Biennio rosso in Italia

eventi del 1919-1920 in Italia

Il Biennio Rosso (1919 - 1920) è la locuzione con cui alcuni storici chiamano il periodo della storia italiana immediatamente successivo alla prima guerra mondiale, in cui si verificarono soprattutto nel centro-nord della penisola mobilitazioni contadine, tumulti annonari, manifestazioni operaie, occupazioni di terreni e fabbriche con, in alcuni casi, tentativi di autogestione. Le agitazioni si estesero anche alle zone rurali della pianura padana e furono accompagnate da scioperi, picchettaggi e violenti scontri.

Rivoluzione Mondiale

Successivamente alla Rivoluzione bolscevica del 1917 e alla nascita della presa di coscienza di classe da parte dei contadini e dei ceti più bassi, in tutta Europa sorsero i primi timori da parte della borghesia e dei ceti medi, che vedevano nell'affermazione del bolscevismo la fine dei privilegi e dei valori acquisiti; questo timore delle democrazie occidentali era accresciuto dal fatto che la Russia sovietica era attivamente impegnata nella diffusione del comunismo nelle nazioni europee.

Lenin promosse la costituzione di partiti comunisti in tutto il mondo, che avrebbero dovuto prendere le distanze dai socialisti democratici e rifiutare il sistema parlamentare e democratico, ponendo le basi per realizzare una rivoluzione simile a quella sovietica. Il partito bolscevico ritenne inoltre necessario costituire un'organizzazione internazionale di tutti i partiti comunisti (Comintern (o Internazionale Comunista). Nel 1920 a Mosca, il II Congresso del Comintern elaborò un documento che stabilì in 21 punti le condizioni per aderire all'Internazionale Comunista, i quali implicavano una totale sottomissione dei comunisti europei al partito sovietico russo. Ciò scatenò una forte contrapposizione tra socialisti riformisti e comunisti, provocando la scissione interna di molti partiti socialisti europei.

Biennio Rosso in Europa

Tra il 1919 e il 1920, l'Europa fu toccata da ondate di scioperi ed agitazioni di operai che rivendicavano l'aumento salariale e la giornata lavorativa di 8 ore. Le lotte non si limitarono solo a rivendicazioni sindacali: in molti casi venne utilizzata la violenza ed il potere nelle fabbriche venne sovvertito da consigli operai, nati spontaneamente sul modello dei soviet russi, che si presentavano come i rappresentanti del proletariato nella società comunista. L'intensità e le conseguenze delle lotte operaie furono diverse per ogni stato europeo:

In Germania i consigli di operai e soldati occupavano le fabbriche e le sedi dei giornali, partecipavano alla gestione delle aziende e imponevano le loro condizioni allo Stato. Berlino fu per molto tempo segnata da violenti scontri, manifestazioni di piazza e da veri e propri tentativi rivoluzionari ed insurrezioni.

In Austria i comunisti tentarono di spingere il popolo alla rivoluzione, ma senza esito.

In Ungheria socialisti e comunisti crearono la Repubblica Ungherese dei Soviet, chiaramente inspirata dal vicino modello sovietico. Il progetto era di allargare l'esperienza anche all'Austria, ma i comunisti ungheresi si trovarono isolati e fallirono nei loro intenti.

Biennio Rosso in Italia

  Lo stesso argomento in dettaglio: Storia della Cgil e Formazioni di difesa proletaria.

In Italia il "biennio rosso" fu caratterizzato dall'irruzione sulla scena politica di nuovi settori sociali, nuove idee e nuovi progetti volti a rinnovare profondamente la vita politica e sociale.

L'evento che segnò con forza l'apertura del biennio fu l'ondata di moti contro il caroviveri (in Toscana ricordati come "Bocci-Bocci") che attraversò tutta la penisola tra primavera ed estate, mentre si ingrossava il movimento contadino con un'estesa e capillare serie di occupazioni delle terre. I socialisti organizzarono uno sciopero generale internazionale (20-21 luglio) per difendere le repubbliche socialiste sorte in Russia e Ungheria dall'aggressione militare delle potenze vincitrici della prima guerra mondiale.

Nel novembre del 1919, si tennero elezioni che per la prima volta utilizzavano il sistema proporzionale, voluto da socialisti e popolari. Il confronto elettorale era incentrato sulle liste di partito e non sui singoli candidati, che spesso erano troppo "sponsorizzati". Ebbero la meglio due partiti di massa: il Partito Socialista (che si affermò con il 32% dei voti come primo partito) e il Partito Popolare (che ottenne alla prima prova elettorale il 20%). Questi risultati elettorali non garantirono comunque al paese la stabilità necessaria ed il PSI, che aveva il maggior peso, continuò a rifiutare alleanze con i partiti cosiddetti "borghesi". L'Italia fu quindi guidata fino alla marcia su Roma da un'alleanza tra popolari e liberali.

Dopo scioperi e occupazioni delle terre, nel 1920 la protesta aumentò, passando all'occupazione delle fabbriche. La FIOM (sindacato metalmeccanici) chiese il rinnovo del contratto per ottenere aumenti salariali e altre richieste, che gli industriali accolsero solo in parte. Venne quindi proclamato in risposta uno sciopero bianco da parte dei lavoratori, a cui gli industriali controbatterono con una serrata, ovvero la chiusura delle fabbriche.

Si verificarono inoltre durante questo periodo atti di violenza nei confronti dei proprietari terrieri e dei "crumiri", che non volevano aderire agli scioperi. [1]

Il potere socialista crebbe enormemente nel 1920 quando la maggior parte delle amministrazioni comunali e provinciali dell'Emilia e della Romagna furono conquistate dal Partito socialista italiano. Le organizzazioni sindacali socialiste ottennero così il monopolio della gestione del lavoro, il potere di imporre i prezzi delle derrate alimentari tramite le proprie cooperative, la gestione diretta delle imposte comunali (immobili compresi) e la possibilità di concedere in affitto ai propri iscritti i terreni del Comune[2].

In agosto gli operai, guidati dai sindacati rossi, occuparono le fabbriche che, principalmente a Torino, Milano e Genova, furono occupate in numero di trecento. Gli operai organizzarono servizi armati di vigilanza e, in alcuni casi, proseguirono la produzione.

Le occupazioni, intese come l'inizio di un processo rivoluzionario, non riuscirono però a compiere cambiamenti sensibili, soprattutto a causa della mancanza di strategia della classe dirigente socialista e dell'incapacità di diffusione nel resto della società.

Le conseguenze delle occupazioni indebolirono il governo Nitti, che si dimise per lasciare il posto all'ottantenne Giolitti, il quale assunse un atteggiamento neutrale, nonostante le pressioni degli industriali per sgomberare le fabbriche con l'esercito. Promosse invece il dialogo tra CGL e industriali, ottenendo gli aumenti salariali richiesti e la promessa, mai attuata, di un controllo sulla gestione aziendale. Le fabbriche furono perciò sgombrate pacificamente, sebbene il biennio rosso terminò con il bilancio di 227 morti e 1072 feriti, tra forze dell'ordine e lavoratori. Ciò non attenuò comunque le tensioni tra lavoratori ed industriali, entrambi fautori di una lotta di classe.

Il timore per ulteriori tumulti sociali ed una eventuale rivoluzione proletaria (propagandata dai socialisti) cominciò a diffondersi, favorendo la richiesta di una soluzione anti-socialista e autoritaria. Tra gli animatori del biennio rosso vi furono Amadeo Bordiga e Antonio Gramsci, futuri fondatori del PCd'I.

Note

  1. ^ Giuseppe Maione, Il biennio rosso. Autonomia e spontaneità operaia nel 1919-1920, Bologna, Il Mulino, 1975
  2. ^ Sven Reichardt, Camicie nere, camicie brune, 2003, Società Editrice Il Mulino, Bologna, 2009, pag. 174:"Potevano disporre del ricavato di imposte localmente stabilite sugli immobili, sulle attività produttive e a carico delle famiglie, potevano concedere in affitto i terreni comunali, esercitare la sorveglianza sulle attività produttive, e avevano competenza in materia di piani regolatori e di assistenza sociale."

Bibliografia

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Voci correlate

Collegamenti esterni