Operazione Urano (in russo Операция «Уран») era il nome in codice assegnato dai sovietici alla grande offensiva di accerchiamento sferrata dall'Armata Rossa per intrappolare le forze della Wehrmacht impegnate nella regione di Stalingrado, durante la seconda guerra mondiale. Il doppio accerchiamento, conseguito dall'Armata Rossa con una gigantesca manovra a tenaglia, ebbe inizio il 19 novembre 1942 e i due attacchi si congiunsero a sud di Kalač quattro giorni dopo (23 novembre). Questa riuscita e rapidissima offensiva ebbe una funzione decisiva nel complesso di operazioni militari che prendono il nome di Battaglia di Stalingrado, segnando anche una svolta strategica irreversibile a favore dell'Unione Sovietica dell'intera guerra sul fronte orientale[2].

Operazione Urano
Voci di guerre presenti su Wikipedia
«Nello spazio di pochi giorni, dal 19 al 23 novembre 1942, l'impossibile, impensabile, l'inimmaginabile si era verificato sul fronte orientale...[1]»

La preparazione e la strategia

Situazione strategica sul fronte orientale nell'autunno 1942

La situazione strategica globale nel settore meridionale del fronte orientale (aree del Don-Volga e del Caucaso) alla metà di novembre 1942 vedeva i due raggruppamenti principali tedeschi (Gruppo d'armate B: generale Maximilian von Weichs e Gruppo d'armate A: dipendente direttamente dall'OKH e quindi da Hitler, dopo la destituzione in settembre del feldmaresciallo Wilhelm List [3]) da molte settimane praticamente fermi ed estenuati da continui combattimenti sia nella regione caucasica (battaglie di Tuapse e del fiume Terek) sia soprattutto nella regione di Stalingrado (dove la potente 6ª Armata del generale Friedrich Paulus si stava inutilmente dissanguando).

I fianchi del raggruppamento di Stalingrado, schierati lungo il corso del Don a nord e nella regione dei laghi salati a sud della città, rappresentavano aree di potenziale pericolo in vista della stagione invernale, in primo luogo per la debolezza delle armate italiane, rumene e ungheresi schierate su queste posizioni e poi per la presenza di grosse teste di ponte sovietiche a sud del fiume da cui il nemico avrebbe potuto teoricamente contrattaccare. Infatti nel mese di agosto nel corso della cosiddetta Prima battaglia difensiva del Don (20-28 agosto 1942) le forze italiane avevano dovuto cedere parecchio terreno a sud del Don a Serafimovič e Verchne Mamon, mentre altre teste di ponte erano state conquistate dai sovietici anche a Kletskaja e a Kremenskaja[4]. Dopo le difficoltà dei combattimenti d'agosto, il Corpo di spedizione italiano era stato in parte spostato più a nord nel settore del medio ed alto Don, lasciando alla fine di settembre la difesa della pericolosa area di Serafimovič e Kletskaja alle divisioni della 3ª Armata rumena, appena arrivate[5].

Effettivamente, da settembre l'Alto comando sovietico stava studiando e organizzando un vasto progetto di controffensiva globale nel settore meridionale per rovesciare la situazione complessiva e provocare una svolta decisiva nel conflitto [6].

I piani dell'Armata Rossa

In realtà Stalin già durante la famosa e burrascosa conferenza di Mosca con Winston Churchill del 12-17 agosto 1942 comunicò al Primo Ministro britannico la sua intenzione di sferrare una grande offensiva invernale e mostrò fiducia e determinazione nonostante la situazione apparentemente disperata a Stalingrado[7]; in questa fase tuttavia sembra che la pianificazione dello Stavka si limitasse a ipotizzare ed organizzare limitati contrattacchi tattici sui fianchi del raggruppamento tedesco del generale Paulus (cosiddetto kontrudar - contrattacco con obiettivi locali) e, almeno stando ai resoconti autobiografici dei principali protagonisti, fu solo durante la riunione al Cremlino del 12-13 settembre che prese forma il grande progetto di offensiva globale con obiettivi strategici[8].

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Il generale A.M.Vasilevskij, principale coordinatore dell'Operazione Urano.

In questa circostanza il generale Georgij Žukov, vice comandante in capo dell'Armata Rossa, e il generale Aleksandr Vasilevskij, capo di Stato Maggiore generale, illustrarono a Stalin i modesti risultati degli attacchi sferrati nelle settimane precedenti contro il fianco sinistro della 6ª Armata tedesca che, pur avendo intralciato il nemico, erano terminati con pesanti perdite di uomini e mezzi corazzati, e proposero "una nuova soluzione" per risolvere la situazione nel settore meridionale del fronte orientale. I due generali presentarono quindi la mattina del 13 settembre, dopo una notte passata ad analizzare le mappe e le forze di riserva disponibili insieme ai loro collaboratori, il primo schema generale di offensiva strategica contemporanea sui due fianchi del fronte dell'Asse nel settore del Don e del Volga (cosidetta kontrnastuplenie - controffensiva strategica con il coinvolgimento di tre Fronti dell'Armata Rossa) , allo scopo di sbaragliare le difese nemiche e ottenere un accerchiamento generale del raggruppamento tedesco concentrato a Stalingrado[9].

Dopo che le forze tedesche principali del Gruppo d'armate B furono in gran parte concentrate a Stalingrado, i generali Žukov e Vasilevskij e i loro collaboratori dello Stato maggiore generale (principalmente i generali Stemenko e Bokov) adottarono il piano della manovra d'accerchiamento a grande distanza dal fronte combattente di Stalingrado e quindi con la necessità di un difficile attraversamento di sorpresa del Don, per tre ragioni principali: 1) per attaccare i fronti più deboli controllati dalle truppe rumene male equipaggiate; 2) per ottenere il previsto accerchiamento di una massa molto maggiore delle forze dell'Asse e quindi raggiungere un risultato decisivo per gli equilibri futuri della guerra; 3) per rendere difficoltoso un rapido intervento delle unità meccanizzate della 6ª Armata, rimaste ancora agganciate a est del Don nei dintorni della città di Stalingrado e quindi molto lontane dai previsti assi principali di movimento delle colonne corazzate sovietiche [10][11].

Stalin, abbastanza scettico dopo tante delusioni sulle capacità del suo esercito di organizzare ed eseguire un piano così complesso e ambizioso, diede il suo consenso con riluttanza, rimase ansioso e dubbioso fino all'ultimo e, pur mettendo a disposizione le risorse necessarie e agendo con la sua nota energia per riorganizzare e potenziare le sue forze per l'imminente offensiva, organizzò nuove riunioni di pianificazione ed inviò in missione di controllo e coordinamento sui fronti coinvolti i generali Žukov, Vasilevskij e Voronov per controllare accuratamente i preparativi e sorvegliare la corretta esecuzione degli ordini[12].

Durante i mesi di settembre ed ottobre quindi i generali Žukov e Vasilevskij, insieme a numorosi collaboratori, si recarono più volte ai quartier generali del Fronte di Stalingrado (sempre al comando del generale Andrej Erëmenko) e del Fronte del Don (passato al comando del general Konstantin Rokossovskij), mentre venne organizzato (a partire dal 22 ottobre) un nuovo fronte, il Fronte Sud-Ovest, incaricato di sferrare l'attacco decisivo a partire dalle teste di ponte sul Don ed affidato al comando del giovane ed energico generale Nikolaj Vatutin. Durante questa lunga fase preparatoria il piano "Urano" (nome in codice della controffensiva) venne ulteriormente ampliato e pianificato nel dettaglio. Importati contributi alla pianificazione operativa diedero il generale Erëmenko, che aveva già autonomamente prospettato un simile progetto offensivo e che evidenziò con gli alti comandi la necessità di sferrare un attacco concentrato e potente per sfondare completamente il fronte nemico e avanzare subito in profondità con le colonne corazzate, ed anche il generale Vatutin (ex-collaboratore e uomo di fiducia di Vasilevskij), ufficiale audace e dal grande spirito offensivo[13][14].

La strategia dei generali Žukov e Vasilevskij, condivisa alla fine anche da Stalin che tuttavia rimase sempre molto preoccupato per la situazione all'interno della città di Stalingrado che sembrava sul punto di cadere in mano tedesca nel mese di ottobre, prevedeva di ridurre al minimo gli sconnessi e disorganizzati contrattacchi sferrati, a partire dai primi giorni di settembre, sui fianchi del grande saliente della 6ª Armata (che erano tutti completamente falliti anche se avevano indubbiamente dirottato parte delle forze tedesche e disturbato molto il generale Paulus e il comando tedesco), per concentrarsi invece sulla organizzazione metodica e sistematica di grandi forze offensive da impiegare in massa sui deboli fianchi del raggruppamento tedesco di Stalingrado, difesi inizialmente dalle truppe italiane, che si erano dimostrate particolarmente sensibili ai violenti attacchi delle forze sovietiche in agosto, e da ottobre affidati alle truppe rumene[15].

A questo scopo il generale Čujkov e i suoi uomini avrebbero dovuto continuare a battersi tenacemente in difesa per agganciare e logorare i tedeschi con il minimo di rinforzi e rifornimenti, sufficienti per evitare di essere schiacciati e ributtati nel Volga e per guadagnare il tempo necessario a organizzare la controffensiva strategica sovietica e a costituire le forze necessarie. In pratica la 62ª Armata avrebbe dovuto sacrificarsi quasi come esca per portare all'esaurimento la 6ª Armata tedesca, mentre le truppe sovietiche fresche avrebbero potuto essere utilizzate per costituire le riserve necessarie per la gigantesca operazione il cui obiettivo, da conseguire con una serie di offensive "planetarie" (con nomi in codice astronomici "Urano", "Saturno", "Marte", "Giove") era forse addirittura la completa distruzione del fronte dell'Asse sia a sud (Stalingrado-Caucaso) che nella regione centrale (Ržev-Vjazma)[16]

 
Il generale Konstantin Rokossovskij, comandante del Fronte del Don dal settembre 1942.

In effetti sembra che durante una nuova riunione dello Stavka con Stalin, Vasilevskij e Žukov il 26 e 27 settembre venne non solo definitivamente approvata l'operazione Urano nel settore Don-Volga, di cui venne previsto l'inizio in un primo tempo già per il 20 ottobre, ma anche una nuova grande offensiva nel settore di Ržev (cosidetta operazione Marte) con l'obiettivo in parte di attirare l'attenzione delle riserve tedesche lontano dalla regione meridionale del fronte ma in parte anche di ottenere un successo decisivo nella regione a ovest di Mosca[17]. La nuova operazione (a cui vennero assegnate forze molto ingenti) venne affidata da Stalin alla supervisione del generale Žukov, che tuttavia mantenne anche il controllo, insieme al generale Vasilevskij, della pianificazione e dell'organizzazione dell'operazione Urano. Durante le conferenze di settembre dello Stavka vennero anche discusse ulteriori grandi offensive per sfruttare i previsti successi, e quindi si ipotizzarono un piano "Saturno" per completare la disfatta tedesca nel settore meridionale (che sarebbe stato poi definito nel dettaglio tra Stalin e Vasilevskij il 27 novembre) e forse anche un piano "Giove" per ampliare l'attacco sul fronte di Ržev. L'operazione "Marte" venne inizialmente stabilita per il 12 ottobre mentre "Urano" avrebbe dovuto avere inizio il 20 ottobre, ma le grandi difficoltà e i ritardi nella costituzione delle grandi forze offensive previste fecero successivamente slittare le date delle due offensive[18].

Preparativi per l'offensiva

I preparativi per la controffensiva nel settore di Stalingrado (operazione Urano), che per le sue implicazioni strategiche ed anche politico-propagandistiche rimase l'operazione più importante dell'Armata Rossa[19], furono in effetti molto complessi, difficili e rallentati dai problemi logistici, dalle carenze organizzative sovietiche, e dalla necessità di mascherare rigorosamente al nemico le intenzioni e i preparativi in corso e quindi imposero una seri di rinvii della data di inizio. Il generale Žukov aveva in un primo tempo richiesto 45 giorni di tempo a Stalin per costituire le forze necessarie a raggiungere il successo che alla fine diventarono due mesi, da metà settembre a metà novembre, durante i quali le forze sovietiche del generale Čujkov dovettero sostenere i sanguinosi e drammatici combattimenti all'interno della città di Stalingrado[20].

Le riserve meccanizzate sovietiche vennero potenziate e modernizzate con la costituzione delle nuove armate corazzate e di numerosi corpi corazzati e meccanizzati separati, da impiegare in massa e di sorpresa al momento dell'attacco decisivo. In questa fase, la produzione bellica sovietica, grazie al decisivo apporto delle fabbriche di armamenti evacuate dalle regioni invase e trasferite al sicuro negli Urali e in Siberia, era già superiore quantitativamente, e in parte anche qualitativamente, a quella tedesca ed era molto sottovalutata dai servizi di informazioni dell'Alto comando tedesco[21]. Anche l'artiglieria, di cui venne previsto dal suo capace comandante Nikolaj Voronov un impiego massiccio per frantumare le linee avversarie, venne fortemente potenziata: l'Amministrazione Centrale dell'Artiglieria dell'Armata Rossa (il GAU) si incaricò dell'afflusso dei cannoni (oltre 9.000 in totale) ed anche di oltre 1.000 lanciarazzi Katjuša. Il trasporto di una tale quantità di armamenti e delle relative munizioni ed equipaggiamenti fu reso ancor più difficile dalla limitatezza delle vie di comunicazioni disponibili: solo tre linee ferroviarie principali erano disponibili per i trasporti, tutte e tre facenti capo ai grandi nodi di comunicazione di Saratov e Kamyšin; queste linee, coordinate dal generale P.A.Kabanov, non erano molto efficienti ed inoltre erano sottoposte ai costanti attacchi aerei della Luftwaffe.

Nonostante queste gravi difficoltà il GAU riuscì a far affluire gli armamenti e i rifornimenti necessari ed in settembre ed ottobre oltre ai cannoni e ai lanciarazzi arrivarono ai tre fronti oltre 500.000 fucili, 80.000 armi automatiche, 17.000 mitragliatrici e le munizioni d'artiglieria da 76, 85 e 122mm che resero possibile la costante crescita del cosidetto boekomplektij (il quantitativo giornaliero di proiettili autorizzato per ogni cannone). Contemporanemente continuava l'arrivo dei reparti organici assegnati di rinforzo ai tre fronti nel settore di Stalingrado: alla fine il Fronte Sud-Ovest (attivato dal 22 ottobre) ricevette cinque divisioni fucilieri, tre corpi corazzati e di cavalleria meccanizzata, una brigata corazzata, tredici reggimenti di artiglieria e sei reggimenti di lanciarazzi; il Fronte del Don tre divisioni fucilieri; il Fronte di Stalingrado due divisioni e tre brigate fucilieri, tre corpi meccanizzati, tre brigate corazzate e due reggimenti di artiglieria.

Molto difficile infine risultò l'attraversamento, da parte di queste massicce forze, del Volga e del Don per raggiungere le loro posizioni di schieramento prima dell'attacco; sul Fronte di Stalingrado del generale Erëmenko, i genieri sovietici organizzarono una serie di "zone di attraversamento" sul Volga su ponti di barche che permisero il passaggio dei soldati e dell'equipaggiamento leggero, mentre i mezzi corazzati passarono il fiume su chiatte e battelli, prevalentemente di notte fino al 15 novembre. Con questi metodi tra il 1° e il 20 novembre attraversarono il fiume 160.000 uomini, 10.000 cavalli, 430 carri armati, 6.000 cannoni e mortai, 14.000 veicoli, mentre sul Don l'Armata Rossa organizzò venti ponti mobili e ventuno traghetti per trasportare oltre il fiume nelle teste di ponte uomini e mezzi assegnati di rinforzo al Fronte Sud-Ovest ed al Fronte del Don.

Infine anche le forze aeree vennero molto rinforzate sotto la guida dei generali A.A.Novikov e G.A.Vorežekhin, nuovi comandanti dell'aviazione sovietica; la 17ª e la 2ª Armata aerea vennero assegnate al generale Vatutin, la 16ª Armata aerea al generale Rokossovskij, mentre venne molto rafforzata anche la 8ª Armata aerea dipendente dal generale Erëmenko; equipaggiate con oltre 1.100 aerei, tra cui i nuovi caccia ed aerei d'attacco al suolo, per la prima volta le forze aeree sovietiche giocarono un ruolo veramente efficace nelle operazioni.

Errori di Hitler e del comando tedesco

Hitler, l'OKW (Alto Comando della Wehrmacht) e anche l'OKH (Alto Comando dell'Esercito) decisero nell'autunno 1942, nonostante l'evoluzione strategica globale nel complesso sfavorevole al Terzo Reich, di mantenere le posizioni raggiunte sul fronte orientale e rmanere abbarbicati tenacemente a Stalingrado senza predisporre una ritirata prima dell'inverno su posizioni più arretrate e difendibili. Tale rischiosa decisione non derivò soltanto (come ha ripetuto per anni la storiografia classica occidentale fondata sulle reticenti versioni dei generali tedeschi sconfitti) dalla ostinazione hitleriana legata prevalentemente a istanze politiche, supportata dai suoi fedelissimi (Göring, Keitel, Jodl) ma anche da considerazioni geostrategiche, militari e di politica della guerra condivise, almeno in parte, da quasi tutti nell'Alto Comando Tedesco.

In dettaglio, gli elementi che spinsero il Comando supremo tedesco a mantenere le posizioni faticosamente raggiunte dentro e attorno a Stalingrado durante l'inverno furono:

  • il convincimento, diffuso tra gli esperti della Wehrmacht (il generale Halder [22], il generale Zeitzler, successore di Halder alla testa dell'OKH, e anche Paulus e Weichs, comandanti rispettivamente della 6ª Armata e del Gruppo d'Armate B) che le risorse dell'Armata Rossa, ancora efficaci in difensiva, non fossero assolutamente in grado (anche per incapacità tecnico-operativa a livello di comando e di condotta delle truppe) di architettare, organizzare e condurre una controffensiva di ampiezza strategica (concezione apparentemente confermata dai ripetuti fallimenti sovietici nelle controffensive invernali e di primavera 1941-42)[23];
  • l'affermazione (proveniente principalmente dai generali Weichs e Paulus) che le difficoltà maggiori per la 6ª Armata durante l'inverno sarebbero state principalmente di natura logistica piuttosto che operativa (da cui i notevoli sforzi di pianificazione e organizzazione portati avanti a livello di Gruppo d'armate B e di OKH per ridurre queste carenze)[24];
  • la fiducia (affermata da Göring, ma anche da un capace comandante come il generale Wolfram von Richthofen) da parte della Luftwaffe di poter rallentare e fermare con attacchi aerei l'organizzazione e la conduzione di una offensiva sovietica su grande scala;
  • il convincimento di Hitler della necessità morale e politica di una resistenza vittoriosa a Stalingrado per motivi di prestigio personale (dopo le sue ripetute affermazioni pubbliche di sicura vittoria) ma anche per mantenere la coesione delle sue alleanze (Italia e Romania in primis) e per controbilanciare a livello internazionale gli effetti deprimenti della controffensiva anglosassone in Nord Africa[25];
  • le ripetute, ottimistiche, affermazioni del Servizio Informazioni dell'OKH (guidato da un uomo di grandi capacità come Reinhard Gehlen) riguardanti l'impossibilità per i sovietici di sferrare offensive strategiche (che peraltro erano previste come principalmente dirette contro il Gruppo d'armate Centro e quindi il saliente di Ržev, ben lontano da Stalingrado[26].
 
Operazione Urano:avanzate sovietiche nel periodo 19-28 novembre 1942.

In effetti per settimane durante i mesi di settembre ed ottobre i generali Zeitzler e Gehlen mantennero un notevole ottimismo sulla situazione generale e considerarono con scetticismo le possibilità di una grande controffensiva sovietica; in particolare il generale Gehlen allertò i comandi solo su possibili attacchi di alleggerimento sul fronte di Ržev od eventualmente nel settore del medio Don difeso dall'8ª Armata italiana. Anche Hitler aveva prestato particolare attenzione fin da agosto a questo settore (temendo una attacco sovietico in direzione di Rostov e avendo scarsa fiducia sulle capacità di resisitenza delle truppe italiane) che venne quindi opportunamente rinforzato inviando a sostegno delle divisioni italiane tre divisoni di fanteria tedesche (62ª, 294ª e 298ª, inserite nelle linee secondo il concetto tattico del Führer delle cosidette "stecche di balena"[27]), di vari reparti anticarro e soprattutto della 22. Panzer-Division[28].

Solo la settimana prima dell'inizio dell'operazione Urano, il generale Gehlen, di fronte ai crescenti concentramenti nemici nel settore rumeno del Don, lanciò finalmente l'allarme sul fronte di Stalingrado, spingendo Hitler e il comando tedesco a trasferire d'urgenza dietro il fronte della 3ª Armata rumena una parte delle forze tedesche assegnate all'8ª Armata italiana, ed in particolare la 22. Panzer-Division (a partire dal 10 novembre). Paradossalmente, sembra che proprio Hitler abbia avvertito maggiormente la pericolosità della situazione, come confermato dai ripetuti ordini e appelli galvanizzatori diramati alle truppe (a partire dalla Direttiva generale n. 1 del 14 ottobre 1942) in vista di una dura battaglia difensiva invernale da condurre con tenacia e disciplina sulle posizioni raggiunte. Dopo le esperienze dell'inverno 1941-42, Hitler considerava suicida una battaglia difensiva invernale condotta in ritirata allo scoperto; considerazioni in parte confermate dall'andamento delle operazioni e dalla catastrofica ritirata invernale della ARMIR[29].

Inoltre il Führer fin dal 3 novembre aveva disposto il trasferimento della 6. Panzer-Division dalla Francia verso il fronte orientale, mentre era in studio l'invio anche della 11. e della 17. Panzer-Division dal Gruppo d'armate Centro al Gruppo d'armate B. Le deduzioni finali del generale Gehlen furono tardive, ed anche le disposizioni di Hitler non giunsero in tempo: il 19 novembre, solo la 22. Panzer-Division (non molto dotata di mezzi e piuttosto disorganizzata) era sul posto dietro il fronte rumeno inquadrata nel 48° Panzerkorps (formazione in cui il Führer aveva piena fiducia ma in realtà piuttosto debole e scarsa di carri armati), mentre le divisioni corazzate di riserva di cui era stato previsto l'arrivo erano ancora molto lontane dal fronte minacciato[30].

L'accerchiamento

Le forze sovietiche e la pianificazione finale

In sintesi il piano dell'Alto comando sovietico prevedeva di attaccare i due lati del saliente di Stalingrado, determinato dal profondo incunearsi della 6ª Armata nel fronte russo nel tentativo di raggiungere il Volga e provocare il crollo delle difese nemiche, e accerchiare il più rapidamente possibile tutte le forze dell'Asse schierate nel settore. La resistenza russa a Stalingrado, a parte gli aspetti propagandistici legati al nome della città, ebbe, quindi, due importanti conseguenze: in primo luogo, impedì alla Wehrmacht di attestarsi saldamente sul Volga, interrompendo i collegamenti sovietici con i campi petroliferi caucasici. In secondo luogo, diede allo Stavka, il tempo necessario a portare in linea forze adeguate alla grande manovra programmata.

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Il generale Nikolaj Vatutin, vigoroso condottiero del Fronte Sud-Ovest che marciò su Kalač.

Per raggiungere gli ambiziosi risultati previsti lo Stavka potenziò al massimo le forze meccanizzate destinate ad un ruolo decisivo nell'operazione. I corpi corazzati e meccanizzati vennero fatti affluire dalle riserve strategiche nelle retrovie, come il 1° e il 26° Corpo corazzato (assegnati al generale Vatutin) , o vennero freneticamente ricostituiti dopo le catastrofiche perdite estive, come il potente ed esperto 4º Corpo meccanizzato, sorto dalla trasformazione e ricostituzione del 28° Corpo corazzato distrutto a luglio ed assegnato al generale Erëmenko[31]. Queste formazioni mobili vennero equipaggiate con i moderni carri armati T-34 e riorganizzate per condurre avanzate veloci in profondità, senza attardarsi in scontri parziali e senza ricercare cariche allo scoperto contro i cannoni anticarro tedeschi. Secondo la nuova fondamentale direttiva di Stalin (appoggiata dai più esperti comandanti carristi come i generali Pavel Fëdorenko, Pavel Rotmistrov e Mikhail Katukov) sulla condotta delle operazioni con mezzi corazzati (la n. 325 dell'ottobre 1942), il compito dei nuovi corpi meccanizzati doveva consistere nello sfruttamento in profondità, alla massima velocità e alla massima distanza, degli sfondamenti ottenuti con la fanteria e l'intervento dell'artiglieria concentrata, disgregando le riserve del nemico, seminando il panico e la confusione nelle retrovie e nei comandi avversari.

Queste tattiche particolarmente spericolate avrebbero provocato forti perdite (dovendo operare così in profondità, anche isolati, nel cuore del territorio nemico, esposti a volte ai micidiali contrattacchi delle esperte Panzerdivision tedesche) e gravi difficoltà logistiche (a causa della carenza di autocarri dei sovietici), ma nel complesso risultarono efficaci e sorpresero, almeno inizialmente, i comandi e le truppe tedesche abituati alle confuse e disordinate cariche frontali allo scoperto dei corazzati e delle fanterie sovietiche.[32]

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Il generale [Andrei Erëmenko guidò il fronte di Stalingrado incontro al fronte Sud-Ovest proveniente da nord.

I concentramenti per gli attacchi avvennero a circa 200 km a nord-ovest di Stalingrado sul Fronte Sud-Ovest del generale Nikolaj Vatutin, che avrebbe sferrato la sua offensiva con la 5ª Armata corazzata e la 21ª Armata (mentre la 1ª Armata della Guardia avrebbe protetto il fianco destro contro possibili interventi dell'8ª Armata italiana), e sul Fronte del Don del generale Konstantin Rokossovskij con la 65ª, 24ª e 66ª Armata, e a 100 km a sud della città sul cosiddetto Fronte di Stalingrado (generale Andrej Erëmenko) che avrebbero attaccato con la 51ª, 57ª e 64ª Armata. Secondo i progetti definitivi elaborati dallo Stato maggiore sovietico, l'offensiva avrebbe avuto inizio prima a nord sul fronte del Don (settori dei generali Vatutin e Rokossovskij) dove le forze corazzate avrebbero dovuto percorrere una distanza maggiore (circa 120 km) e avrebbero dovuto anche attraversare il fiume prima di raggiungere l'area a sud di Kalač dove era previsto il congiungimento di tutte le forze mobili, mentre il giorno successivo sarebbe passato al'attacco a sud anche il fronte del generale Erëmenko che, dovendo avanzare per 90 km, aveva bisogno in teoria di minore tempo per raggiungere l'area a sud di Kalač[33].

Venne ripetutamente sottolineato dallo Stato maggiore sovietico e dai comandanti dei tre fronti la necessità assoluta per le forze corazzate di avanzare alla massima velocità e di dirigere risolutamente verso gli obiettivi previsti in modo da concludere l'operazione con il congiungimento dei due raggruppamenti offensivi a sud dell'ansa del Don entro il terzo o il quarto giorno dell'offensiva senza dare tempo alle forze nemiche di rischierare le riserve o di sfuggire all'accerchiamento.

Le manovre di mascheramento (Maskirovka nella terminologia dell'Armata Rossa) si rivelarono efficaci (nonostante una serie di interventi della Luftwaffe sulle linee ferroviarie, sulle colonne in avvicinamento e sui ponti sul Don e sul Volga); in particolare gli spostamenti delle fondamentali forze meccanizzate vennero effettuati nel massimo segreto, solo all'ultimo momento, nell'imminenza dell'inizio di Urano, e potenziando al massimo le misure di sicurezza e inganno. Solo pochi giorni prima dell'inizio dell'offensiva i corpi corazzati attraversarono di nascosto il Don per portarsi sulle posizioni di partenza nelle teste di ponte a sud del fiume[34].

La sorpresa ebbe successo in parte a causa anche dello scetticismo tedesco sull'abilità sovietica di portare a termine un'operazione così ambiziosa. I tedeschi, consapevoli del possibile pericolo sui fianchi, non avendo individuato in tempo la consistenza offensiva dello schieramento nemico, non valutarono correttamente l'entità della minaccia che incombeva sulle forze tedesco-rumene. In particolare non venne individuata, fino agli ultimi giorni, la presenza, nell'area di Serafimovič, della 5ª Armata corazzata del generale Pavel Romanenko, dotata di 500 carri armati - 1º e 26º Corpo corazzato - e pronta a sbucare dalla testa di ponte, nè venne ipotizzata, fino al giorno prima dell'attacco, una possible doppia manovra d'accerchiamento nemica[35][36][37]. Nel complesso avrebbero preso parte all'operazione oltre 1 milione di soldati sovietici, circa 1500 carri armati (quattro corpi corazzati - 1º, 26º, 4º, 16º, tre corpi meccanizzati - 1º della Guardia, 13º e 4º, e due corpi di cavalleria, 8° e 3° della Guardia), 13.000 cannoni e 1.100 aerei[38]

Le difese tedesco-rumene

I punti d'attacco principali scelti dall'Alto comando sovietico offrivano le maggiori probabilità di ottenere risultati positivi: i tratti di fronte attaccati, posizionati ai due lati dal raggruppamento tedesco impegnato nell'area di Stalingrado (6ª Armata e parte della 4ª Armata corazzata - 4. Panzerarmee) erano difesi dal mese di ottobre dalle due armate rumene impiegate sul fronte orientale: a nord (sulla linea del Don) la 3ª Armata rumena (con sulla sua sinistra l'ARMIR italiano) sarebbe stata attaccata dalle forze del Fronte Sud-Ovest del generale Vatutin e da parte del Fronte del Don del generale Rokossovskij; a sud della città sul Volga (nella regione dei laghi salati Tsatsa e Barmanšak) la ancor più debole 4ª Armata rumena avrebbe subito l'attacco delle armate del Fronte di Stalingrado del generale Eremenko. Più difficile sarebbe risultato invece il compito delle forze principali del Fronte del Don che dovevano passare all'offensiva nel settore del Don sulla destra dei rumeni difeso dal molto più solido 11° Corpo d'armata tedesco (generale Strecker) e nel cosidetto "istmo", l'area compresa tra il corso parallelo verso sud del Don e del Volga, difeso dalle due divisioni fanteria dell'8° Corpo d'armata tedesco (generale Heitz), formazioni appartenenti all'ala sinistra della 6ª Armata.

 
Soldati rumeni sul fronte orientale.

La 3ª Armata rumena, al comando del generale Dumitrescu, difendeva, dopo aver in parte sostituito i reparti italiani spostati più a nord, il pericoloso settore del Don con le teste di ponte sovietiche di Serafimovič e Kletskaja con otto divisioni di fanteria e due divisioni di cavalleria divise in quattro corpi d'armata (1°, 2°, 4° e 5°); l'armata era schierata lungo una linea di fortificazioni campali con scarse riserve tattiche e con limitate difese anticarro, erano disponibili solo 60 cannoni anticarro da 75mm potenzialmente efficaci contro i carri armati medi e pesanti sovietici[39]. La 4ª Armata rumena del generale Constantinescu era stata appena costituita in previsione di inserirla, dopo la conquista di Stalingrado, nel nuovo "Gruppo d'armate tedesco-rumeno del Don" al comando nominale del dittatore rumeno generale Ion Antonescu di cui era in corso l'organizzazione. Questa formazione disponeva nel settore dei laghi salati di cinque divisioni fanteria e due divisioni cavalleria divise in due corpi d'armata (6° e 7°), le difese erano deboli ed erano disponibili solo 34 cannoni anticarro da 75mm. Nel complesso si trattava di reparti dalla buona combattività, ma modestamente equipaggiati, dal morale non del tutto saldo a causa anche dei rapporti non molto solidi di questi contingenti "satelliti" con i reparti tedeschi teoricamente in "fratellanza d'armi"[40]. Nell'attacco sovietico vennero anche coinvolte le tre divisioni di fanteria del 11° Corpo d'armata tedesco (44ª, 376ª e 384ª Divisione fanteria) che difendevano il corso del Don a est di Kletskaja, e le due divisioni (76ª e 113ª Divisione fanteria) del 8° Corpo d'armata tedesco che sbarravano, sull'ala sinistra della 6ª Armata, il terreno compreso tra il Volga e il Don, che vennero attaccate dalle armate del Fronte del Don del generale Rokossovskij; mentre alla sinistra della 3ª Armata rumena erano schierate le forze del 17° Corpo d'armata tedesco (generale Karl Hollidt), dipendente dall'8ª Armata italiana, con le divisioni Pasubio e Sforzesca e la 62ª Divisione fanteria tedesca.

Infine, le riserve mobili tedesche, affrettatamente costituite nella seconda settimana di novembre di fronte alla crescente minaccia nemica nel settore (finalmente identificata dal servizio informazioni della Wehrmacht) richiamando alcuni reparti da Stalingrado (elementi meccanizzati della 14. Panzer-Division) e trasferendo d'urgenza le formazioni corazzate stanziate dietro il fronte dell'8ª Armata italiana (22. Panzer-Division), erano assolutamente insufficienti[41]. Si trattava del 48º Panzerkorps del generale Ferdinand Heim con circa 200 carri armati tedeschi e rumeni (14. e 22. Panzer-Division - 84 panzer in totale - e 1ª Divisione corazzata rumena - 108 carri armati di origine prevalentemente ceca) e di una serie di reparti improvvisati anticarro e panzerjäger (semoventi cacciacarri) raggruppati nel kampfgruppe Simons. Nelle retrovie del fronte rumeno e fino alla regione dell'ansa del Don erano presenti numerose formazioni logistiche e amministrative tedesche che potevano all'occorrenza organizzare reparti difensivi di blocco. La maggior parte dei carri della 6ª Armata (14° Panzerkorps del generale Hans Hube con 252 carri armati) erano rimasti a est del Don impegnati direttamente a Stalingrado, ed anche il trasferimento sul Don della ben equipaggiata 29. Divisione motorizzata non venne autorizzato dall'alto comando tedesco ancora non del tutto consapevole della minaccia nemica[42].

Ordine di battaglia

Ordine di battaglia dell'Armata Rossa nel settore meridionale del fronte orientale il 19 novembre 1942 (operazione Urano)[43]
  • 1ª Armata della Guardia (generale D.D. Leljušenko)
    • 1ª Divisione di fucilieri
    • 153ª Divisione di fucilieri
    • 197ª Divisione di fucilieri
    • 203ª Divisione di fucilieri
    • 266ª Divisione di fucilieri
    • 278ª Divisione di fucilieri
  • 1º Corpo meccanizzato della Guardia (generale S. Russjanov)
    • 1ª Brigata meccanizzata della Guardia
    • 2ª Brigata meccanizzata della Guardia
    • 3ª Brigata meccanizzata della Guardia
  • 5ª Armata carri (generale Pavel L. Romanenko)
    • 14ª Divisione di fucilieri della Guardia
    • 47ª Divisione di fucilieri della Guardia
    • 50ª Divisione di fucilieri della Guardia
    • 119ª Divisione di fucilieri della Guardia
    • 159ª Divisione di fucilieri della Guardia
    • 346ª Divisione di fucilieri della Guardia
  • 1º Corpo carri (generale V.V. Butkov)
    • 89ª Brigata carri
    • 117ª Brigata carri
    • 159ª Brigata carri
    • 44ª Brigata motorizzata
  • 26º Corpo carri (generale A.G. Rodin)
    • 19ª Brigata carri
    • 157ª Brigata carri
    • 216ª Brigata carri
    • 14ª Brigata motorizzata
  • 8º Corpo di cavalleria (generale Borisiv)
  • 21ª Armata (generale I.M. Čistjakov)
    • 63ª Divisione di fucilieri
    • 76ª Divisione di fucilieri
    • 96ª Divisione di fucilieri
    • 277ª Divisione di fucilieri
    • 293ª Divisione di fucilieri
    • 333ª Divisione di fucilieri
  • 4º Corpo carri (generale A.G. Kravčenko)
    • 45ª Brigata carri
    • 47ª Brigata carri
    • 102ª Brigata carri
    • 4ª Brigata motorizzata
  • 3º Corpo di cavalleria della Guardia (generale I.A. Pliev)
    • 5ª Divisione di cavalleria
    • 32ª Divisione di cavalleria
    • 6ª Divisione di cavalleria della Guardia
  • 66ª Armata (generale A.S. Žadov)
    • 64ª Divisione di fucilieri
    • 99ª Divisione di fucilieri
    • 116ª Divisione di fucilieri
    • 226ª Divisione di fucilieri
    • 299ª Divisione di fucilieri
    • 343ª Divisione di fucilieri
    • 58ª Brigata carri
  • 24ª Armata (generale I.V. Galanin)
    • 49ª Divisione di fucilieri
    • 84ª Divisione di fucilieri
    • 120ª Divisione di fucilieri
    • 173ª Divisione di fucilieri
    • 233ª Divisione di fucilieri
    • 260ª Divisione di fucilieri
    • 273ª Divisione di fucilieri
    • 10ª Brigata carri
  • 16º Corpo carri (generale M. Pavelkin)
    • 107ª Brigata carri
    • 109ª Brigata carri
    • 164ª Brigata carri
    • 15ª Brigata motorizzata
  • 65ª Armata (generale P.I. Batov)
    • 4ª Divisione di fucilieri della Guardia
    • 27ª Divisione di fucilieri della Guardia
    • 40ª Divisione di fucilieri della Guardia
    • 23ª Divisione di fucilieri
    • 24ª Divisione di fucilieri
    • 252ª Divisione di fucilieri
    • 258ª Divisione di fucilieri
    • 304ª Divisione di fucilieri
    • 321ª Divisione di fucilieri
    • 121ª Brigata carri
  • 64ª Armata (generale M.S. Sumilov)
    • 36ª Divisione di fucilieri della Guardia
    • 29ª Divisione di fucilieri
    • 38ª Divisione di fucilieri
    • 157ª Divisione di fucilieri
    • 204ª Divisione di fucilieri
    • 154ª Brigata fanteria di marina
    • 13ª Brigata carri
    • 56ª Brigata carri
  • 57ª Armata (generale Fëdor I. Tolbuchin)
    • 169ª Divisione di fucilieri
    • 422ª Divisione di fucilieri
    • 90ª Brigata carri
    • 235ª Brigata carri
  • 13º Corpo meccanizzato (generale T.T. Tanaščšin)
    • 17ª Brigata meccanizzata
    • 61ª Brigata meccanizzata
    • 62ª Brigata meccanizzata
    • 13ª Brigata carri
  • 51ª Armata (generale N.I. Trufanov)
    • 15ª Divisione di fucilieri della Guardia
    • 91ª Divisione di fucilieri
    • 126ª Divisione di fucilieri
    • 302ª Divisione di fucilieri
    • 254ª Brigata carri
  • 4º Corpo meccanizzato (generale V.T. Volskij)
    • 36ª Brigata meccanizzata
    • 59ª Brigata meccanizzata
    • 60ª Brigata meccanizzata
  • 4º Corpo di cavalleria (generale Šapkin)

Riserve del fronte di Stalingrado:

  • 330ª Divisione di fucilieri
  • 85ª Brigata carri
Ordine di battaglia delle forze dell'Asse nel settore di Stalingrado (19 novembre 1942)[44]
  • I Corpo d'armata
      • 7ª Divisione fanteria rumena
      • 11ª Divisione fanteria rumena
  • II Corpo d'armata
      • 9ª Divisione fanteria rumena
      • 14ª Divisione fanteria rumena
      • 7ª Divisione cavalleria rumena
  • V Corpo d'armata
      • 5ª Divisione fanteria rumena
      • 6ª Divisione fanteria rumena
  • IV Corpo d'armata
      • 13ª Divisione fanteria rumena
      • 15ª Divisione fanteria rumena
      • 1ª Divisione cavalleria rumena


  • XI Armee-Korps (tenente generale Karl Strecker)
      • 44. Infanterie-Division (generale Deboi)
      • 376. Infanterie-Division (generale Edler von Daniels)
      • 384. Infanterie-Division (generale von Gablenz)
  • VIII Armee-Korps (generale d'artiglieria Walter Heitz)
      • 76. Infanterie-Division (generale Rodenburg)
      • 113. Infanterie-Division (generale Sixt von Arnim)
  • XIV Panzerkorps (generale delle Panzertruppen Hans Hube)
      • 16. Panzer-Division (generale Angern)
      • 60. Infanterie-Division (Mot) (generale Kohlermann)
      • 3. Infanterie-Division (Mot) (generale Schlömer)
      • 94. Infanterie-Division (generale Pfeiffer)
  • LI Armee-Korps (generale d'artiglieria Walther von Seydlitz-Kurzbach)
      • 71. Infanterie-Division (generale von Hartmann)
      • 79. Infanterie-Division (generale von Schwerin)
      • 100. Jäger-Division (generale Sanne)
      • 295. Infanterie-Division (generale Korfes)
      • 305. Infanterie-Division (generale Steinmetz)
      • 389. Infanterie-Division (generale Magnus)
      • 24. Panzer-Division (generale von Lenski)


  • IV Armee-Korps (generale del genio Erwin Jaenecke)
      • 297. Infanterie-Division (generale Pfeffer)
      • 371. Infanterie-Division (generale Stempel)
      • 20ª Divisione fanteria rumena
      • 16. Infanterie-Division (Mot) (generale Graf von Schwerin)
      • 29. Infanterie-Division (Mot) (generale Leyser)


  • VI Corpo d'armata
      • 1ª Divisione fanteria rumena
      • 2ª Divisione fanteria rumena
      • 4ª Divisione fanteria rumena
      • 18ª Divisione fanteria rumena
  • VII Corpo d'armata
      • 5ª Divisione cavalleria rumena
      • 8ª Divisione cavalleria rumena


  • XXXXVIII Panzerkorps (generale delle Panzertruppen Ferdinand Heim)
      • 14. Panzer-Division (generale Lattmann)
      • 22. Panzer-Division (generale Rodt)
      • 1ª Divisione corazzata rumena (generale Radu)

L'offensiva sul fronte del Don

Dopo un nuovo rinvio il 9 novembre, si tenne il 13 novembre un'ultima riunione alla presenza di Stalin in cui vennero chiariti gli ultimi dettagli; Žukov e Vasilevskij presentarono un rapporto definitivo evidenziando i notevoli risultati raggiunti nell'organizzazione e nello schieramento delle forze, e manifestarono ottimismo sulla riuscita dell'operazione. Stalin, pur irritato dai rinvii dell'attacco e preoccupato per la situazione a Stalingrado, finì per approvare le proposte dei due generali e la conferenza si concluse positivamente[45]. Stalin quindi, dopo un ultima controversia il 17 novembre a seguito del pessimismo manifestato in un primo momento dal generale V.T.Volskij (comandante del 4° Corpo meccanzzato), diede via libera ai piani dello Stato maggiore generale: venne deciso il 19 novembre come giorno dell'inizio dell'operazione Urano e il generale Vasilevskij, che aveva dato prova di calma, preparazione ed efficienza, venne incaricato dal dittatore di coordinare sul posto i tre fronti dei generali Vatutin, Erëmenko e Rokossovskij[46]. Nei giorni successivi quindi Vasilevskij si spostò ripetutamente nei vari comandi avanzati sul fronte per sollecitare la massima velocità ed efficienza delle operazioni, mentre, contrariamente ad una tradizione storiografica, nella fase operativa il ruolo di Žukov, importantissimo riguardo alla parte ideativa e organizzativa dell'operazione Urano, divenne minimo, dato che il generale venne dirottato da Stalin sul fronte di Ržev per organizzare e condurre l'operazione Marte che avrebbe avuto inizio il 25 novembre e sarebbe terminata ai primi di dicembre con un costoso fallimento[47].

L'attacco, confermato definitivamente dall'Alto comando sovietico con la comunicazione della parola in codice "sirena", scattò alle 07.20 del 19 novembre 1942 sul fronte del Don, dove i sovietici disponevano delle grosse teste di ponte di Serafimovič e Kletskaja, con una preparazione d'artiglieria con 3.500 pezzi che però a causa della scarsa visibilità provocata dalla fitta nebbia non ottenne tutti i risultati previsti, mentre anche l'aviazione sovietica dovette rinviare i suoi interventi alla tarda mattinata. Dopo circa 80 minuti di fuoco le fanterie russe della 5ª Armata corazzata del generale Romanenko e della 21ª Armata del generale Cistyakov (appartenti al Fronte Sud-Ovest), con il morale molto alto, sferrarono, con il sostegno dei carri armati, l'attacco con grande energia, ma i rumeni, pur scossi dall'imprevista violenza dell'offensiva, inizialmente si batterono bene[48] . Dopo aver superato facilmente la prima linea difensiva, i soldati sovietici subirono forti perdite sulla posizione di resistenza principale nemica, mentre anche le postazioni dell'artiglieria tedesco-rumena, solo in parte neutralizzate dal fuoco dei cannoni sovietici, intervennero con efficacia[49].

Nelle prime ore quindi le divisioni di fucilieri sovietiche del Fronte Sud-Ovest del generale Vatutin, ebbero notevoli difficoltà e solo la 47ª Divisione fucilieri della Guardia nel settore di Serafimovič e la 293ª Divisione fucilieri in quello di Kletskaja, riuscirono ad avanzare di 2-3 km, mentre le altre divisioni d'assalto della 5ª Armata corazzata (119ª e 124ª Divisione fucilieri) e della 21ª Armata (63ª, 65ª e 96ª Divisione fucilieri) fecero pochi progressi. Nel settore della 65ª Armata del generale Batov, appartenente al Fronte del Don del generale Rokossovskij, attaccarono la 304ª e la 76ª Divisione fucilieri ed ottennero qualche successo avanzando in serata di 3-5 km, nonostante l'aspra resistenza della 1ª Divisione cavalleria rumena e le difficoltà del terreno irregolare. Di fronte alle difficoltà superiori al previsto per sfondare in profondità le linee rumene, il generale Vatutin decise, per accelerare i tempi e risolvere in modo decisivo la situazione, di anticipare a mezzogiorno l'intervento in massa delle sue riserve corazzate, destinate originariamente ad entrare in campo solo dopo il completo superamento delle difese nemiche.[50].

L'intervento in massa dei corpi corazzati, a partire dalle ore 12.00, ebbe un effetto decisivo: dalla testa di ponte di Serafimovič avanzarono in colonne compatte i carri armati della 5ª Armata corazzata del generale Romanenko (circa 500 mezzi corazzati in totale[51]). Il 1° Corpo corazzato del generale V.V. Butkov, impegnato nel settore della 47ª Divisione fucilieri della Guardia, ebbe qualche difficoltà nel settore di Blinovskij e solo alle ore 14.00 raggiunse le linee nemiche e superò la resistenza della 9ª Divisione fanteria rumena avanzando di 4-5 km entro la serata, subito seguito dall'8° Corpo di cavalleria del generale Borisiv che copriva il fianco destro; mentre il 26° Corpo corazzato del generale A.G.Rodin, sempre appartenente alla 5ª Armata corazzata, attaccò nel settore della 119ª e 124ª Divisione fanteria, e, diviso in quattro colonne, travolse la 14ª Divisione fanteria rumena, proseguendo in avanti per oltre 25 km e raggiungendo il terreno libero alle spalle delle linee difensive nemiche ormai distrutte[52].

Nella testa di ponte di Kletskaja la 21ª Armata del generale Cistyakov alle ore 12.00 portò avanti, nel settore della 76ª e 293ª Divisione fucilieri, le sue forze mobili: il 4° Corpo corazzato del generale A.G. Kravčenko avanzò in due colonne che sbaragliarono rapidamente la 13ª Divisione fanteria rumena e marciarono subito in profondità. La colonna di sinistra avanzò di oltre 30 km e quella di destra di 10 km, subito seguita dai reparti mobili del 3° Corpo di cavalleria della Guardia del generale I.Pliev[53]. Alla fine del 19 novembre quindi i corpi corazzati sovietici del generale Vatutin avevano superato le difese organizzate rumene sia a Serafimovič che a Kletskaja e avevano aperto ampie brecce dopo aver distrutto tre divisioni nemiche. Durante la notte queste formazioni corazzate, sollecitati dai loro comandanti a non fermarsi e a proseguire, continuarono ad avanzare a fari accesi in profondità, senza curarsi della scarsa visibilità, del clima e delle pericolose insidie del terreno solcato dalle profonde e invisibili balkas[54]. Nonostante alcuni incidenti, i carristi sovietici mostrarono grande slancio e nella mattinata del 20 novembre sia le unità meccanizzate della 5ª Armata corazzata (1° e 26° Corpo corazzato e 8° Corpo di cavalleria) sia quelle della 21ª Armata (4° Corpo corazzato e 3° Corpo di cavalleria della Guardia) stavano ormai dilagando in modo compatto, travolgendo le retrovie tedesco-rumene e seminando il panico nei comandi e negli improvvisati reparti di blocco affrettatamente costituiti dai tedeschi[55].

Fallimento dei contrattacchi tedeschi e crollo dei rumeni

Le prime notizie dell'inizio dell'offensiva sovietica sul Don vennero inizialmente sottovalutate dal comando della 6ª Armata che infatti non interruppe i suoi costosi attacchi nelle rovine di Stalingrado, mentre allarmarono subito, anche per le notizie confuse provenienti dal comando rumeno, il Gruppo d'armate B che alle ore 9.30 attivò le riserve corazzate ordinando al generale Heim di dirigere con il suo 48° Panzerkorps (già in stato d'allarme dall'alba) verso la testa di ponte di Kletskaja dove sembrava di aver individuato il centro di gravità dell'attacco nemico. Scarsamente sostenute dalla Luftwaffe che non potè intervenire in forze a causa del maltempo, le riserve mobili tedesco-rumene (ridotte alla 22. Panzer-Division del generale Eberhard Rodt ed alla 1ª Divisione corazzata rumena, dato che la 14. Panzer-Division del generale Martin Lattmann venne subito tolta al generale Heim ed assegnata all'11° Corpo d'armata del generale Strecker) poco dopo le ore 11.00 ricevettero nuovi ordini, provenienti direttamente dall'OKH e da Hitler che ordinavano di cambiare direzione e avanzare verso nord-ovest per contrattaccare le forze nemiche che sembravano progredire pericolosamente dalla testa di ponte di Serafimovič[56].

Tuttavia il 48º Panzerkorps del generale Heim, su cui Hitler aveva puntato tutte le sue speranze di arrestare l'offensiva sovietica, effettuando questo cambio di direzione, si disgregò durante la notte del 19 novembre nell'oscurità per carenza di collegamenti e comunicazioni e il suo elemento corazzato di punta (il Panzer-regiment 204 della 22. Panzer-Division, guidato dal capace colonnello Oppeln-Bronikowski[57]) incappò alla cieca, nelle vicinanze di Petcjanij e Ust-Metvedevskij, nelle colonne corazzate sovietiche del 1° Corpo corazzato del generale Butkov in rapida progressione, finendo, nonostante la coraggiosa resistenza e le perdite inflitte ai carri armati nemici[58], per ripiegare il 20 novembre verso sud dopo aver rischiato di essere circondato dalle numerose colonne corazzate nemiche che avanzavano alle sue spalle.[59] Ancor peggiore fu il destino della 1ª Divisione corazzata rumena del generale Radu che, priva di collegamenti con la 22. Panzer-Division, avanzò isolata verso nord in mezzo alle colonne meccanizzate sovietiche e durante la notte venne individuata, accerchiata e quasi distrutta dalle unità del 26° Corpo corazzato del generale Rodin che progredivano velocemente verso sud[60].

I reparti corazzati sovietici, senza lasciarsi agganciare e arrestare dai pochi carri armati tedeschi o rumeni disponibili (la 14. Panzer-Division entrò in combattimento a Verkhne Buzinovka con 36 carri, la 22. Panzer-Division impegnò a Petcjanij 38 carri armati[61][62]), affrontarono con solo una parte delle loro forze le riserve nemiche, mentre altre colonne le superarono e aggirarono, minacciando le loro comunicazioni[63]. La caratteristica fondamentale dell'attacco fu quindi la straordinaria velocità e potenza della progressione delle colonne corazzate sovietiche sul fronte del generale Vatutin che il mattino del 20 novembre erano già nelle vicinanze del Kurtlak a Perelazovskij (26° Corpo corazzato), e del Krepkaja a Manojlin (4° Corpo corazzato)[64], dopo aver superato la resistenza delle riserve mobili tedesche e rumene del 48° Panzerkorps che stavano ripiegando con gravi perdite verso il Čir.

Durante la giornata del 20 novembre crollarono definitivamente le difese tedesco-rumene sul Don: la 7ª Divisione di cavalleria rumena che tentava di contrattaccare a nord di Pronin, venne sorpresa dalle colonne corazzate sovietiche e dovette battere in ritirata insieme alla 9ª e 11ª Divisione fanteria, mentre tre divisioni rumene (5ª, 6ª e 15ª Divisione fanteria) ed i resti di altre due (12ª e 14ª Divisione fanteria) vennero accerchiate nella sacca di Raspopinskiaja dalla manovra a tenaglia completata dalle 119ª e 124ª Divisione fucilieri della 5ª Armata corazzata e dalla 293ª e 76ª Divisione fucilieri della 21ª Armata[65]. Le forze rumene accerchiate, al comando dell'energico generale Mihail Laskar, organizzarono la resistenza e si batterono con ostinazione respingendo i primi attacchi nemici, ma la loro situazione era senza speranza in mancanza di aiuti dall'esterno[66].

Nel frattempo anche le forze della 1ª Armata della Guardia del generale Leljušenko entrarono in azione, coprendo efficacemente il fianco destro delle forze mobili della 5ª Armata corazzata che nel corso della giornata proseguirono con pieno successo la loro marcia in profondità. Il 26° Corpo corazzato del generale Rodin sbucò di sorpresa a Perelazovskij, travolse completamente il quartier generale del 4° e del 5° Corpo d'armata e quindì avanzò ancora verso Ostrov, a pochi chilometri dal Don, mentre il 4° Corpo corazzato del generale Kravčenko, dopo aver conquistato Manojlin, ebbe alcuni grossi scontri contro le riserve tedesche ma riuscì ugualmente a conquistare, in cooperazione con il 3° Corpo di cavalleria della Guardia del generale Pliev, Verkhne Buzinovka[67].

Avanzata sovietica verso Kalač

Mentre le forze mobili del Fronte Sud-Ovest del generale Vatutin sbaragliavano le divisioni rumene e avanzavano in profondità fin dal primo giorno, molto più difficile si presentava la situazione per i sovietici nel settore del Fronte del Don del generale Rokossovskij; di fronte alle solide difese delle divisioni tedesche dell'11° e del 8° Corpo d'armata, i progressi furono limitati e le perdite pesanti. La 65ª Armata del generale Batov avanzò per alcuni chilometri nel settore difeso dalla 1ª Divisione cavalleria rumena, ma non riuscì, a causa dell'aspra resistenza dell'11° Corpo d'armata del generale Strecker (sostenuto anche da reparti meccanizzati della 14. Panzer-Division), a progredire verso la cittadina di Vertjacij dove i tedeschi avevano costruito un importante ponte sul Don, mentre la 24ª Armata del generale Galanin, che doveva attaccare lungo la riva sinistra del fiume per cercare di tagliare fuori a ovest del Don le truppe del generale Strecker, nonostante l'intervento del 16° Corpo corazzato, venne subito bloccata. Inoltre anche la 66ª Armata del generale Žadov, che doveva sferrare un'attacco diversivo nell'istmo Don-Volga, non fece alcun progresso contro le due divisioni dell'8° Corpo d'armata tedesco del generale Heitz[68].

Peraltro il 20 e il 21 novembre la situazione dell'11° Corpo d'armata tedesco si aggravò considerevolmente; le truppe del generale Strecker difesero ostinatamente le loro posizioni ma vennero minacciate sul loro fianco sinistro dall'avanzata delle colonne corazzate sovietiche del generale Vatutin (3° Corpo di cavalleria della Guardia e 4° Corpo corazzato) che avevano respinto la 14. Panzer-Division, e quindi dovettero iniziare a ripiegare con difficoltà verso sud-est in direzione del ponte di Vertjacij per mantenere la coesione e non perdere il contatto con il grosso della 6ª Armata schierato ad est del Don[69].

Nella tarda serata del 19 novembre il generale von Weichs, comandante del Gruppo d'armate B, aveva avvertito finalmente il generale Paulus della difficile situazione sul Don e del crollo dei rumeni; a causa dei questi inattesi sviluppi quindi la 6ª Armata doveva sospendere subito ogni attacco a Stalingrado e disimpegnare forze mobili da inviare a ovest del fiume per coprirsi le spalle e frenare la marcia del nemico che minacciava le retrovie e le comunicazioni dell'armata[70]. Il 14° Panzerkorps del generale Hans Hube quindi raggruppò la 16. Panzer-Division e la 24. Panzer-Division (equipaggiate in due di soli 86 panzer[71]) e si diresse verso il ponte di Vertjacij per attraversare il fiume ed intervenire a sostegno del 11° Corpo d'armata. Rallentate dalle difficoltà logistiche e dalle carenze di carburante, le divisioni del generale Hube entrarono in azione con grave ritardo e nei giorni seguenti dissiparono le loro deboli forze in un settore secondario, senza riuscire ad ottenere alcun risultato di rilevo e senza poter intervenire contro la molto più pericolosa avanzata dei carri armati sovietici dei generali Rodin e Kravčenko in direzione di Kalač[72].

Il 21 novembre, mentre il 1º Corpo corazzato e l'8° Corpo di cavalleria inseguivano i resti della 22. Panzer-Division verso il fiume Čir, gli altri due corpi corazzati sovietici del Fronte Sud-Ovest (4º e 26º Corpo corazzato), dopo aver conquistato Perelazovskij e Verkhne Buzinovka, aver travolto la 1ª Divisione corazzata rumena e respinto verso est la 14. Panzer-Division, erano già pericolosamente vicini, dopo una rapida avanzata verso sud-est, ai ponti sul Don e, coperti sul fianco sinistro dal 3° Corpo cavalleria della Guardia, addirittura minacciavano il Posto comando tattico della 6ª Armata del generale Paulus a Golubinskij. Il generale e il suo Quartier generale, colti di sorpresa dalla comparsa dei carri armati nemici del 4° Corpo corazzato del generale Kravčenko, si affrettarono a trasferirsi a Gumrak, ad est del Don.[67]. Nella notte, dopo aver avuto notizia dei successi del Fronte Sud-ovest, il generale Vasilevskij potè inviare a Stalin un rapporto ottimistico sui favorevoli sviluppi della situazione[67].

File:Uran2.jpg
Le colonne corazzate russe sono inarrestabili.

Il 22 novembre, in circostanze particolarmente confuse (i carri armati sovietici vennero scambiati nella notte dai posti di guardia al ponte di Kalač per colonne meccanizzate tedesche in addestramento [73]) le truppe corazzate sovietiche del 26º Corpo corazzato del generale Andrei Rodin conquistavano con un colpo di mano il fondamentale ponte di Kalač, attraversavano il Don, respingevano i tentativi tedeschi di contrattacco e progredivano a sud del fiume per ricongiungersi con le colonne russe del Fronte di Stalingrado del generale Erëmenko [74].

L'attacco a sud di Stalingrado

Mentre il generale Vatutin proseguiva la sua avanzata a valanga verso sud, a partire dal 20 novembre anche il fronte del generale Erëmenko aveva sferrato la sua offensiva con un devastante bombardamento di artiglieria [75]. In questo settore la resistenza rumena fu ancor più debole e, nonostante le difficoltà meteorologiche legate alla nebbia, il fronte venne rapidamente travolto; il 4º Corpo meccanizzato sovietico (punta di diamante della forza di sfondamento mobile del generale Erëmenko e reparto corazzato più potente dell'intero schieramento sovietico[76]) venne gettato nel varco e, nonostante alcune incertezze e timori del suo comandante, generale V.T.Volskij, travolse definitivamente le difese nemiche puntando verso ovest in direzione del Don e delle importanti stazioni ferroviarie di Abganerovo e Krivomužinskaja.

Anche in questo settore i tentativi di contrattacco tedeschi, localmente efficaci [77](intervento della 29. Divisione motorizzata del generale Leyser), non riuscirono a fermare la punta meccanizzata più pericolosa (quella del 4º Corpo meccanizzato) e quindi non ottennero alcun risultato decisivo (forse anche per una inesatta percezione a livello soprattutto di comando della 6ª Armata, dei veri obiettivi delle irruzioni sovietiche [78]).

Mentre si svolgeva la forsennata marcia dei corpi meccanizzati di Vatutin e Erëmenko, il più debole Fronte del Don del generale Rokossovskij aveva continuato i suoi attacchi in direzione di Vertjacij e nel corridoio Don-Volga, guadagnando parecchio terreno ma senza riuscire a impedire la ritirata (abbastanza caotica) delle truppe tedesche a est del Don.

La chiusura della tenaglia

Il giorno decisivo fu il 23 novembre: nel primo pomeriggio, guidati da razzi di segnalazione di colore verde, le colonne corazzate sovietiche provenienti da nord (fronte di Vatutin, 26º e 4º Corpo corazzato) e da sud (fronte di Erëmenko, 4º e 13º Corpo meccanizzato) si congiungevano nella località di Sovietskij a sud del Don alcuni chilometri a sud-est di Kalač [79]. L'evento fu così subitaneo e rapido da non dar tempo neppure alle compagnie di propaganda sovietiche di filmare le scene di esultanza tra i carristi con i festosi scambi di vodka e salsicce [80][81](la scena verrà ripetuta più tardi a scopo propagandistico con l'aggiunta della solita eccessiva enfasi retorica di questo tipo di documentazioni cinematografiche[82]).

Completamente inefficace risultò il tardivo e disorganizzato intervento degli elementi mobili della 6ª Armata al comando del generale Hube, disimpegnati affrettatamente da Stalingrado: mentre la 16. Panzer-Division rimase nel settore di Vertjacij e potè solo coprire la difficoltosa e caotica ritirata dell'11° Corpo d'armata tedesco a est del Don per ricongiungersi con il resto dell'armata, prima di ripiegare a sua volta il 26 novembre oltre il fiume[83], la 24. Panzer-Division e la 3ª Divisione motorizzata cercarono tardivamente di fermare l'avanzata nemica a sud di Kalač ed impedire il ricongiungimento delle tenaglie corazzate nemiche ma vennero facilmente respinte e poterono solo schierarsi difensivamente nel settore di Marinovka, coprendo le spalle della 6ª Armata ormai accerchiata[84].

La trappola si era chiusa: la 6ª Armata e gran parte della 4ª Armata corazzata tedesche erano ora accerchiate tra il Don e il Volga; le truppe rumene erano completamente disgregate e praticamente non più utilizzabili, le riserve mobili tedesche non disponibili o già esaurite; i comandi di retrovia in fuga nel panico; Paulus, dentro la sacca, Weichs, Zeitzler, Hitler, piuttosto confusi e sconvolti (anche se Hitler, dopo un momento di smarrimento, assunse subito un atteggiamento di aspra imperturbabilità e fiducia [85]), ed ora alle prese con le decisioni fondamentali da prendere.

In quattro giorni, Stalin (spesso nervoso, freneticamente ansioso e in continuo contatto con Vasilevskij per avere notizie aggiornate durante i giorni dell'offensiva [75]) e l'Armata Rossa avevano ottenuto la tanto sospirata svolta decisiva della guerra da un punto di vista strategico-operativo, ma anche, in particolare, sotto l'aspetto morale e politico-propagandistico[86]. Probabilmente la drammaticità e la rilevanza epocale di questi quattro giorni trova un parallelo nella storia della Seconda guerra mondiale solo nella settimana (dal 13 al 20 maggio 1940) di offensiva dei panzer fino alle coste della Manica, con lo sbalorditivo accerchiamento finale degli eserciti Alleati in Belgio durante la campagna a ovest nel 1940. Alcuni autori considerano l'Operazione Urano, per le sue dimensioni e per le conseguenze strategiche e politiche, in assoluto il più grande accerchiamento militare di tutti i tempi[87]

La fine

La catastrofe sul fronte tedesco-rumeno provocò un immediato pericolo per l'8ª Armata italiana (ARMIR), dislocata a sinistra delle armate rumene, che dovette improvvisare, con l'aiuto di disparati rinforzi tedeschi che convergevano affrettatamente verso l'area dello sfondamento, un nuovo precario schieramento sul suo fianco destro. La debolezza e l'estremo pericolo della posizione dell'ARMIR (mediocremente armato ed equipaggiato) si sarebbe tragicamente rivelata durante la successiva Operazione Saturno (sferrata il 16 dicembre 1942 nella variante ridotta Operazione Piccolo Saturno) che avrebbe provocato il collasso e la rovinosa ritirata del grosso dell'armata e la definitiva sconfitta del fronte sud dell'Asse (suggellando definitivamente anche il destino della 6ª Armata di Paulus circondata nella sacca di Stalingrado).[88]

L'accerchiamento di oltre 250.000 soldati dell'Asse [89] (rimasero intrappolati oltre ai tedeschi anche circa 20.000 rumeni e alcuni centinaia di croati, ungheresi e italiani) si sarebbe drammaticamente trascinato per altri due mesi fino alla tragica resa finale del 2 febbraio 1943. Quel giorno ciò che rimaneva della 6ª Armata, consistente di circa 90.000 soldati (gli altri principalmente morirono o furono dispersi, a parte circa 30.000 feriti, specialisti e alcuni alti ufficiali evacuati per via aerea) si arrese ai sovietici [90].

Paulus, insieme alla maggior parte dei generali comandanti, condivise la resa dei superstiti e rifiutò il tacito invito di Hitler al suicidio per suggellare epicamente con un esempio di fedeltà nibelungica la presunta epopea tedesca di Stalingrado. (A tale scopo era stato anche promosso feldmaresciallo da Hitler pochi giorni prima della resa finale).

Risultati

La inattesa e disastrosa sconfitta tedesca sul Fronte orientale diede una grande spinta al morale della coalizione anti-hitleriana, particolarmente in Unione Sovietica, ma anche nei paesi alleati anglosassoni; la presunta invincibilità della Germania e di Hitler venne distrutta per sempre; mentre tra le potenze dell'Asse le ripercussioni politico-morali furono enormi sia a livello di opinione pubblica sia di quadri dirigenti (in Ungheria, Italia, Romania e anche nella Turchia e nella Spagna non belligeranti). La battaglia di Stalingrado rimane la più grande e decisiva sconfitta militare, politica e morale della Germania nella Seconda Guerra Mondiale e una delle più grandi catastrofi militari della storia tedesca.[91]

Note

  1. ^ Erickson2002-2,  p. 1
  2. ^ Bauer1971,  p. 129
  3. ^ Oxford2001,  pp. 1048-1058
  4. ^ Valor1951,  pp. 467-474
  5. ^ Schlemmer2009,  p. 123
  6. ^ Erickson2002,  pp. 388-389
  7. ^ Churchill1951,  vol. IV, pp. 608 e 615
  8. ^ Erickson2002,  pp. 401-402
  9. ^ Erickson2200,  pp. 388-389
  10. ^ Erickson2002,  pp. 426-432
  11. ^ Samsonov1964,  pp. 282-291
  12. ^ Erickson2002,  pp. 390 e 423
  13. ^ Erickson2002,  pp. 388-389 e 422-435
  14. ^ Glantz2000,  p. 199
  15. ^ Erickson2200,  p. 389
  16. ^ Sui veri scopi globali della seconda offensiva invernale sovietica il dibattito (e le polemiche) si trascinano da molti anni, soprattutto su stimolo dell'opera revisionista di D.Glantz, Zhukov's greatest defeat, Kansas 1999. Il grande storico militare americano interpreta l'operazione "Marte" non come semplice offensiva di diversione sovietica ma come reale attacco (peraltro completamente fallito) con scopi e forze impiegate altrettanto grandiosi del piano Urano. Contro questa interpretazione la replica polemica russa, per esempio in V.V. Gurkin, 'Mars v orbite 'Urana' i 'Saturna', VIZ N. 4 2000. Dettagli in Bellamy2010,  pp. 610-614 ed in Scotoni2007,  pp. 169-171
  17. ^ Bellamy2010,  pp. 610-611
  18. ^ Bellamy2010,  pp. 611-613
  19. ^ Scotoni2007,  p. 171
  20. ^ Boffa1990,  pp. 98-99
  21. ^ Oxford2001,  pp. 897-903
  22. ^ Irving2001,  p. 613; sembra che nel periodo delle sue dimissioni (23 settembre 1942) Halder ostentasse ottimismo e fiducia sulla potenza dell'Esercito tedesco e sull'indebolimento irreversibile del nemico sovietico.
  23. ^ Oxford2001,  pp. 1118-1119
  24. ^ Oxford2001,  pp. 1090-1095
  25. ^ Oxford2001,  pp. 1095-1096
  26. ^ Oxford2001,  pp. 1119-1120
  27. ^ Carell2000,  p. 687
  28. ^ Oxford2001,  pp. 1117-1118
  29. ^ Oxford2001,  pp. 1114 e 1121-1122
  30. ^ Oxford2001,  pp. 1120-1122
  31. ^ Una descrizione della ricostituzione,della riorganizzazione e dell'impiego di questo corpo meccanizzato sovietico in Erickson2002,  pp. 430-431.
  32. ^ Analisi dettagliata in Scotoni2007,  pp. 384-390, in cui si trova anche il testo della direttiva di Stalin sull'impiego delle truppe meccanizzate.
  33. ^ Glantz2010,  pp. 199-200
  34. ^ Erickson2002,  pp. 448-449
  35. ^ Erickson2002,  p. 454
  36. ^ Gerlach1999,  pp. 13-16
  37. ^ Oxford2001,  pp. 1122-1123
  38. ^ Per dati quantitativi aggiornati: Oxford2001,  p. 1104
  39. ^ Oxford2001,  pp. 1107-1113
  40. ^ Oxford2001,  pp. 1111-1114
  41. ^ Bauer1971,  pp. 266-267
  42. ^ Oxford2001,  pp. 1106-1108
  43. ^ Beevor1998,  pp. 475-477; l'ordine di battaglia non comprende le divisioni della 62ª Armata che, asserragliate nelle rovine di Stalingrado, non presero parte dall'offensiva.
  44. ^ Oxford2001,  pp. 1106-1108
  45. ^ Erickson2002,  pp. 458-462
  46. ^ Boffa1990,  p. 99
  47. ^ Bellamy2010,  pp. 613-614
  48. ^ Durante la battaglia rimasero uccisi tre dei quattro generali rumeni comandanti di corpo d'armata e ogni compagnia perse il proprio comandante; in Irving2001,  p. 637
  49. ^ Scotoni2007,  pp. 174-175
  50. ^ Erickson2002,  pp. 464-465
  51. ^ Samsonov1964,  pp. 337-339
  52. ^ Scotoni2007,  p. 175
  53. ^ Scotoni2007,  pp. 175-176
  54. ^ Sulla frenetica marcia delle colonne corazzate sovietiche : Erickson2002,  pp. 464-465; Beevor1998,  pp. 274-275; Samsonov1964,  pp. 308-310
  55. ^ Erickson2002,  pp. 465-466
  56. ^ Erickson2002,  pp. 464-466; Bauer1971,  pp. 272
  57. ^ Erickson2002,  pp. 466
  58. ^ La 22. Panzer-Division rivendicò la distruzione di almeno 26 mezzi corazzati nemici, in Carell2000,  p. 694
  59. ^ Oxford2001,  p. 1123; Ziemke2003,  p. 54; Carell2000,  pp. 694-695
  60. ^ Erickson2002,  p. 466
  61. ^ Oxford2001,  p. 1108
  62. ^ È ben nota la disavventura della 22. Panzer-Division i cui carri sarebbero stati danneggiati da topi penetrati nelle strutture interne delle macchine, rovinando i circuiti elettrici, in Carell2000,  pp. 689-690
  63. ^ Ziemke2003,  pp. 56-57
  64. ^ Oxford2001,  p. 1123
  65. ^ Görlitz/Paulus2010,  pp. 235-236; Scotoni2007,  pp. 189-190
  66. ^ Görlitz/Paulus2010,  p. 236
  67. ^ a b c Erickson2002,  p. 468
  68. ^ Bauer1971,  p. 272
  69. ^ Beevor1998,  pp. 280 e 286-287
  70. ^ Oxford2001,  p. 1123-1124
  71. ^ Oxford2001,  p. 1106
  72. ^ Ziemke2003,  p. 56-57
  73. ^ J.Erickson 'The road to Stalingrad', Cassel 1975; A.Beevor 'Stalingrado',Rizzoli 1998; H.Gerlach 'L'Armata tradita', Rizzoli 1999; P.Carell 'Operazione Barbarossa', Rizzoli 1999.
  74. ^ Il 26º Corpo sarebbe stato ridenominato da Stalin , 1º Corpo corazzato della Guardia "Donskij" per questa impresa. A compiere l'impresa al ponte di Kalač furono la 14ª brigata motorizzata del colonnello Filippov e la 19ª brigata corazzata del tenente colonnello Filippenko.
  75. ^ a b J.Erickson 'The road to Stalingrad', Cassel 1975.
  76. ^ Erickson2002,  p. 430)
  77. ^ P.Carell'Operazione Barbarossa',Rizzoli 1999.
  78. ^ AA.VV. 'Germany and the second world war,volume VI',Oxford press 1991.
  79. ^ J.Erickson 'The road to Stalingrad', Cassel 1975; A.Beevor 'Stalingrado',Rizzoli 1998.I primi reparti a incontrarsi furono la 45ª brigata corazzata del tenente colonnello Židkov (4º Corpo corazzato) e la 36ª brigata meccanizzata del colonnello Rodionov (4º Corpo meccanizzato)
  80. ^ Beevor1998,  pp. 284-285
  81. ^ Grossman2008,  p. 624-625
  82. ^ Beevor1998,  p. 285
  83. ^ Beevor1998,  pp. 287-292
  84. ^ Carell2000,  pp. 700-701
  85. ^ D.Irving 'La guerra di Hitler', Ed.Settimo Sigillo 2001; I.Kershaw 'Hitler.1936-1945', Bompiani 2001.
  86. ^ Una descrizione esauriente e chiara dello svolgimento complessivo dell'operazione Urano (principalmente dal punto di vista sovietico) in J.Erickson 'The road to Stalingrad', Cassel 1975 (2003); anche in: A.Beevor ' Stalingrado' Rizzoli 1998.
  87. ^ Bellamy2010,  p. 619
  88. ^ Vedere la recente opera di G.Scotoni 'L'Armata Rossa e la disfatta italiana',Editrice Panorama 2007; inoltre J.Erickson 'The road to Stalingrad',Cassel 1975.
  89. ^ J.Erickson 'The road to Stalingrad',Cassel 1975; A.Beevor 'Stalingrado',Rizzoli 1998; H.A. Jacobsen/J.Rohwer 'Le battaglie decisive della seconda guerra mondiale',Baldini&Castoldi 1974.
  90. ^ Sulle fasi finali della lunga battaglia.J.Erickson 'The road to Berlin',Cassel 1983; A.Beevor 'Stalingrado', Rizzoli 1998; AA.VV. Germany and the second world war, volume VI',Oxford press 1991.
  91. ^ W.Shirer, Storia del Terzo Reich, p. 1421; E.Bauer, Storia controversa della seconda guerra mondiale, vol. IV, p. 129; C.Bellamy, Guerra assoluta, pp. 636-638; per le dimensioni della catastrofe e la portata del contraccolpo su Hitler vedere: I.Kershaw Hitler, 1936-45. Bompiani 2001; I.Kershaw Il mito di Hitler, Bollati Boringhieri 1998; per una analisi che ridimensiona in parte la portata della battaglia: AA.VV. Germany and the Second World War, Volume VI:the global war (traduzione dal tedesco), Oxford press 1991

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Voci correlate

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