Inceneritore

impianto per lo smaltimento di rifiuti mediante combustione ad alta temperatura

I termovalorizzatori, o anche inceneritori con recupero energetico, sono impianti che utilizzano rifiuti (generalmente i rifiuti solidi urbani, che trattati adeguatamente vengono definiti CDR, ovvero combustibile derivato dai rifiuti) come combustibile per produrre calore o energia. Si tratta quindi di vere e proprie centrali elettriche.

Termovalorizzatori e inceneritori: il quadro della situazione

In Italia il termine inceneritore ha assunto nel tempo un carattere negativo, a causa del fatto che i primi inceneritori erano fortemente inquinanti. Le innovazioni tecnologiche susseguitesi nel corso di oltre vent'anni hanno modificato la tipologia di incenerimento e cambiato la parcellizzazione dei gas e delle polveri emesse, ed infatti nelle altre nazioni europee (ad esempio nei paesi nordici, spesso considerati progrediti per quanto riguarda la sensibilità alle tematiche ambientali) il termine termovalorizzatore non esiste, e si continua ad usare il termine inceneritore. Il termine termovalorizzatore viene criticato, perché secondo alcuni servirebbe a nascondere il fatto che l'impianto si basi di fatto sull'utilizzo di un inceneritore. La stessa normativa italiana in materia non usa il termine "termovalorizzatore", bensí quello di "inceneritore", che del resto è piú preciso perché questo strumento si differenzia da altre tecniche di recupero di energia da rifiuti per il fatto che dà come prodotto finale della cenere, per l'appunto. D'altronde, anche il solo termine inceneritore potrebbe essere considerato fuorviante e impreciso, perché i termovalorizzatori non producono solo cenere ma anche energia. Perciò la soluzione migliore (anche se piú lunga) è inceneritore con recupero energetico. Recentemente, si comincia a leggere persino termodistruttore, che sembra un perfetto equivalente di inceneritore, solo con un dettaglio in meno (cioè che il prodotto finale è cenere), adoperato solo per non usare il "dispregiativo" inceneritore.

Di fatto, un termovalorizzatore è un inceneritore che usa il calore prodotto come in una piccola centrale elettrica, anche se con rendimenti molto inferiori. La differenza sostanziale è che un semplice inceneritore distrugge i rifiuti, senza che lo stesso renda alcun'altra utilità, mentre un termovalorizzatore oltre a distruggere i rifiuti, riutilizza il calore cosí generato per produrre energia.

Tuttavia, il riuso ed il riciclo sono nettamente piú "valorizzanti" dell'incenerimento: per esemplificare, si risparmia molta piú energia riutilizzando e riciclando una bottiglia di plastica di quanta energia non si ricavi dalla sua combustione. Sono inoltre da considerare le emissioni piú o meno tossiche che si ottengono con l'incenerimento, e che invece con il riciclo ed il riuso sono minori ma difficilmente valutabili in seno ad un Life Cycle Assesment (LCA) del prodotto. Il termine "termovalorizzatore" appare dunque fuorviante, specie se – come ha fatto recentemente un noto politico italiano – si dipingono irresponsabilmente i "termovalorizzatori" come qualcosa che «trasforma i rifiuti in energia», come per magia, senza perdite energetiche, scorie o rilascio di inquinanti di alcun tipo.

In Italia, la produzione di energia elettrica tramite incenerimento dei rifiuti è indirettamente sovvenzionata dallo Stato per sopperire alla sua antieconomicità: infatti questa modalità di produzione è considerata impropriamente, come "da fonte rinnovabile" alla stregua di idroelettrico, solare, eolico e geotermico. Pertanto chi gestisce l'inceneritore può vendere all'Enel la propria produzione elettrica ad un costo circa triplo rispetto a quanto può fare chi produce elettricità (vendendola all'Enel) usando metano, petrolio o carbone. I costi di tali incentivi ricadono naturalmente sulle bollette. L'Unione Europea ha inviato una infrazione all'Italia per gli incentivi dati dal governo italiano per produrre energia bruciando rifiuti inorganici e considerandola come "fonte rinnovabile". A tal proposito già nel 2003 Il Commissario UE per i Trasporti e l’Energia, Loyola De Palacio, in risposta ad una interrogazione dell’On. Monica Frassoni al Parlamento Europeo, ha ribadito (20.11.2003, risposta E-2935/03IT) il fermo no dell’Unione Europea all’estensione del regime di sovvenzioni europee per lo sviluppo delle fonti energetiche rinnovabili, previsto dalla Direttiva 2001/77, all’incenerimento delle parti non biodegradabili dei rifiuti. Queste le affermazioni testuali del Commissario all’energia: “La Commissione conferma che, ai sensi della definizione dell’articolo 2, lettera b) della direttiva 2001/77/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 27 settembre 2001, sulla promozione dell'energia elettrica prodotta da fonti energetiche rinnovabili nel mercato interno dell'elettricità, la frazione non biodegradabile dei rifiuti non può essere considerata fonte di energia rinnovabile”. Il fatto che una legge nazionale (Legge 39 del 1.3.2002, art. 43) proponga di includere, nell’atto di recepimento italiano della Direttiva 2001/77, i "rifiuti tra le fonti energetiche ammesse a beneficiare del regime riservato alle fonti rinnovabili, ivi compresi i rifiuti non biodegradabili", non rende meno grave la palese violazione di quanto dettato dalla direttiva europea.

Tuttavia il core business degli inceneritori con recupero di energia è lo smaltimento dei rifiuti e non la vendita di energia, la quale in un regime tariffario pure favorevole, costituisce solo un abbassamento dei costi globali di esercizio.

I termovalorizzatori/inceneritori sono dotati di sistemi di controllo e riduzione delle emissioni che ne fanno, a detta di alcuni, una realtà compatibile con le esigenze di tutela ambientale, tanto che sono inseriti all'interno di svariati contesti urbani in tutto il mondo (ad esempio a Vienna, Parigi, Londra, Copenhagen e Tokyo). Queste tesi sono contestate da diversi studi come quelli su nanopatologie e nanopolveri presentati nell'estate 2005 anche alla Camera dei Lords di Londra, ma che non ha apportato alcuna dimostrazione e certezza scientifica ma solo ipotesi, come confermato anche in seno alla Commissione Parlamentare italiana sugli effetti dell'uranio impoverito.

In Europa sono attivi attualmente 304 impianti di termovalorizzazione/incenerimento, in 18 Nazioni. Paesi quali Svezia, Danimarca e Germania ne fanno ampio uso; in Olanda (ad Avr e Amsterdam) sorgono i piú grandi termovalorizzatori/inceneritori d'Europa, che permettono di smaltire fino ad un milione e mezzo di tonnellate di rifiuti all’anno. Anche in Olanda comunque come in Germania la politica è quella di bruciare sempre meno rifiuti per cercare di dismettere un giorno gli impianti esistenti. A tal proposito sono attuate amplissime forme di raccolta differenziata e riduzione alla fonte anche con una legge nazionale sul riutilizzo delle bottiglie di vetro e di plastica (ogni cittadino paga una cauzione sulle bottiglie di plastica e vetro che gli viene restituita con un bonus per il supermercato quando riconsegna le bottiglie negli speciali spazi presso i centri commerciali). E si sta utilizzando sempre di piú anche l'energia eolica e sperimentando in interi quartieri quella solare.

In Italia i termovalorizzatori sono ancora poco diffusi, anche a causa dei dubbi che permangono sulla nocività delle emissioni nel lungo periodo e delle resistenze di parte della popolazione. A Trezzo sull'Adda, in provincia di Milano, vi è uno dei piú moderni termovalorizzatori/inceneritori in esercizio in Europa. A Brescia, in prossimità della città, c'è un termovalorizzatore che soddisfa da solo circa un terzo del fabbisogno di calore dell'intera città (1100 GWh/anno) ed è stato oggetto di diverse infrazioni da parte dell'Unione Europea.

Funzionamento

Il funzionamento di un termovalorizzatore può essere suddiviso in sette fasi fondamentali:

  1. Arrivo dei rifiuti — Provenienti dagli impianti di selezione opportunamente dislocati sul territorio (ma anche direttamente dalla raccolta del rifiuto tal quale), i rifiuti sono conservati in un'area dell’impianto dotato di sistema di aspirazione, per evitare il disperdersi di cattivi odori. Con una gru i materiali sono depositati nel forno.
  2. Combustione — Il forno è dotato di griglia mobile per permettere il continuo movimento dei rifiuti durante il trattamento. Una corrente d’aria forzata viene inserita nel forno per apportare la necessaria quantità di ossigeno che permetta la migliore combustione, mantenendo cosí alta la temperatura (fino a 1000 °C e piú).
  3. Produzione del vapore — La forte emissione di calore prodotta dalla combustione dei rifiuti porta ad ebollizione l'acqua contenuta in un'apposita caldaia per la produzione di vapore.
  4. Produzione di energia elettrica — Il vapore generato mette in movimento una turbina che, accoppiata ad un motoriduttore ed alternatore, trasforma l'energia termica in energia elettrica.
  5. Estrazione delle scorie — Le componenti dei rifiuti che resistono alla combustione (circa il 10% del volume totale ed il 30% in peso, rispetto al rifiuto in ingresso) vengono raccolte in una vasca piena d'acqua posta a valle dell'ultima griglia. Le scorie, raffreddate in questo modo, sono quindi estratte e smaltite in discarica.
  6. Trattamento dei fumi — Dopo la combustione i fumi caldi passano in un sistema multi-stadio di filtraggio, per l'abbattimento del contenuto di agenti inquinanti sia chimici che solidi. Dopo il trattamento i fumi vengono rilasciati in atmosfera.
  7. Smaltimento ceneri — Le ceneri residue della combustione (circa il 30% in peso ed il 10% in volume del materiale immesso nell'inceneritore) sono normalmente classificate come rifiuti speciali non pericolosi, mentre le polveri fini (circa il 4% del peso del rifiuto in ingresso) intercettate dai sistemi di filtrazione sono normalmente classificate come rifiuti speciali pericolosi. Entrambe sono normalmente smaltite in discariche per rifiuti speciali; ci sono recenti esperienze di riuso delle ceneri pesanti.

Teleriscaldamento

Un'importante tecnologia abbinata ai termovalorizzatori è il teleriscaldamento. I rifiuti non sono un buon combustibile per la produzione di elettricità, perché sprigionano poco calore e quindi producono vapore a pressione relativamente bassa, che aziona scarsamente le turbine e produce poca elettricità. Risulta molto più conveniente trasferire questo calore (quello rimasto), attraverso una rete di tubature interrate per il trasporto di acqua bollente, a delle abitazioni, ad esempio, perché sia sfruttato per riscaldarne gli spazi. Il termovalorizzatore si trasforma così in una specie di enorme caldaia centrale. Questo sistema permette di sfruttare il triplo dell'energia recuperata sotto forma di elettricità, quindi costituisce la principale voce di recupero energetico all'interno di un inceneritore. In quanto impianto centralizzato di enormi dimensioni, il termovalorizzatore è molto più efficiente di qualunque caldaia condominiale: non solo per le tecnologie più avanzate di cui fa uso, ma anche perché mentre una caldaia piccola (specie se collegata a un solo appartamento) si spegne e riaccende in continuazione man mano che la casa si riscalda e poi raffredda, in una caldaia più grande tutte queste oscillazioni della domanda si compensano a vicenda permettendole di funzionare continuamente alla stessa potenza, il che aumenta di molto l'efficienza. Inoltre, un termovalorizzatore anche dal punto di vista delle emissioni inquinanti è controllato incomparabilmente più di qualsiasi caldaia (ricordiamo che nel milanese si stima che nel periodo invernale gli impianti di riscaldamento siano l'origine della metà delle polveri sottili emesse). Perciò il termovalorizzatore, sostituendosi a molte caldaie inefficienti e inquinanti, può costituire un miglioramento energetico-ambientale superiore a quello – già notevole – calcolabile misurando semplicemente le "calorie estratte".

Scorie

Coll'incenerimento dei rifiuti si producono scorie pari circa al 10-12% in volume e 15-20% in peso dei rifiuti introdotti, e in più ceneri per il 5%.

  • Le ceneri volanti e le polveri intercettate dall'impianto di depurazione dei fumi sono rifiuti speciali, che come tali sono soggetti alle apposite disposizioni di legge e sono poi conferiti in discariche controllate.
  • Le scorie pesanti, formate dal rifiuto incombusto – acciaio, alluminio, vetro e altri materiali ferrosi, inerti o altro –, sono raccolte sotto le griglie di combustione e possono poi essere divise a seconda delle dimensioni e quindi riciclate.

A Noceto, ad esempio, si trova l'impianto Bsb, nato dalla collaborazione fra CiAl (Consorzio Imballaggi Alluminio) e Bsb Prefabbricati: qui si trattano le scorie provenienti dai termovalorizzatori di Silea (provincia di Lecco) e di Hera (Rimini, Forlì, Ravenna): 30'000 tonnellate di rifiuti l'anno da cui si ricavano 25'000 tonnellate (83%) di materiale destinato alla produzione di calcestruzzo, 1.500 tonnellate (5%) di metalli ferrosi e 300 tonnellate (1%) di metalli non ferrosi di cui il 65% di alluminio. Le scorie e le ceneri vengono caricate su un nastro trasportatore; i rottami ferrosi più consistenti sono subito raccolti, quelli più piccoli vengono rimossi poi con un nastro magnetico; appositi macchinari separano dal resto i rimanenti metalli a-magnetici (prevalentemente alluminio); tutto il resto, miscelato con opportune dosi di acqua, inerti, cemento e additivi, e reso così inerte, va a formare calcestruzzo subito adoperato per la produzione di elementi per prefabbricati. E così, paradossalmente, il termovalorizzatore, nell'ideale comune spesso considerato l'antitesi della raccolta differenziata, può rivelarsi un suo valido alleato nella lotta per il riciclaggio. Inoltre, con un trattamento di questo genere, in quanto ultimo anello della catena del sistema di riciclaggio l'inceneritore può annullare del tutto il ricorso alla discarica, che è sempre la soluzione peggiore.

Altre tecnologie

I termovalorizzatori esistono in moltissime varietà. Una tecnologia molto interessante è la torcia al plasma, originariamente sviluppata per la Nasa allo scopo di mettere alla prova i materiali realizzati per resistere alle altissime temperature cui sono sottoposte le navicelle spaziali al rientro nell'atmosfera a causa dell'attrito. Il plasma generato dalla torcia comprende gas ionizzato a temperature comprese fra i 7'000 e i 13'000 °C: l'elevatissima quantità di energia, applicata ai rifiuti:

  • decompone le molecole organiche (in una zona di reazione dove la temperatura va dai 3'000 ai 4'000 °C), che, coll'aggiunta di vapore d'acqua, producono così un gas di sintesi simile a quello prodotto una volta nei gasogeni a carbone, e più precisamente composto di idrogeno (53%) e monossido di carbonio (33%), nonché anidride carbonica, azoto molecolare e metano (recuperato per produrre elettricità);
  • fonde i materiali inorganici e li trasforma in una roccia vetrosa simile alla lava, totalmente inerte ma fortemente tossica (a causa dell'enorme quantità di nanoparticelle prodotte, che provocano l'insorgenza delle nanopatologie), che può essere usata come materiale da costruzione. (È evidente che in questo modo non può essere recuperato il materiale ferroso o l'alluminio come con le scorie degli inceneritori.)

Questi sono gli unici scarti: il tipo di combustione non permette la produzione di nessun composto tossico o pericoloso come diossine, furani o ceneri, ad eccezione delle nanoparticelle che vengono invece prodotte in grandi quantità proprio a causa delle elevatissime temperature di combustione. Per questo un reattore al plasma può anche trattare pneumatici, PVC, rifiuti ospedalieri e altri rifiuti industriali. Inoltre, è un processo relativamente economico, che costa circa il 20-40% in meno di un termovalorizzatore di ultima generazione.

Termovalorizzazione e altri modi di affrontare il problema dei rifiuti

La termovalorizzazione dei rifiuti non è di per sé contrapposta o alternativa alla pratica della raccolta differenziata finalizzata al riciclo. La strategia adottata dall'Unione Europea e recepita in Italia con il Decreto Legislativo n° 22/97 affronta la questione dei rifiuti delineando priorità di azioni all'interno di una logica di gestione integrata del problema. Pertanto, se il primo livello di attenzione è rivolto alla necessità di prevenire la formazione dei rifiuti e di ridurne la pericolosità, il passaggio successivo riguarda l'esigenza di riutilizzare i prodotti (es. bottiglie) ed infine, ove non sia possibile, riciclare i materiali (es. vetro). Infine, solo per quanto riguarda il materiale che non è stato possibile riutilizzare e poi riciclare (come il polistirene, i tovaglioli di carta e gli imballaggi poliaccoppiati), si propone l'incenerimento con recupero energetico al posto dello smaltimento in discarica. Sicuramente il ricorso all'incenerimento indifferenziato deve essere assolutamente evitato, anche se per uscire da situazioni di "emergenza" può apparire una via piú "comoda", e anche se i rifiuti indifferenziati sono risultati essere il combustibile per inceneritori che sviluppa più calore (infatti colla raccolta differenziata e altri trattamenti viene privato di materiali altamente calorifici come la carta, oltre a buona parte della plastica).

È da notare che riduzione, reimpiego e riciclo sono (in quest'ordine) tutte pratiche molto piú vantaggiose energeticamente, ambientalmente, economicamente e socialmente dell'incenerimento con recupero energetico; questo vale per tutti i materiali: solo per la plastica, l'incenerimento risulta economicamente piú vantaggioso del riciclo, perché sul mercato vale piú la notevole quantità di energia sprigionata dai rifiuti plastici (ancorché recuperata solo in minima parte) che il materiale plastico ricavato dal riciclo, una materia prima seconda di bassa qualità – per questo spesso la plastica (o quantomeno quella di qualità inferiore) anche se raccolta efficientemente, separata dagli altri rifiuti, viene comunque avviata alla termovalorizzazione –. D'altro canto però la combustione della plastica è proprio quella che rilascia la maggiore quantità di sostanze tossiche (specie diossina), il cui filtraggio è molto costoso, oltre a non essere mai completo. In ogni caso, la termovalorizzazione di materiale plastico permette di recuperare solo un terzo dell'energia che sarebbe possibile risparmiare riciclandolo, perciò resta comunque la soluzione peggiore dal punto di vista energetico e quindi ambientale: una situazione difficilmente migliorabile, perché l'efficienza dei termovalorizzatori può sí essere incrementata, ma comunque non abbastanza da renderla energeticamente competitiva col riciclaggio, che inoltre offre margini di miglioramento molto superiori, nell'ambito dello sviluppo di nuovi materiali plastici di piú facile riciclo (anche se naturalmente esiste già la bioplastica, che è una soluzione ancora piú radicale, se non definitiva).

S'è accennato prima alla maggiore "comodità" della termovalorizzazione rispetto ad altre soluzioni, specie in casi d'emergenza. Proprio questa maggiore "comodità" è uno dei piú gravi difetti difetti dei termovalorizzatori, perché può facilmente portare a un abuso dell'incenerimento. Infatti, mentre ad esempio in una discarica è possibile vedere la spazzatura crescere a vista d'occhio e rendere necessario trovare nuovi spazi, cosa molto difficile, una volta costruito un inceneritore apparentemente non cambia nulla incrementando la quantità di rifiuti bruciati, se non i guadagni dalla vendita dell'energia recuperata (incentivata dallo Stato, come s'è detto): tendenzialmente è quindi piú difficile che gli amministratori locali vedano la necessità di impegnarsi per politiche piú lungimiranti ed efficaci, ma almeno inizialmente molto faticose. In questo senso i termovalorizzatori possono essere dei disincentivi al riciclo (e ancor piú al riuso e alla riduzione): non per colpa della tecnologia in sé, quindi, ma piuttosto per la miopia dei politici.

I termovalorizzatori sono molto costosi da costruire, e per ripagarsi devono funzionare a pieno regime per circa 20 anni. È emblematico il caso dell'inceneritore costruito recentemente dall'Amsa a Milano, Silla 2: inizialmente aveva avuto l'autorizzazione per bruciare 900 t/giorno di rifiuti, poi si è passati a 1250 e infine a 1450t/g. Se si guarda alla gestione dei rifiuti a Milano, ci si accorge che la raccolta differenziata raggiunge il 35% circa (fisso da anni), e tutto il resto (o quasi) viene incenerito da Silla 2. Se si considera che la media di riciclo della provincia di Milano è intorno al 45% (in costante miglioramento), e che a Milano la raccolta dei rifiuti organici non è mi andata oltre la sperimentazione in piccole aree della città, nonostante il piú che collaudato sistema di raccolta dei rifiuti porta a porta e la notevole sensibilizzazione della popolazione, che permetterebbero sicuramente di fare molto di piú, appare piú che lecito il sospetto che non si punti sulla raccolta differenziata proprio per soddisfare l'avidità dell'insaziabile Silla 2. Ancora una volta, non si tratta di "colpe" della termovalorizzazione in sé, ma solo dei politici (stimolati, lo ripetiamo ancora una volta, dall'irragionevole e inaccettabile incentivazione economica dell'incenerimento).

In Italia, il tasso di raccolta differenziata sta gradualmente crescendo (è oggi intorno al 22,7% per merito, soprattutto, delle regioni del Nord, dove supera il 35%), ma è ancora molto inferiore alle potenzialità. Il ricorso alla termovalorizzazione è ancora limitato e rappresenta, con circa il 12%, uno dei valori piú bassi in Europa, anche se specie al Nord è in aumento, e in Lombardia ad esempio raggiunge il 30%. Dalla combinazione di questi due fattori scaturisce un ricorso eccessivo allo smaltimento in discarica, che è in continua diminuzione (dal 2001 al 2004, al Nord -21%, al Sud -4% e al Centro -3%) ma interessa attualmente in tutto circa il 56,9% dei rifiuti urbani prodotti (45% al Nord, 69,5% al Centro, 73,2% al Sud)(si stima che sul totale nazionale il 76% sia rifiuto da raccolta indifferenziata e il 24% siano residui dai diversi processi di trattamento: biostabilizzazione, CDR, incenerimento, residui da selezione delle R.D.), con conseguenze ambientali che si vanno aggravando soprattutto nel Sud, dove molti impianti sono ormai saturi e la raccolta differenziata stenta a decollare. D'altro canto, se si considera che nei comuni piú virtuosi la raccolta differenziata supera già adesso l'80%, si deduce che anche al Nord è ancora molto meno sviluppata di quanto potrebbe, e che gli impianti di termovalorizzazione sono già adesso sovradimensionati, perciò, se non si importeranno da altre regioni rifiuti da incenerire, non si potrà sviluppare appieno la raccolta differenziata e il riciclo senza far funzionare i termovalorizzatori sotto regime e quindi in perdita. [Dati tratti dal Rapporto Rifiuti 2005 dell'Osservatorio Nazionale dei Rifiuti.]

Questioni sanitarie e ambientali

I termovalorizzatori /inceneritori non possono operare se non dotati di adeguati sistemi di trattamento fumi e abbattimento delle emissioni in grado di garantire il rispetto delle norme di legge. In Italia però diversi impianti d'incenerimento/termovalorizzazione hanno avuto negli ultimi anni, come quello di Brescia, diverse infrazioni europee a carico per il mancato rispetto di normative. L'esperienza ed i dati registrati da enti pubblici di controllo presso i termovalorizzatori/inceneritori regolarmente in funzione, permettono di affermare che i valori delle emissioni sono effettivamente al di sotto dei limiti di legge. Diversi nuovi studi rilevano però l'insorgenza del problema delle cosidette nanopatologie causate da nanopolveri (nanoparticelle inorganiche della misura variabile da Pm 2,5 a Pm 0,1) che nessun filtro al mondo è in grado di bloccare. Ma la legge non riconosce ancora la pericolosità delle nanoparticelle e quindi il problema se a livello scientifico è evidente dal punto di vista legale è difficilmente contrastabile, anche se gli studi effettuati evidenziano l'innegabile collegamento fra le nanoparticelle e l'insorgenza di gravi patologie.


Emissioni

A partire dagli anni ottanta si è affermata l'esigenza di rimuovere i macroinquinanti presenti nei fumi della combustione (ad esempio gas acidi come l'anidride solforosa) e di perseguire un piú efficace abbattimento delle polveri. Si è passati dall'utilizzo di sistemi, quali cicloni e multicicloni, con rendimenti massimi di captazione degli inquinanti rispettivamente del 70 e dell'85%, ai filtri elettrostatici o filtri a manica che garantiscono rendimenti notevolmente superiori (fino al 99% ed oltre).

Accanto a ciò, sono state sviluppate misure di contenimento preventivo delle emissioni, ottimizzando le caratteristiche costruttive dei forni e migliorando l'efficienza del processo di combustione. Questo risultato si è ottenuto attraverso l'utilizzo di temperature piú alte, di maggiori tempi di permanenza dei rifiuti in regime di alte turbolenze e grazie all'immissione di aria per garantire l'ossidazione completa dei prodotti della combustione.

Per quanto riguarda la presenza di diossina nelle emissioni gassose prodotte dagli inceneritori, normalmente i valori di questa sostanza sono inferiori rispetto ai limiti imposti dalla legge, in quanto in caso contrario l'impianto non potrebbe operare.

Il problema della diossina

Le diossine sono tossiche per l'organismo umano. Sono poco volatili per via del loro elevato peso molecolare e sono solubili nei grassi, dove tendono ad accumularsi. Proprio questo è il principale problema: l'organismo umano non le smaltisce. Pertanto anche una esposizione a livelli minimi ma prolungata nel tempo può recare gravi danni alla salute sia umana che animale (si veda in proposito la voce diossina).
È bene quindi sottolineare che la soglia minima di sicurezza per tali sostanze è ancora oggetto di investigazione scientifica; inoltre, i limiti imposti dalla UE sulle emissioni (0,1 nanogrammi/m3 di fumi), corrisponderebbero alle concentrazioni massime che è possibile ottenere applicando le tecniche di incenerimento e filtraggio presenti sul mercato e non a valori basati su studi medici. Il sospetto è che quindi le leggi siano tarate sugli impianti e non sul concreto rischio tossicologico, che come detto è comunque ancora incerto; anche se è certo che gli impianti recenti hanno un elevato grado di efficicenza tale da contenere le emissioni a livelli molto inferiori al limite di legge. Si deve altresí prendere atto che negli anni le tecnologie hanno permesso l'abbassamento dagli alti valori di legge concessi in passato ad un valore che già al camino è molto basso, ma che in considerazione dei punti di massima ricaduta in relazione allo specifico impianto, costituisce un apporto di inquinante nettamente inferiore ad altre attività umane. Pertanto, pure in assenza di un valore certo di tollerabilità umana, si può ritenere che il limite di Legge sia correttamente commisurato alla possibilità tecnologica di contenimento dell'inquinante.

Bisogna considerare comunque che la diossina è rilevabile normalmente presso numerosi altri impianti industriali (soprattutto acciaierie), nel fumo di sigaretta, nelle combustioni di legno e carbone (potature e barbecue), nella combustione (accidentale o meno) di rifiuti solidi urbani avviati in discarica. Recentemente l'EPA ha sostenuto che oramai il problema delle diossine non sono piú gli inceneritori di rifiuti, ma il cosiddetto "backyard" (gli USA avevano una tradizione di mini-incenerimento domestico), e le combustioni incontrollate. Mediamente il 90% dell'esposizione umana alla diossina avviene attraverso gli alimenti (in particolare dal grasso di animali a loro volta esposti a diossina) e non direttamente per via aerea. Ciò non toglie che a loro volta gli animali, esposti ai fumi contenenti diossina, possano accumulare diossina che finisce poi nella catena alimentare umana.

Sistemi multistadio

Per intervenire su specifiche sostanze come mercurio, diossine e furani, sono stati definiti sistemi di depurazione dei fumi del tipo a multistadi, che permettono di raggiungere valori minimi di emissioni nocive. Questi sistemi si suddividono in base al loro funzionamento in semisecco, secco, umido e misto. La caratteristica che li accomuna è quella di essere concepiti a piú sezioni di abbattimento; il che permette ad ognuno di questi di raggiungere elevate efficienze, anche nel caso si verifichi un'anomalia di uno degli stadi che compongono la linea di depurazione.

Vanno poi citate le attrezzature specificatamente previste per l'abbattimento degli ossidi di azoto, per i quali i processi che vengono normalmente utilizzati sono del tipo catalitico o non catalitico. La prima di queste tecnologie, definita Riduzione Selettiva Catalitica (SCR), consiste nell'installazione di un reattore a valle della linea di depurazione in cui viene iniettata ammoniaca nebulizzata, che miscelandosi con i fumi e attraversando gli strati dei catalizzatori, trasforma gli ossidi di azoto in acqua e azoto gassoso, gas innocuo che compone circa il 79% dell'atmosfera. La seconda tecnologia, chiamata Riduzione Selettiva Non Catalitica (SNCR) presenta il vantaggio di non dover smaltire i catalizzatori esausti ma ha caratteristiche di efficacia inferiori ai sistemi SCR, e consiste nell'iniezione di un reagente (urea che in temperatura si dissocia in ammoniaca) in una soluzione acquosa in una zona dell'impianto in cui in cui la temperatura è compresa fra 850 °C e 1.050 °C con la conseguente riduzione degli ossidi di azoto in azoto gassoso e acqua.

Abbattimento dei microinquinanti

Altri sistemi sono stati messi a punto per l'abbattimento dei microinquinanti (metalli pesanti e diossine). Riguardo ai primi, presenti sia in fase solida che di vapore, la maggior parte di essi viene fatta condensare nel sistema di controllo delle emissioni e si concentra nel cosiddetto "particolato fine" (ceneri volanti). Il loro abbattimento è affidato all'efficienza del depolveratore che arriva a garantire una rimozione superiore al 99% delle polveri prodotte.

Per quanto riguarda l'abbattimento delle diossine il controllo dei parametri della combustione e della post-combustione, sebbene in passato fosse considerato di per sé sufficiente a garantire valori di emissione in accordo alle normative piú stringenti, è attualmente accompagnato da un ulteriore intervento specifico basato sulle proprietà chimicofisiche dei carboni attivi. Questo ulterire processo di depurazione viene effettuato attraverso un meccanismo di chemiadsorbimento, consistente nel passaggio dalla fase vapore a quella condensata adsorbita su superfici solide dei carboni attivi. Tale passaggio di stato è favorito dall'abbassamento della temperatura e dall'utilizzo di materiali particolari con spiccate caratteristiche adsorbenti come il carbone attivo. Un carbone di media qualità può esibire 600 m² di superfice ogni grammo. Queste proprietà garantiscono abbattimenti dell'emissione di diossine e furani tali da premettere di operare al di sotto dei valori richiesti dalla normativa. Sono allo studio metodi di lavaggio dei fumi in coluzione oleosa per la cattura delle diossine, partendo dalla spiccata solubilità in grassi di queste.

Norme di legge

Le nuove tecnologie permettono oggi di raggiungere valori assai elevati di abbattimento delle emissioni inquinanti, tali da consentire non solo il rispetto dei valori limite adottati dalla normativa vigente in Italia (Decreto Legislativo 503/1997), ma anche quelli del Decreto Legislativo 133/2005 (decreto di recepimento della Direttiva 2000/76/CE) in vigore dal 28 dicembre 2005.

Il provvedimento regola tutte le fasi dell'incenerimento dei rifiuti, dal momento della ricezione nell'impianto fino alla corretta gestione e smaltimento delle sostanze residue:

  • disciplina i valori limite di emissione degli impianti di incenerimento e di coincenerimento dei rifiuti
  • i metodi di campionamento, di analisi e di valutazione degli inquinanti derivanti dagli stessi impianti
  • i criteri e le norme tecniche generali riguardanti le caratteristiche costruttive e funzionali, nonché le condizioni di esercizio degli impianti, con particolare riferimento alle esigenze di assicurare una elevata protezione dell'ambiente contro le emissioni causate dall'incenerimento e dal coincenerimento dei rifiuti
  • i criteri temporali di adeguamento degli impianti già esistenti alle disposizioni del presente decreto
  • prevede che i cittadini possano accedere a tutte le informazioni, cosí da essere coinvolti nelle eventuali opportune decisioni

Critiche

L'impiego dei termovalorizzatori viene spesso proposto come un'alternativa all'uso delle discariche, ma le proposte di costruzione di termovalorizzatori sono spesso accompagnate da polemiche anche molto aspre e contestazioni territoriali (NIMBY, ovvero non nel mio giardino). Si riportano qui le principali critiche:

  • Il termine termovalorizzatore (presente solo nel vocabolario italiano) è criticato: servirebbe a nascondere il fatto che l'impianto si basi di fatto sull'uso di un inceneritore.
  • La costruzione di termovalorizzatori si porrebbe in concorrenza con altre strategie di contenimento del "problema rifuti", quali la riduzione del quantitativo di rifiuti prodotti, la raccolta differenziata finalizzata al riciclaggio o il riuso.
  • Le emissioni di sostanze tossiche (in particolare la diossina e i furani), seppur ormai minime ed entro i limiti di legge, sono ritenute da alcuni comunque significative, in quanto protratte nel tempo nello stesso luogo. L'obiettivo di minimizzare le emissioni di diossina contrasta in parte con il recupero dell'energia, in quanto una elevata temperatura di combustione ed un veloce raffreddamento dei fumi (condizioni ideali per ridurre la formazione di diossina) sono incompatibili con una massima efficienza nel recupero dell'energia termica (Template:Rif, Template:Rif).
  • La materia destinata ai termovalorizzatori (le cosiddette ecoballe, il CDR ma anche il rifiuto tal quale) dovrebbe avere caratteristiche tali da scongiurare quanto piú possibile un eventuale rilascio di sostanze nocive nell'ambiente durante la fase di stoccaggio e di trasporto prima dell'utilizzo, ma questo passaggio purtroppo in alcuni casi non avviene ancora con la necessaria trasparenza e accortezza, e nelle ecoballe finiscono materiali che sarebbe bene non bruciare.
  • I termovalorizzatori producono ceneri da smaltire comunque in discarica (circa il 20% in peso rispetto ai rifiuti in entrata) e altre sostanze di scarto che costituiscono rifiuti speciali piú difficili e costosi da smaltire.
  • I termovalorizzatori/inceneritori producono nanoparticelle inorganiche che causano le cosidette nanopatologie (tra queste anche diverse forme di cancro). Nessun filtro al mondo è in grado di fermare particolato di misura inferiore a PM 2,5. Le nanoparticelle girano nell'aria per centinaia di chilometri e possono depositarsi sul terreno (e quindi finire nel cibo e nella verdura) o essere direttamente respirate da esseri umani o animali. Peraltro tali particelle derivano, a detta dei ricercatori, da moltissime attività umane, pertanto è estremamente difficile stabilirne con certezza l'origine.

Le associazioni ambientaliste generalmente si oppongono alla costruzione di inceneritori e termovalorizzatori. In Italia è anche criticata la politica di incentivazione della termovalorizzazione che finirebbe per penalizzare la raccolta differenziata rendendola economicamente meno vantaggiosa. Tale "sussidio all'incenerimento" è pagato da tutti nelle bollette ENEL alla voce "contributi energie rinnovabili", fatto questo piuttosto singolare e contrario alle direttive UE.

Conclusioni

Le soluzioni per la gestione dei rifiuti sono essenzialmente di cinque tipi:

  1. riduzione e riuso;
  2. riciclaggio;
  3. trattamento a freddo dei rifiuti;
  4. incenerimento o termovalorizzazione;
  5. smaltimento in discarica.


Tipicamente, soprattutto in assenza di una politica di gestione dei rifiuti orientata a riduzione, riuso e riciclo, l'alternativa alla costruzione di un termovalorizzatore piú praticata è la creazione di una discarica, che ha anch'essa emissioni inquinanti e un impatto ambientale certamente negativo. Recentemente si stanno sperimentando anche nuove tecniche di trattamento a freddo dei rifiuti.

Troppo spesso il complesso problema della gestione dei rifiuti viene affrontato in modo superficiale o strumentale, talvolta anche con l'infiltrazione della criminalità organizzata, che spesso lucra sulla gestione illegale dei rifiuti pericolosi. Per affrontare correttamente il problema dei rifiuti, sempre piú urgente in molte nazioni, è prioritaria un'informazione corretta ed esauriente, la chiarezza, la trasparenza e la concertazione.

Voci correlate

Riferimenti

Collegamenti esterni

Quadro normativo

Funzionamento dei termovalorizzatori e informazioni generali

Valutazioni della termovalorizzazione

Esempi di termovalorizzatori


 
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