Colori e simboli della Juventus Football Club

I colori e simboli della Juventus Football Club hanno svolto un ruolo decisivo nella costituzione dell'identità societaria e visiva del club al di fuori dell'ambito strettamente sportivo dalla fine del XIX secolo. All'esordio ufficiale nel campionato nazionale del 1900, le tinte sociali della Juventus erano il rosa e il nero, allora i colori sportivi del liceo in cui studiarono i fondatori e primi soci del club. Quella che diverrà la canonica tenuta di gioco della squadra, oltreché una tra le più iconiche del panorama sportivo mondiale in virtù dei successi della squadra, la diffusione della propria tifoseria e la propria influenza sui colori sociali — tra altri simboli bianconeri — adottati da numerose squadre sportive a livello internazionale,[2][3] — ispirata alla casacca degli inglesi del Notts County —, venne portata al debutto tre anni più tardi; questa, bianca e nera a strisce verticali — da cui il soprannome di Bianconeri — fu scelta da Gordon Thomas Savage, uno dei soci juventini nonché, in precedenza, il primo giocatore d'origine non italiana dell'undici torinese, a rappresentare «divise da gioco più professionali»[4] nonché un «simbolo d'aggressività e potere»[3] grazie alle sue tinte bianche e nere associate, rispettivamente, alla purezza e all'autorità.[5] Nel corso del Novecento, dopo la svolta verso il professionismo del calcio italiano, sulla maglia di gioco vennero inseriti distintivi quali la numerazione tattica, alla fine degli anni 1930, e i marchi degli sponsor tecnici e ufficiali del club, a cavallo tra gli anni 1970 e 1980. Infine, lo stemma societario fu cucito sulle divise bianconere per la prima volta a metà degli anni 1990.
Lo stemma della Juventus, reso pubblico per la prima volta nel 1905, non subì variazioni in termini di disegno dalla fine della prima guerra mondiale, diventando un simbolo sportivo perenne nel tempo.[6] Esso racchiude, tra i suoi principali elementi, il nome del club, i colori societari adottati nel 1903 e il toro furioso preso dall'araldica cittadina; durante gli anni 1970, per un breve periodo tale figura fu sostituita dalla stilizzazione di una zebra rampante, anch'essa già simbolo associato alla squadra dall'inizio del XX secolo.
Altre caratteristiche essenziali della società bianconera sono la longevità della sua proprietà, che perdura in maniera pressoché ininterrotta dagli anni 1920, un particolare modello di gestione riassunto nell'endiatri nota come «tre S» — «Semplicità, Serietà, Sobrietà»[7] —, l'estesa diffusione che contraddistingue la propria tifoseria, slegata da confini geografici o classi sociali, e «un'invidia [nei confronti del club] altrettanto diffusa».[8]
La maglia
Prima divisa
Storia
Origini

Quella che è comunemente considerata la storica tenuta di gioco della Juventus,[10] una camicia rosa carnicino con cravatta o farfallino nero, accompagnata a pantaloncini e calzettoni pure neri,[11] venne introdotta dopo la sua ricostituzione quale «Foot-Ball Club» nel 1899 e originariamente adottata, date le ristrettezze economiche in cui versava il club agli albori, essenzialmente per l'esigenza di ricorrere al tessuto meno costoso disponibile sul mercato, per l'appunto il percalle rosa;[11][12] questa divisa, comprendente anche voluminose cinture che richiamavano le fasce dei giocatori di palla basca, e un berretto a identificare il capitano della squadra,[11] venne sfoggiata sino al 1903. In precedenza, tuttavia, la prima divisa juventina del biennio 1897-1898 fu una semplice camicia bianca con calzoncini neri, indossata nelle diverse competizioni in cui era impegnato l'allora «Sport-Club» alla fine del XIX secolo.[13]
Arrivati al 1903 le divise rosanero avevano fatto il loro tempo in casa juventina, sia perché irrimediabilmente usurate dalla pratica sportiva,[11] sia perché il rosa era ormai visto da più parti come una tinta non molto mascolina.[13] Secondo quanto attestato nelle memorie del fondatore e in seguito presidente Enrico Canfari, fu a questo punto che si fece avanti un inglese, Gordon Thomas Savage, tra i soci del club e commerciante all'ingrosso di prodotti tessili a Torino, nonché giocatore di calcio nell'International Foot-Ball Club oltreché arbitro in alcune partite ufficiali: questi, visto l'ormai stinto rosa pallido delle camicie dei giocatori juventini, propose loro di sostituirle comprando in Inghilterra delle nuove divise, rosse con bordini bianchi, simili a quelle utilizzate dal Nottingham Forest.[3]
Ricevuto l'incarico, Savage si mise in contatto con una fabbrica tessile di Nottingham e inviò l'ordine d'acquisto, accompagnato dalla più maltrattata delle vecchie camicie rosa. L'impiegato del luogo, alla vista dello scolorito capo, probabilmente credette che anziché rosa fosse bianca e macchiata: sicché, vista la coincidenza con i colori bianconeri dell'altra compagine di Nottingham, il Notts County, uno dei più antichi club del campionato inglese di calcio e rivale storico dei Garibaldi Reds,[3] pensò bene di spedire in Italia una dotazione di uniformi appunto dei Magpies.
A Torino, quando fu aperto il grosso pacco postale, inizialmente le quindici maglie a strisce verticali bianche e nere decisamente non piacquero, ma data la prossimità del campionato non vi erano alternative per i soci-giocatori juventini: pertanto dovettero adottarle, insieme a pantaloncini e calzettoni di colore nero, talvolta con laccetti all'altezza del colletto. Da allora divennero queste le divise ufficiali della squadra piemontese, in quanto sembrava che «portassero fortuna» alla società: diventeranno tra le casacche più famose al mondo, sia per i numerosi successi sportivi dei torinesi sia perché prese da riferimento, assieme agli altri distintivi juventini, da vari altri club a livello internazionale.[2]
Dagli albori agli anni 1960

La formazione juventina che vinse il suo primo scudetto nel 1905, due anni dopo l'abbandono della maglia rosa, portava sul petto otto righe che successivamente subirono una variazione: da un minimo di sette passarono a un massimo di nove — come quelle delle formazioni che si ricordano nel Quinquennio d'oro (1931-1935).[14] In quegli anni la maglia subisce un ritocco: uno scollo a «V» bianco sostituisce il colletto. Il colore dei pantaloncini cambiò in bianco e furono introdotte due righine bianche sui calzettoni neri sotto il ginocchio.
L'unica novità che si registrò durante gli anni 1940 fu l'introduzione di un girocollo bianco e, secondo il regolamento della Federazione Italiana Giuoco Calcio (FIGC) all'epoca, di una numerazione sulla maglia per l'identificazione dei giocatori.[10] Così, la prima serie dei numeri fu impressa in bianco e indossata sul fondo nero della divisa, grazie a una rigatura più ampia.

Tra gli anni 1950 e 1960 furono introdotte delle righe più larghe, di tessuto non elastico, accompagnate dai numeri rossi[15] sulla schiena della maglia. La forma del colletto cambiò in circolare. Precisamente nel 1956-1957 — con la Juventus del Trio Magico composto da Boniperti, Sívori e Charles — fu adottato definitivamente il colore bianco sui calzettoni, mentre la maglia divenne una sorta di casacca di tessuto non elastico con righe ampie, dalla foggia più affine a una camicia piuttosto che a un capo sportivo.
All'inizio della stagione 1958-1959, dopo aver ottenuto l'approvazione della FIGC, venne cucita sulla maglia una «stella d'oro a cinque punte»[16] a seguito del decimo titolo italiano conquistato pochi mesi prima, al tempo il nuovo record nazionale per titoli vinti nella massima serie nazionale: ciò rappresentò il primo caso, nella storia del calcio, in cui venne introdotto un distintivo atto a simboleggiare la vittoria di un certo numero di trofei, un'icona che sarà in seguito replicata da numerose squadre di club e nazionali nel resto del mondo.[17] La prima divisa rimase così, senza subire cambiamenti, esattamente per un decennio.
Anni 1970 e 1980
Le righe più strette (addirittura undici, in omaggio agli undici giocatori titolari della squadra[10]) vennero utilizzate stabilmente per tutti gli anni 1970, fino alla seconda metà degli anni 1980.
I numeri sulla divisa ritornarono bianchi e furono inseriti in un riquadro nero sulla schiena. I pantaloncini, corti e aderenti, sono anch'essi bianchi; dello stesso colore i calzettoni, su cui spiccano due righe nere. Era la Juventus guidata principalmente da Giovanni Trapattoni durante il Ciclo Leggendario (1972-1986), e quelle casacche attillate erano indossate da giocatori come il capitano Scirea, Cabrini, Bettega, Causio, Anastasi e Furino.

Il periodo trapattoniano della storia bianconera principalmente è poi contraddistinto da un nuovo cambiamento: ritornano infatti le righe medie su maglie meno aderenti al corpo e i numeri bianche con fondo nero sulla schiena dal 1979 — quando, per la prima volta, compare il logo del fornitore tecnico Robe di Kappa — al 1993 e dal 2001 al 2004;[10] precisamente nel 1979 la Lega Nazionale Professionisti autorizzò le squadre a mostrare il marchio dello sponsor tecnico (che viene collocato sulla parte destra della divisa, sui pantaloncini e sui calzettoni), evento seguito nel 1981 dalla liberalizzazione delle sponsorizzazioni commerciali, che permise l'esposizione di marchi pubblicitari nella parte frontale della maglia.

Nel 1982-1983 la nuova maglia vedrà le due stelle — in riconoscimento al ventesimo scudetto vinto dalla Signora la stagione precedente — racchiuse in una particolare «scatolina» bordata d'oro che talvolta fa tutt'uno con il tricolore, e leggermente più piccole rispetto al passato; tale fregio rimarrà inserito sul petto delle divise bianconere fino alla prima parte del decennio seguente. La stessa casacca juventina, sia nella foggia che nel disegno, resterà praticamente immutata da qui in avanti sino al termine degli anni 1980.
Anni 1990
Durante gli anni 1990 mancarono i motivi della rigatura sulla schiena, e nel fondo della parte dedicata allo sponsor fu adottato il colore bianco della divisa (nel triennio dal 1995-1996 al 1997-1998). Le maglie non sono più di cotone, ma realizzate in materiale sintetico, divenendo «più lucide ed aggressive».[10]
A metà del decennio le due stelle cambiarono versione: più grandi e liberate dalla scatolina. Nella stagione 1997-1998, quella del centenario di fondazione della società, Kappa realizzò una delle maglie più particolari della storia juventina, con righe molto larghe (solo cinque, e solo sul davanti), le stelle e lo stemma societario — introdotto sulla maglia per la prima volta — dirottati sulla manica sinistra, motivi tondeggianti sul retro e sulle braccia, e prevalenza del nero anche per pantaloncini e calzettoni.

Nel 1998-1999 si decise per un ulteriore rimando all'antico, con la reintrodozione dei numeri rossi sul dorso della maglia come tra gli anni 1950 e 1960, colletto bianco e righe tradizionali;[10][20] rispetto alla stagione precedente, permase invece la scelta del nero per pantaloncini e calzettoni, il luogo dello storico bianco. In quest'annata, come sintomo della ormai sempre maggior presenza degli sponsor nel calcio, si segnalò inoltre la fornitura approntata specificamente per la fase a eliminazione diretta della Champions League, che vide sopra le divise juventine delle ulteriori bande logate a correre lungo maniche e pantaloncini; un dettaglio che sarà poi esteso nella stagione 1999-2000 a tutte le competizioni.[21]
Anni 2000
Gli anni 2000 videro l'arrivo della Lotto, che ripropose numeri neri con fondo bianco. A partire dalla stagione 2003-2004 le divise sono disegnate dalla Nike, che decide l'introduzione dei numeri colorati in giallo, similmente con lo Swoosh che appare ora sulle maglie juventine.
Nel 2004-2005 fa la sua comparsa un collo opalo sulla maglia, la quale ha sette righe bianconere. L'anno dopo le righe diventano nove — con una piccola bandiera italiana sulla schiena, e la frase commemorativa «Centenario del primo Scudetto 1905-2005» alla base dello stemma —, fino alle undici righe verticali dell'annata 2006-2007 in serie cadetta — simile al modello del 1957-1958 — con le due stelle spostate sulla manica sinistra.

L'annata 2007-2008, quella del ritorno in massima serie, vede la reintroduzione dello scollo a «V» bianco e il colore rosso nei numeri sulla schiena della maglia — che è invece composta da sette righe verticali. Dalla stagione successiva i numeri sulla schiena ritornato gialli.
Durante l'annata 2009-2010 la prima divisa della Juventus, ispirata in quella utilizzata durante la prima metà degli anni 1930, è stata composta da nove righe verticali bianconere con i bordi in bianco. I pantaloncini sono di color bianco con una striscia laterale bianconera mentre che i calzettoni, dello stesso colore dei pantaloncini, hanno il nome del club stampato sul polpaccio.[22]
Anni 2010
Gli anni 2010 iniziano con le casacche della stagione 2010-2011, in cui la Juventus ha deciso di presentare la classica prima maglia a strisce bianconere, ma più ampie rispetto alla stagione precedente e con i bordi zigzagati, i pantaloncini e i calzettoni tornano ad essere neri come non succedeva dalla stagione 2002-2003.[23]

Nel 2011-2012 c'è il ritorno del bianco per i calzettoni e i calzoncini, mentre le righe nere della casacca presentano delle sfrangiature sui lati per creare un effetto tridimensionale;[24] in occasione della sola amichevole con l'Al-Hilal giocata il 5 gennaio 2012 a Dubai (partita d'addio del portiere saudita Mohamed Al-Deayea), viene sfoggiata una variante della prima divisa stagionale, con numeri e nomi in nero sullo sfondo di un grande quadrato bianco.[25]
L'annata 2012-2013 vede la maglia bianconera adottare delle strisce più larghe. All'interno della divisa, stampata all'altezza del colletto, è presente la frase «Vincere non è importante, è l'unica cosa che conta», storico motto di Giampiero Boniperti. Dopo quasi un decennio vengono abbandonati i numeri colorati, così sulla schiena c'è il ritorno del classico "quadratone" nero con numeri bianchi; il nome dei giocatori è invece scritto in nero all'interno di una striscia bianca che sovrasta il riquadro dei numeri. Calzoncini e calzettoni rimangono bianchi.[26] A seguito della polemica con la Federazione circa il palmarès juventino negli scudetti vinti, vengono eliminate le stelle dalla maglia e viene inserita la scritta «30 SUL CAMPO» sotto lo stemma del club;[27] in vendita invece i tifosi troveranno la maglia con le due stelle, con la possibilità di applicare la terza in omaggio. Un richiamo alla città di Torino è invece riscontrabile nella scelta del carattere utilizzato per nomi e numeri di maglia: si tratta infatti dell'Eurostile, disegnato da Aldo Novarese nel 1962 per la Fonderia Nebiolo, una delle più famose tipografie torinesi.[28]
L'uniforme approntata per la stagione 2013-2014 segna un ritorno allo stile degli anni 1980. La maglia vede le righe verticali più strette abbinate alla presenza di uno scollo a «V» bianco; viene mantenuto l'Eurostile di Novarese come font per nomi e numeri, mentre all'interno del colletto è presente una piccola targhetta nera, recante uno scudetto che ingloba la data «1897», ovvero di fondazione della squadra. Rispetto alla stagione precedente, scompare dal petto la frase riferita agli scudetti vinti «sul campo», ma permane l'assenza delle stelle.[29]
Per il 2014-2015, ultima annata in cui Nike veste il club torinese, la maglia si segnala inizialmente per il ritorno dei numeri sulla schiena dipinti in giallo, inseriti stavolta all'interno di un quadrato bianco come avveniva sulle casacche degli anni 1950 e 1960 (quando la numerazione era però rossa);[30] tuttavia, a seguito della scarsa leggibilità di questo abbinamento cromatico riscontrata durante il precampionato,[31] con l'esordio ufficiale nomi e numeri hanno mutato colore dal giallo al nero, sempre su fondo bianco.[32] All'interno del colletto è inoltre presente il motto «Fino alla fine», frase scelta dai tifosi bianconeri attraverso un sondaggio online organizzato dalla società sabauda.[30]
Evoluzione
Seconda divisa
Storia

Le seconde maglie della Juventus, dai primi decenni sino al termine degli anni 1960, furono storicamente bianche oppure nere. Solo nel periodo interbellico e nel secondo dopoguerra si segnalò l'unica e saltuaria variazione di rilievo, una casacca verde portata sporadicamente al debutto all'inizio degli anni 1930, e in seguito ripresa a cavallo degli anni 1940 e 1950, stavolta ulteriormente cerchiata da una fascia bianconera.[33]
Un primo punto di svolta arrivò all'inizio degli anni 1970 quando, dopo quasi due decenni, venne creata una divisa di cortesia nuova di zecca, blu con colletto e polsini bianconeri. Questa, nata da un'idea dell'allora dirigente juventino Italo Allodi, debuttò sul finire della stagione 1970-1971, realizzata specificatamente per la finale di ritorno della Coppa delle Fiere da giocarsi il 3 giugno 1971, in Inghilterra, contro il Leeds Utd: la seconda casacca dell'epoca del club bianconero, bianca, sarebbe infatti andata a confondersi cromaticamente con il tradizionale completo casalingo degli Whites. Molto simile alla maglia azzurra indossata dall'Italia, l'uniforme voleva per l'appunto rimarcare l'italianità della Juventus, in quel frangente unica squadra di club del bel paese ancora in gioco in campo internazionale.[34]

Tale divisa, ciclicamente aggiornata in minimi dettagli, si affermò stabilmente a Torino per quasi un quindicennio sino a quando, con l'annata 1983-1984, venne sostituita da un'uniforme spezzata composta da maglia gialla, pantaloncini blu e calzettoni pure gialli — che, di fatto, andava a riproporre i colori dello stemma comunale torinese —, la quale segnò le trasferte dei piemontesi fino all'inizio degli anni 1990. Sia la divisa blu sia la gialloblù finirono per contrassegnare alcune delle più importanti vittorie internazionali della Juventus nel Novecento — rispettivamente, la Coppa UEFA 1976-1977 e la Coppa delle Coppe 1983-1984 —, rimanendo da allora nella memoria dei tifosi bianconeri.[10]

Dopo il breve intermezzo della stagione 1990-1991, in cui venne rispolverato un completo nero, dal 1994-1995 al 1997-1998 la seconda maglia ritornò blu, con due grandi stelle posizionate all'altezza delle spalle: sino alla stagione 1995-1996 queste furono riempite di giallo e contornata di bianco, mentre successivamente le stelle passarono a blu e bordate di giallo. Tale divisa accompagnò i bianconeri nella vittoria della finale della Champions League 1995-1996. Il campionato 1998-1999, pur riproponendo lo stesso template sopracitato, segnò invece un primo ritorno del bianco, con una maglia linda e le due stelle nere.[20] A cavallo di II e III millennio, anche nel 2002-2003 la maglia da trasferta fu appannaggio di un completo bianco, che nell'occasione recava come variazione cromatica numerosi piping neri.
Nel XXI secolo, una seconda maglia grigia venne utilizzata nel 2000-2001, mentre per l'annata 2001-2002 venne creata una uniforme completamente nera; colore poi ripreso anche nel 2006-2007, stavolta su di una muta più ricercata dal punto di vista dei dettagli. In mezzo, la seconda maglia del 2003-2004 ripropose coi canoni moderni la divisa rosanero degli albori, con una maglia caratterizzata da un singolare motivo grafico a croce, mentre nel corso della stagione 2004-2005 fu sfoggiata una particolare maglia a strisce verticali rosablù di differente larghezza; per l'annata 2005-2006 la Vecchia Signora ha poi adottato una maglia rossa con fascia verticale biancoverde sul lato sinistro del petto, per un effetto "tricolore" celebrativo dei cento anni dal primo titolo nazionale dei bianconeri. Nel 2007-2008, campionato del ritorno in massima serie, la divisa da trasferta è azzurra — in omaggio al trentesimo anniversario della prima vittoria bianconera in Coppa UEFA —, col petto attraversato da due sottili fasce gialle che inglobano lo sponsor.

All'inizio del decennio seguente, la Juventus del 2009-2010 ha indossato una maglia di colore acciaio con una sbarra nera e bianca sul davanti. I pantaloncini e calzettoni sono di color nero, rispettivamente con una striscia laterale nei colori societari e la scritta JUVENTUS in grigio sul polpaccio.[22] Per la stagione 2010-2011 la seconda torna completamente bianca con un palo tricolore, con effetto zigzagato, che scende dall'alto verso il basso al centro della maglia. I pantaloncini, anch'essi di colore bianco, possiedono una riga laterale tricolore a zigzag e si abbinano perfettamente al resto della divisa.[23]
Nel 2011-2012 si torna invece alle origini, ma con una tonalità di rosa vivo molto accesa. La casacca è completata dal profilo di una grande stella nera.[24] Per la stagione 2012-2013, la squadra indossa nuovamente una seconda divisa completamente nera — che omaggia la muta del 1941-1942 con cui venne conquistata la Coppa Italia —; i numeri di maglia e altri piccoli particolari sono invece in bianco.[35] Il completo da trasferta del 2013-2014 vede il ritorno dell'abbinamento gialloblù, i colori di Torino, riproposti secondo lo schema già noto della maglia gialla e dei pantaloncini blu; stavolta, la maglietta vede dei bordini bianconeri su maniche e colletto, con nomi e numeri in nero sul retro.[36] C'è un nuovo ritorno al passato nella stagione 2014-2015, con un completo blu arricchito solo da discreti dettagli gialli; sul petto, la maglia è caratterizzata dalla presenza di tre grandi stelle, riportate tono su tono, che si dipanano dallo stemma societario.[30]
Evoluzione
Nel 2013 la maglia alternativa usata dalla Juventus nella stagione 2011-12 venne classificata al 32º posto nella lista dei cinquanta migliori abbigliamenti calcistici per il materiale usato, forma e colore, di tutti i tempi stilata dalla rivista bimestrale statunitense, specializzata in arte e disegno, Complex. Una delle uniche due creazioni del bel paese inserite nella lista, la pubblicazione evidenziò l'italianità del disegno della casacca, le tonalità dei colori rosa e nero impiegati nonché l'originalità nella forma in cui la silhouette di una grande stella nera sporge sopra la divisa.[37]
Terza divisa
Storia

Nonostante la storia delle terze maglie juventine abbia convenzionalmente inizio solo con l'ultimo decennio del XX secolo, già nei precedenti il club torinese aveva fatto sporadicamente affidamento a ulteriori divise da trasferta. Rimane agli annali l'esperimento dei primi anni 1940, una casacca bianca dal particolare design, recante una grande lettera «J» nera in mezzo al petto[18] — che tuttavia ottenne notorietà grazie all'uso che ne fece maggiormente il portiere juventino del tempo, Giuseppe Peruchetti.[38] La stagione 1983-1984 era stata invece la prima a vedere una terza divisa, una tantum, formalmente inserita nella fornitura tecnica della squadra: stante il debutto dello spezzato gialloblù come seconda uniforme, si assistette al declassamento a terza scelta del precedente completo blu,[39] vestito fugacemente solo nel precampionato.[40]
È solo con l'annata 1991-1992, quando la divisa gialloblù venne relegata a questo ambito, che nella società bianconera s'iniziò a veder prodotte con continuità delle terze casacche da gioco. Dal 1994 al 1996 ci fu una tenuta nera con due stelle gialle sopra le spalle, secondo lo stesso template già in uso per la contemporanea seconda muta blu, mentre nel 1996-1997 l'idea di un completo giallonero venne variata ricorrendo a una particolare fantasia grafica, la stilizzazione del muso di una zebra, che si stagliava lungo tutto il busto;[41] va da sé che, nonostante la messa in produzione di tali uniformi, a conti fatti queste non vennero mai utilizzate dai giocatori di movimento della squadra in incontri ufficiali — eccezion fatta per una sua variante a tinte inverse, saltuariamente sfoggiata in campo dai portieri juventini dell'epoca.

A cavallo tra II e III millennio, a livello cromatico la fecero da padrone le varie tinte di blu, mentre nell'annata 2005-2006 si rivide dopo una discreta assenza il completo gialloblù nato a suo tempo negli anni 1980. In seguito, per un discreto lasso di tempo, la Juventus non ebbe a disposizione una terza divisa "originale", ovvero creata per l'occasione: dal 2006-2007 al 2013-2014, il fornitore tecnico Nike decise infatti di riutilizzare ogni volta, per questo ambito, le seconde divise dell'annata precedente.
La stagione 2014-2015 vide il ritorno di una terza casacca pensata all'occasione, che dopo oltre cinquant'anni rispolverò il colore verde;[42] una simile scelta venne replicata nell'annata 2017-2018, in maniera ancor più rétro, dal nuovo sponsor tecnico adidas che, attraverso un concorso online tra la tifoseria, propose una rielaborazione della maglia di cortesia juventina vista nel secondo dopoguerra, verde con fascia bianconera sul petto.[43] In questa seconda metà del decennio, degna di nota anche la terza divisa dell'annata 2016-2017, a sua volta legata al passato per l'essere un completo bianco, tuttavia ammodernato con l'inserimento di striature zebrate sulle maniche, a rimandare alla mascotte societaria.[44]
Evoluzione
Divisa dei portieri
Storia
Per i portieri juventini la tradizione è rappresentata dal nero, tinta che da dominato durante le epoche di Sentimenti IV, Giovanni Viola[10] e Roberto Anzolin, e in seconda battuta il grigio, colore reso iconico da Dino Zoff anche con la nazionale italiana. All'incirca per i primi settant'anni di vita del club, l'unica concessione di rilievo fu rappresentata da un maglioncino bianco, spesso con doppi bordini neri a contrasto su scollo e maniche, che dapprima contrassegnò l'epopea di Gianpiero Combi nel periodo interbellico, e poi tornò brevemente in auge nel secondo dopoguerra grazie a Giuseppe Vavassori e Carlo Mattrel.[10]
Tra la seconda metà degli anni 1980 e la prima metà degli anni 1990, gli sponsor tecnici degli estremi difensori sabaudi hanno goduto di molta libertà nel disegno: spiccano alcune casacche approntate per l'allora numero 1 della squadra, Stefano Tacconi, tra cui il modello della stagione 1989-1990, una maglia nera con fiamme verdi, che in qualche maniera riflettevano l'animo istrionico dello stesso Tacconi. Da notare come fin qui, la fornitura tecnica riservata ai portieri era un qualcosa di separato dal resto della squadra, con gli estremi difensori juventini che potevano quindi accordarsi con marchi differenti da quelli che vestivano i loro compagni di movimento.[19]
Si dovrà attendere la stagione 1994-1995, quando i pali bianconeri erano difesi da Angelo Peruzzi, affinché anche le divise dei portieri divenissero parte integrante della fornitura tecnica.[19] I modelli creati da qui in avanti da Kappa, primo marchio a proporre una simile politica stilistica, tornarono più semplici nei colori e nel disegno, con template che s'ispiravano alla seconda divisa juventina dell'epoca: viene ricordata su tutte la maglia gialla con stelle blu sulle spalle, vestita da Peruzzi nella vittoriosa finale della UEFA Champions League 1995-1996.[19] Tra il 1996 e il 1998 si assistette a un ultimo sussulto di fantasia, quando Peruzzi, il quale di norma preferiva le storiche e sobrie colorazioni nere o grigie, per ragioni di kit clash si ritrovò saltuariamente a vestire una variante a tinte inverse dell'allora terza divisa della squadra, ovvero una maglia giallonera contraddistinta da una particolare fantasia grafica, la stilizzazione del muso di una zebra che si stagliava lungo tutto il busto.
Già con la stagione 1998-1999 si ebbe un ritorno al passato, allorché vennero predilette le classiche casacche nere o grigie, rigorosamente a tinta unita;[20] una prassi che trovò conferma anche nel successivo e breve interregno di Edwin van der Sar — il primo portiere d'origine non italiana nella storia bianconera[45] —, tra il 1999 e il 2001.
Fantasie particolari vennero riproposte da Lotto nella stagione 2001-2002, con l'inizio della quasi ventennale epopea di Gianluigi Buffon a Torino, quando la divisa del portiere presentava vistose linee curve che s'incrociavano, e ancor più nell'annata 2002-2003, con un disegno che ricordava la silhouette del busto nudo di un uomo. Dall'arrivo di Nike, Buffon ha spesso adottato come "sue" prime divise anche le seconde mute della squadra bianconera, come l'uniforme rosa della stagione 2003-2004, l'azzurra dell'annata 2004-2005, la rossa con palo laterale biancoverde della stagione 2005-2006, e la nera vista in alcune partite del campionato cadetto 2006-2007.
Tra il 2010 e il 2012 si assistette a due collezioni ispirate ai colori della bandiera d'Italia: nella stagione 2010-2011 i portieri sabaudi indossavano una tenuta bianca con strisce zigzagate sulle maniche, rispettivamente colorate di rosso a sinistra, e di verde a destra,[23] mentre la maglia dell'annata 2011-2012, completamente nera, presentava inserti tricolori sui fianchi.[24] Da qui in avanti, con il successivo avvicendamento tecnico del 2015 tra Nike e adidas, c'è un generale ritorno alla sobrietà per gli estremi difensori juventini, cui vengono riservate maglie solitamente monocromatiche e con pochi dettagli di stile, di norma, tono su tono.
Evoluzione
Divise storiche
Nel corso della sua storia la Juventus è sporadicamente scesa in campo indossando delle speciali divise, non legate alle forniture stagionali bensì create ad hoc per particolari sfide o ricorrenze. Le più note rimangono le casacche approntate in coincidenza con l'anniversario del club, che convenzionalmente viene fatto cadere il 1º novembre: per il novantenario[46] e per il centenario,[47] Kappa fornì delle uniformi che, pur mantenendo i marchi pubblicitari del tempo, riproponevano l'originario abbinamento rosanero della squadra; la versione del 1987 — quando per la prima volta venne rispolverata la storica casacca juventina degli albori —, utilizzata il 1º novembre per la sfida interna di campionato contro l'Avellino,[48] si caratterizzava per un grande colletto bianco,[46] mentre quella del 1997, sfoggiata il 3 agosto per un'amichevole a Cesena con gli inglesi del Newcastle Utd,[49] vantava un profondo scollo nero — che alla base integrava il logo Juvecentus —, e piping dello stesso colore che percorrevano longitudinalmente braccia e fianchi.[47]
Per il centoventenario del 2017, al contrario adidas propose una speciale divisa bianconera, ispirata agli anni 1950 del club:[50] indossata il 5 novembre in occasione della sfida casalinga di Serie A contro il Benevento,[51] questa vedeva i vari jersey sponsor ridimensionati e virati tono su tono, nonché l'assenza dei cognomi sulla schiena, mentre sul petto trovava posto un altro dettaglio del passato juventino come la «scatolina»;[50] nella circostanza venne approntato anche un completo vintage verde pino per i portieri.[51]
- Divise speciali

Nel corso della storia juventina si segnalano inoltre altre e fugaci divise speciali. L'unica a carattere ufficiale rimane il completo celeste con bordini bianconeri, de facto una variante della seconda divisa blu utilizzata dal club tra gli anni 1970 e 1980, fornito da Kappa il 20 aprile 1983 in occasione della semifinale di ritorno della Coppa dei Campioni sul campo dei polacchi del Widzew Łódź.[52]
Per quanto concerne l'ambito non ufficiale, il 20 agosto 1986 il succitato marchio torinese approntò un kit nero con dettagli bianchi[53] per un'amichevole precampionato a Roma contro la Lazio.[54] Sempre Kappa nell'estate 1996 realizzò una casacca blu con dettagli gialli, basata sulla seconda divisa della stagione precedente (vittoriosa nella finale di Champions League), ma con le due grandi stelle sulle spalle sostituite da bande logate, replicate anche sui pantaloncini; questa maglia è colloquialmente nota come dei «4 Trofei» in quanto utilizzata dalla Juventus per quattro amichevoli di lusso contro Ajax, Bayern Monaco, Middlesbrough e Milan.[55] Nel precampionato 2007, infine, Nike approntò una speciale summer shirt, completamente bianca eccezion fatta per dei piping neri, con cui la squadra affrontò tutti gli impegni amichevoli precedenti il via ufficiale della stagione 2007-2008.[56]
Simboli ufficiali
Stemma
Il tradizionale stemma della Juventus ha avuto solo delle modeste variazioni dall'inizio del XX secolo, «in quanto esso deve essere un punto di riferimento fisso e costante».[6] Alcuni dei suoi elementi sono utilizzati fin da sempre, quali lo scudo ovale riempito da pali bianchi e neri, con il nome del club impresso nella parte superiore, e il vincolo con la sua città d'origine attraverso la rappresentazione dello scudo comunale.[6]
Il primo stemma societario, risalente al 1905, era bicromo e includeva attorno a sé gli svolazzi in colore bianco ispirati allo scudo di Torino vigente a metà del XIX secolo, incoronato con un cinto bianco in cui era iscritto l'allora motto societario basato su una frase del I secolo, in lingua latina, attribuita al teologo cristiano Paolo di Tarso: Non coronabitur nisi legitime certaverit ("Non riceve la corona se non chi ha combattuto secondo le regole").[6][57] Nel 1921, tali ornamenti furono rimpiazzati dalla denominazione FOOT-BALL CLUB[6] per sottolineare la propria attività primaria e, ulteriormente, venne aggiunta nella regione superiore la frase FONDATA NEL 1897 spostanto a quella inferiore la denominazione societaria, tutte e due a formare un arco.
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Il primo stemma utilizzato dalla Juventus nel 1905: caratteristiche erano la bicromaticità e l'inclusione di ornamenti araldici.
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Stemma utilizzato dal 1921 al 1929 con la variazione "blu De Pinedo", usato anche nel corso degli anni 1930.
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Lo stemma utilizzato dal 1929 al 1931 fu il primo a includere la zebra rampante, ispirata dall'icona disegnata dal vignettista Carlin nel 1928, e poi divenuta simbolo societario.
Nel 1921 lo sfondo, in cui era riportato il nome del club in oro, mutò il suo colore dal bianco originario a una sorta di blu elettrico ispirato alla tonalità del cielo vista dall'aviatore ed eroe italiano Francesco De Pinedo.[6] L'altro elemento principale dello scudo juventino è composto da un toro furioso dorato, inserito all'interno di una struttura esagonale blu a cui fu successivamente aggiunta una corona murale.[6] Nel 1929 venne introdotto uno stemma bicromatico composto da nove strisce bianconere dentro lo scudo ovale, il nome del club su fondo nero contornato da una linea colore bianco e, occupando la metà inferiore dello stemma, una zebra in posizione rampante rivolta verso l'Ovest ispirata in un'icona disegnata originalmente per la Juventus dal vignettista Carlin nel 1928, che la propose «per antica nobiltà» e la presentò inserita all'interno di un scudo francese antico nero sulla rivista Guerin Sportivo sulla fine di quell'anno.[58] Due anni più tardi lo stemma juventino ritornò al modello usato nel 1921, subendo alcune modifiche: il toro furioso, mutuato dallo stemma cittadino, sarà rintrodotto colorato in oro al posto della zebra[6] e, come la corona murale, avrà una dimensione considerevolmente maggiore in confronto al disegno originario, mentre che il nome del club sarà scritto con caratteri squadrati. Il blu De Pinedo sarà reinserito da sfondo del toro e la dicitura sociataria nonché usato per nel corso del decennio.[6]
Dal 1940 al 1971 i colori impiegati nello stemma juventino furono prettamente il bianco e nero, con una fugace apparizione del grigio. Gli sfondi nei campi dello scudo e della scritta JUVENTUS diventarono anch'essi bianchi,[6] mentre la corona murale e il toro furioso della città sabauda acquisirono, rispettivamente, toni neri e grigi.[6] In quell'anno lo stemma subì un primo e importante restyling, con i campi per lo scudo cittadino e la scritta che tornarono al colore blu, mentre lo scudo ovale, ora dai tratti più tondeggianti rispetto al passato, venne ulteriormente bordato d'oro; venne inoltre inclusa all'interno dello stemma il riconoscimento sportivo della stella, che rimase tale sino alla stagione 1981-82 quando ne venne affiancata una seconda, dopo la vittoria del ventesimo titolo nazionale da parte del club.[59]
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Stemma utilizzato dal 1931 al 1940.
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Stemma utilizzato dal 1940 al 1971: subirà in seguito una variante cromatica passando dalla scala di grigi al bianco e nero.
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Stemma utilizzato dal 1971 al 1990; il club vi affiancherà dal 1979 il secondary logo della zebra rampante.
Nel 1990 lo stemma fu nuovamente modificato: gli elementi interni vennero ridimensionati, le due stelle si spostarono fuori dall'ovale, in alto, e lo sfondo del nome del club ritornò bianco con caratteri neri, mentre quello dello stemma con il toro, ora nero, virò verso l'oro. Nel 1997, in occasione del centenario del club, allo stemma societario venne inoltre affiancato un logo specifico per l'anniversario, Juvecentus, consistente in un tratto grafico giallo che stilizzava il numero 100, inglobante a sua volta la denominazione dell'evento in un rettangolo bianconero, il tutto su fondo blu.
L'ultima versione di questo storico stemma, realizzata dall'agenzia di consulenza di marca statunitense Interbrand[60] e introdotta a Lisbona nel 2004,[61] rappresenta un profondo redesign del precedente.[60] All'interno dello scudo si possono osservare i seguenti elementi: nella parte superiore il nome della società impresso in un'area bianca convessa, al di sopra di una curva color oro, la quale simboleggia l'onore;[60] nella parte inferiore è ravvisabile la forma di un toro furioso, simbolo del Comune di Torino, sormontato da una corona turrita. Le stelle sono state rimosse, in quanto considerate un riconoscimento sportivo — quindi, variabile nel tempo — e non un elemento d'identità del club:[60]
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Stemma utilizzato dal 1990 al 2004.
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Il logo Juvecentus utilizzato nel 1997 per le celebrazioni dei 100 anni del club.
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Stemma in uso dal 2004 al 2017.
Il 16 gennaio 2017, durante la settimana della moda di Milano, al Museo nazionale della scienza e della tecnologia Leonardo da Vinci è stato presentato il futuro stemma societario, di fatto un vero e proprio logo, che sarà implementato dal club torinese a partire della stagione 2017-2018. Questo porta avanti una rinnovata identità societaria[61] «che vuole superare gli schemi tipici della tradizione calcistica ed esprime[re] il coraggio della discontinuità»[62] Creato anch'esso da Interbrand, presenta uno stile minimalista e avveneristico[63] — l'astrazione grafica lo rende replicabile su qualsiasi sfondo, caratteristica che lo distingue dai modelli tradizionalmente usati dalle societa calcistiche europee (più simili a un scudo, retaggio dell'araldica civica)[64] — coniugando diversi elementi iconografici usati dal club in passato: è composto da un pittogramma che riproduce una lettera «J» maiuscola stilizzata — inserita negli anni 1940 sulle maglie di gioco,[18] e ormai divenuto un marchio commerciale bianconero[61] —, divisa in tre righe verticali[61] e ispirata in una frase dell'Avvocato Agnelli sul proprio rapporto con la Juventus;[65] queste s'incurvano fino a tratteggiare e proiettare i bordi di uno scudo francese antico, rimandando così allo scudetto e, implicitamente, alla vittoria come principale obiettivo societario[61] — motivo per cui è anche definita un'immagine gestaltica.[63] Sopra tale monogramma è inserito orizzontalmente il wordmark JUVENTUS scritto con un carattere creato specificamente per il club, denominato Juventus Fans, composto da cinque stili tipografici diversi che invocano insieme le proprie tradizioni industriali e quelle delle origini,[63] in bianco su campo nero:[61]
Il 28 aprile 2017 a Londra, la rinnovata identità visiva della Juventus è stata premiata ai 55º D&AD Professional Awards, evento internazionale specializzato in disegno e direzione artistica: il logo del club ha ricevuto il Graphite Pencil della categoria Branding Schemes, Large Organisation, mentre il carattere Juventus Fans ha ottenuto il Wood Pencil della categoria Crafts for Design, Typefaces.[67] Nello stesso anno, in occasione del 120º anniversario del club, allo stemma è stato inoltre affiancato un logo specifico per le celebrazioni, #JUVE120, consistente in un tratto grafico atto a stilizzare, attraverso la fusione tra lo Juventus Fans e le strisce bianconere, il numero 120. Infine, otto mesi più tardi, il redesign della identità di marca juventina è stato riconosciuto nella classifica The Best and Worst Identities of 2017 condotta dalla rivista specializzata statunitense Brand New, essendo inserito al primo posto nella categoria The Most Notable, Reviewed & Noted[68] e al sesto posto nella categoria The Best Reviewed.[69]
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Logo in uso dalla stagione 2017-2018.
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Variazione in negativo del solo pittogramma «J».
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Variazione in negativo del wordmark JUVENTUS, scritto con il carattere originale Juventus Fans.
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Il logo #JUVE120 utilizzato nel 2017 per le celebrazioni dei 120 anni del club.
Iconografia
Ispirata all'icona disegnata da Carlin nel 1928, con la fine degli anni 1970 il club introdusse come secondary logo la silhouette nera con righe diagonali bianche e nere della succitata zebra rampante: disegnata secondo uno stile affine all'op art,[6] questa era abbinata, fino alla stagione 1981-1982, da una stella a rappresentare la vittoria di dieci campionati italiani.[70] Sopra tale stemma fu aggiunto ulteriormente il wordmark e l'abbreviazione della ragione sociale Football Club, scritti in nero su campo bianco — JUVENTUS F.C. — a formare un arco; dopo l'assegnazione del ventesimo titolo nazionale al club piemontese e, di conseguenza, della seconda stella, entrambi i simboli furono affiancati sui lati del nome. Infine, durante la prima metà degli anni 1990 il nome e le sigle della denominazione Football Club vennero inserite nella regione inferiore dello stemma, e le stelle in quella superiore.
Nel 2013 la zebra rampante della Juventus fu eletta dalla rivista specializzata in design e identità di marca Brand Identikit Magazine come il primo simbolo calcistico societario al mondo per emblematicità simbolica, per la sua qualità nel disegno, il livello di incisività e l'emotività differenziante:
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Rappresentazione grafica della Juventus sulle pagine del mensile Guerin Sportivo (1928).
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Silhouette della zebra rampante usata da fine anni 1970 ai primi anni 1990.
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Variante della silhouette della zebra rampante, utilizzata all'inizio degli anni 1980.
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Variante della silhouette della zebra rampante, utilizzata nel 1986.
Inni
La Juventus ha avuto, complessivamente, cinque inni societari nel corso della sua storia, due dei quali sono stati pubblicati nel libro-LP Juventus primo amore. Storia sportiva e romantica della Juventus (1972), a cura del giornalista Sandro Ciotti con la collaborazione dei suoi colleghi Enrico Ameri e Bruno Mobrici.[72] Il primo è stato scritto dal poeta e letterato Corrado Corradino nel 1915 e risuonava in tutte le partite della squadra allo Stadio Comunale dal 1963 al 1972:[73]
la squadra dei grandi sei tu
che non tramonta più.»
In tale anno, la casa discografica Durium ha inoltre pubblicato, su 45 giri, il secondo inno del club intitolato Juve, Juve, composto da Lubiak per il testo e da Renzo Cochis per la musica, e cantato dagli Undici Bianconeri.[74]
Nel 1991 Edizioni musicali Eraora ha pubblicato Semper Juventus (Sempre Juventus in lingua italiana), scritto e musicato dal professore Natalio Capranico, che l'inserì nell'album Antologia Musicale;[75] il quale sarebbe l'inno ufficiale del club fino alla stagione 1997-98;[76] in cui è stato sostituito da Grande Juve, bella signora, come parte di un progetto pubblicato dalla casa discografica italiana Fonit Cetra.[77]
Quattordici anni più tardi, dopo un concorso indetto dalla società nel corso dell'anno precedente tra i suoi tifosi,[78] l'inno del club bianconero è Juve (storia di un grande amore),[79] scritto da Alessandra Torre e Claudio Guidetti,[78] e poi riarrangiato nel 2007 dal cantante e musicista Paolo Belli.[80] Scelto il 29 maggio 2005, nel corso dell'ultima sfida di campionato contro il Cagliari e in collegamento con il programma televisivo Quelli che il calcio,[78] dalla stagione 2007-08 l'inno — con diverso arrangiamento — risuona ogni volta che la squadra bianconera disputa una partita casalinga:[81]
bianco che abbraccia il nero
coro che si alza davvero
Juve per sempre sarà.»
Mascotte

A partire dagli anni 1980, in coincidenza con l'apertura del calcio italiano a pratiche quali marketing e, in particolar modo, merchandising, la Juventus iniziò ad affiancare ai suoi tradizionali simboli societari anche delle mascotte, indirizzate soprattutto ai tifosi bianconeri di giovane età. Intorno al 1985 fece il suo debutto la prima mascotte ufficiale del club, il cagnolino Giampi:[82] questi era un bobtail con ciuffo bianconero, divisa juventina e fascia tricolore;[83] di fatto una semplice «operazione-simpatia» che, nel nome, riprendeva quello della bandiera nonché, al tempo, presidente del club Giampiero Boniperti.[84]
Giampi venne utilizzato dalla Juventus per il successivo decennio quando, all'inizio della stagione 1995-1996, in coincidenza con un rinnovamento nell'immagine della società torinese, lasciò il posto ad Alex: una mascotte che, già dal nome, tradiva il legame con l'allora n. 10 della squadra, Alessandro Del Piero, di cui andava a rappresentare, né più né meno, una versione caricaturale: in versione cartacea, Alex fu protagonista di alcune strisce a fumetti pubblicate all'interno dell'house organ del club, Hurrà Juventus, e nelle allegate pubblicazioni Forza Juve e Play Juve destinate ai fan più acerbi;[85] come pupazzo trovò invece posto a bordocampo al Delle Alpi in occasione delle partite casalinghe della Juventus.[86] Nell'ottobre 1999 fu poi la volta di Zig Zag,[87] una zebra che, nel nome, voleva essere «quasi un invito ai giocatori bianconeri a slalomeggiare nelle difese e segnare i gol decisivi per conquistare i tre punti della vittoria».[88]

Dopo alcuni anni in cui la Juventus rimase priva di una mascotte ufficiale, il 10 settembre 2015[89] venne presentata Jay, una zebra dai tratti e comportamenti antropomorfi,[90] destinata a contrassegnare tutte le iniziative del club rivolte ai giovani fan bianconeri.[89] Da segnalare inoltre come, in vista dei XX Giochi olimpici invernali ospitati nel 2006 dalla città di Torino, nel biennio 2004-2005 la Juventus e i concittadini del Torino "adottarono" Neve e Gliz, le due mascotte dell'evento a cinque cerchi,[91] le quali animarono il pre-partita e l'intervallo delle sfide interne delle due squadre,[92] nonché offerte come gadget dai capitani agli avversari.[93]
Stile Juventus

Il cosiddetto Stile Juventus è nato con l'arrivo della famiglia Agnelli alla guida del club, ed è riconosciuto come uno degli elementi che più contraddistinguono l'identità del club piemontese;[96] a volte indicato anche come «Spirito Juventus»,[97] è una peculiare forma di gestione sportiva applicata all'interno della società, inerente all'amministrazione aziendale,[98][99] al fine di ottenere con maggior efficienza il successo.[100][101] Ebbe un ruolo decisivo nella svolta verso il professionismo e nell'ulteriore affermazione popolare del calcio in Italia,[96][102] influendo — direttamente o indirettamente — anche nelle decisioni dirigenziali di altri club a partire dal secondo dopoguerra (come il Torino alla fine degli anni 1930,[103] l'Inter sul finire degli anni 1950[104] e il Milan nella seconda metà degli anni 1980[105]), ed emergendo quale modello organizzativo di riferimento per lo sport nella Penisola.[106][107]
Alcuni analisi nell'ambito delle scienze sociali conclusero che il termine, adottato dai mezzi di comunicazione di massa attorno agli anni 1930[108] (nonostante l'origine risalga già al 1914[109]) e attribuito all'avvocato torinese Edoardo Agnelli,[110] descrive un duraturo modello di gestione sportiva-aziendale caratterizzato da una elevata capacità d'adattamento alla congiuntura nazionale[111] e dalla continuità nel tempo dell'azionista di riferimento — iniziata nel 1923 e ininterrotta dal 1947 — e, di conseguenza, la sinergia tra la società sportiva e la FIAT (pur non essendo mai stata gestita direttamente da essa),[112] la pianificazione strategica e l'insieme di politiche amministrative introdotte con successo all'interno del club; altre caratteristiche sono i principi e valori che esso persegue quali «correttezza, professionalità, capacità di innovazione continua e capacità di perseguire e conseguire il risultato con tutte le proprie forze».[113]
Tuttavia l'espressione può indicare anche un ethos sportivo[113] riferito all'insieme di comportamenti, atteggiamenti e valori che fanno capo «all'eleganza, alla parsimonia, alla misura, alla disciplina e alla concretezza» che lo contraddistinguono agli occhi della popolazione media italiana,[114][115] espresso da varie personalità di rilievo legate alla Juventus quali giocatori, allenatori, dirigenti e presidenti; l'espressione ha anche qualche nesso con altri concetti inerenti al club quali «orgoglio gobbo»,[116] «fino alla fine»[117] e, più complessivamente, «emozione Juventus»;[118] oltre a far riferimento, per esteso, a qualsiasi aspetto della propria cultura sportiva, degli usi e dei costumi delle diverse personalità legate alla società, nonché alle caratteristiche dell'organizzazione interna[119] e, inoltre — in virtù delle origini del club nonché della stessa dinastia Agnelli —, correlato intrinsecamente al cosiddetto «stile sabaudo» strettamente affine alla cultura piemontese.[120]
Soprannomi

La Juventus ha come principale soprannome quello di Signora o, in lingua piemontese, Madama, appellativo che fa riferimento alle origini della società. A livello internazionale è conosciuta come La vecchia Signora[121] o anche come La squadra d'Italia in ragione della diffusione della propria tifoseria oltre confine.[100][122] Un altro celebre appellativo del sodalizio torinese è La fidanzata d'Italia,[123] nato a seguito della notevole crescita del numero di tifosi juventini durante i successi sportivi degli anni 1930.[124] Sia i supporter che i componenti della squadra vantano anche altri soprannomi quali I Bianconeri, dato che dal 1903 i colori della divisa casalinga sono il bianco e il nero — e seguendo la tradizione anglosassone e britannica di appellare i club sportivi secondo le tinte societare —,[125] e Le Zebre, per via della mascotte societaria. Limitatamente agli anni 1970, la squadra juventina è stata inoltre conosciuta come [La] Signora Omicidi, grazie ai suoi risultati sul campo,[126] e La Sudista, per la predisposizione societaria ad acquistare giocatori d'origine meridionale — nonché, in senso più ampio, per il marcato sostegno di cui fin dagli anni 1930 gode, in controtendenza rispetto agli altri club del Settentrione, in tale regione.[127][128]

Un altro nomignolo, che avrebbe origine almeno dagli anni 1920, è quello di Gobbi, sicché la squadra è occasionalmente appellata anche come La Gobba (dal piemontese gheuba,[129] in seguito deformato in goeba o göba). Caso particolare, questo ha preso col tempo una doppia valenza: se inizialmente veniva declinato principalmente in maniera spregiativa verso i giocatori e tifosi della Juventus, da parte dei sostenitori delle squadre rivali, col passare degli anni è stato invece fatto proprio dagli stessi supporter bianconeri, e da allora fieramente ostentato — il cosiddetto «orgoglio gobbo» — come sinonimo di un comportamento «deciso, voglioso, grintoso e determinato su tutti i fronti».[130]
L'origine più accreditata di questo termine risale tuttavia agli anni 1950, quando l'undici piemontese indossava una casacca dall'ampia foggia, più simile a una camicia, a differenza delle maglie aderenti usate dalle altre formazioni del tempo: quando i giocatori juventini correvano sul campo, la casacca, che sul petto aveva un'apertura con lacci, in stile inglese, generava un rigonfiamento sulla schiena (una sorta di "effetto paracadute") dando l'impressione che questi avessero, per l'appunto, la gobba.[10] Soprattutto negli anni 1970 la Curva Maratona, la sezione più calda dei rivali storici del Torino, intonava spesso il coro «gheuba, gheuba» come sfottò rivolto ai tifosi juventini durante il derby della Mole.
Note
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Risorse informative in rete
- Juventus: Black and White and More, su juventus.com.
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- Juventus, verso una nuova era con Interbrand (PDF), su juventus.com, Interbrand; Omnicom Group, Inc., 23 giugno 2004. URL consultato il 26 maggio 2016 (archiviato dall'url originale il 24 giugno 2004).
- Il marchio Juventus, su museodelmarchioitaliano.it, Associazione italiana design della comunicazione visiva.
Videografia
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- 2005 – La grande storia della Juventus, DVD (x11), Rai Trade, LaPresse Group; La Gazzetta dello Sport, EAN 8032807021621, Italia
Altri progetti
Wikiquote contiene citazioni sui colori e simboli della Juventus Football Club
Collegamenti esterni
Antonio Calabrò, JUVE, la nascita di uno "stile" (MP3), in Cettina Flaccavento (a cura di), Agnelli, una storia italiana, con la consulenza di Edmondo Berselli e Valerio Castronovo e documentazione di Letizia Bindi, Il terzo anello, n. 6, Radio 3, 18 aprile 2015 (data originale: 28 aprile 2003), a 30 min 42 s.
Black and White and More: Juventus from 1897 to 2017, su YouTube, Juventus Football Club S.p.A., 16 gennaio 2017.