Yad Vashem
Yad Vashem (Ebraico: יד ושם), è l' Ente nazionale per la Memoria della Shoah[2] di Israele, preposto per «documentare e tramandare la storia del popolo ebraico durante la Shoah preservando la memoria di ognuna delle sei milioni di vittime», nonché per ricordare e celebrare i non ebrei di diverse nazioni «che rischiarono le loro vite per aiutare gli ebrei durante la Shoah» e certificati fino a maggio 2015 in circa 25.700 persone[3][4]. L'organizzazione di questi compiti è affidata alle diverse sezioni dell'ente che comprende fra l'altro: gli archivi storici, gli istituti di ricerca sulla shoah, la scuola per gli studi dell'olocausto, la corposa biblioteca, oltre che i memoriali e diversi spazi, alcuni espositivi e museali e altri consistenti in rappresentazioni e giardini di grande valore simbolico per gli ebrei.
Fondato il 19 agosto 1953, grazie alla Legge del memoriale approvata dal Knesset, il Parlamento israeliano, il sito che ospita tutte le strutture del Memoriale è stato costruito sul versante occidentale del Monte Herzl ("Monte della Memoria" o "Monte del Ricordo"[5]) della foresta[6][7] di Gerusalemme, a 804 metri sul livello del mare, con un museo storico che occupa un'area di 4.200 mq[8] con strutture «prevalentemente sotterranee»[9].
Dopo il Muro del Pianto, il principale museo dedicato al ricordo dell’Olocausto[10], è il secondo sito turistico più visitato di Israele con oltre due milioni di visitatori l'anno[11].
Yad Vashem | |
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(HE) יד ושם | |
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Ubicazione | |
Stato | ![]() |
Località | Monte Herzl |
Indirizzo | Monte Herzl, Gerusalemme, Israele |
Coordinate | 31°46′27.93″N 35°10′38.09″E |
Caratteristiche | |
Tipo | Ebraismo, Shoah |
Istituzione | 1953 - Nuovo Museo: 2005 |
Apertura | 19 agosto 1953 |
Direttore | Ronen Plot |
[ufficiale Sito web] | |
Il nome e i punti cardini dello statuto di Yad Vashem
Il nome del Memoriale, si basa su due parole: monumento e nome, rispettivamente in ebraico "Yad" e "Shem", pronunciate da Dio nella promessa fatta a tutti i suoi servitori nel Vecchio Testamento e riportata dal profeta Isaia (יְשַׁעְיָהוּ) in Isaia Isaia 56,5[12] che recita:
«Io darò loro, nella mia casa e tra le mie mura, un monumento (yad) e un nome (shem) più che se fossero figli e figlie; io darò loro un nome eterno che non sarà mai cancellato».
Il nome Yad Vashem significa letteralmente "un monumento e un nome"[13]. Il nome dell'Ente si prefigge perciò di celebrare e commemorare con un luogo fisico e con un nome letterale, tutti coloro che sono meritevoli di ricordo.
Yad Vashem è basato per statuto su un programma che prevede cinque principali classi meritevoli di ricordo e commemorazióne[14]. Queste sono:
- I sei milioni di Ebrei uccisi dai Nazisti e dai loro collaboratori.
- Le Comunità Ebraiche e le loro istituzioni che sono state fatte scomparire e distrutte.
- Il valore e l'eroismo dei soldati e dei combattenti partigiani.
- I figli e le figlie del popolo Ebraico che hanno lottato per la loro dignità umana.
- I "Giusti tra le nazioni" che hanno rischiato le loro vite per salvare Ebrei.
Obiettivi
È il 1957, quando il Memoriale apre al pubblico, ovvero nove anni dopo la nascita dello Stato di Israele e circa quindici anni dopo l'Olocausto[15]. Il Memoriale è fondato su un obiettivo principe, un "dovere" cardine che ha a che fare con tutta la cultura ebraica[16] e la sua identità[17][18]: Il ricordo[19][20].
Un ricordo quello di Yad Vashem, non fine a se stesso e inteso come solo atto cognitivo, ma che deve implicare "azioni". Shira Magen, dell'International School for Holocaust Studies di Gerusalemme così lo spiega:
«Nella tradizione ebraica l'ordine di ricordare è categorico. Questo dovere, però, non si esaurisce con l'atto cognitivo del ricordare, ma deve essere connesso sia al suo significato, sia all'azione che esso implica. Oggi noi che abbiamo il ricordo inciso nei nostri cuori e nella nostra carne, dobbiamo passare la fiaccola della memoria alla prossima generazione. Vi tramandiamo anche la lezione fondamentale dell'ebraismo, quella per cui l'esercizio della memoria deve andare di pari passo con fini etici e morali. Questo deve essere il fondamento e il fulcro delle vostre energie per poter creare un mondo migliore.»[21]
Yad Vashem è stato ideato, realizzato, ed esiste, proprio in funzione del "Ricordo" e della "Memoria" da preservare e tramandare alle generazioni future. Memoria basata, secondo la filosofia del Memoriale su quattro principali fondamenti che implicano azioni ben precise: «commemorazione, documentazione, istruzione, ricerca e divulgazione»[22], che di fatto poi, sono i reali obiettivi dell'Ente. Questi obiettivi sono realizzati con diversi mezzi e da diversi dipartimenti concentrati nella vasta area del Memoriale.
La storia di Yad Vashem
1953: L' inizio
L'abbozzo di un progetto per un Memoriale dedicato all'Olocausto in patria, ha radici negli anni della seconda guerra mondiale, ovvero quando agli ebrei della Palestina giungono dall'Europa i primi rapporti sulle persecuzioni e sullo sterminio sistematico del popolo ebraico[23][24]. Nel settembre 1942 il nome "Yad Vashem" è fatto per la prima volta da Mordecai Shenhavi, membro del kibbutz Mishmar HaEmek in una riunione del Fondo Nazionale Ebraico[25].
Nell'agosto del 1945, l'iniziativa viene ridiscussa ed approfondita in una riunione di capi sionisti a Londra. La riunione è presieduta da David Remez, partecipano Shlomo Zalman Shragai, Baruch Zuckerman e lo stesso Mordecai Shenhavi. A febbraio 1946 Yad Vashem apre un ufficio a Gerusalemme e una filiale a Tel Aviv, e nel giugno dello stesso anno, convoca la sua prima sessione plenaria. In luglio del 1947 si tiene la Prima Conferenza sull'Olocausto presso l'Università Ebraica di Gerusalemme. Il 14 maggio 1948 con la dichiarazione d'indipendenza israeliana è annunciata la nascita del nuovo Stato ebraico chiamato Stato di Israele, la guerra arabo-israeliana del 1948 che ne segue porta l'organizzazione del Memoriale ad una condizione di stallo. Cinque anni dopo, però, ovvero nel 1953, il Parlamento israeliano approva all'unanimità una legge che istituisce «la fondazione Yad Vashem a Gerusalemme» e «la Autorità per la memoria dei Martiri e gli Eroi».
I lavori del Memoriale iniziano il 29 luglio 1954[26]. Il sito scelto per la costruzione del memoriale, è per Israele, altamente simbolico: il monte Herzl, (in ebraico, הר הזכרון, Har HaZikaron, Monte della Memoria o del Ricordo), della foresta di Gerusalemme. Il nome del monte celebra Theodor Herzl a cui è dedicato anche un mausoleo in cima alla sommità del monte. Qui c'è anche un grande cimitero militare e le tombe di importanti personalità: padri fondatori dello Stato, politici e sionisti, fra cui lo stesso fondatore del movimento sionista Herzl, e primi ministri di Israele come Levi Eshkol, Golda Meir, Yitzhak Rabin e Menachem Begin[27]. Scendendo dal monte, la «collina orientata verso Gerusalemme», ovvero il versante occidentale, sarà il luogo destinato alla costruzione del Memoriale Yad Vashem[28].
Il 1957 quando il «Memoriale Nazionale Israeliano dell'Olocausto» apre per la prima volta i battenti al pubblico[29], per soddisfare ed assolvere il punto principale del suo statuto, quello «di commemorare l'eredità di ogni singolo Ebreo che morì per mano dei Nazional Socialisti e dei loro collaboratori»[30], concentra da subito l'attenzione sulla ricerca e la catalogazione delle testimonianze riguardanti quei morti. «Le Pagine della Testimonianza [...] conservate quali memoriali permanenti» sono ricercate presso gli stessi sopravvissuti, presso i parenti o gli amici di quelle vittime[31]. Nel 1959, il Knesset sancisce, tramite una legge, Yad Vashem come istituzione pubblica[32].
Nel 1963, Yad Vashem elabora «un progetto di importanza mondiale per attribuire il titolo di Giusto tra le Nazioni a quelle persone che, non essendo di religione ebraica, si siano impegnate - a rischio della propria vita, e senza ricevere né chiedere alcun vantaggio economico - per porre in salvo le vite di ebrei durante gli anni terribili della Shoah. A questo scopo è stata istituita un'apposita commissione, a capo della quale siede un giudice a riposo della corte suprema israeliana. È questa commissione a valutare, caso per caso; ed esaminati tutti i documenti esibiti come prova decide se ad una persona possa o meno spettare il titolo Giusto tra le Nazioni»[33]
2005: Il nuovo Yad Vashem
Alla presenza del segretario generale delle Nazioni Unite Kofi Annan, del presidente israeliano Moshe Katsav, del primo ministro Ariel Sharon, del sopravvissuto all'olocausto, scrittore e Premio Nobel Elie Wiesel[34], e di Capi di Stato e di Governo di 15 paesi, oltre che a 35 delegazioni di altre nazioni, il 15 marzo 2005 è inaugurato a Gerusalemme, il "nuovo" Yad Vashem, denominato anche Museo di Storia dell'Olocausto[35].
A dirigere il nuovo museo sarà il generale di brigata di Israele, Avner Shalev, affiancato da un consiglio presieduto dal sopravvissuto all'olocausto, accademico dell'Università di Haifa nonché vicepresidente della Knesset, Shevach Weiss.
Il nuovo Yad Vashem è opera dell'architetto israeliano naturalizzato canadese, Moshe Safdie che amplia sostanzialmente la struttura esistente con nuovi concetti di espansione architettonica che privilegiano i simboli[37], quadruplicando[38] lo spazio espositivo del precedente museo, e richiedendo un lavoro che è durato otto anni (1997 - 2005)[39].
Il nuovo Museo viene ripensato negli anni novanta per adattare le strutture esistenti e crearne delle nuove in funzione anche delle diverse esigenze che riguardano i quattro scopi principali che il museo si propone: l'educazione, la documentazione, la ricerca e la divulgazione, e la commemorazione. Nel 1993 infatti Yad Vashem dà inizio ad un programma educativo unico nel suo genere: La Scuola Internazionale per gli Studi della Shoah che ha lo scopo di formare insegnanti e studenti provenienti da tutto il mondo. Quelli sono anche gli anni in cui l'informatica viene usata massicciamente dal museo che digitalizza tutto il suo patrimonio cartaceo e crea anche il proprio sito istituzionale che diventerà presto internazionale e tradotto in più lingue: www.yadvashem.org. Vengono inoltre costruiti edifici per ospitare non solo la biblioteca, ma anche i 50.000.000 di documenti facenti parte dell'archivio[40].
Il progetto di ampliamento durerà dieci anni, con un costo finale di 100.000.000 dollari[41]. Il nuovo Yad Vashem oltre a modificare l'aspetto estetico prodotto dal rinnovamento architettonico, cambiò anche la sua funzione fondamentale: «da luogo prevalentemente commemorativo a prevalentemente educativo»[42].
Memoriale Nazionale Israeliano dell’Olocausto
L'intero complesso dell'ente israeliano Yad Vashem è definito anche Memoriale Nazionale Israeliano dell’Olocausto[43]. Nel complesso composto da diversi edifici, strutture e giardini, si trovano: Musei, memoriali, monumenti, targhe, mostre, manufatti originali, audiovisivi, immensi archivi di documenti storici originali; migliaia di testimonianze scritte delle esperienze dei sopravvissuti; fotografie originali della shoah; fotografie e nomi delle vittime per celebrarne la memoria; elenchi dettagliati di persone che a rischio delle loro vite e senza nessun interesse prestarono aiuto agli ebrei durante la shoah; due musei, una scuola internazionale per lo studio sull'olocausto; un istituto ed un centro di ricerca, quello sulla shoah e quello sulle sue conseguenze, ed una sinagoga. Tutti gli elementi in mostra, consultazione e didattici sono protesi e si prefiggono di presentare la storia della shoah «da una prospettiva ebraica»[44].
Con funzione multidisciplinare ed interdisciplinare l'area comprende dettagliatamente i seguenti principali componenti: Il Museo Storico dell'Olocausto, il Museo d'Arte dell'Olocausto, la Sala della Memoria, la Sala dei Nomi, il Memoriale dei Bambini, la Valle delle Comunità, il Giardino dei Giusti, l' Istituto Internazionale di Ricerca sull'Olocausto, una Scuola Internazionale per gli Studi della Shoah e altri elementi del museo come una corposa biblioteca con testi in diverse lingue, una sinagoga, e diversi monumenti e targhe[45]
Il complesso museale
Il Museo Storico dell'Olocausto e la sua struttura a prisma triangolare
L'architetto Moshe Safdie ha concepito e realizzato il nuovo museo, in cemento armato.
Il cemento armato è stato usato per ogni parete interna ed esterna, nonché per tutto il pavimento della struttura. La parte principale del museo è costituita da «una struttura prismatica triangolare che penetra la montagna da un lato all'altro»[46] con un percorso irregolare che si assottiglia al centro deformando la superficie e rendendo leggermente pendente il pavimento e creando «una sequenza mutevole di spazi con l'illusione di scendere in profondità nella montagna»[47].
Appena poi il percorso si avvicina all'uscita nord, il pavimento sembra risalire e la struttura prismatica, fino ad allora assottigliata lungo il "normale" percorso, si "riapre" nuovamente fino a raggiungere l'uscita della montagna in un panorama ed una vista suggestiva della moderna Gerusalemme. L'illuminazione studiata e realizzata su intensi contrasti è un'altra peculiarità di questa parte del museo. La struttura infatti contrasta fra le due parti luminose all'area aperta (inizio e fine del prisma) e tutta la parte del museo buia e "sprofondata" nelle viscere della montagna, adatta per le presentazioni multimediali che si trovano nel percorso, eccezion fatta da un singolo grande lucernario in vetro lungo 200 metri. All'interno delle "gallerie" poste ai lati del prisma, diverse mostre illuminate soprattutto da una luce diffusa.
Il museo ha dieci gallerie collocate lungo i due lati della struttura a prisma e che fanno riferimento alle comunità ebraiche che esistevano prima della shoah. Queste gallerie documentano in sequenza: la presa di potere del regime nazista, la emarginazione degli ebrei nei ghetti e quindi il loro sterminio. «Le esperienze personali ed i sentimenti delle vittime dell’olocausto costituiscono il fondamentale criterio espositivo del museo»[48]. Copiosa la testimonianza di fotografie e gigantografie, filmati, lettere, documenti, frammenti di diari di bambini, teche espositive di oggetti dei deportati, bandiere e stendardi, mappe, pannelli esplicativi e reperti di grandi dimensioni come per esempio una delle barche utilizzate dai danesi per fare fuggire in Svezia gli ebrei perseguitati[49].
Le gallerie del Museo Storico
Per l'allestimento delle dieci gallerie sono stati chiamati importanti artisti israeliani che hanno studiato nei dettagli i diversi elementi da esporre. Una fra questi è stata la nota artista esperta in video, fotografia e cinema, Michal Rovner famosa per i suoi molti lavori e mostre in ogni parte del mondo, e per aver rappresentato Israele alla Biennale di Venezia [50].
La Rovner ha curato l'ingresso del prisma, considerato come la prima delle dieci gallerie del museo storico. Con un video proiettato su 13 metri di altezza documenta la vita e le condizioni degli ebrei prima dell'inizio dell'olocausto. Per creare la giusta atmosfera riguardante quel mondo scomparso, l'artista israeliana ha "fuso" nel montaggio diversi spezzoni provenienti da vecchi filmati di vita quotidiana ebraica appartenenti a comunità e città diverse[51]. La mostra analizza il periodo storico che va dal 1900 al 1933.
La seconda galleria è dedicata alla Germania nazista e all'annichilimento degli ebrei, abbracciando il periodo che parte dalla ascesa al potere di Hitler e termina con lo scoppio della seconda guerra mondiale, (1933 - 1939). La galleria mostra tutti i repentini cambiamenti voluti e perpetuati dai nazisti per trasformare la condizione del popolo ebraico: da libero ad emarginato[52].
Passando alla terza galleria, l'atmosfera del museo si fa più cupa: È l'inizio della distruzione degli ebrei polacchi iniziata con l'invasione tedesca della Polonia che di fatto segna l'inizio della seconda guerra mondiale. Una politica antiebraica segnata da violenza e dalla grande discriminazione razziale[53]. I decreti discriminatori sono narrati suggestivamente attraverso immagini e testo raccontando soprusi, perdita del lavoro, ladrocini nazisti dei beni degli ebrei, lavoro forzato che culmina nel "il marchio" razziale: la costrizione che obbligava ogni ebreo, uomo, donna o bambino, a portare cucita la stella di David sui capi di abbbigliamento[54].
I ghetti, sono il tema principale della quarta galleria, che si apre con una dettagliata documentazione degli ebrei in fuga dall'Europa occidentale[55], in particolar modo dalla Francia e dai Paesi Bassi occupati. Quindi una mostra sui quattro ghetti più importanti siti nell'Europa orientale. I due più grandi in Polonia, il ghetto di Varsavia e il ghetto di Łódź, e a seguire, il ghetto lituano di Kovno e il ghetto ceco di Theresienstadt.
La quinta galleria[56] documenta gli omicidi di massa e l'inizio della soluzione finale della questione ebraica. La galleria inizia mostrando nei dettagli una documentazione storica sulla Operazione Barbarossa, l'offensiva tedesca in URSS e il collegato piano di sterminio sistematico degli ebrei per mano delle famigerate Einsatzgruppen. In questa galleria è visionabile una insolita quantità di documenti che dimostrano come gli 800 soldati delle SS, nei primi quattro mesi della loro attività uccisero 75.000 ebrei e come solo a Babij Jar furono uccisero 34.000 ebrei di Kiev spazzando via una intera comunità ebraica. Documenti esclusivi anche per alcuni eccidi nazisti poco conosciuti compiuti in Serbia e Romania. La galleria mette enfasi sulla sorte delle vittime. Sugli schermi vengono mostrate i volti e le voci dei fuggitivi. In mostra inoltre, fotografie inedite sul massacro di Ponary e sul movimento giovanile sionista Hashomer Hatzair, unico caso nella storia dell'olocausto, della resistenza armata organizzata. A completare i temi trattati da questa galleria: la Conferenza di Wannsee e i subdoli scopi su un programma criminale di cui tutto era stato già deciso nei minimi particolari: lo sterminio del popolo ebraico.
La galleria più grande del museo storico è la sesta. Il tema principe di questa galleria è: La soluzione finale, la liquidazione degli ebrei d'Europa, ed il tentativo determinato della resistenza, anche armata, nei ghetti[57]. Inizia con il mostrare i risultati distruttivi dei campi di sterminio ispirati e voluti dalla Operazione Reinhard, quindi la rivolta del ghetto di Varsavia, «la prima rivolta urbana» nel cuore dell'occupazione nazista, condotta da rivoltosi ebrei disposti a tutto «non per salvare se stessi [...] ma come ultimo ricorso onorevole di fronte l'annientamento totale di intere comunità ebraiche[58]. Quindi Auschwitz e Birkenau luoghi onnicomprensivi dell'intera shoah, luoghi simbolo, "serbatoi" di ebrei destinati alle camere a gas, provenienti da ogni parte d'Europa. La mostra comprende immagini di deportati, testimonianze dei pochi sopravvissuti che raccontano gli orrori dei viaggi nei carri bestiame e la gara di sopravvivenza nei campi dopo la selezione; una mappa dettagliata della deportazione nei campi di sterminio, perfino uno autentico spaccato di un carro bestiame. Fra i tanti viaggi, in mostra anche un album che descrive il trasposto degli ebrei ungheresi nel maggio 1944, la selezione che ne segui, e il loro annientamento.
La settima galleria presenta l'originale Schindler's List - La lista di Schindler[59] e i tentativi di salvataggio di ebrei destinati certamente alle camere a gas. Questa galleria è anche un atto di accusa sul mutismo e l'indifferenza iniziale che contraddistinse tutte le nazioni sulla shoah e dei tentativi di salvataggio fatti in seguito da molti non ebrei che salvarono e nascosero uomini, donne e bambini ebrei. Descrive anche la vita condotta dai partigiani ebrei e dalle loro famiglie. Un display precisa con un certo risalto: «che gli ebrei hanno partecipato attivamente in quasi tutti i movimenti di resistenza in Europa, sia come membri di organizzazioni non ebraiche che in movimenti clandestini ebraici come quelli in Francia e in Ungheria»[60]. In galleria vengono mostrati anche i tentativi collettivi fatti dalla Bulgaria e dalla Danimarca per salvare gli ebrei. In mostra per i tentativi danesi, anche un peschereccio autentico dal villaggio danese di Gilleleje, che trasportò gli ebrei dalla Danimarca in Svezia; inoltre anche la documentazione del salvataggio degli ebrei di Le Chambon-sur-Lignon nell' Alta Loira francese e diverse esperienze di Giusti tra le nazioni che sfidarono l'indifferenza a rischio della propria incolumità e della stessa vita, per salvare quegli ebrei destinati a morte certa.
La ottava galleria è dedicata esclusivamente all'universo dei campi di concentramento e alle seguenti marce della morte[61] dopo l'abbandono delle strutture per l'imminente arrivo degli eserciti alleati. Questa parte del museo sottopone i visitatori a forti emozioni. I campi di concentramento furono un esperienza orribile per coloro che furono costretti a viverci: i prigionieri già avviliti erano disumanizzati, umiliati, costretti a soffrire la fame e il freddo in una condizione di sofferenza costante che aveva come ultimo stadio: la morte. Una clima che tendeva a svilire la persona che così trattata perdeva la sua identità personale. Inoltre sul finire della guerra, ai sopravvissuti ammalati, emaciati, deboli e depressi, fu riservata l'ultima crudeltà nazista: le marce estenuanti della morte fatte nella maggioranza dei casi, per diversi centinaia di chilometri e dove stancarsi, fermarsi o riposarsi, significava la morte immediata con un colpo di pistola. Nella galleria sono proposti due percorsi: La marcia degli internati maschi di Auschwitz-Birkenau e la marcia di un gruppo di sole donne infreddolite ed affamate dell'Alta Slesia che percorsero 800 km fra i monti dei Sudeti. Commozione alla fine della galleria con le testimonianze di chi sopravvisse, del loro dolore, del lutto per chi aveva perso i propri familiari, della spasmodica ricerca di cari sopravvissuti. Infine le primissime immagini, rilasciate al mondo, dai fotografi di guerra degli eserciti che giungono ai campi e ne documentano la liberazione.
La nona galleria documenta il ritorno alla vita[62]. I sopravvissuti "frastornati" dalla libertà provavano sentimenti contrastanti tanto che «molti [...] si sentivano "liberati, ma non liberi"». Il punto focale della mostra è la tensione fra «memoria e speranza, fra perdita ed angoscia, fra odio e disagio oltre che la lotta per riabilitare le proprie vite e creare un nuovo fututo»[63]. Su un display della galleria sono presentati gli stati esistenziali, i sentimenti e le angosce dei sopravvissuti nel dopo olocausto[64], «la ricerca dei membri della famiglia, il far fronte alla perdita, la ricerca dei bambini scomparsi, la creazione degli orfanotrofi e la fuga dal dilagante antisemitismo anche nella Polonia del dopo-olocausto», i campi profughi in Germania con persone dirette per le diverse destinazioni europee, ma soprattutto per la terra di Israele. Nella galleria anche una capanna originale di un campo profughi in Germania. La sensazione del visitatore in questa parte della galleria è il percepire di una vita religiosa e culturale diversa, e il bisogno di una terra che possa accogliere i sopravvissuti e le loro famiglie, da non considerare più come clandestini[65]. Il display della galleria conclude i suoi audiovisivi con la presentazione "La tensione tra memoria e speranza".
L'ultima galleria, la decima[66] è l'epilogo che conclude la mostra. Qui le risposte, con l'ausilio dell'arte visiva, degli ebrei contemporanei agli orrori subiti. L'allestimento del video principale è stato progettato dell'artista israeliano, esperto in teatro e multimedia, Uri Tzaig, ed è «espressione di risposte individuali e reazioni alla Shoah, attraverso estratti di diari, poesie e lettere. I pezzi, sono tutti opere originali del periodo dell'Olocausto», ed appaiono in due lingue, ebraico ed inglese. Nella galleria un pezzo originale musicale fa da sottofondo e sollecita la riflessione. «In un angolo della galleria l'immagine di un libro» che viene continuamente sfogliato e mostra diverse calligrafie appartenenti a persone diverse che hanno scelto la scrittura come mezzo per esprimere «le loro speranze, paure e sogni». In questa galleria del museo storico dell'Olocausto, sono le opere interpretative d'arte a farla da padrone, distinguendosi dalle altre nove, perché non c'è nessuna narrazione storica[67].
Il Museo d'Arte dell'Olocausto
A pochi metri dall'uscita del Museo Storico dell'Olocausto, c'è una nuova e moderna struttura che ospita il Museo d'Arte dell'Olocausto, «la più grande collezione al mondo di arte creata nei ghetti, nei campi, in nascondigli ed altri luoghi, in cui la ricerca artistica era quasi impossibile»[68]. Questo nuovo Museo è il contributo di Sheldon Adelson e sua moglie Miriam. Sheldon Adelson, imprenditore statunitense di Las Vegas, nato da genitori ebrei è considerato da Forbes uno dei più ricchi uomini del mondo [69]
La collezione del museo si compone di circa 10.000 opere realizzate per la maggior parte durante il periodo della shoah[70]. Le opere esposte nel museo hanno lo scopo di proporre un approccio diverso alla Shoah. È l'esperienza del singolo ad essere messa in evidenza «con un mezzo che non fa appello solo all'intelletto, ma penetra anche dritto al cuore.»[71]. Alla parete iniziale del museo che fa una carrellata su opere di diversi artisti, seguono spazi "a tema" che affrontano argomenti specifici, concentrandosi esclusivamente su aspetti umani delle opere realizzate sui ghetti o sui campi. Nel museo, inoltre, ci sono aree dedicate a singoli artisti conosciuti, come la pittrice Charlotte Salomon e Carol Deutsch[72]
Le opere del periodo della Shoah, quando furono fatte nei ghetti e nei campi, sono da considerarsi davvero opere "speciali" se si considera che gli artisti che le produssero e le conservarono, lo fecero a rischio e pericolo della loro stessa vita. L'arte che denunciava le condizioni di vita in quei luoghi di tortura letterale e psicologica, era considerata fuorilegge dai nazisti. Quelle opere sono anche particolari se si considerano gli sforzi fatti dagli artisti per procurarsi le materie prime per i lavori e la pressione psicologica esercitata in un ambiente che demotivava la creatività anziché esaltarla. Ma a dispetto di tutto questo, Yad Vashem ha un museo di queste opere, anche se la maggior parte è fatta su sottili pezzi di carta che temono sia il maneggio che la luce. Per far si che queste opere siano conservate il più a lungo possibile e possono "riposare" al buio, il museo periodicamente "le ruota" con altre opere, raggiungendo così due scopi: una più lunga conservazione ed una visione nuova e diversa per i visitatori, di opere del museo appartenenti anche ad artisti diversi[73].
Adiacente agli ambienti espositivi, una delle iniziative peculiari del museo israeliano: Un centro di archiviazione, il primo centro informatizzato al mondo dell'arte e degli artisti della Shoah. «Il centro è pensato sia per i visitatori occasionali che vogliono approfondire la conoscenza su un particolare artista visualizzato nella mostra, sia per i ricercatori che desiderano utilizzare le informazioni per il loro lavoro accademico.»[74]
I Memoriali
Sala della Memoria
La Sala della Memoria (ebraico, Ohel Yizkor), è il principale[75] memoriale di Yad Vashem [76].
Opera dell'architetto Aryeh Elhanani, l'imponente struttura a forma di tenda è stata realizzata in cemento armato con pareti costituite da grossi blocchi di pietre. L'ambiente è disadorno e vuoto, come si pretende da un luogo di riflessione. Al centro della grande sala, la Fiamma Eterna opera di Kosso Eloul [77], una fiamma che arde continuamente sia di giorno che di notte, simbolo del ricordo costante, eterno. Il pavimento, fatto di basalto nero conferisce all'ambiente un aspetto serio ed austero. Tutta l'area pavimentale è incisa con i nomi dei principali 21 campi di sterminio, di concentramento e di transito nazisti, dove trovarono la morte milioni di ebrei dell'Europa centrale e orientale. Unico altro arredo nella struttura, una cripta, collocata di fronte alla fiamma eterna e contenente le ceneri delle vittime dei forni crematoti, che Yad Vashem ha ricercato in diversi siti della Shoah[78].
Il surreale silenzio regnante all'interno della struttura, permette ai visitatori di raccogliersi in riflessione e rendere omaggio alla memoria delle vittime.
Questo luogo del Memoriale è stato il sito obbligato anche per tutte le personalità politiche e religiose che fino a questo momento hanno visitato il Memoriale, rappresentando per gli ebrei un luogo altamente simbolico che ha a che fare con con tutta la loro cultura[79] e la loro identità[80][81]: Il ricordo' e la memoria[82][83].[84]
La Sala dei Nomi
Il Memoriale dei Bambini
Valle delle Comunità
Il Giardino dei Giusti
L'onorificienza "Giusto tra le nazioni"
L'Istituto Internazionale di Ricerca sull'Olocausto
Il Centro "Diana Zborowski" per gli Studi sulle Conseguenze dell'Olocausto
La Scuola Internazionale per gli Studi della Shoah
Dipartimento Europeo della Scuola Internazionale per gli Studi della Shoah
Il "Desk Italia"
Altri monumenti e memoriali nell'area di Yad Vashem
Nell'area del memoriale, oltre ai memoriali e monumenti principali, sono esposti diversi altri monumenti, targhe e stele riguardanti l'olocausto.
Vicino al "Giardino dei Giusti tra le Nazioni" dell'area del memoriale, c'è il memoriale alla deportazione, un monumento consistente in un angoscioso originale carro bestiame dell'epoca nazista collocato su un ponte ferroviario interrotto. Un ipotetico abisso, che simboleggia nelle intenzioni dei curatori della mostra, le vite strappate, in bilico fra la vita e la morte. I vagoni, i binari e le ferrovie sono tutti elementi principali nella storia della Shoah. In quei vagoni freddi, senza luce, senza servizi igienici trovavano posto bambini, donne e uomini stipati fino all'inverosimile che viaggiavano per migliaia di chilometri, attraversando l'Europa, prima di giungere alle loro destinazioni di morte.
Nei pressi del Memoriale dei Bambini, c'è una piazza con il relativo monumento dedicato all'educatore e scrittore ebreo-polacco Janusz Korczak, pseudonimo di Henrik Goldschmidt. Opera dello scultore Boris Saktsier il monumento interpreta l' affetto mostrato fino al martirio che Korczak nutriva verso i bambini dell'orfanotrofio in cui insegnava. L'opera in bronzo rappresenta il volto intristito dell'educatore ed un braccio enorme che abbraccia i "suoi" bambini in segno di protezione. Janusz Korczak fu uno dei martiri ebrei della Shoah. La mattina del 5 agosto 1942 i 200 bambini dell'Orfanotrofio del ghetto di Varsavia furono prelevati dalle SS per essere mandati allo sterminio nel campo di Treblinka. Korczak li accompagnava dopo averli fatti ben vestire con gli abiti migliori e camminare ordinati mano nella mano come se andassero a fare una gita. Gli ufficiali nazisti si opposero e non gradirono che una personalità del rilievo di Janusz Korczak fosse deportata, ma lui rifiutò la salvezza per seguire i suoi bambini fino alla fine. Sembra che sia morto di dolore sul treno diretto a Treblinka[85].
Poco lontano dal "carro merci in bilico" c'è il Monumento ai partigiani ebrei, opera dello scultore Bernard Fink. Il Memoriale è composto da sei grosse pietre esagonali che simboleggiano i sei milioni di vittime della Shoah, pietre che intersecate fra loro formano una stella di David, simbolo del popolo ebraico [86]. Al centro una spada a punta piramidale rivolta verso il cielo simbolo di resistenza armata. Una scritta incisa sulla pietra in quattro lingue: inglese, russo, francese ed ebraico recita: Alla gloria dei soldati e partigiani ebrei che hanno combattuto contro la Germania nazista. La storia riguardante i partigiani ebrei è ancora poco conosciuta, ma questi ebbero un ruolo importante nella lotta al nazismo. Furono migliaia gli ebrei che parteciparono in quasi tutti i movimenti di resistenza in Europa, sia come membri di organizzazioni non ebraiche che in movimenti clandestini ebraici come in Francia e in Ungheria[87]. Si calcolano in un milione e mezzo ebrei soldati, partigiani e resistenti dei ghetti che parteciparono attivamente a movimenti di resistenza nella seconda guerra mondiale[88].
Nella stessa area del Memoriale ai partigiani, c'è il Panorama dei Partigiani che «si affaccia sul bosco di Gerusalemme»[89]. Ideato dall'architetto Dan Zur, il Panorama omaggia tutti gli ebrei che si unirono ai partigiani durante il periodo della Shoah[90] Il Panorama ha come principale elemento una scultura "vivente", dello scultore Zadok Ben-David, di un albero i cui rami e foglie sono fatte da figure umane: uomini, donne e bambini; rappresentano «la crescita e la speranza». L'albero è stato scelto come «simbolo del partigiano la cui vita dipendeva dal bosco e dei suoi alberi come un posto dove nascondersi». La scultura è stata anche ispirata da un versetto del Vecchio Testamento della Bibbia e precisamente Deuteronomio capitolo 20 versetto 19, che recita: "Nel caso che tu ponga l'assedio a una città per molti giorni combattendo contro di essa per catturarla, non ne devi rovinare gli alberi brandendo contro di essa la scure; poiché da essi devi mangiare, e non devi tagliarli, poiché è l'albero del campo un uomo che debba essere assediato da te?". Su una pietra nelle vicinanze della scultura dell'albero, l'inno dei partigiani in tre lingue: ebraico, Yiddish ed in inglese.
A metà strada fra il "Giardino dei Giusti tra le Nazioni" e il "Museo storico", c'è la Piazza del Ghetto di Varsavia con il suo Muro della Memoria che si propone di ricordare l'esistenza del più grande ghetto dell' Europa orientale, in Polonia. La realizzazione di questo proposito fu affidato allo scultore ebreo-polacco Nathan Rapaport sopravvissuto egli stesso allo sterminio dell'olocausto. Rapaport ha realizzato un muro nella piazza con due sculture in bronzo. Una commemora la rivolta del Ghetto, mostrando in primo piano, fra altri combattenti armati, il leader ebreo Mordechaj Anielewicz comandante della ŻOB, Żydowska Organizacja Bojowa (Organizzazione ebraica combattente) che organizzo la restistenza armata contro i nazisti nel Ghetto (l'identica scultura si trova anche come monumento a Varsavia). L'altra scultura posta sullo stesso muro a pochi metri dalla prima, ed è intitolata "L'ultima marcia". Rappresenta bambini donne e uomini ricurvi su se stessi e piangenti, in marcia verso i campi di sterminio; scortati da soldati nazisti, la scultura non mostra i volti dei persecutori, questi rimangono senza volto, e sono riconoscibili solo per il classico elmetto da fante tedesco e dalle loro baionette[91]
Uno dei monumenti più imponenti nell'area del Memoriale, è quello dedicato alle marce della morte del campo di concentramento di Dachau. Realizzato in bronzo rappresenta "una folla" di prigionieri ricurva ed affaticata in marcia.
Dachau, istituito nel 1933, è noto per essere stato il primo campo di concentramento nazista e per essere uno degli ultimi, verso la fine di aprile del 1945 ad essere stato liberato[92].Proprio per la sua tardiva liberazione, ci furono marce della morte organizzatde da altri campi di concentramento che ebbero come destinazione Dachau, come avvenne, per esempio, con quella che partì dal Campo di concentramento di Buchenwald nel marzo 1945[93] e quella di aprile dello stesso anno, con l'evacuazione di 28.000 prigionieri[94] verso altri campi (Dachau inclusa), quando ormai fu chiara l'imminente avanzata e la seguente liberazione del campo vicino Weimar, da parte della 89ª Divisione Fanteria della Terza Armata degli Stati Uniti d'America. Ci fu una marcia della morte anche da Dachau, prima della sua liberazione il 29 aprile del 1945, marcia che attraverso le città bavaresi di Gruenwald, Wolfratshausen ed Herbertshausen[95]
Le "marce della morte" furono un'altro aspetto cruento della persecuzione nazista perpetuata su ogni tipo di prigioniero, anche se quelli ebrei furono coloro che pagarono il tributo più alto, visto che nei campi di sterminio polacchi, gli ebrei erano di numero considerevole. I prigionieri, già affammati, infreddoliti, deboli e demoralizzati erano costretti a percorrere lunghi percorsi, a piedi, stipati in vagoni merci su barconi sovraffolati, per giungere ad un'altra destinazione di prigionia, chi non seguiva la marcia veniva eliminato immediatamente con un colpo di pistola. Secondo gli storici della Shoah, con l'avanzata da oriente delle truppe sovietiche e ad occidente di quelle americane ed inglesi e quindi con la Germania e la Polonia accerchiata, quelle evacuazioni forzate erano dovute a tre principali convinzioni delle autorità naziste: 1. Non lasciare nessun prigioniero in vita in modo che potesse raccontare ai liberatori, i soprusi nazisti, 2. La convinzione del "riutilizzo" di quei prigionieri per la loro produzione bellica in un altro luogo, e 3. La convinzione (ne era convinto anche Himmler) che i prigionieri ebrei potessero rappresentare una sorta di "merce di scambio" e "ostaggio" di una pace separata con gli alleati permettendo «la sopravvivenza del regime nazista» [96]
Il monumento di Yad Vashem è preposto per ricordare le marce della morte, un aspetto della Shoah, per molti misconosciuto.
Yad Vashem per Auschwitz - Birkenau
Auschwitz-Birkenau entrando nella coscienza collettiva «come la rappresentazione della suprema malvagità umana», occupa il posto più importante nella cultura della memoria della Shoah, sia per il triste primato delle vittime rispetto ad altri campi di sterminio e concentramento nazisti (oltre un milione di ebrei e circa 125.000 non ebrei)[99], sia per importanti iniziative ispirate agli avvenimenti che contradistinsero il campo. La più importante, è quella riguardante la sua liberazione da parte delle truppe dell'Armata Rossa il 27 gennaio 1945. Per decisione della Organizzazione delle Nazioni Unite infatti, è stato stabilito che fosse proprio la data della liberazione di Auschwitz-Birkenau e quindi il 27 gennaio di ogni anno, quella della celebrazione mondiale del Giorno della Memoria)[100].
Dopo la seconda guerra mondiale il governo comunista polacco decise, fra le altre iniziative che riguardavano i musei e le mostre nazionali ad Auschwitz e Birkenau (Auschwitz I ed Auschwitz II), di dedicare nel 1960, il blocco 27 di Auschwitz I ad una mostra permanente sull'olocausto degli ebrei. Con il tempo però, queste mostre, divennero obsolete «sia in termini di contenuto che di visualizzazione». Subì la stessa sorte anche la mostra del blocco 27, con il risultato che proprio per la fatiscenza delle strutture, i non ebrei evitavano la mostra mentre gli ebrei si fermavano al blocco, solo per il tempo strettamente neccessario<refLa fatiscenza del blocco 27</ref>.
All'inizio degli anni 90, da parte delle autorità polacche, ci fu molta più attenzione per modernizzare e rendere più accurate le strutture museali e le mostre che le riguardavano. L'attenzione fu rivolta anche ai blocchi di Auschwitz, dove nel frattempo c'era stato un aumento esponenziale di visitatori e scolaresche provenienti da tutto il mondo, che desideravano conoscere da vicino quei musei e memoriali a cielo aperto. Nel 2005 visitò Auschwitz-Birkenau, anche il primo ministro israeliano Ariel Sharon che resosi conto dello stato decadente del blocco 27, presentò al suo governo la proposta di modernizzare e ristrutturare quel blocco, creando una nuova mostra permanente.
Fu incaricato dello studio, del progetto e della sua realizzazione, l'ente Yad Vashem e il suo staff di studiosi, mentre lo Stato d'Israele avrebbe finanziato l'impresa[101][102]
Yad Vashem ha affrontato una sfida considerevole», rispondendo a domande come: Quale doveva essere il tema della nuova mostra?, quali elementi esporre?, come concepire soggetto e design in modo che la visita al blocco fosse effettuata nell'arco temporale di massimo 20-30 minuti rendendola interessante anche per le giovani generazioni? Yad Vashem, alla fine, presentò una mostra dal tema: Shoah, incentrata soprattutto sull'eccidio di massa del campo con lo scopo di comunicare concisamente gli aspetti fondamentali della Shoah tramite l'esposizione di manufatti e disegni originali di migliaia di bambini che giunsero al campo. Una mostra che doveva dimostrare che Auschwitz era stato solo un ingranaggio, senza dubbio il più importante, di una più grande macchina distruttiva quale era la Shoah. Una mostra quindi, che sollecitasse le coscienze, senza curare più di tanto gli aspetti storici veri e propri, visto che «da dentro la mostra [chiunque poteva] guardare fuori dalle finestre, e [vedere] ciò che restava della vera Auschwitz»[103]. Yad Vashem chiese la collaborazione di storici, filosofi, artisti e designer per realizzare l'intero percorso espositivo costituendo anche un comitato internazionale come sovrintendente «composto principalmente da storici e sopravvissuti all'Olocausto e diretto dal prof. Elie Wiesel». La nuova mostra è molto diversa dalla precedente focalizzando l'attenzione sull'essere umano e dando risalto agli aspetti etici-culturali, più che agli aspetti storici della Shoah, come è invece pensata la mostra del Museo storico di Yad Vashem a Gerusalemme. Lo scopo principale, infatti, è quello di «risvegliare nel visitatore una profonda, significativa e riflessiva esperienza per quanto riguarda la nostra moralità fondamentale di esseri umani e di membri della civiltà globale di oggi.»[104] Nel percorso espositivo vengono utilizzate anche «moderni metodi di presentazioni visuali, che mostrano [...] la vita degli ebrei prima della guerra, l'ideologia dei nazisti [...] e lo sterminio degli ebrei [...] sul territorio dell’Europa occupata dal nazismo. È dotata anche di una sala dedicata agli 1,5 milioni di bambini ebrei uccisi nella Shoah e di un'altra sala con il libro dei nomi, un elenco di tutti i cognomi delle vittime dell’olocausto, l'identico elenco stilato e conservato proprio da Yad Vashem.»[105]
Aperta il 13 giugno 2013, al blocco 27 di Auschwitz 1[106], la mostra è stata inaugurata alla presenza del primo ministro Benjamin Netanyahu[107] e di decine di autorità ed esponenti politici e del mondo della cultura di diverse nazioni fra cui anche diversi amministratori di Yad Vashem.
Google per Yad Vashem
Il 26 gennaio 2011 in occasione del Giorno della Memoria, Yad Vashem e Google annunciano una partnership[108] su un progetto di straordinarie proporzioni, ideato dopo una visita fatta tre anni prima, nel 2008, da Jonathan Rosenberg, CEO di Google[109]. Dieci mesi dopo, il 27 novembre 2011[110], Yad Vashem e la filiale israeliana di Google decidono di attuare quell'annunciato partenariato: Digitalizzare tutte le fotografie e i documenti riguardanti il genocidio della Shoah, che permetterà a tutte le persone di ogni nazioni nel mondo di accedere tramite la rete, alla più grande[111] raccolta di fonti storiche del genocidio[112].
La risorsa permette a coloro che vi accederanno, di trovare foto e documenti di loro parenti, amici e conoscenti, di informarsi sulle vittime del genocidio della propria nazione e città, avendo la possibilità di condividere le proprie storie personali. Il materiale sarà inoltre di grande utilità per le ricerche di studiosi dell'Olocausto e di tutti coloro che vorranno essere informati sul genocidio. Un altro utile scopo della risorsa è quello di avere la possibilità di collaborare, ampliando con le proprie esperienze, conoscenze e segnalazioni, l'archivio centrale del Museo[113].
Nel 2011, 130.000 foto ad alta risoluzione dell'archivio centrale del Museo potevano già essere visualizzate; un inizio di un lavoro lungo e laborioso anche per le molte difficoltà tecniche dovute al riconoscimento ottico dei caratteri (OCR), per cui Google ha usato tecnologie sperimentali concentrandosi «sulla ricerca di modi nuovi e innovativi per rendere l'enorme quantità di dati [...] accessibili e ricercabili a un pubblico globale»[114]. Il presidente dello Yad Vashem, Avner Shalev, definì Google «un partner fondamentale [...], che ci ha aiutato a raggiungere un pubblico nuovo, compresi i giovani di tutto il mondo, consentendo loro di essere attivi nella discussione sull'Olocausto.»[115]
Nella partnership è rientrata anche la piattaforma web YouTube, di proprietà di Google dall'ottobre del 2006. Google ha concesso a Yad Vashem un canale preferenziale e dedicato di YouTube, visibile su www.youtube.com/yadvashem. Yad Vashem ha caricato sulla piattaforma i video dei percorsi del Museo Storico, di altri importanti siti dell'ente, le testimonianze più significative dei sopravvissuti alla Shoah e le visite dei più importanti personaggi politici e religiosi che fino ad oggi hanno visitato il Memoriale più importante del mondo dedicato alla Shoah.
Alcuni dei 634 "Giusti" Italiani
Dal 1964 al 2013 presso lo Yad Vashem risultano certificati 634 "giusti tra le nazioni" di cittadinanza italiana. Alcuni dei più noti sono:
- Giorgio Perlasca, commerciante padovano, contribuì a salvare numerosissimi ebrei a Budapest spacciandosi per un diplomatico spagnolo. Sulla sua storia il giornalista Enrico Deaglio ha scritto il libro La banalità del bene (ISBN 88-07-81233-9), da cui è stato tratto il film per la televisione Perlasca - Un eroe italiano.
- Carlo Angela, medico e antifascista piemontese (padre di Piero Angela), nascose nella sua clinica di San Maurizio Canavese numerosi ebrei e antifascisti, facendoli passare per malati. La sua azione è rimasta sconosciuta per mezzo secolo, fino a quando uno degli ebrei salvati da lui, Renzo Segre, l'ha raccontata nel libro Venti mesi (Sellerio, 1995).
- Gino Bartali, ciclista, trasportò, all'interno della sua bicicletta, dei documenti falsi per aiutare gli ebrei ad avere una nuova identità; inoltre, durante l'occupazione nazista nascose, in una cantina di sua proprietà, una famiglia ebrea fino all'arrivo degli Alleati[116].
- Giovanni Palatucci, questore di Fiume. Aiutò gli ebrei dopo le leggi razziali fasciste del 1938 salvandone 5000 durante la guerra e fino al suo arresto da parte dei nazisti. Morì nel Campo di concentramento di Dachau.
- Arrigo Beccari, sacerdote e il dottor Giuseppe Moreali nascosero un centinaio di bambini presso Nonantola. Furono i primi italiani certificati come "Giusti". Dalla loro storia venne tratto il film Arrivederci Ragazzi.
- Michele Carlotto dalle valli del Pasubio fece scappare in Svizzera una quarantina di ebrei slavi lì confinati.
- Eugenio Bussa, sacerdote milanese, salvò molti bambini ebrei nascondendoli, sotto falso nome, nella casa per sfollati di Serina.
- Daniele Cupertino, pastore avventista e sua moglie Teresa Morelli, a Roma.
- Tullio Vinay, pastore valdese, a Firenze.
- Vincenzo Fagiolo, sacerdote e il cardinale Pietro Palazzini collaborarono a Roma per salvare molti ebrei.
- Michele Carlotto dalle valli del Pasubio fece scappare in Svizzera una quarantina di ebrei slavi lì confinati.
- Odoardo Focherini, assicuratore di Carpi, con l'aiuto di don Dante Sala mise in piedi un'organizzazione di salvataggio degli ebrei. Catturato dai nazisti e deportato, morì nel campo di concentramento di Hersbruck presso il Campo di concentramento di Flossenbürg.
- Giuseppe Placido Nicolini, vescovo di Assisi, e don Aldo Brunacci, nascosero 300 ebrei.
- Clelia Caligiuri De Gregorio di (Piavon). Vedova, con tre figli, Clelia aiutò per quasi tutto il periodo della Seconda guerra mondiale, l'ebrea Sarina Karliner, una rigugiata jugoslava, conosciuta a Follina in provincia di Treviso. Ogni giorno portò cibo a Sarina, a rischio della sua libertà. Quando i tedeschi arrivarono nell'Italia Settentrionale la portò a Piavon, nascondendola in un rifugio sicuro in un armadio di casa sua e fornendogli ogni genere di conforto. Fece questo fino a luglio del 1944. Quando ci fu pericolo che le SS potessero scoprire il suo nascondiglio, Clelia la scortò personalmente per accertarsi che arrivasse a destinazione e a rischio e pericolo della sua stessa vita, in un'altro rifugio a Lutrano. Sarina rimase in questo rifuglio fino alla liberazione. Durante questo periodo, Clelia andò regolarmente due volte alla settimana da Sarina portandogli le vettovaglie necessarie, le lasciò anche del denaro da usare nel caso fosse stata necessaria una sua fuga improvvisa. Il 18 ottobre 1966 Yad Vashem ha riconosciuto Clelia, come Giusta, dedicandole anche nel Giardino dei Giusti una targa a sua memoria[117].
Le personalità che lo hanno visitato
Regnanti
- Federico di Danimarca (2013)[118]
Presidenti
- François Tombalbaye (1965)[119]
- Luis Echeverría (1975)[120]
- Anwar al-Sadat (1977)[121]
- Richard von Weizsäcker (1985)[122]
- Bill Clinton (1994)[123]
- Emil Constantinescu (2000)[124]
- Stjepan Mesić (2001)[125]
- Horst Köhler (2005)[126]
- Vladimir Putin (2005)[127]
- Lech Kaczyński (2006)[128]
- Giorgio Napolitano (2008)[129]
- George W. Bush (2008)[130]
- Nicolas Sarkozy (2008)[131]
- Christian Wulff (2010)[132]
- Ivo Josipović (2012)[133]
- Barack Obama (2013)[134]
- Tomislav Nikolić (2013)[135]
- Nikos Anastasiadīs (2013)[136]
- Juan Manuel Santos (2013)[137]
- Miloš Zeman (2013)[138]
- Goodluck Jonathan (2013)[139]
- Bronisław Komorowski (2013)[140]
- Otto Pérez Molina (2013)[141]
- Mahinda Rajapaksa (2014)[142]
- Traian Băsescu (2014)[143]
- Ollanta Humala (2014)[144]
Primi Ministri e Capi di Governo
- Tage Erlander (1962)[145]
- Dawda Jawara (1966)[146]
- Margaret Thatcher (1986)[147]
- Bob Hawke (1987)[148]
- John Major (1990–97)[149]
- Costantino Mitsotakis (1992)[150]
- Sergey Tereshchenko (1992)[151]
- Adolfas Šleževičius (1993)[152]
- Ivo Sanader (2005)[153]
- Angela Merkel (2006)[154]
- Mario Monti (2012)[155]
- Bidzina Ivanishvili (2013)[156]
- Enrico Letta (2013)[157]
- Antōnīs Samaras (2013)[158]
- Mark Rutte (2013)[159]
- Stephen Harper (2014)[160]
- Bohuslav Sobotka (2014)[161]
- Matteo Renzi (2015)[162]
Personaggi religiosi
- Papa Giovanni Paolo II (2000)[163]
- Papa Benedetto XVI (2009)[164]
- Arcivescovo di Canterbury Justin Welby (2013)[165]
- Papa Francesco (2014)[166]
Organizzazioni internazionali
Galleria
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La prima scultura del Muro della Memoria, di Nathan Rapaport, sita nella Piazza del Ghetto di Varsavia di Yad Vashem. è dedicata alla resistenza armata del Ghetto. In primo piano l'eroe del Ghetto di Varsavia: Mordechaj Anielewicz
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La seconda scultura del Muro della Memoria, di Nathan Rapaport, nella Piazza del Ghetto di Varsavia di Yad Vashem. Dedicata alle marce della morte è intitolata "L'ultima marcia"
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Ingresso del Memoriale dei Bambini
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Stele del Giardino dei Giusti
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Monumento Memoriale con figure umane
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Attestato di Giusto tra le nazioni
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Foto di bambini nel Memoriale dei Bambini
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Una parte della Sala dei Nomi con le foto delle vittime
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Una delle gallerie del museo storico
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Ziklon B in mostra al museo storico
Note
- ^ Su Yad Vashem
- ^ Definizione di Yad Vashem secondo il sito ufficiale del Memoriale in lingua italiana
- ^ 634 dei 25.700 "giusti" sono italiani
- ^ Gli scopi del Memoriale
- ^ Monte del Ricordo
- ^ La foresta fu piantata nel 1950 da parte del Fondo Nazionale Ebraico e con un finanziamento di donatori privati.
- ^ Storia delle costruzioni del "Fondo"
- ^ Yad vashem nel sito di Lager.it
- ^ Prevalentemente sotterranee i 4200 mq del Museo
- ^ Il principale museo dell'Olocausto
- ^ Le forme del cemento. Dinamicità, di Carmen Andriani, p. 38, sezione: Museo dell'olocausto Yad Vashem di Nilda Valentin, Cangemi Editore, Roma 2011, ISBN 978-88-492-2156-5 [1], [2]
- ^ Isaia 56,5, su La Parola - La Sacra Bibbia in italiano in Internet.
- ^ Alla lettera: un monumento e un nome
- ^ Lo statuto di Yad Vashem
- ^ L'apertura al pubblico a circa quindici anni dell'olocausto
- ^ Storia e memoria ebraica in Dizionario di Storiografia
- ^ Ebrei: popolo della memoria [3]
- ^ Zakhor. Storia ebraica e memoria ebraica, di Yosef Hayim Yerushalmi, (edizione originale inglese, 1982), Pratiche Editrice, Parma 1983
- ^ "Il Ricordo" nella cultura ebraica
- ^ Introduzione di Harold Bloom al saggio Zakhor. Storia ebraica e memoria ebraica, di Yosef Hayim Yerushalmi: [4]
- ^ Il "dovere" del "Ricordo"
- ^ I quattro fondamenti della "memoria"
- ^ Una visita al museo-memoriale Yad Vashem
- ^ Immediatamente dopo la guerra, il Processo di Norimberga (dal 20 novembre 1945 al 1º ottobre 1946) dapprima, e i diversi processi che seguirono, come i cosiddetti dodici processi "secondari", confermarono e dimostrarono che l'orrore subito dagli ebrei fu esclusivo soprattutto per il numero di vittime implicate
- ^ Avishai Margalit, The Ethics of Memory, p. 22, Harvard University Press, Cambridge, MA, 2002, ISBN 978-0-674-00941-7
- ^ Una visita al museo-memoriale Yad Vashem
- ^ Una visita al museo-memoriale Yad Vashem
- ^ Caratteristiche del sito su cui è costruito Yad Vashem
- ^ Dati su Yad Vashem sul Portale Ufficiale del Turismo di Gerusalemme
- ^ Preparazione della Giornata della Shoah, p. 7 - Documento Yad Vashem
- ^ Preparazione della Giornata della Shoah, p. 7 - Documento Yad Vashem
- ^ Yad Vashem, istituzione pubblica
- ^ Il Cacciatore di Giusti - Storie di non ebrei che salvarono i figli d'Israele dalla Shoah, di Ugo Pacifici Noja e Silvia Pacifici Noja, p. 38, Effatà Editrice, Cantalupa 2010, ISBN 978-88-7402-568-8
- ^ Discorso di Elie Wiesel all'inaugurazione del nuovo Yad Vashem
- ^ L'inaugurazione del "nuovo" Yad Vashem
- ^ Mappa completa del Memoriale, con la localizzazione di tutte le strutture, i memoriali e i monumenti. Il Visitors Center è quello contrassegnato dal numero "1"
- ^ Yad Vashem: Moshe Safdie - The Architecture of Memory, di Joan Ockman, Moshe Safdie, Avner Shalev e Elie Wiesel, Yad Vashem Publications - Lars Müller Publishers, Gerusalemme - Zurigo 2006, ISBN 978-965-308-403-2
- ^ Il nuovo Museo storico dell'Olocausto è quattro volte più grande del precedente - Ambasciata di Israele a Roma
- ^ Il Museo Storico di Yad Vashem fra le opere di Moshe Safdie nella Treccani.it
- ^ Una visita al museo-memoriale di Yad Vashem
- ^ Durata e costo dell'ampliamento del nuovo Yad Vashem
- ^ Lo storico Pietro Fogale nell'articolo "Una visita al museo-memoriale di Yad Vashem"
- ^ Memoriale Nazionale Israeliano
- ^ Il Museo di Storia dell'Olocausto
- ^ Le aree di Yad Vashem
- ^ La struttura descritta dal sito ufficiale di Yad Vashem
- ^ La struttura descritta dal sito ufficiale di Yad Vashem
- ^ Il Museo Storico
- ^ Le gallerie e il loro contenuto
- ^ L'artista Michal Rovner
- ^ Il video dell'artista Michal Rovner e la prima galleria del museo storico
- ^ La seconda galleria del museo storico
- ^ La terza galleria del Museo Storico
- ^ La terza galleria del Museo Storico
- ^ La quarta galleria del museo storico
- ^ La quinta galleria del museo storico
- ^ La sesta galleria del museo storico, la soluzione finale e la resistenza nei ghetti
- ^ La resistenza nei ghetti
- ^ La settima galleria del museo storico
- ^ I movimenti clandestini ebraici
- ^ La ottava galleria del museo storico
- ^ La nona galleria del museo storico
- ^ La "tensione" della sopravvivenza
- ^ A Yad Vashem è stato costituito anche il Centro Diana Zborowski per gli Studi sulle Conseguenze dell'Olocausto
- ^ Si ricordi che dopo l'olocausto non esisteva ancora lo Stato di Israele (Il moderno Stato d'Israele fu proclamato da David Ben Gurion, tre anni dopo la fine della guerra, il 14 maggio 1948, alla scadenza del mandato britannico.), gli ebrei che riuscivano ad arrivare in terra di Israele senza il placet delle autorità del mandato britannico della Palestina, erano considerati clandestini
- ^ La decima galleria del museo storico
- ^ Le reazioni alla Shoah
- ^ Museo d'Arte dell'Olocausto
- ^ Sheldon Adelson in Forbes
- ^ Sul Museo d'Arte nel sito ufficiale Yad Vashem
- ^ Sul Museo d'Arte nel sito ufficiale Yad Vashem
- ^ Alcune opere di Carol Deutsch
- ^ Sul Museo d'Arte nel sito ufficiale Yad Vashem
- ^ Sul Museo d'Arte nel sito ufficiale Yad Vashem
- ^ Il principale memoriale di Yad Vashem: La Sala della Memoria (Ohel Yizkor in ebraico)
- ^ Il sito è contrassegnato dal numero "13" nella mappa di Yad Vashem
- ^ La Fiamma Eterna di Kosso Eloul
- ^ Alcuni "arredi" della Sala della memoria
- ^ Storia e memoria ebraica in Dizionario di Storiografia
- ^ Ebrei: popolo della memoria [5]
- ^ Zakhor. Storia ebraica e memoria ebraica, di Yosef Hayim Yerushalmi, (edizione originale inglese, 1982), Pratiche Editrice, Parma 1983
- ^ "Il Ricordo" nella cultura ebraica
- ^ Introduzione di Harold Bloom al saggio Zakhor. Storia ebraica e memoria ebraica, di Yosef Hayim Yerushalmi: [6]
- ^ «Il popolo ebreo è il popolo della memoria per eccellenza. Nell'Antico Testamento, in particolare nel Deuteronomio, si richiama il popolo al dovere del ricordo e della memoria»,Zakhor. Storia ebraica e memoria ebraica, di Yosef Hayim Yerushalmi, La Giuntina, Firenze 2011
- ^ Piazza dedicata a Janusz Korczak e monumento, contrassegnati dal numero "16" sulla mappa di Yad Vashem
- ^ Sei pietre simbolo di sei milioni di vittime ebraiche dell'olocausto
- ^ I partigiani e i movimenti clandestini ebraici
- ^ Il Memoriale ai partigiani nel sito di Yad Vashem
- ^ Il panorama dei Partigiani in Yad Vashem USA
- ^ Il Panorama dei Partigiani nella mappa dei siti di Yad Vashem
- ^ Muro della Memoria con le due sculture nella Piazza del Ghetto di Varsavia nel sito di Yad Vashem contrassegnata dal numero "25"
- ^ Educazione nella scuola
- ^ Bill Basch proveniente da Buchenwald raggiunge Dachau
- ^ Marce della morte, da Buchenwald verso altri campi
- ^ La marcia della morte partita da Dachau
- ^ Le marce della morte, le convinzioni naziste sul loro utilizzo secondo United States Holocaust Memorial Museum
- ^ Messaggio di Elie Wiesel alla inaugurazione della permanente Shoah
- ^ La nuova mostra permanente nel Blocco 27 presso il Museo di Stato di Auschwitz-Birkenau
- ^ Dati sulle vittime del campo di sterminio di Auschwitz-Birkenau
- ^ Auschwitz-Birkenau nella memoria collettiva
- ^ La nuova permanente fu finanziata dallo Stato d'Israele e dalla Claims Conference[7]
- ^ I finanziatori della permanente al blocco 27: Lo Stato d'Israele e la Claims Conference
- ^ Il blocco 27 e le finestre su Auschwitz
- ^ Aspetti della nuova mostra al blocco 27
- ^ La sala dediczata ai bambini e la sala dei nomi
- ^ L'inaugurazione della nuova mostra
- ^ L'inaugurazione della nuova mostra
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- ^ Digitalizzare la memoria della Shoah, un percorso multimediale pag. 3
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- ^ Gino Bartali, 23 settembre 2013
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- ^ Federico di Danimarca visita Yad Vashem nel 2013
- ^ François Tombalbaye visita Yad Vashem nel 1965
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- ^ Emil Constantinescu visita Yad Vashem nel 2000
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- ^ Juan Manuel Santos visita Yad Vashem nel 2013
- ^ Miloš Zeman visita Yad Vashem nel 2013
- ^ Goodluck Jonathan visita Yad Vashem nel 2013
- ^ Bronisław Komorowski visita Yad Vashem nel 2013
- ^ Otto Pérez Molina visita Yad Vashem nel 2013
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- ^ [9], Tage Erlander in visita a Yad Vashem nel 1962
- ^ Dawda Jawara visita Yad Vashem nel 1966
- ^ Margaret Thatcher visita Yad Vashem nel 1986
- ^ [10]Bob Hawke in visita a Yad Vashem nel 1987
- ^ John Major visita Yad Vashem nel 1990 e nel 1997
- ^ Costantino Mitsotakis visita Yad Vashem nel 1992
- ^ Sergey Tereshchenko visita Yad Vashem nel 1992
- ^ Adolfas Šleževičius visita Yad Vashem nel 1993
- ^ [11], Ivo Sanader visita Yad Vashem nel 2005
- ^ Angela Merkel visita Yad Vashem nel 2006
- ^ Mario Monti visita Yad Vashem nel 2012
- ^ Bidzina Ivanishvili visita Yad Vashem nel 2013
- ^ Enrico Letta visita Yad Vashem nel 2013
- ^ Antōnīs Samaras visita Yad Vashem nel 2013
- ^ Mark Rutte visita Yad Vashem nel 2013
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- ^ [12], Matteo Renzi visita Yad Vashen nel 2015
- ^ Papa Giovanni Paolo II visita Yad Vashem nel 2000
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- ^ [14], Kurt Waldheim visita Yad Vashem nel 1973
Bibliografia
Bibliografia in italiano
- Carmen Andriani, Le forme del cemento. Dinamicità, di Carmen Andriani, sezione: Museo dell'olocausto Yad Vashem (di Nilda Valentin), Cangemi Editore, Roma 2011, ISBN 978-88-492-2156-5
- Liliana Picciotto, Israel Gutman (a cura, editor-in-chief) e Bracha Rivlin, I Giusti d’Italia: I non ebrei che salvarono gli ebrei, 1943-1945 , Arnoldo Mondadori Editore, Milano 2006, ISBN 978-88-04-55127-0
- Yosef Hayim Yerushalmi, Zakhor. Storia ebraica e memoria ebraica (edizione originale inglese, 1982), Pratiche Editrice, Parma 1983, (altra ediz. italiana: Giuntina, Firenze 2011, ISBN 978-88-8057-412-5 )
Bibliografia in altre lingue
- (EN) Yad Vashem Studies. Vol.41/2, Edizioni Yad Vashem, Gerusalemme 2013, ISBN 978-3-8353-1510-5
- (EN) The Encyclopedia of the Righteous Among the Nations, 2 volumi, supplemento 2000-2005, Avraham Milgram Editore, Gerusalemme 2010, 2011
- (EN) Israel Gutman (a cura, editor-in-chief), The Encyclopedia of the Righteous Among the Nations: Europe (Part I) and Other Countries, (nazioni: Austria, Brasile, Repubblica Ceca, Danimarca, Germania, Regno Unito, Ungheria, Italia, Giappone, Lussemburgo, Norvegia, Portogallo, Slovacchia, Spagna, Svezia, Svizzera, Turchia e Stati Uniti d'America), Yad Vashem Publications, Gerusalemme 2007
- (EN) Israel Gutman (a cura, editor-in-chief), The Encyclopedia of the Righteous Among the Nations: Europe (Part II), (nazioni: Albania, Bielorussia, Bulgaria, Estonia, Grecia, Lettonia, Lituania, Moldavia, Romania, Russia, Ucraina e Jugoslavia), Yad Vashem Publications, Gerusalemme 2007
- (EN) Joan Ockman, Moshe Safdie, Avner Shalev e Elie Wiesel, Yad Vashem: Moshe Safdie - The Architecture of Memory, Yad Vashem Publications - Lars Müller Publishers, Gerusalemme - Zurigo 2006, ISBN 978-965-308-403-2*
- (EN) Israel Gutman (a cura di, editor-in-chief), Dan Michman, The Encyclopedia of the Righteous Among the Nations: Belgium, Yad Vashem Publications, Gerusalemme 2005
- (DE) Daniel Fraenkel e Jakob Borut, Lexikon der Gerechten unter den Volkern: Deutsche und Osterreiche, Wallstein Verlag, Göttingen 2005
- (EN) Bella Gutterman e Avner Shalev, To bear Witness. Holocaust Remembrance at Yad Vashem, Yad Vashem Publications, Gerusalemme 2005, ISBN 965-308-248-5
- (EN) Avishai Margalit, The Ethics of Memory, Harvard University Press, Cambridge 2002, ISBN 978-0-674-00941-7*(EN) Israel Gutman (a cura di, editor-in-chief), Sara Bender e Shmuel Krakowsk, The Encyclopedia of the Righteous Among the Nations: Poland, Yad Vashem Publications, Gerusalemme 2004
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- (FR) Israel Gutman (a cura, editor-in-chief), Dictionnaire des Justes de France , Lucien Lazare in association with Librairie Artheme, Fayard, Parigi 2003
- (EN) Israel Gutman (a cura di, editor-in-chief), Lucien Lazare, The Encyclopedia of the Righteous Among the Nations: France, Yad Vashem Publications, Gerusalemme 2003
- (EN) Efraim Zuroff, Yad Vashem: The holocaust martyrs 'and heroes' remembrance authority, Jerusalem, Yad Vashem Publications, Gerusalemme 1970, ASIN: B00M0NA8XE
Voci correlate
Altri progetti
- Wikimedia Commons contiene immagini o altri file su Yad Vashem
Collegamenti esterni
- Parte del sito Yad Vashem in italiano
- (EN, HE, RU, FR, DE, HU, RO) Sito del Museo
- Yad Vashem su Comitato Foresta dei Giusti- Gariwo
- Il progetto per Yad Vashem nel Cultural Institute di Google
- Il progetto nei particolari su Google Italia
- Accesso alla collezione di Yad Vashem digitalizzata da Google
- Canale di YouTube dedicato a Yad Vashem
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