Nome scientifico Nome comune Status
Apteryx australis Kiwi bruno meridionale vulnerabile
Apteryx haastii Kiwi macchiato maggiore vulnerabile
Apteryx mantelli Kiwi bruno settentrionale in pericolo
Apteryx owenii Kiwi macchiato minore prossimo alla minaccia
Nome scientifico Nome comune Status
Aptenodytes forsteri Pinguino imperatore rischio minimo
Aptenodytes patagonicus Pinguino re rischio minimo
Eudyptes chrysocome Pinguino saltarocce vulnerabile
Eudyptes chrysolophus Pinguino macaroni vulnerabile
Eudyptes pachyrhynchus Pinguino del Fiordland vulnerabile
Eudyptes robustus Pinguino delle Snares vulnerabile
Eudyptes sclateri Pinguino crestato in pericolo
Eudyptula minor Pinguino minore rischio minimo
Megadyptes antipodes Pinguino occhigialli in pericolo
Pygoscelis adeliae Pinguino di Adelia rischio minimo
Pygoscelis antarcticus Pinguino dal collare rischio minimo
Pygoscelis papua Pinguino papua prossimo alla minaccia
Spheniscus magellanicus Pinguino di Magellano prossimo alla minaccia
Nome scientifico Nome comune Status
Diomedea antipodensis Albatro delle Antipodi vulnerabile
Diomedea epomophora Albatro reale del sud vulnerabile
Diomedea exulans Albatro urlatore vulnerabile
Diomedea sanfordi Albatro reale del nord in pericolo
Phoebetria palpebrata Albatro mantochiaro prossimo alla minaccia
Thalassarche bulleri Albatro di Buller prossimo alla minaccia
Thalassarche carteri Albatro beccogiallo dell'Indiano in pericolo
Thalassarche cauta Albatro cauto prossimo alla minaccia
Thalassarche chrysostoma Albatro testagrigia vulnerabile
Thalassarche eremita Albatro delle Chatham vulnerabile
Thalassarche impavida Albatro delle Campbell vulnerabile
Thalassarche melanophrys Albatro sopraccigli neri in pericolo
Thalassarche salvini Albatro di Salvin vulnerabile
Thalassarche steadi Albatro capobianco prossimo alla minaccia
Nome scientifico Nome comune Status
Calonectris diomedea Berta maggiore rischio minimo
Daption capense Petrello del Capo rischio minimo
Fulmarus glacialoides Fulmaro australe rischio minimo
Halobaena caerulea Petrello azzurro rischio minimo
Lugensa brevirostris Petrello delle Kerguelen rischio minimo
Macronectes giganteus Ossifraga del sud rischio minimo
Macronectes halli Ossifraga del nord rischio minimo
Pachyptila belcheri Prione beccosottile rischio minimo
Pachyptila crassirostris Prione fulmaro rischio minimo
Pachyptila desolata Prione antartico rischio minimo
Pachyptila salvini Prione di Salvin rischio minimo
Pachyptila turtur Prione fatato rischio minimo
Pachyptila vittata Prione beccolargo rischio minimo
Procellaria aequinoctialis Petrello mentobianco vulnerabile
Procellaria cinerea Petrello grigio prossimo alla minaccia
Procellaria parkinsoni Petrello di Parkinson vulnerabile
Procellaria westlandica Petrello del Westland vulnerabile
Pterodroma axillaris Petrello delle Chatham in pericolo
Pterodroma cervicalis Petrello collobianco vulnerabile
Pterodroma cookii Petrello di Cook vulnerabile
Pterodroma inexpectata Petrello maculato prossimo alla minaccia
Pterodroma lessonii Petrello testabianca rischio minimo
Pterodroma leucoptera Petrello di Gould vulnerabile
Pterodroma macroptera Petrello aligrandi rischio minimo
Pterodroma magentae Petrello della Magenta critico
Pterodroma mollis Petrello piumoso rischio minimo
Pterodroma neglecta Petrello delle Kermadec rischio minimo
Pterodroma nigripennis Petrello alinere rischio minimo
Pterodroma pycrofti Petrello di Pycroft vulnerabile
Puffinus assimilis Berta minore fosca rischio minimo
Puffinus bulleri Berta di Buller vulnerabile
Puffinus carneipes Berta piedicarnicini rischio minimo
Puffinus gavia Berta frullina rischio minimo
Puffinus griseus Berta grigia prossimo alla minaccia
Puffinus huttoni Berta di Hutton in pericolo
Puffinus nativitatis Berta di Christmas rischio minimo
Puffinus pacificus Berta cuneata rischio minimo
Puffinus puffinus Berta di Man rischio minimo
Puffinus tenuirostris Berta codacorta rischio minimo
Thalassoica antarctica Petrello antartico rischio minimo
Nome scientifico Nome comune Status
Phaethon rubricauda Fetonte codarossa rischio minimo
Nome scientifico Nome comune Status
Phalacrocorax campbelli Cormorano di Campbell vulnerabile
Phalacrocorax carbo Cormorano comune rischio minimo
Phalacrocorax carunculatus Cormorano caruncolato vulnerabile
Phalacrocorax chalconotus Cormorano bronzeo vulnerabile
Phalacrocorax colensoi Cormorano delle Auckland vulnerabile
Phalacrocorax featherstoni Cormorano di Pitt in pericolo
Phalacrocorax melanoleucos Cormorano bianconero minore rischio minimo
Phalacrocorax onslowi Cormorano delle Chatham critico
Phalacrocorax punctatus Cormorano macchiato rischio minimo
Phalacrocorax ranfurlyi Cormorano delle Bounty vulnerabile
Phalacrocorax sulcirostris Cormorano nero rischio minimo
Phalacrocorax varius Cormorano bianconero maggiore rischio minimo
Nome scientifico Nome comune Status
Ardea pacifica Airone del Pacifico rischio minimo
Botaurus poiciloptilus Tarabuso australasiatico in pericolo
Bubulcus ibis Airone guardabuoi rischio minimo
Egretta garzetta Garzetta comune rischio minimo
Egretta novaehollandiae Airone facciabianca rischio minimo
Egretta sacra Garzetta del reef orientale rischio minimo
Mesophoyx intermedia Airone intermedio rischio minimo
Phalacrocorax melanoleucos Cormorano bianconero minore rischio minimo
Phalacrocorax onslowi Cormorano delle Chatham critico
Phalacrocorax punctatus Cormorano macchiato rischio minimo
Phalacrocorax ranfurlyi Cormorano delle Bounty vulnerabile
Phalacrocorax sulcirostris Cormorano nero rischio minimo
Phalacrocorax varius Cormorano bianconero maggiore rischio minimo
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Candoia [1]
 
Candoia carinata
Classificazione scientifica
RegnoAnimalia
PhylumChordata
SubphylumVertebrata
ClasseReptilia
OrdineSquamata
SottordineSerpentes
FamigliaBoidae
SottofamigliaBoinae
GenereCandoia
Gray, 1842
Specie

Candoia Gray, 1842 è uno dei cinque generi che formano la sottofamiglia dei Boini. Comprende quattro specie, diffuse in Messico, America centrale e meridionale, Madagascar e Isola di Reunion. La specie più grande, B. constrictor, può raggiungere i 4,3 metri di lunghezza.

Descrizione

Le specie del genere Candoia hanno generalmente corpo rotondo e pesante, testa appiattita di forma triangolare e naso volto all'insù. La colorazione varia molto a seconda delle specie, ma la maggior parte di esse ha colore di fondo marrone o nero. La lunghezza degli esemplari adulti varia dai 60 ai 180 centimetri. I maschi sono generalmente più piccoli delle femmine e si riconoscono per gli speroni prominenti ai lati della cloaca.

Distribuzione

Le specie del genere Candoia Found from Samoa and Tokelau west through Melanesia to New Guinea and the Maluku Islands.[2]

Behavior

All are primarily nocturnal.

Feeding

The primary diet consists of frogs and lizards.

Reproduction

Breeding occurs early in the year, typically after rains. Several males will approach and pursue a single female, though, there is no combat between the males. Females seem to only ovulate once every two or three years and give birth to litters averaging 10 or so neonates. The Solomon Island ground boa, C. carinata paulsoni is an exception as it is known to have particularly large litters, occasionally producing 30 or 40 small neonates.

Captivity

These snakes are frequently imported for the exotic pet trade, but are now being bred in captivity with some regularity by private individuals. Their small size and ease of care make them interesting captives, but wild caught specimens are known to not acclimate well. The stress of captivity manifests itself in the form of lack of interest in food. Their natural diet often presents a problem for hobbyists mainly familiar with using rodents as food.

Specie

Specie Autore Sottospecie Nome comune Areale geografico
C. aspera (Günther, 1877) 0 Boa della Nuova Guinea Nuova Guinea (Irian Jaya e Papua Nuova Guinea al di sotto dei 1300 metri), comprese le vicine isole di Waigeu, Batanta, Misool e Salawati, le isole di Biak e Japen nella Baia di Geelvink, Seleo, Valise, Karkar, Umboi, Manus, Los Negros, Lou, Baluan, le Isole Rambatyo nel Gruppo delle Manus (Isole dell'Ammiragliato), Nuova Britannia, Duca di York, Nuova Irlanda e Nuova Hannover nell'Arcipelago di Bismarck.
C. bibroni (Duméril e Bibron, 1844) 2 Boa delle Figi Melanesia e Polinesia, comprese le Isole Salomone orientali (Olu Malau, Reef, Rennell, San Critobal, Santa Ana, Santa Cruz, Bio, Bellona, Three Sisters, Ugi e Vanikoro), le Isole Banks (Isola di Vanua Lava), le Nuove Ebridi, tutte e tre le Isole della Lealtà, le Isole Figi (Rotuma, le Gruppo delle Yasawa e il Gruppo delle Lau), Samoa occidentali (isole Savii e Upolu) e Samoa americane (Isola di Ta'u).
C. carinata (Schneider, 1801) 2 Boa del Pacifico Indonesia, compresa la penisola settentrionale di Sulawesi, Isole Sangihe e Telaud, le Isole Molucche settentrionali (Ceram, Ambon, Haruku, Saparua, Banda, Goram e Tanimbar), Misool, Batanta, Salawatti, Anaguar (Saipan) e il Gruppo delle Palau (almeno sull'Isola di Koror). Nuova Guinea: isole della Baia di Geelvink e quelle lungo la costa settentrionale, comprese Liki, Djamna, Karkar e le Isole Umboi. Manus e isole vicine. Arcipelago di Bismarck, comprese le isole di Mussau e Tench. Isole della Provincia di Baia Milne, almeno su Samarai, Kiriwina, Kitava, Goodenough, Fergusson, Dobu, Normanby, Slade, Misima, Woodlark, Sudest e Rossel. Le isole di Buka, Bougainville e quelle vicine. Isole Salomone, comprese Santa Cruz, Rennell e Bellona.
C. superciliosa (Günther, 1863) 0 Boa dal naso smussato di Palau Belau.

Note

  1. ^ (EN) ITIS Standard Report Page: Boa, in Integrated Taxonomic Information System. URL consultato il 03-10-10.
  2. ^ Errore nelle note: Errore nell'uso del marcatore <ref>: non è stato indicato alcun testo per il marcatore McD99
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Leopardo arabo
 
Stato di conservazione
Critico[1]
Classificazione scientifica
RegnoAnimalia
PhylumChordata
ClasseMammalia
OrdineCarnivora
FamigliaFelidae
GenerePanthera
SpecieP. pardus
SottospecieP. pardus nimr
Nomenclatura trinomiale
Panthera pardus nimr
(Hemprich ed Ehrenberg, 1833)
Sinonimi

P. p. jarvisi Pocock, 1932

Il leopardo arabo (Panthera pardus nimr Hemprich ed Ehrenberg, 1833) è una sottospecie di leopardo originaria della Penisola Araba; con meno di 200 esemplari rimasti nel 2006, è classificato tra le specie in pericolo critico. Classificato tra le specie in pericolo nel 1994 e tra quelle in pericolo critico nel 1996, il leopardo arabo compare nell'Appendice I della CITES [2] . È la più piccola sottospecie di leopardo [3] .

Panthera pardus nimr si è affermato come sottospecie distinta dopo le analisi genetiche compiute su un esemplare in cattività originario di Israele o dell'Arabia meridionale, le quali hanno mostrato una stretta parentela con il leopardo africano [4] .

Distribuzione e biologia

Fino alla fine degli anni '60 il leopardo arabo era molto diffuso in quasi tutta la Penisola Araba. Un tempo si incontrava anche nella regione di Haqel nell'estremità settentrionale dell'Arabia, nell'Hijaz e sui Monti Sarawat [5] . Viveva anche sugli altopiani dello Yemen settentrionale, sui monti di Ras al-Khaima, nella regione orientale degli Emirati Arabi Uniti e sui Monti Jebel Samhan e Dhofar dell'Oman [5] . Il presunto areale dei leopardi in Arabia si estende lungo i monti che vanno da Haqel, nel nord-ovest dell'Arabia, allo Yemen, e che proseguono dall'Hadramawt fino al nord-est dell'Oman e ai monti orientali degli Emirati Arabi Uniti. In Arabia Saudita l'areale del leopardo si estende per circa 1700 chilometri lungo le impervie montagne aride e semi-aride che corrono lungo la costa del Mar Rosso. In passato i leopardi occupavano remote e scoscese zone di alta montagna che fornivano loro riparo e punti di osservazione. L'estensione dell'areale non è mai stata conosciuta con precisione, ma generalmente si ritiene limitata alla Penisola Araba e alla Penisola del Sinai, in Egitto. Una piccola popolazione, stimata sui 20 esemplari alla fine degli anni '70, vive anche nel Deserto del Negev, in Israele.

La popolazione più numerosa di leopardo arabo si trova nell'Oman meridionale, sulle Montagne del Dhofar. Ogni esemplare adulto ha un proprio territorio che difende con violenza dagli altri membri dello stesso sesso; comunque, il territorio di un maschio può sovrapporsi su quelli di più femmine. All'interno di questi territori i leopardi cacciano, si accoppiano e allevano i piccoli. In questi terreni aridi necessitano di territori molto estesi per trovare prede sufficienti, il che significa che perfino nel migliore dei casi la popolazione di questi animali è poco numerosa e sparsa su un vasto territorio [2] .

Descrizione

Il leopardo arabo è uno dei felini più diffusi e adattabili della Penisola Araba. Il colore di fondo del mantello varia dal giallo chiaro al giallo oro intenso o al marroncino ed è ricoperto dalle caratteristiche rosette [6] . Con un peso di circa 30 chili nei maschi e di circa 20 nelle femmine, il leopardo arabo è la più piccola tra tutte le sottospecie di leopardo, sia africane che asiatiche [7] .

Il leopardo arabo rientra in varie categorie che lo fanno classificare tra le specie in pericolo critico: il numero degli esemplari adulti, tuttora in diminuzione, è nettamente inferiore alle 250 unità, l'areale è molto frammentato e nessuna sottopopolazione isolata non comprende più di 50 esemplari adulti [7] .

Negli aridi terreni che costituiscono il loro habitat i leopardi arabi necessitano di vasti territori dove trovare cibo e acqua sufficienti per sopravvivere. Il territorio dei maschi si sovrappone spesso a quelli di una o più femmine; il padrone difende ferocemente il proprio territorio dagli intrusi di sesso maschile, sebbene talvolta anche i territori di più maschi si sovrappongano a vicenda [3] .

Nonostante occupino un proprio territorio, sia i maschi che le femmine sono animali solitari che si incontrano solamente nel periodo dell'accoppiamento; quest'ultimo, molto rumoroso, dura circa cinque giorni [8][9] . Dopo un periodo di gestazione di circa 100 giorni, in una zona riparata, come una piccola caverna o sotto uno strapiombo roccioso, la madre mette alla luce una cucciolata composta da uno a quattro piccoli [8][9] . Durante le prime settimane la femmina sposta frequentemente i piccoli da un riparo all'altro per ridurre il rischio di farli scoprire dai predatori [8] . Sebbene i piccoli aprano gli occhi dopo nove o dieci giorni ed inizino ben presto ad esplorare gli immediati dintorni [9] , non si avventurano al di fuori della tana fino ad almeno quattro settimane di vita [3] . Sono svezzati all'età di tre mesi, ma rimangono con la madre per due anni, durante i quali apprendono le tecniche per cacciare e sopravvivere da soli [3] .

Nutrizione

Il leopardo arabo cattura soprattutto prede di piccole-medie dimensioni, come gazzelle di montagna, tahr dell'Arabia, iraci delle rocce, lepri, uccelli e, forse, anche lucertole e insetti [10] . Le carcasse delle prede vengono solitamente trasportate in caverne o ripari, ma non sono mai state viste sui rami degli alberi [10] .

Minacce e conservazione

A 2006 Arabian Fauna Conservation Workshop estimated there were fewer than 200 leopards remaining on the Arabian Peninsula, in three confirmed separate subpopulations.[2] The actual distribution of the leopard in Arabia is not known exactly, mainly due to habitat destruction, killing and lack of ecological studies.[11] Some reports indicate that the leopard population has decreased drastically in Arabia due to killing by shepherds and villagers after leopard raids on their livestock making them an enemy of farmers.[11] In addition, hunting of leopard prey, such as hyrax and ibex by local; inhabitant and habitat fragmentation, especially in the Sarawat Mountains, have made the survival of the leopard uncertain.[11] The reduced leopard population in Arabia requires immediate action to avoid further losses and extinction.[12] Recent reports point out that the numbers of leopards are decreasing drastically due to killing by hunters, and habitat degradation and fragmentation.[12] Together with the killing and poisoning of the leopard, decreased availability of prey might bring about its extinction.[10] Other reasons for killing leopards are for personal satisfaction and pride, traditional medicine and hides.[11] Some leopards are killed accidentally when eating poisoned carcasses intended for wolves and hyenas.[11]

A successful conservation strategy must promote the awareness of the importance of leopard conservation, employing the media and perhaps other sources for basic education programs. The support and involvement of people living close to leopard habitats are vital in such efforts. This is true not only because they might affect the conservation of the leopard in one way or another, but also because they depend on their livestock which could be killed occasionally by leopards. Although it is not always practical, compensation for lost livestock from leopard predation should be considered.[13]

Revenue from sources such as hunting rights and ecotourism, services such as roads and school employment in protected areas would encourage local residents to participate in leopard conservation. Furthermore, well-managed protected areas will ensure the continued survival of the species until other factors enhancing its survival become effective. Public awareness, fruitful consideration of the needs of local people and ecological studies may take years to be useful.[14]

The 4,500 km2 Jabal Samhan Nature Reserve was established there in 1997 after camera trap records of leopards were obtained; camera trapping since then has identified 17 individual adult leopards, including one cub. Camera trapping has also confirmed the presence of 9-11 leopards in the mountains that run west of the reserve to the Yemen border. At least ten wild leopards were live-captured in Yemen since the early 1990s and sold to zoos; some have been placed in conservation breeding centers in the UAE and Saudi Arabia.[2] Additionally, a detailed study of leopard distribution and habitat requirement is needed for the management of the species. The ecological information needed include data on feeding behavior, range use and reproduction. This information is of great importance to the survival of the species. There are many sites already surveyed and considered to be suitable for preservation for leopards in the plan adopted by the national commission for wildlife conservation and development. These areas include Jebel Fayfa, Jebel Al-Qahar, Jebel Shada, which has already been gazetted as a protected area, Jebel Nees, Jebel Wergan, Jebel Radwa and Harrat Uwayrid. The formal establishment of some of these areas is now urgent.[2]

Il leopardo arabo (Panthera pardus nimr) è una sottospecie di leopardo più piccola dei suoi cugini di Asia ed Africa. Questa sottospecie è criticamente minacciata e le sue popolazioni sono ancora in declino. Il leopardo arabo vive in Israele, Arabia Saudita, UAE, Yemen e Oman.

Habitat e comportamento

Non si trovano leopardi in aperto deserto e nelle boscaglie, ma invece vivono sulle alte montagne dell'Arabia, dove predano capre di montagna, volpi e altri animali di montagna. Sia i maschi che le femmine adulti posseggono un proprio territorio che difendono violentemente dagli altri leopardi dello stesso sesso; comunque, il territorio di un maschio si può sovrapporre a quello di alcune femmine. All'interno di questi territori, i leopardi cacciano, si accoppiano e allevano i piccoli. Su questi terreni aridi, essi necessitano di vasti territori per trovare cibo sufficiente, il che significa che anche in tempi migliori non ci siano mai stati molti leopardi in quest'area.

Anatomia

Di colore molto chiaro, è presente solo una colorazione giallo oro intenso tra le rosette nere presenti sul dorso dell'animale, mentre il resto del corpo varia dal beige al bianco-grigiastro. Con circa 30 kg per il maschio e circa 20 kg per la femmina, il leopardo arabo è molto più piccolo della maggior parte delle razze africane e asiatiche.

Alimentazione e caccia

Dal momento che molte delle loro prede naturali, come il tahr e la gazzella di montagna, sono virtualmente estinte, i leopardi arabi hanno spesso rivolto la loro attenzione al bestiame domestico, soprattutto alle capre, per il proprio sostentamento, entrando così in diretto conflitto con l'uomo. Predano anche volpi, od ogni altro piccolo mammifero o uccello, e possono anche nutrirsi facilmente di carogne. Questi animali elusivi cacciano soprattutto verso l'alba e il crepuscolo, ma rimangono attivi per tutta la notte, mentre trascorrono le ore calde della giornata in un luogo ombreggiato da cui possano osservare l'ambiente circostante.

Popolazione

Questa sottospecie di leopardo è criticamente minacciata. Il gran numero di uccisioni da parte dei cacciatori agli inizi degli anni '90 ha innescato un progetto di conservazione, guidato dall'Arabian Leopard Trust, che aiuta a preservare l'habitat montano con tutti i suoi abitanti. In tutta la penisola arabica la loro popolazione si aggira solamente sui 100 esemplari e nessuna sottopopolazione ha più di 50 individui. Malgrado questo, il loro numero sta ancora scendendo rapidamente. Persecuzioni e uccisioni per il controllo degli animali nocivi e anche cacce continuano ancora oggi. In Israele ne vivono 15-18 in tutto il Negev e l'Arava.


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Sciacallo egiziano [15]
 
Classificazione scientifica
RegnoAnimalia
PhylumChordata
ClasseMammalia
OrdineCarnivora
FamigliaCanidae
GenereCanis
SpecieC. aureus
SottospecieC. a. lupaster
Nomenclatura trinomiale
Canis aureus lupaster
Hemprich ed Ehrenberg, 1833
Sinonimi

C. a. sacer Hemprich ed Ehrenberg, 1833

Lo sciacallo egiziano (Canis aureus lupaster Hemprich ed Ehrenberg, 1833), noto anche come sciacallo lupo, è una sottospecie di sciacallo dorato originario di Egitto e delle regioni nordafricane circostanti, ma nel post Pleistocene il suo areale comprendeva anche la Palestina [16] .

Tassonomia

 
An "Arabian wolf jackal", as photographed in Roosevelt in Africa, 1910

In passato, la questione se C. a. lupaster fosse un grosso sciacallo o un piccolo lupo è stata oggetto di numerosi dibattiti. Il primo a parlare di lupi in Egitto fu Aristotele, che li descrisse come animali più piccoli della razza greca. Georg Ebers scrisse che il lupo era uno degli animali sacri dell'Egitto, sottolineando che appartenesse ad una «varietà più piccola» di quella europea e facendo notare che il nome Lykopolis, la città dell'Antico Egitto dedicata ad Anubi, significa «città del lupo» [17] . Alcuni autori non considerano questa una prova attendibile dell'esistenza di lupi in Egitto, dato che tale nome venne conferito dai Greci e non dai fondatori egiziani [18] . Hemprich ed Ehrenberg, dopo aver notato varie somiglianze con gli sciacalli nordafricani ed i lupi, dettero alla specie il nome scientifico di Canis lupaster. Anche Thomas Henry Huxley, notando similitudini tra i crani del lupaster e dei lupi indiani, classificò questa specie come un lupo. Tuttavia, Ernst Schwarz, nel 1926, ritenne che il lupaster . Ferguson (1981) rejected this classification, and argued in favour of lupaster being a species of wolf, based on cranial measurements.[17] A comparative genetic analysis undertaken by the University of Leeds on Egyptian and Israeli jackals, as well as on wolves from Saudi Arabia and Oman, revealed that the classification of lupaster as a jackal could be valid, as there was a sequence divergence of only 4.8% between Egyptian and Israeli jackals.[19]

Description

It is a large subspecies standing some 41 cm (16 in) in shoulder-height, with a total length of about 127 cm (50 in),[20] thus exceeding the European jackal in size.[21] The skull is almost indistinguishable in size from that of the Indian Wolf, though the teeth of the Egyptian jackal are not as large.[22] The body is stoutly built, with proportionately short ears. The pelt is yellowish grey on the upper parts, and is mingled with black, which tends to collect in streaks and spots. The muzzle, the backs of the ears, and the outer surfaces of both pairs of limbs are reddish yellow, the margins of the mouth arc white, and the terminal half of the tail is darker than the back, with a black tip.[20] They do not form packs, instead being mostly found either singly or in pairs.[23]

Role in Egyptian culture

 
Life sized Anubis statue from the Tomb of Tutankhamun (Cairo Museum)

The Ancient Egyptian god of embalming, Anubis, was portrayed as a jackal-headed man, or as a jackal wearing ribbons and holding a flagellum. Anubis was always shown as a jackal or dog coloured black, the color of regeneration, death, and the night. It was also the color that the body turned during mummification. The reason for Anubis' animal model being canine is based on what the ancient Egyptians themselves observed of the creature - dogs and jackals often haunted the edges of the desert, especially near the cemeteries where the dead were buried. In fact, it is thought that the Egyptians began the practice of making elaborate graves and tombs to protect the dead from desecration by jackals. Duamutef, one of the Four Sons of Horus and a protection god of the Canopic jars, was also portrayed as having jackal-like features.

Author Michael Rice argues that the Egyptian jackal may have played a large part in the creation of Ancient Egyptian hunting hounds, pointing out how one specific breed (the Pharaoh hound), has vocalisations similar to golden jackals, including the latter species' ability to almost mimic the calls of their human masters. Among other similarities, Pharaoh hounds tend to give ritual "noddings and groanings" to people they encounter for the first time, and tend to be monogamous, and only choose to mate with members of the same breed.[18]

Descrizione

Solitamente presenta un manto grigio-beige molto sfumato o giallo sporco ed una corporatura molto esile. Si incontra molto raramente solo in aree localizzate. Pesa 10-15 kg. I naturalisti del passato, confusi dall'aspetto simile a quello del lupo arabo, ritennero che fosse imparentato con esso.[senza fonte] Attualmente non esistono leggi protettive riguardanti questo animale e le ultime stime dicono che rimangano ancora solamente 30-50 sciacalli egiziani.[senza fonte]


Ricerche e studi genetici

 
Sciacallo dorato siriano - parente stretto dello sciacallo egiziano

C. a. lupaster sembra essere la sottospecie di C. aureus di maggiori dimensioni (Ferguson, 1981). Lo sciacallo egiziano venne originariamente descritto come C. lupaster ed è più grosso, più pesante ed ha zampe più lunghe del C. aureus comune (Ferguson, 1981). Basandosi sulla forma del cranio, della mandibola e dei denti, Ferguson sostenne che questo taxon doveva essere considerato come una piccola specie di lupo del deserto. Ciò è alla base dell'errata classificazione dello sciacallo egiziano come una forma di lupo.

Soprattutto le caratteristiche del cranio e dei denti ne confermano l'appartenenza allo sciacallo dorato, nonostante la mandibola allungata e dal fondo piatto.

Una divergenza nella sequenza del 4,8% tra gli sciacalli egiziani e israeliani suggerisce che la designazione Canis aureus lupaster per gli sciacalli egiziani non è molto equilibrata. Inoltre, è stata riscontrata una certa ibridizzazione nelle popolazioni egiziane, la quale indica degli eventi di introgressione con altri sciacalli e cani inselvatichiti, o tra sciacalli e lupi grigi.

In uno studio è stata investigata la struttura genetica delle popolazioni di sciacallo dorato egiziano, la quale è stata confrontata con quella degli esemplari che vivono in Israele e con quella dei lupi dell'Arabia Saudita e dell'Oman. Le analisi tramite l'uso del citocromo b nell'mtDNA confermano che nelle popolazioni di sciacallo egiziano e di Israele non vi è alcuna variabilità genetica, ma solo dei differenti aplotipi, che indicano forse due indipendenti eventi di evoluzione a collo di bottiglia (Masters Courses in Biodiversity & Conservation, progetti egiziani).

Il lupo egiziano (Wilson & Reeder, 2005), sulla base delle ricerche del DNA, viene ora classificato come una sottospecie di sciacallo dorato e non di lupo grigio[1]. Lo sbaglio era stato causato dal caratteristico profilo da lupo grigio, con zampe lunghe ed orecchie più grandi di quelle degli altri sciacalli [2].


Mitologia

 
Raffigurazione del Dio Anubi con le sembianze dello sciacallo

Lo sciacallo dorato egiziano potrebbe essere l'animale che nella mitologia egiziana ha dato gli attributi al dio Anubi.

Anubi veniva rappresentato come un uomo con la testa di uno sciacallo dorato. Il dio-sciacallo era una delle divinità più importanti.

Lo sciacallo dorato egiziano di Anubi era di colore nero, con lunghe orecchie e muso appuntito.

Note

  1. ^ (EN) Nowell, K., Breitenmoser-Wursten, C., Breitenmoser, U. (Cat Red List Authority) & Hoffmann, M. (Global Mammal Assessment Team) 2008, Panjabi/Prove, su IUCN Red List of Threatened Species, Versione 2020.2, IUCN, 2020.
  2. ^ a b c d e Mallon, D.P., Breitenmoser, U., Ahmad Khan, J. 2008. Panthera pardus ssp. nimr. In: IUCN 2009. IUCN Red List of Threatened Species. Version 2009.2
  3. ^ a b c d Hellyer, P., Aspinall, S. (2005) The Emirates: A Natural History. Trident Press Limited, United Arab Emirates
  4. ^ Uphyrkina, O., Johnson, W. E., Quigley, H., Miquelle, D. , Marker, L., Bush, M., O'Brien, S. (2001) Phylogenetics, genome diversity and origin of modern leopard, Panthera pardus. Molecular Ecology (2001) 10: 2617–2633 download pdf.
  5. ^ a b Nader, I.A. (1989) Rare and endangered mammals of Saudi Arabia. In: Abu-Zinada, A. H., Goriup, P. D., Nader, I. A. (Eds.) Wildlife Conservation and Development in Saudi Arabia, no. 3. N.C.W.C.D. Publication, Riyadh, pp. 220–233
  6. ^ Seidensticker, J., Lumpkin, S. (1991) Great Cats. Merehurst, London.
  7. ^ a b Breitenmoser, U., Mallon, D., Breitenmoser-Würsten, C. (2006) A framework for the conservation of the Arabian leopard. Cat News Special Issue 1: 44-47.
  8. ^ a b c UAE Interact: Comprehensive news and information on the United Arab Emirates (April, 2006) http://www.uaeinteract.com/photofile/phf_arc16.asp
  9. ^ a b c Breeding Centre for Endangered Arabian Wildlife in Sharjah (April, 2006) http://www.breedingcentresharjah.com/Home.htm
  10. ^ a b c Kingdon, J. (1990) Arabian Mammals. A Natural History. Academic Press Ltd. (279pp)
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Bibliografia

  • Wilson, D. E., and Reeder, D. M. (eds) Mammal Species of the World, 3rd edition, Johns Hopkins University Press. ISBN 0-801-88221-4.
  • Field Guide to the Mammals of Egypt, A (Hoath, Richard, 2003), American University in Cairo Press, ISBN 977 424 809 0

Altri progetti

Collegamenti esterni

  • The Wild Canines of Egypt (Mark Hunter) the Feature Story.
  • Uniwersity of Leeds.Faculty of Biological sciences. Masters Courses in Biodiversity & Conservation. The distribution and abundance of golden jackels in Egypt. Abstract