Apis mellifera
L'ape europea (Apis mellifera Linnaeus 1758) è la specie del genere Apis maggiormente diffusa nel mondo.
Originaria del vecchio mondo, Europa, Africa e parte dell Asia, fu introdotta nei continenti americano e australiano. Fu classificata da Carolus Linnaeus nel 1758 con il nome Apis mellifica, per tale motivo, nonostante sia oramai utilizzata la nuova nomenclatura, alcuni autori utilizzano la denominazione originaria.
Apparato boccale
L’apparato boccale tipico degli insetti era in origine masticatore, quale si ritrova ancora negli Ortotteri, Coleotteri, etc. Gli adattamenti dovuti ai regimi alimentari hanno però determinato negli insetti radicali trasformazioni. Nell’ape, i pezzi originari si sono trasformati costituendo un apparato boccale lambente e succhiante. Il complesso maxillo-facciale si piega tra cardini e stipiti, e si sposta un po’ all’indietro sotto il cranio, costituendo un canale temporaneo per suggere il nettare. L’organo aspirante, lungo e flessibile, è formato dalle glosse labiali; per mezzo di questo le api raccolgono il nettare e manipolano il miele nell’arnia. I lati di questa ligula sono ripiegati verso l’interno e verso il basso, fino quasi ad incontrarsi, per formare un tubo racchiuso dalle mascelle e dai palpi labiali.Il labium (labbro inferiore) è provvisto di palpi assai sviluppati e 4-articolati (con il primo articolo molto allungato e piuttosto largo, il secondo più corto, gli ultimi molto brevi) e di una ligula (o glossa, o lingua) lunga ( in estensione misura 5,5-7 mm ), cilindrica, densamente pelosa, flessibile e contrattile, percorsa da un
due molto brevi) e di una ligula (o glossa, o lingua) lunga ( in estensione misura 5,5-7 mm ), cilindrica, densamente pelosa, flessibile e contrattile, percorsa da un solco ventrale (canale ligulare) e terminante con un’espansione a cucchiaio (labello o flabello). Le galee mascellari ed i palpi labiali, accostandosi alla ligula formano un tubo, o proboscide, delimitante un canale di suzione che permette all’ape di succhiare il nettare liquido mediante l’azione aspirante del cibario ( porzione della cavità boccale anteriore alla faringe) e della faringe (pompa cibario-faringea), convogliandolo nella grande ingluvie (o borsa o borsetta melaria, o stomaco mellifico), un sacco a parete estensibile costituito da una dilatazione dell’esofago, dove il nettare subisce una prima trasformazione chimico-fisica che lo converte in miele.
Alla base della faccia interna delle mandibole sboccano 2 ghiandole mandibolari ; nelle operaie esse producono una frazione della gelatina, o pappa reale, e sono funzionali in relazione alla lavorazione della cera; nei fuchi sono ridotte ad una piccola masserella; nella regina sono molto sviluppate e producono il feromone di coesione della colonia (miscela degli acidi 9-ossodeca-trans-2-enoico e 9-idrossi-2-enoico che ha la funzione di far identificare la regina come tale all’interno e fuori dell’alveare, di inibire lo sviluppo dei loro ovarìoli, e di impedire la costruzione di celle reali). Quando il livello di questo feromone nella colonia scende al disotto di un certo valore (per la morte o l’invecchiamento della regina, o per un eccessivo aumento della popolazione), l’inibizione cessa e le operaie cominciano a costruire celle reali in cui allevare nuove regine o, eccezionalmente, sviluppano ovarioli funzionali (operaie ovificatrici) e depongono uova partenogenetiche maschili. Sulla superficie dorsale del labbro inferiore sboccano le ghiandole labiali, o salivari, presenti in tutte e tre le caste, e costituite da due distinti sistemi ghiandolari: le ghiandole postcerebrali, situate contro la parete posteriore del capo, e le ghiandole toraciche, situate nella porzione ventrale anteriore del torace; il loro secreto ha funzioni non ancora del tutto chiarite, una della quali è probabilmente quella di sciogliere le sostanze zuccherine presenti nell’alimento facilitandone così la suzione.
Zampe
La zampa di Apis mellifica porta un tarso 5-articolato con pretarso con 2 unghie ed arolio. Nella zampa anteriore (protoracica), la tibia reca sul margine anteriore della superficie interna una frangia di peli corti e rigidi che costituiscono la spazzola degli occhi , usata dall’ape per pulire gli occhi composti, e, inserita sul suo margine distale esterno, una spina mobile piatta detta sperone o raschiatoio semicircolare provvisto di spine disposte circolarmente a pettine, che si sviluppa sul margine interno del primo articolo del tarso. Quando la zampa si piega, lo sperone chiude l’apertura dell’incavo delimitando, in tal modo, un foro attraverso il quale l’ape fa passare l’antenna per pulirla e liberarla dalla polvere e dai granuli di polline. Lunghi peli distribuiti sul basitarso formano la spazzola del polline che l’ape usa per raccogliere i granuli pollinici dalle parti anteriori del corpo: incrociando le zampe l’ape spinge il polline dentro la cestella aiutandosi con la spazzola del polline situata sul primo articolo del tarso, che è particolarmente sviluppata. Nella zampa media (o mesotoracica), il tarso appiattito è provvisto anch’esso di una spazzola del polline per asportare i granuli pollinici dalle zampe anteriori e dal corpo; e l’estremità distale interna della tibia reca uno sperone o spina tibiale che l’ape usa come leva per staccare le lamelle di cera, secrete dalle ghiandole situate nella regione sternale dell’addome, e le pallottoline di polline dalle cestelle quando, giunta nell’alveare, deve scaricarle e disporle nelle apposite celle, come dispositivo di pulizia per liberare dai corpi estranei le ali e gli spiracoli tracheali,ecc. Nella zampa posteriore (o metatoracica), la larga tibia presenta esternamente una lieve concavità marginata da forti e lunghi peli incurvati, che forma la cestella (o cestello, o corbella, o corbicula) dove l’ape accumula il polline per trasportarlo nell’alveare. In corrispondenza della articolazione tibio-tarsale, il margine distale libero della tibia, provvisto di un pettine o spazzola della cera, formato da numerose grosse spine, ed il margine prossimale libero del tarso, provvisto di peli e ricurvo a forma di becco (sperone tarsale o auricola), formano una pinza tibio-tarsale che serve per raccogliere le lamelle di cera dall’addome. La faccia esterna del basitarso è provvista di peli collettori per raccogliere i granuli pollinici dalle parti posteriori del corpo e la sua faccia interna reca una decina di serie trasversali di spine brevi e robuste, rivolte verso il basso, che costituiscono la spazzola del polline o scopa.
Corredi genetici dei membri della colonia
Apis mellifera è specie aplo-diploide in quanto il maschio è apolide, derivante da uova non e la femmina è diploide, derivante da uova regolarmente fecondate. Il corredo cromosomico è 2n=32 , ed i maschi, quindi, sono portatori del solo corredo n=16 di derivazione materna (*). La determinazione aplo-diploide del sesso, caratteristica nelle formiche, vespe ed api ( Hymenoptera Formicoidea, Vespoidea ed Apoidea) secondo alcuni autori sarebbe particolarmente favorevole alla evoluzione sociale, e spiegherebbe perciò il suo ripetuto comparire nell’ambito di questi gruppi. Le madri e le figlie hanno in comune 1/2 dei geni, le sorelle ne hanno i 3/4; conseguentemente, le figlie risultano meglio predisposte ad aiutare la madre a prolificare ulteriormente che non a prolificare esse stesse, favorendo la nascita di individui che, per i 3/4, hanno il loro medesimo corredo genetico. Sarebbe questa una spiegazione del perché, negli Imenotteri sociali, i maschi non sono “socializzati”, mentre lo sono negli Isotteri, i cui maschi sono invece diploidi. Negli Imenotteri, infatti, i maschi e le loro figlie hanno in comune 1/2 dei geni ereditari, i maschi e le loro sorelle e fratelli solamente 1/4 dei geni. (*) Anche l’Apis cerana ha 32 cromosomi, ed è ibridabile con Apis mellifica.
Sono stati documentati i meccanismi genetici che determinano l’indirizzo di sviluppo di una giovane ape in operaia oppure in regina. Legando una serie di immagini che descrivono quali geni sono attivi, sono stati individuati con esattezza i meccanismi con i quali gli ormoni, stimolati da fattori ambientali, nutrizionali e feromonici, fanno sì che le larve attivino i geni necessari a compiere il loro destino. Ciò rappresenta la prima visione su scala genomica di questo tipo di sviluppo. Le femmine di Apis mellifica, infatti, cominciano la loro esistenza come larve bipotenziali, sebbene ospitate in celle diverse, con la capacità cioè di formarsi nella morfologia ed anatomia di entrambe le caste, quella delle operaie o quella delle regine. (questa potenzialità è detta polifenismo). Il risultato è stato ottenuto utilizzando profili di espressione dei geni noti come «array»; con essi è stato possibile stabilire esattamente quali geni fossero attivi durante lo sviluppo delle larve. Dalle osservazioni si è potuto concludere che le larve destinate a diventare regine sembrano attivare un insieme distinto di geni legati alla casta, inclusi quelli responsabili del metabolismo e della respirazione. Nel caso delle api operaie, viceversa, continuano a esprimersi i geni tipici della fase giovanile di larva. La differenza nell’espressione dei geni porterebbe alle differenze morfo-anatomiche e funzionali.(da Evans). I geni regolerebbero molto da vicino il comportamento delle api, al punto che l'occupazione e il ruolo di una singola ape può essere prevista conoscendo il profilo dell'espressione genica nel suo cervello. Un complesso studio molecolare su 6878 differenti geni, replicati con 72 microarray di cDNA, che hanno catturato l'essenza dell'attività genica del cervello delle api ha rivelato che, anche se la maggior parte delle differenze nell'espressione genica era molto piccola, erano osservabili cambiamenti significativi nel 40 per cento dei geni studiati. Le microarray hanno consentito di studiare l'attività dei geni generando misure simultanee dell'RNA-messaggero, che riflette i livelli dell'attività delle proteine. Il mRNA si lega a siti specifici sulle array, consentendo la misura dell'espressione di migliaia di geni. Quindi vi è una chiara impronta molecolare nel cervello delle api associata in modo consistente con il comportamento specifico dell'individuo, e questo fatto dà una immagine del genoma come entità dinamica, coinvolta nella modulazione del comportamento nel cervello adulto (da Robinson).
Regolazione del microclima nell’alveare
Quando un alveare, in estate, comincia a surriscaldarsi, numerose api si mettono insieme per rinfrescarlo e per mantenerne la temperatura interna a circa 33ºC, adatta all’allevamento della covata, e necessaria per fare evaporare l’acqua in eccesso dal miele contenuto nelle celle aperte (il miele contiene circa il 17% di acqua). Dapprima le api agitano vigorosamente le loro ali, ventilando l’alveare; ma quando il tempo è secco, e via via che la temperatura esterna si innalza, trasportano acqua all’interno dell’alveare; l’evaporazione umidifica e rinfresca la colonia. Le api eseguono questa operazione allo stesso modo di come riversano acqua nel miele, cioè facendola scendere goccia a goccia dalla loro bocca. Questo sistema di refrigerazione per mezzo dell’acqua spesso produce una notevole stabilizzazione della temperatura: un alveare il pieno sole ha una temperatura interna di 35ºC anche quando quella esterna raggiunge i 71ºC. Le bottinatrici raccolgono l’acqua e le giovani api funzionano da spruzzatori, distribuendo le gocce portate della vecchie raccoglitrici. Nei brevi momenti in cui ritornano all’alveare per depositare le gocce, le raccoglitrici vengono anche informate se occorre continuare il trasporto d’acqua. Per tutto il tempo durante il quale continua il surriscaldamento, le giovani spruzzatrici si danno da fare e prendono l’acqua con molta enfasi. Questo fatto indica alle raccoglitrici che è necessaria altra acqua, e queste compiono un altro viaggio di approvvigionamento. Se invece l’alveare è stato sufficientemente rinfrescato, quando le raccoglitrici ritornano le api spruzzatici non mostrano più enfasi, e le raccoglitrici non escono più per un altro carico. Durante l’inverno, quando il miele immagazzinato viene usato come alimento (occorrono circa 30 Kg di miele per permettere ad una colonia di superare l’inverno), le api si ammassano assieme formando un aggruppamento a forma di palla, detto glomere, metà da un lato e metà dall’altro di una serie di favi, e producono calore mediante movimenti attivi del corpo e delle ali. I glomeri si formano ad una temperatura di 14ºC, o inferiore, e riescono ad innalzare la temperatura dell’alveare fino a 24-30ºC, anche quando la temperatura esterna è inferiore a 0ºC. Le api al centro, essendo isolate dagli strati di altre api aggruppate intorno a loro, stanno assai calde, poiché la temperatura nell’interno del glomere può essere mantenuta anche a 38ºC. Le api cambiano continuamente di posizione, cosicché ciascun individuo si sposta gradualmente dalla zona esterna fredda del glomere a quella interna calda, e poi retrocede. Questa formazione dura per tutta la stagione fredda, spostan- -dosi gradatamente sulle superfici dei favi, e nutrendosi del cibo immagazzinato. Temperature molto basse possono tuttavia immobilizzare le api, e farle morire di fame, anche se hanno a disposizione il cibo necessario. In un ambiente freddo, una singola ape è assolutamente incapace di conservare alta la temperatura del proprio corpo. Gli insetti sono animali pecilotermi e la temperatura interna è in accordo con quella esterna, diversamente da uccelli e mammiferi che sono omeotermi, cioè in grado di autoregolare la propria temperatura interna mediante meccanismi fisiologici. Si vede qui tutta l’importanza dell’evoluzione sociale delle api, le quali, nei giorni invernali con temperature più miti e sin dal cominciare della primavera possono sfruttare risorse precluse ad altre specie, in quanto dispongono sempre di individui adulti. Inoltre la popolazione dell’alveare non deve essere ricostituita daccapo ogni anno, ed anche il lavoro delle generazioni precedenti per la costruzione del nido viene ereditato dalle generazioni successive. ==Dispersione antropocora== (=dovuta all’uomo) Apis mellifica è originaria dell’Egitto e delle regioni situate poco più ad est. Nel Pleistocene (circa 2 mya) si è suddivisa in 24 sottospecie che oggi formano tre gruppi ben riconoscibili: uno del Mediterraneo occidentale (Italia compresa), uno del Mediterraneo orientale ed uno dell’Africa tropicale. Dal 1600 al 1900 vari ceppi di api mediterranee sono stati introdotti sia in Nord-America, con successo, sia in Sud-America, ma con scarso successo. Nel 1956 furono portate in Brasile 47 regine della sottospecie africana Apis mellifica scutellata, allo scopo di creare ibridi locali dotati di caratteristiche migliori. Ma gli ibridi ottenuti si dimostrarono piuttosto aggressivi e troppo inclini ad abbandonare il nido in seguito al disturbo arrecato dalle normali operazioni di apicoltura. Casualmente sfuggito in natura il nuovo ceppo invase gran parte del Sud-America, poi il Centro-America fino a giungere negli USA, entrando rovinosamente in contatto con i ceppi mediterranei. Oggi i biologi che lottano contro questa ed altre forme indesiderate, procedono al riconoscimento delle diverse sottospecie facendo uso della RFLP (Restriction Fragment Length Polymorphism), tecnica che mette in evidenza i polimorfismi a livello di DNA mediante taglio con enzimi di restrizione.
Filogenesi
Attualmente la tassonomia descrive varietà geografiche o sottospecie comprendenti più di trenta razze.
Il genoma di Apis mellifera è stato di recente interamente sequenziato [1] [2].
Linee filogenetiche
Tutte le sottospecie, o razze, di Apis mellifera sono raggruppate in tre gruppi filogenetici derivanti dalle osservazioni morfologiche e dall'analisi del DNA mitocondriale
- Tipo C. Gruppo Carniola.
- Tipo M. Gruppo Mediterraneo.
- Tipo A Gruppo Africano.
- Tipo Y Gruppo del Nordest Africano. Etiopia.
- Apis mellifera jemenitica, yemenitica.
- Tipo O. Gruppo Medio Oriente.
Tra le sottospecie più importanti sono da menzionare:
Sottospecie originarie dell'Europa
- Apis mellifera ligustica o Ape italiana. Classificata da Spinola nel 1806. È una razza molto comune e distribuita in tutti i continenti per l'azione dell'uomo. La sua area di distribuzione naturale comprende la penisola Italiana ad esclusione della Sicilia.
- Apis mellifera sicula o Ape siciliana. Spesso definita come Apis mellifera siciliana, classificata da Montagno nel 1911. La sua area di distribuzione naturale è la provincia di Trapani.
- Apis mellifera mellifera o Ape nera europea. Classificata da Linneo nel 1758. La sua area di distribuzionene comprende la maggior parte del nord Europa, Francia, Germania, Danimarca, Svezia, etc. È la razza o sottospecie con cui venne inizialmente popolato il continente americano e per tale motivo in Sudamerica venne denominata Ape creola. In Italia è presente nelle zone di confine con la Francia spesso in ibridazioni con l'ape ligustica.
- Apis mellifera carnica o Ape carnica. Clasificata da Pollmann nel 1879. La sua area di distribuzione naturale è l' area danubiana. In italia è presente nelle zone di confine con la Slovenia e l'Austria spesso in ibridazioni con l'ape ligustica.
- Apis mellifera caucasica o Ape caucasica classificata da Gorbachevnel 1916. Diffusa sulle montagne del Caucaso.
- Apis mellifera iberica o Ape spagnola, classificata da Engel nel 1999. La sua area di diffusione naturale è la peninsola Iberica.
- Apis mellifera cypria classificata da Pollmann nel 1879. Areale di distribuzione nella sola isola di Cipro.
- Apis mellifera cecropia o Ape Greca del Sud, clasificata da Kiesenwetter nel 1860. Grecia sudorientale.
- Apis mellifera remipes clasificata da Gerstäcker nel 1862. L'areale di distribuzione va dal Caucaso al Mar Caspio.
Sottospecie originarie dell'Africa
- sottospecie africane presenti a nord del deserto del Sahara.
- Apis mellifera sahariensis o Ape del Sahara, classificata da Baldensperger nel 1932. L'areale di distribuzione comprende le oasi del deserto del Marocco nel nordest del Sahara.
- Apis mellifera intermissa o Ape del Magreb fu classificata da von Buttel-Reepen nel 1906. L'areale di distribuzione si estende dal Marocco, alla Tunisia.
- Apis mellifera lamarckii o Ape d'Egitto. Classificata da Lepeletier nel 1906. L'area di distribuzione naturale segue la valle del Nilo tra Egitto e Sudan.
- Apis mellifera major o Ape del Marocco fu classificata da Ruttner nel 1978. La sua area di distribuzion sono le montagne del nordest del Marocco. Questa sottospecie potrebbe essere considerata una variante con Apis m. intermissa dalla quale si differenzia pe alcuni particolari anatomici.
- sottospecie africane presenti a sud del deserto del Sahara.
- Apis mellifera scutellata classificata da Lepeletier nel 1836. La sua area di distribuzione naturale comprende l'africa centrale e dell'ovest. Questa razza venne accidentalmente introdotta in Brasile nel 1956 ed i suoi ibridi con l'ape creola hanno dato origine all'Ape africanizzata.
- Apis mellifera capensis o Ape del Capo Classificata da Eschscholtz nel 1822. L'area di distribuzione è il Sudafrica.
- Apis mellifera adamsonii classicata da Latreille nel 1804. Si può trovare in Nigeria e Burkina Faso. Citata erroneamente come la sottospecie ibridatasi in Sudamerica originando l'Ape africanizzata.
- Apis mellifera unicolor, classificata da Latreille nel 1804, Madagascar.
- Apis mellifera litorea, classificata da Smith nel 1961, Kenia.
- Apis mellifera nubica, classificata da Lepeletier, Sudan.
- Apis mellifera jemenitica, classificata da Ruttner nel 1976. L'areale di distribuzione comprende i territori di S Yemen, Oman, Somalia, Uganda e Sudan.
- Apis mellifera woyi-gambella, Gambella in Etiopia.
- Apis mellifera bandasii Etiopía.
- Apis mellifera monticola. Classificata por Smith 1961. Scoperta sulle montagne africane ad altezze tra i 1500 e i 3000 metri. Monte Elgon, Monte Kilimanjaro, Monte Kenia, Monte Meru. Kenia
Sottospecie originarie della transizione Europa-Asia
- Apis mellifera macedonica o Ape greca del Nord, classificata da Ruttner nel 1988. Il suo areale di distribuzione corrisponde al nordest della Grecia
- Apis mellifera anatoliaca o Ape turca, classificata da Maa nel 1953.
- Apis mellifera meda o Ape persina, clasificata da Skorikov nel 1829. La si può trovare in Irak.
- Apis mellifera adamii o Ape di Creta fu classificata da Ruttner nel 1977. L'areale di ditribuzione coincide con l'isola di Creta.
- Apis mellifera armeniaca o Ape armena. È diffusa in medio oriente.
- Apis mellifera syriaca o Ape di Siria, così classificata da Skorikov nel 1829. Medio Oriente e Palestina.
- Apis mellifera pomonella classificata da Sheppard & Meixner, 2003. Endemica delle montagne del Tian Shan in Asia centrale. È l'ape mellifera con l'areale di distribuzione più a est di tutte le sottospecie.
- Apis mellifera ruttneri o Ape di Ruttner, classificata da Sheppard et al. nel 1997. La ritroviamo nell'isola di Malta.
Sottospecie meno note
- Apis mellifera banatica. Yugoslavia.
- Apis mellifera taurica. Alpatov 1935.
- Apis mellifera artemisia. Engel 1999.
Ibridi tra le sottospecie di Apis mellifera
- Ibridi naturali
- Ibridi artificiali
- Apis mellifera x Buckfast. Ibrido prodotto dal famoso padre Adam. Conosciuta come Ape Buckfast
- Apis mellifera x Cordovan. Ibrido di Apis m. ligustica nota per la sua particolare colorazione.
- Apis mellifera x Midnight. Ibrido tra Apis m. caucásica e Apis m. carnica.
Razze o sottospecie Mediterranee
13 sono le razze che possiamo trovare sulle coste del mar Mediterraneo:
Si dividono nei gruppi:
- Mediterraneo orientale
- Oriente Valle del Nilo
- Mediterraneo occidentale
- Nord'Africa
- Est e Nord de Europa
- Mediterraneo centrale e nordest
Bibliografia
Altri progetti
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Collegamenti esterni
- Che geni quelle api - Galileo, giornale di scienza e problemi globali