Scattering anelastico profondo
Con scattering anelastico profondo (o diffusione anelastica profonda, talvolta abbreviato "DIS" dall'inglese deep inelastic scattering ) si indica un processo di scattering elettrone-protone in cui l'energia dell'elettrone, e di conseguenza l'impulso trasferito al protone, è abbastanza grande da "rompere" il protone e interagire con la sua struttura interna.[1]

Negli anni 1960, grazie all'acceleratore lineare di elettroni dello SLAC, i fisici Jerome Friedman, Henry Kendall e Richard Taylor sfruttarono questo fenomeno per studiare la struttura interna dei nucleoni (protoni e neutroni). Si osservò che gli elettroni accelerati venivano diffusi in un modo tale che portava a pensare che all'interno dei nucleoni fossero presenti delle particelle (che in seguito sarebbero state chiamate quark).[2] Questa è la prova più significativa a favore del fatto che il protone e il neutrone non sono particelle elementari, bensì particelle composte.[3] Nello specifico sono barioni, cioè particelle costituite da tre quark. I tre fisici vinsero il premio Nobel per la fisica nel 1990 per questa scoperta.[2]
Ad oggi sappiamo che il processo di scattering è correttamente interpretato come l'interazione elettromagnetica tra l'elettrone e uno dei quark che compongono il protone. In particolare l'interazione è mediata da un fotone virtuale, indicato nella figura con γ*.
Gli esperimenti di scattering elettrone-protone
Gli esperimenti di scattering elettrone-protone sono stati a lungo utilizzati per indagare la struttura del protone, così come lo scattering elettrone-nucleo è utile per ottenere informazioni sulla struttura nucleare in generale.
In generale si può dire che gli esperimenti in cui si cerca di "vedere" qualcosa (il che comprende misurarne le dimensioni e la forma) consistono in esperimenti di scattering, allo stesso modo in cui vedere un oggetto, nella vita di tutti i giorni, significa rivelare i fotoni che hanno urtato tale oggetto, così rivelare gli elettroni che hanno precedentemente urtato un protone ci permette di trarre informazioni in proposito alle sue dimensioni e forma.
L'utilizzo degli elettroni in questo caso è necessario perché, per avere una risoluzione spaziale maggiore, è necessario utilizzare particelle più energetiche (cioè più veloci), e questi ultimi sono accelerati molto più facilmente.
In particolare è necessario che la particella "sonda" possegga lunghezza d'onda di De Broglie minore delle dimensioni lineari tipiche dell'oggetto che si cerca di osservare: in questo caso il raggio del protone, che misura circa 1 Fermi (10^-15 metri); quindi: . Da cui si ricava .
Eseguire esperimenti con fasci di elettroni collimati aventi energie di quest'ordine è relativamente semplice, per questo si utilizzano gli elettroni per questo tipo di esperimenti.
La scoperta del fatto che il protone non sia una particella puntiforme, ma che possieda una struttura è precedente agli esperimenti di DIS, infatti semplicemente con gli esperimenti di scattering in cui il protone risulta integro nello stato finale, si può dedurre che esso possiede una densità di carica elettrica e di momento magnetico.
In questi esperimenti si misura la sezione d'urto differenziale, per la quale si ha una previsione teorica grazie alla formula di Rosenbluth:
in cui è il modulo dell'impulso trasferito dall'elettrone al protone (ovvero il modulo dell'impulso del fotone che media l'interazione); e sono dette funzioni di struttura e sono funzioni di e dei fattori di forma elettrico e magnetico (in breve i fattori di forma sono la trasformata di Fourier delle desità di carica e di momento magnetico rispettivamente). Si può dimostrare che, nel caso in cui il protone fosse una particella puntiforme, entrambe le funzioni di struttura dovrebbero risultare costanti in , mentre, sperimentalmente, si ottiene un andamento diverso, compatibile con una densità di carica del protone di forma esponenziale.[4]
Note
- ^ Stefano Forte, I semi delle cose, su asimmetrie.it. URL consultato il 14 novembre 2019.
- ^ a b Friedman, Jerome Isaac, su treccani.it, Enciclopedia Treccani. URL consultato il 14 novembre 2019 (archiviato dall'url originale l'8 ottobre 2018).
- ^ protone, su treccani.it, Enciclopedia Treccani. URL consultato il 14 novembre 2019 (archiviato dall'url originale il 15 luglio 2019).
- ^ A. V. Gramolin e D. M. Nikolenko, Reanalysis of Rosenbluth measurements of the proton form factors, in Physical Review C, vol. 93, n. 5, 10 maggio 2016, pp. 055201, DOI:10.1103/PhysRevC.93.055201. URL consultato il 26 febbraio 2020.