Yad Vashem

memoriale di Israele delle vittime ebree dell'olocausto
«E per loro io concederò nella mia casa e dentro le mie mura un monumento e un nome (un "Yad Vashem")[1] [...] che non sarà mai cancellato»

Yad Vashem (Ebraico: יד ושם), è l' Ente nazionale per la Memoria della Shoah[2] di Israele, preposto per «documentare e tramandare la storia del popolo ebraico durante la Shoah preservando la memoria di ognuna delle sei milioni di vittime», nonché per ricordare e celebrare i non ebrei di diverse nazioni «che rischiarono le loro vite per aiutare gli ebrei durante la Shoah» e certificati fino a maggio 2015 in circa 25.700 persone[3][4]. L'organizzazione di questi compiti è affidata alle diverse sezioni dell'ente che comprende fra l'altro: gli archivi storici, gli istituti di ricerca sulla shoah, la scuola per gli studi dell'olocausto, la corposa biblioteca, oltre che i memoriali e diversi spazi, alcuni espositivi e museali e altri consistenti in rappresentazioni e giardini di grande valore simbolico per gli ebrei.

Fondato il 19 agosto 1953, grazie alla Legge del memoriale approvata dal Knesset, il Parlamento israeliano, il sito che ospita tutte le strutture del Memoriale è stato costruito sul versante occidentale del Monte Herzl ("Monte della Memoria" o "Monte del Ricordo"[5]) della foresta[6][7] di Gerusalemme, a 804 metri sul livello del mare, con un museo storico che occupa un'area di 4.200 mq[8] con strutture «prevalentemente sotterranee»[9].

Dopo il Muro del Pianto, il principale museo dedicato al ricordo dell’Olocausto[10], è il secondo sito turistico più visitato di Israele con oltre due milioni di visitatori l'anno[11].

Yad Vashem
(HE) יד ושם
L'area del Memoriale nel 2013
Ubicazione
StatoIsraele (bandiera) Israele
LocalitàMonte Herzl
IndirizzoMonte Herzl, Gerusalemme, Israele
Coordinate31°46′27.93″N 35°10′38.09″E
Caratteristiche
TipoEbraismo, Shoah
Istituzione1953 - Nuovo Museo: 2005
Apertura19 agosto 1953
DirettoreRonen Plot
[ufficiale Sito web]

Il nome e i punti cardini dello statuto di Yad Vashem

Il nome del Memoriale, si basa su due parole: monumento e nome, rispettivamente in ebraico "Yad" e "Shem", pronunciate da Dio nella promessa fatta a tutti i suoi servitori nel Vecchio Testamento e riportata dal profeta Isaia (יְשַׁעְיָהוּ) in Isaia Isaia 56,5[12] che recita:

«Io darò loro, nella mia casa e tra le mie mura, un monumento (yad) e un nome (shem) più che se fossero figli e figlie; io darò loro un nome eterno che non sarà mai cancellato».

Il nome Yad Vashem significa letteralmente "un monumento e un nome"[13]. Il nome dell'Ente si prefigge perciò di celebrare e commemorare con un luogo fisico e con un nome letterale, tutti coloro che sono meritevoli di ricordo.

Yad Vashem è basato per statuto su un programma che prevede cinque principali classi meritevoli di ricordo e commemorazióne[14]. Queste sono:

 
L'emblema di Yad Vashem
  1. I sei milioni di Ebrei uccisi dai Nazisti e dai loro collaboratori.
  2. Le Comunità Ebraiche e le loro istituzioni che sono state fatte scomparire e distrutte.
  3. Il valore e l'eroismo dei soldati e dei combattenti partigiani.
  4. I figli e le figlie del popolo Ebraico che hanno lottato per la loro dignità umana.
  5. I "Giusti tra le nazioni" che hanno rischiato le loro vite per salvare Ebrei.

Obiettivi

È il 1957, quando il Memoriale apre al pubblico, ovvero nove anni dopo la nascita dello Stato di Israele e circa quindici anni dopo l'Olocausto[15]. Il Memoriale è fondato su un obiettivo principe, un "dovere" cardine che ha a che fare con tutta la cultura ebraica[16] e la sua identità[17][18]: Il ricordo[19][20].
Un ricordo quello di Yad Vashem, non fine a se stesso e inteso come solo atto cognitivo, ma che deve implicare "azioni". Shira Magen, dell'International School for Holocaust Studies di Gerusalemme così lo spiega:

 
Lavori in una sala conferenze di Yad Vashem

«Nella tradizione ebraica l'ordine di ricordare è categorico. Questo dovere, però, non si esaurisce con l'atto cognitivo del ricordare, ma deve essere connesso sia al suo significato, sia all'azione che esso implica. Oggi noi che abbiamo il ricordo inciso nei nostri cuori e nella nostra carne, dobbiamo passare la fiaccola della memoria alla prossima generazione. Vi tramandiamo anche la lezione fondamentale dell'ebraismo, quella per cui l'esercizio della memoria deve andare di pari passo con fini etici e morali. Questo deve essere il fondamento e il fulcro delle vostre energie per poter creare un mondo migliore.»[21]

Yad Vashem è stato ideato, realizzato, ed esiste, proprio in funzione del "Ricordo" e della "Memoria" da preservare e tramandare alle generazioni future. Memoria basata, secondo la filosofia del Memoriale su quattro principali fondamenti che implicano azioni ben precise: «commemorazione, documentazione, istruzione, ricerca e divulgazione»[22], che di fatto poi, sono i reali obiettivi dell'Ente. Questi obiettivi sono realizzati con diversi mezzi e da diversi dipartimenti concentrati nella vasta area del Memoriale.

La storia di Yad Vashem

«È impossibile capire l'Olocausto e fare proprio il suo significato, senza conoscere coloro che sono stati più direttamente colpiti, gli ebrei»

1953: L' inizio

L'abbozzo di un progetto per un Memoriale dedicato all'Olocausto in patria, ha radici negli anni della seconda guerra mondiale, ovvero quando agli ebrei della Palestina giungono dall'Europa i primi rapporti sulle persecuzioni e sullo sterminio sistematico del popolo ebraico[23][24]. Nel settembre 1942 il nome "Yad Vashem" è fatto per la prima volta da Mordecai Shenhavi, membro del kibbutz Mishmar HaEmek in una riunione del Fondo Nazionale Ebraico[25].

Nell'agosto del 1945, l'iniziativa viene ridiscussa ed approfondita in una riunione di capi sionisti a Londra. La riunione è presieduta da David Remez, partecipano Shlomo Zalman Shragai, Baruch Zuckerman e lo stesso Mordecai Shenhavi. A febbraio 1946 Yad Vashem apre un ufficio a Gerusalemme e una filiale a Tel Aviv, e nel giugno dello stesso anno, convoca la sua prima sessione plenaria. In luglio del 1947 si tiene la Prima Conferenza sull'Olocausto presso l'Università Ebraica di Gerusalemme. Il 14 maggio 1948 con la dichiarazione d'indipendenza israeliana è annunciata la nascita del nuovo Stato ebraico chiamato Stato di Israele, la guerra arabo-israeliana del 1948 che ne segue porta l'organizzazione del Memoriale ad una condizione di stallo. Cinque anni dopo, però, ovvero nel 1953, il Parlamento israeliano approva all'unanimità una legge che istituisce «la fondazione Yad Vashem a Gerusalemme» e «la Autorità per la memoria dei Martiri e gli Eroi».

 
Il Parlamento israeliano (Knesset) - Gerusalemme 2010 - . Nel 1953 il Knesset approva all'unanimità la legge che istituisce, «la fondazione Yad Vashem»

I lavori del Memoriale iniziano il 29 luglio 1954[26]. Il sito scelto per la costruzione del memoriale, è per Israele, altamente simbolico: il monte Herzl, (in ebraico, הר הזכרון, Har HaZikaron, Monte della Memoria o del Ricordo), della foresta di Gerusalemme. Il nome del monte celebra Theodor Herzl a cui è dedicato anche un mausoleo in cima alla sommità del monte. Qui c'è anche un grande cimitero militare e le tombe di importanti personalità: padri fondatori dello Stato, politici e sionisti, fra cui lo stesso fondatore del movimento sionista Herzl, e primi ministri di Israele come Levi Eshkol, Golda Meir, Yitzhak Rabin e Menachem Begin[27]. Scendendo dal monte, la «collina orientata verso Gerusalemme», ovvero il versante occidentale, sarà il luogo destinato alla costruzione del Memoriale Yad Vashem[28].

Il 1957 quando il «Memoriale Nazionale Israeliano dell'Olocausto» apre per la prima volta i battenti al pubblico[29], per soddisfare ed assolvere il punto principale del suo statuto, quello «di commemorare l'eredità di ogni singolo Ebreo che morì per mano dei Nazional Socialisti e dei loro collaboratori»[30], concentra da subito l'attenzione sulla ricerca e la catalogazione delle testimonianze riguardanti quei morti. «Le Pagine della Testimonianza [...] conservate quali memoriali permanenti» sono ricercate presso gli stessi sopravvissuti, presso i parenti o gli amici di quelle vittime[31]. Nel 1959, il Knesset sancisce, tramite una legge, Yad Vashem come istituzione pubblica[32].

Nel 1963, Yad Vashem elabora «un progetto di importanza mondiale per attribuire il titolo di Giusto tra le Nazioni a quelle persone che, non essendo di religione ebraica, si siano impegnate - a rischio della propria vita, e senza ricevere né chiedere alcun vantaggio economico - per porre in salvo le vite di ebrei durante gli anni terribili della Shoah. A questo scopo è stata istituita un'apposita commissione, a capo della quale siede un giudice a riposo della corte suprema israeliana. È questa commissione a valutare, caso per caso; ed esaminati tutti i documenti esibiti come prova decide se ad una persona possa o meno spettare il titolo Giusto tra le Nazioni»[33]

2005: Il nuovo Yad Vashem

Alla presenza del segretario generale delle Nazioni Unite Kofi Annan, del presidente israeliano Moshe Katsav, del primo ministro Ariel Sharon, del sopravvissuto all'olocausto, scrittore e Premio Nobel Elie Wiesel[34], e di Capi di Stato e di Governo di 15 paesi, oltre che a 35 delegazioni di altre nazioni, il 15 marzo 2005 è inaugurato a Gerusalemme, il "nuovo" Yad Vashem, denominato anche Museo di Storia dell'Olocausto[35].

 
Il Visitors Center, la nuova grande struttura situata all'ingresso dell'area del Memoriale dell'architetto Moshe Safdie. Funge da centro di accoglienza, orientamento ed informazioni per i visitatori. Al piano sottostante una grande caffetteria e i servizi igienici[36].

A dirigere il nuovo museo sarà il generale di brigata di Israele, Avner Shalev, affiancato da un consiglio presieduto dal sopravvissuto all'olocausto, accademico dell'Università di Haifa nonché vicepresidente della Knesset, Shevach Weiss.

Il nuovo Yad Vashem è opera dell'architetto israeliano naturalizzato canadese, Moshe Safdie che amplia sostanzialmente la struttura esistente con nuovi concetti di espansione architettonica che privilegiano i simboli[37], quadruplicando[38] lo spazio espositivo del precedente museo, e richiedendo un lavoro che è durato otto anni (1997 - 2005)[39].

Il nuovo Museo viene ripensato negli anni novanta per adattare le strutture esistenti e crearne delle nuove in funzione anche delle diverse esigenze che riguardano i quattro scopi principali che il museo si propone: l'educazione, la documentazione, la ricerca e la divulgazione, e la commemorazione. Nel 1993 infatti Yad Vashem dà inizio ad un programma educativo unico nel suo genere: La Scuola Internazionale per gli Studi della Shoah che ha lo scopo di formare insegnanti e studenti provenienti da tutto il mondo. Quelli sono anche gli anni in cui l'informatica viene usata massicciamente dal museo che digitalizza tutto il suo patrimonio cartaceo e crea anche il proprio sito istituzionale che diventerà presto internazionale e tradotto in più lingue: www.yadvashem.org. Vengono inoltre costruiti edifici per ospitare non solo la biblioteca, ma anche i 50.000.000 di documenti facenti parte dell'archivio[40].

Il progetto di ampliamento durerà dieci anni, con un costo finale di 100.000.000 dollari[41]. Il nuovo Yad Vashem oltre a modificare l'aspetto estetico prodotto dal rinnovamento architettonico, cambiò anche la sua funzione fondamentale: «da luogo prevalentemente commemorativo a prevalentemente educativo»[42].

Memoriale Nazionale Israeliano dell’Olocausto

L'intero complesso dell'ente israeliano Yad Vashem è definito anche Memoriale Nazionale Israeliano dell’Olocausto[43]. Nel complesso composto da diversi edifici, strutture e giardini, si trovano: Musei, memoriali, monumenti, targhe, mostre, manufatti originali, audiovisivi, immensi archivi di documenti storici originali; migliaia di testimonianze scritte delle esperienze dei sopravvissuti; fotografie originali della shoah; fotografie e nomi delle vittime per celebrarne la memoria; elenchi dettagliati di persone che a rischio delle loro vite e senza nessun interesse prestarono aiuto agli ebrei durante la shoah; due musei, una scuola internazionale per lo studio sull'olocausto; un istituto ed un centro di ricerca, quello sulla shoah e quello sulle sue conseguenze, ed una sinagoga. Tutti gli elementi in mostra, consultazione e didattici sono protesi e si prefiggono di presentare la storia della shoah «da una prospettiva ebraica»[44].

Con funzione multidisciplinare ed interdisciplinare l'area comprende dettagliatamente i seguenti principali componenti: Il Museo Storico dell'Olocausto, il Museo d'Arte dell'Olocausto, la Sala della Memoria, la Sala dei Nomi, il Memoriale dei Bambini, la Valle delle Comunità, il Giardino dei Giusti, l' Istituto Internazionale di Ricerca sull'Olocausto, una Scuola Internazionale per gli Studi della Shoah e altri elementi del museo come una corposa biblioteca con testi in diverse lingue, una sinagoga, e diversi monumenti e targhe[45]

Il complesso museale

 
La forma a prisma del nuovo museo storico dell'olocausto
 
Il lungo corridoio a prisma che attraversa le dieci gallerie

Il Museo Storico dell'Olocausto e la sua struttura a prisma triangolare

L'architetto Moshe Safdie ha concepito e realizzato il nuovo museo, in cemento armato.
Il cemento armato è stato usato per ogni parete interna ed esterna, nonché per tutto il pavimento della struttura. La parte principale del museo è costituita da «una struttura prismatica triangolare che penetra la montagna da un lato all'altro»[46] con un percorso irregolare che si assottiglia al centro deformando la superficie e rendendo leggermente pendente il pavimento e creando «una sequenza mutevole di spazi con l'illusione di scendere in profondità nella montagna»[47].

Appena poi il percorso si avvicina all'uscita nord, il pavimento sembra risalire e la struttura prismatica, fino ad allora assottigliata lungo il "normale" percorso, si "riapre" nuovamente fino a raggiungere l'uscita della montagna in un panorama ed una vista suggestiva della moderna Gerusalemme. L'illuminazione studiata e realizzata su intensi contrasti è un'altra peculiarità di questa parte del museo. La struttura infatti contrasta fra le due parti luminose all'area aperta (inizio e fine del prisma) e tutta la parte del museo buia e "sprofondata" nelle viscere della montagna, adatta per le presentazioni multimediali che si trovano nel percorso, eccezion fatta da un singolo grande lucernario in vetro lungo 200 metri. All'interno delle "gallerie" poste ai lati del prisma, diverse mostre illuminate soprattutto da una luce diffusa.

Il museo ha dieci gallerie collocate lungo i due lati della struttura a prisma e che fanno riferimento alle comunità ebraiche che esistevano prima della shoah. Queste gallerie documentano in sequenza: la presa di potere del regime nazista, la emarginazione degli ebrei nei ghetti e quindi il loro sterminio. «Le esperienze personali ed i sentimenti delle vittime dell’olocausto costituiscono il fondamentale criterio espositivo del museo»[48]. Copiosa la testimonianza di fotografie e gigantografie, filmati, lettere, documenti, frammenti di diari di bambini, teche espositive di oggetti dei deportati, bandiere e stendardi, mappe, pannelli esplicativi e reperti di grandi dimensioni come per esempio una delle barche utilizzate dai danesi per fare fuggire in Svezia gli ebrei perseguitati[49].

Le gallerie del Museo Storico

Per l'allestimento delle dieci gallerie sono stati chiamati importanti artisti israeliani che hanno studiato nei dettagli i diversi elementi da esporre. Una fra questi è stata la nota artista esperta in video, fotografia e cinema, Michal Rovner famosa per i suoi molti lavori e mostre in ogni parte del mondo, e per aver rappresentato Israele alla Biennale di Venezia [50].

La Rovner ha curato l'ingresso del prisma, considerato come la prima delle dieci gallerie del museo storico. Con un video proiettato su 13 metri di altezza documenta la vita e le condizioni degli ebrei prima dell'inizio dell'olocausto. Per creare la giusta atmosfera riguardante quel mondo scomparso, l'artista israeliana ha "fuso" nel montaggio diversi spezzoni provenienti da vecchi filmati di vita quotidiana ebraica appartenenti a comunità e città diverse[51]. La mostra analizza il periodo storico che va dal 1900 al 1933.

 
Galleria dedicata alla Germania nazista - seconda galleria del museo storico

La seconda galleria è dedicata alla Germania nazista e all'annichilimento degli ebrei, abbracciando il periodo che parte dalla ascesa al potere di Hitler e termina con lo scoppio della seconda guerra mondiale, (1933 - 1939). La galleria mostra tutti i repentini cambiamenti voluti e perpetuati dai nazisti per trasformare la condizione del popolo ebraico: da libero ad emarginato[52].

Passando alla terza galleria, l'atmosfera del museo si fa più cupa: È l'inizio della distruzione degli ebrei polacchi iniziata con l'invasione tedesca della Polonia che di fatto segna l'inizio della seconda guerra mondiale. Una politica antiebraica segnata da violenza e dalla grande discriminazione razziale[53]. I decreti discriminatori sono narrati suggestivamente attraverso immagini e testo raccontando soprusi, perdita del lavoro, ladrocini nazisti dei beni degli ebrei, lavoro forzato che culmina nel "il marchio" razziale: la costrizione che obbligava ogni ebreo, uomo, donna o bambino, a portare cucita la stella di David sui capi di abbbigliamento[54].

 
Conservata, nel Museo Storico, la foto "simbolo" del ghetto di Varsavia, la più tristemente nota di tutta la Shoah: Il bambino, in primo piano, che alza le mani in segno di resa

I ghetti, sono il tema principale della quarta galleria, che si apre con una dettagliata documentazione degli ebrei in fuga dall'Europa occidentale[55], in particolar modo dalla Francia e dai Paesi Bassi occupati. Quindi una mostra sui quattro ghetti più importanti siti nell'Europa orientale. I due più grandi in Polonia, il ghetto di Varsavia e il ghetto di Łódź, e a seguire, il ghetto lituano di Kovno e il ghetto ceco di Theresienstadt.

La quinta galleria[56] documenta gli omicidi di massa e l'inizio della soluzione finale della questione ebraica. La galleria inizia mostrando nei dettagli una documentazione storica sulla Operazione Barbarossa, l'offensiva tedesca in URSS e il collegato piano di sterminio sistematico degli ebrei per mano delle famigerate Einsatzgruppen. In questa galleria è visionabile una insolita quantità di documenti che dimostrano come gli 800 soldati delle SS, nei primi quattro mesi della loro attività uccisero 75.000 ebrei e come solo a Babij Jar furono uccisero 34.000 ebrei di Kiev spazzando via una intera comunità ebraica. Documenti esclusivi anche per alcuni eccidi nazisti poco conosciuti compiuti in Serbia e Romania. La galleria mette enfasi sulla sorte delle vittime. Sugli schermi vengono mostrate i volti e le voci dei fuggitivi. In mostra inoltre, fotografie inedite sul massacro di Ponary e sul movimento giovanile sionista Hashomer Hatzair, unico caso nella storia dell'olocausto, della resistenza armata organizzata. A completare i temi trattati da questa galleria: la Conferenza di Wannsee e i subdoli scopi su un programma criminale di cui tutto era stato già deciso nei minimi particolari: lo sterminio del popolo ebraico.

 
Insegna originale della Stazione ferroviaria di Treblinka

La galleria più grande del museo storico è la sesta. Il tema principe di questa galleria è: La soluzione finale, la liquidazione degli ebrei d'Europa, ed il tentativo determinato della resistenza, anche armata, nei ghetti[57]. Inizia con il mostrare i risultati distruttivi dei campi di sterminio ispirati e voluti dalla Operazione Reinhard, quindi la rivolta del ghetto di Varsavia, «la prima rivolta urbana» nel cuore dell'occupazione nazista, condotta da rivoltosi ebrei disposti a tutto «non per salvare se stessi [...] ma come ultimo ricorso onorevole di fronte l'annientamento totale di intere comunità ebraiche[58]. Quindi Auschwitz e Birkenau luoghi onnicomprensivi dell'intera shoah, luoghi simbolo, "serbatoi" di ebrei destinati alle camere a gas, provenienti da ogni parte d'Europa. La mostra comprende immagini di deportati, testimonianze dei pochi sopravvissuti che raccontano gli orrori dei viaggi nei carri bestiame e la gara di sopravvivenza nei campi dopo la selezione; una mappa dettagliata della deportazione nei campi di sterminio, perfino uno autentico spaccato di un carro bestiame. Fra i tanti viaggi, in mostra anche un album che descrive il trasposto degli ebrei ungheresi nel maggio 1944, la selezione che ne segui, e il loro annientamento.

 
Uno dei pescherecci del villaggio danese di Gilleleje usato per mettere in salvo gli ebrei trasferendoli dalla Danimarca in Svezia - settima galleria

La settima galleria presenta l'originale Schindler's List - La lista di Schindler[59] e i tentativi di salvataggio di ebrei destinati certamente alle camere a gas. Questa galleria è anche un atto di accusa sul mutismo e l'indifferenza iniziale che contraddistinse tutte le nazioni sulla shoah e dei tentativi di salvataggio fatti in seguito da molti non ebrei che salvarono e nascosero uomini, donne e bambini ebrei. Descrive anche la vita condotta dai partigiani ebrei e dalle loro famiglie. Un display precisa con un certo risalto: «che gli ebrei hanno partecipato attivamente in quasi tutti i movimenti di resistenza in Europa, sia come membri di organizzazioni non ebraiche che in movimenti clandestini ebraici come quelli in Francia e in Ungheria»[60]. In galleria vengono mostrati anche i tentativi collettivi fatti dalla Bulgaria e dalla Danimarca per salvare gli ebrei. In mostra per i tentativi danesi, anche un peschereccio autentico dal villaggio danese di Gilleleje, che trasportò gli ebrei dalla Danimarca in Svezia; inoltre anche la documentazione del salvataggio degli ebrei di Le Chambon-sur-Lignon nell' Alta Loira francese e diverse esperienze di Giusti tra le nazioni che sfidarono l'indifferenza a rischio della propria incolumità e della stessa vita, per salvare quegli ebrei destinati a morte certa.

La ottava galleria è dedicata esclusivamente all'universo dei campi di concentramento e alle seguenti marce della morte[61] dopo l'abbandono delle strutture per l'imminente arrivo degli eserciti alleati. Questa parte del museo sottopone i visitatori a forti emozioni. I campi di concentramento furono un esperienza orribile per coloro che furono costretti a viverci: i prigionieri già avviliti erano disumanizzati, umiliati, costretti a soffrire la fame e il freddo in una condizione di sofferenza costante che aveva come ultimo stadio: la morte. Una clima che tendeva a svilire la persona che così trattata perdeva la sua identità personale. Inoltre sul finire della guerra, ai sopravvissuti ammalati, emaciati, deboli e depressi, fu riservata l'ultima crudeltà nazista: le marce estenuanti della morte fatte nella maggioranza dei casi, per diversi centinaia di chilometri e dove stancarsi, fermarsi o riposarsi, significava la morte immediata con un colpo di pistola. Nella galleria sono proposti due percorsi: La marcia degli internati maschi di Auschwitz-Birkenau e la marcia di un gruppo di sole donne infreddolite ed affamate dell'Alta Slesia che percorsero 800 km fra i monti dei Sudeti. Commozione alla fine della galleria con le testimonianze di chi sopravvisse, del loro dolore, del lutto per chi aveva perso i propri familiari, della spasmodica ricerca di cari sopravvissuti. Infine le primissime immagini, rilasciate al mondo, dai fotografi di guerra degli eserciti che giungono ai campi e ne documentano la liberazione.

 
Nelle teche di questa galleria le scarpe tolte subito dopo la selezione, quando veniva consegnato il "corredo da campo": il pigiama a strisce e un paio di ciabatte di legno

La nona galleria documenta il ritorno alla vita[62]. I sopravvissuti "frastornati" dalla libertà provavano sentimenti contrastanti tanto che «molti [...] si sentivano "liberati, ma non liberi"». Il punto focale della mostra è la tensione fra «memoria e speranza, fra perdita ed angoscia, fra odio e disagio oltre che la lotta per riabilitare le proprie vite e creare un nuovo fututo»[63]. Su un display della galleria sono presentati gli stati esistenziali, i sentimenti e le angosce dei sopravvissuti nel dopo olocausto[64], «la ricerca dei membri della famiglia, il far fronte alla perdita, la ricerca dei bambini scomparsi, la creazione degli orfanotrofi e la fuga dal dilagante antisemitismo anche nella Polonia del dopo-olocausto», i campi profughi in Germania con persone dirette per le diverse destinazioni europee, ma soprattutto per la terra di Israele. Nella galleria anche una capanna originale di un campo profughi in Germania. La sensazione del visitatore in questa parte della galleria è il percepire di una vita religiosa e culturale diversa, e il bisogno di una terra che possa accogliere i sopravvissuti e le loro famiglie, da non considerare più come clandestini[65]. Il display della galleria conclude i suoi audiovisivi con la presentazione "La tensione tra memoria e speranza".

 
Libri sequestrati agi ebrei e destinati ad essere bruciati dai nazisti

L'ultima galleria, la decima[66] è l'epilogo che conclude la mostra. Qui le risposte, con l'ausilio dell'arte visiva, degli ebrei contemporanei agli orrori subiti. L'allestimento del video principale è stato progettato dell'artista israeliano, esperto in teatro e multimedia, Uri Tzaig, ed è «espressione di risposte individuali e reazioni alla Shoah, attraverso estratti di diari, poesie e lettere. I pezzi, sono tutti opere originali del periodo dell'Olocausto», ed appaiono in due lingue, ebraico ed inglese. Nella galleria un pezzo originale musicale fa da sottofondo e sollecita la riflessione. «In un angolo della galleria l'immagine di un libro» che viene continuamente sfogliato e mostra diverse calligrafie appartenenti a persone diverse che hanno scelto la scrittura come mezzo per esprimere «le loro speranze, paure e sogni». In questa galleria del museo storico dell'Olocausto, sono le opere interpretative d'arte a farla da padrone, distinguendosi dalle altre nove, perché non c'è nessuna narrazione storica[67].

Il Museo d'Arte dell'Olocausto

A pochi metri dall'uscita del Museo Storico dell'Olocausto, c'è una nuova e moderna struttura che ospita il Museo d'Arte dell'Olocausto, «la più grande collezione al mondo di arte creata nei ghetti, nei campi, in nascondigli ed altri luoghi, in cui la ricerca artistica era quasi impossibile»[68]. Questo nuovo Museo è il contributo di Sheldon Adelson e sua moglie Miriam. Sheldon Adelson, imprenditore statunitense di Las Vegas, nato da genitori ebrei è considerato da Forbes uno dei più ricchi uomini del mondo [69]

 
Charlotte Salomon (Berlino,1917Auschwitz, 1943), la giovane pittrice della Shoah morta ad Auschwitz, a cui il Museo d'Arte ha dedicato una permanente

La collezione del museo si compone di circa 10.000 opere realizzate per la maggior parte durante il periodo della shoah[70]. Le opere esposte nel museo hanno lo scopo di proporre un approccio diverso alla Shoah. È l'esperienza del singolo ad essere messa in evidenza «con un mezzo che non fa appello solo all'intelletto, ma penetra anche dritto al cuore.»[71]. Alla parete iniziale del museo che fa una carrellata su opere di diversi artisti, seguono spazi "a tema" che affrontano argomenti specifici, concentrandosi esclusivamente su aspetti umani delle opere realizzate sui ghetti o sui campi. Nel museo, inoltre, ci sono aree dedicate a singoli artisti conosciuti, come la pittrice Charlotte Salomon e Carol Deutsch[72]

Le opere del periodo della Shoah, quando furono fatte nei ghetti e nei campi, sono da considerarsi davvero opere "speciali" se si considera che gli artisti che le produssero e le conservarono, lo fecero a rischio e pericolo della loro stessa vita. L'arte che denunciava le condizioni di vita in quei luoghi di tortura letterale e psicologica, era considerata fuorilegge dai nazisti. Quelle opere sono anche particolari se si considerano gli sforzi fatti dagli artisti per procurarsi le materie prime per i lavori e la pressione psicologica esercitata in un ambiente che demotivava la creatività anziché esaltarla. Ma a dispetto di tutto questo, Yad Vashem ha un museo di queste opere, anche se la maggior parte è fatta su sottili pezzi di carta che temono sia il maneggio che la luce. Per far si che queste opere siano conservate il più a lungo possibile e possono "riposare" al buio, il museo periodicamente "le ruota" con altre opere, raggiungendo così due scopi: una più lunga conservazione ed una visione nuova e diversa per i visitatori, di opere del museo appartenenti anche ad artisti diversi[73].

Adiacente agli ambienti espositivi, una delle iniziative peculiari del museo israeliano: Un centro di archiviazione, il primo centro informatizzato al mondo dell'arte e degli artisti della Shoah. «Il centro è pensato sia per i visitatori occasionali che vogliono approfondire la conoscenza su un particolare artista visualizzato nella mostra, sia per i ricercatori che desiderano utilizzare le informazioni per il loro lavoro accademico.»[74]

I Memoriali

 
Il pavimento della Sala della Memoria e le incisioni di 21 campi della Shoah
 
La Fiamma Eterna della Sala della Memoria

Sala della Memoria

La Sala della Memoria (ebraico, Ohel Yizkor), è il principale[75] memoriale di Yad Vashem [76].

Opera dell'architetto Aryeh Elhanani, l'imponente struttura a forma di tenda è stata realizzata in cemento armato con pareti costituite da grossi blocchi di pietre. L'ambiente è disadorno e vuoto, come si pretende da un luogo di riflessione. Al centro della grande sala, la Fiamma Eterna opera di Kosso Eloul [77], una fiamma che arde continuamente sia di giorno che di notte, simbolo del ricordo costante, eterno. Il pavimento, fatto di basalto nero conferisce all'ambiente un aspetto serio ed austero. Tutta l'area pavimentale è incisa con i nomi dei principali 21 campi di sterminio, di concentramento e di transito nazisti, dove trovarono la morte milioni di ebrei dell'Europa centrale e orientale. Unico altro arredo nella struttura, una cripta, collocata di fronte alla fiamma eterna e contenente le ceneri delle vittime dei forni crematoti, che Yad Vashem ha ricercato in diversi siti della Shoah[78].

Il surreale silenzio regnante all'interno della struttura, permette ai visitatori di raccogliersi in riflessione e rendere omaggio alla memoria delle vittime.

Questo luogo del Memoriale è stato il sito obbligato anche per tutte le personalità politiche e religiose che fino a questo momento hanno visitato il Memoriale, rappresentando per gli ebrei un luogo altamente simbolico che ha a che fare con con tutta la loro cultura[79] e la loro identità[80][81]: Il ricordo' e la memoria[82][83].[84]

La Sala dei Nomi

Il Memoriale dei Bambini

Valle delle Comunità

Il Giardino dei Giusti

L'onorificienza "Giusto tra le nazioni"

  Lo stesso argomento in dettaglio: Giusti tra le nazioni.

L'Istituto Internazionale di Ricerca sull'Olocausto

Il Centro "Diana Zborowski" per gli Studi sulle Conseguenze dell'Olocausto

La Scuola Internazionale per gli Studi della Shoah

Dipartimento Europeo della Scuola Internazionale per gli Studi della Shoah

Il "Desk Italia"

Altri monumenti e memoriali nell'area di Yad Vashem

 
Memoriale della deportazione

Nell'area del memoriale, oltre ai memoriali e monumenti principali, sono esposti diversi altri monumenti, targhe e stele riguardanti l'olocausto.

Vicino al "Giardino dei Giusti tra le Nazioni" dell'area del memoriale, c'è il memoriale alla deportazione, un monumento consistente in un angoscioso originale carro bestiame dell'epoca nazista collocato su un ponte ferroviario interrotto. Un ipotetico abisso, che simboleggia nelle intenzioni dei curatori della mostra, le vite strappate, in bilico fra la vita e la morte. I vagoni, i binari e le ferrovie sono tutti elementi principali nella storia della Shoah. In quei vagoni freddi, senza luce, senza servizi igienici trovavano posto bambini, donne e uomini stipati fino all'inverosimile che viaggiavano per migliaia di chilometri, attraversando l'Europa, prima di giungere alle loro destinazioni di morte.

 
Monumento a Janusz Korczak (Varsavia 1878Treblinka, 1942)

Nei pressi del Memoriale dei Bambini, c'è una piazza con il relativo monumento dedicato all'educatore e scrittore ebreo-polacco Janusz Korczak, pseudonimo di Henrik Goldschmidt. Opera dello scultore Boris Saktsier il monumento interpreta l' affetto mostrato fino al martirio che Korczak nutriva verso i bambini dell'orfanotrofio in cui insegnava. L'opera in bronzo rappresenta il volto intristito dell'educatore ed un braccio enorme che abbraccia i "suoi" bambini in segno di protezione. Janusz Korczak fu uno dei martiri ebrei della Shoah. La mattina del 5 agosto 1942 i 200 bambini dell'Orfanotrofio del ghetto di Varsavia furono prelevati dalle SS per essere mandati allo sterminio nel campo di Treblinka. Korczak li accompagnava dopo averli fatti ben vestire con gli abiti migliori e camminare ordinati mano nella mano come se andassero a fare una gita. Gli ufficiali nazisti si opposero e non gradirono che una personalità del rilievo di Janusz Korczak fosse deportata, ma lui rifiutò la salvezza per seguire i suoi bambini fino alla fine. Sembra che sia morto di dolore sul treno diretto a Treblinka[85].

 
Monumento ai partigiani ebrei

Poco lontano dal "carro merci in bilico" c'è il Monumento ai partigiani ebrei, opera dello scultore Bernard Fink. Il Memoriale è composto da sei grosse pietre esagonali che simboleggiano i sei milioni di vittime della Shoah, pietre che intersecate fra loro formano una stella di David, simbolo del popolo ebraico [86]. Al centro una spada a punta piramidale rivolta verso il cielo simbolo di resistenza armata. Una scritta incisa sulla pietra in quattro lingue: inglese, russo, francese ed ebraico recita: Alla gloria dei soldati e partigiani ebrei che hanno combattuto contro la Germania nazista. La storia riguardante i partigiani ebrei è ancora poco conosciuta, ma questi ebbero un ruolo importante nella lotta al nazismo. Furono migliaia gli ebrei che parteciparono in quasi tutti i movimenti di resistenza in Europa, sia come membri di organizzazioni non ebraiche che in movimenti clandestini ebraici come in Francia e in Ungheria[87]. Si calcolano in un milione e mezzo ebrei soldati, partigiani e resistenti dei ghetti che parteciparono attivamente a movimenti di resistenza nella seconda guerra mondiale[88].

 
La scultura dell'albero "vivente" nel Panorama dei Partigiani

Nella stessa area del Memoriale ai partigiani, c'è il Panorama dei Partigiani che «si affaccia sul bosco di Gerusalemme»[89]. Ideato dall'architetto Dan Zur, il Panorama omaggia tutti gli ebrei che si unirono ai partigiani durante il periodo della Shoah[90] Il Panorama ha come principale elemento una scultura "vivente", dello scultore Zadok Ben-David, di un albero i cui rami e foglie sono fatte da figure umane: uomini, donne e bambini; rappresentano «la crescita e la speranza». L'albero è stato scelto come «simbolo del partigiano la cui vita dipendeva dal bosco e dei suoi alberi come un posto dove nascondersi». La scultura è stata anche ispirata da un versetto del Vecchio Testamento della Bibbia e precisamente Deuteronomio capitolo 20 versetto 19, che recita: "Nel caso che tu ponga l'assedio a una città per molti giorni combattendo contro di essa per catturarla, non ne devi rovinare gli alberi brandendo contro di essa la scure; poiché da essi devi mangiare, e non devi tagliarli, poiché è l'albero del campo un uomo che debba essere assediato da te?". Su una pietra nelle vicinanze della scultura dell'albero, l'inno dei partigiani in tre lingue: ebraico, Yiddish ed in inglese.

 
Le due sculture del Muro della Memoria nella Piazza del Ghetto di Varsavia,(vedi le prime due foto nella Galleria)

A metà strada fra il "Giardino dei Giusti tra le Nazioni" e il "Museo storico", c'è la Piazza del Ghetto di Varsavia con il suo Muro della Memoria che si propone di ricordare l'esistenza del più grande ghetto dell' Europa orientale, in Polonia. La realizzazione di questo proposito fu affidato allo scultore ebreo-polacco Nathan Rapaport sopravvissuto egli stesso allo sterminio dell'olocausto. Rapaport ha realizzato un muro nella piazza con due sculture in bronzo. Una commemora la rivolta del Ghetto, mostrando in primo piano, fra altri combattenti armati, il leader ebreo Mordechaj Anielewicz comandante della ŻOB, Żydowska Organizacja Bojowa (Organizzazione ebraica combattente) che organizzo la restistenza armata contro i nazisti nel Ghetto (l'identica scultura si trova anche come monumento a Varsavia). L'altra scultura posta sullo stesso muro a pochi metri dalla prima, ed è intitolata "L'ultima marcia". Rappresenta bambini donne e uomini ricurvi su se stessi e piangenti, in marcia verso i campi di sterminio; scortati da soldati nazisti, la scultura non mostra i volti dei persecutori, questi rimangono senza volto, e sono riconoscibili solo per il classico elmetto da fante tedesco e dalle loro baionette[91]

 
Monumento alle marce della morte di Dachau

Uno dei monumenti più imponenti nell'area del Memoriale, è quello dedicato alle marce della morte del campo di concentramento di Dachau. Realizzato in bronzo rappresenta "una folla" di prigionieri ricurva ed affaticata in marcia.

Dachau, istituito nel 1933, è noto per essere stato il primo campo di concentramento nazista e per essere uno degli ultimi, verso la fine di aprile del 1945 ad essere stato liberato[92].Proprio per la sua tardiva liberazione, ci furono marce della morte organizzatde da altri campi di concentramento che ebbero come destinazione Dachau, come avvenne, per esempio, con quella che partì dal Campo di concentramento di Buchenwald nel marzo 1945[93] e quella di aprile dello stesso anno, con l'evacuazione di 28.000 prigionieri[94] verso altri campi (Dachau inclusa), quando ormai fu chiara l'imminente avanzata e la seguente liberazione del campo vicino Weimar, da parte della 89ª Divisione Fanteria della Terza Armata degli Stati Uniti d'America. Ci fu una marcia della morte anche da Dachau, prima della sua liberazione il 29 aprile del 1945, marcia che attraverso le città bavaresi di Gruenwald, Wolfratshausen ed Herbertshausen[95]

Le "marce della morte" furono un'altro aspetto cruento della persecuzione nazista perpetuata su ogni tipo di prigioniero, anche se quelli ebrei furono coloro che pagarono il tributo più alto, visto che nei campi di sterminio polacchi, gli ebrei erano di numero considerevole. I prigionieri, già affammati, infreddoliti, deboli e demoralizzati erano costretti a percorrere lunghi percorsi, a piedi, stipati in vagoni merci su barconi sovraffolati, per giungere ad un'altra destinazione di prigionia, chi non seguiva la marcia veniva eliminato immediatamente con un colpo di pistola. Secondo gli storici della Shoah, con l'avanzata da oriente delle truppe sovietiche e ad occidente di quelle americane ed inglesi e quindi con la Germania e la Polonia accerchiata, quelle evacuazioni forzate erano dovute a tre principali convinzioni delle autorità naziste: 1. Non lasciare nessun prigioniero in vita in modo che potesse raccontare ai liberatori, i soprusi nazisti, 2. La convinzione del "riutilizzo" di quei prigionieri per la loro produzione bellica in un altro luogo, e 3. La convinzione (ne era convinto anche Himmler) che i prigionieri ebrei potessero rappresentare una sorta di "merce di scambio" e "ostaggio" di una pace separata con gli alleati permettendo «la sopravvivenza del regime nazista» [96]

Il monumento di Yad Vashem è preposto per ricordare le marce della morte, un aspetto della Shoah, per molti misconosciuto.

Yad Vashem per Auschwitz - Birkenau

«Visitando la mostra Shoah, apri il tuo cuore, la tua mente e la tua anima, visitatore! Rivivi immagini e suoni del passato, ascolta le voci delle vittime, osserva i disegni dei bambini, "tocca" i nomi degli assassinati. Tu, puoi essere messaggero di questo posto. Porta con te il messaggio che solo i morti possono dare ancora alla vita: il ricordo!»

Auschwitz-Birkenau entrando nella coscienza collettiva «come la rappresentazione della suprema malvagità umana», occupa il posto più importante nella cultura della memoria della Shoah, sia per il triste primato delle vittime rispetto ad altri campi di sterminio e concentramento nazisti (oltre un milione di ebrei e circa 125.000 non ebrei)[99], sia per importanti iniziative ispirate agli avvenimenti che contradistinsero il campo. La più importante, è quella riguardante la sua liberazione da parte delle truppe dell'Armata Rossa il 27 gennaio 1945. Per decisione della Organizzazione delle Nazioni Unite infatti, è stato stabilito che fosse proprio la data della liberazione di Auschwitz-Birkenau e quindi il 27 gennaio di ogni anno, quella della celebrazione mondiale del Giorno della Memoria)[100].

Dopo la seconda guerra mondiale il governo comunista polacco decise, fra le altre iniziative che riguardavano i musei e le mostre nazionali ad Auschwitz e Birkenau (Auschwitz I ed Auschwitz II), di dedicare nel 1960, il blocco 27 di Auschwitz I ad una mostra permanente sull'olocausto degli ebrei. Con il tempo però, queste mostre, divennero obsolete «sia in termini di contenuto che di visualizzazione». Subì la stessa sorte anche la mostra del blocco 27, con il risultato che proprio per la fatiscenza delle strutture, i non ebrei evitavano la mostra mentre gli ebrei si fermavano al blocco, solo per il tempo strettamente neccessario<refLa fatiscenza del blocco 27</ref>.

All'inizio degli anni 90, da parte delle autorità polacche, ci fu molta più attenzione per modernizzare e rendere più accurate le strutture museali e le mostre che le riguardavano. L'attenzione fu rivolta anche ai blocchi di Auschwitz, dove nel frattempo c'era stato un aumento esponenziale di visitatori e scolaresche provenienti da tutto il mondo, che desideravano conoscere da vicino quei musei e memoriali a cielo aperto. Nel 2005 visitò Auschwitz-Birkenau, anche il primo ministro israeliano Ariel Sharon che resosi conto dello stato decadente del blocco 27, presentò al suo governo la proposta di modernizzare e ristrutturare quel blocco, creando una nuova mostra permanente.

Fu incaricato dello studio, del progetto e della sua realizzazione, l'ente Yad Vashem e il suo staff di studiosi, mentre lo Stato d'Israele avrebbe finanziato l'impresa[101][102]

Yad Vashem ha affrontato una sfida considerevole», rispondendo a domande come: Quale doveva essere il tema della nuova mostra?, quali elementi esporre?, come concepire soggetto e design in modo che la visita al blocco fosse effettuata nell'arco temporale di massimo 20-30 minuti rendendola interessante anche per le giovani generazioni? Yad Vashem, alla fine, presentò una mostra dal tema: Shoah, incentrata soprattutto sull'eccidio di massa del campo con lo scopo di comunicare concisamente gli aspetti fondamentali della Shoah tramite l'esposizione di manufatti e disegni originali di migliaia di bambini che giunsero al campo. Una mostra che doveva dimostrare che Auschwitz era stato solo un ingranaggio, senza dubbio il più importante, di una più grande macchina distruttiva quale era la Shoah. Una mostra quindi, che sollecitasse le coscienze, senza curare più di tanto gli aspetti storici veri e propri, visto che «da dentro la mostra [chiunque poteva] guardare fuori dalle finestre, e [vedere] ciò che restava della vera Auschwitz»[103]. Yad Vashem chiese la collaborazione di storici, filosofi, artisti e designer per realizzare l'intero percorso espositivo costituendo anche un comitato internazionale come sovrintendente «composto principalmente da storici e sopravvissuti all'Olocausto e diretto dal prof. Elie Wiesel». La nuova mostra è molto diversa dalla precedente focalizzando l'attenzione sull'essere umano e dando risalto agli aspetti etici-culturali, più che agli aspetti storici della Shoah, come è invece pensata la mostra del Museo storico di Yad Vashem a Gerusalemme. Lo scopo principale, infatti, è quello di «risvegliare nel visitatore una profonda, significativa e riflessiva esperienza per quanto riguarda la nostra moralità fondamentale di esseri umani e di membri della civiltà globale di oggi.»[104] Nel percorso espositivo vengono utilizzate anche «moderni metodi di presentazioni visuali, che mostrano [...] la vita degli ebrei prima della guerra, l'ideologia dei nazisti [...] e lo sterminio degli ebrei [...] sul territorio dell’Europa occupata dal nazismo. È dotata anche di una sala dedicata agli 1,5 milioni di bambini ebrei uccisi nella Shoah e di un'altra sala con il libro dei nomi, un elenco di tutti i cognomi delle vittime dell’olocausto, l'identico elenco stilato e conservato proprio da Yad Vashem.»[105]

Aperta il 13 giugno 2013, al blocco 27 di Auschwitz 1[106], la mostra è stata inaugurata alla presenza del primo ministro Benjamin Netanyahu[107] e di decine di autorità ed esponenti politici e del mondo della cultura di diverse nazioni fra cui anche diversi amministratori di Yad Vashem.

Google per Yad Vashem

Il 26 gennaio 2011 in occasione del Giorno della Memoria, Yad Vashem e Google annunciano una partnership[108] su un progetto di straordinarie proporzioni, ideato dopo una visita fatta tre anni prima, nel 2008, da Jonathan Rosenberg, CEO di Google[109]. Dieci mesi dopo, il 27 novembre 2011[110], Yad Vashem e la filiale israeliana di Google decidono di attuare quell'annunciato partenariato: Digitalizzare tutte le fotografie e i documenti riguardanti il genocidio della Shoah, che permetterà a tutte le persone di ogni nazioni nel mondo di accedere tramite la rete, alla più grande[111] raccolta di fonti storiche del genocidio[112].

 
Il logo di Google dal 2010 al 2013. Il 26 gennaio 2011 Yad Vashem e Google filiale di Israele annunciano la loro partneship

La risorsa permette a coloro che vi accederanno, di trovare foto e documenti di loro parenti, amici e conoscenti, di informarsi sulle vittime del genocidio della propria nazione e città, avendo la possibilità di condividere le proprie storie personali. Il materiale sarà inoltre di grande utilità per le ricerche di studiosi dell'Olocausto e di tutti coloro che vorranno essere informati sul genocidio. Un altro utile scopo della risorsa è quello di avere la possibilità di collaborare, ampliando con le proprie esperienze, conoscenze e segnalazioni, l'archivio centrale del Museo[113].

Nel 2011, 130.000 foto ad alta risoluzione dell'archivio centrale del Museo potevano già essere visualizzate; un inizio di un lavoro lungo e laborioso anche per le molte difficoltà tecniche dovute al riconoscimento ottico dei caratteri (OCR), per cui Google ha usato tecnologie sperimentali concentrandosi «sulla ricerca di modi nuovi e innovativi per rendere l'enorme quantità di dati [...] accessibili e ricercabili a un pubblico globale»[114]. Il presidente dello Yad Vashem, Avner Shalev, definì Google «un partner fondamentale [...], che ci ha aiutato a raggiungere un pubblico nuovo, compresi i giovani di tutto il mondo, consentendo loro di essere attivi nella discussione sull'Olocausto.»[115]

Nella partnership è rientrata anche la piattaforma web YouTube, di proprietà di Google dall'ottobre del 2006. Google ha concesso a Yad Vashem un canale preferenziale e dedicato di YouTube, visibile su www.youtube.com/yadvashem. Yad Vashem ha caricato sulla piattaforma i video dei percorsi del Museo Storico, di altri importanti siti dell'ente, le testimonianze più significative dei sopravvissuti alla Shoah e le visite dei più importanti personaggi politici e religiosi che fino ad oggi hanno visitato il Memoriale più importante del mondo dedicato alla Shoah.

Alcuni dei 634 "Giusti" Italiani

Dal 1964 al 2013 presso lo Yad Vashem risultano certificati 634 "giusti tra le nazioni" di cittadinanza italiana. Alcuni dei più noti sono:

  • Giorgio Perlasca, commerciante padovano, contribuì a salvare numerosissimi ebrei a Budapest spacciandosi per un diplomatico spagnolo. Sulla sua storia il giornalista Enrico Deaglio ha scritto il libro La banalità del bene (ISBN 88-07-81233-9), da cui è stato tratto il film per la televisione Perlasca - Un eroe italiano.
  • Carlo Angela, medico e antifascista piemontese (padre di Piero Angela), nascose nella sua clinica di San Maurizio Canavese numerosi ebrei e antifascisti, facendoli passare per malati. La sua azione è rimasta sconosciuta per mezzo secolo, fino a quando uno degli ebrei salvati da lui, Renzo Segre, l'ha raccontata nel libro Venti mesi (Sellerio, 1995).
  • Gino Bartali, ciclista, trasportò, all'interno della sua bicicletta, dei documenti falsi per aiutare gli ebrei ad avere una nuova identità; inoltre, durante l'occupazione nazista nascose, in una cantina di sua proprietà, una famiglia ebrea fino all'arrivo degli Alleati[116].
 
La stele dedicata all'italiano Giorgio Perlasca allo Yad Vashem

Le personalità che lo hanno visitato

Regnanti

Presidenti

Primi Ministri e Capi di Governo

Personaggi religiosi

Organizzazioni internazionali

Galleria

Note

  1. ^ Su Yad Vashem
  2. ^ Definizione di Yad Vashem secondo il sito ufficiale del Memoriale in lingua italiana
  3. ^ 634 dei 25.700 "giusti" sono italiani
  4. ^ Gli scopi del Memoriale
  5. ^ Monte del Ricordo
  6. ^ La foresta fu piantata nel 1950 da parte del Fondo Nazionale Ebraico e con un finanziamento di donatori privati.
  7. ^ Storia delle costruzioni del "Fondo"
  8. ^ Yad vashem nel sito di Lager.it
  9. ^ Prevalentemente sotterranee i 4200 mq del Museo
  10. ^ Il principale museo dell'Olocausto
  11. ^ Le forme del cemento. Dinamicità, di Carmen Andriani, p. 38, sezione: Museo dell'olocausto Yad Vashem di Nilda Valentin, Cangemi Editore, Roma 2011, ISBN 978-88-492-2156-5 [1], [2]
  12. ^ Isaia 56,5, su La Parola - La Sacra Bibbia in italiano in Internet.
  13. ^ Alla lettera: un monumento e un nome
  14. ^ Lo statuto di Yad Vashem
  15. ^ L'apertura al pubblico a circa quindici anni dell'olocausto
  16. ^ Storia e memoria ebraica in Dizionario di Storiografia
  17. ^ Ebrei: popolo della memoria [3]
  18. ^ Zakhor. Storia ebraica e memoria ebraica, di Yosef Hayim Yerushalmi, (edizione originale inglese, 1982), Pratiche Editrice, Parma 1983
  19. ^ "Il Ricordo" nella cultura ebraica
  20. ^ Introduzione di Harold Bloom al saggio Zakhor. Storia ebraica e memoria ebraica, di Yosef Hayim Yerushalmi: [4]
  21. ^ Il "dovere" del "Ricordo"
  22. ^ I quattro fondamenti della "memoria"
  23. ^ Una visita al museo-memoriale Yad Vashem
  24. ^ Immediatamente dopo la guerra, il Processo di Norimberga (dal 20 novembre 1945 al 1º ottobre 1946) dapprima, e i diversi processi che seguirono, come i cosiddetti dodici processi "secondari", confermarono e dimostrarono che l'orrore subito dagli ebrei fu esclusivo soprattutto per il numero di vittime implicate
  25. ^ Avishai Margalit, The Ethics of Memory, p. 22, Harvard University Press, Cambridge, MA, 2002, ISBN 978-0-674-00941-7
  26. ^ Una visita al museo-memoriale Yad Vashem
  27. ^ Una visita al museo-memoriale Yad Vashem
  28. ^ Caratteristiche del sito su cui è costruito Yad Vashem
  29. ^ Dati su Yad Vashem sul Portale Ufficiale del Turismo di Gerusalemme
  30. ^ Preparazione della Giornata della Shoah, p. 7 - Documento Yad Vashem
  31. ^ Preparazione della Giornata della Shoah, p. 7 - Documento Yad Vashem
  32. ^ Yad Vashem, istituzione pubblica
  33. ^ Il Cacciatore di Giusti - Storie di non ebrei che salvarono i figli d'Israele dalla Shoah, di Ugo Pacifici Noja e Silvia Pacifici Noja, p. 38, Effatà Editrice, Cantalupa 2010, ISBN 978-88-7402-568-8
  34. ^ Discorso di Elie Wiesel all'inaugurazione del nuovo Yad Vashem
  35. ^ L'inaugurazione del "nuovo" Yad Vashem
  36. ^ Mappa completa del Memoriale, con la localizzazione di tutte le strutture, i memoriali e i monumenti. Il Visitors Center è quello contrassegnato dal numero "1"
  37. ^ Yad Vashem: Moshe Safdie - The Architecture of Memory, di Joan Ockman, Moshe Safdie, Avner Shalev e Elie Wiesel, Yad Vashem Publications - Lars Müller Publishers, Gerusalemme - Zurigo 2006, ISBN 978-965-308-403-2
  38. ^ Il nuovo Museo storico dell'Olocausto è quattro volte più grande del precedente - Ambasciata di Israele a Roma
  39. ^ Il Museo Storico di Yad Vashem fra le opere di Moshe Safdie nella Treccani.it
  40. ^ Una visita al museo-memoriale di Yad Vashem
  41. ^ Durata e costo dell'ampliamento del nuovo Yad Vashem
  42. ^ Lo storico Pietro Fogale nell'articolo "Una visita al museo-memoriale di Yad Vashem"
  43. ^ Memoriale Nazionale Israeliano
  44. ^ Il Museo di Storia dell'Olocausto
  45. ^ Le aree di Yad Vashem
  46. ^ La struttura descritta dal sito ufficiale di Yad Vashem
  47. ^ La struttura descritta dal sito ufficiale di Yad Vashem
  48. ^ Il Museo Storico
  49. ^ Le gallerie e il loro contenuto
  50. ^ L'artista Michal Rovner
  51. ^ Il video dell'artista Michal Rovner e la prima galleria del museo storico
  52. ^ La seconda galleria del museo storico
  53. ^ La terza galleria del Museo Storico
  54. ^ La terza galleria del Museo Storico
  55. ^ La quarta galleria del museo storico
  56. ^ La quinta galleria del museo storico
  57. ^ La sesta galleria del museo storico, la soluzione finale e la resistenza nei ghetti
  58. ^ La resistenza nei ghetti
  59. ^ La settima galleria del museo storico
  60. ^ I movimenti clandestini ebraici
  61. ^ La ottava galleria del museo storico
  62. ^ La nona galleria del museo storico
  63. ^ La "tensione" della sopravvivenza
  64. ^ A Yad Vashem è stato costituito anche il Centro Diana Zborowski per gli Studi sulle Conseguenze dell'Olocausto
  65. ^ Si ricordi che dopo l'olocausto non esisteva ancora lo Stato di Israele (Il moderno Stato d'Israele fu proclamato da David Ben Gurion, tre anni dopo la fine della guerra, il 14 maggio 1948, alla scadenza del mandato britannico.), gli ebrei che riuscivano ad arrivare in terra di Israele senza il placet delle autorità del mandato britannico della Palestina, erano considerati clandestini
  66. ^ La decima galleria del museo storico
  67. ^ Le reazioni alla Shoah
  68. ^ Museo d'Arte dell'Olocausto
  69. ^ Sheldon Adelson in Forbes
  70. ^ Sul Museo d'Arte nel sito ufficiale Yad Vashem
  71. ^ Sul Museo d'Arte nel sito ufficiale Yad Vashem
  72. ^ Alcune opere di Carol Deutsch
  73. ^ Sul Museo d'Arte nel sito ufficiale Yad Vashem
  74. ^ Sul Museo d'Arte nel sito ufficiale Yad Vashem
  75. ^ Il principale memoriale di Yad Vashem: La Sala della Memoria (Ohel Yizkor in ebraico)
  76. ^ Il sito è contrassegnato dal numero "13" nella mappa di Yad Vashem
  77. ^ La Fiamma Eterna di Kosso Eloul
  78. ^ Alcuni "arredi" della Sala della memoria
  79. ^ Storia e memoria ebraica in Dizionario di Storiografia
  80. ^ Ebrei: popolo della memoria [5]
  81. ^ Zakhor. Storia ebraica e memoria ebraica, di Yosef Hayim Yerushalmi, (edizione originale inglese, 1982), Pratiche Editrice, Parma 1983
  82. ^ "Il Ricordo" nella cultura ebraica
  83. ^ Introduzione di Harold Bloom al saggio Zakhor. Storia ebraica e memoria ebraica, di Yosef Hayim Yerushalmi: [6]
  84. ^ «Il popolo ebreo è il popolo della memoria per eccellenza. Nell'Antico Testamento, in particolare nel Deuteronomio, si richiama il popolo al dovere del ricordo e della memoria»,Zakhor. Storia ebraica e memoria ebraica, di Yosef Hayim Yerushalmi, La Giuntina, Firenze 2011
  85. ^ Piazza dedicata a Janusz Korczak e monumento, contrassegnati dal numero "16" sulla mappa di Yad Vashem
  86. ^ Sei pietre simbolo di sei milioni di vittime ebraiche dell'olocausto
  87. ^ I partigiani e i movimenti clandestini ebraici
  88. ^ Il Memoriale ai partigiani nel sito di Yad Vashem
  89. ^ Il panorama dei Partigiani in Yad Vashem USA
  90. ^ Il Panorama dei Partigiani nella mappa dei siti di Yad Vashem
  91. ^ Muro della Memoria con le due sculture nella Piazza del Ghetto di Varsavia nel sito di Yad Vashem contrassegnata dal numero "25"
  92. ^ Educazione nella scuola
  93. ^ Bill Basch proveniente da Buchenwald raggiunge Dachau
  94. ^ Marce della morte, da Buchenwald verso altri campi
  95. ^ La marcia della morte partita da Dachau
  96. ^ Le marce della morte, le convinzioni naziste sul loro utilizzo secondo United States Holocaust Memorial Museum
  97. ^ Messaggio di Elie Wiesel alla inaugurazione della permanente Shoah
  98. ^ La nuova mostra permanente nel Blocco 27 presso il Museo di Stato di Auschwitz-Birkenau
  99. ^ Dati sulle vittime del campo di sterminio di Auschwitz-Birkenau
  100. ^ Auschwitz-Birkenau nella memoria collettiva
  101. ^ La nuova permanente fu finanziata dallo Stato d'Israele e dalla Claims Conference[7]
  102. ^ I finanziatori della permanente al blocco 27: Lo Stato d'Israele e la Claims Conference
  103. ^ Il blocco 27 e le finestre su Auschwitz
  104. ^ Aspetti della nuova mostra al blocco 27
  105. ^ La sala dediczata ai bambini e la sala dei nomi
  106. ^ L'inaugurazione della nuova mostra
  107. ^ L'inaugurazione della nuova mostra
  108. ^ Yad Vashem and Google partner to preserve and share Holocaust archives
  109. ^ Jonathan Rosenberg di Google
  110. ^ Digitalizzare la memoria della Shoah, un percorso multimediale pag. 3
  111. ^ Yad Vashem and Google partner to preserve and share Holocaust archives
  112. ^ Digitalizzare la memoria della Shoah, un percorso multimediale, pag. 3
  113. ^ Yad Vashem and Google partner to preserve and share Holocaust archives
  114. ^ Yad Vashem and Google partner to preserve and share Holocaust archives
  115. ^ Yad Vashem and Google partner to preserve and share Holocaust archives
  116. ^ Gino Bartali, 23 settembre 2013
  117. ^ Yad Vashem onora l'italiana Clelia Caligiuri De Gregorio
  118. ^ Federico di Danimarca visita Yad Vashem nel 2013
  119. ^ François Tombalbaye visita Yad Vashem nel 1965
  120. ^ Luis Echeverría visita Yad Vashem nel 1975
  121. ^ Anwar al-Sadat visita Yad Vashem nel 1977
  122. ^ Richard von Weizsäcker visita Yad Vashem nel 1985
  123. ^ Bill Clinton visita Yad Vashem nel 1994
  124. ^ Emil Constantinescu visita Yad Vashem nel 2000
  125. ^ Stjepan Mesić visita Yad Vashem nel 2001
  126. ^ Horst Köhler visita Yad Vashem nel 2005
  127. ^ Vladimir Putin visita Yad Vashem nel 2005
  128. ^ Lech Kaczyński visita Yad Vashem nel 2006
  129. ^ [8], Giorgio Napolitano visita Yad Vashem nel 2008
  130. ^ George W. Bush visita Yad Vashem nel 2008
  131. ^ Nicolas Sarkozy visita Yad Vashem nel 2008
  132. ^ Christian Wulff visita Yad Vashem nel 2010
  133. ^ Ivo Josipović visita Yad Vashem nel 2012
  134. ^ Barack Obama visita Yad Vashem nel 2013
  135. ^ Tomislav Nikolić visita Yad Vashem nel 2013
  136. ^ Nikos Anastasiadīs visita Yad Vashem nel 2013
  137. ^ Juan Manuel Santos visita Yad Vashem nel 2013
  138. ^ Miloš Zeman visita Yad Vashem nel 2013
  139. ^ Goodluck Jonathan visita Yad Vashem nel 2013
  140. ^ Bronisław Komorowski visita Yad Vashem nel 2013
  141. ^ Otto Pérez Molina visita Yad Vashem nel 2013
  142. ^ Mahinda Rajapaksa visita Yad Vashem nel 2014
  143. ^ Traian Băsescu visita Yad Vashem nel 2014
  144. ^ Ollanta Humala visita Yad Vashem nel 2014
  145. ^ [9], Tage Erlander in visita a Yad Vashem nel 1962
  146. ^ Dawda Jawara visita Yad Vashem nel 1966
  147. ^ Margaret Thatcher visita Yad Vashem nel 1986
  148. ^ [10]Bob Hawke in visita a Yad Vashem nel 1987
  149. ^ John Major visita Yad Vashem nel 1990 e nel 1997
  150. ^ Costantino Mitsotakis visita Yad Vashem nel 1992
  151. ^ Sergey Tereshchenko visita Yad Vashem nel 1992
  152. ^ Adolfas Šleževičius visita Yad Vashem nel 1993
  153. ^ [11], Ivo Sanader visita Yad Vashem nel 2005
  154. ^ Angela Merkel visita Yad Vashem nel 2006
  155. ^ Mario Monti visita Yad Vashem nel 2012
  156. ^ Bidzina Ivanishvili visita Yad Vashem nel 2013
  157. ^ Enrico Letta visita Yad Vashem nel 2013
  158. ^ Antōnīs Samaras visita Yad Vashem nel 2013
  159. ^ Mark Rutte visita Yad Vashem nel 2013
  160. ^ Stephen Harper visita Yad Vashem nel 2014
  161. ^ Bohuslav Sobotka visita Yad Vashem nel 2014
  162. ^ [12], Matteo Renzi visita Yad Vashen nel 2015
  163. ^ Papa Giovanni Paolo II visita Yad Vashem nel 2000
  164. ^ Papa Benedetto XVI visita Yad Vashem nel 2009
  165. ^ L'Arcivescovo di Canterbury Justin Welby visita Yad Vashem nel 2013
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Bibliografia

Bibliografia in italiano

  • Carmen Andriani, Le forme del cemento. Dinamicità, di Carmen Andriani, sezione: Museo dell'olocausto Yad Vashem (di Nilda Valentin), Cangemi Editore, Roma 2011, ISBN 978-88-492-2156-5
  • Liliana Picciotto, Israel Gutman (a cura, editor-in-chief) e Bracha Rivlin, I Giusti d’Italia: I non ebrei che salvarono gli ebrei, 1943-1945 , Arnoldo Mondadori Editore, Milano 2006, ISBN 978-88-04-55127-0
  • Yosef Hayim Yerushalmi, Zakhor. Storia ebraica e memoria ebraica (edizione originale inglese, 1982), Pratiche Editrice, Parma 1983, (altra ediz. italiana: Giuntina, Firenze 2011, ISBN 978-88-8057-412-5 )

Bibliografia in altre lingue

  • (EN) Yad Vashem Studies. Vol.41/2, Edizioni Yad Vashem, Gerusalemme 2013, ISBN 978-3-8353-1510-5
  • (EN) The Encyclopedia of the Righteous Among the Nations, 2 volumi, supplemento 2000-2005, Avraham Milgram Editore, Gerusalemme 2010, 2011
  • (EN) Israel Gutman (a cura, editor-in-chief), The Encyclopedia of the Righteous Among the Nations: Europe (Part I) and Other Countries, (nazioni: Austria, Brasile, Repubblica Ceca, Danimarca, Germania, Regno Unito, Ungheria, Italia, Giappone, Lussemburgo, Norvegia, Portogallo, Slovacchia, Spagna, Svezia, Svizzera, Turchia e Stati Uniti d'America), Yad Vashem Publications, Gerusalemme 2007
  • (EN) Israel Gutman (a cura, editor-in-chief), The Encyclopedia of the Righteous Among the Nations: Europe (Part II), (nazioni: Albania, Bielorussia, Bulgaria, Estonia, Grecia, Lettonia, Lituania, Moldavia, Romania, Russia, Ucraina e Jugoslavia), Yad Vashem Publications, Gerusalemme 2007
  • (EN) Joan Ockman, Moshe Safdie, Avner Shalev e Elie Wiesel, Yad Vashem: Moshe Safdie - The Architecture of Memory, Yad Vashem Publications - Lars Müller Publishers, Gerusalemme - Zurigo 2006, ISBN 978-965-308-403-2*
  • (EN) Israel Gutman (a cura di, editor-in-chief), Dan Michman, The Encyclopedia of the Righteous Among the Nations: Belgium, Yad Vashem Publications, Gerusalemme 2005
  • (DE) Daniel Fraenkel e Jakob Borut, Lexikon der Gerechten unter den Volkern: Deutsche und Osterreiche, Wallstein Verlag, Göttingen 2005
  • (EN) Bella Gutterman e Avner Shalev, To bear Witness. Holocaust Remembrance at Yad Vashem, Yad Vashem Publications, Gerusalemme 2005, ISBN 965-308-248-5
  • (EN) Avishai Margalit, The Ethics of Memory, Harvard University Press, Cambridge 2002, ISBN 978-0-674-00941-7*(EN) Israel Gutman (a cura di, editor-in-chief), Sara Bender e Shmuel Krakowsk, The Encyclopedia of the Righteous Among the Nations: Poland, Yad Vashem Publications, Gerusalemme 2004
  • (EN) Israel Gutman (a cura di, editor-in-chief), Jozeph Michman e Bert Jan Flim, The Encyclopedia of the Righteous Among the Nations: The Netherlands, Yad Vashem Publications, Gerusalemme 2004
  • (FR) Israel Gutman (a cura, editor-in-chief), Dictionnaire des Justes de France , Lucien Lazare in association with Librairie Artheme, Fayard, Parigi 2003
  • (EN) Israel Gutman (a cura di, editor-in-chief), Lucien Lazare, The Encyclopedia of the Righteous Among the Nations: France, Yad Vashem Publications, Gerusalemme 2003
  • (EN) Efraim Zuroff, Yad Vashem: The holocaust martyrs 'and heroes' remembrance authority, Jerusalem, Yad Vashem Publications, Gerusalemme 1970, ASIN: B00M0NA8XE

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