Particolato

microsostanze solide o liquide sospese nell'atmosfera della Terra
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Il particolato, o particolato sospeso, o pulviscolo atmosferico, o polveri sottili, o polveri totali sospese (PTS), sono termini che identificano l'insieme delle sostanze sospese in aria (fibre, particelle carboniose, metalli, silice, inquinanti liquidi o solidi). Questo particolato sospeso in aria si raccoglie soprattutto negli strati inferiori, in quantità e qualità variabile da luogo a luogo. Il particolato è l'inquinante che ha il maggiore impatto nelle aree urbane, ed è composto da tutte quelle particelle solide e liquide disperse nell'atmosfera, con un diametro che va da pochi nanometri fino ai 500 µm e oltre.

Sorgenti

Gli elementi che concorrono alla formazione di questi aggregati sospesi nell'aria sono numerosi e comprendono fattori sia naturali che antropici (ovvero causati dall'uomo).
Fra i fattori naturali (che si stima superino il 90% del totale) vi sono ad esempio

Fra i fattori antropici (meno del 10% del totale delle PTS, ma molto rilevante nei centri urbani) si include gran parte degli inquinanti atmosferici:

  • emissioni della combustione dei motori a combustione interna (autocarri, automobili, aeroplani);
  • emissioni del riscaldamento domestico (in particolare gasolio, carbone e legna);
  • residui dell'usura del manto stradale, dei freni e delle gomme delle vetture;
  • emissioni di lavorazioni meccaniche, dei cementifici, dei cantieri;
  • lavorazioni agricole;
  • inceneritori e centrali elettriche;
  • fumo di tabacco.

I fattori più rilevanti nelle aree urbane sono senza dubbio il traffico stradale e il riscaldamento (eccetto se a gas), nonché eventuali impianti industriali (raffinerie, cementifici, centrali termoelettriche, inceneritori ecc.).

In genere il particolato prodotto da processi di combustione, siano essi di orgine naturale (ad esempio: incendi) o antropica (motori, riscaldamento, industrie, centrali elettriche, ecc.), caratterizzato dalla presenza preponderante di carbonio e sottoprodotti della combustione, è definito "particolato carbonioso".

Rilevanza delle sorgenti antropiche

Lo SCENHIR[1], comitato scientifico UE che si occupa fra le altre cose anche di patologie dovute alle polveri sottili, considera i motori a gasolio i massimi responsabili della produzione di PM2,5: tutte le altre fonti sarebbero trascurabili, e in particolare gli inceneritori attualmente ne produrrebbero al massimo il 2% in quanto (evidentemente) meno diffusi dei motori diesel.[2]

Secondo uno studio sul campo dell'Università di Brescia sponsorizzato e firmato dai gestori dell'inceneritore della città,[3] esso avrebbe un'incidenza praticamente nulla sulla produzione complessiva di polveri nell'area bresciana, mentre si stima una piccolissima riduzione del particolato dovuta al teleriscaldamento che ha ridotto l'impatto delle emissioni domestiche, con un terzo del calore cittadino fornito dall'inceneritore.[4]

Secondo i dati dell'Apat (Agenzia per la protezione dell'ambiente) riferiti al 2003, la produzione di PM10 in Italia deriverebbe: per il 49% dai trasporti; per il 27% dall'industria; per l'11% dal settore residenziale e terziario; per il 9% dal settore agricoltura e foreste; per il 4% dalla produzione di energia. Secondo uno studio del Csst su incarico dell'Automobile Club Italia, sul totale delle emissioni di PM10 in Italia il 29% deriverebbe dagli autoveicoli a gasolio, e in particolare l'8% dalle automobili in generale e l'1-2% dalle auto Euro 3 ed Euro 4.[5]

Classificazione qualitativa

In base alle dimensioni ed alla natura delle particelle si possono elencare le seguenti classi qualitative di particolato:

  • aerosol: particelle sospese di diametro minore di 1 µm (liquide o solide)
sono particelle di dimensioni colloidali, che causano, in particolare all'alba e al tramonto, l'Effetto Tyndall, facendo virare il colore della luce solare verso l'arancione.
  • esalazioni: particelle solide di diametro < 1 µm in genere prodotte da processi industriali
  • foschie: particelle (generalmente liquide) di diametro < 2 µm
  • fumi: particelle di diametro < 2 µm (solide)
  • polveri: particelle di diametro incluso tra 0,25 e 500 µm (solide)
  • sabbie: particelle di diametro > 500 µm (solide)

Identificazione e misura quantitativa

La quantità totale di polveri sospese è in genere misurata in maniera quantitativa (peso / volume). In assenza di inquinanti atmosferici particolari, il pulviscolo contenuto nell'aria raggiunge concentrazioni diverse (mg/m3) nei diversi ambienti:

  • ca. 0,05 – 0,10 in campagna
  • ca. 0,10 – 0,20 in città
  • ca. 0,20 – 0,40 in zone industriali.

L'insieme delle polveri totali sospese (PTS) può essere scomposto a seconda della distribuzione delle dimensioni delle particelle. Le particelle sospese possono essere campionate medianti filtri di determinate dimensioni, analizzate quantitativamente ed identificate in base al loro massimo diametro aerodinamico medio. Si utilizza un identificativo delle dimensioni, il Particulate Matter, abbreviato in PM, seguito dal diametro massimo delle particelle.
Ad esempio si parla di PM10 per le particelle con diametro inferiore a 10 µm.
In particolare:

  • Particolato grossolano – particolato sedimentabile di dimensioni superiori ai 10 µm, non in grado di penetrare nel tratto respiratorio.
  • PM10 – particolato formato da particelle inferiori a 10 µm, è una polvere inalabile, ovvero in grado di penetrare nel tratto respiratorio superiore (naso e laringe).
  • PM2,5particolato fine con diametro inferiore a 2,5, è una polvere toracica, cioè in grado di penetrare nei polmoni.
  • PM1particolato ultrafine: diametro inferiore ad un 1 µm, è una polvere respirabile, cioè in grado di penetrare profondamente nei polmoni fino agli alveoli.

Le tecniche gravimetriche non riescono a misurare con la precisione e sensibilità sufficiente i quantitativi di particolato ancora più fine. Scendendo ancora di diametro, all'interno del particolato ultrafine ricadono le cosiddette nanopolveri, che sono polveri con un diametro compreso fra 2 e 200 nm.

La distribuzione dei diametri aerodinamici medi è variabile, ma alcuni autori ritengono di poter valutare il rapporto fra PM2,5 e PM10 compreso fra il 50% e il 60%. In particolare Harrison valuta il PM2,5 come il 60% del PM10, mentre Kim lo valuta come un valore variabile dal 52% al 59%. Questo significa che – ad esempio – di 10 µg di PM10 contenuti in un metro cubo di aria mediamente 6 µg sono di PM2,5.

In un'inchiesta sul campo condotta dall'associazione di consumatori Altroconsumo nel gennaio del 2007 fra le 9.00 e le 17.00 in vari punti del centro di Milano tali da simulare il comportamento medio di un cittadino si è registrata una media di 451 µg/m³ per il PM10 con picchi di oltre 700 e di 408 µg/m³ per il PM2,5, che è risultato essere perciò il 90% del totale contro dati di letteratura del 70-80%. [6]

Legislazione europea e italiana

Al PM10 fanno riferimento numerose normative (fra cui le direttive europee sull'inquinamento urbano 1999/30/EC e 96/62/EC), tuttavia tale parametro si sta dimostrando relativamente grossolano, dato che sono i PM2,5 ed i PM1 (anche se comunque correlati al PM10) ad avere i maggiori effetti negativi sulla salute umana e animale. La sensibilità degli attuali strumenti di controllo sulle emissioni apprezza ordini di grandezza del micron. Per rilevare particelle ancora più fini è necessario utilizzare strumenti di laboratorio molto sofisticati e costosi, e su questa categoria di polveri non esistono limiti di legge (che operativamente non potrebbero essere fatti rispettare alla luce della tecnologia attuale).
Nel 2006 l'OMS, riconoscendo la correlazione fra esposizione alle polveri sottili e insorgenza di malattie cardiovascolari e l'aumentare del danno arrecato all'aumentare della finezza delle polveri, ha indicato il PM2,5 come misura aggiuntiva di riferimento delle polveri sottili nell'aria e ha abbassato i livelli di concentrazione massimi "consigliati" a 20 e 10 microgrammi/m³ rispettivamente per PM10 e PM2,5.[7]

Nelle direttive europee 1999/30/EC e 96/62/EC, la Commissione Europea ha fissato i limiti per la concentrazione delle PM10 nell'aria:

Fase 1

dal 1 gennaio 2005

Fase 2 termine indicativo

dal 1 febbraio 2010

Valore massimo per la media annuale 40 µg/m³ 20 µg/m³
Valore massimo giornaliero (24-ore)

Numero massimo di superamenti consentiti in un anno.

50 µg/m³

35

50 µg/m³

7

Il DM 60 del 2 aprile 2002, che accoglie le direttive europee, identifica come limite giornaliero di PM10 nelle aree urbane il valore di 50 µg/m3 ed è dunque conforme ai parametri indicati nella fase 1 della 96/62/EC.

Effetti sulla salute

Gli effetti del particolato sulla salute umana, secondo numerosi studi di omogenei esiti, possono essere di due tipi, acuti e cronici, entrambi maggiormente attribuibili al particolato fine ed ultrafine (PM10 e in particolare PM2,5) che è in grado di raggiungere laringe, trachea, polmoni e alveoli, e qui rilasciare parte delle sostanze inquinanti che trasporta (ad esempio idrocarburi policiclici aromatici, SOx e NOx).

Tra i disturbi attribuiti al particolato fine e ultrafine, patologie acute e croniche a carico dell'apparato respiratorio (asma, bronchiti, enfisema, allergia, tumori) e cardio-circolatorio (aggravamento dei sintomi cardiaci nei soggetti predisposti).[8] [9]

Come visto per le polveri da 10 a 2,5 micron, in generale più è fine la polvere maggiore è il danno alla salute.[10] Per quanto riguarda l'origine antropica di particolato, in genere il diametro delle polveri è tanto minore quanto maggiore è la temperatura di funzionamento dell'impianto di combustione che le genera.

In qualunque impianto di combustione (dalle caldaie agli inceneritori fino ai motori delle automobili e dei camion) un innalzamento della temperatura (al di sotto comunque di un limite massimo) migliora la combustione e riduce la quantià totale di particolato.

  Lo stesso argomento in dettaglio: Nanopatologia.

Effetti sull'ambiente e sulla meteorologia

Il pulviscolo ha effetti nella propagazione e nell'assorbimento delle radiazioni, sulla visibilità atmosferica e nei processi di condensazione del vapore acqueo (favorendo smog e nebbie).
L'aumento dell'inquinamento ha causato negli ultimi anni la formazione di un fenomeno noto come oscuramento globale, che consiste in una graduale riduzione dell'intensità dell'irraggiamento diretto sulla superficie terrestre (a causa della maggior diffusione della luce dovuta ad una maggior quantità di aerosol atmosferico), risultante in un lieve raffreddamento della superficie terrestre. Tale fenomeno, che varia a seconda delle aree coinvolte, è stato osservato a partire degli anni '50 ed ha fino ad ora compensato (e dunque attenuato) parzialmente gli effetti del riscaldamento globale, in termini difficilmente quantificabili. La riduzione dell'emissione di particolato in atmosfera in aree come l'Europa sta riducento tale fenomeno.

Note

  1. ^ Scientific Committee on Emerging and Newly Identified Health Risks.
  2. ^ Mario Tozzi, L'Italia a secco: la fine del petrolio e la nuova era dell'energia naturale, Rizzoli, 2006.
  3. ^ Citato in Antonio Bonomo (vice presidente ASM), "Spunti, miti e realtà per una concreta gestione integrata dei rifiuti", diapositive 21-23.
  4. ^ Studio sul futuro inceneritore torinese del Gerbido, p. 39.
  5. ^ I dati su entrambi gli studi sono tratti da la Repubblica Salute anno 13 n. 524 del 22 febbraio 2007.
  6. ^ Altroconsumo n. 201 di febbraio 2007; vedi anche pagina del sito dell'associazione.
  7. ^ (EN) OMS: 2006 Air quality guidelines executive summary, PDF
  8. ^ (EN) Donaldson K, MacNee W. Potential mechanisms of adverse pulmonary and cardiovascular effects of particulate air pollution (PM10). Int J Hyg Environ Health. 2001 Jul;203(5-6):411-5. Sunto
  9. ^ (EN) Francesca Dominici, PhD; Roger D. Peng, PhD; Michelle L. Bell, PhD; Luu Pham, MS; Aidan McDermott, PhD; Scott L. Zeger, PhD; Jonathan M. Samet, Fine Particulate Air Pollution and Hospital Admission for Cardiovascular and Respiratory Diseases, MD – JAMA. 2006;295:1127-1134. Sunto
  10. ^ Secondo alcuni le cosiddette nanopolveri sarebbero responsabili di patologie specifiche (le nanopatologie), ma gli studi, finora, non hanno portato a nessuna prova epidemiologica.

Voci correlate


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