Codici di Leonardo da Vinci: differenze tra le versioni
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{{citazione
|Questo gentilhomo ha composto de notomia tanto particularmente con la demonstratione de la pictura si de membri come de muscoli, nervi, vene, giunture, d'intestini tanto di corpi de homini come de done, de modo non è stato mai facto anchora da altra persona. Il che habbiamo visto oculatamente et già lui ne dixe haver facta notomia de più de xxx corpi tra masculi et femine de ogni età. Ha anche composto la natura de l'acque, de diverse machine et altre cose, secondo ha riferito lui, infinità di volumi et tucti in lingua vulgare, quali se vengono in luce saranno proficui et molto delectevoli
|Antonio de Beatis, 10 ottobre 1517<ref>{{cita|Beltrami 1919|p. 149}}.</ref>}}
Nel 1519, alla morte di Leonardo, un numero di codici imprecisato divenne di proprietà di [[Francesco Melzi]], come suo erede. Fu egli probabilmente a realizzare il ''Libro di pittura'' (1546 circa, poi pubblicato come ''[[Trattato della pittura]]''), che al termine riporta un elenco di 18 manoscritti di Leonardo sull'argomento.
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{{citazione
|Fu creato de Leonardo da Vinci et herede, et ha molti de suoi secreti, et tutte le sue opinioni, et dipinge molto ben per quanto intendo, et nel suo ragionare mostra d’haver iuditio et è gentilissimo giovane. [...] Credo ch'egli habbia quelli libricini de Leonardo de la Notomia, et de molte altre belle cose.
|da una lettera da Milano ad [[Alfonso I d'Este]], duca di Ferrara, 6 marzo 1523<ref>{{cita|Beltrami 1919|pp. 159-160}}.</ref>}}
Parte del materiale leonardesco venne però disperso in varie mani. Si trovano la citazione di un manoscritto (oggi disperso) che nel 1566 era nella biblioteca lasciata da Adolfo II Piccolomini, duca di Amalfi.<ref>{{cita pubblicazione|autore=Agatino d'Arrigo|titolo=Un frammento inedito di Leonardo sulla meccanica ondulatoria|rivista=Rivista di ingegneria|anno=1958|numero=2|pp=151–156}}</ref> Nel 1586 Giorgio Vasari indicava che «sono nelle mani di ... (''sic'') pittor milanese alcuni scritti di Lionardo, pur di caratteri scritti con la mancina a rovescio, che trattano della pittura e de' modi del disegno e colorire. Costui non è molto, che venne a Fiorenza a vedermi, desiderando stampar questa opera, e la condusse a Roma per dargli esito, né so poi che di ciò sia seguito»;<ref>{{cita libro|autore=G. Vasari|capitolo=[[s:Le vite de' più eccellenti pittori, scultori e architettori (1568)/Lionardo da Vinci|Lionardo da Vinci|Leonardo da Vinci]]|titolo=Le vite de' più eccellenti pittori, scultori e architettori|anno=1568}}</ref> questo pittore milanese era forse [[Giovanni Paolo Lomazzo]] oppure [[Aurelio Luini]].<ref>{{cita libro|autore= C. Pedretti|titolo=Studi vinciani: documenti, analisi e inediti leonardeschi|anno=1957|p=66}}</ref> Altro testo oggi disperso venne citato nel ''Trattato'' del 1584 dal Lomazzo quando riferisce di «un suo libro letto da me questi anni passati che egli scrisse di mano stanca à prieghi di [[Lodovico Sforza]], duca di Milano, in determinatione di questa questione se è più nobile la pittura o la scoltura».<ref>{{cita libro|autore=G.P. Lomazzo|titolo=Trattato dell'arte della pittura, scoltura, et architettura|anno=1584|p=158|url=https://archive.org/stream/trattatodellarte00loma#page/158/mode/2up/search/sforza}}</ref>
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[[File:Giovanni Ambrogio Mazenta.jpg|thumb|Giovanni Ambrogio Mazenta]]
Grazie a una breve cronaca lasciata da [[Giovanni Ambrogio Mazenta]], è possibile ricostruire, anche se in modo vago, le vicende di parte dei testi.<ref>{{cita|Gramatica|pp. 27-49}}.</ref> La famiglia Melzi aveva come insegnante Lelio Gavardi d'Asola, che attorno al 1587 sottrasse 13 libri di Leonardo per portarli a [[Firenze]] al granduca [[Francesco I de' Medici|Francesco]]. Essendo però morto il granduca, il Gavardì si trasferì a [[Pisa]] insieme ad [[Aldo Manuzio il Giovane]], suo parente; qui incontrò il Mazenta, al quale lasciò i libri affinché li restituisse alla famiglia Melzi. Il Mazenta li portò a Orazio Melzi, che però non si interessò del furto e gli donò i libri, che egli consegno al fratello. [[Pompeo Leoni]], informato della presenza dei libri, li chiese a Orazio Melzi per il re [[Filippo II di Spagna|Filippo II]]; ottenne la restituzione anche di sette volumi dai Mazenta, mentre a quest'ultimo ne rimasero sei. Uno di questi ultimi (noto come ''manoscritto C'')venne donato all'arcivescovo [[Federico Borromeo]] e passò alla [[Biblioteca Ambrosiana]]; un altro (oggi perduto) fu donato al pittore [[Ambrogio Figino]] e fu poi ereditato da Ercole Bianchi; un terzo manoscritto (anch'esso perduto) fu donato da Mazenta a [[Carlo Emanuele I di Savoia]]. In seguito Pompeo Leone, già in possesso di diversi manoscritti, ottiene anche gli ultimi tre posseduti dai Mazenta.
Leoni smembrò diversi volumi in suo possesso per formarne di nuovi, come il [[Codice Atlantico]] e la [[Raccolta di Windsor]].
=== Spoliazioni napoleoniche ===
Nel 1796 Napoleone ordinò lo spoglio di tutti gli oggetti artistici o scientifici che potevano arricchire musei e biblioteche di Parigi. Il 24 maggio il commissario di guerra Peignon si presentava all'Ambrosiana insieme a Pierre-Jacques Tinet com l'elenco degli oggetti di cui doveva impossessarsi, fra cui «le carton des ouvrages de Leonardo d'Avinci (sic)». Le casse contenenti gli oggetti d'arte tolti a Milano erano state spedite a Parigi il 29 maggio, ma giunsero solo il 25 novembre. Il 14 agosto venne stabilito che la cassa n. 19 contenente il Codice Atlantico fosse portata alla ''[[Bibliothèque nationale de France]]''; all{{'}}''[[Institut de France]]'' era destinata invece altra cassa contenente «Douze petits manuscritz de Léonard de Vinci sur les sciences» (manoscritti A-M).<ref>{{cita|Beltrami 1895|p. 29}}.</ref>
Quando le truppe alleate occuparono Parigi nel 1815, ognuna delle potenze interessate affidò ad un proprio Commissario l'incarico di ricuperare gli oggetti d'arte di cui era stata spogliata; il barone di Ottenfels, incaricato dall'[[Impero austriaco|Austria]] di riprendere gli oggetti d'arte tolti alla Lombardia, essendo questa ritornata sotto il dominio austriaco, non ottenne tutti i codici vinciani sottratti dalla Biblioteca Ambrosiana, benchè ne avesse una nota esatta. Quando si presentò alla ''Bibliothèque nationale'', vi trovò solo il Codice Atlantico; invece di cercare di rintracciare e riavere gli altri manoscritti, si accontentò di tre altri volumi (vecchie copie di codici vinciani che considerò originali) e il 5 ottobre 1815 rilasciò la ricevuta dei volumi «a eccezione di nove volumi manoscritti di mano di Leonardo da Vinci, che secondo la dichiarazione dei signori conservatori non sarebbero mai arrivati alla Biblioteca del Re» («à l'exception de neuf volumes mss. de main de Leonardo da Vinci, lesquels d'après la déclaration de messieurs les conservateurs, ne seraient point arrivés à la Ribliothèque du Roi».<ref>{{cita|Beltrami 1895|p. 30}}.</ref>
=== Guglielmo Libri ===
{{...}}
== Codici ==
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== Bibliografia ==
* {{cita libro|autore=L. Beltrami|wkautore=Luca Beltrami|titolo=La Biblioteca Ambrosiana. Cenni storici e descrittivi|città=Milano|anno=[1895]}}
* {{cita libro|autore=L. Beltrami|titolo=Documenti e memorie riguardanti la vita e le opere di Leonardo da Vinci in ordine cronologico|città=Milano|anno=1919|url=http://digi.ub.uni-heidelberg.de/diglit/beltrami1919|cid=Beltrami 1919}} * {{cita libro|autore=L. Gramatica|titolo=Le memorie su Leonardo da Vinci di don Ambrogio Mazenta|città=Milano|anno=1919|cid=Gramatica}}
* {{cita libro|autore=C. Pedretti|wkautore=Carlo Pedretti|autore2=M. Cianchi|titolo=Leonardo. I codici|rivista=Art Dossier|data=aprile 1995|numero=100}}
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