Gneo Marcio Coriolano

politico e militare romano

Caio Marzio Coriolano (527? – 490 a.C.?) è stato membro dell'antica Gens Marcia e noto generalmente come Coriolano, fu un valoroso generale al tempo della guerra contro i Volsci.

Veturia ai piedi di Coriolano di Gaspare Landi

Biografia

Secondo Tito Livio[1] a Gneo Marcio fu attributo il cognome a seguito della vittoria di Roma contro i Volsci di Corioli, ottenuta anche grazie al valore del giovane patrizio; secondo altri storici il cognome indica che la sua famiglia fosse originaria della città stessa[senza fonte].

Nel 494 a.C., consoli Postumio Cominio Aurunco e Spurio Cassio Vecellino, a Roma, per quella che sarebbe stata ricordata come la prima secessione, la plebe si era ritirata sul Monte Sacro.

La situazione era poi resa oltremodo complicata dalla necessità di definire un nuovo trattato (foedus) con i Latini, compito che fu affidato al console Spurio Cassio, trattato che da lui prese di nome (Foedus Cassianum), e dai preparativi bellici intrapresi dai Volsci, contro cui si decise di intraprendere l'ennesima azione militare, affidandola al console Postumio Cominio.

Postumio Comino iniziò la campagna militare guidando l'esercito romano contro i Volsci di Anzio, città che venne espugnata. Successivamente l'esercito romano marciò contro le città volsce di Longula, Polusca e Corioli, tutte e tre conquistate dai romani, quest'ultima con l'apporto decisivo di Gneo Marcio, tanto che Tito Livio annota:

«....L'impresa di Marcio eclissò la gloria del console al punto che, se il trattato coi Latini, concluso dal solo Spurio Cassio in assenza del collega, non fosse rimasto inciso a perenne memoria su una colonna di bronzo, nessuno si ricorderebbe che Postumio Cominio combatté contro i Volsci»

Intanto a Roma la prima secessio plebis e la conseguente mancata coltura dei campi aveva provocato un rincaroo del grano e la necessità della sua importazione. Sotto il consolato di Marco Minucio Augurino e Aulo Sempronio Atratino, Coriolano s'oppose fortemente alla distribuzione del grano alla plebe, la quale lo prese in forte odio. Citato in giudizio dai tribuni della plebe, egli non si presentò in giudizo ma s'esiliò volontariamente nella città di Corioli, ospite di Attio Tullio, con il quale cominciò a tramare un attacco a Roma.

(latino)
«Q. Marcius, dux Romanus, qui Coriolos ceperat, Volscorum civitatem, ad ipsos Volscos contendit iratus et auxilia contra Romanos accepit. Romanos saepe vicit, usque ad quintum miliarium urbis accessit, oppugnaturus etiam patriam suam, legatis qui pacem petebant, repudiatis, nisi ad eum mater Veturia et uxor Volumnia ex urbe venissent, quarum fletu et deprecatione superatus removit exercitum. Atque hic secundus post Tarquinium fuit, qui dux contra patriam suam esset.»
(italiano)
«Q. Marcio, comandante romano, che aveva conquistato Corioli, città dei Volsci, accecato dall'ira si recò presso i Volsci e ottenne aiuti contro i Romani. Sconfisse spesso i Romani, arrivando fino a cinque miglia da Roma, pronto a combattere anche contro la sua patria, respinti i legati inviati per chiedere la pace, vinto solamente dal pianto e dalle suppliche della madre Veturia e della moglie Volumnia, andate da lui da Roma, ritirò l'esercito. E questo fu il secondo capo, dopo Tarquinio, ad essersi opposto alla propria patria.»

Giunto alle porte dell'Urbe al IV miglio della Via Latina, dove si trovava il confine dell'Ager Romanus Antiquus (nei pressi dell'attuale Via del Quadraro), venne fermato dalle implorazioni della madre Veturia e della moglie Volumnia accorsa con i due figlioletti in braccio, che lo convinsero a ritirarsi. Ma i Volsci lo considerarono un traditore, e lo misero a morte.

I moderni storici considerano però Coriolano un personaggio leggendario, forse creato per giustificare le sconfitte dei Romani nella guerra contro i Volsci.[senza fonte]

Note

  1. ^ Tito Livo, Ab Urbe condita libri, Lib II, par. 33

Bibliografia

Alle vicende di Coriolano è ispirata l'omonima tragedia di William Shakespeare.
Ispirata pure alla vicenda di Coriolano è un'ouverture di L.v. Beethoven (op. 62, in do min.), composta per la tragedia teatrale omonima di H.J.von Collin.

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