Gaio Giulio Cesare
Gaio Giulio Cesare (Latino:Gaius Julius Caesar,IPA: 'gai.us 'jul.ius 'kai.sar;[1]), (12 luglio, 100 a.C. - 15 marzo, 44 a.C.) generale e uomo politico romano. Le sue conquiste militari in Gallia Transalpina estesero l'Impero Romano fino all'Oceano Atlantico e al Reno. La spartizione di potere con Gneo Pompeo Magno e Marco Licinio Crasso in quello che è noto come Primo Triumvirato (si veda appresso) diede il colpo di grazia all'agonizzante Repubblica Romana. Alla morte di Crasso (Carre 53 a.C.) Cesare si scontrerà con Pompeo e la fazione degli Optimates per il controllo dello stato; sconfisse Pompeo a Farsalo (48 a.C.) e altri Optimates, tra cui Catone l'Uticense, in Africa e in Spagna. Divenuto dittatore a vita iniziò molte riforme nella società e nel governo di Roma, lavoro interrotto prematuramente dal suo assassinio. Molte di quelle riforme furono successivamente realizzate da Augusto. Le azioni militari di Cesare ci sono note in dettaglio dai Commentarii scritti da lui.
Biografia
Giulio Cesare nacque a Roma da un'antichissima e nota famiglia patrizia, la Gens Julia o Iulia ( che si diceva discendente da Iulo più noto come Ascanio, figlio del principe troiano Enea, che secondo il mito era figlio di Venere). Al culmine del suo potere, nel 45 a.C. Cesare, per sottolineare il suo legame con la dea, dedicò a Venere Genitrice il tempio che sorgeva nel nuovo Foro di Cesare.
La famiglia di Cesare non era ricca, secondo gli standard della nobiltà romana (erano nobili decaduti), e questo avrebbe potuto rappresentare un serio ostacolo alla carriera di Giulio Cesare, che contrasse enormi debiti per ottenere le sue prime cariche politiche; inoltre negli anni della giovinezza di Cesare, suo zio Gaio Mario era stato dichiarato nemico della Repubblica, anche se successivamente Cesare riuscì a riabilitarne il nome. Pur essendo di origine nobile, fin dall'inizio della sua brillantissima carriera politica Cesare si schierò dalla parte dei populares, o democratici; questa sua scelta fu sicuramente condizionata dalla parentela con Gaio Mario, suo zio. Questi, infatti, era stato ai tempi della guerra civile il capo del partito democratico, avversato da Silla, il quale invece era sostenuto da aristocrazia e Senato.
La gioventù
Nell' 86 a.C. morì il padre e nell' 84 a.C. Cesare ripudiò la moglie Cossuzia per poter sposare nello stesso anno Cornelia, figlia di Lucio Cornelio Cinna. Il nuovo legame con una famiglia notoriamente schierata con i popolari , oltre che la sua parentela con Gaio Mario, erano causa di gravi problemi per il giovane Cesare negli anni della dittatura di Lucio Cornelio Silla che cercava in tutti i modi di ostacolare le ambizioni del giovane Cesare bloccandone l'entrata in carica come flamen dialis; la situazione si aggravò quando il dittatore nell' 82 a.C. gli ordinò di divorziare da Cornelia perché questa non era patrizia; Cesare rifiutò e, temendo che Silla desse l'ordine di ucciderlo, come pare avesse effettivamente fatto, lasciò Roma, prima girando nella Sabina, poi, raggiunta la giusta età, partendo per il servizio militare in Asia come legato di Marco Minucio Termo.
Fu Minucio ad ordinare al giovane legato di recarsi presso la corte di Nicomede, sovrano del piccolo stato della Bitinia. Di questa missione si parlò a lungo a Roma, dove si diceva che Cesare avesse avuto una relazione con il sovrano, e anche molto tempo dopo, i suoi soldati celebrando il trionfo della spedizione gallica cantavano "Cesare sottomise la Gallia, Nicomede sottomise Cesare". Come legato di Minucio durante l'assedio di Mitilene Cesare partecipò per la prima volta ad uno scontro armato, distinguendosi per il suo coraggio tanto che gli fu assegnata la corona civica.
Rientrato a Roma Minucio, Cesare rimase comunque in Asia Minore partecipando a vario titolo, in virtù del fatto di essere un patrizio romano, a diverse operazioni militari romane che si svolgevano in quella zona, come quella contro i pirati sotto il comando di Servilio Isaurico.
Prime esperienze politiche
Rientrò a Roma solo quando ebbe notizia della morte di Silla (78 a.C.), e cominciò la sua carriera forense come pubblico accusatore e quella politica come esponente dei popolari (facilitato in ciò dall'essere nipote di Gaio Mario), nemico dichiarato degli ottimati.
Cesare sostenne l'accusa contro Gneo Cornelio Dolabella per concussione e contro Gaio Antonio Ibrida per estorsione nei confronti dei Greci; entrambi gli accusati erano membri influenti del partito degli ottimati e in entrambi i casi, anche se l'accusa fu portata con dovizia, perse; Cesare in questo modo si accreditò come importante rappresentante tra i popolari, anche se l'esito per lui negativo dei processi lo convinse a lasciare Roma una seconda volta.
Mentre si recava a Rodi per i suoi studi di filosofia fu rapito dai pirati. Egli convinse i rapitori a chiedere un riscatto molto alto, aumentando così il suo prestigio in Roma. Dopo la sua liberazione organizzò una flotta, catturò i pirati e li fece condannare a morte per crocifissione.
Dopo aver retto la carica di questore in Spagna (69 a.C.), Cesare fu eletto edile curule nel 65 a.C., pontefice massimo nel 63 a.C. e pretore nel 62 a.C. Se è vero che fu implicato nella cospirazione di Catilina, non ne rimase danneggiato.
Cesare era stato anche al servizio del generale Pompeo, con il quale avrebbe più tardi diviso il potere. Dopo la morte della moglie Cornelia 68 a.C., sposò Pompea, nipote di Silla, solo per divorziare da lei nel 62 a.C. dopo uno scandalo. Nel 61 a.C. Cesare fu governatore della provincia della Spagna ulteriore, e nel 60 a.C. fu eletto console.
Nel 59 a.C., l'anno del suo consolato, Cesare formò una alleanza strategica con due altri capi politici, Crasso e Pompeo. Crasso era l'uomo più ricco di Roma; Pompeo era il generale con più successi. Cesare portò nella alleanza la sua popolarità politica e la sua guida. Pompeo sposò Giulia, la figlia di Cesare. Questa alleanza non ufficiale dagli storici fu chiamata Primo Triumvirato.
Guerra in Gallia
Nel 59 a.C. fu anche governatore della Gallia Narbonese, della Gallia Cisalpina e dell' Illiria. Come Proconsole in Gallia (58 a.C. - 49 a.C.) ingaggiò la guerra contro vari popoli, sconfiggendo gli Elvezi nel 58 a.C., i Belgi ed i Nervii nel 57 a.C. ed i Veneti nel 56 a.C. Nel 55 a.C. tentò una invasione della Britannia. Nel 52 a.C. sconfisse una coalizione di Galli guidati da Vercingetorige. Il Comandante gallico si trovava assediato ad Alesia, capitale del suo popolo, mentre Cesare lo attaccava cingendo la città di una robusta palizzata. Ma nel frattempo un immenso esercito gallico si era radunato e marciava su Alesia per rompere l'assedio e Cesare, avendolo saputo, eresse una seconda palizzata per coprirsi le spalle. I Galli attaccanti furono in questo modo duramente sconfitti e Cesare assicuro' a Roma il dominio sulle Gallie. I suoi commentari di questa campagne sono raccolti nel De bello gallico (La guerra Gallica).
Guerra civile
Dopo la morte di Crasso ucciso nel 53 a.C. durante la guerra contro i Parti, si aprì una spaccatura fra Cesare e Pompeo, ingigantita anche dalla morte di Giulia in seguito al parto, figlia di Cesare nonché moglie di Pompeo. Invitato nel 50 a.C. dal Senato a sciogliere il suo esercito, Cesare rifiutò e scoppiò la guerra civile. Un indovino allertò Cesare circa la sua conquista. Gli fu raccomandata prudenza sul Rubicone, il fiume, nell'attuale provincia di Forlì, che allora segnava il confine che un generale non poteva passare in armi. Cesare lo traversò il 10 gennaio del 49 a.C. (Alea iacta est) ed inseguì Pompeo a Brindisi sperando di poter rimettere in piedi il loro accordo di dieci anni prima. Tuttavia Pompeo lo eludeva e Cesare compì una sorprendente marcia di 27 giorni fino in Spagna per incontrarvi il luogotenente di Pompeo. Poi si recò in oriente per sfidare Pompeo in Grecia dove il 10 luglio del 48 a.C. Cesare mancò di poco una catastrofica sconfitta di Pompeo. Avendolo finalmente sconfitto nella battaglia di Farsalo, in Grecia, il 9 agosto 48 a.C., fu nominato console per 5 anni, mentre Pompeo fuggiva in Egitto, dove fu assassinato da un sicario del re Tolomeo XIII.
Non contento del vantaggio guadagnato, Cesare andò in Egitto, qui si impegnò nel sostenere il ruolo di Cleopatra, che divenne sua moglie anche se solo per la legge egiziana e da cui ebbe un figlio, Cesarione (poi fatto uccidere da Ottaviano Augusto). Sconfisse poi gli ultimi sostenitori di Pompeo a Tapso (46 a.C.) e Munda (45 a.C.).
La dittatura
Dopo esser stato nominato Dittatore per 10 anni nel 46 a.C., l'anno seguente fu fatto dittatore e Console a vita e chiamato Padre della Patria (Pater Patriae). Al mese di quintilis fu cambiato nome in suo onore ed ancora oggi si chiama "luglio". Furono poste sue statue a fianco di quelle degli antichi re ed ebbe un trono d'oro in Senato ed in Tribunato.
Nella Vita di Augusto Nicolao Damasceno racconta che una mattina su una di queste statue venne posto un diadema, ritenuto simbolo di regalità e di schiavitù. Due tribuni della plebe, Lucio e Gaio, sconcertati, fecero togliere il diadema e accusarono Cesare di volersi proclamare re di Roma. Quest'ultimo convocò immediatamente il Senato e accusò i tribuni di averlo apposto loro per screditarlo. I due tribuni vennero cacciati e sostituiti.
Ma ancora più importante è l'episodio dei Lupercali, una festività romana in cui Marco Antonio pose un diadema sulla testa di Cesare. Questi lo rifiutò e lo gettò via, ma Antonio glielo ripose per una seconda volta, e in questo momento il popolo applaudì e lo salutò dicendo "Salve, re!". La risposta di Cesare fu l'ordine di mettere il diadema sulla testa di Giove Ottimo Massimo, la maggiore divinità romana.
Una vexata quaestio è costituita dall'interpretazione delle volontà dell'ultimo Cesare: non è chiaro, cioè, se la dittatura perpetua dovesse essere nelle intenzioni del dittatore "l'ultimo stadio" del suo potere o se invece fossero nutrite anche ambizioni monarchiche. A partire dalla tesi classica di E. Mayer, il quale intravedeva nelle mire cesariane la volontà di istituire una monarchia di tipo greco-ellenistico, gli studiosi si sono fondamentalmente divisi tra coloro che sostengono questa teoria, quelli che invece pensano ad un modello monarchico di tipo romuleo e vetero-romano (Voigt), e quelli che, infine, negano recisamente qualsiasi progetto regale (si vedano, di recente, gli studi di G. Zecchini e A. Fraschetti). La questione è difficilmente interpretabile, anche se alcuni dati fanno pensare seriamente ad un Cesare assai affascinato dai modelli monarchici orientali: si pensi al prolungato soggiorno alessandrino e al rapporto con Cleopatra (alla quale tra l'altro aveva dedicato un'immagine d'oro nel suo Foro), o alla politica edilizia di chiaro stampo dinastico, o infine, al progetto, di chiara matrice alessandrina (ma anche sul modello pergameno), di apertura di una biblioteca pubblica a Roma. Del resto, al centro del foro di Cesare, troneggiava una statua equestre di Alessandro Magno cui era stata sostituito il ritratto del dittatore. Inoltre le fonti narrano che, prima della spedizione nel mediterraneo orientale contro il popolo dei Parti(la pertenza era fissata per il 18 Marzo), venne fatto circolare un oracolo in base al quale quel popolo poteva essere sconfitto solo da un re.
La morte
Cesare fu assassinato in Campo Marzio nei pressi del Teatro di Pompeo,(dove si riuniva il Senato dopo che la sua sede era andata distrutta in un incendio), alle Idi di marzo (15 marzo) del 44 a.C.. Fu accoltellato da un gruppo di cospiratori nostalgici della res Publica, a causa delle sue presunte ambizioni monarchiche e del suo potere assoluto. Fra i cospiratori c'era Bruto, forse suo figlio naturale. Altro attentatore eccellente fu Gaio Cassio Longino un altro repubblicano che aveva ottenuto la grazia da Cesare come Marco Giunio Bruto. Cesare cadde ai piedi della statua di Pompeo e le sue ultime parole sono riportate in vario modo:
- "Καὶ σὺ, τέκνον;" (Kai su, teknon? (in greco, "Anche tu, figlio?")
- Tu quoque, Brute, fili mi! (in latino, "Anche tu Bruto, figlio mio!")
- Et tu, Brute? (latino, "Anche tu, Bruto?" e questa è la versione riportata da William Shakespeare nella tragedia Giulio Cesare.
Narra una leggenda che la moglie Calpurnia (che aveva sposato nel 49 a.C.) lo aveva messo in guardia per una premonizione, appena la notte precedente, ma Cesare aveva risposto: "Non dobbiamo aver paura che della paura".
Dopo la sua morte, scoppiò una lotta di potere fra i suoi nipoti, il figlio adottivo Ottaviano, il suo luogotenente Marco Antonio ed i suoi assassini Bruto e Cassio. Ottaviano prevalse e divenne il primo Imperatore Romano, con il nome di Cesare Augusto.
Cesare come persona
Tra gli innumerevoli ritratti che di lui ci sono stati conservati, particolarmente significativi sono due, quello del suo aspetto fisico, tracciato da Svetonio nelle sue Vite dei Cesari, e quello morale, tracciato dal suo grande avversario Cicerone in un passo della seconda Filippica.
Ecco quello di Svetonio:
- "Cesare era di alta statura, aveva una carnagione chiara, florida salute[...] Nella cura del corpo fu alquanto meticoloso al punto che non solo si tagliava i capelli e si radeva con diligenza, ma addirittura si depilava, cosa che alcuni gli rimproveravano. Sopportava malissimo il difetto della calvizie per la quale spesso fu offeso e deriso. Per questo si era abituato a tirare giù dalla cima del capo i pochi capelli[...] Dicono che fosse ricercato anche nel vestire: usava infatti un laticlavio frangiato fino alle mani e si cingeva sempre al di sopra di esso con una cintura assai lenta".
Non meno incisivo quello di Cicerone:
- "Egli ebbe ingegno, equilibrio, memoria, cultura, attività, prontezza, diligenza. In guerra aveva compiuto gesta grandi, anche se fatali per lo stato. Non aveva avuto per molti anni altra ambizione che il potere, e con grandi fatiche e pericoli l'aveva realizzata. La moltitudine ignorante se l'era conquistata coi doni, le costruzioni, le elargizioni di viveri e banchetti. I suoi li aveva acquistati con premi, gli avversari con manifestazioni di clemenza, insomma aveva dato ad una città, ch'era stata libera, l'abitudine di servire, in parte per timore, in parte per rassegnazione".
I suoi gusti nella sfera sessuale furono spesso motivo di pettegolezzo e canzonatura da parte sia dei suoi detrattori che dei suoi stessi soldati. La sua fama di rubacuori a tutto campo veniva sintetizzata da Cicerone secondo cui egli era "il marito di tutte le mogli e la moglie di tutti i mariti".
Cesare come storico e scrittore
La sua opera di scrittore pone Giulio Cesare tra i più grandi maestri di stile della prosa latina, considerando anche i suoi commentari della guerra in Gallia (De bello gallico) e della guerra civile contro Pompeo e il Senato (De bello civili).
Queste narrazioni, apparentemente semplici ed in stile diretto, sono di fatto un annuncio molto sofisticato del suo programma politico, in modo particolare per i lettori di media cultura e la piccola aristocrazia in Italia e nelle province dell'Impero.
Le altre sue principali opere letterarie sopravvissute sono:
- I Commentari delle campagne per sottomettere i Galli, il Guerra gallica: "La guerra in Gallia" (relativo al De bello gallico, 58 a.C. - 52 a.C.)) consta di sette libri, più un libro ottavo, composto probabilmente dal luogotenente di Cesare, Aulo Irzio, per completare il resoconto della campagna gallica;
- I commentari sulla Guerra civile contro le forze di Pompeo e del Senato: in tre libri Giulio Cesare spiega la guerra civile del 49 a.C. ed il suo rifiuto di ubbidire al Senato (De bello civili);
- un epigramma in versi su Terenzio (frammento)
Le opere perdute riguardano diverse orazioni (in una di esse - l'elogio funebre della zia Giulia - si affermava la discendenza della gens Iulia da Iulo-Ascanio e quindi da Enea e Venere), un trattato su problemi di lingua e stile (De analogia), terminato nell'estate del 54, vari componimenti poetici giovanili, una raccolta di detti memorabili e un poema sulla spedizione in Spagna nel 45; un pamphlet in due libri, intitolato Anticato o Anticatones, contro la memoria di Catone Uticense, scritto in polemica con l'elogio di Catone composto da Cicerone.
Infine, opere spurie sono, oltre al libro ottavo del De bello gallico, le ultime tre opere del cosiddetto Corpus Caesarianum, ossia
- De Bello Hispaniensis Sulla guerra in Spagna
- De Bello Africo Sulla guerra in Africa
- De Bello Alexandrino Sulla guerra in Medio Oriente ed Egitto
e i resoconti degli ultimi avvenimenti della guerra civile, composti da ufficiali di Cesare. Pare che gli autori di queste opere spurie siano dei luogotenenti molto fedeli a Cesare. In particolare, si crede che l'autore dell'VIII libro del De Bello Gallico abbia avuto l'intento di coprire con la sua opera il lasso di tempo storico che intercorre fra il De bello Gallico e il De bello civili.
Cronologia
Il nome Cesare
Il nome "Cesare" rimane in molte lingue come sinonimo di Comandante, leader; il tedesco Kaiser ed il russo Zar derivano dal nome di Cesare, e ci furono molti successivi Imperatori con quel nome. Infatti, la pronuncia latina del nome era Cáesar, il cui dittongo si è mantenuto in tedesco.
La radice stessa potrebbe non essere di origine latina: nella stele di Rosetta si trova un geroglifico egiziano che è stato trascritto come k-e-s-r-s e si suppone correlato al senso latino. Più interessante, è stato detto che il latino Cesare potrebbe essere di derivazione persiana Kasrá=Chosroës e della sua forma plurale Akásirah (titolo di quattro grandi dinastie di re Persiani), fra cui Ahasuerus o Khshayarsha (Serse I, nipote di Ciro il Grande); eventuali relazioni con kisri e kasra sono state considerate come meno significative, anche perché più riferite ad epoche posteriori (Sassanidi).
- Nota: il praenomen "Gaio" è forma corretta rispetto al pur comune "Caio". La forma "Caio", infatti, si è diffusa a seguito di una errata interpretazione dell'abbreviazione epigrafica "C." (cfr., tra gli altri, Conte, Pianezzola, Ranucci, Dizionario della lingua latina, sub voce Gaius: «il fraintendimento dell'abbr., in cui la G si scriveva, per conservazione di grafia arcaica, C., ha generato la forma Caio»).
La memoria di Cesare
L'Umanesimo e il Rinascimento costruirono, nella cultura classica europea, un'immagine assai forte della storia romana e dei suoi personaggi, che per secoli furono vissuti come modello, esempio e paradigma di sentimenti sia privati che politici (basti pensare a Shakespeare), e che perdurò fino al periodo romantico.
Questo è particolarmente vero per Cesare, come si vede nella foto: unico tra i romani antichi, ai resti della sua ara nel Foro romano vengono presentati ancor oggi piccoli omaggi floreali.
Collegamenti esterni
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- Julius Caesar, sito con molti link in diverse lingue verso i seguenti testi:
- De Bello Civili
- De Bello Hispaniensis
- De Bello Africo
- De Bello Alexandrino
- De Bello Gallico
- Opere di Giulio Cesare: testi con concordanze e liste di frequenza
- Caio Giulio CesareBiografia, opere, stile e lessico di Caio Giulio Cesare
- De bello gallicoTraduzione letterale del De bello gallico di Cesare.
- De bello civiliTraduzione letterale del De bello civili di Cesare.
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