Chiesa della Santissima Trinità in Monte Oliveto
La chiesa della Santissima Trinità in Monte Oliveto è una chiesa romanica di Verona. Si trova vicino a piazza Cittadella, nel centro di Verona.
Chiesa della Santissima Trinità in Monte Oliveto | |
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Stato | ![]() |
Regione | Veneto |
Località | Verona |
Coordinate | 45°26′00.6″N 10°59′35.16″E |
Religione | Cristiana cattolica di rito romano |
Titolare | Santissima Trinità, Maria e Ognissanti |
Diocesi | Verona |
Stile architettonico | romanico e architettura neoclassica italiana |
Inizio costruzione | 1073 |
Completamento | 1077 |
Fu edificata attorno al 1077 dai monaci vallombrosani e consacrata alla Santissima Trinità, alla beata Maria e a tutti i santi. È in stile romanico veronese: la facciata a capanna, restaurata dopo il grande terremoto del 1117, è di tipo romanico-lombardo e da' accesso a un atrio, prolungamento della chiesa primitiva. La muratura è tipica di Verona: a filari alternati di cotto e tufo. Il campanile è di solido impianto quadrato simili a quelli quasi coevi di San Zeno e San Fermo.
Localizzazione ed etimologia del nome
La chiesa sorge su una collinetta di modeste dimensioni, ormai quasi nemmeno rilevabili, che si levava fuori dalle mura romane e comunali. Un tempo quel colle era detto monte Oliveto e, fino alla urbanizzazione del luogo avvenuta in questo dopoguerra, manteneva pressoché intatti i caratteri di solitudine agreste tra viti e ulivi. Il nome di monte Oliveto sembra si debba all'Ordine monastico nato in Vallombrosa, uno dei filoni usciti dai monaci San Benedetto.
Storia
Con ogni probabilità, la chiesa della Santissima Trinità in Monte Oliveto venne edificata sul luogo, o nelle immediate vicinanze, in cui un tempo si trovava una necropoli romana da cui vennero recuperate alcune pietre, elegantemente scolpite, per essere utilizzate alla base del campanile, come quella detta "rei figli" in cui sono raffigurati i busti di quattro uomini.[1][2] La scelta, comunque, dovette cadere su questo luogo per via della sua compatibilità con i dettami della regola benedettina ossia estraneità all'ambiente cittadino e vicinanza ai poveri che vivevano fuori dalle mura.[3]
L'inizio della sua edificazione si ebbe ad opera dei monaci della congregazione vallombrosana nel 1073 durante quel periodo storico caratterizzato dallo scontro tra il papato e l'impero conosciuto come lotta per le investiture. A quel tempo Verona si trovava schierata a favore dell'imperatore, tanto che lo stesso vescovo Bruno fu da lui nominato; ma proprio nel 1073 vi fu una avvicinamento verso il papa, peraltro ben testimoniato dalla presenza nel mese di agosto in città di Matilde di Canossa, fervida sostenitrice del potere papale e della riforma gregoriana E fu proprio la grancontessa a finanziare parte della fondazione della nuova chiesa a suggellare tale cambio di rotta.[4][5] Tuttavia questo indirizzo politico dovette durare ben poco e Bruno tornò ad allinearsi con l'imperatore Enrico IV, tanto che i lavori della chiesa dovettero essere interrotti per qualche decennio. Nonostante questo, nel 1115, il marchese Folco di Azzano II d'Este fece dono ai monaci, per la salvezza della sua anima, di quella della moglie e dei genitori, di alcune terre e di una cappella a Montagnana, segno che il cantiere era ripreso e che si trovava a buon punto.[6]
Il 12 gennaio 1117 la chiesa venne finalmente consacrata dedicandola alla Santissima Trinità, alla Beata Maria sempre Vergine e a tutti i Santi.[7] Risistemata dai danni causati dal terribile terremoto dello stesso anno vennero aggiunti due chiostri, grazie alla donazione di tale Viviano Bevilacqua, e le residenze dei monaci: il complesso monastico era ora completato e ben presto la comunità crebbe con l'arrivo dei monaci provenienti dal monastero vallombrosiano di san Gervasio del Mella.[8] Sempre ligi alla tradizione della regola benedettina da loro adottata, i monaci della Santissima Trinità in Monte Oliveto, fondarono qui una scuola e un sciptorium che nulla ebbe da invidiare con quello quello del capitolo della cattedrale e di quello del monastero di san Zeno.[9] Tra le varie opere qui prodotte si può menzionare il codice degli Annali della Santissima Trinità in cui un abile calligrafo e miniatore riportò la storia degli imperatori.[10]
Nel 1146 venne portata a compimento la realizzazione di un pozzo e nel 1166 il decano Cristiano divenne abate. L'anno successivo i monaci iniziarono a gestire uno xenodochio, un ospizio per pellegrini che da qui transitavano. Poco si conosce di questa primitiva chiesa, certamente realizzata secondo la tradizione dell'architettura romanica veronese, dovette essere ad unica navata, orientata in direzione nord-sud (come, peraltro, la basilica di san Zeno) e dotata di unica abside.[11] Verso al fine del XIII secolo l'altare della chiesa era adornato da un dossale di pietra dipinta scolpita da Rigino di Enrico,[12] ora smembrato e in parte collocato sulla facciata, a lato dell'odierno portale principale, e in parte spostato a San Zeno Maggiore. Vi era anche un pregevole ciborio realizzato in tufo dipinto.[13]
La chiesa fu passata in commenda dal 1441, e dunque allontanatisi i monaci vallombrosiani e l'ultimo abate Bartolomeo Dal Verme, accanto ad essa si installarono, nei locali dell'ex monastero, varie istituzioni. La chiesa fu anche, nel secolo XIX, sconsacrata, mentre persino il tetto minacciava di rovinare. L'annesso chiostro, in puro stile romanico veronese, fu invece distrutto nello scorso secolo.
Descrizione
Oggi il complesso abbaziale si presenta assai rimaneggiato rispetto alle origini per cui si possono individuare come facenti parte del nucleo primitivo l'abside settentrionale, l'abside maggiore, l'atrio e il campanile, databile questo intorno al 1130.
La chiesa
La pianta della chiesa, pur manomessa in vari periodi, si rivela simile a quella della vicina San Fermo: di struttura longitudinale, è chiusa da un'abside che comprende tutta la larghezza della navata o, come sembra, delle tre navate originarie. Due cappelle sono affiancate alla maggiore absidale formando un transetto e sporgendo sulla linea del piedicroce. La piccola abside settentrionale, datata intorno al 1117, è anch'essa costruita in mattoni "romani" rossi e grossi, a filari triplici, alternati regolarmente a un corso di tufo, presentando quindi uno dei primi esempi di tale tecnica muraria. Le altre parti della Trinità superstiti della costruzione romanica sono databili negli anni intorno al 1130 e riconoscibili nell'abside maggiore, nell'atrio e nel campanile. L'atrio, prolungamento della chiesa primitiva, si presenta con la tipica facciata a "capanna" a due spioventi di tipo romanico-lombardo. La muratura è in tufo e mattoni conclusa dai tipici archi rampanti sotto gli spioventi. Questi archi si ritroviamo nel vicino campanile e sono ricavati da un solo blocco di tufo di forma cubica in cui si intaglia nettamente l'arco centinato il cui pieno è dato dallo stesso tufo. Il portale d'ingresso ad arco ribassato è sormontato da un pròtiro pensile e affiancato da due trifore per parte sostenute da coppie di leggere colonne marmoree.
All'interno rimangono superstiti numerosi affreschi.
Il campanile
Il campanile di solido impianto quadrato è forse il prototipo romanico di tali manufatti: massiccio, rosso di mattoni e reso leggero, elegante dai corsi chiari di tufo, dalle lesene e dagli spigoli che lo risalgono al centro e agli angoli, è ornato da tre linee orizzontali di archi a varie altezze e alleggerito dalle finestre a trifora della cella campanaria. Come a San Zeno, nella muratura di base del campanile troviamo frammenti di lapidi e di sculture romane. Notevole una delle grandi mensole funebri per sepoltura a tavolo, con la testa di Medusa affiorante dal muro del campanile, come quella di corso Porta Borsari. Proviene dalla necropoli romana che fiancheggiava la via Claudia Augusta Padana avviata a Ostiglia attraverso questi luoghi.
Note
- ^ Pighi, 1893, p. 13.
- ^ Carrara, 1974, p. 44.
- ^ Carrara, 1974, p. 45.
- ^ Carrara, 1974, pp. 46-47.
- ^ Mor, 1964, pp. 147-158.
- ^ Carrara, 1974, p. 47.
- ^ Carrara, 1974, p. 47.
- ^ Carrara, 1974, pp. 47-48.
- ^ Carrara, 1974, p. 48.
- ^ Carrara, 1974, pp. 48-49.
- ^ Carrara, 1974, pp. 49-50.
- ^ Mellini, 1972
- ^ Carrara, 1974, p. 50.
Bibliografia
- Mario Carrara, La SS. Trinità in Monte Oliveto, Verona, Stimmatini Verona, ISBN non esistente.
- Carlo Guido Mor, Dalla caduta dell'Impero al comune, Verona, Istituto per gli studi storici veronesi, 1964, ISBN non esistente.
- Gian Loreno Mellini, Scultori veronesi del trecento, Milano, Electa, 1971, ISBN non esistente.
Voci correlate
Altri progetti
- Wikibooks contiene testi o manuali sulla disposizione fonica dell'organo a canne
- Wikimedia Commons contiene immagini o altri file sulla chiesa della Santissima Trinità in Monte Oliveto