ACQUISIZIONE DELLE SECONDE LINGUE

L'acquisizione delle lingue straniere, o acquisizione delle seconde lingue, è un processo con cui le lingue seconde (L2) o "lingue straniere" vengono imparate da parte di un discente. Tuttavia, a differenza del tradizionale apprendimento delle lingue straniere, l'acquisizione delle lingue straniere è un processo spontaneo, inconscio e che avviene senza materiali didattici, al di fuori di una classe e senza l'intervento di una lingua ponte (come ad esempio la lingua materna del discente). Un esempio tipico è quello di un appassionato di lingue che impara una lingua straniera ascoltando un amico e provando a conversare con lui; un altro esempio è quello di un immigrato (non necessariamente analfabeta) che arriva in un nuovo Paese e impara la lingua locale ascoltando le persone e provando a conversare con loro.

Lo studio di come avviene l'acquisizione delle seconde lingue forma a sua volta un sotto-campo della glottodidattica, la didattica acquisizionale. Infatti, le scoperte degli studi sull'acquisizione delle L2 permettono di migliorare l'insegnamento delle lingue facendo perno su strategie analoghe a quelle dell'acquisizione, che possono affiancarsi alle strategie più classiche, formaliste e tradizionali usate in classe che puntano all'apprendimento e non all'acquisizione (e.g., studio delle regole astratte, svolgimento di esercizi che testano la conoscenza delle regole, utilizzo di testi scolastici, studio delle liste di eccezioni e di vocaboli ecc.). Se le conoscenze intorno all'acquisizione di L2 non vengono applicate in modo concreto, formano soltanto una conoscenza astratta, ragion per cui secondo Krashen la linguistica acquisizionale in questo caso fa parte della linguistica teorica e non della linguistica applicata.[1]

Basi teoriche

Tra le basi teoriche dell'acquisizione delle seconde lingue e della didattica acquisizionale si contano le ipotesi nel campo della linguistica acquisizionale, gli esperimenti di linguistica applicata e le basi sia di didattica che di psico-pedagogia (se i discenti non sono adulti, la branca esatta è quella della pedagogia; se i discenti sono adulti, allora è l'andragogia). In particolare, la didattica acquisizionale (come anche tutta la glottodidattica) è un campo interdisciplinare.

Le ipotesi sono delle osservazioni su come avviene il processo di acquisizione di una L2 a seguito dell'osservazione diretta dei parlanti lungo un periodo di tempo e di eventuali interviste con loro (le interviste possono anche includere dei test psicometrici per individuare le caratteristiche psicologiche dei discenti). Le ipotesi sono dunque basate su dati sperimentali e devono essere predittive di fronte a nuovi dati sperimentali, altrimenti vengono smentite attraverso i contro-esempi.[1] Gli esperimenti di linguistica applicata, laddove sono orientati alla glottodidattica, invece sono delle osservazioni di più gruppi di persone che apprendono una lingua con diversi metodi e materiali; in base a test e interviste, i linguisti cercano di capire quale dei metodi usati sia il migliore[1] o, in alternativa, quali sono i punti di forza e di debolezza di ogni metodo. In tal modo, vengono consegnati ai docenti di lingua degli strumenti critici nel momento in cui impostano un metodo glottodidattico e/o lo discutono con i discenti.

Nella didattica acquisizionale, le ipotesi dialogano con la ricerca sul metodo glottodidattico, per cui questo sotto-campo della glottodidattica che appartiene (insieme a tutta la glottodidattica) alla linguistica applicata si fonda su un dialogo tra linguistica teorica e linguistica applicata.[1]

Le ipotesi di Krashen

p.22-65

Le ipotesi principali su cui si regge l'acquisizione delle lingue straniere sono le 6 ipotesi di Krashen, che hanno un valore predittivo. Esse sono:

  • Ipotesi della distinzione tra apprendimento e acquisizione: l'apprendimento e l'acquisizione di una lingua straniera sono due processi diversi tra loro. L'apprendimento è un processo cosciente, mentre l'acquisizione (sia di L1 che di una L2) è un processo inconscio; il discente è solo cosciente di usare la lingua per riuscire a comunicare. Nell'acquisizione, la comunicazione avviene senza sapere in modo esatto le regole grammaticali (e.g., "Si dice così, ma non so esattamente come mai", "Si dice così perché mi suona bene"), mentre nell'apprendimento sono studiate in modo verticale e esplicito le regole grammaticali. Infine, l'apprendimento avviene in contesto formale (in classe, anche se non necessariamente durante la scuola dell'obbligo), mentre l'acquisizione vera e propria avviene in contesto informale, naturale e non scolastico, al di fuori di un'aula e senza libri di testo. Nella letteratura scientifica internazionale, la dicotomia è indicata con "learning VS acquisition". Sia i bambini che gli adulti possono acquisire una lingua non nativa e il processo è identico.[1][2]
  • Ipotesi del monitor: secondo quest'ipotesi che ha svariate definizioni, di base il fine dell'apprendimento conscio e attraverso le regole grammaticali di una lingua non culmina nell'acquisizione, ma nella comparsa del "monitor" nella mente del discente. Il monitor, ovvero "ciò che monitora", è una funzione nella mente che controlla la correttezza delle frasi prodotte in output (in forma scritta o orale) a monte o a valle attraverso l'autocorrezione. Il monitor è più o meno attivo con diverse gradazioni quando il parlante ha tempo di pensare, quando dà più peso alla forma rispetto al contenuto e se conosce la regola grammaticale; laddove il messaggio è comprensibile, la correttezza grammaticale secondo Krashen e Terrell aggiunge un look più educato alla propria produzione di output.[2] Se il monitor è troppo attivo/pesante ("heavy monitor use"), rallenta la produzione di output siccome il discente pensa prima di parlare o ostacola la comprensione dell'input dell'interlocutore siccome il discente è distratto a pensare alle regole. Il tempo sufficiente per pensare è disponibile durante la produzione di output scritto ma, anche se ha il tempo, il discente potrebbe parlare senza curarsi del rispetto delle regole se è completamente assorbito dal dialogo (il contenuto/la sostanza dunque prende il sopravvento sulla forma). Il monitor si attiva ad alti livelli se, contestualmente allo studio delle regole grammaticali, si consegna specificatamente un test grammaticale ai discenti; in tutti gli altri casi, inclusi test scritti di diversa natura, il monitor è attivo in modo più leggero, per cui parte degli errori nella produzione di output e perfino di correzione non viene corretta e rispecchia più fedelmente l'ordine naturale di acquisizione. La fluenza è scorrelata dalla comparsa e attivazione del monitor, dunque è scorrelata dal risultato dell'apprendimento.[1][2] I discenti hanno tre tipi di utilizzo del monitor: pesante, leggero e ottimale. Nel primo caso, parlano con molta esitazione, senza fluenza e si autocorreggono spesso a causa di un'esposizione scarsa a input comprensibile e alta alle regole grammaticali astratte oppure a causa di una personalità insicura. Nel secondo caso, i parlanti parlano e si autocorreggono solo se la frase gli suona scorretta e tipicamente sono discenti che non hanno appreso L2 ma hanno acquisito L2; anche se a parole spiegano che la grammatica è importante per parlare bene, nei fatti non la usano. Infine, nel terzo caso, il monitor è usato solo laddove necessario per i discenti e non interferisce con la comunicazione: la conoscenza appresa è solo un supporto alla competenza acquisita.[1] I discenti che utilizzano eccessivamente il monitor tendenzialmente hanno una scarsa autostima[2] o un desiderio eccessivo di correttezza.
  • Ipotesi dell'input comprensibile: l'ipotesi spiega che i bambini piccoli e gli adulti acquisiscono una lingua (sia L1 che L2) attraverso l'esposizione a input linguistico; l'input linguistico è il contenuto di un messaggio orale da parte di un interlocutore o di un testo scritto. L'input in più deve essere reso comprensibile in qualunque modo (e.g., attraverso gesti, immagini, disegni, l'oggetto/referente mimato, espressioni facciali, onomatopee), per cui l'input comprensibile è anche immaginabile come una serie di messaggi in lingua straniera che vengono capiti da chi ascolta[2] attraverso un'inferenza contestuale (contextual inferencing).[2] Siccome tutti gli umani acquisiscono una lingua attraverso l'esposizione a grandi dosi di input comprensibile, il processo di acquisizione di una lingua è uguale per tutti, alla pari della digestione e della visione. Questa ipotesi non vale nel contesto dell'apprendimento formale, siccome la lingua viene appresa e non acquisita. L'input comprensibile può ispirarsi alla parlata infantile dei genitori ai bambini molto piccoli (child talk, caretaker speech), che è lenta, resa comprensibile ed è semplificata siccome si adatta al livello linguistico del bambino.[1] Siccome l'acquisizione è il risultato dell'input comprensibile, l'input precede necessariamente la produzione di output, per cui si impara da quello che si legge/ascolta e non da quello che si dice; pertanto, parlare e ripetere serve solo a rinforzare quanto già imparato, ma non a imparare in primo luogo.
  • Ipotesi dell'ordine naturale di acquisizione: il percorso di acquisizione di una lingua (L1 o L2) procede per stadi e ognuno di questi stadi vede la comparsa nella produzione di output linguistico (e.g., frasi e testi) delle varie strutture grammaticali, della sintassi corretta e della morfologia della lingua (se lingua non è isolante come ad esempio il cinese). Attraverso l'osservazione del percorso di vari parlanti di una L2 (i primi studi sulla L2 storicamente si sono concentrati sulla lingua inglese a causa della sua diffusione enorme), è stato individuato un pattern ricorrente, per cui tendenzialmente alcuni argomenti grammaticali (strutture, sintassi, morfologia) sono apprese prima e alcuni argomenti sono appresi dopo. Per esempio, in inglese, il suffisso verbale -ing del Present Continuous/Progressive viene appreso prima della -s alla 3° persona singolare del Simple Present.[1] Questo pattern ricorrente, nelle varie lingue, ha una spiegazione (e.g., il suono -ng ha un peso fonico maggiore di -s, che invece è esile e tende a non essere notato). Questo pattern, se il discente è esposto alla grammatica e svolge una produzione di output scritto in cui il monitor è pesantemente usato, cambia siccome elementi non troppo complessi che vengono acquisiti tendenzialmente per ultimi vengono usati subito; tuttavia, se il monitor viene usato in modo leggero ("light monitor use"), questo effetto tende a sparire, mentre se il monitor si disattiva completamente l'ordine usato torna a essere quello naturale di acquisizione. Per esempio, durante un test scritto, in inglese L2 si può produrre con un buon grado di accuratezza la -s alla 3° persona singolare, che peraltro è un semplice suffisso morfologico non troppo intricato di per sé, ma se si alleggerisce l'uso del monitor il grado di accuratezza torna a calare. A volte, un elemento grammaticale in apparenza semplice, come una -s alla 3° persona singolare in inglese e la preposizione articolata "du" (de+le) in francese vengono acquisiti tra gli ultimi argomenti.[1][2] Oppure, un'acquisizione più tarda che non deriva dalla fonetica e dalla complessità cognitiva deriva dall'interferenza con L1, per cui si innesca un transfer negativo (e.g., l'ordine dei costituenti fondamentali soggetto-verbo-oggetto è più difficile da acquisire per un parlante di coreano, giapponese, birmano e tibetano siccome in queste lingue asiatiche il verbo viene messo in fondo). Il transfer comunque non avviene con tutte le regole di L1, ma solo con alcune. In generale, nel processo di acquisizione di una lingua, la capacità comunicativa è acquisita velocemente, ma l'accuratezza grammaticale è un percorso più lento; lo studio della grammatica con l'obiettivo di velocizzare l'accuratezza grammaticale, secondo Newark, è una soluzione non necessaria e comunque sempre insufficiente.[2] L'ordine di acquisizione di una stessa lingua acquisita come L1 e L2 mostra delle somiglianze enormi e tali somiglianze si notano sia nei bambini che negli adulti. Nell'ordine di acquisizione, gli errori a volte seguono un pattern particolare e ricorrente per cui gli errori, oltre a essere delle fonti di informazione su quanto si è acquisito e a che punto si trova il discente nell'ordine di acquisizione, sono considerabili delle forme intermedie che fanno da ponte (e.g., "I no want ball > I don't want the ball").[2]
  • Ipotesi dell'input più uno (i+1): il percorso di acquisizione di una lingua avanza/ha compiuto un avanzamento nel momento in cui, all'input che il discente ha già compreso e assimilato (intaken) si aggiunge un elemento nuovo ("+1"), che può essere un vocabolo, una struttura grammaticale, un nuovo elemento morfologico ecc. Soltanto il nuovo ("+1") è l'elemento non noto che viene compreso dal discente perché reso comprensibile in qualche modo o attraverso il contesto e dunque elementi extra-linguistici; comunque, in partenza, tutto ciò che non rappresenta "+1" è comprensibile). In tal modo, qualcosa che non è ancora capito e acquisito viene in primis compreso. L'acquisizione completa avviene solo dopo la comprensione. Siccome l'ordine naturale di acquisizione non è perfettamente identico per ogni gruppo di parlanti che desiderano acquisire una L2 e siccome in un gruppo non tutti i discenti sono allo stesso identico livello linguistico, il "+1" non è uguale per ogni gruppo di parlanti; pertanto, il "+1" può essere reperito andando a tentativi e evitando di sequenziare in modo eccessivo l'input e/o la grammatica introdotta volta per volta. Il sequenziamento consiste nello scegliere volta per volta i topic o vocaboli esatti e isolati da introdurre[1] e, in contesto di apprendimento, equivale all'argomento di una singola lezione di lingua in classe o alla lista ordinata e rigida di argomenti grammaticali nell'indice di un libro di grammatica.
  • Ipotesi del filtro affettivo: ci sono delle variabili interamente psicologiche e attitudinali che influenzano il processo di acquisizione linguistica in modo positivo o negativo. Il concetto originario di "filtro affettivo" è stato teorizzato da Dulay e Burt (1977) ed è stato riutilizzato da Krashen nella linguistica acquisizionale delle L2. Le variabili psicologiche che incidono positivamente sono: la motivazione (endogena e esogena, i.e., "Voglio imparare una lingua perché mi piace" VS "Voglio imparare una lingua per fare carriera"), la calma e l'autostima. Le variabili psicologiche che incidono negativamente sono: la demotivazione (derivante da tanti motivi possibili), l'ansia verso le lingue straniere (FLA) oltre i livelli gestibili e la noia verso le lingue straniere (FLB) oltre i livelli gestibili.[2] La presenza di queste variabili spiega come mai, se più discenti sono esposti a input comprensibile, alcuni acquisiscono e altri no. Infatti, in presenza di demotivazione, ansia e noia oltre i livelli gestibili, a prescindere da quale sia la causa, l'input compreso non si fissa nella memoria a lungo termine. Di contro, si fissa nella memoria a breve termine, per cui la lingua viene memorizzata a breve termine per poi essere dimenticata in tempi rapidi. L'input dunque non culmina in acquisizione, ma in apprendimento. Il filtro affettivo è basso nei bambini e tende naturalmente a rafforzarsi intorno alla pubertà, periodo in cui i ragazzini maturano una più forte autocoscienza e egocentrismo. In particolare, si preoccupano della reazione altrui (e.g., di un nativo che non capisce una frase in lingua straniera) e della propria immagine, per cui nasce infine un sentimento di riluttanza e vulnerabilità di fondo. Inoltre, la maturazione cognitiva che avviene intorno alla pubertà (anche se non raggiunge ancora i massimi livelli) permette lo sviluppo del pensiero astratto per cui i ragazzini si preoccupano ancora di più della reazione altrui, anche raggiungendo un livello di preoccupazione irreale.[2] Inoltre, i bambini nativi acquisiscono facilmente l'accento/cadenza nativa a differenza degli adulti.

Infine, come corollario dell'ipotesi i+1, la fluenza nella L1 e L2 viene acquisita con esposizione continua e frequente a input linguistico. La fluenza dunque emerge nel tempo spontaneamente, per cui non si insegna direttamente e non si può forzare. Inoltre, le primissime produzioni di output da parte del discente emergono in modo altrettanto spontaneo, per cui non vengono forzate; di contro, emergono nel momento in cui il discente si sente pronto a parlare. Ogni discente ha il proprio momento in cui si sente pronto. Le prime produzioni orali (early speech) non sono mai accurate e fluenti.[1]

Sono stati svolti degli studi che studiano la correlazione tra la lunghezza del tempo di residenza in un Paese in cui si parla una L2 e le competenze sviluppate da un discente tramite acquisizione; questi studi sono stati criticati da Krashen siccome la lunghezza della residenza (Lenght of Residence, LOR) è scorrelata dalla frequenza di esposizione a input comprensibile[1] per esempio se il discente, anche nell'arco di un periodo di tempo molto lungo, interagisce poco con i parlanti nativi o se il discente riceve troppo spesso input incomprensibile. Il LOR e lo sviluppo di competenze acquisite mostrano una correlazione positiva, ma è necessario tenere in conto il tempo di esposizione a input specificatamente comprensibile.[1] Inoltre, il LOR e l'acquisizione di L2 mostra un ritorno diminuito man mano che il LOR aumenta: il tasso di acquisizione è alto nei primi anni, per poi rallentare sensibilmente negli anni successivi, per cui nell'arco degli ultimi anni i guadagni in termini di nuove competenze acquisite sono scarsi.[1]

L'età è scorrelata dalla capacità di acquisire una L2: gli adulti e i bambini e adolescenti sono capaci di acquisire una L2 e il loro successo o meno deriva sia dalla possibilità o meno di esporsi a massicce quantità di input comprensibile, sia dalle variabili nel filtro affettivo. L'età in sé dunque non è un fattore negativo.[1] Inoltre, un bambino che acquisisce una L1 (da monolingue o bilingue) ha maggiori possibilità di raggiungere una padronanza alta (C2) nel lungo termine. Tuttavia, gli adulti che decidono di imparare una L2 possono essere più rapidi nel breve termine, escono prima dal periodo di silenzio e hanno capacità migliori di gestire una conversazione, per esempio quando chiedono aiuto all'interlocutore per ricevere un input più comprensibile.[2] Inoltre, gli adulti hanno una maturità cognitiva più alta e possono usare più facilmente i concetti astratti della grammatica; grazie a una taratura della grammatica, possono sfruttare subito un monitor ottimale per parlare prima e interloquire di più. Inoltre, la conoscenza pregressa del mondo li aiuta a rendere l'input più comprensibile. I bambini tuttavia sono più immuni dal filtro affettivo fino al periodo della pubertà, in cui si sviluppa una maggiore autocoscienza.[2]

p.50-63 (età, inculturazione, note)

Il ruolo dell'output

L'output linguistico, cioè la produzione scritta e orale del discente, in contesto di acquisizione linguistica di L2 emerge spontaneamente e senza forzature dopo il periodo del silenzio; la fluenza, cioè la parlata senza esitazioni dovute al lento richiamo dei vocaboli o a pensare le regole, non è il risultato della formazione del monitor siccome induce a pensare alle regole grammaticali. Inoltre, la fluenza non è il risultato della produzione continua di output in lunghe sessioni di ripetizione ad alta voce.[1] Per analogia, non è nemmeno il risultato dell'uso pesante delle flashcard, siccome si limita a velocizzare il richiamo dei vocaboli ma non la fluenza complessiva. La fluenza, secondo l'ipotesi dell'input comprensibile, si acquisisce esponendosi a massicce quantità di input comprensibile; dunque, l'input dato in una situazione di basso livello di ansia (low-anxiety environment) non solo culmina nell'acquisizione, ma anche nella fluenza complessiva. Pertanto, la fluenza è il risultato di molte sessioni costanti di ascolto e lettura di materiale sempre nuovo, che espone il discente a nuovi vocaboli, morfologia e a ripetizione di quanto appena compreso. L'output linguistico ha solo un ruolo indiretto nell'acquisizione linguistica siccome parlare ai nativi significa stimolarli a dare al discente del nuovo input sottoforma di conversazione; l'input può anche contenere delle correzioni degli errori grammaticali del discente. Più il discente ha un basso livello di conversazione (bassa fluenza e molti errori), più la parlata degli interlocutori sarà tendenzialmente lenta e semplificata per accomodarsi al livello basso del discente; inoltre, il discente in una conversazione attiva ha un minimo di controllo del topic e può chiedere attivamente aiuto all'interlocutore (e.g., "Rallenta, puoi ripetere, spiegami cosa significa con un giro di parole, mima l'oggetto"). L'output dunque apre alla possibilità di correggere gli errori, ma il metodo glottodidattico non può fondarsi interamente sulla produzione continua di output da parte del discente siccome il metodo è estenuante e poco pratico, oltre al rischio di forzare il parlante a parlare quando non si sente pronto e di fargli fare troppo perno sui transfer da L1.[1]

Il ruolo della grammatica

La grammatica, dunque le regole astratte studiate durante l'apprendimento conscio, in primis serve a creare il monitor, dunque un sistema di sorveglianza che, quando è attivato, cura la forma/correttezza grammaticale dell'output; nel caso in cui si attivi durante la produzione orale, quest'ultima diventa rallentata laddove il discente riesce a percepire un errore. Dunque, l'apprendimento cosciente porta alla conoscenza esplicita e mnemonica delle regole astratte ripescate dalla memoria dichiarativa e porta alla formazione del monitor; non porta alla fluenza siccome la grammatica non è input comprensibile. Inoltre, l'apprendimento non si trasforma in acquisizione, nemmeno attraverso la ripetizione costante delle regole e gli esercizi strutturali, contrariamente a quanto asseriva il modello "cognitive-code" teorizzato da Carroll: infatti, avere il pieno controllo cognitivo di una regola grammaticale non si traduce automaticamente in acquisizione, cioè in uso corrente nella produzione di output. Un monitor pesantemente attivo durante la conversazione inoltre attiva il filtro affettivo, per cui un discente sente ansia di fare errori o è frustrato dalla propria parlata troppo lenta, che potrebbe anche causare difficoltà a comprendere nell'interlocutore; un monitor molto attivo può anche essere creato dalla paura di essere corretto dal docente o dalla troppa rigidità del docente nella correttezza immediata. L'acquisizione può avvenire anche senza che sia mai avvenuto l'apprendimento conscio della lingua e delle sue regole e, nel momento in cui un apprendente che non ha mai studiato le regole grammaticali produce output, non attiva il monitor o scrive in base a una sensazione generica di correttezza ("Questa frase mi suona bene").[1]

Krashen si dice favorevole alla formazione di un monitor attraverso l'apprendimento conscio, tuttavia nel contesto della produzione orale la pesantezza del monitor deve essere ottimale, per cui non interferisce pesantemente con la comunicazione (e.g., parlare lentamente per cui inoltre l'interlocutore fa fatica a seguire, pianificare la prossima frase mentre l'interlocutore parla per cui l'input viene ignorato); il monitor si attiva non costantemente, ma solo nei casi in cui il discente crede che serva. Krashen è favorevole all'uso di un monitor pesante nel contesto della scrittura, siccome non interferisce con un interlocutore (nella produzione scritta non è presente un interlocutore, ma un lettore del lavoro finito che eventualmente correggerà gli errori). L'uso del monitor può allontanare alcuni errori, per cui l'ordine naturale di acquisizione non corrisponde tra produzione orale e produzione scritta (l'ordine alterato è detto "ordine innaturale"). Il monitor ottimale permette il raggiungimento di una maggiore accuratezza senza sacrificare una conversazione, ma non è chiaro se le auto-correzioni sono effettivamente il segno che il monitor è attivo (a priori che lo sia in modo ottimale o pesante) siccome potrebbero derivare dalla sensazione a palmo che la frase sia scorretta (per cui il discente non usa le vere e proprie regole grammaticali astratte apprese coscientemente). Alcuni studi citati da Krashen illustrano come le auto-correzioni non solo non siano sempre perfette e sempre presenti a ogni errore, ma riguardano solo in minoranza la correttezza della forma: gran parte delle auto-correzioni durante la produzione orale e scritta sono orientate a migliorare l'efficacia del messaggio e l'intelligibilità generica a prescindere dalla forma, per cui le auto-correzioni riguardavano la scelta del vocabolario, l'aggiunta di dettagli minori e la pronuncia e non la grammatica. L'accuratezza riguardo a topic acquisiti tra gli ultimi non dovrebbe mai essere richiesta ai principianti. Inoltre, la grammatica è utile per raggiungere un livello di padronanza linguistica simile a quella dei nativi (livello C1-C2 secondo il CEFR)nel momento in cui il discente vuole superare lo scarto tra la buona competenza raggiunta e la competenza dei nativi.[1]

Infine, spiega che la linguistica ha descritto solo una parte delle regole di una lingua straniera, come l'inglese, siccome le lingue sono vaste, complesse e dinamiche; una parte resta ancora non descritta; in contesto di apprendimento formale, un futuro docente viene a contatto con parte di queste regole siccome non è un linguistica o ricercatore in linguistica di professione; a sua volta, insegna solo una parte di queste regole (e.g., per motivi di tempo, perché più importanti ecc.). Il discente entra in contatto solo con le regole note che il docente e/o gli autori dei testi scolastici decidono di insegnare e riportare e non necessariamente comprende e padroneggia cognitivamente tutte le regole. Pertanto, anche con un monitor pesantemente attivo il discente non riuscirà mai a controllare tutte le regole grammaticali astratte di una lingua: riuscirà a controllare solo quelle che padroneggia cognitivamente, che a loro volta sono il frutto di una enorme selezione. Quelle più semplici da padroneggiare cognitivamente sono quelle intrinsecamente meno complesse e tali regole possono non corrispondere con l'ordine naturale di acquisizione. Un esempio di regola astratta intrinsecamente semplice in inglese è "Dove c'è "he, she, it" al presente, si aggiunge la -s"; di contro, le inversioni nelle domande in inglese sono intrinsecamente più complesse cognitivamente, anche se spiegate in modo semplice, siccome assommano molte operazioni insieme. Infine, siccome per usare pesantemente il monitor serve uno sviluppo cerebrale che probabilmente non si ottiene prima della pubertà,[1] che nei maschi è in media intorno agli 11/12 anni e poco prima nelle femmine. Infine, un corso intero di grammatica pura, oltre a non portare allo sviluppo di competenze e acquisizione, è ritenuto noioso siccome la lingua è imparata in modo astratto a meno che si insegna in modo esplicito quanto è già stato interiorizzato implicitamente siccome ciò porta a quello che Krashen chiama "momento Eureka"; la corrispondenza di quanto insegnato esplicitamente a quanto interiorizzato implicitamente crea infatti piacere. Inoltre, siccome si dimostra come l'acquisizione funzioni, in tal modo si aumenta la fiducia verso il percorso e le tecniche di acquisizione e si abbassa in tal modo il filtro affettivo.[1]

Selinger ha sostenuto che lo studio conscio delle regole astratte funge da facilitatore per l'acquisizione, tuttavia la sua ipotesi, a detta di Krashen, non è stata suffragata da dati empirici a supporto; inoltre, questa asserzione viola il dato di fatto che taluni discenti riescono a acquisire una lingua senza averne mai studiato la grammatica in modo conscio: semplicemente, l'acquisizione e l'apprendimento sono due processi diversi che non necessariamente sono interrelati. Inoltre, Selinger non tiene conto del fatto che talvolta le regole astratte non vengono capite interamente dal discente o vengono fraintese.[1]

L'unico caso paradossale in cui lo studio della grammatica culmina in acquisizione è la spiegazione e studio della grammatica direttamente in lingua straniera. Il contenuto di tale insegnamento viene generalmente ritenuto rilevante e di interesse dai discenti. Il progresso nell'acquisizione e nella fluenza deriva non dal contenuto dell'insegnamento (la grammatica), ma dal medium, cioè dal fatto che il docente sta usando direttamente la lingua di cui spiega la grammatica.[1]

L'unico caso in cui invece lo studio della grammatica è fondamentale e porta il discente al successo è il superamento di un test di grammatica pura.[2]

L'ipotesi del noticing e la teoria della processabilità

...

L'interlingua e le sue fasi

(comune all'acquisizione di L1) fase del silenzio > varietà di interlingua pre-basica > varietà basica > varietà postbasica

Quando incomincia il processo di esposizione, il discente si limita a ricevere input comprensibile per le prime volte. Il primo periodo di acquisizione è la fase del silenzio siccome le conoscenze linguistiche del discente sono pari a zero (secondo il CEFR, il livello è A0), per cui si limita ad ascoltare in silenzio e a tentare di comprendere il significato dell'input usando l'intuito in base al contesto immediato e ai segni che rendono l'input comprensibile.[1][2]

Dopodiché, emerge la varietà di interlingua prebasica. Questa varietà è caratterizzata da espressioni formulaiche (e.g., "buongiorno, ciao, arrivederci") e/o da chunk lessicali inanalizzati, cioè da pezzi di frasi che vengono recitate e comprese come se fossero un'unità fusa. Di esse, viene compreso solo il significato, ma non la grammatica (dunque morfologia e sintassi). Per esempio, "buongiorno" è usato in quanto saluto, ma non viene compreso come "un giorn-o il quale è buon-o". Secondo Krashen, questi chunk lessicali inanalizzati e/o pattern e routine non costituiscono né apprendimento né acquisizione, ma nel tempo si possono trasformare in acquisizione ma non in modo diretto.[2] Contestualmente, emergono frasi senza lessico formulaico ma estremamente semplici e scarni dal punto di vista grammaticale, frasi che possono anche ridursi a una o due parole siccome la grammatica non è ancora pienamente acquisita (e.g., "ball no", cioè "palla-no")[1] e non a causa di ansia verso le lingue straniere o scarsa voglia di parlare del discente. La varietà pre-basica emerge spontaneamente[2] (alla pari della prima parola pronunciata dai bambini come "mamma, papà" o simili) e, qualora la produzione di output sia forzata in classe, il discente riesce a parlare ma commettendo molti errori che derivano da un'interferenza con quanto già noto dal punto di vista linguistico, dunque con la propria L1. Avviene infatti un trasferimento di conoscenza che porta a errori (transfer negativo); il trasferimento negativo "trasferisce" la competenza acquisita in L1 alla L2 in modo anche inconscio pur di parlare o per testare se un modo di dire è grammaticale nella L2. L'interferenza con L1 permette di riuscire a soddisfare un particolare bisogno comunicativo o a intavolare una discussione laddove la competenza necessaria in L1 non è stata ancora raggiunta/acquisita; tuttavia, l'interferenza continua provoca errori continui che vengono corretti con l'esposizione a input comprensibile (che può includere anche le correzioni dell'interlocutore). Se la forma espressiva in L1 è identica in L2 (e.g., per motivi di parentela linguistica o per caso), la distanza tra i e i+1 è zero; se sono simili, è bassa.[1]

Note

  1. ^ a b c d e f g h i j k l m n o p q r s t u v w x y z aa (EN) Stephen Krashen, Principles and Practice in Second Language Acquisition (PDF), Pergamon Press Inc., 2009, ISBN 0-08-028628-3.
  2. ^ a b c d e f g h i j k l m n o p q Errore nelle note: Errore nell'uso del marcatore <ref>: non è stato indicato alcun testo per il marcatore :1

Voci correlate

DIDATTICA ACQUISIZIONALE

La didattica acquisizionale è un sotto-campo della glottodidattica, che a sua volta è una scienza interdisciplinare che studia e insegna i vari approcci e metodi per insegnare in classe o da autodidatti una lingua. La didattica acquisizionale in particolare fa uso delle conoscenze della linguistica acquisizionale della lingua madre (L1) e della linguistica acquisizionale delle lingue seconde (L2), per cui utilizza in modo concreto un corpus di conoscenze che altrimenti resterebbe confinato alla linguistica teorica. La didattica acquisizionale fa anche uso della psico-pedagogia e della didattica. Attraverso i suoi fondamenti, ha istituito l'approccio naturale nella sua versione moderna.

In quanto la didattica acquisizionale si fonda sulla linguistica acquisizionale, essa si occupa di fare acquisire una L2 e di svilupparne competenze e fluenza invece che conoscenze apprese e note in modo esplicito, ad esempio attraverso la spiegazione esplicita e memorizzazione delle regole grammaticali, lo svolgimento degli esercizi classici di grammatica e perfino la discussione delle regole grammaticali fatte indovinare a intuito attraverso il problem solving e l'induzione.[1] Tra i fondamenti della didattica acquisizionale in particolare si contano le ipotesi di Krashen, che spiegano che gli esseri umani acquisiscono una lingua (L1 o L2) allo stesso modo: attraverso l'esposizione a dosi massicce di input linguistico reso comprensibile. La didattica acquisizionale riporta il percorso caotico di acquisizione di una lingua in un ambiente controllato, quello della classe, in cui l'input viene trattato e reso comprensibile dal docente.

Introduzione storica

Dal punto di vista storico, lo "studio" della lingua è un fenomeno recente nella Storia dell'umanità, siccome le lingue nei secoli più remoti si acquisivano, per esempio durante gli scambi commerciali. Lo studio attraverso il metodo classico formalista, basato sullo studio verticale delle regole grammaticali astratte, è stato istituito a durante il Rinascimento, nel momento in cui il latino post-classico ha perso la sua centralità come interlingua in Europa. A partire dal 1600, sono apparsi i primi testi scolastici di lingua, che però facevano largo uso della L2 invece che della L1. Lo studio della grammatica, nonostante l'esistenza di un vasto patrimonio di studi grammaticali risalente al periodo greco e romano, era perlopiù confinato al latino post-classico. Lo studio della grammatica comunque era probabilmente indirizzato allo studio dei testi: siccome il latino era un'interlingua effettivamente parlata, gran parte della competenza parlata derivava dall'interscambio linguistico. Successivamente, lo studio classico delle lingue si è arroccato sullo studio delle regole grammaticali; anche il latino si è ridotto allo studio verticale e mnemonico dei paradigmi e delle declinazioni. Il metodo di studio del latino in particolare si è modificato a causa della progressiva perdita di importanza del latino post-classico nella società a partire dal periodo post-rinascimentale, per cui il latino era studiato non più per essere usato attivamente in produzione orale e/o scritta, ma come ginnastica mentale. Tra il Settecento e l'Ottocento, i libri di grammatica di lingue viventi come il francese erano basati interamente su regole e esercizi di applicazione delle regole.[2]

La nascita e diffusione dell'approccio naturale/diretto/informale formalizzato, da cui derivano i vari metodi informali, si registra solo a partire dal 1901. Tuttavia, questi primi approcci naturali formalizzati non erano basati sulle ricerche sulla linguistica acquisizionale di L2. Il primo metodo naturale che fa dunque capo all'approccio naturale è detto "Natural Method" ed è attestato nel rapporto del Comitato dei Dodici (Committee of Twelve) della Modern Language Association negli Stati Uniti. Il Natural Method si basa su monologhi del docente in lingua straniera con delle sessioni di intermezzo di domande tra docente e discente; il docente rendeva il monologo comprensibile attraverso la pantomima ("pantomime", dunque la gestualità), gli oggetti concreti ("realia"), diagrammi e tabelle ("diagrams and charts"). la ripetizione. In tal modo, il discente associava ogni parola in L2 al suo significato. Soltanto dopo un primo periodo si approdava al testo scritto e soltanto alla fine si approdava allo studio della grammatica. Un altro metodo naturale, detto "Psychological Method", era pressoché identico. Sempre a inizio Novecento, è nato il Reading Method, anch'esso non basato sulla linguistica acquisizionale; il Reading Method, formalizzato nel Modern Foreign Language Study coordinato da Algernon Coleman e sponsorizzato dalla Carnegie Corporation, spiegava che lo sviluppo di competenze da parte del discente era proporzionale alla quantità di letture svolte in L2, per cui lo studio consigliava di aumentare la quantità di letture da svolgere in silenzio dentro e fuori dall'aula invece di svolgere esercizi di studio della grammatica e traduzione. Il volume più importante di questo studio è "The Teaching of Foreign Modern Languages in the United States".[2]

Durante la Seconda Guerra Mondiale, i metodi tradizionali, i metodi tradizionali entrarono in crisi siccome i soldati al fronte si resero conto di avere problemi di comunicazione con le lingue straniere nonostante avessero studiato le lingue. Il fallimento comunicativo era causato dal fatto che i metodi tradizionali non preparano alla comunicazione nei contesti reali/della vita quotidiana. Contestualmente, l'Esercito Statunitense aveva bisogno di soldati addestrati nelle lingue straniere, in particolare nelle lingue parlate del Pacifico, che erano di appannaggio dei linguisti in quanto erano state descritte solo di recente. I linguisti hanno dunque inventato il metodo audio-linguistico che, pur essendo un metodo tradizionale, fa un largo uso di dialoghi fatti leggere in classe e basati su situazioni quotidiane che venivano commentati e fatti studiare. Dunque univa la conoscenza della grammatica e l'uso di drill orali a un lavoro sistematico di fornitura di input comprensibile. La produzione orale precedeva la produzione scritta. [2] Il metodo audiolinguistico diventò un'istituzione negli Stati Uniti durante la guerra fredda: dopo il lancio del primo satellite nello spazio, lo Sputnik, il Congresso approvò nel 1958 il National Defense Education Act, in cui veniva sancita l'importanza dello studio delle lingue nell'ambito della sicurezza e della difesa nazionale.

A partire dal 1974 circa, sono iniziati gli studi sull'acquisizione delle L2 condotti da vari autori tra cui Krashen. A partire da questi studi, sono stati formalizzati i metodi naturali moderni, che fanno sempre capo all'approccio naturale. Uno dei primi a nascere è stato proprio il Natural Approach (dove "approccio" è inteso come "metodo"), sviluppato dal linguista Tracy Terrell nel 1977 e ha cui ha dato ulteriori contributi Krashen; il testo fondamentale che riguarda questo metodo è "The Natural Approach: Language Acquisition in the Classroom", pubblicato dai due autori nel 1983.[2]

L'input ottimale

L'input ottimale per l'acquisizione è un input reso comprensibile da parte dell'interlocutore, per cui il discente riesce a comprendere facilmente o riesce ad avvicinarsi al significato entro pochi tentativi. L'input si rende comprensibile anche senza l'intervento della traduzione in una lingua ponte, per cui il docente può tendenzialmente evitare di fare perno su altre lingue qualora sia possibile. Alcune strategie, in parte analoghe con il baby talk, sono: parlare lentamente (cosa che anche il CEFR indica nei livelli pre-A1, A1 e A2) e separare bene le parole per fare capire meglio le parole e lasciare il tempo di processare, evitare i modi di dire/idiomi e il lessico raro, usare frasi brevi[1] e usare le pause mentre si parla; questi mezzi e strategie sono tutte linguistiche. Ai mezzi linguistici si aggiungono i mezzi e strategie extra-linguistiche come disegnare, proiettare un'immagine, usare i gesti per mimare un oggetto o verbo, usare le onomatopee, usare le espressioni del viso e il linguaggio del corpo, usare direttamente l'oggetto reale di cui si parla (uso dei "realia");[1] l'oggetto o concetto può essere presente fisicamente in aula (e.g., "sedia, banco, astuccio, maglietta, scarpa, testa, naso, colore rosso, colore nero...") o essere portato (e.g., portare un sacco di posate quando si fanno acquisire i nomi delle posate). Ascoltare programmi che insegnano le lingue straniere senza input comprensibile è inutile; anche ascoltare la radio è inutile siccome l'input è comprensibile solo se la lingua straniera è fortemente imparentata con una lingua già nota[1] (e.g., l'ucraino e il bielorusso, derivanti entrambi dall'antico ruteno, hanno un tasso di intelligibilità reciproco dell'80% circa, mentre l'italiano e lo spagnolo sono intelligibili al 60% circa); diverso è se la tv e la radio in lingua straniera vengono ascoltate a partire da un livello intermedio. Il docente può chiedere un feedback di conferma (e.g., "Avete capito?")[1] a cui però gli studenti devono rispondere in modo sincero. Dopodiché, l'input ottimale è anche motivante e di interesse al discente perché rilevante in base ai suoi bisogni e passioni; il contenuto può essere talmente trascinante che il discente non presta attenzione consciamente al fatto che il messaggio è posto in lingua straniera. Krashen attacca i pattern drill perché, in base a una ricerca di Lee, McCune e Patton (1970), sono un esercizio strutturale che annoia i discenti, per cui già dopo i primi pattern drill perdono l'attenzione. Anche i dialoghi da memorizzare a ruota sono ritenuti poco motivanti. I classici esercizi di grammatica, per cui viene testata la conoscenza delle regole astratte, oltre a non essere input comprensibile e a non aumentare la fluenza sono esercizi non motivanti.[1]

Sempre riguardo alle caratteristiche dell'input ottimale, in ogni singola situazione di produzione di input comprensibile (e.g., una lezione in classe con il metodo acquisizionale), un argomento di grammatica si può ripetere; di contro, se gli argomenti vengono sequenziati, se il discente non capisce l'argomento o non lo segue per un'assenza o disattenzione, l'argomento non viene più ripreso. Infine, i libri di grammatica presentano una grammatica già sequenziata e messa in un ordine rigido e inflessibile; se il docente si limita a seguire quest'ordine degli argomenti e lo imposta come syllabus, può creare un danno siccome quest'ordine può non corrispondere all'ordine naturale di acquisizione. Infine, sequenziare la grammatica porta a una comunicazione che spesso è artificiale, ingessata, poco naturale e che rischia anche di essere poco interessante e rilevante per i discenti. In sintesi, se non si sequenzia la grammatica a cui si espone il discente nella vasta quantità di input prodotto, secondo l'ipotesi di Krashen "+1" viene spontaneamente per ogni discente e senza creare ulteriori effetti avversi; l'ordine naturale di acquisizione dunque non andrebbe usato per sequenziare la grammatica in un corso orientato all'acquisizione di una lingua L2, per cui in linea perlomeno teorica non serve nemmeno che l'insegnante conosca l'ordine naturale di acquisizione.[1] I risultati delle ricerche sull'ordine naturale di acquisizione di una L2 è utilizzabile per esempio per capire il tipo di errori che i discenti tendono a commettere, come mai e a che punto del loro percorso acquisizionale sono. Il focus è dunque sulla comunicazione e non all'inserimento deliberato di topic grammaticali, anche seguendo l'ordine naturale di acquisizione (in quanto ha della variabilità al suo interno e in quanto i discenti non sono tutti allo stesso identico livello nel percorso di acquisizione). I topic grammaticali compaiono più volte invece di essere sequenziati per comparire dunque una sola volta o in un gruppo ristretto di occasioni.

L'input ottimale è poi vasto, siccome per esempio non può avvenire acquisizione attraverso i+1 se è troppo scarno; Krashen riporta come esempio una lettura pari a un paragrafo o cinque minuti di conversazione. Serve una quantità di input comprensibile sufficiente anche per fare uscire i discenti spontaneamente dal periodo del silenzio. Krashen non offre una stima esatta in termini di tempo, eccetto che James Asher ha notato in base a una raccolta di paper che una prima produzione di input comprensibile avviene dopo 10 ore di esposizione. Secondo Krashen, questo valore è solo una stima, siccome alcuni discenti sentono il bisogno di parlare prima e altri dopo.[1] Se l'acquisizione avviene fuori dall'aula, un bambino può avere un periodo silenzioso che dura anche 6 mesi siccome l'input è disordinato, poco comprensibile e dunque inefficiente. Esistono inoltre delle stime che indicano in quante ore si padroneggia un livello linguistico, tuttavia non sono sempre calcolate in base a quanto input ottimale viene fornito in aula in contesto di acquisizione.[1]

Il modo di risolvere le interferenze, secondo Newark e in accordo con Krashen, non è quella di correggere direttamente con lunghe spiegazioni di grammatica astratta (anche coinvolgendo la linguistica comparata tra L1 e L2), ma è quella di esporre il discente a input comprensibile con la forma corretta. Infatti, le spiegazioni dirette attivano l'apprendimento e non l'acquisizione.[1]

Il docente, oltre ad avere il ruolo di insegnare e di fare acquisire la lingua, ha anche il dovere di lenire il filtro affettivo per promuovere la motivazione, la calma e l'autostima nel discente. Il primo modo è quello di fornire sia input comprensibile che motivante, con un focus sulla comunicazione (per cui la grammatica non è interamente sequenziata) e senza forzare il discente a produrre output finché non si sente pronto o a diventare fluente prematuramente,[1] per cui per esempio interviene spontaneamente e/o come volontario. Poi, gli errori e lacune soprattutto nella varietà pre-basica vanno tollerati perché sono inevitabili; il docente deve anche trovare una strategia di correzione degli errori che non sia stressante e estenuante per il discente soprattutto durante le prime fasi di acquisizione (in particolare, la migliore strategia di correzione dell'errore è fornire ulteriore input comprensibile). Nel caso limite, Krashen e Terrell nel loro Metodo Naturale evitano del tutto di correggere gli errori e si limitano a continuare a fornire input per eliminare l'errore spontaneamente.[1] Un'altra strategia è insegnare i mezzi per gestire una conversazione con un nativo fuori all'aula al termine del percorso di studi (e.g., i convenevoli, frasi e modi per tenere attiva una conversazione come ad esempio i pronomi interrogativi per fare domande su quanto appena sentito o per chiedere qualcosa, come chiedere di ripetere o parlare più lentamente all'interlocutore o altri mezzi per chiedergli aiuto o di chiarire punti oscuri). Infine, il discente può imparare a realizzare coscientemente dei segnali verbali e non verbali per esprimere comprensione di quanto gli dice un nativo (e.g., annuire, dire "mh-mh, sì", gestione del contatto oculare). Tutte queste strategie, che in parte sono insegnabili e in gran parte sono fatte acquisire, migliorano la competenza conversazionale (conversational competence), talvolta ignorata dai docenti. Il fatto che queste strategie siano complesse deriva da molti elementi interconnessi: per esempio, un saluto appropriato è basato sul registro, momento della giornata, gestualità appropriata e tono di voce/prosodia appropriata.[1] Dopodiché, molte altre strategie per abbassare il filtro affettivo derivano dalla letteratura scientifica sull'ansia verso le lingue straniere e la noia verso le lingue straniere; tali studi individuano anche le cause dei due fenomeni e, tra le cause, si conta l'atteggiamento del docente, il tipo di attività svolte e la strategia di correzione inefficace. Altre strategie derivano dagli studi sulla motivazione verso lo studio delle lingue straniere e sulla gestione della classe (Classroom Management), anche nell'ambito specifico della lezione di lingua straniera.

SEGMENTAZIONE INPUT: utile se lavori di apprendimento. Inoltre, si può fare apprendere ciò che è apprendibile e, quando si attiva il monitor, si può fare utilizzare concretamente ciò che è "portabile" (portable), cioè ciò che si può padroneggiare cognitivamente in modo rapido nella testa dei parlanti in ogni situazione di produzione di output a causa della sua intrinseca semplicità.

Alcuni metodi naturali/diretti

L'apprendimento linguistico, dunque il processo conscio in ambiente formale, è in contrasto con l'acquisizione linguistica, che è un processo inconscio che avviene in un ambiente informale. L'apprendimento linguistico, causato tradizionalmente dall'insegnamento in ambiente formale/scolastico, porta alla formazione del monitor, all'enfasi verso la forma rispetto al contenuto, a un apprendimento delle regole astratte e al rallentamento della produzione orale se il monitor è pesantemente attivo. L'insegnamento comunque non è rigettato siccome l'insegnamento può riprodurre in aula una situazione di acquisizione linguistica attraverso l'uso dei metodi naturali proposti dalla didattica acquisizionale. Infatti l'insegnamento, con tali metodi, permette l'acquisizione di una lingua laddove i discenti non hanno accesso a fonti di input comprensibile fuori dall'aula (e.g., parlanti nativi, inclusi i genitori) o in altri insegnamenti (e.g., se un corso di laurea offre svariate materie e seminari già in lingua straniera). Se il discente svolge attività di acquisizione in aula e in più abita all'estero, nel Paese in cui la lingua è studiata, non solo le attività in aula possono essere poco influenti, ma il discente già in partenza è esposto a più input rispetto che all'interno dell'aula.[1] Queste ultime affermazioni di Krashen, che risale originariamente al 1982, non tengono conto comunque dell'avvento di internet, per cui le fonti di input comprensibile sono sempre potenzialmente disponibili. Inoltre, il docente può selezionare bene le strategie per rendere l'input comprensibile.

Gli esperimenti di osservazione dei discenti in classe, in degli studi dal 1972 al 1982, hanno riportato come i metodi che fanno capo all'approccio naturale, cioè i metodi che hanno come elemento cardine la fornitura di input comprensibile ai discenti e l'assenza di forzatura a produrre output comprensibile, siano più efficaci rispetto ad altri approcci non basati su questi due elementi. Un'aula/classe inoltre è il posto migliore in cui ricevere input comprensibile siccome i parlanti al di fuori dell'aula possono non fornire input comprensibile siccome non hanno dimestichezza con la linguistica e didattica acquisizionale delle L2.[1]

Se la regola è fatta ricavare esplicitamente (approccio induttivo a partire da testi e frasi da cui si reperisce a intuito la regola) e commentata esplicitamente, si ricade nell'apprendimento e non nell'acquisizione. Le regole interiorizzate a seguito di acquisizione sono sempre inconsce, mentre le regole apprese (con spiegazione verticale o reperite a intuito con l'approccio induttivo) sono sempre consce. L'apprendimento conscio velocizza il reperimento delle regole sia con una spiegazione verticale che con un problem solving creativo, ma non vi corrisponde un'acquisizione perfetta e immediata della lingua. Siccome le regole reperite anche tramite problem solving e dunque ricavate da esempi sono apprendimento conscio, lo studio di frasi per ricavare la regola porta i discenti a focalizzarsi sulla forma, dunque l'esercizio di ricavo delle regole non corrisponde in realtà a un'acquisizione di input comprensibile, pure se le frasi sono spendibili, ma porta infine all'apprendimento conscio di una regola grammaticale. Alcuni discenti sono più portati a imparare con il pensiero analogico, per cui sono orientati al problem solving, mentre altri attraverso quello analitico, per cui sono orientati alle spiegazioni verticale, all'approccio rule-first e all'applicazione di regole già note a monte. Usare un approccio non in linea con lo stile cognitivo del discente può creare ansia in lui.[1]

Il Metodo Naturale

Il metodo naturale è il primo metodo che fa capo all'approccio naturale. Il Metodo Naturale è stato sviluppato dal linguista Tracy Terrell, a cui secondariamente Stephen Krashen ha dato dei contributi. In esso, il docente usa in classe solo e unicamente la lingua straniera da acquisire e fornisce input comprensibile imitando il baby talk; quest'ultimo nei primi anni dei bambini è caratterizzato da una parlata lenta, scandita, semplificata, riferita al qui e ora, con ripetizioni, riformulazioni, pause, con domande aventi pronomi interrogativi sostituiti con domande chiuse ("sì/no") e che ha l'intento di farsi capire e non di insegnare grammatica. I discenti non sono mai forzati a produrre output e intervengono come volontari quando vogliono e possono usare sia la loro L1 che la L2. Le prime produzioni a volte dipendono dall'età del discente e/o dalla forza del filtro affettivo: un adulto può già dire le prime parole e frasi brevi anche dopo 1-2 ore di esposizione a input comprensibile, mentre un adolescente può impiegarne fino a 10-15.[2] Le loro prime produzioni sono ben accette anche se sono monosillabiche o fanno perno su transfer negativi da L1. Se fanno errori, vengono corretti solo se la comunicazione è non intelligibile o se gli errori sono stigmatizzati dai nativi; già secondo la ricerca riguardo all'acquisizione di L1 mostra come i genitori non correggono tutti gli errori dei figli ma solo una parte di essi (e.g., alcuni verbi, difetti di pronuncia e le parole volgari). [2] La correzione è svolta in modo tale da non alzare il filtro affettivo del discente, per cui per esempio è indiretta e non contiene affermazioni o toni che penalizzano il discente. La pronuncia è insegnata senza la pretesa di raggiungere la perfezione, ma di raggiungere un grado di correttezza sufficiente a fare comprendere un messaggio; gli stessi nativi, per esempio, si aspettano dai discenti una parlata non perfetta e con un accento straniero. Inoltre, alla pari della grammatica (morfologia e sintassi), anche la pronuncia si acquisisce, per cui una sessione di insegnamento esplicito della pronuncia non è fondamentale (può solo contribuire a formare un monitor utilizzabile solo laddove possibile). Il timore di avere un accento troppo forte può contribuire a innalzare il filtro affettivo. I topic trattati sono di rilevanza per i discenti e le primissime discussioni vertono su informazioni personali dei discenti per stabilire una sensazione di gruppo (group feeling); una tecnica usata per stimolare la motivazione dei discenti è la tecnica delle attività acquisizionali affettive (Affective Acquisitional Activities) di Ben Clay Christensen, mentre altri spunti derivano dalla Confluent Education di Beverly Galyean e dallo Humanistic Learning di Gertrude Moscowitz.[1][2] Il focus è sulla comunicazione e non sul sequenziamento di ogni argomento grammaticale. Grazie all'assenza di sequenziamento, è più facile arrivare a i+1 ed è impossibile perdere argomenti se uno studente salta una o più lezioni. Il filtro affettivo è tenuto inattivo o basso con numerose strategie che includono anche la cura del rapporto studente-docenti e tra studenti. Fin dall'inizio sono insegnate strategie per la gestione della conversazione. La grammatica è ben accetta finché si limita a contribuire alla formazione di un monitor ottimale, per cui lo studio della grammatica (diretto o tramite intuito, prima o dopo dell'interazione con il docente) non è l'attività cardine. Il metodo naturale permette anche l'assegnazione di compiti in casa, di cui i discenti in età adolescenziale possono beneficiare. Gli studenti vanno informati subito sugli obiettivi del corso, sulla metodologia usata e sulle basi teoriche del metodo, dunque sulla linguistica acquisizionale. L'unico grande limite del Natural Method è il fatto che la fornitura di input è confinata nelle ore di lezione in aula,[1] ma l'uso dei graded reader (e dunque del metodo Silent Reading) per acquisire ulteriore input leggendo anche in autonomia aggira in parte il problema.

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Total Physical Response (TPR)

La Total Physical Response (TPR) di James Asher è un metodo in cui vengono attivati gran parte degli stili cognitivi (visivo, auditivo, cinestetico): in esso, il docente parla in L2 esponendo il vocabolo reso comprensibile attraverso la gestualità e le immagini; dopodiché, la classe ripete il vocabolo, vede il vocabolo scritto affiancato alle immagini e ripete la gestualità (e.g., oggetti mimati, verbi, emozioni legate a mimica facciale o del corpo). Gli studenti dunque ascoltano il docente e si attivano e gran parte delle attività sono focalizzate intorno all'ascolto e eventualmente al parlato; se desiderano parlare, possono farlo senza subire forzature analogamente al metodo naturale, per cui è permesso il periodo di silenzio. L'enfasi non è posta immediatamente sulla scrittura, ma sull'ascolto. Gran parte dell'input è costituita da azioni all'imperativo, che poi lasciano il posto a input reso comprensibile di altra natura, e non c'è alcun bisogno di sequenziare l'input eccetto se il docente decide effettivamente di iniziare con comandi all'imperativo. In questo metodo, i discenti sono attivamente coinvolti.[1]

Suggestopedia

Suggestopedia è un metodo inventato da Lozanov e praticato nell'Istituto di Suggestologia (Institute of Suggestology) a Sofia, in Bulgaria. Nella versione classica, i corsi erano intensivi (4 ore al giorno per un mese) ed erano condotti in gruppi di 12 studenti in un'aula confortevole. Gli studenti hanno tutti un nickname e sono seduti su sedie comode in cerchio. La lezione è divisa in 3 parti: nella prima parte, viene fatto un ripasso attraverso conversazioni, giochi (dunque attività trasformate attraverso la gamification) e recite; la correzione degli errori è facoltativa. Nella seconda parte, vengono presentati dei dialoghi molto lunghi basati su situazioni familiari ai discenti. Nella terza parte, i dialoghi vengono letti dal docente mentre gli studenti seguono il testo e contemporaneamente eseguono la respirazione ritmica presa dallo yoga per rilassarsi. Tenendo il ritmo di respirazione rilassato degli studenti, il testo viene letto in brevissimi spezzoni prima nella L1 dei discenti (nel caso originale, in bulgaro), dopodiché in lingua straniera. Tra uno spezzone e l'altro, si lascia una pausa. Finita la lettura del testo, mentre gli studenti ascoltano musica rilassante di sottofondo (tipicamente musica barocca), chiudono gli occhi e meditano su quanto appena letto e sentito in L2. Dunque, molte caratteristiche di questo metodo sono tecniche di rilassamento che hanno l'intento di abbassare il filtro affettivo. Non è presente un sequenziamento rigido della grammatica.[1] Un limite del metodo Suggestopedia è che ha bisogno di attrezzature specifiche e di un training specifico per l'insegnante per essere messo in pratica, per cui non è flessibile come il Natural Approach.[2]

Altre attività mirate all'acquisizione

Tre attività, che non formano dei metodi di per sé, sono il Silent Reading, avere conversazioni con i nativi e studiare una materia scolastica interamente o parzialmente in lingua straniera (e.g., materie universitarie interamente in inglese e, in Italia, progetti CLIL in cui uno spezzone di materia viene trattato in lingua straniera con la collaborazione del docente di lingua).

Il Silent Reading (o Pleasure Reading) invece consiste nella lettura silenziosa in autonomia di testi resi comprensibili, che dunque danno input comprensibile. I testi tipici di questa attività sono i graded reader; a ogni livello di competenza di un discente corrisponde un testo. Tuttavia, potenzialmente qualunque testo comprensibile anche in base al proprio livello pregresso può essere usato per svolgere il Silent Reading (e.g., romanzi e fumetti). In tal modo, il discente può continuare a ricevere input comprensibile al di fuori di una classe e senza la presenza di un parlante nativo collaborativo. L'efficacia aumenta se l'argomento del testo è motivante per il discente. Il discente può comunque saltare interi passaggi non interessanti o troppo difficili; qualora sia nella totale incapacità di capire poche parole isolate, può usare un dizionario invece di saltarle.[1] Krashen, in "The Power of Reading", raccomanda in particolare di leggere in lingua straniera siccome non solo aumenta la competenza nella L2, ma il discente può imparare qualcosa di nuovo, qualunque essa sia; inoltre, se nel tempo in cui un docente con un metodo tradizionale spiega le regole di grammatica e fa gli esercizi si opta per l'input comprensibile (anche attraverso il Silent Reading), un discente ha maggiori occasioni di entrare in contatto con nuova morfologia e lessico.[1]

Riguardo ai test di valutazione, che in contesto di istruzione dell'obbligo costituiscono un obbligo, siccome gli studenti tendono a studiare e prepararsi per i test obbligatori come obiettivo primario, allora il docente deve predisporre dei test che portino gli studenti a esporsi a input comprensibile. Ad esempio, un test di conversazione improvvisata (su argomenti trattati in classe) tra compagni in cui viene testata anche la capacità di gestire una conversazione è un momento di pratica che invoglia a esporsi a input comprensibile e a fare conversazione per esercitarsi. Un esercizio analogo è fare domande di comprensione su un testo scritto[1] (anche pescato a caso da una batteria di testi che il discente può già conoscere o deve avere preparato in autonomia). I test che coinvolgono solo la grammatica vanno limitati o tolti se il focus del percorso che porta al test è basato sull'acquisizione.[1]

Silent Way. Acquisizione pronuncia. Il docente come facilitatore, studente attivo, syllabus flessibile. punteggio; In particolare, l'ansia e la noia devono essere a livelli gestibili o azzerati; l'ansia verso le lingue straniere è in particolare un'ansia situazionale debilitante e non facilitante siccome non innesca una risposta adattativa nel discente.

la tolleranza dell'ambiguo (Tolerance of Ambiguity, ToA) dove "l'ambiguo" è qualcosa di nuovo, semi-sconosciuto o di non chiaro, da un'intera lingua fino a una regola grammaticale o vocabolo non chiari all'interno dell'input. Rapporto docente-studenti. Cura delle variabili nel filtro affettivo (mitigazione dell'ansia e della noia). Taratura del monitor. Come usare il noticing. Come insegnare e fare memorizzare (retention) i vocaboli e.g., usarli in contesto con alta frequenza e come mero supporto le flashcard; oppure fornire molto input, per cui il vocabolario cresce spontaneamente senza focalizzarsi su di esso e senza inserirlo in modo calcolato nel testo.

ERRORE: la correzione dell'errore, con l'obiettivo di migliorare la produzione di output togliendo le deviazioni dal set di regole grammaticali, non porta all'acquisizione ma all'apprendimento. Infatti, l'errore corretto porta a notare consciamente sia una deviazione da una regola che la regola corretta. Se l'obiettivo è l'acquisizione pura e totale di una L2, allora l'errore non si corregge in modo diretto, ma si espone il discente a input comprensibile corretto che non sia sequenziato in modo zelante per fare acquisire specificatamente una forma corretta a seguito di un errore di un discente. L'errore va corretto solo durante la produzione scritta a lavoro finito siccome, in contesto di acquisizione, interrompe il flusso di produzione orale se si corregge quando il discente parla (il Natural Approach sposa questo modo di fare), per cui l'attenzione è distolta dalla comunicazione (e si rischia di creare ansia o noia nel discente). Il flusso ininterrotto di pensieri, per cui ci si può dimenticare di parlare in lingua straniera e l'ansia raggiunge lo zero, è detto flusso di coscienza. Gli errori da correggere non sono tutti, ma solo quelli che interferiscono con l'intelligibilità, quelli che sono più stigmatizzati dai nativi e quelli più diffusi; correggere tutti gli errori rallenta la comunicazione e può attivare il filtro affettivo (ansia, noia, scarsa autostima). Inoltre, la correzione diretta degli errori funziona se l'errore non viola una regola retrostante che è cognitivamente difficile e se, negli altri eventi di produzione di output, ci sono le condizioni per attivare il monitor.

Conflitti con altri metodi

Altri metodi glottodidattici non sono basati sulle scoperte della linguistica acquisizionale, per esempio perché sono nati prima dell'inizio degli studi sulla linguistica acquisizione delle L2.

Metodo grammatica-traduzione

Il primo è detto "grammatica-traduzione" (grammar-translation), che deriva dall'approccio formalista. Esso è nato intorno al Settecento ed era applicato allo studio del latino classico durante il suo periodo di decadenza come lingua franca in Europa a favore delle lingue moderne europee come il francese, per cui lo studio del latino si era ridotto a una ginnastica mentale.[2] Il metodo grammatica-traduzione è basato sullo studio verticale delle regole grammaticali e delle frasi esempio, talvolta non spendibili nella vita reale. Lo studio delle regole astratte, che compone un syllabus (insieme di insegnamenti) inflessibile e senza possibilità di personalizzazione, viene poi affiancato da attività di traduzioni di frasi e/o testi. Questo approccio di tipo deduttivo rispecchia l'apprendimento linguistico e non l'acquisizione linguistica in quanto la lingua viene imparata in modo cosciente e studiando le regole, a cui si affiancano le liste di eccezioni; questo metodo è usato da prima dell'inizio degli studi sull'acquisizione linguistica delle L2 e il suo esito finale è l'apprendimento linguistico, non l'acquisizione della lingua. Inoltre, l'uso è leggermente più efficace negli adulti rispetto agli adolescenti.

Il metodo solitamente parte con lo studio verticale delle regole grammaticali astratte (rule-first approach) affiancato da alcune frasette-esempio (a volte non spendibili nella vita reale), dopodiché approda alle liste di vocaboli da imparare a memoria affiancate dalla loro traduzione e categoria grammaticale e infine si aggiunge la lettura di un breve monologo o dialogo che è funzionale a mostrare l'uso della regola astratta, per cui il contenuto grammaticale è sequenziato: una o più regole dominano il dialogo e l'intera lezione; i contenuti del dialogo sono predeterminati, per cui non c'è personalizzazione e tendenzialmente il discente presta meno attenzione. Inoltre, il discente in questo approccio è interamente passivo e recettivo. A seguito della lettura del testo, la lezione è chiusa dai classici esercizi grammaticali, che servono solo a testare la conoscenza delle regole. La lezione solitamente avviene interamente in L1 e la grammatica stessa è insegnata con la L1, per cui l'input comprensibile già scarso è reso ancora più scarso. Solitamente viene forzata la produzione di output scritta e orale da parte dello studente, che ha ricevuto poco input e che ha il dovere di raggiungere troppo prematuramente la correttezza della forma nella senza nemmeno tenere in conto dell'ordine naturale di acquisizione. La parte teorica insegna regole che, in quanto cognitivamente complesse, non sono utilizzabili in modo rapido e snello nel monitor. Il metodo parte dal presupposto che i discenti capiscano perfettamente tutte le regole, inoltre, cosa che realisticamente non è sempre possibile. Le lezioni, infine, non insegnano la gestione della conversazione e non sviluppano le capacità metacognitive degli studenti sul proprio percorso di acquisizione della lingua e, in generale, su come funziona l'acquisizione linguistica. Il metodo cognitive-code è largamente analogo a quello grammatica-traduzione.[1]

Metodo audio-linguistico

Il secondo è il metodo audio-linguistico (audio-lingual method), per cui la lezione inizia direttamente con un dialogo che introduce dei vocaboli e strutture grammaticali; il dialogo viene commentato e fatto memorizzare ("mim-mem", da "mimic-memorize"). Il docente poi ritorna sullo studio delle strutture con dei drill orali per automatizzare il pattern. I drill sono esercizi che tipicamente consistono nella ripetizione, sostituzione di parole, trasformazione/manipolazione della frase e traduzione. Il metodo audio linguistico è stato creato da alcuni linguisti durante la Seconda Guerra Mondiale per formare membri dell'Esercito Statunitensi competenti nelle lingue straniere, in particolare quelle parlate nel Pacifico e in Asia. In origine, le classi erano formate da 10 studenti, dunque da un numero contenuto di persone, e i dialoghi erano sempre basati su situazioni reali/tratte dalla vita quotidiana. La produzione orale precedeva la produzione scritta. I dialoghi erano scritti perché, se i discenti avessero preso appunti, avrebbero inventato un proprio sistema di trascrizione dei suoni perdendo tempo a correggerlo in un secondo momento.

Il metodo non è basato sulla linguistica acquisizionale delle L2, ma sull'approccio comportamentista in linguistica; a sua volta, deriva dal comportamentismo, che è una teoria originatasi prima dell'inizio degli studi sull'acquisizione delle L2 e nata nel contesto della psicologia (e non della linguistica teorica). L'enfasi sulle strutture linguistiche deriva in particolare da un'altra corrente, lo strutturalismo in linguistica, che a sua volta deriva dallo strutturalismo in psicologia; pertanto, l'enfasi sulle strutture è fondata su un concetto cardine che non è originario della linguistica e che non poggia sugli studi sull'acquisizione delle L2. L'input è comprensibile, tuttavia la difficoltà dei testi a volte è al di sopra del livello cognitivo dei discenti, che in primis è stabilito dall'età, i testi a volte trattano argomenti non motivanti per i discenti in quanto non sono personalizzati e la grammatica al loro interno è sequenziata non sulla base di un criterio accettabile come la semplicità, ma sulla base del singolo topic grammaticale (ciò che Krashen chiama "la struttura del giorno", "the structure of the day"). Il discente viene forzato a parlare e i drill potrebbero essere noiosi e ripetitivi, per cui anche per questi fattori si innalza il filtro affettivo; i drill potrebbero anche essere ripetuti senza essere capiti. Inoltre, le strutture vengono acquisite in tempi molto più lunghi che non sono accorciabili con l'uso di drill. I drill stessi non sono episodi comunicativi reali, per cui comunicano messaggi non reali. I dialoghi, siccome sono degli script fissati e non sono dialoghi veri e propri in tempo reale, non sempre insegnano le strategie per gestire la conversazione (conversational management). Non vengono insegnate capacità metacognitive e il metodo vira verso l'apprendimento, anche se sono usate le strategie induttive (lo studio della grammatica diventa una ricostruzione attraverso l'intuito in un contesto di problem-solving creativo).[1][2]

Grammatica Trasformativa Applicata

Un altro metodo che non segue le scoperte nel campo dell'acquisizione linguistica è la grammatica trasformativa applicata (Applied Transformative Grammar, Applied TG). Questo metodo è basato su degli studi di sintassi e fonologia ma, secondo Krashen, è stato fallimentare in quanto la grammatica trasformativa è una teoria linguistica centrata però sulla competenza degli adulti, dunque su adulti già formati e esperti in una lingua. Dunque, in quanto teoria su un "prodotto", non è una teoria che appartiene al processo dell'acquisizione linguistica.[1]

Metodo diretto

Il metodo diretto (Direct Method) invece si basa interamente sulla presentazione di frasi in lingua da cui, con l'induzione e il pensiero creativo, si fa intuire la regola grammaticale. Dunque, si fa spiegare ai discenti e solo dopo la spiegazione si passa al prossimo argomento. Anche il metodo diretto è focalizzato sull'apprendimento, con la differenza che non si parte subito con una spiegazione verticale di regole astratte (rule-first); inoltre, non è personalizzato, la grammatica è pesantemente sequenziata e il focus è sulla correttezza della forma, il che può innalzare il filtro affettivo.

Note

  1. ^ a b c d e f g h i j k l m n o p q r s t u v w x y z aa Errore nelle note: Errore nell'uso del marcatore <ref>: non è stato indicato alcun testo per il marcatore :0
  2. ^ a b c d e f g h i j (EN) Stephen Krashen e Tracy Terrell, The Natural Approach: Language Acquisition in the Classroom (PDF), Prentice Hall ELT, 1998, ISBN 0-13-609934-3.

Voci correlate