Manio Valerio Voluso Massimo: differenze tra le versioni

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Manio Valerio, nonostante i Sabini in quel momento rappresentassero la minaccia più temibile per i romani, ne ebbe facilmente ragione, ottenendo per questo il trionfo.
 
{{Quotecitazione|''...Lanciatosi all'attacco con la cavalleria, aveva fatto il vuoto nel centro dell'esercito nemico, rimasto troppo scoperto per l'eccessiva apertura a ventaglio delle due ali. Nel bel mezzo di questo disordine subentrarono i fanti all'assalto. Con un solo e unico attacco presero l'accampamento e misero fine alla campagna.....''|[[Tito Livio]], [[Ab Urbe condita libri]], [http://la.wikisource.org/wiki/Ab_Urbe_Condita/liber_II lib. II, par. 31]}}
 
Anche gli eserciti guidati da Tito Veturio e Aulo Verginio ebbero ragione dei propri nemici, e gli eserciti poterono tornare a romana, con la speranza che le promesse fossero mantenute.
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Infatti Manio Valerio, che non aveva dimenticato le questioni interne relative ai problemi dei debitori, portò il tema nuovamente all'attenzione del senato, chiedendo un pronunciamento definitivo sulla insolvenza per debiti. Visto che la richiesta non fu approvata, Manio Valerio si dimise da Dittatore e Tito Veturio ed Aulo Verginio rientrarono nella pienezza dei loro poteri consolari fino alla fine dell'anno.
 
{{Quotecitazione|''...Infatti Valerio, dopo il rientro del console Vetusio, diede precedenza assoluta alla causa del popolo vincitore, portandola all'attenzione del senato e chiedendo un pronunciamento definitivo sugli insolventi per debiti. Visto che la richiesta non fu approvata, disse: «Io non vi vado a genio perché cerco di ricomporre la frattura. Tra pochi giorni, ve lo garantisco, desidererete che la plebe abbia dei difensori come me. Per quel che mi riguarda, non ho intenzione di prendere ulteriormente in giro i miei concittadini né di continuare a fare il dittatore solo in teoria. Questa magistratura era l'unica soluzione per uno Stato diviso tra urti interni e una guerra da combattere all'esterno: fuori è tornata la pace, mentre in città si fa di tutto per ostacolarla. Interverrò nei disordini da privato cittadino piuttosto che da dittatore.» Uscì quindi dalla curia e rassegnò le dimissioni....''|[[Tito Livio]], [[Ab Urbe condita libri]], [http://la.wikisource.org/wiki/Ab_Urbe_Condita/liber_II lib. II, par. 31]}}
 
In questo contesto si realizzò la [[Secessio_plebis#Secessione_del_494|secessione dei plebei]], che per protesta si ritirano sul Monte Sacro, tre miglia fuori Roma sulla destra dell'Aniene dove fortificarono un campo.<ref>[[Tito Livio]], ''[[Ab urbe condita libri|Ab urbe condita]], II.32''</ref>, secessione che rientrò a seguito dell'intervento di [[Menenio Agrippa]] che rivolse ai fuoriusciti il famoso [[apologo|apologo delle membra e dello stomaco]].