Accrocciamuro

famiglia nobile italiana
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La famiglia Accrocciamuro (o Acclocciamuro[1][2], anticamente Achrocamur[3]) è stata una famiglia nobile italiana.

Accrocciamuro
Blasonatura: Scaccato di nero e d'oro.
StatoItalia (bandiera) Italia
Casata di derivazionePontiaco
TitoliConti
Baroni
FondatoreGuglielmo e Rinaldo Accrocciamuro
Ultimo sovranoRuggerone Accrocciamuro
Data di fondazioneXIII secolo
Data di estinzione1496
EtniaItaliana

Storia

Le notizie storiografiche sulla famiglia Accrocciamuro sono scarse e frammentarie. Essa discendeva dalla famiglia Pontiaco, la quale aveva origini non nobili. Si hanno sue notizie sin dai tempi del Re del Regno di Napoli Carlo I d'Angiò, dove si ritrovano due fratelli, Guglielmo e Rinaldo Accrocciamuro, entrambi baroni e cavalieri. Quest'ultimo fu barone di Bugnano, Casal Piano e Carpineto, quest'ultimi due ricevuti in dote insieme a 360 once da sua moglie Berlingiera Di Sangro. Più avanti nel tempo, nel 1325 si ritrova un Ruggero Accrocciamuro, marito di Isabella Abenavoli, aver ricoperto l'ufficio di gran giustiziere, uno dei sette grandi uffici del Regno di Napoli. Nel 1411 un secondo Rinaldo Accrocciamuro, possessore per via materna di alcuni feudi in Terra di Lavoro, prese parte sotto Re Ladislao d'Angiò-Durazzo al fallimentare assedio di Roccasecca contro Luigi II d'Angiò-Valois, pretendente al trono del Regno. Il condottiero Leonello Acclozamora fu probabilmente il membro più celebre della dinastia. Egli era nipote per via di madre del capitano di ventura Jacopo Caldora[4] e fu suo allievo nella sua compagnia di ventura. Morto il Caldora, ne sposò la vedova Jacovella da Celano, costei alle terze nozze, la quale gli portò in dote la contea di Celano e con lei si estinse la sua famiglia in quanto ne costituiva l'ultimo membro; da Jacovella ebbe due figli e una figlia, Ruggerone, Pietro[5] e Isabella. Pietro, amante della letteratura, della scienza e delle arti, si trasferì nella Repubblica di Venezia per divenire allievo dell'umanista Pomponio Leto. Quanto al primogenito Ruggerone, mortogli il padre, entrò in forte conflitto con la madre per i diritti sulla contea di Celano; così l'assediò nella contea e, catturatala, la confinò come prigioniera nel castello di Castelvecchio Subequo. Ruggerone prese parte alla congiura dei baroni contro Re Ferrante d'Aragona, ma tale gesto gli costò la perdita di tutti i feudi della sua famiglia che vennero assegnati ad Antonio Piccolomini. Per lo che Ruggerone, nel 1496, venuto in contesa con i Piccolomini, a Pratola Peligna fu ucciso con due colpi di spada da Alfonso Piccolomini e con lui si estinse la sua famiglia.[6]

Feudi

La famiglia possedeva un totale di 88 baronie ed un'unica contea, la contea di Celano.[3]

Note

  1. ^ Carlo De Lellis, Discorsi delle famiglie nobili del Regno di Napoli, volume 3, Napoli, 1671, p. 35.
  2. ^ Nel corso del tempo nelle fonti bibliografiche il nome della famiglia ha subito una pluralità di variazioni.
  3. ^ a b Berardo Candida Gonzaga, Memorie delle famiglie nobili delle province meridionali d'Italia, volume 1, Arnaldo Forni Editore, Bologna, 1875, p. 59.
  4. ^ Giuseppe Recco, Notizie di famiglie nobili ed illustri della città, e Regno di Napoli, Napoli, 1717, p. 112.
  5. ^ Veneranda Rubeo, Covella, contessa di Celano: sulla storia di una nobildonna nella Marsica del Quattrocento, Edizioni Kirke, Avezzano, 2015, p. 129.
  6. ^ Carlo De Lellis, Discorsi delle famiglie nobili del Regno di Napoli, volume 3, Napoli, 1671, da p. 35 a p. 45.

Bibliografia

  • Berardo Candida Gonzaga, Memorie delle famiglie nobili delle province meridionali d'Italia, volume 1, Arnaldo Forni Editore, Bologna, 1875 (p. 59-60).
  • Carlo De Lellis, Discorsi delle famiglie nobili del Regno di Napoli, volume 3, Napoli, 1671 (da p. 35 a p. 45).

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