Camelus dromedarius
Il dromedario (Camelus dromedarius Linnaeus, 1758) è un artiodattilo della famiglia dei Camelidi, diffuso in Asia, Africa settentrionale e, per intervento umano, anche in Australia (nel Medioevo anche nella Sicilia musulmana e in al-Andalus).
Dromedario | |
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Camelus dromedarius | |
Classificazione scientifica | |
Phylum | Chordata |
Classe | Mammalia |
Ordine | Artiodactyla |
Famiglia | Camelidae |
Genere | Camelus |
Specie | C. dromedarius |
Nomenclatura binomiale | |
Camelus dromedarius Linnaeus, 1758 | |
Areale | |
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Cenni storici
In base ai resti fossili ritrovati, l'animale popolava alcuni millenni or sono anche l'America settentrionale ma è assai probabilmente nella Penisola Araba che il dromedario fu addomesticato tra il V e il IV millennio a.C.
Qui esso divenne cavalcatura, animale da soma, produttore di latte, carne e pelle: prodotti essenziali tutti ai beduini che conducevano una vita nomade nella steppa (bādiya) e nei deserti rocciosi ( sakhrā') o sabbiosi (raml, pl. rimāl) peninsulari, tanto che gli studiosi credono che senza tale addomesticamento la vita umana in quegli ambienti sarebbe stata decisamente più limitata e difficoltosa.
Secondo un noto adagio l'uomo sarebbe così diventato il "parassita" del suo dromedario che, con altrettanto nota espressione araba, fu definito safīnat al-barr, ovvero "nave del deserto", per la sua capacità di percorrere lunghe distanze su terreni abbastanza accidentati e in carenza di alimenti solidi e liquidi.
Descrizione
Il manto del dromedario può assumere le più diverse sfumature del beige, giungendo a tonalità assai scure, fin quasi al nero, o, al contrario, assai chiare, fino al bianco. Le zampe sono formate da due dita rivestite da uno spesso strato calloso, che gli permette di camminare sulla sabbia senza sprofondarvi. Il muso è lungo e le narici sono molto strette, per essere riparate dalla sabbia quando viene sollevata dal vento.
Rinomate sono le femmine, anche per la loro capacità lattifera e per il carattere meno irrequieto. Quanto al lessico, il vocabolario arabo contempla circa 160 sinonimi per identificare i dromedari - dal generico termine jamal (pl. jimāl) al collettivo ibil - in funzione del sesso, dell'età o del colore del manto: cifra ancor più alta pertanto di quella assai consistente riservata al cavallo, altro animale assai amato dalla cultura araba. L'arco di vita del dromedario giunge fino ai 40-50 anni.
Distribuzione e habitat
Il dromedario è diffuso allo stato domestico in tutta l'Africa del nord, nella Penisola arabica, in India e in gran parte dell'Asia minore, luoghi dove trova le caratteristiche climatiche migliori per la sopravvivenza della sua specie.
Introdotto nell'interno dell'Australia nel 1800 per le sue eccezionali capacità di trasporto in climi aridi, con l'introduzione sempre più massiccia dei trasporti terrestri via camion ha perduto la sua importanza economica. Non più utile, esso è stato abbandonato a se stesso e, sfuggito al controllo dell'uomo, è rinselvatichito e vive attualmente allo stato selvaggio, con una popolazione totale di almeno 500000 capi. Poichè è estinto allo stato selvaggio nei luoghi di origine, (Sahara e penisola Arabica), i dromedari dell'Australia sono le uniche popolazioni ove si possono ancora fare osservazioni sul comportamento allo stato selvaggio dei dromedari.
Caratteristiche
Il dromedario, purché il terreno non sia troppo accidentato, è in grado di percorrere fino a 150 km in 15-20 ore, a una velocità che può oscillare fra gli 8 e i 20 km orari, sopportando un carico che può arrivare a 150-200 kg (A. Musil, a p. 145 dell'opera sottocitata, parla di eccezionali percorrenze di 160 miglia giornaliere, dunque tra i 250 e i 260 km).
La sua peculiarità più conosciuta è la sua capacità di resistere alla sete fino a circa 8 giorni, a causa della particolare struttura del suo organismo. Esso è infatti in grado di evitare la dispersione dell'ettolitro circa d’acqua – che riesce a bere in appena dieci minuti – grazie al peculiare addensamento del plasma sanguigno che riesce a dilatare i globuli rossi fino a 250 volte i suoi valori consueti.
La traspirazione, già di per sé assai limitata per via della particolare struttura dell'epidermide, può essere ancor più rallentata dall’ingestione di vegetali spontanei della steppa, talmente ricchi di sali minerali da avvelenare qualsiasi essere umano. Essi fanno infatti aumentare la pressione osmotica delle cellule dell'animale, impedendo l’evaporazione dei liquidi organici e consentendo quindi una sopravvivenza supplementare di 4-5 giorni del dromedario.
Il suo organismo è altresì in grado di sopportare un aumento della propria temperatura corporea fino a 6-7 gradi centigradi, senza che questo comporti dispersione di liquidi, mentre un'altra fondamentale caratteristica è quella di limitare al massimo l’espulsione dei propri liquidi organici malgrado la forte carica di tossine, grazie al fatto che l’urea prodotta dal fegato non viene filtrata dai reni per la successiva espulsione, tornando invece per via sanguigna allo stomaco per entrare nuovamente in circolo. Se anche questo non bastasse si deve ricordare infine che il dromedario riesce a metabolizzare il grasso del proprio organismo (in particolare della gobba) e a produrre idrogeno che, con l’ossigeno dell’aria, riesce a creare acqua in ragione di 1 litro di liquido per 1 chilo di lipidi.
Dotato di udito e olfatto oltremodo fini (i nomadi ne lodano anche la vista), il dromedario può avvertire la presenza di acque sotterranee tanto da rendere preziosi servigi in ambienti aridi.
Rapporti con l'uomo
Di esso si utilizza pressoché tutto: carne (di alta digeribilità), grasso (particolarmente apprezzato quello della gobba), latte (da 2 a 14 litri al giorno), pelle (assai elastica e morbida), pelo (lavorato per produrre pregiati tessuti) e finanche sterco (mescolato con paglia e disseccato al sole per essere impiegato come combustibile nelle fredde notti della steppa).
In tempi relativamente recenti il dromedario è impiegato anche come animale da corsa. Rinomata la razza sud-arabica della regione del Mahra, che dà origine al dromedario da corsa chiamato appunto mehari (arabo mahrī, "del Mahra"), e ai corpi cammellati militari definiti meharisti. In quanto animali da corsa, nei paesi del Golfo Persico sono organizzati percorsi rettilinei (il dromedario non ama, in corsa, effettuare rapide evoluzioni o curvare) della lunghezza fino a 28 chilometri per gare che richiamano un gran pubblico di appassionati.
La riottosità dell'animale alle evoluzioni non lo rende in genere ideale (al contrario di quanto si crede) per l'impiego bellico e ad esso si è preferito, quando possibile, il cavallo. Nelle età antiche della civiltà araba i guerrieri giungevano pertanto sui luoghi della battaglia cavalcando il dromedario e trascinandosi dietro il cavallo, per montare questo al momento del combattimento.
Bibliografia
- A. Musil, Northern Negd, New York, 1928.
- Jän Retsö, “The Earliest Arabs”, Orientalia Suecana, XXXVIII-XXXIX (1989-1990), pp. 131-139.
- IDEM, “The Domestication of the Camel and the Establishment of the Frankincense Road from South Arabia”, Orientalia Suecana, Vol. XL (1991), pp. 187-219.
- Charles Pellat, “Sur quelques noms d'animaux domestiques en arabe classique”, GLECS, VIII, pp. 95-99.
- Francesco Gabrieli (ed.), L'antica società beduina, Roma , Università di Roma, 1959.
- Commandant Cauvet, “Le dromadaire d'Afrique”, Bull. de la Soc. Géog. d'Alger, 1920
- IDEM, Le chameau, Parigi, J.B. Baillière et fils, 1925.
- IDEM, Le chameau, histoire, religion, littérature, Parigi, 1926.
- Elian-J. Finbert, La vie du chameau, Parigi, Albin Michel, 1947.
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