Erosione
L'erosione in geologia e geomorfologia è una fase del processo sedimentario e consiste nella separazione fisica, da suoli e rocce affioranti, e successivo allontanamento di frammenti, chiamati "clasti", e di soluti generati dalla fase di degradazione meteorica.

Il termine viene applicato non solo al processo fisico-chimico in sé, ma anche agli effetti che l'erosione produce sul territorio. L'erosione tende a portare la superficie terrestre verso un profilo di equilibrio, raggiunto il quale le forze che la determinano sono insufficienti a farla proseguire o questa rallenta in modo significativo la sua azione.
Si usa distinguere l'erosione in "senso stretto", un processo che muove piccole quantità di materia in modo costante nel tempo, dai movimenti di massa, come frane e smottamenti, che invece movimentano grandi quantità di materiale in pochissimo tempo, ma sono discontinui.
Forme del rilievo caratteristiche
modificaAlcune forme del rilievo caratteristiche originatesi per erosione sono:
Origine e uso del nome
modificaIl termine deriva dal latino erodere = ex + rodere, ossia “rodere, consumare a poco a poco asportando da”. Nella lingua italiana erodere ed erosione si affermano nel Rinascimento, anche se inizialmente si applicarono soltanto alle monete per esprimere la cosiddetta tosatura o la riduzione progressiva del valore aureo. I due termini sono usati anche in medicina per indicare lesioni e ulcerazioni (già nel latino imperiale erosio = ulcerazione). Per descrivere i fenomeni erosivi delle acque correnti si utilizzano inizialmente i termini “corrodere/corrosione“. In Europa l'uso del termine erosione nel significato attuale inizia alla fine del Settecento, per opera dei geografi, in particolare francesi, che lo applicano allo studio della geomorfologia.[1]
Aspetti fisici: la sequenza erosionale
modificaL'erosione può essere vista come una sequenza di tre eventi: distacco, rimozione e trasporto. In molti casi, però, è assai difficile separare tra loro questi eventi, in quanto avvengono contemporaneamente.
Distacco
modificaL'erosione inizia con la separazione fisica di particelle dalla superficie di rocce e suoli. Qualche volta il distacco richiede la rottura dei legami che tengono insieme le particelle. Esistono diversi tipi di legami, ciascuno con differenti livelli di coesione fra le particelle. I legami più forti sono quelli tra i cristalli delle rocce ignee, che derivano dal modo in cui crescono i cristalli durante il raffreddamento del magma.
Nelle rocce sedimentarie i legami sono deboli e prodotti principalmente dall'effetto cementante di ossidi di ferro, silice o carbonati. Nei suoli essi sono ancora più deboli, legati all'azione coesiva delle molecole dipolari dell'acqua e all'attrazione elettrostatica tra particelle d'argilla o materia organica.
Le azioni fisica, chimica e biologica della degradazione tendono proprio a indebolire questi legami, sicché una roccia alterata è più facile preda del distacco. Gli agenti del distacco sono: (1) l'aumento di volume dell'acqua quando gela in fratture e cavità della roccia o del suolo, (2) l'impatto con il suolo delle gocce di pioggia e dei chicchi di grandine, (3) l'urto da parte di particelle trasportate dai fluidi in movimento (aria, acqua, ghiaccio) e (4) la cavitazione, che avviene solo nei flussi d'acqua molto veloci (ad es. nelle cascate) ed è originata dall'implosione di bolle d'aria, che crea microgetti d'acqua che a loro volta producono forti compressioni su aree molto piccole.
Solitamente il fenomeno dell'implosione avviene quando il flusso veloce dell'acqua incontra un ostacolo all'avanzamento come un grosso sasso. Secondo la legge di Bernoulli, la riduzione del volume aumenta la velocità del flusso riducendo contemporaneamente la pressione interna. Se questa scende sotto la tensione di vapore dei gas atmosferici disciolti nell'acqua, questi si separano in bolle che, a valle dell'ostacolo, vengono compresse (implodono) dalla pressione che torna ad aumentare a causa della diminuzione della velocità[2].
Rimozione
modificaUna volta che una particella si è separata dalle altre, deve essere sollevata per poter essere rimossa. Anche in questa fase bisogna vincere delle forze: la principale è la resistenza opposta dall'attrito, che si sviluppa dall'interazione della particella da rimuovere con quelle vicine, che in vari modi possono ostacolarne lo spostamento. La principale forza di rimozione è lo scorrimento di un fluido. L'intensità di questa forza dipende essenzialmente dalla massa di questo fluido (l'acqua è 9000 volte più densa dell'aria) e dalla sua velocità. Lo scorrimento del fluido determina sia il movimento orizzontale sia quello verticale delle particelle da rimuovere.
Se la spinta del flusso è sufficiente a vincere la resistenza dell'attrito, la particella si muove orizzontalmente. Il sollevamento della stessa è invece prodotto dalla turbolenza del flusso e dalla presenza di vortici, che esercitano una forza aspirante sulla superficie di scorrimento. Una volta che la particella è sollevata, l'unica forza che si oppone al trasporto è la gravità, così le particelle possono essere trasportate con velocità di flusso più basse di quelle necessarie alla rimozione. Nel caso di un pendio roccioso la rimozione può essere dovuta alla sola gravità, quando il disgelo del ghiaccio contenuto nelle fessure libera le particelle precedentemente separate tra loro proprio dall'aumento di volume del ghiaccio stesso[2].
Se gli elementi contenuti nelle rocce sono resi solubili dai processi di dissoluzione ed idrolisi, il processo di rimozione dei soluti da parte dell'acqua è detto lisciviazione[2].
Trasporto
modificaUna particella rimossa tende a muoversi finché la velocità del flusso o la viscosità del fluido (ad es. nel caso del ghiaccio) sono sufficientemente elevate da vincere la forza di gravità, che tende a farla ritornare al suolo. All'interno di un fluido il trasporto può avvenire in quattro modi differenti:
- sospensione: quando le particelle sono trasportate da un fluido senza toccare la superficie su cui scorre; può avvenire nell'aria, nell'acqua e nel ghiaccio;
- saltazione: quando le particelle si muovono continuamente dalla superficie di scorrimento al mezzo fluido e viceversa in rapidi e ripetuti cicli; è attivo solo nell'acqua e nell'aria;
- trazione: è il movimento di particelle che avviene lungo la superficie di scorrimento per rotolamento o trascinamento dei clasti; può avvenire in tutti i mezzi;
- soluzione: è un mezzo di trasporto esclusivo dell'acqua. La soluzione implica che il materiale eroso sia disciolto per lisciviazione e trasportato dall'acqua in forma ionica o molecolare. Per le falde acquifere questo è l'unico mezzo di trasporto possibile[2].
Il peso, le dimensioni, la forma e conformazione superficiale delle particelle e il tipo di mezzo agente determinano quale di questi processi opera prevalentemente.
Classificazione delle forme di erosione
modificaIn geomorfologia si distinguono diverse tipologie di erosione a seconda dell'agente del modellamento coinvolto:
- erosione per dilavamento, se l'agente erosivo sono le acque dilavanti;
- erosione fluviale, se l'agente erosivo sono i corsi d'acqua;
- erosione glaciale, se l'agente erosivo è il ghiaccio;
- erosione eolica, se l'agente erosivo è il vento;
- erosione marina, se l'agente erosivo è il mare.
Erosione per dilavamento
modificaIl dilavamento è l'erosione del suolo da parte dell'acqua dilavante (acqua piovana). Essa inizia già con il cadere della pioggia sul terreno (erosione da impatto, splash erosion), quindi si sviluppa gradualmente con lo scorrere dell'acqua nel suolo e nelle rocce.
Oltre all’azione di impatto delle gocce di acqua pluviale battente (splash erosion), un altro processo di dilavamento è l’azione di ruscellamento (o scorrimento) dell’acqua pluviale in superficie (runoff erosion).
Questa può agire attraverso tre diversi processi: erosione laminare (sheet erosion); erosione a rivoli (rill erosion); erosione a solchi (gully erosion).
Per erosione laminare, o erosione areale (sheet erosion), si intende un processo legato allo scorrimento delle acque superficiali che, in modo diffuso o sotto forma di una fitta rete di filetti d'acqua, asportano materiale dai versanti.
L’erosione a rivoli (rill erosion) è determinata dallo scorrimento delle acque superficiali lungo vie preferenziali, dette rivi o rivoli, che si originano in seguito a discontinuità topografiche, litologiche o della copertura vegetale.
L’erosione a solchi o erosione calanchiva (gully erosion) consegue al progressivo approfondirsi dei rivoli. Il graduale aumento della concentrazione dell'acqua lungo queste linee preferenziali provoca un incremento del potere erosivo delle acque di ruscellamento. Si generano dei solchi che si approfondiscono rapidamente, si allungano e si ramificano, con un arretramento delle testate delle aree in erosione.
Morfologie tipiche dovute all'erosione per dilavamento sono i calanchi (badlands), forme del rilievo che si producono per l'effetto di dilavamento delle acque piovane su rocce argillose degradate, con scarsa copertura vegetale e quindi poco protette dal ruscellamento. I calanchi sono forme di erosione a rivoli e a solchi assai spinte, e interessano porzioni di versante relativamente ampie, ripide e spoglie. I calanchi sono caratterizzati da ripidi e profondi canaloni e vallecole separati da creste affilate (a lama di coltello).
La genesi dei calanchi è legata all’azione delle acque dilavanti e concentrate: i calanchi si originano in seguito allo scorrimento superficiale di notevoli quantità quantità d’acqua su terreni fini e poco permeabili (ad esempio terreni argilloso-marnosi), in condizioni di acclività relativamente elevata e scarsità di vegetazione. Le acque dilavanti portano alla formazione di rills e gullies via via più profondi e ramificati. Questi tendono ad ampliarsi per fenomeni di arretramento alla testata e vanno ad interessare interi versanti vallivi, originando un paesaggio brullo e desolato.
In particolare, i fattori che presiedono allo sviluppo dei calanchi sono: disponibilità d’acqua pluviale; litologia tenera, fine e poco permeabile (ad esempio, terreni argilloso-marnosi); acclività relativamente elevata (versanti ripidi); copertura vegetale scarsa o assente (versanti spogli); orientazione del versante (l’effetto non è univoco).
Molto spesso, sui versanti argillosi di grandi sistemi vallivi, i calanchi si dispongono in gruppi ordinati con strutture a pettine, a raggiera o a lisca di pesce. Altrettanto frequentemente essi presentano disposizioni preferenziali sui versanti esposti a sud o, in presenza di strati argillosi con giacitura inclinata, sui versanti a reggipoggio.
I calanchi sono tipici delle regioni da clima arido a sub-umido; in Italia sono più comuni nelle argille plio-pleistoceniche della catena appenninica (in particolare negli appennini di Emilia-Romagna, Toscana, Marche, Lazio, Abruzzo, Umbria, Basilicata) e della Sicilia. I processi erosivi, molto spinti, determinano una rapida evoluzione dei calanchi che può occasionalmente provocare condizioni molto marcate di pericolosità geomorfologica, portando alla distruzione di ponti, di sedi stradali, di edifici isolati o di interi paesi.
Le biancane (biancanas) sono particolari forme del rilievo che si sviluppano per effetto di intensi processi di dilavamento su litotipi argillosi in aree a debole energia di rilievo. Esse si presentano come collinette alte poche decine di metri con morfologia cupoliforme o mammellonare, caratterizzate da versanti privi di vegetazione incisi da una fitta rete di rills e gullies, nella cui genesi ed evoluzione giocano un ruolo importante anche i processi di soffusione (piping). Il termine “biancana” deriva dal colore biancastro assunto dai livelli argillosi superficiali a causa della frequente formazione di efflorescenze saline di solfato di sodio, che vanno ad interessare il materiale alterato con la tipica struttura a pelle di elefante.
Alcuni autori tendono a considerare le biancane come forme residuali di un rilievo argilloso intensamente smantellato da processi di tipo calanchivo. Questa interpretazione, che appare valida per molte biancane individuabili su versanti poco acclivi prossimi ai fondovalle, non può essere applicata ad alcune biancane che si sviluppano in corrispondenza di zone sommitali di interfluvio fra valli profondamente incise e interessate sui versanti da spiccate morfologie calanchive. Ciò che accomuna le biancane di fondovalle da quelle sommitali è la pendenza della superficie topografica su cui esse si sviluppano; in entrambi i casi, infatti, le acclività sono sempre modeste e talvolta addirittura molto basse.
Le piramidi di terra, o pilastri di terra (earth pillars o hoodoo), anche noti come camini delle fate, sono particolari forme del rilievo che si sviluppano a seguito di processi di erosione per dilavamento in rocce clastiche, contenenti elementi litoidi di varia granulometria immersi in una matrice più fine.
Le piramidi di terra si originano in quanto i blocchi litoidi sovrastanti (cappellaccio), troppo pesanti e resistenti all’erosione per essere rimossi o attaccati dall’azione delle acque dilavanti, rimangono sul posto e proteggono i materiali più fini ad essi sottostanti, mentre quelli circostanti vengono dilavati ed erosi. Ne risultano forme caratteristiche a piramide.
Le piramidi di terra sono ben sviluppate soprattutto nei materiali fini morenici di alta montagna, caratterizzati da elementi eterometrici con dimensioni che vanno dai blocchi alle sabbie e ai limi, mescolati in un ammasso caotico indifferenziato.
Le piramidi di terra sono in genere forme precarie ed instabili nel tempo, in quanto sono soggette a fenomeni di erosione alla base; i materiali fini che le compongono si assottigliano progressivamente fino al momento in cui non sono più in grado di sostenere il peso del blocco litoide sovrastante, che, di conseguenza, crolla. Questa fase è in genere seguita da un rapido smantellamento del pilastro stesso, ormai privo del cappellaccio di protezione.
In alcuni casi le piramidi di terra si possono originare in presenza di strati suborizzontali a diversa erodibilità, intensamente fratturati: i processi di dilavamento, agendo lungo le linee di frattura, isolano una serie di pilastri in cui gli elementi protettivi sono costituiti da residui di uno strato roccioso più duro maggiormente resistente, che preserva dall’erosione i sottostanti materiali più teneri.
Tra le più caratteristiche e suggestive piramidi di terra presenti sul pianeta, sicuramente vi sono i “camini delle fate” in Cappadocia (Turchia). Si tratta di spettacolari pilastri conici sormontati da blocchi di roccia dura, scolpiti dall’azione delle acque dilavanti su lave, colate piroclastiche e piroclastiti di ricaduta emesse dal vulcano Erciyes nel Pleistocene superiore e disperse su una superficie di circa 4.200 km². Le lave, molto resistenti all’erosione, fanno da cap-rock sui sottostanti livelli più teneri.
L’eccezionale e suggestivo paesaggio del Bryce Canyon, nello Utah (Stati Uniti d’America) è caratterizzato dalla presenza di un’infinita serie di piramidi di terra, note come hoodoos, separate tra loro da profonde fenditure. Queste forme spettacolari sono prodotte dall’azione delle acque dilavanti su formazioni rocciose a diverso grado di erodibilità, caratterizzate da un fitto sistema di fratture verticali. Sono guglie alte e sottili di roccia che si sollevano dalla base di bacini aridi e dei calanchi. Il parco del Bryce Canyon contiene la maggiore concentrazione al mondo di queste forme del rilievo. Al Bryce Canyon i camini delle fate hanno un'altezza che va da 1,70 metri fino a 30 metri. Formati da strati di roccia sedimentarie di diversa durezza, le forme degli hoodoos sono scolpite dall'erosione. Sono formati da diversi tipi di roccia, tra cui la siltite, l'arenaria e principalmente il calcare. Questa formazione si è originata tra i 30 e i 40 milioni di anni fa in un lago che copriva buona parte dello Utah occidentale. I minerali formatisi nei diversi tipi di roccia fanno sì che gli hoodoos abbiano diversi colori. Due diversi processi legati all'acqua contribuiscono alla creazione di queste formazioni rocciose. Il primo è il congelamento/scioglimento dell'acqua infiltrata nella roccia, il secondo è la pioggia. Piogge acide sciolgono lentamente gli strati di calcare e quando raggiungono gli strati di siltite e arenaria l'azione erosiva rallenta grazie alla maggiore resistenza di queste rocce all'attacco degli acidi. Molti degli hoodoos più resistenti hanno in cima uno strato di dolomia, questa roccia si dissolve molto lentamente, quindi protegge gli strati sottostanti di calcare. La velocità di erosione va da 0,6 metri a 1,3 metri ogni cento anni, di questo passo tra 3 milioni di anni il ramo orientale del fiume Sevier scorrerà attraverso l'anfiteatro e inizierà ad erodere la roccia finendo per formare un classico canyon. Il processo è inarrestabile, il solo camminare alla loro base contribuisce ad accelerare l'erosione.
Erosione fluviale
modificaL'erosione fluviale è l'insieme dei processi geomorfologici legati alle azioni erosive di un corso d’acqua. L'erosione fluviale in senso stretto è il prelievo ed assunzione in carico di materiale detritico dal fondo o dalle sponde di un letto fluviale. Poiché si possa avere assunzione in carico di materiale, l’energia cinetica della corrente deve superare le forze di gravità, inerzia, attrito e coesione che tendono a mantenere in quiete le particelle detritiche.
L'erosione fluviale si manifesta in due forme: con l'erosione di fondo, ossia quella che la corrente fluviale esercita sul letto del fiume e ne provoca un progressivo abbassamento, e con l'erosione laterale o di sponda, che provoca modificazioni nella forma dell'alveo agendo sulle sponde a causa di variazioni nel flusso della corrente e al manifestarsi di movimenti di massa che interessano l'alveo. Le due forme possono agire insieme o in modo indipendente [3]
Un ruolo molto importante nell’erosione fluviale è svolto dai materiali detritici trasportati dal corso d’acqua. Per abrasione fluviale si intende l’azione meccanica conseguente all’urto e al logorio dei materiali detritici trasportati dalla corrente. I detriti trasportati dalla corrente, infatti, urtando contro il fondo o le sponde del letto fluviale provocano il distacco di frammenti rocciosi, che vengono a loro volta presi in carico dalla corrente. Il rotolio di blocchi e ciottoli nell’alveo fluviale frantuma e spezzetta ulteriormente i detriti in frammenti più piccoli, che tendono ad assumere una tipica forma arrotondata. I processi meccanici legati alle particelle detritiche trasportate dal corso d’acqua dipendono dalla quantità e dalla granulometria di queste. L’azione dei materiali argillosi e limosi è trascurabile. Le sabbie producono soprattutto una levigazione dei letti rocciosi. I materiali più grossolani esercitano un’azione individuale d’urto sulle pareti, con conseguenti fenomeni di disgregazione molto spinti. I processi di abrasione fluviale sono particolarmente importanti in letti rocciosi molto resistenti all’erosione. In questo tipo di letti, in presenza di un flusso turbolento veloce o in caduta libera, si possono creare movimenti vorticosi che, facendo ruotare impetuosamente le sabbie e i ciottoli trasportati (evorsione), possono portare alla formazione di cavità emisferiche dette marmitte (pothole). Queste cavità, con dimensioni variabili dal decimetro al metro, presentano spesso al loro interno ciottoli sferici o a forma di disco, che rappresentano la mola con cui la marmitta è stata incavata.
Erosione glaciale
modificaL'erosione glaciale è causata dal lento flusso a valle e dal peso della massa glaciale e dallo scorrimento dei torrenti subglaciali. La sua azione è visibile solamente quando il ghiacciaio si ritira. L’erosione glaciale produce forme di modellamento di dimensioni estremamente variabili che vanno dalle microforme con dimensioni dell’ordine del cm a macroforme con dimensioni dell’ordine delle centinaia di chilometri. Si parla di abrasione glaciale quando si ha levigazione della roccia su cui transita il ghiaccio ad opera dei detriti trasportati all'interfaccia roccia-ghiaccio; provoca striature e scannellature sia sui detriti che sulle rocce che costituiscono il substrato. Sul substrato roccioso per effetto dell’abrasione glaciale si producono spesso tipiche forme di levigazione, caratterizzate da fitti sistemi di solchi e scanalature, parallele tra loro, dette strie glaciali o striature glaciali, con dimensioni dell’ordine del metro di lunghezza e di pochi mm in larghezza e profondità. Le rocce montonate sono dossi o rilievi in roccia con aspetto mammellonare, spesso allineati ed associati in gruppi, caratterizzati da una netta simmetria. In essi si riconoscono chiaramente un versante meno acclive, levigato e striato, e un versante più rapido, con superficie scabra ed irregolare, che si succedono da monte verso valle nella direzione del flusso glaciale che li ha originati. Le superfici delle rocce montane sono molto spesso erose e levigate da processi di abrasione glaciale. Le valli glaciali costituiscono forse le forme di erosione più tipiche e più caratteristiche del modellamento glaciale: esse sono state interamente scavate o profondamente rimodellate dalle lingue glaciali di ghiacciai vallivi. Le valli glaciali possono essere caratterizzata da un profilo trasversale che presenta una tipica forma a U.
Erosione eolica
modificaL'erosione eolica è l'azione erosiva di rocce e rilievi terrestri ad opera del vento. Il vento più che un'azione di erosione diretta in senso stretto opera un'azione di corrasione, ossia l’erosione meccanica esercitata dalle particelle detritiche scagliate dal vento contro una parete rocciosa. La corrasione ha un’azione limitata essenzialmente all’escavazione di solchi e corridoi in rocce argillose e alla smerigliatura o levigatura delle pareti rocciose e dei detriti. L'azione geomorfologica del vento è particolarmente efficace in ambienti aridi con fondi sabbiosi e vegetazione scarsa o assente, come i deserti.
Morfologie eoliche tipiche dei deserti sono gli yardangs, dorsali allungate di dimensioni molto variabili parallele tra loro e orientate nella direzione dei venti dominanti. Uno yardang è una cresta rocciosa creata dall'erosione del vento in un ambiente desertico. Gli yardangs sono generalmente di forma allungata, almeno tre volte più lunghi che larghi; visti dall'alto, somigliano allo scafo di una barca. Il lato sopravvento è impervio e ripido e la struttura diviene sempre più bassa e stretta man mano che si allontana dal vento. Gli yardangs più piccoli presentano altezze e larghezze dell’ordine del metro e lunghezze di una decina di metri, mentre gli yardangs più grandi possono raggiungere i 20-30 metri di altezza, i 200 metri di larghezza e fino a 2 chilometri di lunghezza. Queste dorsali, con tipiche forme aerodinamiche, sono separate da profondi solchi originati da erosione eolica. Gli yardangs si sviluppano spesso in sedimenti lacustri o fluvio-lacustri più o meno cementati e possono essere considerati forme complesse dovute sia alla deflazione sia alla corrasione eolica. L’alternanza di materiali più resistenti e di materiali più erodibili origina frequentemente sulle dorsali e nei solchi, che le separano, tipiche forme di erosione selettiva operata dal vento sui materiali arenacei a diverso grado di cementazione e sui livelli argillosi più teneri.
Tra le forme desertiche legate ai processi di erosione eolica sono da citare anche i cosiddetti pilastri di roccia o funghi di roccia (pedestal rocks o mushroom rocks), veri e propri torrioni rocciosi modellati ed isolati dall’azione erosiva del vento, caratterizzati da un livello più sottile, detto collo o colonna, che sorregge un blocco più largo e pesante. Queste particolari forme del rilievo nelle regioni iperaride (come il Sahara centrale o i deserti del Namib o di Atacama) evolvono per effetto di importanti processi eolici di deflazione e di corrasione, che agiscono su rocce a diversa erodibilità, spesso già indebolite da processi di degradazione meteorica (soprattutto termoclastismo). Va segnalato che, alla genesi di queste forme, possono aver contribuito, in fasi climatiche umide precedenti a quelle aride attuali, intensi processi di alterazione chimica e di dilavamento. In regioni iperaride, con precipitazioni medie annue inferiori ai 20 mm, la formazione e l’evoluzione morfologica dei funghi di roccia è guidata principalmente dal termoclastismo e dai processi di corrasione eolica basale. Meno importanti anche se non del tutto assenti sono processi di alterazione chimica, come l’idrolisi dei silicati.
In numerose zone desertiche si possono individuare spettacolari archi di roccia naturali (natural rock arch). Si tratta di forme poligeniche, originate e modellate da un insieme di processi geomorfologici quali l’azione erosiva del vento, la degradazione meteorica e l’azione delle acque dilavanti. Le rocce arenacee modellate “ad arco” presentano livelli più resistenti alternati a livelli più erodibili. I processi di disgregazione fisica e soprattutto di alterazione chimica (idrolisi dei silicati), che concorrono alla formazione e al modellamento di queste forme del rilievo, si associano con la deflazione eolica e con l’azione delle acque dilavanti, che hanno il ruolo di rimuovere i materiali residuali prodotti.
Erosione marina
modificaL’erosione marina è l’azione distruttiva operata dal mare, attraverso il moto ondoso, si esplica attraverso una serie di processi che comprendono: la degradazione operata dall’acqua al contatto con le rocce e i sedimenti dei litorali, la presa in carico di detriti sciolti, l’azione meccanica legata all’urto dell’onda sulla costa, l’azione di abrasione esercitata dai detriti presi in carico dalle onde e trascinati sul fondo o scagliati contro la costa. I processi erosivi in ambiente costiero possono essere molto marcati soprattutto nel caso di onde di tempesta, che originano mareggiate di estrema violenza in prossimità della costa.
L'azione del mare sulle coste comprende una serie di processi legati all'effetto delle onde e delle correnti litorali: prelievo di materiale detritico dalle spiagge, azione meccanica d'urto delle onde sulle coste rocciose, distacco di granuli per cristallizzazione del sale nelle fessure ecc. Il risultato è quasi sempre un arretramento della linea di costa[3].
Tipiche morfologie costiere prodotte dall’azione erosiva del moto ondoso sono le falesie e i faraglioni.
Le falesie sono scarpate rocciose ripide in forte pendio verticale o strapiombante, prive di vegetazione e che si raccordano bruscamente al mare. Esse sono spesso originate e modellate da potenti ed intensi processi di erosione marina ad opera del moto ondoso. L’evoluzione di una falesia dipende da intensità dell’azione erosiva del mare e caratteristiche chimiche e fisico-meccaniche della roccia che costituisce la scarpata.
Un faraglione è uno scoglio roccioso a forma di picco che emerge dall'acqua del mare nei pressi della costa. Sono causati dall'azione erosiva del moto ondoso delle acque poco profonde.
Erosione carsica
modificaÈ un'erosione di tipo quasi esclusivamente chimico, legata alla dissoluzione dei carbonati da parte di acque debolmente acide circolanti sulla superficie e all'interno di rocce calcaree.
Erosione selettiva
modificaL’azione erosiva degli agenti esogeni si esplica con intensità ed efficacia diverse in funzione delle caratteristiche litologiche e strutturali delle formazioni rocciose affioranti, si parla perciò di erosione selettiva o erosione differenziale.
Le rocce più resistenti ai processi erosivi danno origine a forme rilevate e sporgenti, mentre quelle meno resistenti risultano più depresse o vengono facilmente demolite. È per questo che i rilievi più alti delle catene montuose sono sempre costituiti da rocce con elevata resistenza all’erosione, mentre le zone più basse corrispondono spesso agli affioramenti di rocce più facilmente erodibili. A piccola scala i processi di erosione selettiva sono particolarmente evidenti in presenza di alternanze di materiali duri e teneri, che danno origine a tipiche morfologie differenziate (forme di erosione selettiva).
La maggiore o minore resistenza di una roccia ai processi di erosione dipende innanzitutto dalle caratteristiche petrografiche, dalla coesione e dal grado di cementazione della roccia stessa: rocce come graniti, gneiss, calcari, dolomie o arenarie, rocce fortemente cementate, presentano un’elevata resistenza meccanica ai processi di erosione, mentre rocce come le argille o le sabbie sciolte sono facilmente erodibili. Va segnalata, infine, anche l’importanza dell’ambiente morfoclimatico e dei processi di modellamento che lo caratterizzano. Alcune rocce, infatti, in presenza di condizioni climatiche diverse, si comportano come resistenti alla degradazione e alla denudazione oppure come facilmente erodibili.
Fattori che regolano l'erosione
modificaL'intensità e la velocità con cui si esplica l'azione erosiva e il prevalere dell'azione fisica o di quella chimica dipendono da una serie di fattori, il principale dei quali è il clima. Diversa è infatti l'entità e la velocità di erosione di un determinato tipo di roccia a seconda che questa si trovi in un clima arido oppure umido, ventoso, con piogge regolari o irregolari, in ambienti caldi oppure freddi oppure ancora con forti o nulle escursioni termiche. Un classico esempio è il modo in cui viene elaborato dagli agenti atmosferici un granito posto in diversi contesti climatici. In un ambiente di montagna, dove prevalgono il meccanismo di gelo e disgelo e l'azione erosiva dei ghiacciai e dove l'azione chimica è inibita dalle basse temperature, il granito assume una morfologia aspra, fatta di guglie e creste affilate. Viceversa in un clima caldo umido come quello equatoriale il granito si coprirà rapidamente di una coltre argillosa per alterazione chimica, sarà eroso molto più rapidamente e tenderà ad assumere una forma arcuata o appena in rilievo rispetto alle rocce circostanti. Altri fattori che regolano l'erosione sono:
- Natura e giacitura delle rocce: l'azione erosiva è condizionata dalla resistenza delle rocce alla disgregazione meccanica e all'alterazione chimica. In un territorio dove si trovino rocce con diversa resistenza, quelle più dure tenderanno a restare in rilievo mentre quelle più tenere saranno spianate più facilmente. Anche la giacitura delle rocce stratificate condiziona la velocità dell'erosione: l'erosione e lo sviluppo dei movimenti franosi sono facilitati se gli strati immergono nella stessa direzione verso cui immerge il versante ma con un'inclinazione minore, cioè sono disposti a franapoggio;
- Tettonica: deformazioni, faglie e fratturazioni delle rocce costituiscono delle zone di debolezza che favoriscono e incanalano verso aree circoscritte l'azione erosiva;
- Vegetazione: dove c'è una fitta vegetazione arborea, pendii argillosi anche molto ripidi sono efficacemente preservati dall'erosione; al contrario modesti rilievi argillosi, disboscati e messi a coltura dall'uomo, possono essere profondamente incisi dalle acque di ruscellamento in tempi brevissimi[2].
- inerbimento: grazie a questa tecnica, che consiste nel impiantare delle colture inerbenti di vario tipo, possiamo ridurre e controllare l'erosione del terreno. Le colture inerbenti vanno a rallentare l'energia cinetica della goccia che cade e quindi essa arriverà al terreno con una forza minore, evitando compattazione del suolo ed erosione.
Forme di erosione accelerata
modificaSi chiama erosione accelerata il dilavamento che si verifica su suoli privi di vegetazione arborea e poco permeabili ad opera di piogge intense a carattere torrenziale. La violenza dell'acqua è tale che nell'arco di poche ore o giorni si possono avere modifiche nei versanti che in condizioni normali impiegano moltissimi anni a formarsi[2]. Tra le forme più comuni generate dall'erosione accelerata ci sono le piramidi di terra o camini delle fate e i calanchi.
Forme erosionali e forme residuali
modificaL'attività erosiva, con l'asportazione di materiali solidi e soluti, modifica più o meno velocemente l'aspetto della superficie terrestre. Le forme che derivano da questa continua e lenta asportazione sono dette forme erosionali. Una volta che il territorio ha raggiunto un nuovo equilibrio e l'erosione cessa o viene minimizzata, le forme assunte dal territorio in quel momento sono dette forme residuali. Nel caso, per esempio, dell'erosione fluviale la forma erosionale è la tipica valle fluviale con sezione a forma di lettera “V”, mentre la forma residuale sono i rilievi (montagne o colline) non erosi dalle acque incanalate. Nel caso invece di un'erosione glaciale, la forma erosionale è la valle con sezione a forma di lettera “U” e le forme residuali sono i rilievi a forma di corno (piramide a tre o quattro lati) i circhi glaciali e le valli sospese.
Agenti esogeni predisponenti all'erosione
modificaLa degradazione meteorica o meteorizzazione è il risultato della dissoluzione chimica e del logoramento meccanico delle rocce da parte di agenti geomorfologici (es. espansione del ghiaccio, azione abrasiva dei sedimenti, azione di organismi viventi ecc.). La meteorizzazione costituisce la fonte dei sedimenti trasportati dai processi fluviali, glaciali, eolici o biotici. Prodotto della meteorizzazione è la formazione del suolo e dei depositi residuali. Ad oggi una delle frontiere della geomorfologia è l'integrazione delle varie componenti nella formazione del rilievo e del paesaggio, con particolare attenzione al ruolo che la biosfera può esercitare su di esso.
I processi di degradazione meteorica possono essere distinti in fisici e chimici: nei processi di degradazione fisica o meccanica non interviene alcuna modificazione chimica del paesaggio, mentre nei processi di degradazione chimica le forme del paesaggio sono più o meno alterate da reazioni chimiche.
Processi di degradazione fisica o meccanica
modificaNei processi di degradazione fisica o meccanica non interviene alcuna modificazione chimica della roccia: questi processi non comportano trasformazioni ed alterazioni chimiche all’interno delle rocce o dei materiali interessati. È il caso della frammentazione di una roccia in seguito a variazioni termiche, all’erosione di una ripa fluviale ad opera dell’acqua, al trasporto e all’accumulo eolico della sabbia di una spiaggia o di un deserto. Un processo fisico comporta sempre una progressiva frantumazione della roccia, una trasformazione da tipi litologici più compatti e più resistenti ad altri che lo sono meno.
I principali processi di disgregazione fisica sono: il crioclastismo; il termoclastismo; l’idroclastismo; l’aloclastismo; il bioclastismo, l'esfoliazione.
Crioclastismo
modificaIl crioclastismo (frost weathering), detto anche gelivazione, è legato ad oscillazioni di temperatura al di sopra e al di sotto degli 0 °C, in rocce fratturate o porose in presenza di acqua interstiziale: fondamentalmente il processo crioclastico consiste nella frantumazione di rocce dovuta al ripetersi di cicli di congelamento e scongelamento. Quando la temperatura scende sotto gli 0 °C, l’acqua passa dallo stato liquido allo stato solido, si trasforma cioè in ghiaccio e tende ad espandere il suo volume di circa il 10%. Questa espansione volumetrica dell’acqua determina sulle fratture e sui pori delle rocce pressioni molto forti, che comportano una loro dilatazione. Con l’aumento delle temperature sopra gli 0 °C il ghiaccio si scioglie e l’acqua penetra più in profondità negli interstizi precedentemente allargati. Con il successivo congelamento, quindi, il processo di dilatazione delle fessure torna ad attivarsi e le fessure si allargano ancora di più, e si possono produrre nuove fenditure. Con il ripetersi di numerosi cicli di gelo e disgelo le crepe possono via via aumentare ed allargarsi fino al completo frazionamento della roccia: a lungo andare i processi crioclastici comportano la frantumazione della roccia in blocchi di dimensioni variabili.
Le condizioni che influenzano il crioclastismo sono: la presenza indispensabile di acqua, le variazioni di temperatura, il tipo litologico. L’intensità del crioclastismo dipende dalla frequenza dei cicli di gelo-disgelo e dalla durata, dall’intensità e dalla velocità del congelamento dell’acqua. Studi sperimentali hanno evidenziato che il crioclastismo è particolarmente efficace se il congelamento dell’acqua avviene in modo rapido, se si alternano frequenti cicli di gelo-disgelo e se nelle fratture o nei pori della roccia è presente una significativa quantità di acqua. Le rocce possono essere più o meno gelive, cioè suscettibili a questo tipo di frammentazione. Questa caratteristica dipende dalle dimensioni e dalle quantità dei vuoti, dall’elasticità e dalla permeabilità della roccia. Il frazionamento può avvenire mediante processi di frantumazione, desquamazione o disintegrazione granulare, con conseguente produzione di frammenti detti crioclasti, che hanno forma e dimensioni che risentono soprattutto del tipo litologico: sono caratterizzati da angoli e spigoli vivi e si dispongono in letti e coperture se la topografia è pianeggiante, oppure si accumulano in falde o coni ai piedi dei versanti, se interviene l’azione della gravità su pendii di una certa acclività. Le zone geografiche dove è maggiore l’intensità del crioclastismo sono quelle con climi sub-polari marittimi, come in Islanda, dove si verificano anche più di 150 cicli annuali di gelo-disgelo, o quelle temperate montane, quando in certe stagioni i passaggi al di sopra e al di sotto dello zero hanno un ritmo pressoché quotidiano. Nelle zone di montagna infatti il processo crioclastico, particolarmente intenso, si attiva per effetto delle escursioni termiche diurne, quando le temperature superano durante il dì la temperatura di congelamento dell’acqua e scendono rapidamente al calar del sole al di sotto dei -5 °C.
Termoclastismo
modificaIl termoclastismo (insolation weathering) è un processo di disgregazione fisica causato dalle escursioni termiche, riguarda quindi zone dove ci sono molti sbalzi della temperatura. Questo fenomeno è determinato dalle variazioni (dilatazioni e contrazioni) alle quali i minerali contenuti all’interno di una determinata roccia sono sottoposti durante l’insolazione diurna e il raffreddamento notturno. Questi sbalzi termici tra giorno e notte possono portare alla frantumazione dei materiali rocciosi: è in questo caso che si parla di processi termoclastici.
La bassa conducibilità termica delle rocce fa sì che le porzioni affioranti, cioè le parti superficiali della roccia, che subiscono l’attacco diretto dell’insolazione, subiscano variazioni di volume più sensibili di quelle più profonde: ciò determina una desquamazione della roccia, in lastre e scaglie spigolose. L’intensità del termoclastismo dipende dalla frequenza e dall’entità delle escursioni termiche, è perciò massima nelle regioni desertiche e nelle regioni di alta montagna a scarso tasso di umidità atmosferica e prive o quasi di vegetazione. Questi ambienti sono caratterizzati dall’alternanza di momenti di irraggiamento solare diretto, in cui si raggiungono elevate temperature delle superfici, con momenti aventi temperature nettamente minori durante la notte. Improvvise precipitazioni possono accelerare la frantumazione della roccia. I detriti rocciosi prodotti dal termoclastismo sono detti termoclasti e sono praticamente analoghi ai crioclasti, è l’ubicazione geografica e climatica che indica la loro differente origine.
Il termoclastismo è un processo di disgregazione più lento e meno intenso del crioclastismo. La velocità di trasmissione del calore verso l’interno è direttamente correlata alla conducibilità termica della roccia stessa e dipende da numerose caratteristiche fisico-chimiche dell’ammasso roccioso e dei suoi minerali costituenti. In particolare, le condizioni che influenzano il termoclastismo sono: la non omogeneità delle rocce (le rocce devono cioè essere costituite da minerali con proprietà fisiche diverse), i diversi coefficienti di dilatazione dei vari minerali, l'anisotropia (la differente dilatazione di uno stesso minerale nelle diverse direzioni), i diversi poteri di assorbimento del calore nei vari minerali (i minerali scuri assorbono più le radiazioni solari dei minerali chiari).
Idroclastismo
modificaL’idroclastismo (hydration weathering) è una tipologia di degradazione meteorica che consiste nell’alternanza di processi di umidificazione ed essicazione di rocce argillose o marnose (rocce che hanno l’attitudine ad assorbire acqua) che può determinare fenomeni di rigonfiamento, frammentazione e desquamazione superficiale dei terreni. Durante gli eventi piovosi, le rocce argillose o marnose si rigonfiano in seguito ad assorbimento d’acqua; a pioggia cessata, l’insolazione fa evaporare l’acqua assorbita e la roccia tende ad essiccarsi. Quando le rocce si disseccano, si crepano in una serie di fessure a forme poligonali. Anche rocce siltose o arenacee possono frantumarsi con desquamazioni superficiali o con disintegrazioni granulari. Se il rigonfiamento e l’essiccazione si riproducono in modo ciclico, si originano in superficie una serie di crepe e fratture poligonali che a lungo andare disgregano la roccia madre originando clasti e squame sottili, facilmente rimovibili da parte degli agenti erosivi. I prodotti dell’idroclastismo sono detti idroclasti, per analogia con quelli precedentemente descritti.
L’ambiente litorale marino è sensibilmente favorevole a questo tipo di disgregazione: vi si avvicendano frequentemente i ritmi di umidificazione-essiccazione e le rocce spesso affiorano a nudo o non protette, o protette male, dalla scarsa vegetazione.
Le condizioni che influenzano l’idroclastismo sono: l’alternanza di periodi umidi e secchi (e la frequenza di quest’alternanza) e l’assenza o la scarsità di vegetazione.
Aloclastismo
modificaL’aloclastismo (salt weathering) ha luogo quando soluzioni acquose ricche di sali penetrano nei pori o nelle fessure presenti nelle rocce. In particolare, l’aloclastismo è determinato dalla cristallizzazione o dal rigonfiamento di sali all’interno di fenditure, pori e discontinuità nella roccia che possono produrre deformazioni e disgregazioni della roccia stessa. Qualsiasi tipologia di roccia può essere degradata dall’aloclastismo. Così in periodi piovosi acque ricche di sali in soluzione possono entrare nelle fessure e in periodi caldi essere richiamate alla superficie ed evaporare con conseguente precipitazione delle sostanze disciolte; egualmente la rugiada può sciogliere dei sali e questi successivamente ricristallizzare per evaporazione dell’acqua. Questi cristalli che si formano all’interno delle cavità possono esercitare pressioni capaci di ampliare le fenditure e frantumare progressivamente la roccia, dunque pressioni assimilabili a quelle che si registrano con il crioclastismo. Analogamente ai fenomeni di degradazione meteorica precedentemente descritti, i prodotti dell’aloclastismo sono detti aloclasti.
Le condizioni che influenzano l’aloclastismo sono: variazioni di umidità e temperatura, caratteristiche di porosità e frammentazione delle rocce, tipi di sali coinvolti (quelli più aggressivi sono i solfati di sodio e di magnesio). Naturalmente le rocce più soggette all’aloclastismo sono le rocce affioranti presso i litorali marini, in genere non coperte da vegetazione.
Bioclastismo
modificaAnche gli organismi viventi contribuiscono ad alterare le rocce. Il bioclastismo comprende i processi elementari di degradazione fisica conseguenti ad azioni di esseri viventi: attività di pascolo o di razzolamento di animali erbivori; radici di piante che penetrano nel terreno frazionandolo; animali roditori che producono cunicoli o cavità; attività antropiche di aratura che dissodano il terreno e così via. Più o meno tutti i tipi di rocce possono subire una disgregazione di questo tipo.
L'azione delle piante nella frantumazione delle rocce è più importante di quanto si possa credere comunemente. Le piante infatti operano un'operazione di disgregazione meccanica tramite le radici, che insinuandosi nelle piccole fessure le dilatano lentamente penetrando sempre più a fondo.
I licheni, organismi vegetali molto particolari originati dall'associazione di un fungo e di un'alga, penetrano con le loro microscopiche propaggini tra i granuli di un minerale di cui è formata una roccia. Allo stesso modo si comportano muschi e cianobatteri. Un caso particolare di bioclastismo è quello di cunicoli scavati negli argini dei fiumi dai roditori, come le nutrie: si può formare una condotta che, in occasione di piene e di conseguente innalzamento del livello dell’acqua, diventa sede d’ingenti pressioni idrauliche, con conseguente cedimento degli argini stessi. Tra gli uccelli, svolgono un’azione di scavo simile a quella della nutria i gruccioni, affini al martin pescatore. Alcuni molluschi marini, come i datteri di mare, vivono nelle rocce, in fori scavati con sostanze acide per scavarsi un rifugio.
Chiaramente il bioclastismo è un processo azonale, poiché può agire in praticamente tutte le zone del pianeta e in qualsiasi zona climatica. Le condizioni che influenzano il bioclastismo possono essere molteplici e variano a seconda del contesto morfoclimatico e locale. Ancora per analogia, i prodotti del bioclastismo sono detti bioclasti.
Esfoliazione
modificaL’esfoliazione si verifica in rocce massive quando queste, originatesi in profondità, arrivano in superficie dopo sollevamenti tettonici e smantellamento delle rocce sovrastanti. La riduzione di pressione litostatica determina lo sviluppo di fratture curvilinee subparallele alla superficie topografica, che costituiscono linee preferenziali su cui vanno ad agire i processi di disgregazione fisica, con la conseguente formazione di scaglie ricurve che si separano dalla roccia madre.
L’esfoliazione si verifica a scale spaziali estremamente variabili: dalle desquamazioni cipollari spesse qualche millimetro, indotte soprattutto dal termoclastismo, dal crioclastismo e dall’aloclastismo, fino a fenomeni macroscopici che portano alla formazione dei cosiddetti domi di esfoliazione alti ed ampi anche diverse centinaia di metri.
Uno dei siti dove sono visibili le più suggestive forme di esfoliazione è Wādī al-Ḥītān, nel deserto occidentale dell'Egitto, a circa 150 km a sudovest del Cairo. La valle (wādī in arabo), scavata da un fiume ora secco, è circondata da dune, scogliere e basse colline calcaree; al suo interno il paesaggio è pianeggiante e sabbioso e presenta pilastri e formazioni rocciose dalle forme bizzarre, formatesi per l'azione erosiva del vento e della sabbia. Alcune delle rocce, che si presentano isolate, hanno una forma tondeggiante e sono caratterizzate da fasce di intricati reticoli che le hanno valso il nome in arabo di baṭṭikh, ossia angurie.
Processi di degradazione chimica
modificaI corpi rocciosi possono essere alterati anche da processi chimici che ne cambiano la composizione. I processi di degradazione chimica implicano una modificazione chimica della roccia, come ad esempio la soluzione di una roccia carbonatica, nell’incrostrazione di ossidi di manganese, nella formazione di crostoni ferruginosi o bauxistici.
Un processo di degradazione chimica, al contrario dei processi fisici, può anche accrescere la coesione dei materiali rocciosi: un esempio può essere la cementazione di un deposito ghiaioso ad opera di sostanze carbonatiche.
I principali processi di degradazione chimica sono: la soluzione, l’idrolisi, l’idratazione, l’ossidazione e le azioni biochimiche.
Soluzione
modificaLa soluzione (o dissoluzione) è un processo di degradazione chimica che si ha quando il minerale si dissolve in acqua, quindi interessa rocce costituite da minerali solubili in acqua, come il salgemma e il gesso. Si tratta del processo di degradazione chimica più semplice e più frequente in natura e dipende dal fatto che l’acqua agisce come solvente polare su numerosi minerali che compongono le rocce. Le rocce costituite da minerali solubili in acqua possono pertanto essere sottoposte a soluzione, con conseguenti trasformazioni più o meno vistose delle forme del paesaggio.
I carbonati di calcio sono insolubili, ma possono, in particolari condizioni, essere trasformati in bicarbonati che invece sono solubili. Infatti la combinazione dell’anidride carbonica (CO2), che si trova nel terreno o nell’aria circostante, con l’acqua (H2O) determina la formazione di acido carbonico: questo può attaccare i carbonati calcite e dolomite, insolubili, e trasformarli in bicarbonati solubili.
Si producono di conseguenza fenomeni di erosione con cavità e solchi di soluzione, oppure processi di deposizione sotto forma di incrostazioni, cementazioni, sculture naturali e così via. Questi fenomeni rientrano nell’ambito del carsismo.
Il carsismo è un fenomeno di dissoluzione chimica operato dalle acque meteoriche su rocce solubili quali il gesso, il salgemma, le dolomie e i calcari. Vista la netta preponderanza in natura di rocce carbonatiche rispetto alle altre rocce solubili, gli effetti morfologici più tipici del carsismo caratterizzano i rilievi carbonatici. Il fenomeno è particolarmente efficace sui calcari, rocce sedimentarie costituite prevalentemente da carbonato di calcio (CaCO3). Questo composto, di per sé poco solubile in acqua pura, viene fortemente attaccato dall’acqua meteorica ricca di anidride carbonica (CO2) e trasformato in bicarbonato di calcio, un sale molto solubile e facilmente rimovibile dalle acque circolanti.
Le forme di concrezionamento più tipiche nelle grotte soggette a fenomeni di carsismo sono le stalattiti, che si originano sulle volte delle cavità, con sviluppo dall’alto verso il basso. La stalattite ha generalmente una forma cilindrica o di cono allungato, ma se la grotta è percorsa da correnti d'aria può deviare dal suo asse verticale e assumere forme bizzarre.
Sul pavimento delle grotte, nei punti in cui le gocce cadono dal soffitto, staccandosi da una stalattite o direttamente da zone di frattura, per ulteriore deposizione di calcite si formano le stalagmiti, la cui forma si sviluppa dal basso verso l’alto attraverso la sovrapposizione di più strati d’aspetto discoidale spessi al centro e sottili sui lati. L’unione di una stalattite con una stalagmite origina una colonna.
Le condizioni climatiche essenziali per la soluzione sono la presenza di acqua e di litotipi suscettibili al processo di soluzione e la presenza di anidride carbonica per quanto riguarda i processi carsici.
Idrolisi
modificaL’idrolisi è un processo di degradazione chimica che interessa principalmente i silicati, dunque le rocce silicatiche. Si tratta di un processo di scissione operato dall’acqua, che porta a trasformare rocce compatte in rocce più friabili che si sgretolano.
L’idrolisi consiste nella reazione chimica tra gli ioni H+ e OH− contenuti nell’acqua e gli ioni dei silicati. I minerali delle rocce silicatiche vengono attaccati chimicamente dall’acqua scissa, anche se parzialmente, in ioni H+ e OH−. Il risultato è una scomposizione di tali minerali in minerali solubili, asportabili dalle acque circolanti, e in altri insolubili, che rimangono in loco sotto forma di prodotti residuali. Sono soggette al processo di idrolisi le rocce che contengono minerali feldspatici (ad esempio arenarie e graniti).
L'idrolisi determina dunque una trasformazione di una parte dei minerali di una determinata roccia che comporta fenomeni di esfoliazione, disgregazione granulare, ecc. Questi danno luogo a tipiche forme del rilievo.
L’idrolisi è necessariamente legata alla presenza di acqua ed è tanto più intensa quanto più è spinto il grado di dissociazione degli ioni H+ e OH−, che è direttamente proporzionale alla temperatura. Ne consegue che il processo di idrolisi risulta più efficace a temperature alte. Pertanto l’idrolisi è caratteristica delle zone caldo-umide.
Al processo di idrolisi sono riconducibili le forme a nicchia, a tafoni, ad archi scolpite in rocce granitiche e più in generale feldspatiche che si osservano ad esempio in Sardegna o in Corsica. Il processo si innesca per il permanere di acqua di precipitazione o di condensazione in corrispondenza di punti di discontinuità della roccia. In questi punti meno esposti all’aria e al sole, l’acqua può rimanere più a lungo e si inizia così un processo selettivo di alterazione chimica dei silicati: il passaggio in soluzione di alcuni minerali provoca una prima desquamazione della roccia e la formazione di una piccola nicchia. In questa, incavata e quindi ancora più protetta dall’aria e dal sole e quindi dall’evaporazione, si può facilmente fermare altra acqua di condensazione, favorendo così il procedere dell’azione erosiva, che approfondirà sempre di più la cavità primitiva.
I tafoni sono nicchie di disfacimento con dimensioni dell’ordine di diversi metri cubi, e sono caratterizzate in genere da un’imboccatura ad arco con margini sporgenti, da pareti interne concave e lisce e da una zona basale ricoperta da un sabbione detritico che può variare da medio a grossolano. I tafoni si sviluppano in parete o alla base di blocchi rocciosi in diverse zone del globo, comprese quelle polari; sono però tuttavia più frequenti nelle regioni umide e nelle zone costiere a clima mediterraneo. I tafoni si originano su diversi tipi litologici, ma sono più comuni su rocce granitiche, su arenarie e su rocce scistose. La particolare forma concava dei tafoni è il risultato di vari processi di degradazione meteorica, quali soprattutto l’idrolisi, l’aloclastismo e l’attacco chimico di soluzioni acide. Si ritiene che i tafoni si sviluppino per effetto di un feedback positivo, a partire da piccole cavità, originate lungo fratture o linee di debolezza; queste cavità infatti costituiscono un ambiente ombreggiato, in cui si instaurano condizioni microclimatiche particolari, che permettono all’umidità di mantenersi più a lungo, favorendo così lo sviluppo dei processi della degradazione meteorica. Alcuni autori attribuiscono notevole importanza al vento e ritengono che l’accrescimento delle cavità dei tafoni sia dovuto in parte anche a fenomeni di abrasione eolica.
Le cavità alveolari sono particolari forme di disgregazione meteorica originate da processi chimici, come l’idrolisi e la soluzione, combinate con processi fisici, come l’aloclastismo. Queste forme di modellamento del rilievo, associate spesso con ambienti costieri ed aridi, dove è molto sensibile la presenza di sali sia nelle soluzioni acquose sia nell’umidità dell’aria, sono caratterizzate da una serie di piccole cavità, profonde da pochi millimetri a qualche centimetro, separate tra loro da sottili pareti di roccia. Tali forme si sviluppano su diversi tipi litologici, e in modo particolare su marne e arenarie, su calcari, su scisti e su gneiss. Sono microforme che possono originarsi in corrispondenza di fratture o di linee di debolezza strutturale anche in tempi brevi, dell’ordine delle poche decine di anni. Spesso le cavità alveolari costituiscono il primo passo per lo sviluppo di cavità più grandi e di nicchie concave come quelle dei tafoni.
Idratazione
modificaL’idratazione si ha quando un minerale ingloba molecole di acqua nel reticolo cristallino. Questo processo di disgregazione chimica consiste in particolare nell'assunzione di acqua di cristallizzazione da parte di un minerale; i minerali diventano meno compatti e più solubili e la durezza media tende a diminuire. Il processo di idratazione comporta un aumento di volume dei litotipi che contengono questi minerali, con conseguenti effetti meccanici di deformazione o fessurazione e eventuali corpi rocciosi a contatto. L’acqua è ovviamente una condizione necessaria per il processo.
Ossidazione
modificaL’ossidazione è una reazione chimica che consiste nell’interazione di alcuni minerali delle rocce con l'ossigeno presente nell'atmosfera e nell'acqua. I fenomeni più vistosi di ossidazione si riscontrano nelle rocce contenenti minerali di ferro o di manganese, dove il processo determina una caratteristica colorazione della superficie rocciosa (rosso-bruna per i minerali di ferro, nerastra per quelli di manganese).
Un bellissimo paesaggio di rocce ossidate è osservabile nel comune di Roussillon, in Francia. Il paese stesso deve il suo nome al colore rosso delle rocce circostanti.
Azioni biochimiche
modificaGli organismi viventi, siano essi animali o vegetali, possono provocare reazioni biochimiche nelle rocce e nei terreni.
Tali organismi possono produrre acidi che attaccano chimicamente le rocce. Nei terreni superficiali possono verificarsi invece arricchimenti in sostanze organiche, che possono favorire lo sviluppo di suoli pedogenetici (oggetto di studio della pedologia, la scienza che studia il suolo).
Effetti e prevenzione
modificaL'erosione espone il terreno a fenomeni franosi dovuti all'indisciplina delle acque piovane di scorrimento e può dunque essere la causa di un aumentato rischio idrogeologico su un territorio in caso di fenomeni precipitativi intensi, quali alluvioni, o anche di situazioni di conclamato dissesto idrogeologico. Le opere di stabilizzazione tendono a ridurre se non eliminare la possibilità di franamento e di erosione e appartengono al campo dell'ingegneria ambientale o anche della geoingegneria.
Fenomeni di erosione in seguito ad eventi o condizioni meteorologici estreme, quali ad esempio alluvioni o forte vento costante, (meteorizzazione e corrasione) possono favorire anche i processi di desertificazione del suolo in alcune aree a rischio, mentre nelle zone costiere l'erosione più problematica tipicamente è quella legata al moto ondoso che erode scogliere e spiagge sabbiose e per il quale, in quest'ultimo caso, gli interventi possibili sono l'uso di barriere costiere artificiali preventive e il ripascimento a posteriori.
Note
modifica- ^ Biblioteca Idraulica Italiana, su idraulica.beic.it.
- ^ a b c d e f Fornasero D. - Il pianeta blu (2004)- Gruppo Editoriale Il Capitello - ISBN 88-426-6479-0, pp. 506-507, 511-513 e 529-531
- ^ a b Rinaldi M. – Processi di versante e dinamica fluviale (2001-2002) – Università di Firenze, dispensa del corso di laurea in ingegneria civile. Capitolo 1, pag.2
Bibliografia
modifica- AA.VV. - Enciclopedia delle Scienze De Agostini: Geologia-Rocce-Minerali vol. 1 (1983) – De Agostini
- Bosellini A., Mutti E., Ricci Lucchi F. – Rocce e successioni sedimentarie (1989) – UTET
- Carton A., Pelfini M. (1988). Forme del paesaggio d'alta montagna. Zanichelli
- Castiglioni G.B. – Geomorfologia (1976) – UTET
- Ciccacci S. (2019). Le forme del rilievo. Atlante illustrato di geomorfologia. Mondadori Università
- Dramis F., Ollier C. (2016). Genesi ed evoluzione del rilievo terrestre. Bonomo
- Fornasero D. - Il pianeta blu (2004)- Gruppo Editoriale Il Capitello - ISBN 88-426-6479-0
- Grotzinger J.P., Jordan T.H. (2016). Capire la Terra. Zanichelli
- Marchetti M. (2024). I segreti della terra. Corso di geografia fisica e geomorfologia. Bonomo
- Marchetti M. (2024). Geomorfologia fluviale. Bonomo
- McKnight T.L. (2021). Geografia fisica. Comprendere il paesaggio. Piccin
- Panizza M. (2024). Geomorfologia. Nuova edizione. Bonomo
- Scesi L., Papini M., Gattinoni P. - Fenomeni di erosione superficiale dei versanti, in Geologia Applicata (2003) - Casa Editrice Ambrosiana, Milano, ISBN 88-408-1253-9.
Voci correlate
modificaAltri progetti
modifica- Wikizionario contiene il lemma di dizionario «erosione»
- Wikimedia Commons contiene immagini o altri file sull'erosione
Collegamenti esterni
modifica- eroṡióne, su Vocabolario Treccani, Istituto dell'Enciclopedia Italiana.
- (IT, DE, FR) Erosione, su hls-dhs-dss.ch, Dizionario storico della Svizzera.
- (EN) erosion, su Enciclopedia Britannica, Encyclopædia Britannica, Inc.
- (EN, FR) Erosione, su Enciclopedia canadese.
Controllo di autorità | Thesaurus BNCF 18059 · LCCN (EN) sh85044667 · GND (DE) 4015366-6 · BNF (FR) cb11944123k (data) · J9U (EN, HE) 987007553184905171 · NDL (EN, JA) 00571149 |
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