Utente:Kagemusha!/Sandbox

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Akashi
Descrizione generale
TipoIncrociatore protetto
ClasseClasse Suma
In servizio conMarina Imperiale Giapponese
Ordine1893
CantiereArsenale militare di Yokosuka
Impostazione6 agosto 1894
Varo18 dicembre 1897
Completamento30 marzo 1899
Radiazione1 aprile 1928
Destino finaleAffondata come bersaglio il 3 agosto 1930
Caratteristiche generali
Dislocamento2700 t
Lunghezza93,5 m
Larghezza12,3 m
Pescaggio4,6 m
Propulsione2 eliche

2 motori a vapore triplice espansione verticale
9 caldaie (5880 kW)

Velocità19,5 nodi (36,11 km/h)
Autonomia11 000 miglia a 10 nodi (20 370 km a 18,52 km/h)
Equipaggio256
Armamento
Armamento
CorazzaturaPonte: 50 mm (spalla), 25 mm (piatto)

Torrette: 115 mm (fronte)

voci di incrociatori presenti su Wikipedia

L'Akashi (明石) fu un incrociatore protetto classe Suma della marina imperiale giapponese, gemello del Suma. Il nome Akashi viene dell'antico nome di una porzione della costa vicino a Kobe, nella prefettura di Hyōgo.

Contesto

L'Akashi fu progettato e costruito all'arsenale navale di Yokosuka, come parte di un programma della marina nipponica per troncare la dipendenza dalle potenze straniere per il progetto e la costruzione di nuove navi da guerra, utilizzando progetti e materiali totalmente giapponesi.[1] La costruzione durò 4 anni, dal 1892 al 1896. La chiglia fu posata il 6 agosto 1894, varato il 18 dicembre 1897 e completato il 30 marzo 1899.[2] Anche se armato meno e con protezione più leggera di molti incrociatori contemporanei, la piccola taglia facilitò la costruzione della nave e la sua elevata velocità lo resero utile in molte azioni militari. Come la maggior parte dei progetti giapponesi del periodo, però, si dimostrò poco stabile e marina, a causa del baricentro troppo alto.[3]

Progetto

Il progetto dell'Akashi fu basato su un doppio scafo in acciaio con ponte corazzato al di sotto protetto da paratie stagne trasversali. La corazzatura era del tipo Harvey, presente solo nelle parti essenziali, come attorno alle caldaie, alle polveriere e ai macchinari, con uno spessore di 25 mm sul ponte.

La batteria principale consisteva in due cannoni a fuoco rapido da 152/40, uno sul castello di prua e uno a poppa. Questi cannoni avevano una gittata fino a 9100 m con una velocità di tiro nominale di 5,7 colpi al minuto. L'armamento secondario consisteva in sei cannoni a fuoco rapido da 120 mm montati su estrusioni del ponte superiore. I cannoni secondari avevano una gittata paragonabile a quella dell'armamento principale e una velocità di tiro di 12 colpi al minuto. Erano presenti anche dieci cannoni Hotchkiss da 47 mm, con una gittata massima di 6000 m e una velocità di tiro di 20 colpi al minuto. Erano posizionati quattro sul ponte superiore, due sul castello di prora, due sul cassero, uno a prua e uno a poppa. Quattro cannoni Nordenfelt da 25 mm erano originariamente a bordo ma furono poi rimpiazzati da 4 mitragliatrici Maxim da 7,62 mm. Due tubi lanciasiluri da 356 mm erano montati sul ponte.[4]

L'impianto propulsivo consisteva in due motori a vapore a triplice espansione verticale con 9 caldaie montate in due locali separati da una paratia stagna.[2]

I problemi di stabilità del Suma furono scoperti prima del completamento dell'Akashi e fu quindi possibile modificarlo durante la costruzione per avere un bordo libero maggiore a mezza nave, più volume coperto a prua e togliendo le coffe di combattimento per abbassare ulteriormente il baricento.[4]

Servizio

Primi anni

Dopo essere entrato in servizio nel marzo 1899, l'Akashi ebbe svariati problemi meccanici e dovette tornare all'arsenale di Yokosuka per riparazioni nell'ottobre dello stesso anno e nel gennaio seguente. Ulteriori riparazioni furono effetuate nel maggio 1900 all'arsenale di Kure e in luglio nell'arsenale di Sasebo.

Il primo incarico oltremare fu tra il luglio e il novembre 1900, in supporto alle forze di sbarco giapponesi che occuparono la città portuale di Tiensin durante la rivolta dei Boxer, come parte del contributo giapponese all'alleanza delle otto nazioni.

Immediatamente al suo ritorno ricevette riparazioni alle caldaie a Kure. Dall'aprile all'ottobre 1901 l'Akashi fu mandata nel sud della Cina e poi nuovamente al raddobbo a Kure. Dal febbraio 1902 l'Akashi fu nuovamente di stanza in Cina ma dovette di nuovo abbreviare la missione quando si scoprì che tre delle caldaia non potevano tenere la pressione e la nave non poteva quindi raggiungere i 14 nodi di velocità. Nel maggio successivo tornò in Cina, dovendo poi tornare in Giappone a giugno. Nell'agosto 1902 l'Akashi fu reputata non più in grado di servire in prima linea e fu trasferita alla flotta di riserva. Non volendo rassegnarsi alla non riuscita della nave, il comando generale della marina imperiale giapponese ordinò che l'Akashi fosse completamente rimodernato nel marzo 1903 presso l'arsenale di Kure e poi fu mandato come nave scuola per l'accademia imperiale del genio navale in crociera sulle coste di Cina e Corea, fermandosi a Fuzhou, Shanghai, Yantai, Inchon, Busan e Wonsan, e tornando a Sasebo nel settembre 1903. Nell'ottobre e novembre 1903 l'Akashi fu capace di partecipare alle manovre di combattimento con gli altri incrociatori della flotta. LAkashi fu allora assegnata come scorta della posacavi che stava posando il primo cavo telegrafico tra Sasebo e Incheon tra l'8 e il 17 gennaio 1904. Durante le prove in mare svolte nel gennaio 1904 lAkashi raggiunse la velocità massima di 19,5 nodi.

Guerra russo-giapponese

L'Akashi era di base nel distretto di guardia di Chinkai, in Corea, all'inizio della guerra russo-giapponese e immediatamente fu mandata in mare a sud est della penisola di Corea come staffetta telegrafica. Prese parte alla battaglia della baia di Chemulpo, facendo parte della linea di battaglia dietro all'incrociatoreTakachiho e assistendo all'affondamento dell'incrociatore russo Varyag e della cannoniera Korietz. Durante la battaglia un proiettile del Varyag gli passò tra i fumaioli.

In aprile e maggio l'Akashi scortò trasporti che portavano la Seconda Armata giapponese in Manciuria e scortò anche squadre di cacciatorpediniere dal Giappone alla prima linea. Il 15 maggio assistette al salvataggio dei sopravvissuti delle corazzate Hatsuse e Yashima dopo che queste avevano colpito mine davanti a Port Arthur. Prese poi parte al blocco della base navale russa durante la battaglia di Port Arthur.

Il 16 maggio l'Akashi, con gli incrociatori Akitsushima e Chiyoda, bombardò le truppe russe e gli edifici del golfo di Bohai. L'operazione fu cancellata a causa della densa nebbia il 17, quando le cannoniere Ōshima e Akagi ebbero una collisone, causando l'affondamento della prima.

Il 7 giugno l'Akashi, insieme al Suma, alla cannoniera Uji, e a un distaccamento di cacciatorpediniere entrò nel golfo di Bohai per supportare gli sbarchi della seconda armata e in seguito bombardò le installazioni costiere russe e la ferrovia lungo la costa della Manciuria.

Il 10 agosto, durante la battaglia del Mar Giallo, l'Akashi non partecipò alla prima fase perchè arrivò in ritardo. Prese però parte alla rincorsa degli incrociatori russi Askold e Novik, ma non riuscì ad evitare la loro fuga.

 
L'Akashi in bacino di carenaggio nel 1905

Il 10 dicembre l'Akashi colpì una mina mentre pattugliava davanti a Port Arthur. L'esplosione aprì una grossa falla prua, allagando diversi compartimenti e facendola inclinare molto a dritta. A causa del ghiaccio sul ponte e all'oscurità della notte i tentativi di salvataggio furono difficili ma l'equipaggio riuscì a stabilizzare la nave e, accompagnata dagli incrociatori Itsukushima e Hashidate, raggiunse Dalian per le dovute riparazioni.

Durante la battaglia di Tsushima, il 27 maggio 1905, lAkashi era nel 4° Distaccamento da combattimento, al comando del retroammiraglio Uryu Sotokichi e composto dagli incrociatori Akashi, Naniwa, Takachiho, and Suma. Alla scoperta della flotta russa il 4° Distaccamento attaccò i trasporti russi e gli incrociatori Oleg, Aurora, Vladimir Monomakh e Dmitrii Donskoi, e affondò la corazzata precedentemente danneggiata Knyaz Suvorov e la nave officina Kamchatka. Durante la battaglia lAkashi ricevette 5 colpi che buttarono il fumaiolo fuoribordo, uccisero tre marinai di guardia e ne ferirono altri sette. La mattina seguente l'Akashi fu inizialmente rallentato dalle riparazioni ma si unì poi alla ricerca delle rimanenti navi russe, assistendo all'affondamento degli incrociatori corazzati Dmitrii Donskoi  e Svetlana.[5] Il 30 maggio tornò a Sasebo con il cacciatorpediniere catturato Biedovy.

Dopo la battaglia, il 14 giugno l'Akashi tornò al distretto di guardia di Takeshiki per svolgere pattugliamenti nello stretto di Corea. Fu raddobbata all'arsenale di Kure tra il 4 e il 29 luglio. Il 10 ottobre l'Akashi intercettò il piroscafo tedesco M Struve (1582 t) che stava cercando di contrabbandare un carico di riso, sale, pane e farina a Vladivostok. Il piroscafo fu mandato come preda a Sasebo.

L'Akashi arrivò a Yokohama per partecipare alla rivista navale per celebrare la vittoria giapponese il 23 ottobre 1905.

Prima guerra mondiale

Tra il 1908 e il 1909 il futuro primo ministro Suzuki Kantarō servì come capitano dellAkashi. Nel 1912 lAkashi ricevette nuove caldaie, ricevendo nove caldaie di tipo Niclausse al posto delle precedenti caldaie a tubi di fumo.[4]

Durante la prima guerra mondiale l'Akashi fece parte della Seconda Flotta della marina imperiale giapponese nei combattimenti contro alla marina imperiale tedesca nell'assedio di Tsingtao. Nel 1916 fu assegnata al pattugliamento delle rotte dal Borneo allo stretto di Malacca e nell'Oceano Indiano orientale in difesa dalle navi corsare tedesche, come parte del contributo giapponese allo sforzo alleato, con base a Singapore.

Il retroammiraglio Kōzō Satō comandò la 2a Squadra Speciale con l'Akashi come ammiraglia e con la 10a e 11a Unità Cacciatorpediniere fu di stanza a Malta dal 13 aprile 1917. Fu rinforzata dalla 15a Unità Cacciatorpediniere il 1 giugno 1917 per scortare trasporti truppe alleati nel Mediterraneo. Dopo essere stato sostituito dall'incrociatore Izumo, l'Akashi ritornò in acque giapponesi, dove spese il resto della guerra.

Dopo la fine della guerra l'Akashi fu ridesignata come nave da difesa costiera di seconda classe, dal 1 settembre 1921. Fu rimossa dalla lista navale il 1 aprile 1928. Reputata obsoleta, il 3 agosto 1930 fu usata come bersaglio per i bombardieri in picchiata a sud di Izu Ōshima.

L'albero maestro dell'Akashi è conservato all'accademia della Forza di Difesa Marittima giapponese a Etajima, nella regione di Hiroshima.

Note

  1. ^ J. Charles Schencking, Making waves : politics, propaganda, and the emergence of the Imperial Japanese Navy, 1868-1922, Stanford University Press, 2005, ISBN 1-4237-1658-2, OCLC 61247022. URL consultato il 2 marzo 2022.
  2. ^ a b Materials of IJN (Vessels - Suma class Protected cruisers), su admiral31.world.coocan.jp. URL consultato il 2 marzo 2022.
  3. ^ Dieter Jung e Peter Mickel, Warships of the Imperial Japanese Navy, 1869-1945, Naval Institute Press, 1977, ISBN 0-87021-893-X, OCLC 3273325. URL consultato il 2 marzo 2022.
  4. ^ a b c Roger Chesneau, Eugène M. Koleśnik e N. J. M. Campbell, Conway's All the world's fighting ships, 1860-1905, Conway Maritime Press, 1979, ISBN 0-85177-133-5, OCLC 5834247. URL consultato il 2 marzo 2022.
  5. ^ Stephen Howarth, The fighting ships of the Rising Sun : the drama of the Imperial Japanese Navy, 1895-1945, 1st American ed, Atheneum, 1983, ISBN 0-689-11402-8, OCLC 9829410. URL consultato il 2 marzo 2022.

Bibliografia

  • Chesneau, Roger (1979). Conway's All the World's Fighting Ships, 1860–1905. Conway Maritime Press. ISBN 0-85177-133-5.
  • Evans, David C.; Peattie, Mark R. (1997). Kaigun: Strategy, Tactics, and Technology in the Imperial Japanese Navy, 1887–1941. Annapolis: Naval Institute Press. ISBN 0-87021-192-7.
  • Howarth, Stephen (1983). The Fighting Ships of the Rising Sun: The Drama of the Imperial Japanese Navy, 1895–1945. Atheneum. ISBN 0-689-11402-8.
  • Jane, Fred T. (1904). The Imperial Japanese Navy. Thacker, Spink & Co.
  • Jentsura, Hansgeorg (1976). Warships of the Imperial Japanese Navy, 1869–1945. Annapolis: Naval Institute Press. ISBN 0-87021-893-X.
  • Roberts, John (ed). (1983). Warships of the world from 1860 to 1905 – Volume 2: United States, Japan and Russia. Bernard & Graefe Verlag, Coblenza. ISBN 3-7637-5403-2.
  • Schencking, J. Charles (2005). Making Waves: Politics, Propaganda, And The Emergence Of The Imperial Japanese Navy, 1868–1922. Stanford University Press. ISBN 0-8047-4977-9.

Collegamenti esterni

Il Vladimir Monomakh (Russo: Владимир Мономах) fu un incrociatore corazzato costruito per la Marina Imperiale Russa durante gli anni 80 del XIX secolo. La nave fu battezzata col nome di Vladimir II Monomakh, Gran Principe di Kiev. Passò la maggior parte del suo servisio in Estremo Oriente, anche se si trovava nel Mar Baltico allo scoppio della guerra russo-giapponese, nel 1904. Il Vladimir Monomakh fu assegnato alla Terza Squadra del Pacifico e partecipò alla battaglia di Tsushima nel maggio 1905. Aveva il compito di proteggere i trasporti russi e non fu ingaggiata pesantemente durante la porzione diurna della battaglia. La nave fu silurata nella notte e la mattina seguente fu autoaffondata dal capitano per evitarne la cattura.

Progetto e descrizione

La Vladimir Monomakh fu classificata come fregata semicorazzata ed era una versione migliorata della precedente Minin. La nave fu progettata con una grande autonomia operativa e con un'alta velocità per facilitare il suo ruolo d'attacco del commercio, scappando dalle navi da guerra avversarie. Era organizzata come una corazzata a ridotto centrale, con l'armamento concentrato a mezza nave. La nave dallo scafo in ferro aveva un rostro ed era ricoperta di legno e di rame per ridurre le incostrazioni. Lo scafo era diviso da 10 paratie stagne trasversali e aveva un doppio fondo profondo 1. 73 m. L'equipaggio era composto da 550 tra ufficiali e marinai. Aveva una lunghezza fuori tutto di 93.8 m, una larghezza di 15.8 m e un'immersione di progetto di 7.6 m. Il dislocamento era di 5683 t a pieno carico.

La nave aveva due motori a vapore compound verticali, ognuno collegato ad un'elica a quattro pale in bronzo-manganese da 5.5 m. Il vapore era prodotto da sei caldaie cilindriche alla pressione di 70 psi. I motori produssero una potenza indicata di 5253 kW durante le prove in mare, che permettevano alla nave una velocità massima di 15.8 nodi. La nave trasportava 910 t di carbone che gli permettevano un'autonomia di 6200 miglia nautiche alla velocità di 10 nodi. Era armata a nave, con tre alberi, e aveva un'area velica totale di 2400 m2. Per ridurre la resistenza durante la navigazione a vela i fumaioli erano retrattili.

Il Vladimir Monomakh era armato con quattro cannoni da 203 mm, uno su ogni angolo della batteria che sporgevano dai lati dello scafo. Tra questi cannoni erano montati otto dei dodici cannoni 152/35, nella batteria centrale, mentre i restanti quattro erano al difuori della batteria alle estremità della nave. La difesa anti torpediniera consisteva in quattro cannoni da 9 libbre e 10 cannoni Hotchkiss. La nave aveva anche tre tubi lanciasiluri da 381 mm.

La cintura corazzata al galleggiamento era composta da una corazzatura composita e si estendeva per tutta la lunghezza della nave. Era spessa 152 mm a mezza nave ma si riduceva a 114 mm alle estremità. Si estendeva per o,6 m sopra il galleggiamento e 1.2 m sotto. Paratie trasversali da 76-102 mm proteggevano i cannoni nella batteria. Le sporgenze dei cannoni da 203 mm avevano lo stesso spessore. Il ponte protetto era spesso 13 mm.

Servizio

La costruzione del Vladimir Monomakh iniziò il 22 febbraio 1881 al cantiere navale del Baltico a San Pietroburgo, anche se la cerimonia formale per la posa della chiglia non fu tenuta fino al 21 maggio. Fu varata il 22 ottobre 1882 e completata il 13 luglio 1883. Il costo totale della nave fu di 3348847 rubli. Anche se fu il secondo incrociatore della classe Dmitri Donskoy ad essere impostato, il Vladimir Monomakh fu completato per primo. A causa di costanti cambi durante la costruzione il progetto di entrambe le navi divergeva considerabilmente al momento del completamento. La nave fu chiamata così in onore di Vladimir II Monomakh, Gran Principe di Kiev.

L'11 ottobre 1884 il Vladimir Monomakh iniziò un viaggio tranquillo dal Baltico all'Estremo Oriente. Fece visita ai porti di Kristiansand, in Norvegia, e Portland, in Inghilterra, prima di raggiungere Malta il 25 novembre. La nave spese la maggior parte delle seguenti sei settimane in acque greche, prima di arrvare a Porto Said, in Egitto, il 12 gennaio 1885 per attraversare il canale di Suez. Il Vladimir Monomakh incontrò lì la corazzata britannica HMS Agamemnon e fu scortata fino in Giappone, dato che quell'anno le tensioni stavano aumentando tra Regno Unito e Russia. La nave arrivò a Nagasaki nel marzo 1885 e fu nominata ammiraglia della flotta russa del Pacifico sotto il retroammiraglio A.E. Kroun. Basata a Vladivostok, normalmente passò l'inverno in acque più calde. Per esempio, tra il novembre 1885 e il marzo 1886 il Vladimir Monomakh visitò Manila, Singapore, Hong Kong, Batavia e Penang. Nel 1887 tornò a Kronstadt e nel 1888 fu raddobbata.

Il Vladimir Monomakh lasciò Kronstadt il 6 novembre 1889 alla volta del Mediterraneo, dove rimase l'anno successivo. Prese parte alla scorta ufficiale per il viaggio dello zarevic Nicola in Estremo Oriente. Lo zaveric viaggiò a bordo del Pamiat Azova, mentre il Vladimir Monomakh si occupava della protezione. Le due navi raggiunsero Singapore il 2 marzo 1891 e Vladivostok il 23 maggio. Una volta lì il capitano Oskar Stark fu nominato comandante della nave e il Vladimir Monomakh fu in riparazione fino ad agosto. Passò l'inverno a Nagasaki, partendo per l'Europa nell'aprile successivo e raggiungendo Kronstadt in agosto, dove fu minuziosamente rimodernata, iniziando il 22 settembre. Il pesante armo velico fu rimpiazzato da tre alberi di segnalazione, i fumaioli furono fissati e le caldaie migliorate. Il 13 febbraio 1892 il Vladimir Monomakh fu riclassificato come incrociatore di prima classe.

Il 2 ottobre 1894 la nave, ora sotto il comando del capitano Zinovy Rozhestvensky, fece ritorno nel Mediterraneo. In vista della prima guerra sino-giapponese del 1894-95, il consiglio dei ministri russo ordinò il 1 febbraio 1895 che la squadra del Mediterraneo rinforzasse la seconda squadra del Pacifico. La nave raggiunse il treaty port cinese di Chihfu il 16 aprile e il 13 maggio divenne l'ammiraglia del retroammiraglio Yevgeni Ivanovich Alekseyev, secondo in comando della Flotta del Pacifico. Il Vladimir Monomakh rimase a Chihfu fino alla fine dell'anno, prima di partire per Vladivostok e poi per Kobe nel gennaio 1896.

La nave rimase lì solo per breve tempo prima che le venisse ordinato di tornare a Kronstadt per un riammodernamento radicale. I suoi obsoleti cannoni da 203 e 152 mm furono rimpiazzati da 5 nuovi cannoni 152/45 e da 6 cannoni Canet da 120 mm. Le sei caldaie originali della nave furono rimpiazzate da una dozzina di caldaie cilindriche.

Il Vladimir Monomakh fu ritrasferito alla Flotta del Pacifico nel novembre 1897 e raggiunse Nagasaki nel febbraio 1898. Dopo che il Triplice Intervento espulse i giapponesi da Port Arthur, il Vladimir Monomakh fu parte delle forza russa che in seguito occupò il porto strategico. Nel giugno 1900 trasportò le truppe per la soppressione della rivolta dei Boxer. Nel settembre 1900, al suo ritorno a Port Arthur, speronò accidentalmente e affonsò il mercantile Crown of Aragon. Nel dicembre 1901 si ritrovò con il Dmitri Donskoy a Hong Kong e le due navi tornarono nel Mediterraneo attraverso il canale di Suez. Il Vladimir Monomakh rimase nel Mediterraneo fino all'agosto 1902 e raggiunse Kronstadt in ottobre. Tra il 1903 e il 1904 alcuni dei suoi cannoni Hotchkiss da 47 mm furono rimpiazzati da cannoni da 75 mm.

Guerra russo giapponese

Nel febbraio 1905 il Vladimir Monomakh fu assegnato alla terza squadra del Pacifico, che fu mandata a rinforzare la seconda squadra dell'ammiraglio Zinovy Rozhestvensky. La formazione transitò attraverso il canale di Suez e si unì alla seconda squadra nella baia di Cam Ranh, nell'Indocina francese, il 14 maggio 1905, dove fu assegnata alla divisione incrociatori del retroammiraglio Oskar Enkvist.

Durante la decisiva battaglia di Tsushima del 27 maggio 1905 il Vladimir Monomakh era posizionato sul lato destro della linea di battaglia russa, a guardia dei trasportie quindi evitò la merea di colpì che si riversò su altre navi russe, anche se ingaggiò l'incrociatore giapponese Izumi. La nave giapponese fu colpita diverse volte e allontanata, pur abendo perso solo tre marinai e avendone 7 feriti. Il Vladimir Monomakh fu anche colpito più volte e uno dei cannoni da 120 mm fu distrutto insieme ai suoi serventi. Il colpo più pericoloso fu quello di un proietto che esplose sopra il paranco per i colpi da 152 mm, appiccando un incendio alle munizioni. Il pronto allagamento della polveriera evitò l'esplosione.

Quando scese la notte le torpediniere giapponesi ingaggiarono le navi russe sopravvissute e l'incrociatore dichiarò di averne affondata una alle 20:25. Il Vladimir Monomakh, confondendo uno degli attaccanti per un cacciatorpediniere russo, fu colpito attorno alle 20:40 da un singlo siluro che trapassò lo scafo vicino al carbonile numero 2. La torpediniera fu poi affondata. Il danno era severo ma l'equipaggio riuscì a tenere la nave a galla e i motori operativi, anche se continuava a prendere acqua. La mattina dopo, comunque, il Vladimir Monomakh si diresse verso l'Isola di Tsushima ed iniziò a scaricare i feriti sulle lance di salvataggio. Il capitano Vladimir Aleksandrovich Popov diede l'ordine di abbandonare la nave e ordinò di aprire tutte le prese a mare per autoaffondare la nave piuttosto che arrendersi ai giapponesi. La nave affondò alla 10:20 e l'equipaggio fu catturato dagli incrociatori ausiliari giapponesi SS Sado Maru e SS Manchu Maru. Il Vladimir Monomakh fu ufficialmente rimosso dalla lista della marina il 28 settembre 1905.

Note

Bibliografia

  • Alliluev, A. A. (2006). Polubronenosnye fregaty tipa "Dmitriĭ Donskoĭ", 1881–1905 (in Russo). San Pietroburgo: Izdatelʹ R.R. Munirov.
  • Campbell, N. J. M. (1979). "Russia". In Chesneau, Roger & Kolesnik, Eugene M. Conway's All the World's Fighting Ships 1860–1905. New York: Mayflower Books. pp. 170–217. ISBN 0-8317-0302-4.
  • Silverstone, Paul H. (1984). Directory of the World's Capital Ships. New York: Hippocrene Books. ISBN 0-88254-979-0.
  • Watts, Anthony J. (1990). The Imperial Russian Navy. Londra: Arms and Armour. ISBN 0-85368-912-1.
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