Demade

oratore e politico ateniese

Demade del demo di Peania (in greco antico: Δημάδης?, Demàdes; 380 a.C.Pella, 318 a.C.) è stato un oratore e politico ateniese.

Biografia

Demade era una persona di umili origini e si diceva che avesse lavorato una volta come semplice marinaio,[1] ma riuscì ad ottenere i primi impieghi nel governo di Atene grazie alla sua eloquenza e alla sua abilità. Egli apparteneva al partito filomacedone ed era un acerrimo nemico di Demostene, con il quale si scontrò già all'epoca della guerra contro Olinto nel 349 a.C. e con cui intrattenne relazioni ostili fino alla morte: quando, su consiglio di Antipatro e Cratero, Demostene e i suoi sostenitori dovettero lasciare Atene, Demade convinse il popolo ad emanare una sentenza di morte contro di loro.[2]

Fu fatto prigioniero da Filippo II di Macedonia durante la battaglia di Cheronea, nel 338 a.C., ma dopo lo scontro, quando il re esaminò i prigionieri, Demade dimostrò a Filippo la sua cattiva condotta con franchezza ma educazione e seppe conquistarsi la stima del re macedone, che non solo liberò lui, ma anche tutti i prigionieri ateniesi senza chiedere riscatto e concluse un trattato di amicizia con la loro città.[3][4] Da quel momento divenne sostenitore della Macedonia, sia per convinzione, sia per puro interesse venale: ricevette infatti da Filippo molti doni e si dice che gli venne donata la grande somma di dieci talenti. In tal modo egli fece prevalere ad Atene delle proposte di legge più favorevoli per il partito filomacedone.

Demade mantenne la stessa condotta anche nei confronti di Alessandro Magno, figlio e successore di Filippo, e il suo eccessivo zelo verso di lui costrinse gli Ateniesi, incapaci di sopportarlo, a multarlo pesantemente.[5][6] Quando Arpalo giunse ad Atene Demade si fece subito corrompere.[7] Più tardi, quando Alessandro chiese che gli venissero consegnati gli oratori che avevano istigato il popolo contro di lui, Demade venne corrotto dai sostenitori di Demostene con cinque talenti per salvare lui e gli altri oratori con la sua influenza. Il popolo approvò un decreto in cui il popolo discolpava gli oratori ma prometteva di consegnarli se fossero stati ritenuti colpevoli; quindi Demade, insieme a pochi altri, fu inviato come ambasciatore ad Alessandro e indusse il re a perdonare gli Ateniesi e i loro oratori.[8][9]

Avversario accanito di Demostene, propose il decreto che lo condannava a morte. In seguito, dopo aver tradito Antipatro in favore di Perdicca, fu condannato a morte da Cassandro, figlio di Antipatro.

Di lui ci resta solo un discorso, la cui autenticità non è dimostrata, reperibile nel tomo quarto degli Oratores greci di Johann Jakob Reiske.

Note

  1. ^ Quintiliano, II, 17, 12.
  2. ^ Plutarco, Vite parallele: Demostene, 28.
  3. ^ Diodoro, XVI, 87.
  4. ^ Gellio, XI, 10.
  5. ^ Eliano, V, 12.
  6. ^ Ateneo, VI, 251.
  7. ^ Dinarco, 89.
  8. ^ Diodoro, XVII, 15.
  9. ^ Plutarco, Vite parallele: Demostene, 23.

Bibliografia

Fonti secondarie

Altri progetti

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