrinse gli Ateniesi, incapaci di sopportarlo, a multarlo pesantemente.<ref>{{cita|Eliano|V, 12}}.</ref><ref>{{cita|Ateneo|VI, 251}}.</ref> Quando [[Arpalo]] giunse ad Atene Demade si fece subito corrompere.<ref>{{cita|Dinarco|89}}.</ref> Più tardi, quando Alessandro chiese che gli venissero consegnati gli oratori che avevano istigato il popolo contro di lui, Demade venne corrotto dai sostenitori di Demostene con cinque talenti per salvare lui e gli altri oratori con la sua influenza. Il popolo approvò un decreto in cui il popolo discolpava gli oratori ma prometteva di consegnarli se fossero stati ritenuti colpevoli; quindi Demade, insieme a pochi altri, fu inviato come ambasciatore ad Alessandro e indusse il re a perdonare gli Ateniesi e i loro oratori.<ref>{{cita|Diodoro|XVII, 15}}.</ref><ref>{{cita|Plutarco|23|Dem|titolo=Vite parallele: Demostene}}.</ref>
Nel [[331 a.C.]] Demade ebbe la gestione di una parte del tesoro di Atene, e quando il popolo gli chiese una somma di denaro per sostenere chi si era ribellato contro Alessandro, Demade li persuase a desistere. Il suo operato politico proseguì facendo gli interessi macedoni ma accettando talvolta tangenti dal partito opposto; in questo modo accumulò grandi ricchezze che vennero però sperperate per la sua vita stravagante e dissoluta. Egli giunse persino a violare alcune leggi, venendo pesantemente multato, una volta anche con l'''atimia'', il disonore.
Nel [[322 a.C.]], quando [[Antipatro (generale)|Antipatro]] marciò con l'esercito contro Atene, il popolo, terrorizzato dato che non aveva nessuno che potesse trattare con il generale, ritirò l'accusa di atimia nei confronti di Demade e lo inviò, insieme a [[Focione]] e altri, come ambasciatore ad Antipatro, che però, forse su incitazione di Demade, rifiutò di concedere la pace se non con una completa sottomissione della città.<ref>{{cita|Diodoro|XVIII, 18}}.</ref><ref>{{cita|Pausania|VII, 10, 1}}.</ref> Nel [[318 a.C.]], mentre Antipatro era malato in Macedonia, gli Ateniesi, che mal sopportavano la pressione della guarnigione macedone in città, gli inviarono Demade come ambasciatore con una petizione per rimuovere il presidio. Antipatro dapprima fu incline ad accettare la richiesta, ma quando Demade se ne andò, scoprì alcune lettere inviate da Demade a [[Perdicca]] in cui l'oratore lo esortava a venire in Europa ed attaccare Antipatro. Questo dapprima mantenne segreta la sua scoperta, ma quando Demade tornò per sapere la risposta, lo fece imprigionare insieme a suo figlio Demea, che lo aveva accompagnato, e li fece mettere a morte,<ref>{{cita|Diodoro|XVIII, 48}}.</ref><ref>{{cita|Ateneo|XIII, 591}}.</ref> secondo [[Plutarco]] per mezzo di suo figlio [[Cassandro I|Cassandro]].<ref>{{cita|Plutarco|20|Foc|titolo=Vite parallele: Focione}}.</ref>
Avversario accanito di [[Demostene]], propose il decreto che lo condannava a morte. In seguito, dopo aver tradito [[Antipatro (generale)|Antipatro]] in favore di [[Perdicca]], fu condannato a morte da [[Cassandro I|Cassandro]], figlio di Antipatro.
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