Storia

Nel 1950, l'ufficiale Oscar Martay dell'Alta commissione statunitense in Germania propose all'amministrazione americana di finanziare una rassegna di film a Berlino, un progetto che sarebbe servito da "vetrina del mondo libero" per una città che dopo la fine della seconda guerra mondiale stava cercando di rivitalizzare il suo ruolo di metropoli d'arte europea.[1] In autunno venne istituito un comitato organizzatore nel quale furono coinvolti membri del Senato di Berlino e dell'industria cinematografica tedesca e come direttore fu nominato lo storico del cinema Alfred Bauer.[1]

Gli anni cinquanta

[[File:Berlin Titania-Palast 009918.jpg|upright=1.1|thumb|right|Il Titania Palast, prima sede del festival. La prima Berlinale fu inaugurata il 6 giugno 1951 e si rivelò un grande successo anche a livello internazionale.[1] La calorosa partecipazione e il desiderio di glamour dei berlinesi furono una costante negli anni 50,[2] grazie anche alle molte celebrità che non fecero mancare la loro presenza, da Romy Schneider a Gary Cooper, Billy Wilder, Walt Disney, Errol Flynn, Rita Hayworth e Sophia Loren.

Nel 1956 la FIAPF assegnò al festival lo "status A", che consentì l'assegnazione di premi da parte di una giuria internazionale al pari di Cannes e Venezia.[3] L'anno dopo la rassegna trovò anche la sua "casa del cinema", il rinnovato Zoo Palast nel quartiere di Charlottenburg che prese il posto del Titania Palast e rimase la ___location principale per quarant'anni.[4]

I film non sempre si rivelarono all'altezza delle aspettative, soprattutto quelli tedeschi che spesso furono giudicati inferiori alla concorrenza tecnicamente e intellettualmente.[5] Tra le produzioni internazionali, particolarmente apprezzate da pubblico e critica furono Le vacanze di Monsieur Hulot di Jacques Tati (1953),[5] Mio zio Giacinto di Ladislao Vajda (1956)[6] e Storia di un amore puro di Tadashi Imai (1958).[7]

Nel 1959, la giuria presieduta da Robert Aldrich assegnò l'Orso d'oro al film I cugini di Claude Chabrol, che dopo il premio per la miglior regia vinto pochi mesi prima a Cannes da François Truffaut per I quattrocento colpi rappresentò la consacrazione della Nouvelle Vague francese, i cui esponenti sarebbero stati ospiti regolari di Berlino con i loro film negli anni successivi.[8]

Con l'accresciuto interesse internazionale, la credibilità della Berlinale si trovò sotto una crescente pressione. La politica di rigettare categoricamente film provenienti dagli stati del blocco sovietico venne giudicata in contraddizione con l'internazionalità che il festival stava cercando e molti commentatori chiesero di assumere una visione più cosmopolita.[4]

Gli anni sessanta

La prima metà del decennio rappresentò secondo molti il periodo più basso della Berlinale dal suo inizio.[9][10] La selezione dei film e le decisioni delle giurie, che in questi anni premiarono film quali Lazarillo de Tormes di César Ardavin (1960) e L'estate arida di Metin Erksan (1964), provocarono malcontento nel pubblico e tra i giornalisti.[11][12]

Allo stesso tempo cominciarono ad emergere segnali che un cambiamento stava avvenendo nei contenuti. Dopo la Nouvelle Vague stavano emergendo il Free Cinema britannico e il Cinéma Nôvo brasiliano e divenne sempre più chiaro che il festival doveva affrancarsi dalle considerazioni tattiche dell'industria cinematografica.[9]

L'edizione del 1964 rappresentò un primo passo verso il rinnovamento con la "Settimana della critica", contro-manifestazione che alcuni anni dopo avrebbe dato origine al Forum internazionale del giovane cinema, e nel 1965 la struttura organizzativa venne profondamente riformata.[12] Il programma fu completato da una sezione dedicata a film considerati controversi (Informationsschau) e una con quelli selezionati da delegati e produttori dei Paesi partecipanti (Repräsentationsschau).[15] I critici ebbero una maggiore presenza nella giuria e nella commissione di selezione, finora composta soprattutto da rappresentanti delle autorità o portavoce di gruppi di interesse.[16]

Nel 1967 la Berlinale fu trasferita all'ente privato Berliner Festspiele GmbH, il che significò una sorta di "denazionalizzazione" e l'auspicio di superare i problemi diplomatici che in passato avevano ostacolato la partecipazione dei Paesi socialisti.[17] In realtà, la scelta di continuare ad escludere la Repubblica Democratica Tedesca portò i commentatori a vedere la ristrutturazione come una mossa puramente tattica.[17] Unione Sovietica, Ungheria, Bulgaria, Romania e Polonia rifiutarono di partecipare, al contrario della Cecoslovacchia e della "non allineata" Jugoslavia, che aveva comunque già presenziato in passato.[18]

Il festival dette prova dopo anni di stare al passo con i tempi e di essere parte dello sviluppo sociale. I film della nuova generazione di registi, tra cui Jean-Luc Godard, Carlos Saura e Roman Polański, generarono un nuovo amore per il dibattito, le tematiche diventarono più serie e il pubblico iniziò ad affollare i cinema interrogando registi e sceneggiatori.[19]

Gli anni settanta

  • 1970

Il film di Michael Verhoeven fu proiettato il 30 giugno e fu apprezzato dalla maggior parte del pubblico, anche se ci furono isolate proteste e alcune persone lasciarono la sala. Una di queste fu il giurato Manfred Durniok che si scusò con il presidente di giuria, il regista statunitense George Stevens, per il fatto che un film come O.k. fosse stato ammesso in concorso. I giudizi della stampa furono positivi per ciò che riguardava la forza e la sua provocazione politica del film, mentre le opinioni sul valore estetico furono divergenti.

Lo scandalo vero e proprio scoppiò il giorno dopo, quando la giuria annullò O.k. perché contrario alle linee guida secondo cui i film partecipanti dovevano "contribuire alla comprensione e all'amicizia tra i popoli". Due giurati, il regista jugoslavo Dušan Makavejev e quello brasiliano David Neves, si dissociarono giudicando il film antimilitarista anziché antiamericano e accusarono la giuria di aver preso "la strada della censura". Makavejev informò Verhoeven e il produttore Rob Houwer della squalifica di O.k. e la notizia si diffuse a macchia d'olio, tanto che il regista jugoslavo fu accusato di aver infranto la segretezza a cui era tenuto come giurato.

Il caso sollevò le proteste di giornalisti e addetti ai lavori che chiesero le dimissioni della giuria, anche se il 3 luglio il direttore Alfred Bauer dichiarò che O.k. era ancora in gara in quanto la giuria era tenuta a giudicare il valore artistico di un film, mentre valutare il rispetto dei requisiti per la sua partecipazione era compito della commissione di selezione. La situazione si aggravò quando regista e produttore annunciarono di essere stati informati da un giurato (rimasto anonimo) della richiesta di George Stevens di escludere il film minacciando in caso contrario le sue dimissioni. Il mattino seguente, Alfred Bauer e Walther Schmieding, direttore della Festivals-Ltd, chiesero al Senato di Berlino di essere sollevati dai loro incarichi.

Un'altra controversia di questa edizione riguardò Il giardino delle delizie di Carlos Saura, scelto dalla commissione di selezione come contributo ufficiale della Spagna. Le autorità iberiche contestarono la scelta di un film che trattava ironicamente il regime franchista e indicarono al suo posto El extraño caso del doctor Fausto di Gonzalo Suárez, inizialmente respinto e poi accettato su richiesta della FIAPF. La stampa parlò di "sottomissione ai censori spagnoli" ma il capo della delegazione iberica Fernando Blanco dichiarò che non esisteva nessuna censura e che il film di Suarez era stato scelto per dare l'opportunità ad un giovane regista di farsi conoscere. Il film fu comunque ritirato prima della chiusura anticipata del festival, anche per non rinunciare all'opportunità da parte dei produttori di mostrarlo in altre manifestazioni.

Dopo molte riunioni, conferenze stampa e manifestazioni di protesta, la giuria annunciò infine le dimissioni mentre Bauer e Schmieding restarono al loro posto. Il senatore Werner Stein comunicò la fine del concorso e delle proiezioni, ad eccezione delle retrospettive e dell'Info-Show. I premi non furono assegnati, tranne alcuni riconoscimenti delle giurie indipendenti e di un gruppo non affiliato di critici cinematografici europei che premiarono di propria iniziativa tre film ritenuti "estremamente artistici e piacevoli".

Le reazioni della stampa furono veementi e fu chiaro a tutti che le circostanze critiche degli anni passati avevano reso inevitabile un conflitto. Il senatore Stein espresse la speranza di essere «di fronte a una rinnovata possibilità di continuare a pensare a come sostenere film di valore artistico» e il deputato Heinz Zellermayer del CDU affermò che Berlino era, più di ogni altra città «dipendente dai suoi congressi, dalle conferenze e da un festival cinematografico efficiente... senza diversificate attrazioni culturali non saremo all'altezza della nostra pretesa di essere una metropoli di importanza mondiale».

Molte proposte per una riforma furono messe sul tavolo, tra cui la rinuncia allo "status A" e la suddivisione del programma in sezioni come il Festival di Cannes. Alla fine l'unica vera innovazione fu la creazione del "Forum internazionale del nuovo cinema", che negli anni successivi sarebbe diventato parte integrante della Berlinale con la proiezione di film sperimentali e documentari provenienti da tutto il mondo.

  • 1971

La Berlinale del 1971 sembrò nascere all'insegna di un dialogo costruttivo tra "vecchio" e "nuovo" cinema e la critica fu invitata ad assumere una maggiore responsabilità nel processo di cambiamento. La commissione di selezione, che includeva i giornalisti Dora Fehling, Kurt Habernoll e Klaus Hebecker, aveva scelto principalmente film di registi affermati come Ingmar Bergman (L'adultera), Robert Bresson (Quattro notti di un sognatore), Kon Ichikawa (Ai futatabi) e Pier Paolo Pasolini (Il Decameron) e il concorso attrasse il 30% di spettatori in più rispetto al 1970. L'Orso d'oro andò a Il giardino dei Finzi Contini di Vittorio De Sica, mentre Jean Gabin si aggiudicò l'Orso d'argento per Le chat - L'implacabile uomo di Saint Germain di Pierre Granier-Deferre. Il premio fu ritirato in sua vece da Jacques Tati, che conquistò lo Zoo Palast con una serie di gag e coinvolgendo anche Shirley MacLaine, premiata come miglior attrice per Desperate Characters.

Il Forum internazionale del giovane cinema si svolse dal 27 giugno al 4 luglio e i film furono proiettati nei cinema Arsenal e Atelier am Zoo, oltre che nelle strutture dell'associazione Freunden der Deutschen Kinemathek. Lo staff responsabile del programma includeva, tra gli altri, l'attore e regista Manfred Salzgeber (futuro direttore della sezione Panorama e co-fondatore del Teddy Award) e gli storici del cinema Ulrich Gregor e Gero Gandert. Come stabilito dall'articolo 2 del regolamento, l'obiettivo del Forum era quello di «informare sullo sviluppo avanguardistico e progressivo dei film in tutti i Paesi e sostenerlo», oltre a garantire «un'appropriata accoglienza dei film attraverso discussioni e materiale informativo». Inoltre, l'articolo 8 riportava esplicitamente che il Forum riteneva discutibile «la creazione di una gerarchia di qualità o di merito per i singoli film che, con le loro diverse intenzioni e forme, non sono comparabili». Non ci fu quindi una vera e propria competizione e ogni film ricevette un "Certificato di partecipazione", oltre ad eventuali riconoscimenti da parte delle giurie indipendenti.

Eppure, l'attenzione di pubblico e addetti ai lavori si concentrò principalmente sul Forum internazionale del giovane cinema, divenuto ufficialmente parte integrante del festival grazie anche al coinvolgimento di Ulrich Gregor, Manfred Salzgeber e dell'associazione Freunden der Deutschen Kinemathek. «I film importanti sono migrati nel festival collaterale», scrisse Friedrich Luft l'8 luglio su Die Welt, «i cosiddetti "film attuali" non turberanno più la manifestazione principale. Alle grandi sale del concorso ufficiale non è rimasto che srotolare un mucchio di film commerciali, è stata una festa intima». Il direttore Alfred Bauer, che aveva sempre visto il Forum come un evento concorrente, riuscì con difficoltà ad abituarsi all'idea di un festival in due parti. Come affermò alquanto contrariato alla fine della manifestazione, nel 1971 erano state rappresentate «tutte le tendenze del cinema... l'arte, il commercio, l'ideologia, il documentario e l'agitazione».

La commissione di selezione del Forum aveva chiesto a tre riviste europee di mettere insieme il proprio programma. Gli editori dei Cahiers du cinéma avevano scelto La cerimonia di Nagisa Ōshima, l'italiana Cinema & Film aveva proposto Umano, non umano di Mario Schifano e Olimpia agli amici di Adriano Aprà, mentre Filmkritik aveva indicato Leave Me Alone di Gerhard Theuring, che il regista Alf Brustellin criticò aspramente sulla Süddeutsche Zeitung: «Materiale sensoriale per ore sprecate, immagini senza ragione, intenzione e significato... Leave Me Alone è libero da ogni ideologia, inutile, arbitrariamente manipolabile e non pertinente per niente e nessuno».

Il programma si concentrò sui registi del nuovo cinema tedesco (Alexander Kluge, Ula Stöckl e Edgar Reitz), film e documentari socialmente e politicamente impegnati (L'assassinio di Fred Hampton di Howard Alk), opere sperimentali o provenienti dai Paesi in via di sviluppo e registi come Alain Tanner, Nagisa Ōshima e Theo Angelopoulos si fecero conoscere per la prima volta in Germania Ovest.

Due dei film più discussi furono W.R. - Misterije organizma di Dušan Makavejev, sulle tesi dello psicoanalista marxista Wilhelm Reich, e Non è l'omosessuale ad essere perverso, ma la situazione in cui vive di Rosa von Praunheim, che oltre a rappresentare il coming out del regista tedesco spinse altri a proclamare la propria omosessualità e dette origine ad un acceso dibattito. «Gli elementi satirici e il gioco ironico dell'amore romantico-borghese tra uomini sono stati giudicati inappropriati per questo tema», scrisse Wilhelm Roth sul Frankfurter Neue Presse l'8 luglio 1971, «ma in realtà questo stile di messa in scena è stato un'espressione esatta della tesi di Praunheim, secondo cui gli omosessuali imitano la vita "normale" della classe media invece di emanciparsi e organizzarsi, anziché diventare politicamente attivi».

  • 1972

Il Forum continuò ad essere oggetto di dibattito durante la Berlinale del 1972. Il direttore Alfred Bauer si espresse a favore del suo mantenimento anche se mostrò un certo scetticismo sulla divisione del festival, convinto che l'attrattiva esercitata da una competizione internazionale fosse di vitale importanza. In effetti, alla fine il numero di visitatori gli dette ragione e se da un lato il Forum focalizzò l'attenzione dei media, dall'altro richiamò poco più di 8000 visitatori mentre il concorso contò circa 33000 presenze.

Il Forum propose film e documentari come Reed, México insurgente di Paul Leduc, Emitaï di Ousmane Sembène e São Bernardo di Leon Hirszman, produzioni politicamente e socialmente impegnate sui conflitti di classe, le tensioni razziali e l'emancipazione femminile. Allo stesso tempo il programma fu ampliato per mettere questi film a confronto con produzioni del passato con temi analoghi. Così, Family Life di Ken Loach fu giustapposto a Tret'ja Meščanskaja di Abram Room (1927), Les Camisards di René Allio a La terra trema di Luchino Visconti (1948) e Liebe Mutter, mir geht es gut, opera prima di Christian Ziewer, a Hunger in Waldenburg di Phil Jutzi (1929). Uno dei film più discussi fu Coup pour coup di Marin Karmitz, docu-drama sullo sciopero selvaggio delle lavoratrici di una fabbrica tessile francese che fu messo a confronto con Sfida a Silver City di Herbert J. Biberman del 1954. «Si potrebbe pensare che Karmitz abbia copiato Biberman e Wilson», scrisse il critico Enno Patalas il 5 luglio sulla Süddeutsche Zeitung, «ma se così fosse ha mancato il punto più essenziale: nel film americano il processo di sviluppo di una coscienza di classe nei lavoratori oppressi è mostrato come un processo soggettivo, spesso doloroso e contraddittorio. Karmitz mostra solo l'eruzione di questi esseri disgraziati».

Col senno di poi si può riconoscere come i conflitti all'interno del festival riflettessero una generale atmosfera di tensione e instabilità. Le attività della RAF stavano provocando una radicalizzazione su molti fronti, i media si erano inaspriti, i toni nei dibattiti erano diventati più duri ed era aumentata la tendenza a polemizzare. In un articolo su Die Zeit, il giornalista e futuro direttore del festival Wolf Donner descrisse il conflitto tra concorso e Forum come una scelta di coscienza tra "lusso" e "politica": «La differenza in effetti è abbastanza evidente: al concorso trovate il velluto rosso, annunci in tre lingue, star con mazzi di fiori, eleganza e sforzi di formalismo. Al Forum ci sono barbe e capelli lunghi, abbigliamento hippie, atmosfera informale, dibattiti».

La caratterizzazione descritta da Donner dimostrava che l'attualità stavano segnando l'atmosfera quotidiana del festival e la linea di demarcazione tra "establishment" e "anti-establishment" poteva essere vista chiaramente. A differenza di quelli del concorso, i film del Forum mostravano temi contemporanei, documentavano le lotte politiche del tempo, raccontavano storie personali di vite fallite e parlavano senza compromessi. Friedrich Luft, un osservatore critico del festival noto per le sue esigenze radicali, sostenne l'idea di abolire il concorso del tutto a favore del Forum e anche la più moderata Karena Niehoff dichiarò quest'ultimo il "vero vincitore" della rassegna sulla Süddeutsche Zeitung: «Una cosa è certa: se devono essere assegnati dei premi, allora il Forum nel suo insieme merita un premio in modo ancora più evidente rispetto allo scorso anno».

Con un programma considerato piuttosto "debole" in confronto a quello offerto dal Forum, anche l'Orso d'oro assegnato a I racconti di Canterbury fu ritenuto dalla critica un "tappabuchi", un premio di ripiego assegnato al regista più famoso a livello internazionale che già in altre occasioni aveva dimostrato il suo genio. «Eppure, quello che più sconcerta è l'oggetto a cui ha dedicato tanto sforzo», scrisse il giornalista Peter W. Jansen, «si potrebbe anche credere che Pasolini voglia mettere a confronto la borghesia colta ma in nessun modo emancipata, che gode della pornografia solo di nascosto, con i fondamenti della sua cultura. Ma razionalizzando (apparentemente) la moda pornografica, ne diventa uno dei sostenitori commerciali».

La consegna dei premi si svolse davanti ad un pubblico che manifestò il suo disappunto per la mediocrità che aveva caratterizzato il festival sin dall'inizio e per le scelte della giuria. Furono fischiati l'Orso d'oro a Pasolini e gli Orsi d'argento a Liz Taylor e Alberto Sordi, oltre alla scelta di premiare Una faccia di c... di Peter Ustinov per il miglior contributo artistico, mentre tra i pochi film applauditi ci furono La tardona di Jean-Pierre Blanc e Flyaway di Robin Lehman, premiato come miglior cortometraggio.

Durante il festival fu affrontata anche la questione relativa al mantenimento della collocazione estiva del festival. Una delegazione dei distributori tedeschi chiese a Alfred Bauer che per il 1973 la manifestazione fosse spostata al mese di ottobre, in modo da promuovere film da mostrare poi alla Fiera del cinema e rendere quest'ultima più attraente. Bauer si mostrò disposto a discutere una riprogrammazione anche se ritenne più vantaggioso l'anticipo a inizio primavera, in modo da poter selezionare i film migliori prima del Festival di Cannes. Tuttavia, il consiglio d'amministrazione e il comitato consultivo, appoggiati dagli organizzatori del Forum, sostennero la collocazione attuale e la Berlinale mantenne la programmazione estiva ancora per alcuni anni.

  • 1973

Le settimane che avevano preceduto il festival erano state dominate soprattutto da preoccupazioni riguardanti le finanze a disposizione. Alfred Bauer e Ulrich Gregor, co-fondatore del Forum del giovane cinema, erano entrambi d'accordo che il budget di 1,2 milioni di marchi non era più sufficiente, anche se avevano idee diverse su come ripartire eventuali fondi supplementari. In effetti i tempi sembravano maturi per un aumento del capitale da destinare al Festival di Berlino. La recente stipula dell'Accordo delle quattro potenze e del Trattato fondamentale aveva sottolineato chiaramente la funzione della città come mediatore culturale, ciò nonostante il governo di Bonn e il Senato di Berlino non avevano ritenuto opportuno fornire ulteriore denaro e avevano preventivato un incremento di 100.000 marchi per l'anno successivo. Al Forum sarebbe stata destinata meno della metà, secondo Gregor insufficiente per invitare ospiti, per le attrezzature per la traduzione simultanea e per molti degli eventi in programma.

Riguardo ai film di quest'anno, la critica sembrò apprezzare sia il programma del concorso sia quello del Forum, che vinse il Berliner Kunstpreis nella categoria "film, radio e televisione" e che il critico Friedrich Luft giudicò meno "ideologico" rispetto al passato: «Anche in questo campo si ritrova il tentativo di scoprire cautamente qualcosa di completamente nuovo nei film: l'uomo, la bellezza, le paure personali e forse anche qualcosa chiamato "società", ma non più vista solo attraverso gli occhi di Karl Marx».

Il Forum diventò più completo e "pluralista" sia dal punto di vista geografico, con film dall'Africa e dall'America Latina, dal Giappone, dagli Stati Uniti e dall'Europa, sia da quello tematico. I film proiettati nel cinema Arsenal parlavano dello sfruttamento coloniale della cultura africana (Les statues meurent aussi di Chris Marker, Alain Resnais e Ghislain Cloquet, documentario censurato in Francia alla sua uscita nel 1953), della situazione politica in Sud America (La victoria di Peter Lilienthal), dei movimenti di liberazione della donna (George qui? di Michèle Rosier, Year of the Woman di Sandra Hochman), dell'ascesa del fascismo in Italia (La villeggiatura di Marco Leto) e in Grecia (I giorni del '36 di Theo Angelopoulos).

Tre film francesi in particolare focalizzarono l'attenzione dalla critica, che li accolse come opere d'arte durature e al passo con i tempi: La maman et la putain di Jean Eustache (fresco di Grand Prix Speciale della Giuria a Cannes), Crepa padrone, tutto va bene di Jean-Luc Godard e Jean-Pierre Gorin e la versione ridotta (da 12 a 4 ore) del film del 1971 Out 1: Spectre di Jacques Rivette.

Anche tra le pellicole in concorso, oltre a Tuoni lontani del regista indiano Satyajit Ray a cui la giuria assegnò l'Orso d'oro, quelle ritenute più interessanti ed ambiziose furono quelle presentate dalla Francia: Non c'è fumo senza fuoco di André Cayatte, che ricevette quattro riconoscimenti, e soprattutto L'amico di famiglia di Claude Chabrol che Friedrich Luft definì su Die Welt «un rivoluzionario della forma tornato vittoriosamente e a testa alta al cinema d'intrattenimento per il consumatore». Un altro film francese, la commedia Alto, biondo e... con una scarpa nera di Yves Robert, fu premiato con uno dei cinque Orsi d'argento assegnati in questa edizione, mentre tra le celebrità presenti più acclamate dal pubblico ci furono Lee Marvin e Ernest Borgnine, interpreti del film fuori concorso L'imperatore del Nord di Robert Aldrich.

  • 1974

Il 1974 segnò un momento fondamentale per il festival: per la prima volta un film sovietico,S toboy i bez tebya del regista Rodion Nahapetov, venne proiettato alla Berlinale, seppure fuori concorso. Il comitato consultivo del festival aveva deciso sin dalla prima edizione di non invitare film provenienti dal blocco orientale e ufficialmente questa posizione non era cambiata per tutti gli anni sessanta, nonostante sporadici tentativi di riavvicinamento e contatto con la Deutsche Film AG di Babelsberg e con la Sovexportfilm, l'organo responsabile della diffusione dei film sovietici all'estero. Inoltre, anche la controparte aveva sempre avuto difficoltà ad esprimere interesse per un evento che ai suoi occhi serviva alle "ambizioni imperialiste degli Stati Uniti" e anche se in alcune edizioni sembrò solo una formalità il fatto che film dell'est europeo potessero partecipare alla Berlinale, in quella successiva le condizioni diplomatiche in continua evoluzione cambiavano tutto.

Un'altra questione politica legata alla partecipazione degli stati socialisti riguardò il Forum internazionale del giovane cinema e il film ungherese Harmadik nekifutás di Péter Bacsó, che gli organizzatori avevano cercato in tutti i modi di ottenere. Da Budapest arrivò la richiesta di due giorni per decidere riguardo all'invito e il Forum negoziò con la Berliner Festspiele GmbH, ente privato al quale il festival era stato trasferito nel 1967, la possibilità di estendere la durata della rassegna per un altro giorno per avere tempo sufficiente. Il prolungamento fu concordato e dall'Ungheria arrivo l'ok per la partecipazione, ma meno di una settimana dopo un telegramma annunciò che il film era stato ritirato senza fornire spiegazioni. Nel suo rapporto finale per il Forum, il co-fondatore Ulrich Gregor ipotizzò che «gli articoli entusiasti che sulla stampa di Berlino hanno commentato la partecipazione dell'Ungheria come secondo stato del blocco orientale (annunciando in particolare la "liberalità" della politica culturale ungherese), hanno svolto un ruolo nella revoca dell'accordo iniziale».

Il clima aveva cominciato a mutare da appena un paio d'anni, da quando la firma dei trattati con il blocco orientale e le politiche del cancelliere Willy Brandt avevano portato ad una graduale distensione e alla presenza di delegati e osservatori da Unione Sovietica, Cecoslovacchia, Polonia e Germania Est. Il 3 giugno 1974, due settimane prima della cerimonia di inaugurazione, il direttore Alfred Bauer ricevette una telefonata dal vice console sovietico Nikotin che lo informò sulla decisione di accettare l'invito alla Berlinale con un film fuori concorso e una delegazione di osservatori.

A parte la grande soddisfazione per questo evento, il film di Nahapetov fu accolto con grande freddezza da pubblico e critica (Friedrich Luft lo definì «un "bonbon" del realismo socialista»), ma il festival lasciò comunque un'impressione positiva dal punto di vista artistico e in molti sottolinearono il significativo miglioramento dei film in concorso. Pubblico e critica accolsero con entusiasmo opere come L'orologiaio di Saint-Paul di Bertrand Tavernier (Gran premio della giuria e premio OCIC) e soprattutto Effi Briest di Rainer Werner Fassbinder, che molti avevano dato per favorito per l'Orso d'oro ma che fu battuto dalla commedia drammatica canadese Soldi ad ogni costo di Ted Kotcheff.

Molti osservatori elogiarono anche il modo in cui il concorso e il Forum internazionale del giovane cinema si erano avvicinati e avevano influenzato reciprocamente i rispettivi programmi. Esemplari da questo punto di vista furono due pellicole dell'iraniano Sohrab Shahid Saless: il suo film d'esordio Yek ettefāq-e Sade venne proiettato nel Forum, mentre Ṭabi'at-e Bijan fu mostrato nella rassegna principale. Sul Frankfurter Rundschau del 4 luglio 1974, il critico Peter W. Jansen parlò di una festival che aveva formato "un insieme quasi integrato", elogiando in particolare l'aumento di film artisticamente ambiziosi: «Nelle forme di drammi storici, commedie o racconti allegorici, questi film si dedicano più o meno direttamente a cose del tutto concrete, in primo luogo le condizioni in cui l'individuo deve vivere nella sua particolare realtà sociale»".

  • 1975

Il 1975 si rivelò un anno fortunato per la Berlinale sotto molti punti di vita. Il programma di questa edizione incluse film provenienti da quasi tutti gli stati socialisti, tra cui per la prima volta la Germania Est, e fu considerato dagli osservatori il più notevole da molti anni a questa parte. Tra i film più apprezzati, oltre al vincitore dell'Orso d'oro, ci furono Kdo hledá zlaté dno di Jiří Menzel, Bilancio trimestrale di Krzysztof Zanussi e Jakob il bugiardo di Frank Beyer, che fruttò l'Orso d'argento all'attore Vlastimil Brodský. Gli impasse politici e i conflitti programmatici del passato sembrarono aver trovato soluzioni costruttive e dopo anni di forzata auto-limitazione il festival inaugurò una nuova era.

Il film di Márta Mészáros fu esemplare anche di una forte presenza femminile in questa edizione, sia nelle storie raccontate sia dietro la macchina da presa. In un articolo su Die Zeit il giornalista e futuro Direttore del festival Wolf Donner proclamò il 1975 "anno della donna" e il programma del Forum internazionale del giovane cinema ne fu una riprova. Con film come quelli di Chantal Akerman, Ingemo Engström, Yvonne Rainer e del "Red Sisters Collective" (Mette Knudsen, Elisabeth Rygaard e Li Vilstrup), emerse una generazione di registe che mise in discussione le strutture patriarcali della Berlinale. Non a caso, durante il festival alcune attiviste femministe distribuirono un volantino chiedendo «la parità di genere in tutti i comitati di selezione», la promozione di «film che attirassero l'attenzione sulla materia dello sfruttamento sessuale delle donne e sostenessero la loro lotta per la liberazione» e «un'analisi dell'immagine sessista della donna nei film cosiddetti di sinistra o progressisti».

  • 1976

La Berlinale del 1976 si distinse come una delle più internazionali di sempre, con film provenienti da Messico e Sud America, Giappone, Iran, Siria, Senegal e da tutta Europa, inclusa la maggior parte degli stati del blocco orientale. Di conseguenza, la sempre forte presenza del cinema americano non fu interpretata come una "minaccia egemonica" a differenza degli anni precedenti. A pochi anni dalla fine della guerra del Vietnam e dallo scandalo che aveva portato alle dimissioni di Richard Nixon, tutti erano ansiosi di vedere quello che gli Stati Uniti avevano da offrire e le critiche principali arrivarono dagli stessi intellettuali e artisti americani.

In effetti i film presentati apparvero in molti casi complessi e autocritici. Non solo quello di Altman e Tutti gli uomini del presidente di Alan J. Pakula (proiettato fuori concorso), ma anche il documentario The Unquiet Death of Julius and Ethel Rosenberg e la riedizione di Un re a New York di Charlie Chaplin, mostrati nel Forum internazionale del giovane cinema, fecero i conti senza compromessi con il genocidio dei nativi americani, lo scandalo Watergate e il maccartismo.

L'edizione del 1976 fu l'ultima sotto la direzione di Alfred Bauer, il cui contratto sarebbe giunto al termine alla fine dell'anno. Tra i candidati alla sua successione c'erano Ulrich Gregor (direttore del Forum), i registi Ulrich Schamoni e Rainer Antoine, i giornalisti e critici Hans Borgelt e Hans. C. Blumenberg e l'uomo d'affari Bengt von zur Muhlen. A questi nomi il consiglio di amministrazione della Festivals-Ltd aggiunse quello di Wolf Donner, all'epoca redattore del settimanale Die Zeit, grazie alla forte impressione suscitata dopo l'invio di un questionario che chiedeva pareri sulla struttura del festival e sulle responsabilità del futuro direttore. Il 18 febbraio 1976 il consiglio d'amministrazione si riunì per la selezione finale e Wolf Donner fu eletto all'unanimità come successore di Bauer.

Ma fu nel Forum che scoppiò lo scandalo che caratterizzò la rassegna del 1976, quando Ecco l'impero dei sensi di Nagisa Ōshima fu confiscato dalla sala di proiezione durante la première, episodio senza precedenti nella storia dei festival cinematografici. Il film era stato presentato poche settimane prima a Cannes, all'apertura della Quinzaine des Réalisateurs, con un successo tale da costringere a passare dalle cinque proiezioni previste a dodici. A Berlino la confisca ebbe origine da alcune recensioni sulla stampa scandalistica che indussero le autorità a sentirsi obbligate ad agire. Il film fu visionato dal procuratore distrettuale di Tiergarten che ne vietò la proiezione, e dal momento che il sequestro era avvenuto sulla base del codice penale ("proiezione pubblica di un film pornografico"), la direzione del Forum venne incriminata. L'indagine non fu archiviata fino a novembre e nel frattempo ci furono lettere di protesta e manifestazioni di solidarietà da parte di critici e registi di tutto il mondo, che ne rivendicarono «l'elevata qualità artistica e le importanti intuizioni politiche ed estetiche». Seguirono tentativi di mediazione da parte del Senato di Berlino, fino ad una proiezione segreta all'Accademia delle Arti di Berlino con una copia inviata con titolo falso dal produttore francese Anatole Dauman. L'episodio dette origine ad un dibattito sulla censura e in qualche modo danneggiò la reputazione del festival e della città stessa, come scrisse il senatore Gerd Löffler in una lettera a Ulrich Gregor il 15 novembre 1976: «Sono estremamente rammaricato che un tale giudizio abbia prodotto una pubblicità negativa al Festival di Berlino nel suo complesso e al Forum internazionale in particolare».

  • 1977

In questa edizione è stata presentata per la prima volta la sezione Homage (inclusa in modo regolare solo a partire dal 1991), con un programma dedicato al documentarista tedesco Wilfried Basse.

Donner apportò subito dei cambiamenti nell'organizzazione, a partire da una campagna pubblicitaria più aggressiva volta a raggiungere il pubblico più giovane. Venne data maggiore visibilità ai film tedeschi e avviata una più stretta collaborazione tra il concorso e il Forum internazionale del giovane cinema, che oltre ad un programma speciale sul Nuovo cinema tedesco incluse alcuni film del regista turco Yılmaz Güney, in carcere per reati di natura politica.

Anche i film in concorso contribuirono alla rapida accettazione del nuovo direttore, in particolare L'uomo che amava le donne di François Truffaut, Camada negra di Manuel Gutiérrez Aragón, Between the Lines di Joan Micklin Silver e Il diavolo probabilmente di Robert Bresson, al quale parte della giuria avrebbe voluto conferire la vittoria.

Maggiore spazio fu dato anche ai film provenienti dai paesi socialisti e lo stesso Donner fece un viaggio a Mosca dal quale tornò con quello di Larisa Šepit'ko, che avrebbe vinto l'Orso d'oro non senza discussioni tra i membri della giuria. La Germania Est presentò il dramma bellico Mama, Ich lebe di Konrad Wolf, elogiato da una parte della critica per la sincerità e lo stile narrativo. Henning Harmssen scrisse sul settimanale Rheinischer Merkur: «La grandezza di questo film sta nel suo scetticismo dichiarato e nel fermo rifiuto di Wolf e Kohlhaase di sviluppare una tesi economica e apodittica. Il film, indirizzato allo spettatore, affronta la questione della morale condotta in situazioni estreme».

Alla fine la stampa celebrò l'atmosfera rilassata di questa edizione e l'aumento delle presenze ne confermarono il successo.

  • 1978

L'innovazione più evidente del 1978 fu lo spostamento dal consueto periodo estivo a quello invernale. Già in passato Alfred Bauer aveva cercato di anticipare la Berlinale, in modo da "distanziarla" dal Festival di Cannes e poter selezionare i film con più indipendenza dal suo concorrente, ma non era mai riuscito a superare la resistenza della Berlin Festivals-ltd, del Senato di Berlino e del governo federale, che vedevano nella riprogrammazione una mossa rischiosa senza alcuna garanzia di successo.

Wolf Donner aveva sollevato nuovamente la questione nel 1976, alla vigilia del suo insediamento, proponendo lo spostamento al mese di marzo ma con una diversa linea di argomentazione: il tardo inverno era infatti tradizionalmente un periodo di magra per l'industria cinematografica e in questo modo il mercato dei film si sarebbe potuto rafforzare. Nell'agosto 1976 Donner aveva riassunto la sua posizione su Der Abend: «Sono convinto che le date attuali siano le più sfortunate per un festival a Berlino. È di per sé una contraddizione che un festival si tenga in un momento in cui quasi tutta la vita politica, culturale e pubblica è ferma e una persona su due è in vacanza. Oggi come oggi è abbastanza normale che i berlinesi non sappiano nemmeno che la Berlinale esiste».

L'altra novità di quest'anno fu il Kinderfilmfest, dedicato al cinema per bambini e ragazzi e organizzato presso l'Ufa-Pavillon di Nollendorfplatz in collaborazione con l'Archivio di Stato. «Abbiamo voluto che i bambini vedessero film particolari», disse Barbara Krämer che si occupò dei criteri di selezione, «che li catturassero, che raccontassero storie che li potevano riguardare, e tecnicamente ben fatti». I dubbi circa l'attrattiva di una sezione riservata "dai 6 anni in su" furono cancellati dalle 12.000 presenze e da proiezioni di film da tutto il mondo in gran parte sold-out. Vi fu anche una polemica per la proiezione del lungometraggio animato L'apprendista stregone di Karel Zeman: alle proteste degli educatori, secondo i quali un film così crudele non doveva essere mostrato ai bambini, rispose la stessa Krämer affermando che il giovane pubblico non doveva essere sottovalutato.

Due anni dopo il consiglio di amministrazione e il Senato approvarono il suggerimento di Donner, e il successo della 28ª Berlinale gli dette ragione. Il mercato aveva già avuto una ripresa nel 1977 e la tendenza continuò quest'anno. Inoltre, grazie ad un incremento di circa 500.000 marchi provenienti dai fondi federali fu possibile ampliare e modernizzare la sede del festival in Budapester Straße. Anche la FIAPF accettò la decisione ma a condizione che la manifestazione si tenesse prima del 15 marzo, per cui le date furono fissate dal 22 febbraio al 5 marzo.

La selezione dei film mostrò quest'anno un particolare orientamento politico e come nel recente passato furono messi in evidenza gli autori tedeschi. La critica valutò particolarmente coraggiosa la decisione di Donner di mostrare in concorso Germania in autunno (premiato con un riconoscimento speciale), un progetto collettivo che affrontava le vicende politiche dell'autunno del 1977: il sequestro e l'omicidio di Hanns-Martin Schleyer da parte della RAF, i suicidi nel carcere di Stammheim e le violazioni dei diritti civili da parte dello Stato. Molti osservatori notarono anche connessioni tematiche e stilistiche tra i film in concorso e quelli del Forum internazionale del giovane cinema. Con film quali quelli di Helke Sander, Christine Laurent e Vibeke Lökkeberg quest'ultimo si focalizzò su registe provenienti da tutta Europa, mentre una delle immagini femminili più forti della competizione fu il personaggio interpretato da Gena Rowlands in La sera della prima di John Cassavetes, che le valse l'Orso d'argento per la migliore attrice. L'opera prima di Margarethe von Trotta risultò inoltre uno dei film preferiti dal pubblico tra quelli in concorso. Come scrisse la giornalista Brigitte Jeremias, «le donne, come questa Berlinale ha evidenziato, stanno conquistando fiducia in sé stesse nel cinema».

Il 1978 fu in definitiva un anno positivo per il Festival di Berlino, l'interesse del pubblico era cresciuto e l'industria cinematografica aveva acquisito un ruolo più attivo. La giuria presieduta da Patricia Highsmith premiò con l'Orso d'oro il "contributo spagnolo nel suo complesso", una mossa senza precedenti che fu interpretata come gesto di solidarietà verso la giovane democrazia spagnola e di incoraggiamento per una cinematografia di autori emergenti, ma che divise la giuria così come il pubblico in sala. Alcuni degli addetti ai lavori espressero inoltre un giudizio critico sul livello artistico dei film in concorso. Il giornalista Wolfram Schütte scrisse sul Frankfurter Rundschau: «La qualità fluttua qui più che nel Forum, che non deve preoccuparsi della partecipazione internazionale. Anche se il voler presentare film da quanti più paesi possibile nel concorso non ha portato a scelte completamente ingiustificabili... ci sono stati molti film deludenti. Un sacco di artigianato, ma niente di nuovo».

  • 1979

La Berlinale del 1979 fu l'ultima sotto la direzione di Wolf Donner, in procinto di diventare direttore della sezione culturale per il settimanale Der Spiegel. La decisione sorprese la maggior parte degli osservatori che accolsero con una certa delusione la notizia. Il bilancio del suo breve mandato era stato infatti ritenuto molto positivo: lo spostamento del festival da giugno a febbraio si era rivelato un successo, il pubblico era diventato più giovane, il mercato del cinema si era ampliato, il programma era diventato più vario e la struttura organizzativa più efficiente.

Il consiglio di amministrazione decise di occuparsi direttamente della scelta del successore, senza passare attraverso esperti o comitati di selezione. Tra i nomi che cominciarono a circolare c'erano quelli dei giornalisti Kurt Habernoll, Joe Hembus, Florian Hopf e soprattutto Ulrich Gregor, direttore del Forum internazionale del giovane cinema che come nel 1977 fu ritenuto il favorito. Alla fine la scelta ricadde con approvazione immediata e quasi universale su Moritz de Hadeln, direttore in carica del Festival di Locarno. Con la nomina del nuovo direttore, il consiglio d'amministrazione annunciò un cambiamento nella struttura del festival, il che confermò il ruolo fondamentale di Gregor e portò ad un miglioramento dello status del Forum, oltre ad una partnership di cinque anni con la Freunde der Deutschen Kinemathek.

Nei giorni del festival, Federico Fellini rese noto alla stampa il testo del telegramma inviato a Wolf Donner, nel quale riportava la sua decisione di annullare la presentazione del film Prova d'orchestra: «Apprendo con sorpresa dalla stampa che nonostante il disaccordo già espresso fin dal mese di dicembre avreste deciso di proiettare ugualmente Prova d'orchestra. Fiducioso che il vostro festival non voglia offendere il diritto di un autore di decidere della propria opera, chiedo di annullare la proiezione». Pochi giorni dopo lo stesso Fellini chiarì che la decisione era stata presa dai produttori e distributori del film, che a maggio optarono per la partecipazione fuori concorso al Festival di Cannes.

Dopo la sfortunata edizione del 1970, un altro scandalo si profilò all'orizzonte quando il 23 febbraio fu proiettato Il cacciatore di Michael Cimino, cosa che scatenò le proteste dei delegati sovietici che lo videro come un "insulto" al popolo vietnamita. I Paesi socialisti presenti si sentirono obbligati a esprimere la loro solidarietà all'"eroico popolo del Vietnam", insistendo che la proiezione del film violava lo statuto del festival in quanto non contribuiva in alcun modo "alla comprensione e amicizia tra i popoli".

Accanto a recensioni positive come quella di Hans-Christoph Blumenberg, che su Die Zeit descrisse il film come "oscuro e magnifico" ed elogiò la prospettiva apolitica e quindi autentica del film, ce ne furono altre più critiche e alcuni osservatori lo accusarono di un latente razzismo. Al termine del festival l'attrice britannica e giurata Julie Christie dichiarò: «Non credo che si possa rappresentare un'intera nazione costituita da sadici ed affermare che lo si sta facendo solo per un effetto drammatico».

Wolf Donner difese la scelta di mostrare il film, definendo la Berlinale «abbastanza libera e tollerante da confrontarsi con argomenti controversi», e il comitato di selezione chiarì in una dichiarazione pubblica che si sarebbe rifiutato di tollerare qualsiasi interferenza nella pianificazione del programma. La delegazione dell'Unione Sovietica ritirò i propri film, subito seguita da quelle di Germania Est, Cuba, Ungheria, Polonia, Cecoslovacchia e Bulgaria, una decisione che secondo il sindaco di Berlino Dietrich Stobbe contrastava «non soltanto con i fondamenti spirituali e le regole del festival ma anche con la tradizione, la quale è sempre stata di tolleranza, apertura e confronto di idee». Anche Michael Cimino lasciò la rassegna, insistendo sul fatto che il suo film non aveva tendenze politiche e ritenendosi non sufficientemente supportato dalla direzione. A differenza del 1970 le polemiche non impedirono però al festival di svolgersi più o meno regolarmente fino alla fine nonostante l'abbandono di due membri della giuria, la cecoslovacca Věra Chytilová e l'ungherese Pál Gábor.

Al fine di minimizzare il danno la direzione del festival si sforzò di portare avanti la proiezione di film specifici, incluso Invito a entrare di Andrzej Wajda, ma alla fine dovette fare i conti con la perdita di quattro film e cinque cortometraggi dal concorso. Il Forum poté contare soprattutto su rassegne dedicate al rinnovato cinema spagnolo e alle produzioni indipendenti dall'India che inclusero quattro film di Mrinal Sen, presente anche in concorso con Parashuram, ma fu il Kinderfilmfest a risentire in modo particolare del boicottaggio. La sezione dedicata al cinema per i ragazzi dovette rinunciare a sette film, pari a quasi la metà del programma. Tra quelli rimasti venne particolarmente apprezzato il film d'avventura Die Vorstadtkrokodile di Wolfgang Becker.

Gli anni ottanta

Gli anni novanta

Gli anni duemila

Gli anni duemiladieci

Note

  1. ^ a b c 1st Berlin International Film Festival - June 6 - 17, 1951, su berlinale.de, www.berlinale.de. URL consultato il 4 maggio 2017.
  2. ^ Jacobsen (2000), p. 53
  3. ^ 6th Berlin International Film Festival - June 22 - July 3, 1956, su berlinale.de, www.berlinale.de. URL consultato il 18 agosto 2017.
  4. ^ a b Jacobsen (2000), p. 73
  5. ^ a b 3rd Berlin International Film Festival - June 18 - 28, 1953, su berlinale.de, www.berlinale.de. URL consultato il 31 maggio 2017.
  6. ^ Jacobsen (2000), p. 69
  7. ^ Jacobsen (2000), p. 82
  8. ^ 9th Berlin International Film Festival - June 26 - July 7, 1959, su berlinale.de, www.berlinale.de. URL consultato il 30 settembre 2017.
  9. ^ a b 10th Berlin International Film Festival - June 24 - July 5, 1960, su berlinale.de, www.berlinale.de. URL consultato il 26 ottobre 2017.
  10. ^ 12th Berlin International Film Festival - June 22 - July 3, 1962, su berlinale.de, www.berlinale.de. URL consultato il 16 dicembre 2017.
  11. ^ Jacobsen (2000), p. 96
  12. ^ a b 14th Berlin International Film Festival - June 26 - July 7, 1964, su berlinale.de, www.berlinale.de. URL consultato il 13 gennaio 2018.
  13. ^ a b Jacobsen (2000), p. 143
  14. ^ Jacobsen (2000), p. 155
  15. ^ 15th Berlin International Film Festival - June 25 - July 6, 1965, su berlinale.de, www.berlinale.de. URL consultato il 31 gennaio 2018.
  16. ^ Jacobsen (2000), p. 134
  17. ^ a b 17th Berlin International Film Festival - June 23 - July 4, 1967, su berlinale.de, www.berlinale.de. URL consultato il 17 marzo 2018.
  18. ^ Jacobsen (2000), p. 148
  19. ^ Jacobsen (2000), p. 142