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Rappresentazione bizantina del fuoco greco.

Il fuoco greco (in greco antico: ὑγρόν πῦρ?, hygròn pŷr, "fuoco liquido") era una miscela usata dai bizantini dal 668 d.C in poi per attaccare i nemici con il fuoco e in particolar modo per incendiare il naviglio avversario e difendere posizioni strategiche sulle mura.


L'espressione "fuoco greco" non è riscontrata nelle fonti bizantine; in esse tale miscela era chiamata con i nomi "fuoco marino" (πῦρ θαλάσσιον, pŷr thalássion), "fuoco romano" (πῦρ ῥωμαϊκόν, pŷr rhōmaïkón), "fuoco di guerra" (πολεμικὸν πῦρ, polemikòn pŷr), "fuoco liquido" (ὑγρὸν πῦρ, hygròn pŷr), "fuoco vischioso" (πῦρ κολλητικόν, pŷr kollētikón), o "fuoco artificiale" (πῦρ σκευαστόν, pŷr skeuastón).[1][2]

La sua efficacia bellica era assicurata dal fatto che gli incendi causati dalla miscela non erano estinguibili con l'uso dell'acqua, che, anzi, ne ravvivava la forza.[3]

Dettaglio di un dispositivo manuale per il lancio.

Cenni storici

Il primo utilizzo registrato risale al primo assedio di Costantinopoli da parte degli Arabi nel 678 d.C dove fu usato sulle mura. Venne utilizzato in diverse occasioni per la difesa di Costantinopoli e di altre città dell'Impero bizantino consentendogli di sfuggire ai loro assedianti.

Fu proprio l'utilizzo del fuoco greco che fece fallire il secondo assedio di Costantinopoli, condotto dagli Arabi musulmani fra il 717 e il 718.[4]

Durante gli anni 821-822 d.C fu usato contro la flotta Slava da che assediava la capitale dell'impero.

Nel 941 fu registrato il suo utilizzo da parte della flotta comandata da Romano I Lecapeno che con l'ausilio di sole 15 navi riuscì a toglie l'assedio navale di Costantinopoli da parte della flotta dei Rus' che comprendeva svariate centinaia di navi.

Sotto il regno dell'imperatore Giovanni I Zimisce viene fatto uso del fuoco greco per conquistare la capitale bulgara Preslav nel 972.

Nel 988-989 l'imperatore Bizantino Basilio II usò il fuoco greco contro le forze ribelli comandate dal generale Barda Foca il Giovane.

Nel 1108 fu usato nell'assedio di Durazzo dove i bizantini bruciarono le macchine di assedio controllate da Boemondo I di Antiochia.

Per ragioni ignote non ci sono registri che confermano il suo utilizzo dalla quarta crociata in poi.(metti link)

Descrizione

 
Rappresentazione antica, ma anacronistica, del lancio di fuoco greco mediante un trabucco.

La formula della miscela che componeva il "fuoco greco" era nota soltanto all'imperatore e a pochi artigiani specializzati ed era custodita tanto gelosamente che la legge puniva con la morte chiunque avesse divulgato ai nemici questo segreto.

Il fuoco greco, la cui invenzione è attribuita a un greco del VII secolo originario della città di Eliopolis (oggi Baalbek in Libano), di nome Callinico,[5] oggi si ritiene fosse una miscela di pece, salnitro, zolfo, petrolio, nafta e calce viva, contenuta in un grande otre di pelle o di terracotta (sìfones) collegato ad un tubo di rame, montato sui dromoni bizantini. La miscela veniva spruzzata con la semplice pressione del piede sulle imbarcazioni nemiche, il macchinario doveva avere una certa complessità e particolare manifattura, dato che ci sono registri che parlano di navi bizantine contenenti il liquido ed il sistema per usarlo che furono catturate dai bulgari che non riuscirono a utilizzarle.

Altre varianti del fuoco greco vengono in forma di granate dove il liquido è stipato dentro vasi di terracotta contenenti triboli che venivano lanciati sul naviglio nemico tramite le petriere, similmente a mortai di artiglieria.


La caratteristica che rendeva temuti questi primitivi lanciafiamme era che il fuoco greco, a causa della reazione della calce viva, non poteva essere spento con acqua, che anzi ne ravvivava la forza, e di conseguenza le navi, realizzate in quel periodo in legno, coi comenti[6] dello scafo impermeabilizzati tramite calafataggio e con velatura, sartie e drizze in fibre vegetali, anch'esse intrise di pece, erano destinate a sicura distruzione.


Nel trattato medievale Liber Ignium ad Comburendos Hostes scritto in latino da un certo Marcus Graecus si afferma che l'unico modo per spegnerlo sarebbe stato quello di usare urina, sabbia o aceto.[7]

Formula segreta

Il fuoco greco fu un'importantissima arma capace di spaventare e sgominare interi eserciti e flotte, tanto importante da portare l'imperatore Romano II a dichiarare che mai dovesse finire in mani nemiche. La formula considerata segreto di stato, conosciuta solo dall'imperatore e pochi artigiani fidati è stata ormai perduta ma si pensa che la miscela fosse a base di petrolio o nafta probabilmente ottenuti dai territori dell'attuale Crimea. Possiamo speculare che altri composti della miscela fossero : Ossido di calcio,Zolfo,Resina e Nitrato di potassio.

Il processo di creazione era complicato e pericoloso, e di sicuro necessitava di una tecnologia particolarmente avanzata per il tempo.

Metodi di uso

La versatilità del fuoco greco permetteva il suo utilizzo sia in battaglie navali: tramite l'utilizzo di catapulte, che in battaglie campali e assedi, tramite l'utilizzo di un rudimentale lanciafiamme chiamato cheirosiphōn (sifone a mano) che grazie all'ausilio di torri d'assedio riusciva a lanciare fuoco sulle mura nemiche.


Note

  1. ^ Pryor & Jeffreys, 2006, pp. 608–609
  2. ^ Forbes, 1959, p. 83
  3. ^ Fuoco Greco: ecco come funzionava la potente arma bizantina, in Informazione Ambiente, 27 settembre 2017. URL consultato il 9 settembre 2018.
  4. ^ ARMI DA FUOCO in "Enciclopedia dell'Arte Medievale", su www.treccani.it. URL consultato il 9 settembre 2018.
  5. ^ Michel Rouche, Attila, collana I protagonisti della storia, traduzione di Marianna Matullo, vol. 14, Pioltello (MI), Salerno Editrice, 2019, p. 100, ISSN 2531-5609 (WC · ACNP).
  6. ^ Il comento è quell'inevitabile interstizio che si crea fra le tavole di legno affiancate che costituiscono il fasciame di una nave. Veniva solitamente colmato con pece, eventualmente mista a paglia laddove la maggior larghezza della fessura lo avesse richiesto.
  7. ^ Marco Lucchetti, Le armi che hanno cambiato la storia di Roma antica, Newton Compton, 2018, ISBN 9788822717436.

Bibliografia

  • L'uomo bizantino, a cura di Guglielmo Cavallo, Laterza, Roma 1992.
  • John Haldon, Greek fire revisited: recent and current research, in: Byzantine style, religion and civilization. In honour of Sir Steven Ruciman a cura di E. Jeffreys, Cambridge 2006, S. 290ff.
  • Alex Roland, Secrecy, Technology, and War: Greek Fire and the Defense of Byzantium, in: Technology and Culture 33 (1992), pp. 655–679.
  • W.H. Spears Jr., Greek Fire: The Fabulous Secret Weapon That Saved Europe 1969 ISBN 0-9600106-3-7
  • J.R. Partington, A history of Greek fire and gunpowder (prefazione di Frederick Morgan; con una nuova introduzione di Bert S. Hall), Baltimore 1999
  • Adrienne Mayor, Greek fire, poison arrows, and scorpion bombs: biological and chemical warfare in the ancient world, London 2005
  • Pryor, John H.; Jeffreys, Elizabeth M. (2006), The Age of the ΔΡΟΜΩΝ: The Byzantine Navy ca. 500–1204, Brill Academic Publishers, ISBN 978-90-04-15197-0
  • Forbes, R. J. (1959), Naphtha Goes To War, More Studies in Early Petroleum History 1860–1880, Leida, E.J. Brill, pp. 70–90

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