Medici di Melegnano
La famiglia Medici di Melegnano (detta anche Medici di Marignano o Medici di Nosigia) fu un'importante famiglia patrizia milanese. Non vantò legami di parentela con i più noti Medici signori di Firenze, di cui ad ogni modo portarono la medesima arma.
Medici di Melegnano | |
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Stato | ![]() |
Titoli | |
Data di fondazione | XIII secolo |
Etnia | italiana |
Storia
Le prime notizie sulla famiglia dei Medici di Melegnano vengono riportate da Paolo Morigia e riprese in seguito dallo storico e scrittore Giorgio Giulini; secondo tali informazioni la famiglia godeva di un'ottima reputazione sin dall'XI secolo a Milano, pur non godendo della nobilitazione. Il Ripamonti, nella sua Historia urbis Mediolani ed il Missaglia nella Vita di Gio. Jacopo Medici marchese di Marignano edita a Milano nel 1865, fanno derivare la casata dei Medici milanesi dal medesimo capostipite dei Medici fiorentini, mentre Ludovico Antonio Muratori riporta come la casata avesse origini completamente diverse e che a suo tempo venne inscritta nella matricola d'Ottone Visconti. Quel che è certo è che verso la fine del XIII secolo la famiglia dei Medici di Marignano si divise in cinque diramazioni: Medici di Porta Ticinese, Medici di Casorezzo, Medici di Nosigia, Medici d'Albairate e Medici di Novate.
La prima diramazione, la più influente di tutte, aveva sede nella città di Milano ed aveva la propria casa d'abitazione presso l'omonima contrada nella parrocchia di San Sisto. La linea dei Medici di Nosigia, venne in seguito definita "di Marignano" in quanto venne investita del feudo di Melegnano (anticamente "Marignano") ed aveva la propria casa presso la parrocchia milanese di San Martino in Nosigia, nell'area attualmente occupata da Palazzo Belgioioso, dove rimase sino alla sua demolizione nel 1677. Il primo dei Medici di Nosigia di cui si abbia notizia certa è Paolo (detto "Parolo") che fu decurione a Milano nel 1335 e nuovamente nel 1340, zio di Jacopino, che fu a sua volta membro del Consiglio Generale della città nel 1390 e che si schierò coi guelfi in città, divenendo prefetto della fabbrica del Duomo di Milano dal 1406 e sino al 1411. Un suo discendente, Bernardino (m. 1519), ottenne dal governo l'incarico di gabbelliere, ma perse ingenti somme di denaro e si salvò grazie al matrimonio con Cecilia Serbelloni, unione da cui nacquero Giambattista (1500-1545) e Gabriele che furono entrambi uomini d'arme, Margherita (1510-1547), moglie del conte Giberto Borromeo e madre di San Carlo, Clara (1507-?) che sposò Wolfgang Teodoric von Hohenems (Altemps), Giovanni Angelo che divenne papa col nome di Pio IV, Agosto (1501-1570) e Giangiacomo (1495-1555), detto il Medeghino, celebre condottiero della sua epoca e primo marchese di Melegnano con diploma del 1 marzo 1532.
Fu all'intraprendenza di quest'ultimo che si deve buona parte della fortuna e della fama della famiglia che, per coronare il nuovo status sociale raggiunto, fece erigere a Milano uno splendido palazzo in Via Brera su progetto di Vincenzo Seregni, che venne continuato poi da Giovanni Angelo dopo la morte di Giangiacomo. A Giangiacomo succedette per mancanza di eredi il fratello Agosto che nel 1549 sposò Barbara Del Majno, figlia del conte Gaspare, senatore ducale. Questa seconda generazione dei duchi di Melegnano contrasse matrimonio importanti come quello di Cecilia (1553-1616), figlia di Agosto, che andò in sposa ad Ottavio Gonzaga, figlio del duca di Guastalla, e Giangiacomo II (1558-1599). Nel 1579, per ordine di Filippo II di Spagna, il feudo delle Tre Pievi di cui era stato investito a suo tempo Giangiacomo I, venne privato alla famiglia dei Medici di Melegnano per conferirlo al cardinale Tolomeo Gallio.
Giangiacomo II sposò Livia Castaldi, figlia del marchese di Cassano, molto ricca di famiglia, e da questo matrimonio nacquero Ferdinando (1581-1638) che fu ambasciatore e che nel 1610 vendette il palazzo di famiglia nella contrada milanese di Brera al conte Paolo Simonetta.[1] Suoi fratelli furono Giovanni Battista, Giovanni (detto il "marchesino", progenitori del ramo detto "dei marchesini"), Guglielmo (capostipite del ramo di Varese, estintosi nel 1702), Giangiacomo (progenitore del ramo di Motta d'Induno, passata poi in Toscana), Gaspare (canonico lateranense e prevosto di Agazzano), Costanza e Isabella (monache), Barbara, Marcantonio e Francesco.
Giangiacomo (1626-1686), crebbe alla corte di Toscana, ma vene poi sepolto nella tomba di famiglia nel duomo di Milano. Venne succeduto nel marchesato dal fratello Giuseppe (1632-1712) che nel 1706 ospitò nel suo castello Vittorio Amedeo II di Savoia. Tra i figli di Giuseppe, suo successore fu Carlo Antonio (1671-1737), che divenne marchese di Melegnao nel 1712 ed ospitò nel suo castello Elisabetta Cristina, regina di Spagna. Venne succeduto dal nipote Carlo Cosimo (1714-1772) il quale, dopo la morte, prese gli ordini sacri, lasciando al figlio Carlo Gaspare (n. 1743) la successione al trono marchionale; fu sotto il suo dominio nel 1796 che le truppe napoleoniche assaltarono il castello di Melegnano. Tra i suoi figli si ricordano Carlo (1778-1847), ottenne nel 1816 il riconoscimento di antica nobiltà ed il titolo di marchese. Questi ebbe tre figli, Carlo (1782-1809), Pietro (1779-1845) e Giangiacomo (1775-1843). Quest'ultimo fu membro della corte dei Beauharnais e venne creato barone del Regno napoleonico d'Italia nel 1809, mentre con la restaurazione del 1816 gli venne riconosciuto il titolo marchionale. Fu lui nel 1836 a far demolire la grandiosa e storica torre del castello visconteo di Melegnano. Ebbe un solo figlio, Carlo (n. 1813), che morì senza eredi nel 1877.
Il fratello di Giangiacomo fu Gaetano (1790-1862), inaugurò una nuova linea dalla quale ebbe Gaetano (1838-1878), Cornelia, e Lorenzo (n. 1831) che nel 1877 succedette al cugino Carlo nel titolo marchionale. L'altro fratello, Carlo (n. 1834), combatté nella battaglia di Montebello, divenendo poi aiutante di campo di re Umberto I; altro fratello fu Edoardo (1835-1874), assessore del comune di Milano.
Note
- ^ Dopo una serie di altri passaggi di proprietà, nel 1865 il palazzo venne demolito per lasciare spazio ad altri edifici ancora oggi esistenti di fronte al palazzo di Brera.
Bibliografia
- Pompeo Litta Biumi, 113 famiglie nobili italiane, Milano 1850
- V. U. Crivelli Visconti, La nobiltà lombarda, Bologna 1972
- Stemmario Trivulziano, Biblioteca Trivulziana, Milano, Cod. Trivulziano 1390, seconda metà del secolo XV, a cura di Carlo Maspoli, Niccolò Orsini De Marzo, Milano, 2000, ISBN 88-900452-05
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