Governo Nitti II

54º Governo del Regno d'Italia

Il governo Nitti II è stato il cinquantaquattresimo esecutivo del Regno d'Italia, il secondo guidato da Francesco Saverio Nitti.

Governo Nitti II
StatoItalia (bandiera) Italia
Presidente del ConsiglioFrancesco Saverio Nitti
(PR)
CoalizionePPI, UL, PR, Indipendenti
LegislaturaXXV
Giuramento22 maggio 1920
Dimissioni9 giugno 1920
Governo successivoGiolitti V
15 giugno 1920

Esso, nato in seguito alle dimissioni del governo precedente, è stato in carica dal 22 maggio[1] al 15 giugno 1920[2] (sebbene già dimissionario dal precedente 9 giugno), per un totale di soli 18 giorni.

Durante questo governo fu istituito, con R.D. del 3 giugno 1920, n. 800, il “Ministero del lavoro e della previdenza sociale”, trasferendo contestualmente ad esso alcune competenze gestite precedentemente dal Ministero dell’Industria, del Commercio e del Lavoro (divenuto per l’occasione Ministero dell’Industria e del Commercio).

Compagine di governo

Appartenenza politica

Partito Presidente Ministri Sottosegretari Totale
Partito Radicale Italiano 1 5 4 10
Unione Liberale (Italia) - 7 5 12
Indipendente (politica) - 1 5 6
Partito Popolare Italiano (1919) - 2 4 6

Con l’appoggio esterno del Partito Democratico Costituzionale Italiano, del Partito Democratico e del Partito Economico.

Situazione parlamentare

NOTA: Nonostante ormai le dinamiche parlamentari sulla fiducia (che venivano spesso attuate indirettamente e tramite vari ordini del giorno), avevano ormai portato ad una prassi di forte rilevanza stratificata e abbastanza consolidata dell’organo legislativo e della Monarchia parlamentare, con un’evidente evoluzione in senso democratico della responsabilità politica, essa fu ciononostante solo una convenzione costituzionale. Ufficialmente infatti, ai tempi del Regno d'Italia, poiché secondo lo Statuto Albertino il governo rispondeva concretamente al solo Re (il quale, dando egli stesso una prima fiducia al governo, aveva il potere di far resistere l’esecutivo ad un voto della Camera dei deputati, come alcune volte fece), il rapporto con il Parlamento in senso moderno non era pienamente obbligatorio, pur diventato orami fondamentale. Per questo motivo, il grafico sottostante espone, secondo ricostruzioni e dichiarazioni, nonché secondo la composizione del governo ed anche secondo il voto effettivamente subìto, il supporto che questo ha ottenuto a fini puramente enciclopedici e storici, tenendo conto della facile mutevolezza delle forze politiche e del contesto storico-politico.

Camera Collocazione Partiti Seggi
Camera dei deputati[3] Maggioranza PR e Rad.In (12), UL (41), PP (100), PLD (96)
249 / 508
Appoggio esterno PDC-PD (60), PE (7)
67 / 508
Opposizione PS (156), PRI (4), RRSC (5), SI (1), ANCR (17), ANI (3), PSR e US (6)
192 / 508

Composizione

Carica Titolare Sottosegretari
Presidenza del Consiglio dei ministri Sottosegretario di Stato alla Presidenza del Consiglio
Presidente del Consiglio dei ministri   Francesco Saverio Nitti (PR) Carica non assegnata[4]
Ministero Ministri Sottosegretario
Affari Esteri   Vittorio Scialoja (UL) Carlo Sforza
Interno   Francesco Saverio Nitti (PRI) Giovanni Porzio
Agricoltura   Giuseppe Micheli (PPI) Giovanni Pallastrelli di Celleri
Industria e Commercio[5]   Mario Abbiate (PRI)
(fino al 3 giugno 1920)
Giuseppe de Nava (UL)
Ad interim (dal 3 giugno 1920)
Lavoro e Previdenza Sociale
(istituito)
  Mario Abbiate (PR)
(dal 3 giugno 1920)
Giovanni Maria Longinotti
(dal 3 giugno 1920)
Colonie   Meuccio Ruini (PR) Antonino Pecoraro Lombardo
Finanze   Giuseppe de Nava (UL) Giovanni Amendola
Tesoro   Carlo Schanzer (UL) Arnaldo Agnelli
Giustizia e Affari di Culto   Alfredo Falcioni (UL) Arnaldo Dello Sbarba
Guerra   Giulio Rodinò (PPI) Anselmo Ciappi
Lavori Pubblici   Camillo Peano (UL) Giovanni Bertini
Marina   Giovanni Sechi (Indipendente) Guido Celli
Poste e Telegrafi   Giuseppe Paratore (UL) Giovanni Amici
Pubblica Istruzione   Andrea Torre (UL)
Terre liberate dal nemico   Alberto La Pegna (PR) Giacomo Agnesi

Cronologia

Annuncia le dimissioni il 9 giugno 1920 presentandosi al Parlamento dopo aver ritirato il decreto legge sul rincaro del pane, che non aveva la maggioranza.[9] La sera del 15 giugno è sostituito dal quinto governo Giolitti[2], che presterà giuramento il giorno seguente.[10][11]

Bibliografia

  • Parlamenti e Governi d’Italia (dal 1848 al 1970) - Vol. II - Francesco Bartolotta - Vito Bianco Editore - 1971

Note

  1. ^ I primi atti del nuovo Ministero, Corriere della Sera, 23 maggio 1920, p. 1.
  2. ^ a b La fisionomia del Gabinetto ed i nuovi ministri, in La Stampa, 16 giugno 1920.
    «Da stasera il ministero Giolitti esiste realmente di fronte al paese.»
  3. ^ Viene qui riportata la situazione parlamentare solo di questa camera (e non anche del Senato del Regno) poiché, sebbene entrambe partecipassero al processo di controllo del rapporto di fiducia con l'esecutivo, per convenzione costituzionale in caso di disaccordo era la decisione della camera bassa a prevalere, risultando essere la posizione ufficiale del Parlamento nella sua totalità.
  4. ^ Poiché all'epoca del Regno d'Italia la figura del Presidente del Consiglio era vista come una figura mediatrice e coordinatrice piuttosto che dirigenziale rispetto all’esecutivo, e dunque senza una costituzione autonoma, il detentore era più identificato con il ministero da egli detenuto piuttosto che dalle sue funzioni, e per questo non vi era mai stata la necessità di nominare un sottosegretario specifico, ma il Capo di governo si serviva del proprio sottosegretario ministeriale.
  5. ^ Fino al 3 giugno “Ministero dell'Industria, del Commercio e del Lavoro”.
  6. ^ Sottosegretario per la Marina Mercantile, i Combustibili e l'Aeronautica Civile.
  7. ^ Sottosegretario per gli Approvvigionamenti e i consumi alimentari.
  8. ^ Sottosegretario per le Antichità e le Belle Arti.
  9. ^ Il terzo Ministero Nitti si presenta dimissionario al Parlamento dopo avere revocato il decreto sul pane, in La Stampa, 10 giugno 1920.
  10. ^ Il Ministero Giolitti sostituito, in La Stampa, 16 giugno 1920.
  11. ^ Il giuramento in Quirinale e l'assunzione dei dicasteri, La Stampa, 17 giugno 1920, p. 1.

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