Cinzia Banelli: differenze tra le versioni

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== L'arresto ==
La Banelli venne arrestata, il 24 ottobre [[2003]], assieme ad altri sette presunti brigatisti: [[Laura Proietti]], [[Federica Saraceni]], [[Paolo Broccatelli]], [[Roberto Morandi]], [[Marco Mezzasalma]] e Alessandro Costa. Tutti vennero accusati di partecipazione a banda armata, nell'ambito dell'inchiesta per l'[[omicidio di Massimo D'Antona]] condotta dai [[Giudice per le indagini preliminari|Gip]] Pietro Saviotti e Franco Ionta.<ref>[http://ricerca.repubblica.it/repubblica/archivio/repubblica/2005/06/08/antona-saraceni-nega-tutto.html D'Antona, Saraceni nega tutto - La Repubblica, 8 giugno 2005]</ref>
 
== Il pentimento ==
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Nel processo per l'omicidio del giurista [[Omicidio di Marco Biagi|Marco Biagi]], ucciso che la sera del 19 marzo [[2002]], e in cui la Banelli partecipò facendo da staffetta, venne condannata a quindici anni e 4 mesi di reclusione, sentenza annullata dalla Cassazione perché non le era stata riconosciuta l’attenuante della collaborazione. Nel marzo del [[2008]], nel nuovo processo d’appello, venne quindi condannata definitivamente a dieci anni e 5 mesi.
 
Nella sua testimonianza, la Banelli, raccontò di come i brigatisti vennero agevolati dal fatto che Biagi girava senza protezione dopo che, qualche mese prima, gli era stata revocata la scorta: "Se Marco Biagi avesse avuto la scorta non saremmo riusciti ad ucciderlo. Per noi due persone armate costituivano già un problema. Non eravamo abituati ai veri conflitti a fuoco. Avremmo dovuto fare più attenzione, osservare possibili cambiamenti nella situazione del professore. Dovevamo controllare che non fosse solo. Invece arrivò alla stazione di Bologna da solo."<ref>[http://www.repubblica.it/2004/i/sezioni/cronaca/brigaterosse5/pentifiglio/pentifiglio.html ''Se Biagi avesse avuto una scorta sarebbe ancora vivo'', 21 febbraio 2005] su [[La Repubblica]]</ref>
 
La sua decisione di pentirsi le ha permesso di ottenere la libertà condizionata nel [[2006]]. Il 15 aprile del [[2009]], il Tribunale di sorveglianza di [[Roma]], le ha concesso gli arresti domiciliari: secondo il programma di protezione riservato dal Viminale ai collaboratori di giustizia, le è stata quindi assegnata una nuova identità, trasferita in una località segreta e riconosciuto un sussidio.<ref name="mamma"/>