Utente:Cicognac/Sandbox

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Cinese medio (primo cinese medio, tardo cinese medio)
中古漢語T, 中古汉语S
Parlato inAntica Cina
Periodo420-1279: Dinastie del Nord e del Sud; Dinastia Sui, Dinastia Tang e Dinastia Song
Parlanti
Classificaestinta
Altre informazioni
ScritturaScrittura dei sigilli, scrittura del bronzo, scrittura dei cancellieri, scrittura regolare, scrittura semi-corsiva, scrittura dell'erba, scrittura Phagspa, scrittura Hangul, Hiragana in forma di furigana
Tipoisolante; SVO
Tassonomia
FilogenesiProto-sino-tibetano
 Proto-cinese
  Cinese antico
   Cinese degli Han orientali
    Cinese della dinastia Jin
Codici di classificazione
ISO 639-3ltc (EN)

Il cinese medio (中古漢語T, 中古汉语S, Zhōnggǔ HànyǔP), detto anche cinese antico nella vecchia accezione utilizzata dal linguista Bernhard Karlgren o "lingua cinese media" o "medio cinese", è la varietà storica di lingua cinese parlata durante il periodo delle Dinastie del Nord e del Sud e le dinastie Sui 隋朝, Tang 唐朝 e Song 宋朝 (VI-X secolo). Il termine "cinese medio", in contrapposizione al cinese antico e al cinese moderno, si usa di solito nel contesto della fonologia storica cinese, che cerca di ricostruire la pronuncia del cinese utilizzato in quei tempi.

Il medio cinese si divide in un periodo iniziale, il "primo cinese medio", e un periodo successivo, il "tardo cinese medio". Il punto di transizione fra il primo e il tardo medio cinese è collocato nel passaggio dalla dinastia Tang alla dinastia Song ed è indicato da sviluppi fonologici.

Il nome

Il nome "cinese medio", "medio cinese" e per esteso "lingua cinese media" deriva dalla traduzione della sillaba 中 zhōng ("centro/mezzo") nel nome in cinese.

Siccome le dinastie Tang e Song corrispondono a quello che alcuni storici chiamano "Rinascimento cinese" (il termine è preso in prestito dalla storiografia europea), la lingua si può anche chiamare "cinese rinascimentale".

La traduzione "cinese medioevale" o "cinese medievale" deriva sempre dal nome in cinese e dal fatto che è la varietà intermedia tra un generico cinese antico e un altrettanto generico cinese mandarino, cioè cinese usato dagli ufficiali nella corte imperiale, nella burocrazia e nella letteratura non vernacolare, scritta solitamente in wenyan o "cinese classico". In realtà, l'evoluzione del cinese si può suddividere in molti più periodi e varietà: lo stesso cinese antico ha una fase pre-imperiale, una fase imperiale e una fase tarda parlata durante gli Han orientali ed è preceduto dal proto-cinese. Anche il mandarino è diviso in tre fasi (primo mandarino, mandarino medio e mandarino tardo-imperiale), per cui la tripartizione della lingua cinese in tre macro-periodi storici è molto generica. Peraltro, il nome "medievale" rischia di fuorviare siccome il periodo Tang e Song è considerato il Rinascimento cinese, quindi l'esatto opposto di un medioevo se pensato come epoca oscura. Il Medioevo cinese è anteriore ed è il periodo compreso tra la caduta della dinastia Han e la riunificazione della Cina con l'avvento della dinastia Sui.

Storia e contesto linguistico

Il periodo appena precedente a quello del primo cinese medio è quello del cinese della dinastia Jin, di cui ancora non esistono ricostruzioni. Dopo la caduta della dinastia Han (220), la Cina si era divisa in tre regni in lotta tra loro; il periodo dei Tre Regni va dal 220, anno in cui l'ultimo imperatore Han abdica, fino al 280. All'interno di uno dei tre regni, Cao Wei, con un colpo di Stato nacque una nuova dinastia di origine mongola, la dinastia Jin. La dinastia Jin riuscì a vincere gli altri due regni in guerra e per un breve periodo (280-316) unificò la Cina sotto l'impero. La dinastia Jin iniziò a vacillare quando, nel 311, gli Xiongnu riuscirono a saccheggiare l'antica capitale Luoyang e a imprigionare e giustiziare l'imperatore Jin del tempo (disastro di Yongjia). La Cina dunque si divise nuovamente in feudi in lotta tra loro per la terza volta nella sua Storia, tra cui un baludardo della dinastia Jin nel sud della Cina che resse fino al 420.

INGRESSO DEL BUDDISMO DAL CINESE DEGLI HAN ORIENTALI ALLA COREA E GIAPPONE

Il periodo dal 420 al 589 viene detto "periodo delle Dinastie del Nord e del Sud": cinque dinastie a nord del fiume Changjiang (Yangtze) e cinque dinastie a sud del fiume si fecero guerra per avere l'egemonia sul territorio cinese. Il 420 è anche l'anno di inizio del primo cinese medio, che era genericamente diviso in varietà a nord del Changjiang e a sud del Changjiang.

I dieci regni si fecero guerra tra loro finché la dinastia Sui, nel 589, riuscì a riunificare la Cina sotto all'impero. La dinastia Sui ebbe comunque una breve durata, siccome nel 618 venne sostituita dalla dinastia Tang. Già prima della dinastia Sui si compilavano i rimari, cioè dei vocabolari di sinogrammi ordinati in base alla consonante iniziale, alla rima e alla modulazione tonale siccome il primo cinese medio era una lingua tonale; i rimari venivano usati come prontuario per comporre le poesie in rima (che venivano già composte durante il cinese antico, per esempio nello Shijing). Il primo rimario sopravvissuto è il Qieyun di Lu Fayan, pubblicato nel 601 e poi rimaneggiato in più edizioni.

La dinastia Tang ha inaugurato il rinascimento cinese, cioè il periodo in cui le Arti ebbero una particolare fioritura in Cina. Un prodotto culturale molto celebre della Cina dei Tang e fondamentale per la ricostruzione del primo cinese medio è tutto il corpus delle poesie Tang. Le poesie Tang sono in rima e seguono uno schema compositivo fisso che contiene delle corrispondenze tonali; la corrispondenza delle rime era molto più alta durante il primo cinese medio, siccome la lingua cinese è poi evoluta (lo stesso discorso vale per lo Shijing). In questo periodo, il buddismo Mahayana conobbe una grande diffusione in Cina; il buddismo comunque era già entrato durante il periodo degli Han orientali grazie alla traduzione delle prime opere buddiste dalle lingue indiche (e.g., sanscrito classico) in cinese degli Han orientali. Siccome i cinesi dovevano talvolta traslitterare delle parole in sanscrito classico in primo cinese medio, dovettero usare l'inventario di suoni e sinogrammi disponibili per rendere questi prestiti e creare dunque dei calchi fonetici.

La dinastia Tang terminò nel 907 e, dopo un breve periodo di guerre che coinvolse anche un baluardo della dinastia Tang, ascese al potere la dinastia Song. La caduta della dinastia Tang marca il passaggio dal primo cinese medio al tardo cinese medio. La dinastia Song corrisponde al secondo periodo del rinascimento cinese. Un prodotto culturale importante durante questa dinastia è il corpus delle poesie Song. Durante la dinastia Song, si produssero altri rimari come il Guangyun, un'espansione del Qieyun pubblicata nel 1008 e contenente 9000 caratteri; un altro rimario è il Jiyun. Nei rimari del periodo Song, si notano delle differenze fonetiche per cui il cinese medio si può suddividere in due fasi. Ad esempio, il Qieyun mostra le iniziali bilabiali [p pʰ b m] ma non mostra iniziali labiodentali come /f/ e /v/, che invece si possono trovare nel Jiyun.

Introduzione dei sinogrammi in Vietnam

Il processo di ingresso dei prestiti cinesi nella lingua vietnamita (lessico sino-vietnamita, 詞漢越 Từ Hán-Việt) e in un secondo momento degli Hán tự stessi, riciclati poi per formare i caratteri nazionali, è molto lungo e si intreccia con le quattro dominazioni dell'Impero Cinese in Vietnam. Tutte queste quattro invasioni e occupazioni insieme formano un periodo storico che i vietnamiti chiamano Bắc thuộc (北屬, 北属), che letteralmente significa "Appartenenza al Nord", in senso di "Dominazione del Nord". Al tempo non esisteva il Vietnam moderno, ma esisteva il Regno di Nam Việt (南越, cinese "Nányuè") con capitale Panyu (番禺, oggi Canton 广州). Comprendeva grossomodo un territorio che corrisponde agli odierni Guangdong e Guangxi (广东,广西, inclusa Hong Kong 香港). La casata di regnanti era la dinastia Triệu (Nhà Triệu; 家趙). Il fondatore della dinastia era Zhao Tuo (Triệu Đà 趙佗), un governatore originario dell'Hebei che aveva lavorato per la dinastia Qin (秦朝), la dinastia che unificò la Cina sotto il primo impero e pose fine a un lungo periodo di lotte sanguinarie tra feudi, il periodo delle Primavere e Autunni e degli Stati Combattenti (春秋,战国). Zhao Tuo decise di fondare questo regno a Panyu perché al tempo l'Impero Qin era in fase di decadenza, finita nel 221 a.C. con la sua definitiva caduta a opera di Liu Bang (刘邦), il primo Imperatore della dinastia Han (汉朝).

Il regno fu poi esteso con delle conquiste. La dinastia Triệu durò dal 204 a.C. al 111 a.C., l'anno in cui iniziò la Prima Appartenenza al Nord (Bắc thuộc lần thứ nhất 北屬吝次一), mentre al tempo regnava la dinastia Han. Il regno di Nanyue aveva un rapporto burrascoso con gli Han, a cui talvolta aveva chiesto aiuto per difendersi dal vicino regno di Minyue (闽越), che corrisponde all'attuale Fujian (福建), abitata al tempo dall'etnia Baiyue (百越, lett. "Yuè settentrionali"). La sua capitale era Yé (冶), dove oggi sorge Fuzhou (福州). Quando il Primo Ministro di Nanyue, Lü Jia (呂嘉), notò che il suo Imperatore era troppo remissivo, con un colpo di Stato lo fece uccidere insieme alla moglie e fece ascendere al trono Zhao Jiande (趙建德), un anti-Han. L'Imperatore Wu degli Han, raggiunto dalla notizia della rivolta e dell'eccidio, si infuriò e decise di muovere guerra a Nanyue/Nam Việt, appoggiato da Minyue.

Il primo Bắc thuộc risale al 111 a.C., mentre la dinastia Han era impegnata nell'espansione dell'Impero Cinese: il Regno di Nam Việt fu conquistato, annesso e diviso in nove zone. Anche il regno di Minyue venne conquistato, siccome aveva semplicemente finto di appoggiare gli Han ma in realtà faceva doppio-gioco in quanto aveva contatti segreti con Nam Việt. L'ultimo imperatore di Nanyue, Zhao Jiande e Lü Jia vennero catturati e uccisi dopo un tentativo di fuga in barca verso Minyue. Durante il primo Bắc thuộc, i cinesi esportarono il Buddismo Chan, il Taoismo e il Confucianesimo in Vietnam.

Nel dicembre 602, i Sui invasero il Regno di Van Xuan, che era governato ancora dalla Dinastia Ly. L'imperatore Lý Phật Tử, colui che aveva detronizzato Trieu poco più di un ventennio prima, decise di arrendersi per evitare le devastazioni e venne decapitato. Nel 618d.C. i Sui vengono rimpiazzati dalla Dinastia Tang, a cui passa il controllo di Van Xuan, che viene ribattezzato "Annam" (安南, "Pacifico Sud") e da cui deriva il nome della lingua vietnamita in francese, letteralmente "annamitico". I Sui furono una dinastia che durò pochi anni perché l'Imperatore Yang (隋炀帝), pur essendo riuscito a conquistare il Vietnam, aveva anche provato a invadere quattro volte la penisola coreana per assoggettare tutta la Corea, senza mai riuscirci, e aveva lasciato l'impero in bancarotta siccome si era lanciato in mega-progetti costosi come la ricostruzione della Grande Muraglia Cinese e del Gran Canale della Cina, oggi patrimonio UNESCO. A causa delle numerose guerre fallimentari, i cinesi pur di non essere arruolati si facevano venire il "piede fortunato", cioè si rompevano apposta gli arti. I cinesi, pur di sbarazzarsi di Yang, dovettero architettare un complotto e strangolarlo intanto che si era riparato dalle rivolte a Jiangdu (江都).

Anche stavolta, il Bắc thuộc finisce per una rivolta capitanata in questo caso da Ngô Quyền (吳權), che nel 938 d.C. respinge i cinesi della Dinastia Song (907) nella battaglia del fiume Bạch Đằng. Per la precisione, sconfisse la flotta cinese nascondendo dei pali di legno sotto l'acqua, che fecero incagliare le navi cinesi e permisero ai vietnamiti di bruciarle. Sale quindi al potere la Dinastia Ngô, che rinomina l'Annam "Đại Việt" (大越). Quanto alle sorti della Dinastia Ngo

I primi missionari cattolici entrati in Vietnam nel XVI secolo provenivano dalla Spagna, Portogallo e Italia. Molti di essi erano della Compagnia di Gesù, fondata da Ignazio di Loyola nel 1534. Le zone in cui essi affluivano maggiormente per fare proselitismo erano la regione di Đông Kinh (Tonchino; si scrive 東京 e deriva dal vecchio nome di Hanoi, la capitale del tempo. Oggi si chiama Bắc Bộ 北部), che era molto fertile e ospita il delta del Fiume Rosso (Hồng Hà 紅河), e la regione del Nam Kỳ (Cocincina; si scrive 南圻 e corrisponde al Vietnam meridionale, in cui si trova il delta del Fiume Mekong 湄公. Oggi si chiama Nam Bộ 南部). In sintesi, approdarono nel Tonchino e nella Cocincina (quest’ultimo nome fu coniato dai francesi a partire da una città popolosa nello stato del Kerala, nell’India meridionale, chiamata “Cochin”. Non è da confondere con il nome dell’intera penisola in cui si trova il Vietnam, detta “Indocina”. La parte di Vietnam compresa tra il Tonchino e la Cocincina veniva chiamata dai francesi “Annam”). Ai missionari, si aggiunsero poi i mercanti europei.

Per la precisione, nel 1615 i preti Francesco Buzomi e Diogo Carvalho stabilirono la prima comunità cristiana in Vietnam a Hội An (會安), il cui centro storico oggi è Patrimonio UNESCO. Altri missionari celebri furono Francisco de Pina, Gaspar do Amaral, Antonio Barbosa, Antonio de Fontes, Pedro Marques e Girolamo Maiorca. In questo periodo, i missionari furono tollerati dalla Dinastia Le, quella che aveva posto fine al quarto Bac Thuoc. In questo contesto storico si inseriscono i due più famosi missionari, Alexander de Rhodes (1591 o 1593-1660) e Francisco de Pina. De Pina ha inventato l’alfabeto latino per trascrivere I suoni vietnamiti. Su questa scelta, oltre alla necessità di rendere il vietnamita comprensibile e utilizzabile per diffondere il messaggio cristiano in una popolazione non europea, deriva pure dal fatto che, tra il 1611 e il 1617, durante i suoi studi a Macau, aveva conosciuto l’“Arte da Lingoa de Iapam” di João Rodrigues, la prima grammatica di giapponese scritta da un europeo, in tre volumi e pubblicata tra il 1604 e il 1608. Nel 1617, de Pina arrivò a Dang Trong e imparò per primo a parlare fluentemente il Vietnamita Medio (o “Vietnamita Seicentesco” e, più avanti, “Vietnamita Settecentesco”). De Pina aiutò poi un altro missionario, Alexander de Rhodes, a parlare il vietnamita, che imparò anche aiutandosi con un bambino. Lo stesso de Rhodes racconta che, dopo che sbarcò a Dang Trong nel 1627, sentì i vietnamiti parlare e gli sembrarono degli uccelli che cinguettavano. Dopo un iniziale sconforto, spiegò che iniziò a studiare il vietnamita (già iniziato a studiare con de Pina) con lo stesso zelo con cui studiò teologia a Roma. Dopo soli 6 mesi, sapeva pregare in vietnamita. De Pina morì annegato mentre tentava di salvare delle persone da una barca che stava naufragando nel dicembre 1625.

De Rhodes raccolse l’eredità di de Pina e usò l’alfabeto latino per confezionare il primo dizionario di vietnamita pubblicato. Per la precisione, de Rhodes si basò su due dizionari manoscritti oggi perduti, un dizionario di portoghese-vietnamita di Barbosa (Diccionário português-anamita) e un dizionario di lingua vietnamita di Amaral (Diccionario da Lingua Annamitica). A queste due fonti, aggiunse il latino classico. Il dizionario venne pubblicato a Roma, previo permesso dei superiori, nel 1651. Il nome è “Dictionarivm annamiticvm, lvsitanvm, et latinvm” e il nome completo, reperibile dalla copertina (l’opera è sopravvissuta) è ”Dictionarivm annamiticvm, lvsitanvm, et latinvm ope sacrae congregationis de propaganda fide in lvcem editvm ab Alexandro de Rhodes E societate IESV, eiusdemque Sacra Congregationis Missionario Apostolico. ROMAE, typis, et sumptibus eiusdem Sacr. Congreg. 1651. SVPERIORVM PERMISSO”. Il lavoro, dopo due introduzioni dell’autore, si chiude con un breve excursus di grammatical e fonetica. Da quest’ultimo, insieme agli excursus negli altri dizionari (che distinguono pure tra varietà del nord e del sud), ai relitti grafici nell’alfabeto di ispirazione portoghese (e.g. il suono odierno /f/ scritto come “PH”) e alle lingue sino-xeniche, si possono ricavare informazioni molto preziose per ricostruire la pronuncia del Vietnamita Medio.

Introduzione dei sinogrammi in Corea

Il Regno di Gojoseon, realmente esistito, aveva rapporti con i vari staterelli cinesi e desiderava invadere lo stato di Yan (燕), che corrisponde grossomodo all'attuale Pechino. Verso la fine del IV secolo a.C., Yan invase Gojoseon e vinse la guerra, strappando a Gojoseon la Penisola del Liaodong (辽东半岛). Contemporaneamente, nella penisola coreana si formò un secondo regno, lo Stato di Jin (진국, 辰國). Gojoseon crollò durante l'ultimo periodo inaugurato da Wi Man, un generale cinese dello stato vassallo di Yan che perse in una ribellione contro la Dinastia Han e si rifugiò in Corea. Lì nel 194 a.C. si ribellò contro il Re Jun dopo un periodo in cui lavorò per lui. Wi Man lo detronizzò, lo fece scappare a Jin e prese il potere dello stato. Dopodiché, il suo successore impedì la comunicazione tra lo Stato di Jin e i vari emissari delle popolazioni in Corea con la Dinastia Han in Cina. L'Imperatore Wu degli Han, visto il boicottaggio, allora dichiarò guerra a Gojoseon, vinse nel 108 a.C. e divise il territorio in quattro aree dette "comanderie degli Han" (한사군, 漢四郡), ognuna con un suo corso: Lelang (樂浪郡, 락랑군, 108a.C.-313 d.C.), Lintun (臨屯郡, 임둔군, 107 a.C.-82 a.C.), Xuantu (玄菟郡, 현도군, 107 a.C.-302 d.C.) e Zhenfan (眞番郡, 진번군, 107a.C.-82 a.C.). Da Lelang, in un momento si separò Daifang (帶方郡, 대방군, 204 a.C.-313 d.C.) A sud, era ancora presente lo Stato di Jin. Nel mentre, l'ultimo re di Gojoseon, Ugeo, morì assassinato. La Dinastia Han nello stesso periodo aveva conquistato i Regni di Nanyue e Minyue e aveva instaurato il primo Bac thuoc (cioè "Occupazione del Nord") nella storia del Vietnam. A partire da questa occupazione degli Han in Vietnam e in Corea, i sinogrammi vennero introdotti nei rispettivi territori in quanto erano il mezzo di scrittura cinese e uno strumento per la gestione dell'amministrazione e burocrazia ordinaria. Tuttavia, in Vietnam il lessico sino-vietnamita e la presa a prestito in massa iniziò più tardi, durante la Dinastia Tang, insediatasi nel 618 d.C. Finito il terzo Bac thuoc con l'avvento della Dinastia Ngo (939 d.C.), si continuò poi a utilizzare il cinese classico e i sinogrammi come mezzo di scrittura, per poi aggiungere i caratteri nazionali intorno al periodo in cui in Cina c'era il khanato mongolo. In Corea, già dal Proto-Periodo dei Tre Regni e dal periodo successivo divennero un importante strumento burocratico usato dagli stessi coreani.

Gli hanja, che sono questi caratteri cinesi presi in prestito per scrivere, venivano usati nella Corea antica per scrivere documenti ufficiali composti con la grammatica cinese classica (detta wenyan 文言), molto snella, e un vocabolario formato da parole monosillabiche, o venivano usati nel vano tentativo di rendere i suoni delle parole native coreane con un accomodamento simile a quello che tentarono di fare i giapponesi (da questo accomodamento, chiamato "man'yoogana" 万葉仮名, nascono i due sillabari giapponesi, katakana e hiragana). Questo sistema coreano di usare i caratteri come fantocci fonetici per indicare la sola fonetica delle parole coreane (e non il senso), sillaba per sillaba, si chiama hyangchal (향찰, 鄕札) ed è considerato un sottogruppo della scrittura Idu (이두, 吏讀). Un sistema simile, in cui i sinogrammi erano usati come fantocci per indicare la pronuncia della morfologia coreana accanto a sinogrammi indicanti invece un vocabolo cinese si chiama gugyeol (구결, 口訣). A questo, si aggiunge che la grammatica cinese e quella coreana sono radicalmente diverse, siccome il cinese a partire dal Primo Cinese Medio (中古汉语) in poi ha perso la morfologia, mentre il coreano possiede la morfologia (e.g. coniugazione del verbo per indicare il perfettivo/azione finita, a prescindere dal tempo in cui è collocata, e l'imperfettivo/azione non finita, in corso o rivolta al futuro).

Il periodo successivo, il Periodo dei Proto-Tre Regni (원삼국시대, 原三國時代), va dal 108 a.C. (e quindi dalla caduta di Gojoseon) al 57 a.C. e vede al nord le quattro (poi cinque) comanderie degli Han e al sud la divisione dello Stato di Jin in tre regni, i Samhan, 삼한 三韓: Byeonhan, Jinhan e Mahan. Contemporaneamente, al nord nascono 4 nuovi stati Buyeo, Goguryeo, Okjeo e Dongye. Infine, dai Samhan si svilupparono 3 nuovi stati: Baekje (conquistò Mahan), Silla (fu fondato dentro Jihan) e la Confederazione di Gaya, che assorbì Byeonhan (questa confederazione fu poi conquistata da Silla). In totale, sommando le cinque comanderie Han, i 4 stati coreani del nord e i 2 stati rimanenti nel sud, si contano 11 stati nella penisola coreana. Durante questo periodo, tutte le comanderie Han, che si resero autonome dopo la caduta degli Han e costituivano un pericolo per i 4 regni del nord, vengono conquistate proprio dai 4 regni del nord e da Goguryeo, mentre a sud, come già accennato, restano solo due stati.

Forse gli abitanti di Silla discendevano dagli Xiongnu, cioè gli Unni. Nel 562 annesse la Confederazione di Gaya (가야, 加倻), uno dei più longevi rimasugli del periodo precedente. Nonostante fosse il regno più piccolo e debole, con le sue scaltre alleanze riuscì a sopravvivere più a lungo di tutti gli altri. In particolare, con l'aiuto della Dinastia Tang, conquistò dapprima Baekje nel 660 e infine Goguryeo nel 668, ponendo fine al Periodo dei Tre Regni. Il periodo successivo si chiama Silla Unificato (통일신라, 統一新羅), in riferimento al fatto che Silla fu il regno a prevalere su tutti gli altri. In alternativa, si chiama "Periodo Silla Posteriore" (후신라, 後新羅). La capitale era a Seorabeol (서라벌, 徐羅伐), oggi nota come Gyeongju (경주, 慶州). Al tempo, si parlava l'Old Korean/Coreano Antico (古代朝鮮語, 고대 조선어 oppure 古代韓國語, 고대 한국어). All'inizio di questo periodo decise di allontanare i Tang dagli ex-territori di Baekje e Goguryeo muovendogli guerra dal 672 al 676 e riuscendo a scacciarli.

Il quarto re della dinastia è re Sejong il Grande (세종대왕 世宗大王, r. 1418-1450) che, tra il 1443 e il 1446, creò di nascosto l'hangeul insieme ad un gruppo di fidi studiosi, la Sala dei Meritevoli oppure Accademia dei Degni (집현전, 集賢殿), il cui intellettuale più di spicco era Jeong In-ji (鄭麟趾, 정인지). Il periodo appena successivo vede parecchie pubblicazioni di commenti e traslitterazioni di sutra buddisti.

Hunminjeongeum (訓民正音) "Il modo corretto di istruire le persone (훈〮민져ᇰ〮ᅙᅳᆷ > 훈민정음) di re Sejong il Grande 世宗大王, 세종대왕, Jeong In-ji 鄭麟趾, 정인지 e la Sala dei Meritevoli (detta anche "Accademia dei Degni") 집현전, 集賢殿. L'opera, iniziata nel 1443, è un piccolo trattato in cui viene presentato per la prima volta ai letterati e al mondo l'hangeul. Dopo un periodo di rodaggio di 3 anni, venne promulgato il 9 ottobre 1446. L'opera ha una prefazione del re in hanja e cinese classico, dopodiché descrive la fonetica di ogni suono. Lo Hunminjeongeum è affiancato allo Hunminjeongeum haerye (訓民正音解例, 훈민정음해례) "Spiegazione illustrata del Hunminjeongeum". Questo mini-trattato spiega come si formano e scrivono le sillabe in antico hangeul.

Un'altra fonte appena immediata è il 龍飛御天歌, 용비어천가, "Il canto dei dragoni che volano nel cielo". L'opera fu scritta per ordine di re Sejong il Grande e contiene 6 poesie, dedicate ognuna a 6 grandi imperatori coreani. L'opera fu scritta nel 1445, contiene l'hangeul e venne pubblicata nel 1447; nel corso dei secoli successivi, venne editata e ristampata più volte. L'opera è stata scritta da un gruppo di 6 poeti, Seong Sanmun 성삼문, 成三問; Bak Paengnyeon 박팽년, 朴彭年; I Gae 이개, 李塏; Gweon Je 권제, 權踶; Jeong In-ji 정인지, 鄭麟趾; Choe Hang 최항, 崔恒.

Un'altra fonte sempre immediata è il Seokbosangjeol (釋譜詳節, 석보상절), "Articoli dettagliati sulle memorie di Sakyamuni". L'opera è una vita di Gautama Budda con dei sermoni. Buddha è indicato come Śākyamuni (शाक्यमुनि, Śākyamuni, "il saggio della famiglia Śākya") e l'epiteto è reso in coreano come Seokgamoni (석가모니). "Śākya" significa "Potenti". L'opera è stata scritta dal Grande Principe Suyang (수양대군, 首陽大君), poi diventato Re Sejo (세조, 世祖). Sejo era figlio di Sejong il Grande ma non suo successore immediato. L'opera fu scritta in ricordo della regina una volta che re Sejong il Grande rimase vedovo.

Un'altra fonte sempre immediata è il 月印千江之曲, 월인천강지곡, "Canti delle tracce della luna sui Mille Fiumi", scritta direttamente da re Sejong il Grande 世宗大王, 세종대왕. L'opera venne pubblicata nel 1447.

Introduzione dei sinogrammi in Giappone

In Giappone invece si parlava l'Old Japanese (giapponese arcaico, Joudai Nihon-go 上代日本語), finito con la fine del Periodo Nara (794d.C.; la dinastia Sui regna a partire dal 581d.C.) e l'inizio del periodo Heian (平安, dal nome della capitale del tempo, Heian, oggi Kyoto 京都): il giapponese, a partire dal Primo Giapponese Medio (Early Middle Japanese, 中古日本語 Chūko nihongo) si è arricchito di vocaboli cinesi con la pronuncia in Primo Cinese Medio, nata circa 200 anni prima e di cui esistono svariate ricostruzioni, per esempio Baxter 2011. Ha subito trasformazioni sia esogene che endogene, come la nascita della tensificazione e l'aggiunta di -n a fine sillaba, prima inesistente, per l'influsso delle sillabe cinesi. La *-m del Primo Cinese Medio (conservata in parte anche durante il Primo Mandarino, durante il khanato mongolo) venne accomodata dai giapponesi con la sillaba "mu", poi fatta convergere nell'attuale -n (entrambe le pronunce sono evolute nel tempo).

I giapponesi, che non avevano nessun alfabeto, presero i sinogrammi (che chiamarono "kanji" 漢字) per scrivere, anche se erano parzialmente inadatti per la lingua giapponese (il giapponese ha la morfologia, siccome per esempio il verbo si coniuga, mentre il cinese è una lingua isolante, siccome ogni parola non subisce mai nessuna variazione di nessun tipo). Pertanto, i giapponesi usarono alcuni kanji come dei fantocci grafici messi in fila per indicare la pronuncia di una frase in giapponese. Questo utilizzo, tale per cui non si tiene in considerazione il significato dei kanji ma solo la loro pronuncia, si chiama "man'yoogana" 万葉仮名, risale al Periodo Nara e prende il nome da una raccolta di poesie del Periodo Nara, detta Man'yooshuu 万葉集. Dalla semplificazione di questi kanji, ridotti a uno schizzo calligrafico sinuoso o spigoloso per opera dei monaci buddisti, sono nati i due kana: hiragana 平仮名 e katakana 片仮名, importanti per trascrivere i prestiti e indicare la morfologia della lingua giapponese. Un terzo kana composto da variazioni dell'hiragana, detto hentaigana 変体仮名, è stato abbandonato a inizio '900 con l'ufficializzazione dell'hiragana. Senza un simile mezzo, i giapponesi sarebbero stati costretti a scrivere usando la grammatica del cinese classico, detta wenyan 文言, perfettamente adatta ai sinogrammi e dall'aspetto molto snello e minimalista (l'apporto grammaticale è ridotto al minimo e quasi tutte le parole usate sono monosillabiche).

I kanji furono poi utilizzati per trascrivere i prestiti cinesi ("lessico sino-giapponese"), riadattati come fonologia alla lingua giapponese, e disambiguare le omofonie. Ai kanji furono affiancate due tipologie basilari di pronunce: quella cinese e quella nativa giapponese. Quando un kanji si usa in isolamento, indica un concetto che tuttavia si legge con la pronuncia giapponese, detta "kun'yomi" 訓読み (e.g. 心 indica il "cuore" o la "mente", è il pittogramma di un cuore con delle arterie e si pronuncia "kokoro").

Quando un kanji si usa in combinazione con altri e indica un prestito cinese, si legge con la pronuncia cinese, detta "on'yomi" 音読み, a sua volta suddivisa in più tipologie in base al periodo storico (quella più arcaica è la go-on 呉音, parlata nello stato di Wu, dove oggi si trova Shanghai; essa è poi seguita dalla kan-on 漢音, derivante dalla parlata della capitale Chang'an durante la dinastia Tang, e infine è seguita dalla tousou-on 唐宋音, risalente alla Dinastia Song e Ming, e da una pronuncia entrata nell'uso comune anche se derivante da una confusione di pronunce, detta kan-yoo'on 慣用音. In una quarta categoria a sé, ci sono le letture totalmente irregolari dei caratteri, usata in parole giapponesi, dette jukujikun 熟字訓 e usate per esempio nel vocabolo "Yamato" 大和 o 倭, un'antica etnia giapponese che dà il nome a una prefettura omonima e che è anche un arcaismo per indicare il Giappone, che oggi invece si chiama "Nippon" o "Nihon" 日本. La quinta categoria è pure una pronuncia irregolare usata perlopiù in nomi propri e si chiama nanori 名乗り).

Quanto alle caratteristiche fonetiche del Primo Cinese Medio, inesistenti nell'Old Japanese (come già accennato, quest'ultimo non aveva nessuna coda nasale a fine sillaba e non aveva gli stop consonantici senza rilascio udibile di suono *-p, *-t, *-k, a cui si aggiungono le tre code nasali in Primo Cinese Medio *-ng, *-n. *-m), esse sono state accomodate alla lingua giapponese: per esempio, lo stop *-k è diventato "ku" oppure "ki" (per esempio, la sillaba che indica il concetto di "studio, studiare" si pronunciava *haewk e, in giapponese, è stata accomodata come "gaku").

Siccome i kanji di per sé indicano poche informazioni sulla pronuncia, in alcune opere glossate (al tempo, si scriveva in verticale e da sinistra a destra) e nei dizionari si affiancavano i kanji all'hiragana o katakana in piccolo per indicare la pronuncia. Quest'uso dei kana viene detto "furigana" 振り仮名, mentre la grafia tradizionale verticale, molto adatta alla scrittura su listelli di bambù e per glossare un testo, si chiama tategaki (縦書き); la grafia occidentale viene invece detta yokogaki (横書き). Quindi i kana hanno assunto questo terzo utilizzo, cioè di indicatore della pronuncia. Siccome i kanji sono inadatti alla morfologia giapponese, nella scrittura tipicamente si affiancano hiragana, katakana (usato anche per trascrivere i prestiti dalle altre lingue nel mondo, detti gairaigo 外来語) e kanji.

In questo periodo è collocato la prima varietà di vera e propria lingua giapponese, il Giapponese Antico (Old Japanese), 上代日本語. Sono poi scritte le prime opere giapponesi di storia del Giappone, come il Kojiki e il Nihon Shoki. Sono poi state scritte le waka, cioè le poesie giapponesi del periodo Nara, 和歌 o 倭歌. Molte di queste sono state scritte con i kanji solo e unicamente per rendere i suoni delle sillabe (utilizzo man'yogana) e la più grande antologia di waka del periodo è proprio il Man'yoshu.

Il 794-1185 è detto Periodo Heian 平安時代 dal nome della capitale designata, oggi detta Kyōto (京都). In questo periodo si parlava il Primo Giapponese Medio (Early Middle Japanese) o "Giapponese Tardo-antico" , 中古日本語. In questo periodo si colloca l'invenzione del kana 仮名 attribuita a Kūkai 空海 (774-835), un monaco buddista che fondò la setta esoterica Shingon (真言宗, Shingon-shū).

I dialetti Wu mostrano delle grandi somiglianze con il sistema del Qieyun e dunque del primo cinese medio, per cui già l'antico Jiangdong aveva un sistema fonetico molto simile a quello del primo cinese medio (420-907); una prima differenza presente era la nasalizzazione di alcune vocali.

La pronuncia del tempo nella corte di Jiankang (ovvero Nanchino) formò la pronuncia Go-on giapponese (呉音): come dice il nome, la pronuncia è quella dello Stato di Wu.

La pronuncia Tō-on (唐音), usata in giapponese durante il periodo Kamakura (1185–1333), nonostante il nome ingannevole e fuorviante appartiene al tardo periodo Song ed è un'altra parlata Wu proveniente dall'odierno Zhejiang. Il Periodo Kamakura 鎌倉時代 va dal 1185 al 1573. In questo periodo si parla la varietà detta Tardo Giapponese Medio (Late Middle Japanese, 中世日本語) ed è stato instaurato il primo shogunato della storia del Giappone. Lo shogunato è il governo effettivo di un comandante militare, lo shogun. Per usare il vocabolo giapponese, il governo militare è indicato con "bakufu" (幕府). Il primo carattere è un riferimento alla tenda in cui alloggiava il comandante. Lo shogunato è stato instaurato dal capo del clan vincitore, Minamoto no Yoritomo 源 頼朝. Il nome del periodo invece deriva dalla nuova capitale, Kamakura.

Relazioni con il Tibet

Quanto all'invenzione dell'alfabeto tibetano, l'inventore secondo la tradizione e le fonti storiche che ne parlano è Thonmi Sambhota. Quest'ultimo era un giovane mandato nel 632 in India (forse nel Kashmir) a studiare l'alfabeto indiano (varietà Kashmir o Khotan) per inventare una scrittura per il tibetano direttamente da Songtsen Gampo. Songtsen Gampo non era un nobile qualunque, ma il 33° sovrano del Tibet, l'unificatore di molti territori tibetani prima divisi e il fondatore dell'Impero Tibetano. La sua consorte era la principessa Bhrikuti del clan Licchavi, nepalese e figlia del re dell'omonimo regno nepalese (il nepali ha l'alfabeto indiano come scrittura; forse Bhrikuti era anche buddista). Fu anche colui che introdusse il buddismo in Tibet, promosse la costruzione di templi buddisti e fece tradurre le scritture buddiste dal sanscrito al tibetano, che si era appena dotato di un alfabeto. Quest'ultimo fu confezionato da Thonmi Sambhota al suo ritorno in Tibet: si stabilì probabilmente nell'eremo di Panboka, a pochi chilometri da Lhasa e fondato da Songtsen Gampo, e lì creò l'alfabeto, poi presentato al re e accettato. Lo stesso sovrano imparò in quattro anni la scrittura e la sua applicazione pratica e tradusse più di venti testi. L'alfabeto fu adattato alla fonetica dell'Old Tibetan, siccome conteneva 6 nuove consonanti per 6 suoni tibetani. Songtsen Gampo come seconda moglie sposò nel 641 una cinese, la principessa Wencheng, imparentata con l'Imperatore Taizong della Dinastia Tang, che acconsentì alle nozze (Taizong era il secondo imperatore della dinastia). Da questo matrimonio sarebbe nato un presunto avvicinamento del re alla cultura cinese. Muore nel 649/650, nello stesso periodo in cui muore anche Taizong. Xuanzang è contemporaneo a Taizong e il periodo Tang, in generale, vede una crescita in popolarità del buddismo. Dalla Cina poi approdò in Corea e Giappone insieme ai sinogrammi con la pronuncia in Primo Cinese Medio e ai classici della letteratura cinese.

Il tibetano antico va dall'invenzione dell'alfabeto (ma la data è solo simbolica) e passa attraverso una riforma per la standardizzazione della lingua dell'816 e la frammentazione dell'Impero Tibetano fondato da Songtsen Gampo nell'842 a causa di una guerra civile. Alcune divisioni distinguono l'Early Old Tibetan (EOT), Middle Old Tibetan (MOT) e Late Old Tibetan (LOT) in base a fatti storici (ma non mutazioni linguistiche), come il periodo della riforma ortografica e la caduta dell'Impero Tibetano. Dal Tardo Tibetano Antico (LOT) deriva il Proto-Amdo-Tibetano (AT). In questi contesti si può trovare anche l'espressione "Written Tibetan", il tibetano scritto (WT). Nel 648, secondo gli Old Tibetan Annals, i tibetani fecero una spedizione in Cina per chiedere l'inchiostro e la cessione della tecnologia per la manifattura della carta. In riferimento al tibetano, si può trovare la parola "bodico": deriva da Bod, il nome del Tibet in tibetano: le lingue tibetiche/tibetane si possono chiamare "bodiche".

Il Tibet ha subito un periodo di guerre tra signori locali e sarà riunito solo nel 1253, quando la Dinastia Yuan (khanato mongolo in Cina) con delle guerre riunisce dei territori, affidati poi a Drogön Chögyal Phagpa, uno dei leader della scuola Sakya del buddismo tibetano, primo precettore imperiale e inventore dell'alfabeto 'Phagspa (1269), usato nei dizionari per rendere la pronuncia dei sinogrammi in Primo Mandarino. Lavorò per Kublai Khan, successore del fratello Möngke, nipote di Gengis Khan e colui che ricevette Marco Polo e tentò di invadere il Giappone, venendo respinto da due tifoni, il "vento divino" (kami-kaze).

Influsso sui dialetti cinesi

Nel 420 inizia l'epoca del primo cinese medio (420-907); il pMin potrebbe essersi già separato in dialetti intorno a questo periodo, ma secondo Baxter e Sagart, il pMin durante il periodo del primo cinese medio poteva ancora essere una lingua unitaria e parlata.

Fonti per la ricostruzione

I rimari

Le prime fonti per ricostruire il cinese medio sono i rimari, detti anche libri di rima o dizionari di rima, prodotti almeno fin dalla dinastia Sui. I rimari erano dizionari di sinogrammi ordinati per consonante iniziale e nucleo di sillaba (vocale +eventuale coda di sillaba); al loro interno, la pronuncia dei caratteri era indicata secondo un sistema detto fanqie, già usato nello Shuowen Jiezi di Xu Shen, per cui la pronuncia di un carattere era scomposta in consonante iniziale +nucleo di sillaba. Questi due membri venivano indicati a loro volta da due sinogrammi diffusi affiancati e seguiti dal carattere "qiè" (), che letteralmente significa "tagliare" (Xu Shen invece usava il carattere "fan3").

I primissimi rimari, scritti prima dell'avvento della dinastia Sui, sono tutti andati perduti. Il primo rimario sopravvissuto è il Qieyun 切韵, compilato da Lu Fayan (fl. 581-601) e da un gruppo di studiosi nell'arco di vent'anni e pubblicato nel 601 d.C. Il Qieyun è stato scritto a seguito di una discussione tra letterati sulla corretta declamazione delle poesie cinesi classiche, sicuramente antecedenti alla dinastia Sui: siccome Lu Fayan notò delle discordanze sulla pronuncia dei suoni, decise di istituire uno standard di pronuncia delle sillabe in ambito letterario per declamare in modo standard e corretto i sinogrammi nelle poesie. Pertanto, il Qieyun mostra una varietà di pronuncia di cinese letteraria e artificiale, frutto di un compromesso tra le varietà del nord e del sud. Lu Fayan spiegò questo fatto nella prefazione del Qieyun, in cui cita anche la lingua Wu. Nonostante ciò il linguista e sinologo svedese Bernhard Karlgren aveva ipotizzato che il Qieyun indicasse la varietà prestigiosa di Chang'an. Il Qieyun attesta i sinogrammi coniati nel cinese letterario fino al 601. Siccome è un rimario, non ordina i caratteri in base a un sistema di radicali, come il radicali Shuowen o i radicali Kangxi (inventati solo nel 1615). Nel lavoro di compilazione, Lu Fayan fece uso di rimari precedenti al 581 che però non sono sopravvissuti. Il Qieyun dopo la pubblicazione ebbe un enorme successo. La prima grande revisione del Qieyun è stata effettuata e pubblicata nel 706, dunque nel periodo Tang, da Wang Renxu (王仁煦, fl. 706) e si chiama Kanmiu Buque Qieyun (刊謬補缺切韻). Della riedizione, sono note tre versioni, chiamate Wang Yi, Wang Er e Wang San ().

Il Qieyun, fino agli Anni '80, è stato usato come grande punto di riferimento nella ricostruzione delle proto-lingue sinitiche da cui derivano i dialetti moderni (e.g., nella tesi di dottorato di Tsuji Nobuhisa focalizzata sulla ricostruzione del proto-Yue). Tuttavia, il Qieyun non andrebbe preso come un punto cardine nella ricostruzione siccome non rispecchia una varietà di cinese usata dal popolo cinese, dunque vernacolare e naturale: piuttosto, può permettere gli ampliare gli orizzonti nella ricostruzione, ma il suo ruolo non va oltre siccome tali ricostruzioni devono basarsi sulle letture vernacolari/non letterarie dei sinogrammi nei dialetti e sulle attestazioni più antiche dei dialetti.

Il Qieyun è pervenuto in un primo momento in forma frammentaria o attraverso esemplari incompleti, per cui non forniva la base per la ricostruzione del primo cinese medio; inoltre, la prima edizione pubblicata durante la dinastia Sui non è pervenuta. Tuttavia, una spedizione di Aurel Stein nelle grotte di Mogao a Dunhuang (敦煌) nel 1906-1908 portò alla scoperta del primo esemplare quasi integrale del Qieyun secondo l'edizione di Wang Renxu, la Wang Yi. Una seconda grande spedizione nel 1910 portò alla scoperta di molti testi sacri buddisti e una grande scoperta archeologica che eguaglia queste due spedizioni è il corpus di ritrovamenti nelle grotte di Guodian dell'ottobre 1993, in cui vennero trovati dei testi risalenti al periodo del cinese antico che hanno permesso di raffinare la ricostruzione di tale lingua.

Un'altra copia quasi completa è stata poi scoperta da due studiosi nel mercato dell'antico distretto di Liulichang 琉璃厂 (Pechino) nel 1947. La copia faceva parte della Biblioteca Imperiale e, dopo la fine dello stato fantoccio di Manciukuò e la cattura di Puyi, era stata venduta. Di quest'ultima copia sono stati pubblicati pochi anni dopo due studi di Dong Tonghe 董同龢 (1948, 1952) e uno studio di Li Rong 李荣 (1956).

Una copia completa del Qieyun nell'edizione Wang San (periodo Tang) è stata scovata nel Museo del Palazzo Imperiale a Pechino nel 1947, per cui è anche detta Gùgōngběn 故宫本. È stata dunque ristampata da Long Yuchun 龍宇純 (1968) e Zhou Zumou 周祖謨 (1983). Quest'ultima edizione include il facsimile dell'opera, che appare rovinato. L'edizione Wang San è detta anche Quánwáng 全王 perché è completa. L'opera ha una postfazione di Sòng Lián 宋濂, per cui è anche detta Sòngbáběn 宋跋本.

In generale, la seconda versione (王二) si chiama anche Xiàngbáběn 项跋本, perché comprende una postfazione di Xiàng Yuánbiàn 项元汴, oppure viene anche chiamata Péiwùqí Zhèngzìběn 裴务齐正字本.

La seconda revisione del Qieyun, il Tangyun, fu effettuata da Sun Mian (孫愐, fl. 751) e pubblicata nel 751. Era composta da 5 libri detti "rotoli" (卷 juan3). L'opera è andata perduta.

Il secondo rimario noto risalente al primo cinese medio è lo Yunhai Jingyuan 韻海鏡源 di Yan Zhenqing 颜真卿 (709–785), composto da 360 volumi e dalle dimensioni enormi. Questo rimario, pubblicato nel 780, è andato perduto.

Nel 1008, durante il tardo cinese medio, è stato pubblicato il Guangyun, una revisione e espansione del Qieyun che viene considerata un rimario a sé (il terzo rimario noto) siccome riflette una diversa varietà di cinese. I due principali redattori sono Chen Pengnian (陳彭年, 961–1017) e Qiu Yong (邱雍, fl. 1007-1008), mentre il patrocinatore è stato l'Imperatore Zhenzong della Dinastia Song (r. 997-1022); l'opera è stata redatta tra il 1007 e il 1008. In totale è composto da 5 libri ( juan3) e la pronuncia dei caratteri è indicata in fanqie. Siccome il libro rispecchia le antiche abitudini tipografiche cinesi, è scritto in verticale e si legge da destra a sinistra (e dunque al contrario, come se fosse arabo o ebraico).

Il quarto rimario noto è il Jiyun del 1037.

Molte altre riedizioni del Qieyun, sia famose che meno note, sono andate perdute insieme ad altri eventuali rimari.

Fonti che non sono rimari

POESIE TANG E SONG e raccolte

PRESTITI SINO-XENICI: GIAPPONESE, COREANO, VIETNAMITA E SUBSTRATO DI CINESE ANTICO e dove reperirli

La pronuncia di caratteri cinesi preservata in vocaboli cinesi prestati, che sopravvive in lingue non cinesi come il giapponese, il coreano ed il vietnamita, le "lingue sino-xeniche". I caratteri cinesi in queste lingue sono detti "kanji, hanja e han tu'". La pronuncia è riadattata.

DIALETTI CONSERVATIVI: MIN, YUE, HAKKA, WU

Lingue moderne. Proprio come il proto-indo-europeo può essere ricostruito dalle moderne lingue indo-europee, così il cinese medio può essere ricostruito (approssimativamente) dalle moderne lingue sinitiche (ad es. il beifanghua/cinese mandarino 北方话, il Wu 吴语, il Min 闽南语 o il cantonese 广东话, detto anche "Yue" 粤语).

Le traslitterazioni di parole straniere (substrato) in caratteri cinesi. Ad esempio, il vocabolo sanscrito facente parte del lessico buddhista "Dravida" fu tradotto dagli scribi religiosi nella serie di caratteri 達羅毗荼, che ora in putonghua (普通话) (mandarino) si leggono come /ta35 luo35 phi35 thu35/ (pinyin: Dáluópítú). Ciò suggerisce che il mandarino /uo/ (pinyin -uo) sia il riflesso moderno di un antico suono simile ad /a/, e che il tono /35/ sia a sua volta un riflesso di antiche consonanti articolate. Entrambe queste ipotesi possono in effetti essere confermate attraverso il confronto tra i moderni dialetti cinesi.

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In vietnamita, viene offerta la pronuncia antica dell'alfabeto importato dai missionari francesi, siccome la pronuncia aveva delle differenze.

Mentre da queste tre si può osservare il trattamento della pronuncia cinese dei sinogrammi, da altre due celebri lingue qui introdotte si può ricostruire il cinese medio e arricchire il panorama di comparazioni: si tratta del dialetto cantonese nella sua varietà standard di Hong Kong, qui trascritta con il sistema Jyutping. È un dialetto importante sia dal punto di vista culturale, sia dal punto di vista linguistico perché è piuttosto conservativo rispetto al cinese medio. Ad esempio, è uno dei pochi dialetti cinesi insieme a svariati Minnan e all'Hakka a mantenere gli stop consonantici senza rilascio di suono a fine sillaba: negli altri e nel guanhua si è lenito in uno stacco glottale a fine sillaba. Il cantonese, di famiglia Yue, deriva dal Proto-Yue, di cui esistono delle ricostruzioni.

La seconda invece è lo shanghainese. Sebbene non fornisca una grande aiuto nella ricostruzione delle code nasali a causa della sua forte confusione e riduca tutti gli stop senza rilascio udibile di suono in un colpo di glottide, è l'unico dialetto cinese a preservare una forte differenza tra consonanti sorde, sonore e sorde aspirate. Viene dunque introdotto in un ampio paragrafo.

Infine, la terza famiglia di dialetti da cui si possono pescare informazioni è il Min . I Min sono un gruppo di dialetti meridionali piuttosto conservativi la cui versione primigenia, da cui discendono i vari Min, deriva insieme alle lingue Bai direttamente dall'Old Chinese. Il Proto-Min, di cui esistono delle ricostruzioni (e.g. Jerry Norman), conserva dal cinese medio la distinzione in consonanti come */b/, */p/ e */pʰ/ insieme ai tre stop senza rilascio di suono, alla nasale */ŋ/- a inizio sillaba e allo stacco glottale sempre a inizio sillaba. A questo si aggiungono alcune consonanti conservative rispetto all'Old Chinese. Tutte le altre famiglie dialettali discendono direttamente dal Primo Cinese Medio, come ad esempio lo shanghainese e il cantonese (il Proto-Yue si è formato durante le migrazioni per le invasioni subite dalla Cina durante il passaggio tra Dinastia Tang e Song). Il Proto-Min invece si è formato dopo la conquista di Nanyue 南越 e Baiyue 百越 da parte della Dinastia Han, conquiste con cui si è istituito il Primo Bac Thuoc 北属 (Appartenenza al Nord) nella storia vietnamita su un totale di quattro. Contemporaneamente, in Corea il regno di Goguryeo 高古丽 fu conquistato e diviso nelle Nove Comanderie Han, a loro conquistate da piccoli regni successivi coreani. Le lingue Min si sono suddivise in tre famiglie: le Min Bei 闽北, Min Dong 闽东 e Min Nan/Minnan 闽南 (Min Settentrionale, Min Occidentale, Min Meridionale). Al Min Bei appartiene il dialetto Jian'ou 建瓯话, mentre al Min Dong appartiene il dialetto di Fuzhou/fuzhounese/Fuzhouhua 福州话. Per scandagliare a fondo il Minnan, esso a sua volta ha un sottogruppo di dialetti prestigiosi e conservativi parlati a Fujian 福建 e Taiwan 台湾岛 (l'isola accanto a Fujian, già abitata dagli aborigeni e poi colonizzata anticamente dagli abitanti di Fujian), cioè gli Hokkien (dal nome di Fujian in dialetto). Gli Hokkien contano il dialetto di Amoy/amoynese/Amoy Hokkien (parlato a Xiamen 厦门, "Amoy" in dialetto), il taiwanese/Hokkien di Taiwan/Taiwanhua 台湾话 (con sotto-vairetà, come quella di Kaohsiung 高雄, diversa da quella della capitale Taipei 台北), lo Zhangzhou 漳州 e il Quanzhou 泉州. Altri due dialetti Minnan ma non del gruppo Hokkien sono il Chaozhou/Teochew 潮州 e lo Shantow/Swatow 汕头. Se il cantonese/Guangdonghua/dialetto Yue 粤语 ha la romanizzazione Jyutping e Yale e lo shanghainese/Shanghaihua/Huyu 上海话,沪语 ha tre romanizzazioni (Qian Nairong 钱乃荣, carente però di molti suoni; MinDict; Wikizionario), gli Hokkien hanno due romanizzazioni principali e molto simili tra loro, il Peh-oe-ji/POJ 白话字 e il Tai-lo 台罗 (quest'ultima fa meno uso di diacritici rispetto alla prima e riproduce meglio la pronuncia). A queste due, si aggiunge una romanizzazione ad-hoc per il Minnan di Chaozhou/Teochew, cioè il Peng'im 拼音, che in putonghua si pronuncia "pinyin".

L'ultimo dialetto meridionale utile siccome è conservativo (ma non trattato qui) è l'Hakka, che preserva la coda nasale *-m nei pochi casi in cui il cantonese la perde per un'assimilazione in -n. Conserva pure gli stop a fine sillaba. Il popolo Hakka ha iniziato a formarsi durante il periodo di turbolenze e guerra della Dinastia Jin (265-420), quindi è una delle famiglie dialettali discendenti dal Primo Cinese Medio più antiche.

Gli altri dialetti, anche se talvolta mostrano segnali di pronuncia arcaica, sono settentrionali e meno conservativi (e.g. dialetto Jin, dialetto Gan, dialetto Xiang).

Ricostruzioni

La ricostruzione del medio cinese da parte di diversi linguisti moderni varia leggermente, ma le differenze sono di poco conto e non danno adito a grandi controversie, indicando che la fonologia di questa lingua è ormai alquanto ben compresa e accettata.

Baxter (2011) MA METTICI ANCHE LE ALTRE EVENTUALI COME KARLGREN, EVENTUALMENTE LI, PULLEYBLANK ECC.

Studi durante il periodo Qing.

Suoni e paragoni

Consonanti e vocali

Si dà qui una rapida introduzione ai suoni del primo cinese medio.

  • C'era distinzione tra *b, p, ph sorda aspirata. La prima della tripletta è sonora perché, se si mette il palmo della mano intorno alla gola, si sentono le vibrazioni delle corde vocali durante la pronuncia. Si provi a pronunciare in questo modo "vvvvv" e "fffff". Nel suono aspirato, si aggiunge uno sbuffo d'aria alla consonante. Distinzioni di questo tipo (sonora-sorda-sorda aspirata), nelle lingue sinitiche, restano in dialetti come lo shanghainese (famiglia Wu). Nel tardo cinese medio, si erano formate altre consonanti ancora, come ad esempio "bh" */bʱ/ sonora aspirata, mentre la distinzione in forma di tripletta (già presente nel cinese arcaico) era sparita con la scomparsa della consonante sonora dalla tripletta.
    • La seconda distinzione era presente tra *d, t, th sorda aspirata.
    • La terza distinzione era presente tra *g, k, kh sorda aspirata
    • La quarta distinzione era presente tra *dz, ts, tsh sorda aspirata.
  • I suoni retroflessi (e cioè prodotti con la punta della lingua piegata indietro, nell'incavo del palato) vengono trascritti con una -“r” che non ha valore fonetico e, qualora ci sia aspirazione, la -“h” si scrive dopo la “r”. Nel contesto dei suoni retroflessi, c'è *dzr (come ZH in pinyin ma sonoro), tsr e tsrh sorda aspirata.
  • La seconda tripletta di suoni retroflessi è basilarmente costituita da una retroflessione di d e t, da cui si ottiene *dr, tr, trh sorda aspirata.
  • Un altro nuovo suono retroflesso, oggi sparito, è la "n" retroflessa, scritta come *“nr”. Suoni simili sono ancora presenti in lingue come il sanscrito, l’hindi e il nepali, pure se non sono di ceppo sinitico. In più, la "n" retroflessa anche presente nella pronuncia arcaica di parole in thailandese e bengali.
  • Sono presenti le palatali, rese riconoscibili con una “y” senza valore fonetico e che si comporta come la “r”. In cinese medio esiste la tripletta dzy, tsy, tsyh sorda aspirata. Nel pronunciare queste tre consonanti, la lingua è già in posizione di "gn" di gnomo.
  • Esiste anche la versione palatale di N, che è *“ny” ("gn" di gnomo), da cui è nata la sillaba ER e la R- in pinyin.
  • La R- del pinyin esisteva già come suono in dei contesti ed è trascritto *zr e la sua controparte sorda è *sr.
  • Esisteva poi una versione sonora dei moderni S (*s) e X (*sy), trascritta come *z e *zy.
  • L'aspirazione H (/x/, /h/), trascritta “x” aveva la controparte in cui vibrano le corde vocali “h” (*/ɣ/, / ɦ/).
  • Non esisteva il suono F /f/, comparso nel tardo cinese medio e derivato forse dal suono affricato */pf/ e */pfʰ/, a sua volta derivato da un suono bilabiale (vedi avanti).
  • Il cinese medio ha perso la consonante vibrante sonora */r/, che se intervocalica o prevocalica si riduce nella monovibrante /ɾ/ . Il cinese medio ha anche perso il suono */l̥/ , che si pronuncia come una L ma senza vibrazione delle corde vocali, tali per cui esce solo aria. Un simile suono esiste nel cluster "tl" /tl̥/ in islandese. Di contro, nel cinese medio sono nate le consonanti retroflesse, nate dai cluster del cinese arcaico che spesso avevano la consonante "-l-" (o, secondo Baxter, "-r-") al secondo membro. Un simile processo si ha anche in vietnamita.
  • Laddove in cinese arcaico c'era una sillaba che terminava in *-r, in cinese medio si è trasformata in *-j oppure è sparita.
  • Esisteva uno colpo di glottide, una consonante laringale/glottidale che equivale ad un colpetto di tosse che si accompagna all'attacco di una vocale. Quest’ultimo si trascrive come un apostrofo di fronte alla vocale. Nel tardo cinese medio era ancora presente, mentre nel cinese arcaico poteva trovarsi anche a fine sillaba. Una volta sparito, nel cinese medio (non quello contemporaneo) aveva creato il tono crescente in gran parte dei casi.
  • Esistevano già i toni (Baxter registra il tono piatto/level píng senza segni, crescente shàng con una X maiuscola a fine sillaba e discendente/departing con una H maiuscola a fine sillaba, tre in totale). Tutte le sillabe che terminavano in stop senza rilascio di suono (vedi avanti), atonali, venivano poi indicate come tono entrante (, ) e quindi si preferiva considerarle separate da tutte le altre. Il tono crescente del cinese medio si è formato dalla caduta del colpo di glottide a fine sillaba nel cinese arcaico, mentre il tono decrescente nel cinese medio deriverebbe in gran parte dei casi dalla caduta di una "-s" in un cluster consonantico a fine sillaba nel cinese arcaico. Tutte le sillabe che non avevano né il tono crescente, né il tono discendente (e quindi non avevano stacchi glottali o "-s" in fondo ma tutt'altro), né uno stop senza rilascio di suono (vedi avanti) avevano assunto il tono acuto. Non esisteva il terzo tono del cinese contemporaneo.
  • A fine sillaba si poteva avere, come suoni sonori, una –*n o una –*ng ma anche una –*m.
  • Esistevano pure tre consonanti occlusive senza rilascio di suono, oggi ancora presenti in lingue come il cantonese (famiglia Yue), il coreano e il vietnamita. Sono la –*p (la vocale si interrompe serrando le labbra ma senza una “p” di rilascio), la –*t (interruzione in zona dentale) e la –*k (interruzione in zona velare).
  • In conclusione, a inizio sillaba poteva esserci il suono *“ng-” nasale. Oggi è sparito nel cinese mandarino, ma ancora presente in lingue regionali come il cantonese.
  • Riguardo invece al quadro vocalico, presenta anch'esso delle differenze, ma la più plateale consiste nell’evoluzione della vocale alta centrale (quella presente in ZHI, CHI, SHI, RI), della vocale alta posteriore non arrotondata (quella presente in ZHE, CHE, SHE, RE) e della sillaba "ER".
  • Riguardo alla trascrizione di tre particolari vocali, il cluster "ae" */æ/ è una /e/ molto aperta, "ea" */ɛ/ è leggermente meno aperta e il simbolo "+" sta a indicare la vocale alta centrale */ɨ/.
  • Se la ricostruzione di Baxter-Sagart dell'antico cinese (2014) è corretta, il cinese arcaico aveva per ogni consonante (sorde, sonore, aspirate...) la sua versione faringalizzata, poi persa. La faringalizzazione è presente in lingue semitiche come l'ebraico antico e l'arabo ed era anche presente nel persiano antico. Consiste nel pronunciare una consonante con la radice della lingua contemporaneamente posizionata vicino alla parete della faringe/cavo orale. I due studiosi hanno anche aggiunto i suoni /q/ (K di koala pronunciata con la radice della lingua e non col dorso; esiste anche la sua versione aspirata) e /ɢ/ (lo stesso identico suono ma reso sonoro, non più sordo), che si sarebbero persi nel cinese medio. Molte altre consonanti poi sparite in cinese medio sono state proposte per il cinese arcaico da altri studiosi, per esempio la /ð/ interdentale sonora e /θ/ interdentale sorda nella ricostruzione di Pulleyblank, ma il cinese arcaico ha in generale svariati punti controversi e oggetto di dibattito.
  • Riguardo ai soli segnetti più importanti della ricostruzione Baxter-Sagart, i suoni messi tra parentesi quadra [...] indicano che non si è certi del suono ricostruito e, in alternativa, il suono corretto doveva essere simile a quello ricostruito. I suoni messi tra parentesi tonda (...) indicano il dubbio sulla presenza effettiva o no di quel suono. La "h" messa come apice indica l'aspirazione, la "w" in posizione apicale indica un arrotondamento delle labbra e ʕ i posizione apicale (è una forma simile a un falcetto) indica la faringalizzazione di tutto il composto. Si ricorda che l̥ è una L di leva pronunciata sorda (esce solo aria dai lati della lingua) e r̥ è una R di arare pronunciata sorda.
  • Ora che la ricostruzione Baxter-Sagart è stata introdotta, si può precisare (anche per dare un'idea dei cluster nel cinese arcaico) che la retroflessione aspirata CH- (sia odierna sia del cinese medio, in cui le retroflesse compaiono per la prima volta) deriva da cluster come *tsʰr, *[d]r, *tʰr, *lr ,*s.r̥ ,*qʰ<r> , *t.l̥ , *n̥r , *t.qʰ, *s-l̥ˤ<r> e *tr. Ci sono, come spesso accade, delle eccezioni, per esempio laddove il cluster si origina da *r̥ e *tʰ. Tutti questi cluster sono spariti nel cinese medio. Alcuni di questi suoni sono spariti dall'inventario consonantico del primo cinese medio.
  • Il suono retroflesso sordo SH- deriva da cluster come *s.t, *sr o da rielaborazioni di consonanti insolate come *l̥ e*[d] .
  • Il suono retroflesso ZH- deriva da cluster come *[t.q], *tr, *[dz]ˤr e dalla consonante isolata *t.
  • Come già accennato, il suono retroflesso sonoro R- in cinese medio era una gn di "gnomo", cioè un suono nasale palatale, * /ɲ/-, che è una mutazione del cinese arcaico */n/-. Lo stesso suono si trovava nella versione del primo cinese medio di ER; anch'esso deriva da una */n/- nell'antico cinese, quasi sempre seguita dalla vocale neutra schwa /ə/.
  • Nel cinese arcaico era possibile trovare cluster anche in sillabe poi divenute non retroflesse: semplicemente, uno o tutti i membri del cluster si sono persi, come in e4 (primo cinese medio eak, cinese arcaico *qˤ<r>[i]k) oppure guan4 (primo cinese medio kwaenH, cinese antico kˤro[n]-s).
  • Le sillabe che oggi iniziano in pinyin con W- in cinese medio talvolta erano introdotte da un’aspirazione sonora *h-, da una *m- o da *ng-.
  • Anche la sillaba YI /i/ era talvolta preceduta da *ng- /ŋ/. Ciò accade ancora più sporadicamente pure nei casi in cui ci sono altre sillabe introdotte dalla semivocale /j/.
  • La sillaba WU /u/ era *mju, *ngu ed era invece *'u (con colpo di glottide) nelle sillabe che oggi hanno il primo tono.
  • Non esisteva la schwa/vocale neutra */ə/, che invece esisteva in cinese arcaico e nel cinese contemporaneo (Baxter invece la interpreta come una */ɨ/). In cinese arcaico inoltre esisteva solo la */e/ chiusa, senza controparti più aperte.
  • La sillaba "AI" diventa spesso */ʔoj/ (anche il nucleo della sillaba "DAI" si pronunciava così), mentre "AO" è */ŋaw/ (anche se nucleo di sillaba, eccetto QIAO che diventa /jew/) e più sporadicamente /ʔaw/. La sillaba "YAN" /jɛn/, che curiosamente in pinyin non rispecchia a fondo la pronuncia, ha una pronuncia simile (perlopiù */jen; jem/ anche con la vocale più aperta)
  • La finale -NG non ha subito mutazioni, mentre laddove oggi c'è -N nel cinese medio degli albori ci poteva essere *-n oppure *-m (la seconda oggi è sparita nel cinese standard). Addirittura, le sillabe "CAN" finiva quasi sempre in -m. Le sillabe CHUN, CUN, DUAN, DUN, FEN, GUAN, HUN, JUAN, JUN, KUN, LUAN, LUN MAN, MEN, MIAN, MIN, PAN, PIAN, QUAN, QUN, RUAN, SHUN, SUAN, SUN, TUAN, TUN, WAN, WEN, XUAN, YUAN, YUN, ZHUAN, ZHUN, ZUAN, ZUN e pressoché in ogni caso TIAN e XUN hanno sempre conservato come coda la "-n". Le altre sillabe invece sono variabili. La seconda delle tue tabelle sottostanti indica una lista delle sillabe più diffuse che oggi terminano in -n ma che avevano *-m nel primo cinese medio. Questo suono tende a essere ritenuto in coreano, vietnamita e cantonese.
  • Il terzo tono attuale deriva in gran parte dei casi dal tono crescente del cinese medio, a sua volta derivato dalla caduta del colpo di glottide a fine sillaba. Un fenomeno simile è avvenuto anche in vietnamita, come dimostrato nella metà Novecento da Haudricourt.
  • Il secondo tono attuale deriva spesso da presenza di uno stop consonantico (-t, -p, -k, presenti comunque anche altrove) del cinese medio (a meno che non ci sia una coda nasale -ng o -n/-m, che invece si sono conservate oggi in -ng e -n) e dalla caduta degli stop finali è nato il tono crescente, presente per; anche in quelle con finale nasale. Siccome era breve di durata, si usava per trascrivere le parole con vocali brevi dal sanscrito.
  • Il primo tono dal cinese medio a oggi resta perlopiù invariato. Oggi la resa del primo tono varia in altezza da dialetto a dialetto: nello standard attuale di Pechino, su cui tutti i toni si modellano, ha un'altezza acuta, mentre per esempio nel dialetto Wu di Shanghai (shanghaiano) e Wenzhou (wenzhounese) è meno acuto, mentre nel dialetto Xiang di Changsha l'intonazione è nel registro medio. Semplicemente, se in Cina si vuole parlare il cinese comune per capirsi (molti dialetti di stessa famiglia sono non intelligibili tra loro), si parla il cinese standard, il putonghua, che ha le sue precise regole di intonazione.
  • Un discorso analogo si può fare con gli altri toni, che ovviamente hanno molte varietà dialettali oltre allo standard. Per esempio, il terzo tono in putonghua parte nel registro grave, cala e risale (di colpo o in modo lento e scandito) al registro alto. Nel dialetto Gan di Nanchang, scende e risale fermandosi nel registro medio. Il secondo tono attuale dal registro medio sale a quello acuto, mentre nel dialetto di Nanjing parte dal registro grave e risale al registro medio. In altri dialetti ancora c'è una convergenza di toni: nel dialetto Jin di Taiyuan ad esempio il primo e il secondo tono attuali convergono in una specie di primo tono nel registro grave. Per finire, il quarto tono attuale dal registro acuto scende in picchiata nel registro grave, ma nel dialetto Xiang di Changsha parte dal registro medio e scende in picchiata nel registro grave. Quando si parla dei quattro toni "acuto, crescente, calante-crescente e decrescente" ci si riferisce al putonghua, che si affianca a numerosi dialetti. In altri dialetti ci possono essere più di quattro toni: ad esempio, nel dialetto Pinghua di Nanning, dal punto di vista fonetico ce ne sono sei. Infine, nel dialetto di Yinchuan ce ne sono soltanto tre.
  • Anche il quarto tono attuale in parecchi casi resta perlopiù invariato dal tono decrescente del cinese medio, nato dalla caduta di -*S nei cluster a fine sillaba del cinese arcaico. Un simile fenomeno avviene anche in vietnamita, come dimostrò nuovamente Haudricourt. Comunque in cinese c'erano e ci sono anche sillabe col quarto tono che terminano con suoni nasali.
  • In tutte quante le regole dette finora, come più volte ribadito, valgono in parecchi casi ma si possono trovare delle eccezioni.
  • L'Old Chinese, nella ricostruzione Baxter-Sagart, aveva a fine sillaba la seguenti combinazioni: *-s, -t, -[t]s, -k, -ks, -p, -[p]s, -ʔ (stacco glottale), -ʔs (da questa combinazione, ovunque si trovi, derivano degli odierni quarti toni discendenti), -n, -ns, -nʔ, -[n]ʔs, -m, -mʔ, -mʔs, -ms, -ng, -ngʔ, -ngs, -ngʔs, -r (divenuta *-n nel primo cinese medio), -[r]ʔ, -rs.
  • Nel Middle Chinese, di contro si trovano soltanto *-n, *-m (converge in -n nel cinese moderno standard), *-ng *-p, *-t, *-k (i tre stop senza rilascio di suono sono tutti caduti in cinese mandarino).
  • Successivamente al tardo cinese medio, è venuto il primo mandarino o mandarino antico (早期官话 Zǎoqí Guānhuà o 古官话 Gǔ Guānhuà), databile dal periodo che va dalla nascita della Dinastia Jin (晋朝, nata nel 1115) al dominio della Dinastia Yuan (元朝), che corrisponde al khanato mongolo (1279-1368), che fu poi deposto dalla dinastia Ming (明朝, 1368-1644). Durante il primo mandarino (khanato mongolo), tutti gli stop consonantici senza rilascio di suono si sono leniti in uno stacco glottale/colpo di glottide fino a cadere. La loro caduta ha portato alla riorganizzazione del sistema tonale, siccome il tono entrante è scomparso. Contemporaneamente, sono quasi sicuramente scomparsi i suoni fricativi sonori z- e zy-. Dopodiché, era nato il suono */f/-, tuttora presente in cinese, i cluster vocalici si sono semplificati parecchio, *ny- si è trasformato nel suono retroflesso simile alla moderna R- e le retroflesse *dr, *tr, *trh e *zr sono sparite. Infine, la differenza sonora-sorda-sorda aspirata è sparita, riducendosi a non aspirata-sorda aspirata, come nel cinese contemporaneo. Lo stesso fenomeno ha interessato pure l'aspirazione *h e *x. Le differenziazioni restano solo in shangainese, mentre gli stop consonantici senza rilascio di suono sono presenti solo in cantonese e in alcune sillabe di dialetto taiwanese, come xue2, che si proununcia in modo simile a "hok". Nel Primo Mandarino, era ancora presente *ng- a inizio sillaba. Riguardo alle vocali, era nata la vocale neutra schwa, tuttora presente, e la distinzione tra *ju e *jo si è persa, convergendo in *ju e successivamente nel moderno YU, cioè /y/. Era ancora presente la *-m a fine sillaba, ma parte di esse si erano assimilate in *-n. Le rimanenti si sono tutte assimilate in *-n tra il tardo periodo Ming e il primo periodo Qing (清朝), l'ultima dinastia imperiale cinese. Nei dizionari di rime di questo periodo (khanato mongolo, Primo Mandarino), i caratteri avevano la pronuncia indicata con l'alfabeto 'Phags-pa, inventato dal monaco tibetano Drogön Chögyal Phagpa per Kublai Khan. Il cinese parlato tra il periodo Ming (fine del khanato mongolo) e il primo periodo Qing (che deposero i Ming nel 1644) è detto "mandarino Medio" (Middle Mandarin). Durante il Mandarino Medio, in Corea il re Sejong il Grande ha inventato l'alfabeto hangeul (1443). La fase finale non ha un nome preciso, ma si può chiamare "mandarino tardoimperiale" ("lingua franca tardo imperiale") e dura fino a tutta la dinastia Qing (l'ultimo imperatore, Puyi, abdica nel 1912, dopo la Rivolta di Wuhan dell'anno precedente). Nell'Ottocento, il dialetto più prestigioso era diventato quello di Pechino, che aveva sorpassato quello di Nanchino (periodo Ming). Dopo l'inizio Ottocento, è caduta la differenziazione tra /t͡s/ e la palatale /d͡ʑ/, siccome è avvenuta una convergenza verso la seconda. Questa differenza è rimasta però cristallizzata nel toponimo "Tientsin" (Tianjin 天津) e nel nome dell'università di "Tsinghua" (清华大学).
  • Se si usa il cinese medio o arcaico per cercare le corrispondenze di suono nei sinogrammi usati in altre lingue, bisogna sempre tenere conto anche dell'evoluzione di queste lingue: la pronuncia odierna potrebbe essere diversa da quella di un periodo anteriore, oppure conoscere la pronuncia arcaica nella lingua di approdo aiuta nel fare analisi e collegamenti. Sotto la tabella, sono presenti delle introduzioni sommarie al giapponese, coreano e vietnamita antichi.

IPA della trascrizione Baxter (2011) del primo cinese medio

Suono

(Baxter, 2011)

IPA

(Baxter, 2011)

b-, p-, ph- /b/, /p/, /pʰ/ (sonora, sorda, sorda aspirata)
d-, t-, th- /d/, /t/, /tʰ/
dzy-, tsy-, tsyh- /d͡ʑ/, /t͡ɕ/, /t͡ɕʰ/ (palatale)
dz-, ts-, tsh- /d͡z/, /t͡s/, /t͡sʰ/
dr-, tr-, trh- /ɖ/, /ʈ/, /ʈʰ/ (retroflesse)
dzr-, tsr-, tsrh- /ɖʐ/, /ʈʂ/, /ʈʂʰ/ (retroflesse)
g-, k-, kh- /g/, /k/, /kʰ/
s-, sy-, sr- /s/, /ɕ/, /ʂ/ (l'ultimo suono è retroflesso)
z-, zy-, zr- /z/, /ʑ/, /ʐ/ (l'ultimo suono è retroflesso)
l- /l/
m- insieme a -m /m/ e -/m/
n- insieme a -n, ny-, nr- /n/- e -/n/, /ɲ/, /ɳ/ (l'ultimo suono è retroflesso)
ng- insieme a -ng /ŋ/- e -/ŋ/
-p, -t, -k /p̚/, /t̚/, /k̚/ (stop consonantici senza rilascio di suono)
'-, h-, x- /ʔ/-, /ɣ~ɦ/, /x~h/ (il primo è uno stacco glottale)
a, i, +, u, o /a/, /i/, /ɨ/, /u/, /ʌ/
e, ea, ae /e/, /ɛ/, /æ/ (l'apertura della bocca è progressiva)
j, w /j~i̯/, /w~u̯/ (semivocali; la trascrizione cambia se la semivocale è alla fine del cluster vocalico.

In tal caso si scrive con un trattino piegato in basso.)

  • X indica il tono ascendente (shang4 del Cinese Medio, che nel cinese contemporaneo standard è analogo al cosiddetto secondo tono) e H indica il tono discendente (qu4 , che oggi è analogo al quarto tono), che parte da un'intonazione acuta ("HIGH").
  • Le sillabe senza stop hanno il tono entrante (ru4 ); in altre parole, è il modo di dire che vocale è sfuggita per lo stop consonantico senza rilascio di suono.
  • Tutte le altre hanno il tono piatto (ping2 ), che nel Putonghua è equivalente al primo tono. Questi toni sono poi ulteriormente evoluti dal Primo Cinese Medio.

Cluster vocalici

Qui sono presentati i cluster vocalici (cluster fonetici, non ortografici) del primo cinese medio secondo la ricostruzione Baxter-Sagart, senza iniziali e finali di alcun tipo:

  • Oj, ow.
  • Aej /æi/, aew.
  • Aw, aj.
  • Ij.
  • Ja, je, jej, jew, jo, joj, jow, ju, juw, jae, j+ (sempre seguito da consonante) /jɨ/, j+j, jie, jiej, jij, jiw, jiew, jwe, jwej, jw+j, jwi, jwie, jwo, jwoj, jwa.
  • Wo, woj, wi, we, wi, wij, wa, waj, wae, wea /wɛ/, waej, weaj, wej.
  • Uw.
  • Ej, ew.

Conversione pinyin-primo cinese medio e tavole di mutazioni principali (Baxter, 2011)

La tabella indica a grandi linee la conversione delle consonanti dal pinyin a inizio sillaba al suono ricostruito, in trascrizione Baxter e basandosi sul Qieyun. Viene pure indicata l'origine del suono moderno Yu e suoi derivati e della -E senza code nasali, entrambi in isolamento. Infine, viene anche trattata la vocale alta centrale. Queste tre vocali sono assenti in italiano e le prime due non appartengono al cinese medio degli albori, quindi creano curiosità riguardo alla loro origine insieme anche alla sillaba "ER", pure presente. Molti altri suoni vocalici sono stati spiegati in precedenza. Nelle due colonne in mezzo viene fornita la trascrizione scientifica in alfabeto fonetico internazionale (IPA) e, nell'ultima, una spiegazione dei suoni prima in putonghua e poi in Early Middle Chinese.

Un lavoro estremamente più approfondito deve comunque procedere oltre la sintesi qui operata, che è soltanto un buon punto di partenza, e può fare uso delle tavole di sinogrammi con la pronuncia ricostruita per una consultazione più a fondo o per la ricerca della pronuncia di una singola sillaba. Si ricorda che la pronuncia è ricostruita, quindi accanto a ogni slash in IPA e a ogni suono trascritto andrebbe un asterisco per indicare questa caratteristica.

Pinyin

(Putonghua)

拼音

IPA

(Putonghua)

声音

IPA

(Primo medio cinese)

中古汉语

Trascrizione Baxter e spiegazione

(Putonghua e primo medio cinese)

说明

B /b~p/ */b; p/ B di birra / P di palla. Può sentirsi sia sorda che sonora.

L'odierna B, stando alla ricostruzione di Baxter, nel cinese medio degli albori era una *b o,

in altri casi, una *p.

P /pʰ/ */b; pʰ/;

raramente */p/;

*-/p̚/

P di palla, sorda e con aspirazione.

La P a volte era *b, altre volte era *ph, sporadicamente era *p.

In cinese medio, a fine sillaba, era uno stop bilabiale senza rilascio di suono.

D /d~t/ */d; t/ D di dente / T di tavolo.
La D in cinese medio era una *d o, in altri casi, una *t.
T /tʰ/ */tʰ; d/

*-/t̚/

T di tavolo, sorda e con aspirazione sorda.

La T era una *th e una *d.

In cinese medio, a fine sillaba, era uno stop dentale senza rilascio di suono.

J /d͡ʑ~t͡ɕ/ */g; k; d͡z; t͡s/

seguita da vocale

anteriore

G di gelato / C di ciao, molto palatalizzata.

La J in cinese medio era, in parecchi casi, una *g/k/dz/ts seguita da una -*/i/ vocalica/semivocalica o

da una -*/e/.

Q /t͡ɕʰ/ */g; k; kʰ; d͡z; t͡sʰ/ C di ciao palatalizzata, sorda con aspirazione sorda.

La Q era *g/k/kh/dz/tsh seguita da una *-/i/ vocalica/semivocalica o da una *-/e/.

X /ɕ/ */s; ɦ; h; z/

seguita da vocale

anteriore

SC di scienza palatalizzata, sorda. Idem.

Nella pronuncia di molte donne, bambini e più in generale in quella meridionale,

si pronuncia /s/.

La X è una *s oppure in altri casi una *x/h/z, seguita spesso da *-/i/ vocalica/semivocalica

o dalla *-/e/.

G /g~k/ */k/ G di galera / C di cane / K di koala.

La G in cinese medio era una *k sorda.

K /kʰ/ */kʰ/

*-/k̚/

C di cane / K di koala, sorda e con aspirazione sorda.

La K era in quasi ogni caso una *kh, quindi non ha subito modifiche.

In cinese medio, a fine sillaba, era uno stop velare senza rilascio di suono.

H /h~x/

oppure /ʁ/

*/h; ɦ/ assimilabile H dell'inglese have, sorda. Si plasma poi in base alla vocale successiva.

In alcuni parlanti in tutti i casi la realizzano come /ʁ-/,

cioè una vibrazione sorda dell'ugola eseguita con la radice della lingua sollevata.

La H in cinese medio era una aspirazione a volte sorda *h- e a volte sonora *x-. Può inoltre plasmarsi

e rimodellarsi in base alla vocale successiva. Per esempio, con la /u/ chiusa può diventare la fricativa

velare /x/- e, se sonora, /ɣ/-, mentre prima del suono /i/ può palatalizzarsi in /ç/- e /ʝ/-.

Deriverebbe dal cinese arcaico *q, *G e *g, aventi sia faringalizzazione e cluster con -r-.

Z /d͡z~t͡s/ */d͡z; t͡s/ Z di zero, sorda o sonora.

La Z era ts e dz, quindi non è cambiata.

C /t͡sʰ/ */d͡z; t͡s/

"CE"= */ʈʂʰ/-

Z di zero, sorda e con aspirazione sorda.

La C in cinese medio era *ts o, in altri casi, *dz e, nella sillaba CE, era *tsrh retroflesso aspirato.

S /s/ */s; ʂ/;

raramente /z/

S di sera, sorda.

La S era una *s o talvolta una *sr retroflessa, sporadicamente *z fricativa.

M /m/ */m/;

-/m/

M di mano, sonora.

La M era già una */m/, quindi è rimasta invariata. In cinese medio poteva trovarsi a fine sillaba nelle

sillabe che oggi terminano (solo e unicamente) in -N.

In delle combinazioni inizianti in *mj-, in cui quindi era a inizio sillaba, è caduta insieme alla -/j/-.

(ex. *mjon, oggi wan4)

N /n/ */n; ɳ/;

raramente /ŋ/;

-/n/ assimilabile

N di nave, sonora.

La N era quasi sempre */n/, invariata, in altri casi era *nr retroflessa e sporadicamente era *ng-.

In cinese si può trovare tuttora a fine sillaba e rappresenta un suono nasale, basilarmente -/n/, che

può assimilarsi alla consonante successiva.

L /l/ */l/ L di leva, sonora.

La L era già una */l/, invariata. A sua volta, nell'antico cinese era solitamente *[r]ˤ o *[r].

F /f/ */b; p; pʰ/

seguite da -/j/...

F di ferro, sorda.

La F nel cinese medio era una *b o, in altri casi, una *p e una *ph, sempre seguite dalla

semivocale -*/j/. Il suono F non esisteva, come già detto.

ZH /ɖʐ~ʈʂ/ */ʈʂ; ɖʐ; t͡ɕ; ʈ; ɖ/ G di gelato / C di ciao cacuminale/retroflessa. Nella pronuncia meridionale,

manca la retroflessione a tutte le retroflesse.

La ZH e una *tsr e dzr e tsy, mentre in altri casi ancora è *tr e *dr.

CH /ʈʂʰ/ */t͡sʰ; ɖʐ; ʈʰ; ɖ;

d͡ʑ; t͡ɕʰ; ʈʂʰ/

C di ciao, sorda, retroflessa.

La CH in cinese medio era un suono estremamente variabile in base ai casi,

era infatti *tsh, dzr, trh, dr, dzy, tsyh, tsrh (ricorda che la h si scrive dopo la r, se presente).

SH /ʂ/ */ʂ; d͡ʑ; ɕ/;

raramente */ʑ/

SC di scienza, sorda e retroflessa.

La SH era sr, dzy, sy, sporadicamente zy.

R- /ʐ/ */ɲ/ SC di scienza, sonora e retroflessa. Si può immaginare come "SH" sonorizzato.

La R- era una *ny, cioè un suono nasale palatale, come GN di gnomo.

YU /y/ */ju; jo; ŋju; ŋjo/ I di infedele, chiusa e procheila (cioè le labbra si tengono arrotondate, tali che formano un cerchiolino).

YU in gran parte dei casi era *yu, *yo, *ngju, *ngjo.

YUE /ɥe/ */ŋjwot̚; jak̚/ IE di ieratico, con la "i-" arrotondata.

Yue era in gran parte dei casi *ngjwot e *yak.

YUAN /ɥæn/ */hjwon; ŋjwon/ IEN di iena, con la "i-" arrotondata e la "e" poco più aperta rispetto a /ɛ/.

Yuan in gran parte dei casi era *hjwon e *ngjwon.

YUN /yn/ */hjun/ In di indicare, con la "i-" arrotondata.

Yun era in svariati casi *hjun.

-E. /ɤ/ */ʔɛk̚; ŋak̚/;

*-/ap̚; at̚; ak̚; ok̚/;

RE era */ɲet̚/

in ZHE, anche *-/jep̚; jet̚ /

Il suono di questa vocale posteriore chiusa è una "o" con le labbra non arrotondate,

molto enfatica e con il dorso della lingua in posizione elevatissima, molto vicina al palato.

Dopo questa vocale, non sono presenti codine nasali.

In isolamento, nelle sillabe che oggi hanno il secondo tono era pressoché sempre *nga, in quelle

col quarto tono *'eak o *ngak.

Quando è nucleo di sillaba, è *-eak aperta, *-aek ancora più aperta oppure *-ik

(quest'ultimo soprattutto nella sillaba SE);

era quasi sempre *-ap, *-at, *-ak nelle sillabe GE, KE, HE.

in DE, TE, LE era quasi sempre *-ok;

NE era molto variabile e RE, presente nel Guangyun ricostruito nella sola sillaba , era *nyet.

in ZHE in svariati casi si trova anche come *-jep, *-jet.

ER /ʌɻ~aɻ~ɑɻ~əɻ/ */ɲi/ la vocale iniziale di questa particolare sillaba isolata è una "o" aperta, il dorso della lingua

distante dal palato e le labbra distese oppure una schwa oppure, in casi più rari, una /a/ centrale

o posteriore. La pronuncia varia moltissimo ma la sillaba resta inconfondibile.

Questo suono forma una sillaba a sé e unica nel suo genere. Il suono consonantico finale

è come la "r" inglese, che non vibra e non ha contatto tra organi. Inoltre è leggermente retroflessa.

In cinese medio era quasi sempre *nyi.

-I -/ɨ/ */ij/;

*/i; je; e/ e eventuale stop

Dopo i quattro suoni retroflessi ZH, CH, SH, R- e la loro versione non retroflessa "Z, C, S",

la "-i" è un falso amico che non esiste come sillaba a sé e ha una pronuncia pressoché

identica alla schwa. La pronuncia precisa si ricostruisce nel seguente modo:

si pronunci alla massima velocità "ke-ki-ke-ki-ke-ki".

Il dorso della lingua andrà a toccare il palato sporgendosi in avanti. In questa posizione,

si intoni la schwa tendendo le labbra non arrotondate.

Si può immaginare in modo semplificato come una schwa con la lingua più sollevata verso il palato.

In cinese medio era -*ij, -*i (specialmente nella sillaba SI), -*je. La sillaba RI era sempre *nyit

e nella sillaba SHI e ZHI poteva essere anche -*e oppure -*i con eventuale stop senza rilascio.

Un lavoro ancora più approfondito va anche a comprendere la resa delle vocali dei vari nuclei di sillaba, per esempio l'odierno -AI /ai/ in tutte le sue sillabe (ex. LAI, MAI, NAI, GAI, KAI, HAI, ZHAI, CHAI, SHAI, ZAI, CAI, SAI, BAI, PAI, DAI, TAI) e anche in isolamento, caso in cui, per esempio, si pronuncia spesso *'oj laddove c'è il primo tono odierno e *'ea col colpo di glottide oppure *ngoj.

Accomodamento dei sinogrammi nelle lingue sino-xeniche

Varietà di giapponese 日(本)语 (nihongo)

  • Siccome i caratteri cinesi sono arrivati in Giappone attraverso i coreani del regno di Baekje (百濟 백제, Corea meridionale) mentre in Cina stava volgendo a termine il cinese antico e stava nascendo il cinese medio, in quel periodo in Giappone si parlava il giapponese arcaico (Old Japanese, finito nel 794 con la fine del periodo Nara, quando la capitale era a Nara 奈良, e l'inizio del periodo Heian 平安 , in cui si inventano il カタカナ katakana e ひらがな l'hiragana e la capitale era a Kyōto 京都, anticamente chiamata "Heian").
  • Un altro aspetto del giapponese arcaico consiste nell'assenza totale di consonanti a fine sillaba. Esso è però limitato solo a questa fase estremamente arcaica. Oggi è possibile solo inserire un suono nasale traslitterato con "n" () che si assimila in base alla consonante successiva; questo suono nasale, insieme alla distinzione tra vocali lunghe e brevi e consonanti geminate/raddoppiate/tensificate e non, è stato inserito nel periodo Heian (794-1185), cioè durante il cosiddetto "giapponese medio degli albori/giapponese medio iniziale/Primo Giapponese Medio (Early Middle Japanese), proprio per adattare un enorme numero di prestiti cinesi al giapponese.
  • In generale, in giapponese non sono mai esistite le consonanti aspirate: quelle che in cinese medio hanno l'aspirazione la perdono a prescindere. Per esempio "tai" /tʰai/, che in cinese moderno conserva l'aspirazione dal primo cinese medio *thoj, in giapponese è /tai/.
  • Nel giapponese arcaico era poi presente la consonante vibrante */r/ e non esisteva né il suono /d͡z/ occlusivo (esisteva una */ⁿz/ fricativa) né il suono /d͡ʑ/, che per esempio si ritrova oggi nella parola "kanji" (sarebbe una palatalizzazione di /d͡z/, aggiunto più avanti e in cui convergono */d͡z/ affricata, */z/ fricativa insieme anche a */ʑ/ e */d͡ʑ/ palatali del cinese medio).
  • Nel tardo giapponese medio (iniziato con lo shogunato di Minamoto no Yoritomo 源 頼朝, detto "periodo Kamakura", in cui la capitale era Kamakura 鎌倉), periodo in cui abbiamo testimonianze occidentali della lingua giapponese come l’"Arte da Lingoa de Iapam" di João Rodriguez (1561/62-1633/34) del 1604-1608, il cluster vocalico /ou/, che tuttora conserva questa grafia, ha assunto la pronuncia /o:/, e la palatalizzazione di /si/ in /ɕi/ è attestata (e tuttora si conserva) mentre tutte le sillabe */kwe, kwi, gwe, gwi/ esistenti sono mutate in /ke, ki, ge, gi/. Un esempio di quest'ultima mutazione si può trovare nel kanji che in cinese moderno (trascrizione pinyin 拼音) è guǐ /kwei/ con il terzo tono, in coreano moderno è (gwi, dall’alfabeto hangeul 한글 si legge /kwi/), in vietnamita moderno è quỷ /kwi˧˩/ (se il suono /k/ è seguito da "u(…)", non si scrive *cu, bensì "qu…"), in cantonese (trascrizione jyutping 粤拼) è "gwai2" /gwɐi̯/ (intonazione crescente) e in cinese medio era, secondo Baxter, */kjwɨj/. In giapponese moderno, con la lettura on'yomi, si pronuncia (dal katakana, usato per traslitterare sia i prestiti sia la pronuncia on’yomi 音読み, si pronuncia /ki/). Dopo queste considerazioni, è facile immaginare come in tardo giapponese medio, prima della convergenza, fosse */kwi/.
  • I due dittonghi /we/ e /wi/, che in giapponese esistevano anche in isolamento, trascrivevano sillabe aventi cluster vocalici complessi, chiaramente ridotti. I tre casi emblematici sono -*/jwe/, -*/jwij/, -*/jwɨj/, che in cinese moderno sono "wei" e in giapponese, a colpo d'occhio, sono "we" e "wi", che però oggi sono in disuso totale pure se in isolamento, oltre che dopo consonante. Entrambi, se in isolamento, a prescindere si riducono in /i/. Sei esempi con il corrispettivo in primo cinese medio sono *jw+jH, *hjw+j, *hwijH, *'jw+j, *hjwe, *'jweX, oggi tutti quanti /i/.
  • Nel tardo giapponese medio (Late Middle Japanese) inoltre le sillabe /di/ e /ti/ si palatalizzano in /d͡ʑi/ e /tɕi/ (la prima converge in pronuncia con l’odierna ジ /d͡ʑi/, in passato /dzi/).
  • Nel giapponese moderno degli albori, che copre tutto il periodo Edo (ovvero tutto il periodo dello shogunato Tokugawa, durante la quale la capitale venne spostata a Edo 江戸, poi rinominata Tōkyō 東京 durante la Restaurazione Meiji 明治), anche /kwa/ e /gwa/ diventano /ka/ e /ga/, un esempio sembra rintracciabile in , l'anguria, che in cinese moderno è gua /kwa/ con il primo tono, in coreano moderno è goa (oggi /kwa/), in vietnamita moderno è "qua" /kwa/, in cantonese è "gwaa1" /gwa:/ (intonazione piatta acuta) e in cinese medio era *kwae. In giapponese moderno è カ (/ka/), quindi durante il giapponese moderno degli albori /kwa/ e diventato /ka/. Questo è pure il periodo in cui /u/, vocale arrotondata, diventa /ɯ/: non è più procheila. In altre parole, si toglie l'arrotondamento delle labbra.
  • Il dittongo *-/wo/ del cinese medio tende a ridursi in /o/ in giapponese, se e preceduto da consonante. In isolamento, non trascrive nessun kanji. Due esempi sono e , entrambi *xwon /xwon/ in cinese, oggi /kon/ in giapponese. Un terzo esempio è *kwok, in giapponese moderno /kokɯ/. Si può quindi momentaneamente concludere che nelle sillabe moderne [ka, ki, ke, ko] e [ga, gi, ge, go] e [kan], se si fa un confronto col cinese medio, era talvolta presente un dittongo che inizia per /w/-, oggi caduto da tutte le combinazioni. Per fare un paio di rapidi esempi contenenti "kan", si possono prendere 館/馆 *kwanH, oggi /kan/, e *khwanX, oggi /kan/. Questo fenomeno di caduta della semiconsonante /w/- in realtà è presente in altre sillabe ancora come *dwan, in giapponese moderno /dan/ oppure *dwan, oggi /tan/. Coinvolgerebbe quindi anche i suoni dentali e l'aspirazione in cinese medio, perché si può fare un ultimo esempio 換/换 *hwanH, oggi /kan/.
  • I gruppi vocalici molto complessi in cinese medio tendono a ridursi a prescindere, per esempio *woj diventa /ai/ in giapponese, ad esempio 退 *thwojH, oggi /tai/. Un altro esempio è *khwaej, oggi /kai/. Qui si può pure notare la vocale /æ/ approssimata in /a/.
  • Quindi per tirare una conclusione sommaria sull'antica semivocale (-)/w/, dal cinese medio si nota come oggi si siano persi i dittonghi che iniziano per -/w/ quando sono preceduti da consonante. Questi ultimi in cinese moderno tendono a restare. Riguardo a questi dittonghi in isolamento, "we" e "wi" si riducono in /i/ essendo in disuso, mentre /wa/ si usa ancora e resta inalterato (ex. /wa/). "Wo" in isolamento non si usa, mentre come particella per indicare il complemento oggetto diretto (l'unico uso frequente in giapponese moderno in scrittura hiragana) si pronuncia /o/ ma in romaji si latinizza come "wo" per non confonderlo con "o" (esistono kanji che si pronunciano /o/, come ). Se presente in cluster vocalici complessi (in cinese medio hanno tre o quattro membri), /w/- si è sempre semplificato; in generale, si tolgono uno o due membri.
  • Per rimanere in tema di gruppi vocalici, siccome in giapponese moderno /je/ fa parte del katakana per traslitterare prestiti moderni, nella pronuncia attuale dei kanji il suono appare sostituito: ad esempio, la sillaba in cinese medio è *sjew, mentre in giapponese è /ɕjo:/, che si scrive (e ricostruisce) "shou": o è stato trasformato o muta per l'effetto della -/u/. Se non si trasforma, è riconoscibile in versione semplificata, senza la semivocale /j/-, come in *gjenX, in giapponese /ken/.
  • La /h/- in cinese moderno, nel cinese medio distinta in aspirazione sorda e sonora, diventa /k/ e /g/ in giapponese moderno per approssimare i suoni */x/ e */ɣ/ del cinese medio, alternativi a /h/ e /ɦ/ o reperibili almeno nel caso di assimilazione data dal suono /u/ e /w/ appena successivo. La parola "kanji" è un esempio di questo fenomeno.
  • Le sillabe che giapponese moderno iniziano per /h/- in giapponese medio avevano /ɸ/, che deriva a sua volta da un’antica /p/ divenuta fricativa o /b/ defonologizzata e poi diventata pure lei fricativa. Un esempio è la parola 日本 (ニホン nihon), che straordinariamente conserva la variante arcaicheggiante ニッポン (nippon), da cui deriva l’aggettivo "nipponico": In cinese medio era *pwonX /pwon/, con intonazione crescente indicata da X (oggi terzo tono), mentre in cantonese oggi è "bun2".
  • La /f/ del cinese moderno, che deriva dal cinese medio *b, *p e *ph, in giapponese tende a diventare una semplice aspirazione perché la fricativa labiodentale /f/ non è mai esistita. Due esempi sono *pj+j, oggi /hi/ e *pjang, oggi /xo:/, cioè "hou". Nel primo esempio, si semplifica il gruppo vocalico perché la vocale alta centrale si fa convergere/si sostituisce con /i/. Da questi due punti si può concludere che l'odierna /h/ in giapponese deriva da suoni bilabiali del cinese medio, come anche l'odierna /f/ del putonghua: entrambe le consonanti hanno la medesima origine.
  • Sebbene sia vero che il giapponese ha inventato durante il periodo medio degli albori il suono nasale finale assimilabile (e quindi completamente flessibile) per adattare i prestiti cinesi, la distinzione netta del cinese medio tra *–n e *–m in giapponese non esiste, inoltre il suono nasale finale si usava più per riprodurre questi due suoni che per /ŋ/ finale, che spesso si può trovare approssimato come /i/ o /u/, per esempio in , che in cinese moderno è shēng (primo tono), in cantonese è "saang1" /sa:ŋ/ e in giapponese è セイ /sei/. In questi contesti sono nati /au/ (oggi (o:/), /eu/ (oggi /yo:/ anche in scrittura) e /ou/ (oggi /o:/). Un esempio dell'ultimo caso è il kanji *khuwngX, che in giapponese si pronuncia /ko:/ e si scrive */kou/.
  • /au/, in giapponese moderno /o:/, deriva non solo dall’esigenza di accomodare "vocale+ŋ" del cinese medio ma, in sillabe completamente diverse, ma anche dal bisogno di accomodare il nucleo di sillaba cinese "ao" (/au-ao/ in mandarino; in cinese medio era *aw). Ad esempio, máo (tono crescente) in cinese medio era *maw e in giapponese moderno è {{{2}}} /mo:/, da cui si ricava un antico /mau/. In cantonese moderno ci assomiglia perché oggi si pronuncia "mou4" (tono discendente). Si può quindi concludere che l'allungamento vocalico /o:/ deriva sia dalla trascrizione del suono nasale velare del cinese medio, sia dalla trascrizione della *-/w/ finale in cinese medio, dalla trascrizione della finale *-p (vedi avanti).
  • Il giapponese a inizio sillaba non ha mai avuto /ŋ/ (ma in giapponese si può trovare sostituito con g-, abbastanza simile) e /ɲ/ (si approssima con /n/, se si prende in considerazione il cinese medio; nel cinese arcaico al posto di /ɲ/ iniziale c’era comunque sempre /n/ nella ricostruzione di Baxter-Sagart). Un esempio si vede in 二 èr /ʌɻ/, che in cinese medio era *nyi /ɲi/ e in giapponese moderno è (/ni/). Un esempio invece di sostituzione di /ŋ/ con /g/ è nel carattere , che in cinese medio era *ngjoX (tono crescente) e in giapponese è /go/.
  • Di contro, in parecchi kanji si può notare come non sia avvenuta la palatalizzazione in cinese laddove la pronuncia in cinese medio era *gi, ki, khi (con "i" anche semivocalica per formare dittonghi o il suono moderno /y/) e oggi, in pinyin, forma le sillabe JI e QI. Per esempio, (versione tradizionale ), che in mandarino è qì (/tɕʰi˥˩/, quarto tono, in cinese medio era *khj+jH, ovvero */kʰjɨj/ con tono discendente), in giapponese si pronuncia (/ki/): non c’è palatalizzazione e il resto della sillaba è andato semplificandosi ancora una volta. In più, a prescindere si tolgono tutte le aspirazioni perché il giapponese non ne ha mai avute. Un altro esempio è , che in cinese moderno è "jīng" (primo tono), in cantonese è "ging1" /gi:ŋ/ e in giapponese è /kjo:/, derivato a sua volta da /kjou/ per rendere il suono -/ŋ/. Oppure, siccome è *kjaeng in cinese medio, il dittongo "jae" si è reso come /e/ per formare quindi /eu/ che, come già detto, diventa oggi /jo:/.
  • La vocale centrale alta /ɨ/, reperibile nelle sillabe cinesi ZHI, CHI, SHI, RI, ZI, CI, SI non esiste in giapponese e non esisteva nemmeno in cinese medio in questi precisi contesti appena elencati. In giapponese al suo posto si trova /i/. Ad esempio, (semplificato ) in cinese moderno è shí (secondo tono), in cinese medio *dzyi, in cantonese è "si4" /si:/ e in giapponese moderno (/ɕi/), oggi sempre palatalizzato.
  • Vocali anteriori aperte in cinese medio come ad esempio */æ/ presente in cinese medio, siccome nel giapponese arcaico non sono probabilmente mai esistite, sono state quindi approssimate in /a/ oppure /e/. In giapponese poi c’è spesso molta confusione nel distinguere le occlusive sorde da quelle sonore /b; p/ (oggi /b/ oppure /h/), /d; t/, /g; k/: anche in cinese oggi non c’è una distinzione netta, appartenente invece al cinese medio e a dialetti come lo shangainese.
  • Nel giapponese non esistono cluster consonantici a parte quelli formati da finale nasale e successiva consonante (si pensi alla stessa parola "kanji"). Tutti gli altri, derivati dagli stop senza rilascio di suono presenti nel cinese medio, o si perdono perché cade lo stop oppure, come nel caso di "studente", in giapponese moderno 学生 (ガクセイ, gakusei, in cinese "xue2sheng1"), c’è una vocale che permette di preservare lo stop, anche se la lettura on’yomi del kanji si allunga. Di solito si vede proprio la "u" oggi non più arrotondata, sporadicamente "i" se la vocale appena precedente è anteriore. Per la precisione, partendo dal presupposto che i tre stop a fine sillaba del cinese medio sono *-p, *-t, *-k, lo stop in zona velare *-k diventa "ku/ki" come nell'esempio precedente, quello in zona dentale diventa "tsu/chi" (oggi palatalizzati a partire da *"tu/ti") mentre quello in zona bilabiale è diventato /ɸu/ per poi ridursi oggi in */u/ > /ɯ/ (il simbolo ">" indica, nella letteratura filologica, la derivazione di una forma da un'altra). In quest'ultimo caso, come anticipato sopra, nascono altri allungamenti vocalici. Un esempio a caso di quest'ultima casistica è *kaep, che in giapponese è oggi /ko:/, che probabilmente deriva da */kau/, siccome /æ/ si approssima. Se dopo uno stop c'è una consonante che si articola nello stesso luogo (ex. -k k-), avviene un raddoppio, per esempio nella parola 国家 ("kokka"). Quest'ultimo fenomeno avviene anche in coreano, dove questa parola si pronuncia "gukka" /kukka/.
  • Il suono "r" in giapponese oggi si pronuncia /ɹ/, senza contatto tra organi come in inglese, ma fino al giapponese moderno degli albori era /r/ e, intervocalico, era monovibrante /ɾ/ esattamente come in italiano.
  • In giapponese, non è mai esistita la /l/, che nei prestiti cinesi e anche stranieri viene sostituita con la "r" giapponese. Si pensi al kanji (cinese moderno "lai", cantonese "loi2" /lo:y/, giapponese ライ, rai) e al prestito エレバット (erebatto, dall’inglese "elevator", "ascensore").
  • In questo periodo inoltre la sillaba /tu/ giapponese si pronuncia /t͡sɯ/ non più arrotondato.
  • Il colpo di glottide a inizio sillaba del cinese medio si è perso nel giapponese: non esistono segni che lo trascrivono.
  • In giapponese non sono mai esistite le consonanti retroflesse, presenti in cinese medio. Rispettivamente, *tr e *trh sono diventate /t/, *dr è diventata /d/ e *sr è diventata /s/, *zr è diventata /d͡z/: perdono tutte la retroflessione. Tutte quelle rimaste, che sono le affricate retroflesse *tsr e *tsrh, diventano /s/: si perde il contatto tra organi.
  • In giapponese, le palatali occlusive del cinese medio */t͡ɕ/ e */t͡ɕʰ/ vengono approssimati in /s/ perché questi suoni, eccetto per /t͡ɕi/ (ma che anticamente era /ti/), non sono mai esistiti in giapponese. Si può quindi concludere che nell'odierna /s/ convergono *s, *sr, *ts, *tsh, *tsr, *tsrh e *sy palatale. Un discorso analogo si può fare anche sul suono */t͡s/ del cinese medio, mai esistito in giapponese a parte nel caso /t͡sɯ/, che però anticamente era /tu/.
  • Le sillabe che in primo cinese medio iniziavano per *mj-, poi perso in cinese moderno (infatti oggi iniziano tutte con /w/-, derivato forse da */v/- o */ɱ/-), in giapponese tendono in parecchi casi a ritenere il suono /m/- o a mutarlo in /b/- o addirittura hanno una doppia versione. La /b/- sembra approssimare */v/-, che da labiodentale diventa bilabiale. Per fare tre esempi, (wei3, in cinese medio *mj+jX, in giapponese /bi/) ne ha una (ex. びこう 尾行 /biko:/), (wei4, in cinese medio *mj+jH, in giapponese /mi/) ne ha una (ex. みそ 味噌 /misɯ/), mentre (wan4, in cinese medio *mjonH, in giapponese まん mon e ばん ban) ha una doppia versione (ex. 万一, まんいち /monit͡ɕi/; 万能, ばんのう /banno:/).
  • Un kanji talvolta può avere più pronunce on'yomi, adottate in periodi storici diversi e quindi da varietà diverse dal punto di vista storico o dialettale. Un kanji in isolamento ha quasi sempre una lettura くんよみ kun'yomi, cioè nativa giapponese. Infatti si possono anche usare da soli per rappresentare un concetto. Anche in cinese moderno un sinogramma può avere, in casi sporadici, più pronunce: si pensi a , che può essere "zhe, zhao, zhuo".

Questa lunga introduzione è un punto di partenza per chi desidera approfondire anche il giapponese nel corso della sua evoluzione fonetica, per meglio capire da dove deriva la pronuncia on’yomi dei kanji. Per velocizzare la lettura, anche in caso in cui non si abbiano a disposizione l'IPA o il romaji, l'apprendente potrebbe avere la tentazione di imparare il katakana, siccome è composto da pochi segnetti derivanti da sinogrammi o loro pezzi semplificati fino all'osso. In tal caso (ma ancora di più nell'hiragana), quasi metà alfabeto è una ripetizione perché nel momento in cui ai suoni sordi si aggiunge un paio di trattini in alto, si ottiene la versione sonora della consonante. I trattini, detti "nigori"/ / ニゴリ / impurità, indicano la vibrazione delle corde vocali durante la pronuncia. Quindi da K, T, S, H (eccezione) si ottiene G, D, Z, B e viceversa se si toglie; se invece in quelle che iniziano con aspirazione H (sempre sorda) si mette un cerchiolino (detto "maru", cerchio), si ottiene il suono /p/ sordo perché il cerchio indica la chiusura delle labbra.

Compendio di trasformazioni

dal primo cinese medio

al giapponese moderno

总结

Spiegazione

e aggiunte

说明

1 -*n, -*m > -/n/ Non c'è differenziazione tra -n e *-m a fine sillaba: entrambi convergono in /n/, come in cinese moderno.

Questo suono nasale è poi assimilabile in base a consonante successiva.

2 */....ʰ/- > [ø] Non esiste nessuna consonante aspirata in giapponese, quindi l'aspirazione cade.
3 */d͡z/, */z/ > /d͡z/ (+/d͡ʑi/) /z/ non esiste in giapponese moderno, quindi il suono si approssima, convergendo con /d͡z/.

/d͡zi/ oggi si palatalizza in /d͡ʑi/.

4 -/wa/, -/wan/, -/wi/, -/we/, -/wo/ > caduta di -/w/- "Wa" in isolamento può esserci; "wo" non si usa nei kanji ma come particella per indicare di solito

il complemento oggetto diretto. Oggi si riduce in /o/.

[Consonante+W+vocale] non esiste in giapponese.

5 *ae > /a/, /e/ Approssimazione di vocale: /æ/ e /ɛ/ non esistono in giapponese.
6 *k-, *kh-, *g- > /k/-, /g/- Niente palatalizzazione rispetto al cinese moderno, in cui invece avviene.
7 *d-, *t-, *th- > /d/-, /t/- Caduta di aspirazione: le aspirate non esistono in giapponese.
8 */x/- e */ɣ/- > /k/- e /g/- L'aspirazione sonora non esiste in giapponese, quindi si approssima in /g/-.

In più l'aspirazione /x/ è un suono che non ha sillabe ad hoc in giapponese, quindi si approssima in /k/-.

9 */ɨ/ > /i/ Approssimazione di vocale: /ɨ/ non esiste in giapponese.

Anche nelle sillabe di cinese moderno che oggi hanno /ɨ/ si ritiene la */i/ e */j/ dell'Early Middle Chinese.

10 *-/ŋ/ > -/u/, che culmina in allungamento vocalico /o:/, oppure -/i/ La scelta della vocale dipende dall'armonia vocalica.
11 *b-, *p- > /h/-, /b/- Alcune sillabe perdono il suono bilabiale, mutato in un'aspirazione sorda.
12 */je/ > [ø] /je/ non si forma mai, non esiste nemmeno nel sillabario katakana (ma si può formare in quello hiragana),

quindi si evita con semplificazioni e mutamenti.

13 */aw/ > /o:/ Allungamento vocalico.
14 */ŋ/- > /g/- Approssimazione di consonante: /ŋ/- non esiste in giapponese.
15 */ɲ/-, */n/- > n Approssimazione di consonante: /ɲ/- non esiste in giapponese, quindi si depalatalizza in /n/-.
16 */l/- > /ɹ/- Approssimazione di consonante: /l/ non esiste in giapponese, si sostituisce allora con */r-/, oggi non più vibrante.
17 *-k > -/kɯ/ (in passato */ku/), -/ki/ Ritenzione dello stop senza rilascio di suono, mutato in stop con rilascio di suono attraverso l'aggiunta della vocale, sempre in base all'armonia vocalica.
18 *-t > -/t͡sɯ/, /t͡ɕi/ (in passato */tu/, */ti/) Ritenzione dello stop senza rilascio di suono, mutato in stop con rilascio di suono attraverso l'aggiunta della vocale, sempre in base all'armonia vocalica.
19 *-p > -/u/ -p non viene ritenuto, ma culmina in un allungamento vocalico.
20 */ʔ/- > [ø] In giapponese non esiste lo stacco glottale/colpo di glottide a inizio sillaba.

Nell'Old Chinese era presente anche a fine sillaba, ora scomparso in tutte le lingue.

21 *tr-, *trh- > /t/- Le retroflesse non esistono in giapponese, quindi il suono si approssima.
22 *dr- > /d/- Le retroflesse non esistono in giapponese, quindi il suono si approssima.
23 *s-, *sy-, *sr-, *tsr-, *tsrh-, *tsy-, *tsyh- > /s/- Le retroflesse non esistono in giapponese, quindi il suono si approssima.
24 Nuclei di sillaba complessi > si semplificano I nuclei di sillaba complessi, con almeno tre membri, non esistono in giapponese, quindi si semplificano a prescindere con riduzioni.
25 -*/jwe/, -*/jwij/, -*/jwɨj/ > -/i/ "we" e "wi" non si usano più nemmeno in isolamento; "wo" non si usa; "wa" sì.

Da ricordare anche la regola della caduta di -/w/- dentro una sillaba giapponese.

26 *mj- > /m/- o /b/- o entrambi In cinese moderno, alcune sillabe che iniziavano in *mj- hanno perso questo attacco di sillaba,

riducendosi in /w/-.

In giapponese tendono a preservare /m/- o la mutano in /b/- o hanno una doppia versione.

27 (*m- e *n- > restano invariati) Questi suoni sono presenti sia nel Middle Chinese sia nel giapponese.

Varietà di coreano 韩(国)语 (hangugeo) / 朝鲜语 (joseono)

  • Per fare un lavoro simile in coreano, bisogna partire da presupposti simili: se si desidera fare un lavoro molto approfondito che si estende a come è evoluta la pronuncia nella lingua di approdo, bisogna considerare la varietà storica e le sue trasformazioni. Ad esempio, nel coreano antico, quando nel 1443 fu inventato l’hangeul dal re Sejong (1418-1450) della dinastia Joseon (1392-1857), c’erano altre lettere oggi obsolete che trascrivevano suoni oggi scomparsi, inseriti in una tabella appena dopo la spiegazione degli adattamenti dei suoni del Cinese Medio. C’erano anche dei cluster consonantici oggi scomparsi ma reperibili nelle opere antiche e addirittura dei cluster preconfezionati con tre membri (oggi al massimo ne hanno due). C’erano poi altre combinazioni vocaliche oggi sparite. Quindi, se si vuole lavorare col coreano medio (dal X al XVI secolo, ovvero dalla dinastia Goryeo 高麗 (918-1392) fino ai primi tempi della dinastia Joseon 朝鮮 deposta dai giapponesi) e con il coreano arcaico, bisogna conoscere le basi della lingua arcaica a livello fonetico. Sotto alla tabella viene riportata anche una possibile ricostruzione della pronuncia arcaica delle vocali e dei cluster vocalici, che si pronunciavano così come si scrivevano.
  • Ci sono sempre stati gli stop consonanti –p, -t, -k/kk (che spesso rimangono invariati a parte -t) e anche altre consonanti a fine sillaba, come le nasali –n, -m, -ng (che restano invariate rispetto al primo cinese medio). A fine sillaba ci sono sempre stati anche il suono laterale -l (sostituisce *-t) e il suono –s (oggi si pronuncia come stop senza rilascio di suono in zona dentale -t). Alcuni prestiti aventi -s derivano dal cinese arcaico. Riguardo invece alla sostituzione di *-t con *-l, essa deriva da un cambiamento nel tardo cinese medio settentrionale, in cui la *-t si era addolcita in una *-r, che i coreani hanno reso (e rendono tuttora) -/l/.
  • Nell'hangeul, in base alla ricostruzione, non è segnata alcuna vocale */e/ (nemmeno */je/), */ɛ/, */æ/ del cinese medio e gruppi vocalici a loro annessi, che quindi si sostituiscono.
  • Nei gruppi vocalici, in ultima posizione ci poteva essere una *-/j/, ma mai la semivocale *-/w/ del cinese medio, per esempio nella parola *maw, che in coreano si pronuncia /mo/: il suono che più si avvicina a *-/w/ è la vocale -/o/ oppure la -/u/. In coreano esiste tuttavia il dittongo /ju/, che però termina in vocale. In dei testi, la -/w/ viene traslitterata per rendere al meglio la pronuncia cinese (vedi tabella dei caratteri obsoleti)
  • In coreano non esistono le retroflesse, quindi i suoni del cinese medio *tsr e *tsrh diventano /tɕ/ o /tɕʰ/ e in più vi convergono anche *tr e *dr, mentre *sr diventa /s/. Invece */tɕ/ e */tɕʰ/ restano suoni palatali in coreano.
  • Non ha mai avuto /ŋ/ a inizio sillaba (ad esempio, il sinogramma , cinese medio *ngjoX, in coreano si pronuncia /ʌ/) e non è mai esistita una lettera per il suono /ɲ/: entrambe cadono. Siccome in coreano (ma non in Corea del Nord) un prestito cinese non può mai iniziare con /n/, il suono che assomiglia di più a /ɲ/, tutte le sillabe che in cinese moderno sono "ER" o iniziano per "R-" non hanno alcuna consonante in coreano. Si pensi a (cinese medio *ɲijH, oggi /i/) o (cinese medio *ɲijt̚, oggi /il/ o, se intervocalica, /iɾ/), siccome *-t diventa *-l.
  • I suoni */t͡s/ e */t͡sh/ non avevano la palatalizzazione. In Nordcorea, siccome si pronunciano ancora così, la pronuncia è conservativa. Ad esempio, il sinogramma , in cinese moderno zì /t͡sɨ˥˩ / (quarto tono) e in cantonese "zi6" /t͡si:/ (tono piatto grave), in coreano si pronuncia /t͡ɕa/ in Sudcorea, /t͡sa/ in Nordcorea. Nel corso dell'evoluzione linguistica o dell'influsso dei dialetti, è normale che le vocali mutino.
  • Il suono /l/, che oggi si pronuncia /ɾ/ se intervocalico, trascrive la */l/ in cinese (in cinese moderno e cinese medio non esistono consonanti vibranti, al contrario del cinese antico). Tutte le sillabe in cui si trova /l/ all’inizio (che in coreano moderno non si modifica se la sillaba non è a inizio parola) avevano sempre */l/ in cinese medio e tuttora in cinese mandarino /l/, come : si pronuncia /lo/ (cinese medio */lu/ con tono già discendente), ma se a inizio parola si muta in grafia e pronuncia in 노 /no/, regola che vale con tutti gli altri casi in Sudcorea. Un esempio è 道路 도로 /doɾo/, "strada", che in cinese mandarino è dàolù e in cantonese dou6 lou6 .
  • In coreano non avvengono molte palatalizzazioni che esistono nel cinese moderno: per esempio, il carattere , in cinese medio *kjæng, in mandarino moderno "jīng" /t͡ɕiŋ/, in coreano è /kjʌŋ/, in cantonese è /giŋ/ e in giapponese on'yomi è /kyo:/ (anticamente /kyou/, di cui resta la grafia in traslitterazione).
  • La */ɳ/, */ʈ/ e */ɖ/ retroflesse del cinese medio non esistono in coreano.
  • Gli hanja in casi sporadici hanno più pronunce, esattamente come i kanji; allo stesso modo, hanno tutti quanti una lettura nativa coreana se presi e usati in isolamento.
  • In coreano non c'è mai stata la distinzione netta tra consonante sorda e sonora senza aspirazione, come in cinese medio e shanghaiano. Quindi, i suoni */p/ e */b/ del cinese medio non hanno particolare distinzione in coreano. Lo stesso discorso si può fare pure sulla coppia */s/ - */z/, */t͡s/ - */d͡z/, */t͡ɕ/ - */d͡ʑ/ (in coreano queste due coppie sono allofoniche: semplicemente, nel nord non avviene la palatalizzazione) e */k/ - */g/ in cinese medio. Quindi, in coreano c'è un unico esito e grafia, che di solito tende a realizzarsi sonora eccetto se a inizio frase. Un esempio chiarificatore di convergenza è *s, *z > /s/, in cui convergono pure *sy, *zy e *sr. Un altro più semplice è *x sorda e *h sonora che convergono in un'odierna /h/.
  • La *k e *kh del cinese medio in coreano diventano /k/ o un'aspirazione /h/. Quindi questa è l'unica consonante che dal cinese medio non conserva l'aspirazione a prescindere.
  • Il colpo di glottide a inizio sillaba in coreano è oggi sparito.
  • Le sillabe colpite da caduta di fono nel caso di *mj- in cinese medio tendono a preservare la /m/- in coreano (o, siccome l'Hangeul è stato inventato nel 1443, durante la Dinastia Ming e quindi quando ormai il Tardo Cinese Medio aveva lasciato posto al Primo Mandarino, la /m/- coreana è una ritenzione arcaica di */mj/- o un'approssimazione della labiodentale */ɱ/-). Per esempio, *mjun, in cinese moderno "wen4" rimane /mun/.
  • In conclusione, nei testi arcaici e rimari non solo si trovano delle consonanti in più oggi obsolete per rendere la pronuncia, ma si trovano anche due diacritici che, a sinistra del carattere, ne indicano la modulazione tonale (i toni sono poi spariti con la fine del "Coreano Medio" o "Coreano Medievale"): 상성 (上聲, ) è un paio di punti che indicano il tono "shang3", cioè un'intonazione crescente in Primo Cinese Medio (dal registro basso si sale verso il registro acuto) ma che in Coreano Medio indica un'intonazione piana acuta, mentre 거성 (去聲, ) è un singolo punto che indica il tono discendente sia in Primo Cinese Medio che in Coreano Medio. In assenza di punti, si specifica che il tono è piano/piatto (평성, 平聲) e nel registro grave. In presenza di uno stop senza rilascio udibile di suono, la vocale è sfuggita e interrotta dallo stop. Questo tipo di modulazione si dice "tono entrante" (입성, 入聲). Queste quattro categorie, shang3, qu4, ping2 e ru4, derivano dal Primo Cinese Medio. In Primo Cinese Medio, il tono crescente deriva dalla caduta di un antico colpo di glottide/stacco glottale a fine sillaba in Old Chinese, mentre il tono discendente deriva dalla lenizione e caduta di una *-s a fine sillaba.
  • Oggi il coreano standard, basato sulla parlata di Seul 서울, non ha toni ed è soltanto presente un contrasto tra vocale breve e lunga non mandatorio. Ad esempio, l'hanja /ku:/ ha la vocale lunga.
  • I toni in lingua coreana sono descritti con le 4 categorie cinesi, ma non hanno un'origine a causa dell'influsso del Primo Cinese Medio siccome hanno un diverso andamento: il tono discendente/qu4 in Primo Cinese Medio in Coreano Medio/Coreano Medievale equivale a un'intonazione acuta ed è indicato da un punto accanto al carattere; il tono crescente/shang3 上声 è un tono crescente in entrambe le lingue e in coreano è indicato da due punti prima della sillaba; di contro, il tono piatto 平声 in coreano si differenzia dal 去声 siccome ha un'intonazione bassa (non si conosce in modo esatto il registro); il tono entrante è comune alle due lingue, ma il coreano aveva gli stop senza rilascio udibile di suono *-k e *-p già durante l'Old Korean (poi si aggiunse *-t del Primo Cinese Medio, trascritta come *-l perché prese da una varietà di cinese in cui si era lenita in una *-r monovibrante). Pertanto, la descrizione dei toni usa le stesse categorie in entrambe le lingue, siccome i coreani presero a prestito la descrizione cinese, ma non c'è corrispondenza nella modulazione tonale, quindi la tonogenesi in Coreano Medio non si fa risalire al Primo Cinese Medio, ma sarebbero interne alla lingua coreana stessa Per la precisione, in principio nacquero due intonazioni, equivalenti al 去声 e al 平声, a cui si aggiunge l'intonazione sfuggita per lo stop (入声). Infine, nacque l'intonazione ascendente 上声 per la contrazione di due sillabe, la prima con il tono grave e la seconda con il tono acuto, in un'unica sillaba con un'intonazione crescente. I toni, insieme al rigoroso sistema di armonia vocalica nella formazione delle parole, sparirono con l'avvento del Primo Coreano Moderno.

Se si lavora sul coreano antico attraverso l’IPA e non leggendo l’alfabeto hangeul, questo lavoro si può evitare. In alternativa, si può imparare l'hangeul, che è un insieme di segnetti molto snello ed economico. Per esempio, per scrivere gli stop senza rilascio a fine sillaba, si mette in posizione finale la consonante (ex. "di", "it", il cui cerchiolino a inizio sillaba non ha valore fonetico e in fondo sillaba si pronuncia -/ŋ/); per ottenere il dittongo con /j/- al primo membro si aggiunge un trattino alla vocale (ex. "a", "ya"); per ottenere le doppie, si può usare un insieme di consonanti scritte due volte in piccolo e preconfezionate nell'alfabeto (ex. kkung); per ottenere le aspirate, si aggiunge un tratto alle consonanti base (ex. "ga", "ka" come in pinyin). Nella lettura dei caratteri di fila infine, a causa degli stop senza rilascio di suono, si aggiunge il sandhi consonantico, ossia una serie di mutazioni fonetiche. Per esempio, 압고 si pronuncia /ap̚k͈o/ e non */apko/ e nemmeno */akko/, mentre 입늬 si pronuncia /imnɰi/ e non */ipnɰi/ perché lo stop senza rilascio di suono si sonorizza a causa della consonante /n/, che possiede la vibrazione delle corde vocali.

Compendio di trasformazioni

dal primo cinese medio

al coreano moderno

总结

Spiegazione

e aggiunte

说明

1 *-t > -l Deriva da una varietà settentrionale del tardo cinese medio. Si pronuncia /l/ e, se intervocalica, /ɾ/ monovibrante sonora.
2 *ea, *ae > sostituite con approssimazione vocalica Nel coreano moderno non esiste una vocale che trascrive /æ/ e /ɛ/, mentre in passato ㅐ si pronunciava */ai̯/,

così come scritto.

3 *-w > l'intero cluster vocalico si semplifica o sostituisce -/w/ non esiste nell'inventario dei nuclei di sillaba in coreano.
4 *tsr, *tsrh, *tr, *dr > /tɕ/, /tɕʰ/ Le retroflesse non esistono in coreano moderno, quindi il suono si approssima. L'aspirazione si ritiene.
5 *sr > /s/ Le retroflesse non esistono in coreano moderno, quindi il suono si approssima.
6 */ŋ/- > [ø] /ŋ/- a inizio sillaba non esiste in coreano, quindi cade.
7 */ɲ/- > [ø] /ɲ/ non esiste in coreano. Si potrebbe approssimare in /n/-, ma a inizio sillaba tende a cadere.
8 */n/- > [ø] /n/- tende a cadere per regola, anche se talvolta si ritiene se il carattere appare dentro la parola e non all'inizio.
9 */ɨ/ > /i/ /ɨ/ non esiste in coreano e la vocale che vi assomiglia, /ɯ/ e la versione semivocalica /ɰ/, non sono usate.

Quindi si approssima con /i/.

10 */x/-, */ɣ/- > /h/- Non esiste l'aspirazione sonora in coreano, quindi si desonorizza.
11 *k-, *kh- > /k/-, /h/- (inoltre, *g- > k-, g-) Non esiste nessuna differenziazione netta in coreano. Inoltre, in dei casi il coreano rende la consonante occlusiva come fricativa.
12 *d-, t- > niente più differenziazione Non esiste nessuna differenziazione netta in coreano.
13 *b-, *t- > niente più differenziazione Non esiste nessuna differenziazione netta in coreano.
14 *s-, *z-, *sy-, *zy-, * sr-, *tsy-, *dzy-

> /s/-

Le retroflesse non esistono in coreano moderno, quindi il suono si approssima.

Se /s/- è seguita da -/i/ e -/j/-, in Corea del Sud si palatalizza, idem /d͡z/; in Corea del Nord no.

/z/ non esiste in coreano moderno, quindi si desonorizza in /s/.

15 -s coreano > -/t̚/ In delle sillabe sporadiche, è un utile relitto grafico del cinese arcaico, che si pronuncia come -t.

In quasi tutti i casi, la *-s del cinese arcaico è caduta, originando il quarto tono in cinese medio e snellendo l'inventario di finali di sillaba.

16 */ʔ/- > [ø] Nel coreano moderno non esiste lo stacco glottale a inizio sillaba, che cade.

Nell'Old Chinese era presente anche a fine sillaba, poi è caduto e ha originato il secondo tono in cinese medio, in più l'inventario di finali di sillaba si è snellito.

17 Nuclei di sillaba molto complessi

> si semplificano

Il coreano contiene dei nuclei di sillaba anche complessi, ma non hanno lo stesso grado di complessità di quelli del primo cinese medio, quindi si semplificano.
18 *mj- > m- Mentre dal cinese medio al cinese moderno *mj- si perde in alcune sillabe che oggi iniziano con /w/-, in coreano resta la /m/-.
19 (*s-, m-, l-, tsy-, tsyh-, -m, -n, -ng, -p

> non mutano in coreano)

Questi suoni a inizio sillaba esistevano già in coreano, insieme agli stop -p e -k.

Varietà di vietnamita 越(南)语 (Việt ngữ )

  • Riguardo al vietnamita, l’alfabeto latino è stato introdotto dai missionari europei e sistematizzato nel 1651 da Alexandre de Rodhes (1591-1660), un missionario gesuita francese che ha anche scritto un dizionario di vietnamita. In quel periodo, c’era il vietnamita medio (Middle Vietnamese), di cui è stata ricostruita la pronuncia.
  • Alcune lettere hanno una diversa pronuncia da quella standard (lo standard sarebbe Hanoi (河内 in caratteri chu nom), ma nel sud, a Saigon (se il nome ha un'origine sino-vietnamita, un modo di scrivere è 柴棍), o Ho Chi Minh City (Thành phố Hồ Chí Minh, "城鋪胡志明"), ce n’è un altro: S era */ʂ/ (resta così nella pronuncia meridionale; i suoni retroflessi furono introdotti per l’influsso del cinese);
  • X, oggi /s/, era */ɕ/, come se fosse pinyin;
  • KH, oggi /x/, era */kʰ/;
  • TR era */ʈ/ (resta simile nel sud, perché è /ʈ͡ʂ/), che rende anche il medesimo suono nel cinese medio in versione sorda e sonora */ɖ/ e anche */ʈ͡ʂ/: si assimilavano tutti in */ʈ/ vietnamita, oggi ʈ͡ʂ/ nel sud;
  • D era */ð/ fricativa interdentale sonora, oggi approssimata a /z/ nel nord. Le sillabe che in vietnamita hanno questo suono in cinese mandarino iniziano con Y-.
  • G era un suono fricativo */ɣ/, che si palatalizzava nel caso "GI" */ʝ/ e simili (oggi si palatalizza ulteriormente in /z/); si trova in sillabe che in cinese mandarino iniznao con J- derivato da palatalizzazione dal Primo Cinese Medio;
  • PH era /pʰ/ così come scritta e oggi è /f/ (una simile mutazione in /f/ è avvenuta anche in bengali). Tutti i prestiti cinesi che in cinese medio avevano *pʰ- quindi nel vietnamita non odierno conservavano questa pronuncia. Il suono bilabiale aspirato è ancora pronunciato da alcuni parlanti nel nord del paese, altrimenti si può sentire come un suono fricativo, cioè una sorta di "f" soffiata, /ɸ/.
  • Il suono P- /p/ è presente solo in prestiti. Comunque, la *p- del cinese medio diventa un'odierna /b/, che conserva anche la *b-. Non c'è anche distinzione tra *k- e *g- del cinese medio perché /g/ in vietnamita non esiste: diventano entrambi /k/ sorda. Non c'è mai stata distinzione tra aspirazione sorda *x /h~x/ e sonora *h /ɦ~ɣ/ del cinese medio: in vietnamita sono tutte e due sorde /h/. Al contrario, c'è distinzione tra */t/- e */d/-. A parte l'ultimo caso si può concludere che, nel distinguere tra occlusiva sorda e sonora, il giapponese fa confusione, il coreano non fa distinzione perché esiste un'unica versione di consonante occlusiva non aspirata e il vietnamita le rende tutte con un'unica versione.
  • R non in cluster era /ɹ/ (nel sud è /ʐ/, abbastanza simile; questo suono è identico alla R- in pinyin).
  • Esisteva poi una "b" in stampatello con uno svolazzo in basso, pronunciata */β/ e che oggi converge con la lettera V /v/, che però in passato era /w/: il suono /v/ in vietnamita medio non esisteva. Quindi, c’erano due lettere e due suoni distinti, oggi diventati un solo suono rappresentato da un'unica lettera (quindi da V si può ricostruire un’antica /w/ oppure /β/, che in vietnamita arcaico, lingua non attestata perché senza alfabeto e dizionari in cui si spiega la pronuncia, era non fricativa ma occlusiva */p/ o */b/). Il suono */β/ comunque non appartiere al lessico sino-vietnamita.
  • In vietnamita non esistono i suoni */t͡s/ - */d͡z/ e */t͡sʰ/ del cinese medio: si approssimano in /t/ e /tʰ/, da fricativi a occlusivi dentali.
  • In vietnamita, molti suoni palatali del cinese medio (*/ɕ/, */ʑ/ e */d͡ʑ/) sono diventati /tʰ/. Gli ultimi tre, sono rispettivamente */t͡ɕ/ > /c/, */t͡ɕʰ/ > /ɕ/, e */ɲ/ > /ɲ/, invariato. Il suono /c/, che in vietnamita si scrive "ch" ed è anche a fine parola, si pronuncia come una /k/ che sporge in avanti, individuabile se si pronuncia alla massima velocità "ke-ki-ke-ki-ke-ki-ke-ki". "Ch" /c/ non va confuso con /k/, scritto "c"-, "k", "q"(u).
  • Nelle finali, c’erano anche il colpo di glottide finale, la –s e la -h, poi spariti. La loro sparizione ha condizionato il sistema tonale.
  • I sinogrammi sono stati adottati molto tempo prima del vietnamita medio (vietnamita antico/Ancient Vietnamese), in cui sono nati tutti e sei i toni e, ancora prima, vietnamita arcaico/Archaic Vietnamese, iniziato nel X secolo e finito nel XV). Queste varietà tuttavia non si riescono a ricostruire, mentre invece si riesce a ricostruire il vietnamita medio, il proto-vietnamita (dal VII al IX secolo, senza i sinogrammi) e il pre-vietnamita, una lingua detta "Viet-Muong" che ha originato sia il proto-vietnamita sia la lingua Muong.
  • Il vietnamita medio poteva anche avere tre cluster a inizio sillaba, mentre oggi non ne ha più perché si sono semplificati in un unico suono, convergendo con quelli già esistenti. Per la precisione, */tl/ converge oggi in TR */ʈ/ (in cui converge anche il medesimo suono nel cinese medio */ʈ/ e */ɖ/), */ɓl/ converge in pronuncia meridionale in TR e */ml/, poi /mɲ/, si è oggi semplificata in /ɲ/.
  • Esisteva già in vietnamita medio /ɲ/-, invariato rispetto al cinese medio, e anche il suono /ŋ/ sia inizio parola (oggi scritto "ng"- o "ngh"-), sia come coda e inoltre -/ɲ/ poteva essere anche a fine parola (oggi, converge in /ŋ/ oppure, al sud, in /nʲ/).
  • Le sillabe che sono colpite dalla caduta di *mj- dal cinese medio al cinese moderno sono spesso colpite dallo stesso fenomeno anche in vietnamita. Mentre in cinese oggi iniziano con /w/-, in vietnamita iniziano con /v/-. Raramente hanno una doppia versione in cui si preserva la /m/-.
  • Le finali del cinese medio *-n e *-m sono rimaste invariate, mentre *-ng può conservarsi o mutarsi nell'odierno -nh */ɲ/, che oggi si pronuncia */ʲn/ nel meridione. Gli stop del cinese medio *-p e *-t tendono a conservarsi, mentre *-k si trascrive oggi -c, oppure è diventato -ch (-/ʲk/ nel nord; -/t/ nel sud, molto diverso). Di contro, il colpo di glottide a inizio sillaba si è perso o, se presente, non si trascrive.
  • Qualora si desideri anche pronunciare l'odierna modulazione tonale, si può leggere il diacritico sopra (o sotto, in un caso) le vocali. I toni sono sei e sono qui spiegati prendendo come punto di partenza la pronuncia meridionale (questa varietà è più conservativa in suoni e più precisa nella differenziazione delle lettere). Innanzitutto, senza forzare la voce, bisogna dividere la propria tessitura vocale in tre registri: acuto, medio, grave. Se non si trova nessun segno, è un tono piatto nel registro medio e assomiglia al primo tono del putonghua, traslato nel registro medio (ex. "ba"); se c'è l'accento acuto è un tono crescente dal registro medio a quello acuto, come il secondo tono nel putonghua (ex. "bá"); se c'è uno svolazzo piegato sopra la vocale, dal registro medio si scende e risale sempre nel registro medio (ex. "bả"), quasi a ricordare una versione monca del terzo tono del putonghua e il suo diacritico ruotato; se c'è un accento grave, è un tono decrescente che dal registro medio si scende al grave (ex. "bà"), quasi a ricordare una versione monca del quarto tono del putonghua; se c'è un punto sotto la vocale, è un tono crescente cupo dal registro grave al registro medio (ex. "bạ"), che si può immaginare come una traslazione del secondo tono del putonghua in un registro più basso; il punto messo in basso sembra suggerire di partire da un'intonazione bassa. L'ultimo tono è il più interessante perché, nella pronuncia curata, coinvolge il colpo di glottide/stacco glottale/glottal stop, in cui si serra la valvola che si ha in gola e si emette un colpetto di tosse che lo spezza in due parti: è il tono crescente glottalizzato. Per la precisione, quando si vede un tilde sopra la vocale, si intona la vocale grossomodo nel registro medio, dopodiché si interrompe il flusso di voce serrando la glottide e, nello stesso momento in cui si emette il colpo di glottide, la vocale è subito pronunciata e intonata nel registro acuto (ex. "bã" ˦ˀ˥). L'andamento a zig-zag del tilde indica come sia spezzato in due parti. Il tono si modula sempre sulla vocale che ha il diacritico.

Un’utile fonte da cui partire per conoscere e approfondire il vietnamita moderno è proprio il già citato dizionario pubblicato nel 1651 dal gesuita francese Alexandre de Rhodes, detto "Dictionarium Annamiticvm, Lusitanvm et Latinvm". Come spiega il titolo, è in vietnamita, portoghese lusitano (europeo, non brasiliano o mozambicano) e latino. Il dizionario contiene anche le parole aventi i tre cluster indicati sopra.

Compendio di trasformazioni dal Primo Cinese Medio al vietnamita medio e moderno

(la pronuncia meridionale moderna è più conservativa)

总结

Grafia,

pronuncia moderna spiegazione

e aggiunte

说明

1 *th, *sy, *zy, *dzy, *tsh > */tʰ/- > /tʰ/- TH-
2 *tr, *trh, *dr, *tsr > */ʈ/- > /ʈ/- TR-. Vi converge pure il cluster del vietnamita medio */tl/ e */ɓl/ > /ʈ/-.
3 *p-, *b- > */b/- > /ɓ/- B-
4 *k-, *g- > */k/- oppure */c/ > /k/- e /c/-;

se non è occlusivo, il suono è fricativo */ʝ/ > /z/

K-, C-, Q- (se seguita da "u", come ad esempio nella sillaba "quy") /k/ oppure CH- (/c/). Per i casi in cui si accomoda come */ʝ/ > /z/, vedi sotto.
5 *x-, *h- > */h/- > /h/- H-
6 *s-, *z-, *t-, *ts-, *dz- > */t/- > /t/- T-
7 *tsy- > */c/- > /c/- CH-
8 *tsyh- > */ɕ/- > /s/- X-
9 *-s > [ø] (presente in Old Chinese, inesistente oggi in vietnamita) La *-s a fine sillaba dell'Old Chinese oggi è completamente persa in tutte le lingue sino-xeniche.
10 -*ʔ > [ø] Lo stacco glottale a fine sillaba dell'Old Chinese oggi è completamente perso in tutte le lingue sino-xeniche.
11 *-ng > -*/ŋ/ oppure -*/ɲ/ > /ŋ/ oppure /ɲ/ -NG (/ŋ/ -), -NH (-/ɲ/)
12 *-k > -*/k̚/ -C, -CH (specialmente se preceduto da i, ê: "-ich", "-êch"); -*/k̚/ > /k̚/.
13 *ʔ- > [ø] Anche se in alcune analisi si prende in considerazione come consonante presente, oggi non si trascrive.
14 *sr-, *tsrh-, *dzr- > */ʂ/- > /ʂ/ S-
15 Nuclei di sillaba estremamente complessi > si semplificano. Anche se in vietnamita esistono svariati trittonghi, l'inventario non è tale da riprodurre tutto quello del Primo Cinese Medio.
16 *mj- colpito da caduta > */w/- e/oppure */m/- > /v/ e /m/ V-, M-. Si può trovare anche una doppia versione.
17 (*t, *d, *ph, *m, *n, *l, *ng-, *kh, *th, *ny, *sr, w- > non cambiano in vietnamita medio; T-, Đ (minuscolo đ), PH, M, N, L, NG(H)-, KH, TH, NH, V.

NG- aggiunge una "H" per meri motivi di spelling se succeduta da i, e, ê: nghi-, nghe-, nghê-;

PH (*/pʰ/ > /f/ oppure /ɸ/; resta */pʰ/ in delle varietà del nord);

KH (*/kʰ/ > /x/);

V (*/w/ > /v/). La stessa convergenza si ricava a partire dal Primo Cinese Medio *mj;

in *ny converge pure il cluster vietnamita *ml;

!!! D (*/ð/ a Hanoi, secondo de Rhodes; */j/ nel sud > /z/; resta /j/ al sud).

Trascrive una */j/- in Primo Cinese Medio

(18) R, G(H), V come suoni del vietnamita moderno R- (/ɾ/ monovibrante oppure /ɹ/ senza contatto tra organi);

G- (*/ɣ/ > /ɣ/). Se succeduta da i, e, ê si aggiunge una "H": ghi-, ghe-, ghê-, in più il suono si palatalizza ulteriormente: */ʝ/ > /z/. Le pronunce sono ricostruite dalle informazioni di de Rhodes, ma a sua volta deriva da

un suono più antico che non era fricativo ma occlusivo (*/ʝ/ < */ɟ/).

Questo suono veniva pure usato in sillabe che in cinese mandarino oggi appaiono come J-, frutto di palatalizzazione nel dialetto di Pechino (in Primo Cinese Medio avevano un suono velare come */k/ seguito dalla semiconsonante *-/j/-);

V- (in questo terzo caso, oltre a */w/ e alla caduta di *mj, vi converge pure la fricativa bilabiale sonora */β/ del vietnamita). Questo suono in vietnamita medio si scriveva con la lettera "b" con svolazzo inventata da de Rhodes, lettera oggi sparita

(vocali

vietnamita)

a: /a:/ (ma nei dittonghi/nuclei di sillaba "ua, ưa, ia" si defonologizza in una vocale neutra/schwa trascritta con /ə̯/. È lunga e in alcune varietà si può aprire parecchio).

Dittonghi: ai, ao /a:u̯/, au, ay (/ai̯/, l'unico caso in cui è breve). Il tono si modula sempre sulla vocale che ha il diacritico.

(vocali

vietnamita)

ă: /ă/ ("a" breve e abbastanza sfuggita; è sempre in sillaba chiusa da consonante: ăc, ăm, ăn, ăng, ăp, ăt)
(vocali

vietnamita)

ê: /e/ (in "iê/yê" si defonologizza in una schwa breve e abbastanza sfuggita /ə̆/).

Dittongo: êu.

(vocali

vietnamita)

e: /ɛ/ ("e" aperta).

Dittongo: eo /eu/

(vocali

vietnamita)

i, y: /i/ (la grafia "y" può essere ingannevole. Tolti dittonghi come "ay" e "uy" e il fatto che in isolamento e a inizio sillaba la vocale si scrive "y", lo spelling in tutti gli altri casi è perlopiù libero. Può formare dittonghi /j/-).

Dittonghi: ia, ya, iê (schwa), yê (schwa), iêu (schwa), yêu (schwa), iu.

(vocali

vietnamita)

ô: /o/.

Dittongo: ôi.

(vocali vietnamita) oo (oppure ôô): /o:/.
(vocali

vietnamita)

o: /ɔ/ ("o" arrotondata e aperta. In "ao, eo" muta in /u̯/, come nel cinese mandarino "ao" pronunciato con le varietà fonetiche del nord).

Dittonghi: oi, oă /wa/, oa /wa:/, oe /we/.

(vocali

vietnamita)

u: /u/ (può formare dittonghi /w/-).

Dittonghi e trittonghi: uy, ui, ua, uô, uôi, uơ, uê, uya, uyê, uyu.

(vocali

vietnamita)

ư: /ɨ/ ("i" pronunciata tenendo una penna tra i denti, come se fosse l'osso di un cane) oppure /ɯ/ ("u" con le labbra non arrotondate).

Dittonghi: ưa, ươ, ưu, ưi, ươi, ươu.

(vocali

vietnamita)

ơ: /ə/ (schwa/vocale neutra).

Dittonghi: ơi, ơu (arcaico).

(vocali vietnamita) â: /ə̆/ (schwa/vocale neutra breve e abbastanza sfuggita; è sempre in sillaba chiusa da consonante: âc, âm, ân, âng, âp, ât).

Dittonghi: âu, ây

Cantonese 广东话

Se si sa leggere il yue (廣東話 Gwong2dung1waa2; varietà standard prestigiosa di Hong Kong), si possono fare analisi, ricostruzioni e paragoni usando anche la versione attuale di questo celebre e prestigioso dialetto di famiglia Yuè (粵語 Jyut6jyu5), che è più conservativo rispetto al cinese moderno e assomiglia di più al cinese medio, per cui viene usato nella ricostruzione del primo cinese medio insieme ad altri dialetti conservativi sia di altre famiglie cinesi che di famiglia Yue (e.g., il Taishan).

Tuttavia, il rapporto tra proto-Yue e primo cinese medio è complesso: secondo un'opinione basata sulle somiglianze tra il primo cinese medio e i dialetti di famiglia Yue, in particolare il cantonese, tutti i dialetti Yue (e dunque la loro proto-lingua unificata, il proto-Yue) derivano direttamente dal primo cinese medio a causa dei flussi migratori durante le rivolte contro il potere centrale e i rimari, come il Qieyun e il Guangyun, si possono usare come base per ricostruire il proto-Yue. Altri autori invece collocano la nascita prima del primo cinese medio, cioè durante il cinese antico o il cinese degli Han orientali, per cui i rimari di una varietà più tarda non possono essere presi come base per la ricostruzione; inoltre, i rimari rispecchiano una varietà colta di lettura dei caratteri e non una lingua vera e propria parlata. Pertanto, le caratteristiche conservative del cantonese possono essere usate con altre fonti cinesi e non cinesi per ricostruire il primo cinese medio, ma non il contrario.

Se si fa analisi e comparazione filologica della fonetica oppure si studia verticalmente la lingua su grammatiche e dizionari, bisogna necessariamente fare affidamento su un sistema di traslitterazione che comprenda anche i toni, un "pinyin cantonese" alla stregua di quello inventato per romanizzare il putonghua. Ne esistono vari, elaborati nel corso degli anni. Il primo punto di partenza la traslitterazione Jyutping (粤拼), piuttosto comoda ed elaborata successivamente al sistema Yale e Sidney Lau. Le consonanti al 90% non variano rispetto al pinyin e viceversa: i suoni B, P, D, T, G, K, H, L, M, N, Z, C, S, F e NG non cambiano.

Il secondo sistema è la romanizzazione Morrison, usata dal reverendo Robert Morrison nel suo dizionario di cantonese pubblicato in tre volumi nel 1815 e nella sua grammatica di cantonese, finita di scrivere nel 1811 e pubblicata anch'essa nel 1815. La varietà di dialetto cantonese registrata da Morrison è più conservativa rispetto al cantonese contemporaneo. La ristampa del dizionario, avvenuta nel 1865, ha aggiunto le consonanti aspirate, non marcate da Morrison, ma né Morrison né l'editore hanno inserito la modulazione tonale delle sillabe. Tuttavia, alcuni dati mancanti sono reperibili o ipotizzabili a partire dalla ricostruzione del sistema di consonanti, vocali, code di sillaba e toni del proto-Yue.

Siccome il rapporto tra cantonese/proto-Yue e primo cinese medio è problematico, non si effettuano qui derivazioni del cantonese e/o proto-Yue dal primo cinese medio; tra le due lingue si possono tracciare parallelismi. Alcuni tratti arcaici in cantonese sono:

  • La ritenzione di *-p, *-t, *-k dalle varietà antiche di cinese; tali stop erano presenti anche in primo cinese medio, in base al substrato di primo cinese medio sottoforma di prestiti nelle lingue sino-xeniche. Gli altri dialetti leniscono tali stop in uno stacco glottale/colpo di glottide a fine sillaba, mentre in putonghua cadono completamente, per cui sparisce anche l'intera categoria del tono entrante
  • La ritenzione di tutte le code nasali a fine sillaba *-m, *-n, *-ng; tale corrispondenza è spesso assente negli altri dialetti di altre famiglie, che hanno perso i suoni nasali e hanno subito una nasalizzazione delle vocali. Riguardo a *-m, la corrispondenza è perfetta con il Primo Cinese Medio eccetto per una sola casistica, cioè il suono *-m dopo le iniziali *bj-, *pj- e *phj-, cioè le iniziali che oggi si sono lenite in /f/ in putonghua, cioè in un suono labiodentale (labiodentalizzazione): in questo caso, si assimila in /n/. Il suono originale si può recuperare dal dialetto Hakka.
  • Il cantonese, stando alle stesse parole di Morrison e di altri tra i primissimi autori europei di dizionari di cantonese, già a inizio Ottocento stava perdendo la differenza tra i suoni alveolari e palatali, cioè tra quelli che in pinyin sono J, Q, X e Z, C, S: oggi solo i suoni dentali sono pronunciati, pertanto vi convergono i suoni che prima erano palatali. Ma questi suoni si trovano invece distinti nel dizionario di Morrison (e.g. "S" vs "SH").
  • Il cantonese non ha uno stacco glottale a inizio sillaba quando manca una consonante iniziale; tuttavia, alcune trascrizioni IPA in realtà segnalano uno stacco glottale.

Gli altri dettagli invece sono evoluzioni presenti in cantonese moderno e non sono tratti conservativi, ma innovativi. Tali tratti sono già attestati nel dizionario e grammatica di Morrison:

  • il cantonese, come tutti i dialetti meridionali, ha perso tutti i suoni retroflessi, nati dal cinese antico e cinese degli Han orientali per la presenza di un cluster a inizio sillaba con *-r- mediale al secondo membro. Ma il proto-Yue aveva i suoni retroflessi.
  • L'iniziale *ny-, da cui deriva R- in puntonghua e la sillaba ER, cade completamente o muta in una semivocale /w/ (e.g. *nyi > ji /i/). Ma in altri dialetti Yue, si preserva un suono nasale derivato dal proto-Yue.
  • Talune aspirazioni *h-, *x- in primo cinese medio e putonghua cadono in cantonese o mutano in /f/. Ma tali aspirazioni erano ben distinte in proto-Yue.
  • Il cantonese non ha le stesse distinzioni molto precise tra consonante sonora-sorda-aspirata sorda e talune consonanti sonore e la loro controparte sorda: ha molti meno suoni, come anche tutti gli altri dialetti a eccezione del dialetto di Shanghai, che ritiene ancora le doppiette e triplette ben distinte di consonanti del primo cinese medio. La distinzione era più netta in proto-Yue.
  • La erhua/rotacismo/erizzazione appartiene solo ai dialetti settentrionali e al putonghua, non allo Yue/cantonese. In più, il cantonese ha sviluppato due sillabe sonanti a causa della caduta delle vocali dalla sillaba iniziante per consonante nasale. Queste due sillabe, "m" e "ng", sono già attestate nel vocabolario di Morrison.

Il dialetto shanghainese (上海话/沪语)

Le romanizzazioni dello shanghainese (il più prestigioso dei dialetti wu) sono principalmente tre: quella di Qian Nairong, professore all'Università di Shanghai e promotore del dialetto Wu, quella di un dizionario online di dialetto Wu e quella del Wikizionario (Wiktionary). A esse è affiancato l'IPA e una spiegazione dei numerosi suoni e dittonghi. La romanizzazione di Qian Nairong è una base di partenza insieme al pinyin (che già di suo è un sistema di latinizzazione di suoni cinesi ed è riciclabile in altre romanizzazioni), ma non trascrive alcuni stacchi glottali e numerose finali di sillaba. La seconda e la terza invece sono complete, ma solo la terza, quella del Wikizionario, ricicla il pinyin. Con tre lettere doppie, indica una consonante sonora, mentre con l'aggiunta della "h" indica l'aspirazione della consonante (il dialetto Wu infatti conserva le doppiette e triplette di suoni ben distinti in Primo Cinese Medio, cioè alcuni suoni sordi-sonori oggi non più distinti e alcuni suoni sonori-sordi-sordi con aspirazione).

Da un'osservazione dei suoni e di alcuni esempi (a loro volta estendibili tramite ricerche nei dizionari, fanqie e osservazioni di colonne di rimari), si nota innanzitutto che lo shanghainese è, come appena accennato, un dialetto conservativo riguardo alle consonanti a inizio sillaba, tuttavia non conserva i tre suoni retroflessi *tr-, dr-, trh- e la differenza tra -n e -nr retroflessa. In generale, perde tutti i suoni retroflessi del Primo Cinese Medio, come avviene pure in dialetto Yue. Di contro, restano in parte in putonghua. Contiene anche lui le sonanti, come il cantonese, cioè delle consonanti che fungono da vocale e sono intonabili: il cantonese/dialetto Yue ha "ng", mentre l'Wu ne ha due: "mm" e "ngg" secondo la romanizzazione del Wikizionario. Sono entrambi suoni nasali (il sanscrito e lituano possono avere altre tipologie di sonanti, presenti pure in Proto-Germanico e Proto-Indoeuropeo). Il dialetto Wu dopodiché non conserva le bilabiali *bj-, pj, phj, contrariamente al vietnamita antico e al coreano, siccome diventano /f/ e /v/. Il suono /v/ non è presente né in putonghua né in Primo Cinese Medio (ma è presente in Tardo Cinese Medio e si ritrova pure nella pronuncia non-standard del puntonghua di Dalian). Quanto ai suoni velari che in Primo Cinese Medio erano seguiti dalla semivocale */j/-, mentre nelle lingue sino-xeniche sono preservati come pure nel dialetto Yue/cantonese, in dialetto Wu si palatalizzano come avviene anche in putonghua e guanhua. Il suono *ng- resta preservato, ma di fronte a vocali e semivocali anteriori (/i, j/) si palatalizza in ny-, mentre in talune sillabe si trasforma in una sonante siccome cade tutto il resto della sillaba (in cantonese *ng- resta preservato in buona parte delle sillabe). L'antica iniziale palatale *ny- da cui deriva R- in putonghua viene preservata in svariate pronunce colloquiali, ma in quella colta e in alcune in cui non si conserva muta in "z" /z/ (il cantonese non la preserva, il coreano la mutava in */z/ con una lettera apposita poi caduta ma rintracciabile in incunaboli e cinquecentine, mentre il vietnamita le preserva. Il giapponese, nelle pronunce go-on molto arcaiche le preserva). Quanto alle sillabe "ER" in putonghua, che iniziavano proprio con *ny-, in shanghainese si pronunciano allo stesso modo del putonghua. L'iniziale *mj- si rintraccia ancora in shanghainese siccome è "m" accompagnata dalla lenizione più tarda "v" (sporadicamente invece muta in una semivocale arrotondata come in putonghua). La /m/ si ritraccia in cantonese, coreano e anche vietnamita e giapponese (insieme a doppie versioni con */w/ > /v/ in vietnamita e /b/ in giapponese). Quanto agli stop senza rilascio udibile di suono *-p, *-t, *-k, essi subiscono la stessa sorte dei dialetti settentrionali e del Primo Mandarino (khanato mongolo): si riducono infatti a uno stacco glottale a fine sillaba, ma sono preservati in vietnamita, coreano, dialetto Yue/cantonese, negli Hokkien (Minnan), in Hakka e sono ricostruibili dai kanji in giapponese.

Il dittongo *oj, talvolta trascritto "ai" nella romanizzazione del MinDict, si trascrive "e" e pronuncia /e/ lievemente aperta (questa mutazione ricorda vagamente il francese). Sempre ricordando il francese, il dittongo *au (e.g. gao1 高, che in cantonese muta spesso in "ou") si contrae in "au" /ɔ/. Quanto alle tre codine nasali a fine sillaba *-m, n, ng, la *-m si assimila nelle altre code nasali, che al loro volta si scompigliano unificandosi quasi tutte in -ng o cadendo e dando luogo a una nasalizzazione come in francese (nelle romanizzazioni, le nasalizzazioni si segnalano ortograficamente non con i tildi, ma con lettere come "n, ng"). A complicare ulteriormente il quadro, si aggiunge come terza e ultima possibilità una nuova nasale analoga in vietnamita, la -/ɲ/, che in vietnamita sorge per una palatalizzazione di -/ŋ/ in quanto preceduta da vocale anteriore e si scrive con "nh" (in shanghainese ha una pronuncia fissa in determinate sillabe, tale per cui una romanizzazione come "nh" o "ny" non è strettamente necessaria, e sorge anch'essa per una palatalizzazione). In shanghainese compaiono solo dittonghi, quindi tutti i trittonghi in cinese antico e moderno si riducono in dittonghi. Dall'evoluzione di dittonghi e trittonghi nascono nuove vocali non presenti in putonghua (un fenomeno simile avviene pure in cantonese). Infine, lo stacco glottale viene segnalato a fine sillaba con una consonante che, siccome appare a fine sillaba, si pronuncia a priori come stacco glottale e può essere "k", "h" e "q" (quest'ultima è presa dalla romanizzazione del Wikizionario). Lo stacco glottale a inizio sillaba (esisteva solo prima di vocale o semivocale) non viene conservato (ma in coreano antico veniva trascritto con una lettera apposita, poi caduta).

Mutazioni tra Old Chinese/Primo Cinese Medio e Hokkien

L'Hokkien non ha consonanti retroflesse, come avviene anche in shanghainese, cantonese e Hakka (in generale, è una caratteristica tipica dei dialetti meridionali). Sono perse dunque tutte le retroflesse in putonghua e in Primo Cinese Medio, in cui per la prima volta sono apparse a partire perlopiù da cluster dell'Old Chinese.

Ritiene però *-m come il cantonese, tuttavia in dei casi cade e dà luogo a una nasalizzazione (vedi avanti). Ritiene poi i tre stop senza rilascio udibile di suono *-p, *-t e *-k, tranne in dei casi in cui appena dopo la vocale si riducono in degli stacchi glottali (cosa che invece avviene in toto in shanghainese, dialetto di Fuzhou e nelle varietà dialettali settentrionali).

Le palatalizzazioni del cinese moderno standard, influenzato dalla varietà di pronuncia del dialetto di Pechino non sono avvenute, come anche in cantonese (in shanghainese avvengono svariate palatalizzazioni, ma conserva bene molti suoni oggi persi insieme alla distinzione sonora-sorda-sorda aspirata).

Lo stacco glottale in Hokkien non deriva solo da uno stop lenito, ma si trova pure dopo le sonanti e vocali nasalizzate, ma questi due casi non vengono qui trattati.

Le nasalizzazioni in Hokkien avvengono per la caduta della codina nasale in Primo Cinese Medio *-m, *-n e *-ng, ma non avviene in quasi tutte le sillabe, come pure in shanghainese: alcune si nasalizzano e vedono la caduta della codina, ma altre conservano la codina (ma in shanghainese, laddove sono ritenute, danno luogo a un gran numero di assimilazioni, palatalizzazioni e confusioni: il cantonese è molto preciso, mentre l'Hokkien è meno confusionario). Per dare dei veloci esempi, una sillaba con uⁿ è zhang1, con oⁿ è weng1, con iⁿ è yuan2, con eⁿ è {{{2}}} sheng1, con aⁿ è shan1 (< *-m; ha pure la versione in -m, che è letteraria ed è conservativa siccome in quella vernacolare avviene la nasalizzazione); o͘ /ɔ/, vocale aperta arrotondata, non ha nasalizzazioni.

Quanto all'odierna sillaba "ER" in putonghua, che corrisponde pure in shanghainese, in Primo Cinese Medio deriva da una sillaba che iniziava con *ny- e finiva con /e, i/. In Old Chinese questo suono non esisteva e deriva da una palatalizzazione di *n- (eventuali cluster consonantici sono poi tutti caduti: il Primo Cinese Medio non ne ha). In Hokkien il suono diventa /d͡ʑ/ (senza contatto tra organi a Kaohsiung; alla lontana, assomiglia alla */z/ del Tardo Coreano Medio, usata proprio per trascrivere e adattare la consonante *ny-). L'esito in Hokkien è identico alle pronunce recenti dei kanji in giapponese (ma nelle pronunce go-on, più antiche, è /nʲ/). In Hokkien, sporadicamente come alternativa in delle varietà di pronuncia si trova /n/, che invece è la pronuncia più antica e conservativa e da cui si può ricostruire proprio *ny-. Alcuni esempi sono: jī, hī (jíⁿ a Zhangzhou e ní a Quanzhou), ní (jíⁿ s Zhangzhou), jî (pronuncia di Zhangzhou. Iniziava però in *ng- in Old Chinese, quindi si nota una palatalizzazione in Hokkien e Primo Cinese Medio).

Quanto all'odierna R- in putonghua, deriva anch'essa da *ny- in Primo Cinese Medio, derivata da una palatalizzazione di *n- dall'Old Chinese. a parte le pronunce in cui muta in /l/, per esempio quella di Amoy, Quanzhou e Taipei, in quelle semi-conservative ha nuovamente la variante /d͡ʑ/ (a Kaohsiung senza contatto tra organi): si allinea alle sillabe che oggi sono "ER" e alla soluzione delle pronunce giapponesi successive alla go-on. In casi sporadici in Hokkien è /n/, cioè lo stesso suono dell'Old Chinese). Una carrelalta rapida di esempi è: ji̍t (Zhangzhou, Kaohsiung), ji̍p, jî (Zhangzhou) e jû (Kaohsiung), jūn (Kaohsiung), jîn (Zhangzhou, Kaohsiung), jîn (Zhangzhou, Kaohsiung), jīm (Zhanghou, Kaohsiung), jiân (Zhangzhou, Kaohsiung), jiân (Zhangzhou, Kaohsiung), jiōng (Kaohsiung) e jiāng (Zhangzhou) e straordinariamente niō͘ (Zhangzhou; Tainan a Taiwan), jióng (Kaohsiung) e jiáng (variante a Zhangzhou e Taiwan; a Taipei più di preciso è lióng), jêng (Zhangzhou, Kaohsiung), jiông (Zhangzhou), nńg (seconda pronuncia a Quanzhou e Amoy) e núi (seconda pronuncia a Zhangzhou), jio̍k (Zhangzhou, Kaohsiung).

Quanto invece alla /f/ in putonghua, deriva notoriamente dalle bilabiali *bj-, pj-, phj in Primo Cinese Medio, che a loro volta derivano da simili suoni in Old Chinese, in cui non esisteva /f/ (nasce insieme a */v/ durante il Primo Mandarino). Ebbene, le antiche *bj-, pj-, phj- (e simili suoni bilabiali in Old Chinese, non seguiti da semivocale e eventualmente preceduti da un'iniziale blandamente attaccata e poi caduta) in Hokkien si leniscono in /h/ (come in giapponese moderno), ma molti altri caratteri straordinariamente hanno una o più pronunce alternative che hanno la bilabiale sorda /p/ anche con aspirazione. Tutte queste pronunce sono conservative, si avvicinano al coreano e al vietnamita e sono pronunce vernacolari (l'altra in /h/ è letteraria . La stessa separazione in lettura bai e wen, con la prima più conservativa, è presente pure in shanghainese). L'Hokkien non ha il suono e lettera /f/, come in putonghua e cantonese. Dalle pronunce vernacolari dei caratteri con doppia pronuncia pertanto si ricostruisce un suono bilabiale. Una carrellata di esempi è: , hoat; puh / hoa̍t / hoat; hui. pe / hui / hoe; péng / púiⁿ / pán / páiⁿ / hoán; hoân / hâm / hoān; hng / png / puiⁿ / hong; hòng / pàng / hàng; pun / hun; hong / hoang; phong / hong; hóⁿ / hó͘ / hió; hut; hok; hù / pù.

Quanto alle sillabe che in Primo Cinese Medio iniziavano in *mj- (e *m- in Old Chinese, sporadicamente preceduto da una consonante), mentre in cantonese restano con il suono /m/, in putonghua si sono lenite per poi culminare in /w/ semivocalica per formare un dittongo. In Hokkien, semi-conservativo, si lenisce e modifica in /b/: bē, bī, boán (pronuncia vernacolare mńg e múi, più conservativa), bông, bōng, bāng e bōng, bāng. Anche il giapponese, che ha in dei casi la doppia versione, presenta /b/ (mentre in vietnamita presenta /v/ < */w/); la versione conservativa ritiene /m/. Invece lo shanghainese vernacolare, il coreano, il cantonese e l'Hakka sono conservativi (/m/). Il Teochew, un Minnan che ha un altro sistema di romanizzazione (Peng'im), si comporta in modo analogo agli Hokkien e molto sporadicamente presenta pure /m/, da cui si ricostruisce il suono originale, e.g. mung2 /muŋ⁵²/, mog8 /mok̚⁴/ (se usato come cognome), mung7 /muŋ¹¹/, mug4 /muk̚²/.

Quanto a *ng- in Primo Cinese Medio (deriva dallo stesso suono in Old Chinese/OC o da una /G/ o /q/, cioè una "g" di gatto sonora pronunciata con la radice della lingua contro il velo palatino/la parte morbida del palato, cioè la zona uvulare, e una "c" di cane sorda pronunciata alla stessa maniera e come in arabo moderno), da suono nasale diventa /g/ come in giapponese: conserva in parte la presenza di una occlusiva/plosiva /G/ o /q/ oppure, in molti altri casi, sembra essere un'approssimazione di *ng-, la stessa dei giapponesi. In un numero minore di casi, conserva *ng-, specialmente nella varietà di Zhangzhou: da questa pronuncia si ricostruisce *ng- antico, presente sicuramente in Primo Cinese Medio. Una carrellata rapida di esempi è: gê (Zhangzhou: gâ. OC *m-ɢˤ<r>a), gê (Zhangzhou: gâ. OC *m-ɢˤ<r>a), gân (OC *C.ŋˤrar), góa e alternativa ngó͘ (OC *ŋˤajʔ), 饿 gō (Quanzhou: ngō͘ . OC *ŋˤaj-s), ngāi (OC *C.ŋˤa[t]-s), gián (Taipei: ngái. OC *[ŋ]ˤe[r]), gû (pronuncia alternativa di Amoy. OC *[r.ŋ]a), gio̍k (Zhangzhou. OC *[ŋ](r)ok), gân (Zhangzhou. OC *ŋa[n], *ŋa[r]), gú (Amoy, Taipei. OC *ŋ(r)aʔ), ngiû (Zhangzhou. OC *[ŋ]ʷə), goân (OC *[ŋ]o[r]), goân (OC *N-ɢʷar), goa̍t (OC *[ŋ]ʷat), ngô͘ (OC *ŋʷˤa), (pronuncia alternativa a Zhangzhou e Amoy: ngó͘. OC *C.ŋˤaʔ), ngó͘ (Amoy, Zhangzhou. OC *m-qʰˤaʔ), góa (OC *C.ŋʷˤra[j]ʔ), gōa / gōe (OC *[ŋ]ʷˤa[t]-s). In Teochew (è un Minnan, ma non è Hokkien) si trova sia /ŋ/- che /g/- grossomodo in eguale misura (una terza possibilità rara è la mutazione in aspirazione /h/, tale per cui non c'è nessun contatto con organi, a cui si affianca). Anche il Teochew ha la divisione in pronuncia letteraria e vernacolare. Per esempio, ha hian7 / ngai6 (/hĩã¹¹/, /ŋai³⁵/). La seconda, più conservativa, è quella letteraria (quella vernacolare cioè è meno conservativa). Un altro esempio di pronuncia doppia in base al registro è , ua2 / ngo2 (/ua⁵²/, /ŋo⁵²/): la seconda, più conservativa, è sempre quella letteraria, il che lascia presumere una tendenza inversa rispetto allo shanghainese e Hokkien, in cui la pronuncia vernacolare di contro è la più conservativa (tranne nel caso di -m in Hokkien: è letteraria ma conservativa).

Varietà di lingua cinese e altre lingue

Lo specchietto contiene un riassunto di varietà di cinese antico e lingue sino-xeniche con il nome in lingua straniera. La scansione del vietnamita è presa (e in parte ricostruita) dalla classificazione di Henri Maspero in "Études sur la phonétique historique de la langue annamite", 1912. Le date di da Maspero non contengono secoli di inizio e fine o una scansione basata su anni simbolici, ma indicano un momento temporale, un secolo, o offrono informazioni fugaci da cui ricostruire una scansione rudimentale di periodi. La scansione in periodi è stata ricostruita in base ai dati di Maspero e ai dati storici fondamentali aventi la data precisa intrecciati insieme, ma viene rimarcato che è approssimata tenendo il tildo. Quanto alle scansioni di coreano, Lee-Ki Moon non introduce ulteriori divisioni in Coreano Moderno e Coreano Contemporaneo, ma si limita a descrivere il "Coreano Moderno". Le scansioni delle proto-lingue sono le più incerte.

Nome+traduzione Lingua Periodo inizio Periodo fine Dinastie e/o fatti storici del tempo
Proto-Sino-Tibetano

(Proto-Sino-Tibetan/PST)

原始汉藏语

(o "Trans-Himalayano")

(Trans-Himalayan)

Sinotibetano

(>Cinese;

>Tibetano;

>Birmano;

>Pyu;

>altre +440

lingue)

5200 a.C.~ 4000~?

[1250 a.C.~

(prima di...)]

Dinastia Xia (2070-1600a.C.), forse semileggendaria; culture neolitiche cinesi. Secondo un articolo di Laurent Sagart, Guillaume Jacques e Yunfan Lai del 2019, la famiglia sino-tibetana è nata nel 5200 a.C. La lingua che si è separata più antica attestata è l'Old Chinese. Le prime ossa oracolari finora trovate che attestano la scrittura risalgono intorno al 1250a.C. (Dinastia Shang). Già nel 5200 a.C. esistevano le culture neolitiche cinesi, oggi tutte sparite (la Dinastia Shang e, se esistita davvero, la Dinastia Xia sopravvissero e presero il sopravvento). Per esempio, la cultura Beixin (北辛文化, Shandong) è del 5300–4100 a.C. La Dinastia Xia si colloca durante la chiusura del Neolitico Cinese. Di contro, una delle culture neolitiche più antiche (cioè successive al paleolitico) è quella di Nanzhuangtou 南庄头 (Hebei), ~8700-7500 a.C. La Dinastia Xia viene datata 2070-1600 a.C. e il popolo su cui regnavano, racchiuso da un piccolo territorio, era detto Xia o Huaxia 华夏. Il fondatore, se è realmente esistita (della Shang si hanno dei resti), è Yu il Grande, figlio di Gun, un semi-dio che morì perché non riuscì a arginare le esondazioni. Yu il Grande riuscì costruendo un sistema di dighe. Diventato sovrano per volere di Shun, il successore di Yao, Yu alla morte passò al figlio Qi il potere. La dinastia cadde in disgrazia e fu sostituita per la depravazione dell'ultimo sovrano, Jié. Quest'ultimo fu deposto da un regno vassallo molto potente, il Regno di Shang, dopo una battaglia a Mingtiao. Secondo un articolo di William S-Y. Chang (1998) basato su uno studio glotto-cronologico di 7 lingue sino-tibetane, esse hanno iniziato a mostrare segni di divisione intorno al 4000 a.C.
Cinese Antico

(Old Chinese/OC)

上古汉语

Cinese 1250 a.C.~ 25 a.C. Dinastia Shang 商朝 (1600-1046a.C.),

Dinastia Zhou 周朝;

Primavere e Autunni 春秋 (durante la migrazione dei tibeto-birmani),

Stati Combattenti 战国;

Dinastia Qin 秦朝 (fondazione dell'Impero),

Dinastia Han 汉朝,

e breve periodo della Dinastia Xin 新朝 (finita nel 23d.C.).

Le ossa oracolari più antiche finora trovate sono del 1250 a.C., ma la lingua cinese potrebbe essere anteriore

Proto-Tibeto-Birmano

(Proto-Tibeto-Burmese)

(>Tibetano;

>Birmano

>Pyu.)

771 a.C.~ 476 a.C.~

(dopo il...)

I tibeto-birmani, tempo dopo la separazione dalle lingue sinitiche dal PST, penetrarono nella penisola del sudest asiatico, entrando in contatto con i parlanti di lingue austronesiane e del Mon-Khmer (da cui deriva in Khmer/cambogiano). Il contatto è stato linguistico e anche genetico e, secondo un articolo di Bo Wen, Xuanhua Xue et al. (2004), i tibeto-birmani sono emigrati dalla Cina nord-occidentale verso sud durante il periodo delle Primavere e Autunni, dopo la sconfitta della Dinastia Zhou da parte dei Quanrong, a loro volta una tribù tibeto-birmana. Dal contatto con queste lingue sarebbe nato il proto-tibeto-birmano, che sarebbe una lingua evoluto per i contatti, un pidgin. Il periodo delle Primavere e Autunni va dal 771 al 476 a.C.
Proto-Min

(Proto-Min)

原始闽语

Min 110 a.C.~ 311 (dopo il...)? Il Proto-Min ha iniziato a svilupparsi nel territorio di Minyue una volta che fu conquistato dall'Imperatore Han insieme a Nanyue. La conquista risale al 110 a.C. L'area in questione poi fu oggetto di migrazioni, come nel 311 d.C., dopo il disastro di Yongjia (永嘉之乱), quando Luoyang fu saccheggiata dagli Xiongniu. Con il passare del tempo, si suddivise in più sottofamiglie, tra cui il Minnan (闽南), a cui appartengono i dialetti hokkien. Anche le lingue Bai discendono direttamente dall'Old Chinese. Gli altri dialetti invece discendono dal Primo Cinese Medio e uno dei più antichi è quello Hakka: il popolo Hakka iniziò a formarsi durante i periodi di guerre e turbolenze della Dinastia Jin 晋朝 (265–420). Del Proto-Min esiste una ricostruzione di Jerry Norman.
Cinese degli Han orientali

(Late Eastern Han Chinese)

东汉汉语;

(o "Middle Han Chinese",

"Cinese Medio degli Han".

Si può pensare anche come un

ipotetico "Late Old Chinese",

Tardo Cinese Antico")

Cinese 25 d.C. 220 d.C. Dinastia Han Orientale 东汉 oppure "Han Posteriori" 后汉 (25-220).

Di questa lingua esiste una ricostruzione di Weldon Coblin.

(?)

(~Cinese della Dinastia Jin)

Cinese 220 420 (Tra la caduta della Dinastia Han e le Dinastie del Nord e del Sud, ovvero per tutto il Periodo dei Tre Regni e la Dinastia Jin, c'è un buco di 200 anni)
(~Proto-Hakka/Proto-Kejia) Hakka 265~ (dopo il...) 420~ (dopo il...) (Durante il periodo della Dinastia Jin, a causa delle migrazioni per le guerre, nacque il popolo Hakka, che parla i dialetti dell'omonima famiglia dialettale)
Primo Cinese Medio

(Early Middle Chinese/EMC)

中古早期漢語

Cinese 420 907 Dinastie del Nord e del Sud 南北朝 (420-589);

Dinastia Sui 隋朝,

Dinastia Tang 唐朝

Proto-Tibetico

(Proto-Tibetic)

Tibetico 476 a.C.~

(dopo il...)

649/650

(prima del...)

Dal proto-tibeto-birmano si è separato il proto-tibetico, cioè la prima versione di quello che oggi è il tibetano e da cui discendono tutte le altre lingue tibetiche. Il confine (solo simbolico) tra proto-tibetico e tibetano antico è l'invenzione dell'alfabeto tibetano su ispirazione di quello indiano. L'alfabeto è stato inventato qualche anno prima del 649/650. Il tibetano antico come lingua già esisteva: questo alfabeto è stato inventato proprio per trascriverlo. A commissionare l'invenzione dell'alfabeto fu Songtsen Gampo, il 33° sovrano del Tibet e il fondatore dell'Impero Tibetano, colui che introdusse il buddismo nel Tibet. Il Tibet pre-imperiale ha una serie di 32 sovrani e parte di essi sono mitologici. Tutti questi sovrani vengono indicati come facenti parte di un'unica dinastia, la Dinastia Yarlung. Il primo di essi, che prese il potere nel 127 a.C., è Nyatri Tsenpo, sceso dal cielo sul monte sacro Yarlha Shampo e dotato di mani palmate e occhi che si serravano dalla palpebra inferiore. Venerato come un dio, diventò il primo sovrano del Tibet ("tsenpo" significa "Imperatore"). Alla fine del suo governo, tornò in cielo dalla corda da cui era stato calato siccome era immortale. Prima ancora, è venuto il "Neolitico Tibetano" (anche la Cina pre-Xia l'ha avuto, come anche molte altre culture asiatiche perlopiù pre-dinastiche o simili).
Tibetano Antico/Tibetano Arcaico

(Old Tibetan/OT)

Tibetano 649/650 (poco

prima del...)

1000~ Il tibetano antico va dall'invenzione dell'alfabeto (ma la data è solo simbolica) e passa attraverso una riforma per la standardizzazione della lingua dell'816 e la frammentazione dell'Impero Tibetano fondato da Songtsen Gampo nell'842 a causa di una guerra civile. Alcune divisioni distinguono l'Early Old Tibetan (EOT), Middle Old Tibetan (MOT) e Late Old Tibetan (LOT) in base a fatti storici (ma non mutazioni linguistiche), come il periodo della riforma ortografica e la caduta dell'Impero Tibetano. Dal Tardo Tibetano Antico (LOT) deriva il Proto-Amdo-Tibetano (AT). In questi contesti si può trovare anche l'espressione "Written Tibetan", il tibetano scritto (WT). Nel 648, secondo gli Old Tibetan Annals, i tibetani fecero una spedizione in Cina per chiedere l'inchiostro e la cessione della tecnologia per la manifattura della carta. In riferimento al tibetano, si può trovare la parola "bodico": deriva da Bod, il nome del Tibet in tibetano: le lingue tibetiche/tibetane si possono chiamare "bodiche".
Tibetano Classico

(Classical Tibetan/CT)

Tibetano 1000~ 1800~ Il Tibet ha subito un periodo di guerre tra signori locali e sarà riunito solo nel 1253, quando la Dinastia Yuan (khanato mongolo in Cina) con delle guerre riunisce dei territori, affidati poi a Drogön Chögyal Phagpa, uno dei leader della scuola Sakya del buddismo tibetano, primo precettore imperiale e inventore dell'alfabeto 'Phagspa (1269), usato nei dizionari per rendere la pronuncia dei sinogrammi in Primo Mandarino. Lavorò per Kublai Khan, successore del fratello Möngke, nipote di Gengis Khan e colui che ricevette Marco Polo e tentò di invadere il Giappone, venendo respinto da due tifoni, il "vento divino" (kami-kaze).

Quanto al tibetano antico, finisce all'inizio dell'XI secolo. Nel 1354, durante la decadenza Yuan, il Tibet riacquista l'indipendenza. Fino al 1618 regna la Dinastia Phagmodrupa. Questa dinastia viene poi seguita da altre due brevi dinastie, la Dinastia Tsangpa (finita nel 1642) e il Khanato di Khoshut creato dagli oirati, un gruppo di mongoli (finito nel 1717). Questo khanato è stato conquistato da un altro khanato di oirati, il Khanato degli Zungari (Dzungar). Tutto il Tibet nel 1720 viene conquistato dai Qing.

Tibetano Moderno

(Modern Tibetan/MT)

Tibetano 1800~ oggi La Dinastia Qing cade nel febbraio 1912. Il Tibet, tornato indipendente, fu invaso dalla Repubblica Popolare Cinese nel 1950 e annesso di nuovo alla Cina. Questa invasione ha causato la fuga del capo spirituale in Tibet, il Dalai Lama (il 14° è Tenzin Gyatso, capo dal 1950), tuttora in esilio in India. Il Tibet è tuttora regione autonoma.
Proto-Lolo-Birmano (>Lolo;

>Birmano

>Pyu?)

476 a.C.~

(dopo il...)

? Il proto-lolo birmano, ricostruito da James Matisoff, nasce dal proto-tibeto-birmano, da cui si è separato il tibetano.
Proto-Lolo

(Proto-Loloish/Proto-Nisoic)

(>Lolo) 476 a.C.~

(dopo il...)

? Il proto-lolo è stato ricostruito da David Bradley (1979) e James Matisoff.
Proto-Birmano

(Proto-Burmese)

(>Birmano) 200 a.C.~

(dopo il...)

1113

(prima del...)

Regno di Pagan (849-1297). Prima del regno di Pagan, la Birmania era divisa in città stato abitate da un popolo detto Pyu, che parlava l'omonima lingua. I Pyu sono i primi abitanti noti della Birmania e il periodo va dal II secolo a.C. al 1050 d.C. circa (il Regno di Pagan le ha conquistate tutte). Il Pyu è una lingua lolo-birmana usata nelle corti insieme al sanscrito e pali e aveva un suo alfabeto derivato da quello Kadamba. I Pyu erano buddisti. La lingua Pyu è attestata in iscrizioni a partire dal VII secolo (altre ancora più tarde invece sono in birmano antico).

Il fondatore dell'Impero di Pagan è Anawrahta, primo sovrano della Birmania. Il fondatore di Pagan (849), anteriore, è invece Pyinbya. Il nome della città e della dinastia di signori di Pagan e Sovrani coincide (dinastia Pagan). I Pagan discendono dal regno di Nanzhao (738-937), situato dove oggi c'è lo Yunnan (Cina) e in cui si parlava la lingua Bai (derivata dall'Old Chinese) e il Nuosu/Yi (tibeto-birmana). Quanto al Mon, menzionato in questi contesti, è una lingua che deriva dal proto-Mon-Khmer (da cui deriva dunque anche il cambogiano) ma è austroasiatica. La stele di Myazedi (vedi avanti) è scritta in birmano antico, pali, Mon e Pyu. "Proto-Mon-Khmer" è sinonimo di "proto-austroasiatico", da cui derivano tutte le lingue austroasiatiche, tra cui il Proto-Việt–Mường o Vietnamuong, da cui derivano il Muong e il vietnamita. Vi deriva pure il Proto-Monico e il Proto-Khmer (detto anche "Proto-Khmerico"). Attenzione: il thailandese/Thai/siamese, il cui alfabeto abugida deriva dall'alfabeto khmerico, a sua volta derivato dal Pallava (che a sua volta è scrittura brahmica, derivata dall'aramaico nato dal fenicio), è una lingua di ceppo Tai-Kadai (o "Kra-Dai"): non è né sinotibetana né austronesiana. La proto-lingua ricostruita si chiama Proto-Kra-Dai. Una sotto-divisione del Kra-Dai è la famiglia Tai, da cui derivano sia il thailandese sia il Lao, la lingua del Laos. La famiglia Hmong-Mien è anch'essa a sé e ne derivano la lingua Miao, cioè la lingua di una famosa minoranza etnica cinese, e la lingua Yao. La proto-lingua ricostruita si chiama Proto-Hmong-Mien. Per concludere, il mongolo è una lingua mongolica, forse un'altra famiglia a sé non derivata da lingue precedenti. Questa espansione di nozioni sulle lingue asiatiche dovrebbe aiutare a non fare confusioni o congetture/pregiudizi errati.

Quanto alla lingua Pyu, è attestata da scritture su pietra risalenti al VII secolo (600~), anche se le città esistevano da secoli prima. Quanto al ceppo, James Matisoff sostiene che è lolo-birmana, mentre Bradley è una lingua sinotibetana del ceppo Sal, cioè una lingua Luish, il che la può retrodatare come origine (le prime tracce delle città Pyu sono databili intorno al 200 a.C., dopo la fine delle Primavere e Autunni). Le lingue Luish si chiamano anche "Lingue Asakian". Molte iscrizioni di Pyu provengono da Śrī Kṣetra, la città più potente che superò la prima più grande e potente, Halin, produttrice di sale (al tempo molto prezioso). Il birmano ha avuto contatti con il Mon-Khmer, tale per cui ha sviluppato le sillabe sesquisillabiche (cioè una sillaba minore + maggiore, in cui la minore ha una sonante), secondo un neologismo di Matisoff. Anche l'Old Chinese le possedeva nella ricostruzione Baxter-Sagart (2014) e le minori erano sillabe "blandamente attaccate" (poi cadute) con una schwa. Non bisogna confondere le lingue austroasiatiche (asiatiche) con le austronesiane (in Oceania: indonesiano, bahasa Malaysia, tagalog, giavanese, polinesiano, figiano...). Siccome la lingua Pyu è tibeto-birmana o simili e il birmano antico presuppone la suddivisione di questa famiglia prima unita, siccome le prime tracce sono del 200 a.C. e sono il primo popolo noto ad avere popolato queste zone, si può assumere a larghe spanne che il proto-birmano è successivo alla fondazione delle prime città Pyu.

Birmano antico

(Old Burmese)

Birmano 1113 1557 Il birmano antico è attestato (e fatto iniziare simbolicamente) a partire dalle prime iscrizioni su blocchi di pietra con l'alfabeto birmano, che è un abugida derivato dall'alfabeto Kadamba o Pallava usati nell'India meridionale. L'aspetto è sinuoso e tondeggiante perché si scriveva incidendo le lettere sulle foglie di palma con un coltellino (sennò si tagliuzzavano. Lo stesso è avvenuto per l'alfabeto giavanese, anche esso abugida). Le prime attestazioni scritte sono del 984 e 1035; poco dopo, viene fissata la nascita della lingua (XII secolo). Come data simbolica si può prendere il 1113, l'anno di creazione della stele di Myazedi, in quattro lingue e oggi parte del Memory of the World Register (UNESCO). Le prime iscrizioni di Old Burmese sono a Bagan, la capitale del Regno di Pagan, che unificò per primo i territori dell'attuale Myanmar.

Quanto al Regno di Pagan, cade nel 1297 e la Birmania si divide in staterelli (i maggiori sono il Regno di Ava, gli Stati Shan e Regno di Hanthawaddy). La Dinastia Taungoo, nata nel 1510, li conquistò tutti nel 1552 e 1555. Gli ultimi staterelli Shan, controllati dai Tai, furono presi nel 1556-1557. I due sovrani che conquistarono tutti questi territori sono Tabinshwehti e il suo successore, Bayinnaung. Il 1557, che rappresenta il culmine dell'ascesa militare e politica dei Taungoo, si può prendere come data simbolica.

Birmano Medio

(Middle Burmese)

Birmano 1557 1752 Il birmano medio va dall'ascesa della Dinastia Toungoo all'ascesa della Dinastia Konbaung, che detronizzò la dinastia che portò alla fine dei Toungoo.
Birmano Moderno

(Modern Burmese)

Birmano 1752 oggi
Proto-Yue

(Proto-Yue)

原始广东话

Cinese 874-979~ 1700~

(prima del...)

I dialetti Yue derivano dal Proto-Yue. Quest'ultima proto-lingua per la precisione si formò durante una massiccia emigrazione cinese nel Guangdong per sfuggire ai massacri durante la rivolta di Huang Chao (黄巢) e Wang Xianzhi (王仙芝) contro i Tang e le guerre delle Cinque Dinastie (874-884; 907-979). Quindi si è iniziato a formare a cavallo tra il Primo Cinese Medio e il Tardo Cinese Medio. Del Proto-Yue esiste la ricostruzione fonetica delle vocali di Karen Huang (2009), raffinata da Georg Orlandi (2020).
Tardo Cinese Medio

(Late Middle Chinese/LMC)

后期中古汉语

Cinese 907 1279 Dinastia Song 宋朝

e breve periodo delle Cinque Dinastie e Dieci Regni

(五代十国, 907-979)

Primo Mandarino

(Early Mandarin) 早期官话

oppure Mandarino Antico

(Old Mandarin) 古官话

Cinese 1279 1368 Dinastia Yuan 元朝 (khanato mongolo)
Mandarino Medio

(Middle Mandarin)

明清官话

Cinese 1368 1700~1800 Dinastia Ming 明朝,

arrivo dei gesuiti 耶稣会士,

Dinastia Qing 清朝

Zhangzhou Seicentesco Changchew 1600 1699 Dinastia Ming;

Dinastia Qing

(è immortalato nel manoscritto "L'Arte de la Lengua Chio Chiu"), scritto nel 1620 e indicante una varietà di Hokkien, forse il Changchew, ovvero lo Zhangzhou 漳州 parlato dagli immigrati cinesi a Manila, nelle Filippine, ovvero i Sangley. Secondo un'altra ipotesi, è una lingua ibrida)

Mandarino Tardo-imperiale

(Late imperial lingua franca)

[Mandarino di Pechino > 北京官话]

Cinese 1700~1800 1912 Dinastia Qing (periodo di splendore, in cui la varietà mandarina di Pechino iniziò a diffondersi a scapito di quella di Nanchino, decadenza. Nonostante la pronuncia settentrionale iniziava a diventare prestigiosa, svariati dizionari ancora nella seconda metà '800 trascrivevano la pronuncia meridionale, dunque attestavano in realtà il Mandarino Medio o una varietà che vi si avvicinava parecchio. Per esempio, dalle palatalizzazioni si riconosce se la varietà è del sud, conservativa e arcaica, o del nord, recente. Questa varietà viene delimitata al 1912 se si prende letteralmente la parola "imperiale": l'ultimo imperatore abdica nel 1912 a seguito della Rivolta Xinhai di Sun Yat-sen)
(?)

(~Cinese "post-imperiale",

Cinese Moderno pre-standard)

Cinese 1912 1932 (tra la caduta della Dinastia Qing e la standardizzazione del Putonghua nella Repubblica Cinese c'è un buco di 20 anni)
Cinese Moderno Standard

(Standard Chinese)

现代标准汉语 oppure 普通话

(la variante scritta si chiama 中文)

Cinese 1932 e

1949

oggi Repubblica Popolare Cinese 中华人民共和国

(ma nella Repubblica Cinese 中华民国 era standard già dal 1932

e si chiamava 国语, nome ancora in uso a Taiwan)

Cantonese Settecentesco

十八世纪广东话

Cantonese 1700 1799 Dinastia Qing
Cantonese Ottocentesco

十九世纪广东话

Cantonese 1800 1899 Dinastia Qing
Amoy hokkien Ottocentesco

十九世纪厦门话

Amoy

hokkien

1800 1899 Dinastia Qing
Hokkien Taiwanese Novecentesco

二十世纪台湾话 oppure 台语

Hokkien

Taiwanese

1900 1999 Repubblica di Cina 中华民国,

Repubblica di Nanchino 南京国民政府,

Repubblica Popolare Cinese

Hakka Ottocentesco

十九世纪客家话

Hakka/Kejia 1800 1899 Dinastia Qing
Swatow Ottocentesco

十九世纪汕头话

Swatow 1800 1899 Dinastia Qing
Teochew Ottocentesco

十九世纪潮州话

Teochew 1800 1899 Dinastia Qing
Shanghainese Ottocentesco

十九世纪上海话 oppure 沪语

Shanghainese 1800 1899 Dinastia Qing
Shanghainese Novecentesco

二十世纪上海话 oppure 沪语

Shanghainese 1900 1999 Repubblica di Cina, Repubblica Popolare Cinese
Proto-Giapponese

(Proto-Japanese oppure

Proto-Japonic)

日本祖語

Giapponese ? 710 (prima del...) Periodo Asuka 飛鳥時代 (538-710),

Periodo Kofune 古墳時代 (300-538), ecc. [?]

(l'origine del Giapponese è controversa)

Giapponese Antico

(Old Japanese)

上代日本語

Giapponese 710 794 Periodo Nara 奈良時代
Primo Giapponese Medio

o "Giapponese Tardo-antico"

(Early Middle Japanese)

中古日本語

Giapponese 794 1185 Periodo Heian 平安時代,

invenzione del kana 仮名

attribuita a Kūkai 空海 (774-835)

Tardo Giapponese Medio

(Late Middle Japanese)

中世日本語

Giapponese 1185 1603 Periodo Kamakura 鎌倉時代

(shogunato Kamakua di Minamoto no Yoritomo 源 頼朝),

Periodo Muromachi 室町時代

(shogunato Ashikaga di Ashikaga Takauji 足利 尊氏),

arrivo dei gesuiti,

guerre di riunificazione del Giappone

(Oda Nobunaga, Toyotomi Hideyoshi, Tokugawa Yeyasu

織田 信長, 豐臣秀吉, 徳川 家康)

detto anche Periodo Azuchi-Momoyama (安土桃山時代)

dal nome di due fortezze

Primo Giapponese Moderno

(Early Modern Japanese)

近世日本語

Giapponese 1603 1868 Periodo Edo 江戸時代, apertura commerciale all'Occidente,

Restaurazione Meiji 明治維新

Giapponese Moderno

(Modern Japanese)

現代日本語

Giapponese 1868 oggi Era Meiji e colonialismo giapponese in Corea,

Era Taishoo 大正時代, Era Shoowa 昭和時代

(due Guerre Mondiali e invasione della Cina),

era Heisei (平成時代), Era Reiwa (令和時代)

Proto-Viet–Muong

(Proto-Viet-Muong)

(Việt-Mường proto)

Vietnamita ? 602 (prima del...) Primo e secondo Bắc thuộc (Dinastia Han, Stato di Wu e Liang) [?]
Proto-Vietnamita

(Proto-Vietnamese)

Tiếng Việt proto

Vietnamita 602-800~ 939~ Terzo Bac thuoc (Dinastia Sui -invasione del 602- e Tang);

fine della Dinastia Song in Cina;

fine del Terzo Bac thuoc (Ngô Quyền)

[Maspero si limita a indicare il X secolo]

Vietnamita Arcaico

(Archaic Vietnamese)

Tiếng Việt cổ xưa

Vietnamita 939~ 1428~ Dinastia Ngô () e Dinastia Hồ ();

nascita dei caratteri nazionali in Vietnam (Dinastia Ngô);

Quarto Bac thuoc (1407);

fine Quarto Bac thuoc (1427);

nascita della Dinastia () nel 1428

Vietnamita Antico

(Ancient Vietnamese)

Tiếng Việt cổ

Vietnamita 1428~ 1617~ Dinastia ();

grandi opere vietnamite in chu' Nom, molto usato sotto la Dinastia Lê (e specialmente sotto Lê Thánh Tông 黎聖宗);

produzione del vocabolario di Annamita in Cina 安南國譯語 (all'interno della serie 华夷译语), pubblicato nel XVI secolo dallo 會同館, Ufficio degli Interpreti/delle lingue Barbariche;

arrivo dei gesuiti

Vietnamita Medio

(Middle Vietnamese)

Tiếng Việt trung đại.

Vietnamita 1617~ 1838~ Guerra Trinh-Nguyen (1ª guerra: 1627-1672),

nascita dell'alfabeto latino per il vietnamita a opera di de Pina

[Maspero cita apertamente il dizionario di de Rhodes, 1651]

[il dizionario di Pigneau, pubblicato da Taberd nel 1838, 00è stato scritto nel 1773, quindi riflette il Vietnamita del '700]

[Maspero si limita a indicare il XIX secolo]

[se l'inizio del periodo storico si fa coincidere con l'invenzione dell'alfabeto latino, de Pina arrivò a Dang Truong nel 1617; muore nel 1625 e, due anni dopo, nel 1627, inizia la prima guerra tra Trinh e Nguyen]

Vietnamita Moderno

(Modern Vietnamese)

Tiếng Việt hiện đại

Vietnamita 1838~ oggi Dinastia Nguyen (1802),

Protettorato francese completo (1883)

Guerre Mondiali;

fine della colonizzazione francese;

separazione del Vietnam;

Guerra in Vietnam (fine nel 1975 con la vittoria del Nord);

Repubblica Socialista del Vietnam

Proto-Coreano

(Proto-Korean)

原始韓國語,

원시 한국어

Coreano 57 a.C. 668 (prima del...) Tre Regni di Corea, 三國時代 삼국시대 (Baekje, Goryeo, Silla) [?]
Coreano Antico

(Old Korean)

古代朝鮮語,

고대 조선어 oppure

古代韓國語,

고대 한국어

Coreano 668 918 Silla Unificato (Unified Silla), 통일신라 統一新羅 oppure

"Silla Posteriore" (Later Silla), 후신라, 後新羅

Primo Coreano Medio

(Early Middle Korean)

前期中世韓國語,

전기 중세 한국어

Coreano 918 1392 Dinastia Goryeo
Tardo Coreano Medio

(Late Middle Korean)

後期韓國語,

후기 중세 한국어

Coreano 1392 1592 Dinastia Joseon,

invenzione e promulgazione dell'hangeul (ottobre 1446),

inizio delle Guerre Imjin con il Giappone

Primo Coreano Moderno

(Early Modern Korean)

前期近代韓國語,

전기 근대 한국어

Coreano 1592 1750~ Dinastia Joseon (nella metà '700, durante il regno di Yeongjo,

ci fu il secondo rinascimento dei Joseon da dopo i tempi di Sejong)

Tardo Coreano Moderno

(Modern Korean)

後期近代韓國語,

후기 근대 한국어

Coreano 1750~ 1895 o 1896 Riforma Gabo 갑오, 甲午 (1894), Trattato Ineguale di

Ganghwa (1876), inizio del Periodo Illuminista in

Corea 개화, 開化 (1895/6-1910) (la data di inizio più riportata è il 1896).

Coreano Contemporaneo

(Contemporary Korean)

現代韓國語,

현대 한국어

Coreano 1895 o 1896 oggi Annessione della Corea al Giappone (1910),

fine della Dinastia Joseon,

Guerre Mondiali,

separazione (1948) in Corea del Nord

(Dinastia Kim ) e Corea del Sud (Repubblica).

(sono esclusi dalla trattazione il Mancese Settecentesco e Moderno e il mongolo (proto-Mongolo, Mongolo Medio, Mongolo Classico, Mongolo Moderno) per motivi di coerenza, i dialetti minori cinesi e i dialetti delle lingue sino-xeniche, e.g. Dialetto di Okinawa in Giappone)

- - - SCRIVO:

  • Substrati del cinese antico (libro di Baxter-Sagart e file del 2021 più altri paper online specialmente di Sagart)
  • Espansioni sulla ricostruzione del cinese antico (Baxter-Sagart, 2014) e sul rapporto tra Min e cinese antico (con file del 2021 e paper del 2010)
  • Proto-Vietico (da Ferlus, 2019)
  • Proto-austroasiatico (Ratliff, 2010; Ostiparat e Taguchi)
  • Proto-Tai (Pittayaporn, 2009)
  • Etimologie dallo STEDT (proto-sino-tibetano) da mettere in 'Proto-Sino-Tibetano' insieme al cinese antico (B/S, 2014)

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