Personaggi di Corrado Guzzanti
Qui di seguito si può trovare una lista dei personaggi creati da Corrado Guzzanti tra il 1990 ed oggi, con una scheda di presentazione per ognuno di essi. Spulciando su internet, strumento fondamentale per reperire informazioni su gag del passato delle quali non sono disponibili i video o non sono ancora stati caricati sul web, è stato trovato qualche inconsistente riferimento all'imitazione di Ottaviano Del Turco ed al personaggio dell'Avvocato Spaziale (sagoma del giurista Giuliano Spazzali), portati entrambi in scena a Tunnel, nel 1994.[1][2]

Inoltre, si è ritenuto opportuno scrivere solamente le schede dei suoi personaggi in carne ed ossa, trascurando di conseguenza gli sketch in cui il comico faceva sentire solo la propria voce, come nel caso del telespettatore abruzzese (noto anche come l'uomo con la casa in Abruzzo) che interrompeva telefonicamente tutte le puntate del caso Scafroglia, travisando puntualmente le parole pronunciate poco prima dal presentatore del programma, a causa di banali disguidi linguistici, come «Fa l'ACI» al posto di «Fallaci» (Oriana, la giornalista).
In quasi vent'anni di carriera televisiva, Corrado Guzzanti ha portato in scena una miriade di personaggi diversi, alcuni più ricordati di altri. Tra questi ultimi, si ricordano per esempio l'inviato del TG1 che ad Avanzi voleva convincere ad ogni costo persone emarginate che la colpa delle loro sfortune era attribuibile al Comunismo; Piercarlo, uno dei tanti mariti incapaci di soddisfare sessualmente la compagna (interpretata nelle gag da Carla Signoris)[3]; Frosio, l'ingenuo inviato del TG4 al soldo di Emilio Fede (a Tunnel Frosio lo impersonava Mauro Pirovano), del quale si può trovare un breve filmato alla fine del DVD Millenovecentonovantadieci; Gnol, cugino di Arnel (Marco Marzocca), entrambi collaboratori domestici del conduttore de Il caso Scafroglia.
Per informazioni sui personaggi impersonati da Guzzanti nella sit-com Boris, clicca qui.
Imitazioni
L'imitazione di Antonello Venditti fu proposta per la prima volta ne L'ottavo nano. In quasi ogni puntata dello show, il finto cantautore entrava in studio con il suo pianoforte bianco, trasportato al centro della sala mediante una pedana scorrevole, e nella sua canzone, costruita sul brano del vero Venditti Roma Capoccia, descriveva i personaggi ed i (dis)servizi che si potevano incontrare ad ogni svincolo del Grande Raccordo Anulare (Bruno l'infame all'uscita della Laurentina, una buca vicino a quella per Torpignattara, la benzinaia Sabrina che lavora all'autogrill) e così via. In un'altra occasione invece, Guzzanti - Venditti veniva ripreso di schiena mentre faceva finta di suonare il pianoforte e cercava, con la cartina appoggiata sui tasti dello strumento, una strada della viabilità romana da cui trarre ispirazione per un nuovo brano. Dal punto di vista vocale e canoro, invece, Guzzanti enfatizzava largamente l'accento romano dell'artista e la sua consuetudine di trascinare le vocali, in particolare la «a» e la «e», alla fine di ogni strofa.[4]
Dopo poche apparizioni la parodia divenne un cult e gli audio dei brani cantati in trasmissione si diffusero su internet in formato MP3.[5] Anche il vero Antonello Venditti dimostrò di apprezzare l'imitazione di Corrado Guzzanti, al punto da invitarlo ad un suo concerto presso il Circo Massimo per interpretare con lui la canzone del Grande Raccordo Anulare,[6] inserita poi nel suo ultimo album Circo Massimo 2001.[7]
La parodia dell'economista statunitense comparve un paio di volte nella trasmissione Il caso Scafroglia,[8] dove Guzzanti offrì il punto di vista del finto Luttwak sulla Guerra d'Iraq, a quel tempo intrapresa dagli Stati Uniti d'America ed i suoi alleati. Con questa imitazione, l'attore volle criticare l'amministrazione Bush e le motivazioni da essa addotte per motivare l'invasione del Paese mediorientale; Guzzanti, come parte dell'opinione pubblica, non credeva infatti che il dittatore iracheno fosse realmente in possesso di armi di distruzione di massa e riteneva al contrario che le reali intenzioni degli USA fossero quelle di appropriarsi delle immense risorse petrolifere irachene.[9] Guzzanti-Luttwak, in collegamento da una stanza dove maltrattava giovani no global e li costringeva ad abiurare le loro idee, sosteneva che intervenire militarmente fosse davvero necessario per scongiurare il rischio di un attacco, che Saddam avrebbe potuto sferrare con le armi che aveva ricevuto in passato dagli stessi Stati Uniti.[10]
Corrado Guzzanti prese di mira per la prima volta il conduttore del Tg4 nell'aprile 1994, all'interno della trasmissione satirica Tunnel. L'imitazione di Fede era proposta in ogni puntata; in questo modo, Guzzanti ebbe la possibilità di realizzare un ritratto completo del giornalista di Mediaset, ironizzando in particolare sul suo atteggiamento accomodante[11] verso Silvio Berlusconi, proprietario di Mediaset, a partire dalla sua discesa in campo. Ogni sketch prendeva spunto da eventi di attualità che riguardavano la figura del Presidente di Forza Italia, tra cui i problemi giudiziari, i sondaggi che ne decretavano un successo sempre crescente durante la campagna elettorale del 1994 e, dopo il successo alle elezioni, i provvedimenti legislativi del nuovo governo.
Guzzanti, che appariva sempre dietro alla scrivania dello studio del telegiornale con due spille sulla giacca a riprodurre il simbolo di Canale 5, faceva leva sulla prevalenza di notizie di cronaca nera e gossip nell'informazione del tg4. L'attore romano rimarcò e caricaturizzò la passione di Fede nei confronti dell'altro sesso[12], traendo ispirazione dalla gaffe che il giornalista aveva commesso qualche anno prima, quando era stato scoperto, in un momento di distrazione, a fare pesanti apprezzamenti verso la giornalista e scrittrice Kay Rush, che insieme a Marino Bartoletti gli stava dando la linea da un altro studio per commentare le ultime notizie sulla Guerra del Golfo. Dalle allusive parole di Fede, Guzzanti trasse spunto per dare vita ad un personaggio che faceva pesanti avances ed alle sue collaboratrici Franca e Jolanda, ed alla conduttrice Serena Dandini.
Guzzanti ripropose l'imitazione a Mai dire gol (1995-1996) e per l'ultima volta a Comici (1998), riprendendo alcune delle battute che avevano dato notorietà al personaggio. Per l'interpretazione finale, dell'abbigliamento di scena il comico cambiò soltanto le spille appuntate sulla giacca, che a differenza del Fede di Tunnel raffiguravano il biscione, non più il logo di Canale 5. Nella nuova gag ci fu spazio anche per Michelino, un bambino di otto anni che appariva con frequenza a fianco del Guzzanti - Fede già qualche anno prima, sempre interpretato dall'amico Marco Marzocca. Maltrattato di continuo dal presentatore del Tg4 e sottoposto a minacce di ogni tipo, come di chiamare Oliviero Diliberto e di farlo mangiare (in virtù della voce secondo cui i comunisti di Russia e Cina si cibavano di bambini nei momenti di crisi economica), nella scenetta di Comici Michelino uscì dal baule in cui era stato rinchiuso e si rifugiò nella sottana di Serena Dandini, dopo avere rivolto al pubblico il saluto che lo stesso Fede gli aveva insegnato e che riproduceva il verso del biscione.
Ghezzi, autore di Blob e critico cinematografico, è stato parodiato da Corrado Guzzanti in tre programmi. Prima ad Avanzi, poi al Pippo Chennedy Show, dove il comico presentò per la prima volta una "parodia nella parodia", nel senso che il finto Ghezzi era interpretato da un altro personaggio di Guzzanti, Lorenzo, che vestito con una semplice t-shirt bianca a mezze maniche ed uno spesso paio di occhiali, raccontava, usando un linguaggio confuso e criptico, la trama di un film, realmente esistente oppure inventato. Nella gag non mancavano alcuni tipici comportamenti di Lorenzo (conduttore della rubrica Lorenzo Fuori Orario, ispirata dal programma notturno Fuori orario, condotto dallo stesso Ghezzi), come la forte cadenza dialettale romanesca e l'abitudine ad enfatizzare determinati concetti con urla improvvise, accompagnati dall'uso di parole colte ma spesso non inerenti al tema trattato.[13]
L'imitazione di Enrico Ghezzi fu riproposta qualche anno dopo nel caso Scafroglia, ma con qualche differenza; mentre le recensioni del primo Ghezzi erano interrotte spesso dalle obiezioni della Dandini, in collegamento diretto con lui, ed il critico appariva sullo sfondo di una scena del film che stava presentando, nel nuovo programma Guzzanti recitava su di uno sfondo completamente bianco ed aveva la possibilità di parlare senza essere interrotto, cosa che tuttavia non gli impediva di rendersi ugualmente incomprensibile allo spettatore. Inoltre, pur denotando maggiore tranquillità nell'esposizione del racconto della pellicola di turno, qualche volta era contraddetto dal un personaggio fuori scena, interpretato da Marco Marzocca, che interveniva vocalmente per avvertire l'autore di errori che lo portavano a confondere il film discusso con un altro lavoro cinematografico.[14] Oppure irrompeva direttamente davanti alla telecamera reclamando indietro delle «piotte» (soldi) da Ghezzi, dando inizio ad un litigio che poneva termine alla discussione sul film: a quel punto lo stesso Corrado Guzzanti, in qualità di conduttore, prendeva la linea dallo studio principale.
Corrado Guzzanti vestì i panni di Enrico Mentana una sola volta, ai tempi di Avanzi, nel 1993, quando Mentana era il conduttore del Tg5. L'imitazione del "mezzobusto" più famoso di Canale 5, fu la prima di una serie che avrebbe compreso anche altri importanti esponenti del mondo giornalistico italiano, tra cui Emilio Fede e Paolo Liguori, rispettivamente i volti più noti di Tg4 e Studio Aperto, gli altri telegiornali delle reti Mediaset.
Enrico Mentana era balzato agli onori delle cronache nel 1992, quando aveva esordito positivamente alla conduzione del Tg5, strappando, giorno dopo giorno, una fetta sempre più consistente di telespettatori al Tg1, fino a vincere contro di esso la battaglia degli ascolti.[15] Guzzanti si interrogò evidentemente sul modo con il quale la televisione di stato era stata superata da Mediaset nel campo delle finestre d'informazione; la parodia di Mentana manifestò l'opinione sprezzante del comico verso la conduzione del telegiornale e gli argomenti in esso descritti. Il personaggio, infatti, presentava il tg dal bancone di un bar, sul quale era appoggiata un'avvenente ragazza seminuda che aveva il compito di passare al conduttore uno dei tanti prodotti che venivano pubblicizzati all'interno del telegiornale, tra una notizia e l'altra. In una tranche della scenetta Mentana, affermando di essere pronto a dare alcune news in maniera svelta, le pronunciava troppo velocemente farfugliando un insieme di parole che si accavallavano tra loro, rendendo incomprensibile il discorso.
In pratica, Guzzanti accusò Mentana di avere ottenuto successo per avere preferito dare risalto a notizie di minor peso specifico, come quelle sul mondo delle celebrità e del gossip, nei cui relativi videoservizi venivano spesso mostrate procaci attrici con vistose scollature: una formula televisiva che lo Studio Aperto di Mario Giordano avrebbe apertamente importato e poi sviluppato qualche anno dopo. Per quanto riguarda infine gli infiniti elenchi di sponsor presentati tra le notizie dal finto conduttore, erano un chiaro richiamo alla pausa pubblicitaria tra meteo e parte informativa, che Canale 5 fu la prima rete televisiva ad introdurre nel palinsesto.
Nota: Nell'imitare Fausto Bertinotti, Corrado Guzzanti pronuncia la "r" come una "v", poiché il politico soffre di rotacismo.
La parodia di Fausto Bertinotti, rappresentata da Guzzanti tra 1997 e 2001 in tre occasioni (una al Pippo Chennedy Show, altrettante a Comici e L'ottavo nano), fu strettamente legata all'attualità delle vicende politiche del primo governo Prodi, le cui decisioni incontravano spesso l'opposizione di Bertinotti e del suo partito, che rientrava a quel tempo nella maggioranza che sosteneva di governo, senza però farne parte. Il comico dipinse il politico come un uomo giocoso, per nulla serio, sempre pronto a fare scherzi al "povero" Romano Prodi ed ai suoi alleati come Walter Veltroni e disposto a rompere con il compagno di partito Armando Cossutta non per motivazioni politiche ed ideologiche, ma per questioni banali come il cattivo gusto in materia di abbigliamento. Proprio nello sketch del 1999, il finto Bertinotti dichiarò che la separazione in seno al partito decisa da Cossutta era dovuta non tanto a divergenze di pensiero, quanto al «cattivo gusto» del contendente, che a suo dire «vestiva veramente male».
Presentatosi sempre in modo elegante (Guzzanti riprende l'attenzione che il politico ha sempre dedicato alla sua immagine)[16], Bertinotti dichiarava che fare cadere il governo era un divertimento ed un gioco; il suo obiettivo di strappare voti agli alleati di governo non era indirizzato all'assunzione di incarichi amministrativi sempre più prestigiosi, bensì alla volontà di causare la fine di ogni esperienza governativa alla quale partecipava il suo partito, solo per divertirsi e ridere alle spalle si chi fidava di lui.
Alle tante parole informali e confidenziali che pronunciava, Guzzanti-Bertinotti affrontava a volte tematiche serie, riguardanti quasi sempre l'economia. Dopo avere cercato di chiarire determinati aspetti del mercato internazionale e del mondo del lavoro con complessi ed elaborati ragionamenti, come costume dell'originale, e ricevuta l'assicurazione dell'interlocutrice Dandini di averli compresi, smontava abitualmente le sue stesse tesi bollandole come «cazzate» ed ammettendo di non averne neppure compreso il significato.
L'imitazione di Francesco Rutelli fu interpretata a L'ottavo nano, in piena campagna elettorale per le elezioni del 2001. Rutelli era il candidato del Centrosinistra alla Presidenza del Consiglio e Guzzanti decise di raccontare, immedesimandosi nel politico, i risultati conseguiti dalla sua coalizione negli anni precedenti, non disdegnando però di lanciare messaggi di affetto verso Silvio Berlusconi, suo avversario nella corsa alla poltrona di Presidente.
Il personaggio creato dal comico era un trasformista dallo spiccato accento romanesco, sgarbato, costantemente arrabbiato ed insolente, per il quale Guzzanti trasse ispirazione dai tanti personaggi impersonati da Alberto Sordi[17]: beceri, maleducati e dal modo di fare semplice. Il comico, seguendo i risultati dei sondaggi che premiavano sempre di più la coalizione del Centrodestra, mutò di puntata in puntata l'atteggiamento del finto Rutelli, che da sicuro di sé divenne gradualmente preoccupato e pessimista, al punto da assicurare a Berlusconi la sua amicizia ed il suo appoggio in caso di vittoria di quest'ultimo. Alla fine il politico lanciò un monito all'avversario, implorandolo di ricordarsi «degli amici, di chi t'ha voluto bene!» nel momento dell'assegnazione degli incarichi di governo.
In una puntata dello show, fu trasmesso uno sketch dove il falso Rutelli veniva ripreso mentre, seduto al pianoforte, cercava di trovare ispirazione per la realizzazione dell'inno dell'Ulivo: dopo vari tentativi, Guzzanti riprendeva il motivo che riproduceva un inno già esistente, quello di Forza Italia, con la parola «Ulivo» a sostituire «Italia». L'intento satirico della gag era evidentemente quello di trasmettere allo spettatore l'idea che gli interessi delle due coalizioni fossero diventati gli stessi e le differenze ideologiche tra le due fazioni venute a mancare. Quindi, secondo Guzzanti, in realtà i contrasti tra le due principali anime della politica italiana non c'erano ed i membri di entrambe le parti scatenavano finte incompatibilità per mantenere uno status quo che permetteva loro di conservare il potere.
A confermare questa interpretazione, erano le parole pronunciate in un'altra scenetta da Guzzanti - Rutelli, il quale affermò che il suo principale avversario all'interno dell'Ulivo era Silvio Berlusconi, e rivendicava il "merito", parlando a nome di tutto il Centrosinistra, di non avere preso decisioni sfavorevoli nei confronti del Presidente di Forza Italia nella legislatura 1996-2001, non «torcendogli un capello» non sciogliendo mai il nodo del conflitto d'interessi e delle televisioni, liquidando l'ex Presidente del Consiglio Romano Prodi («Ciao Prodi! Mannace 'na cartolina!»), scatenando Mariotto Segni contro Gianfranco Fini, «disintossicando» Umberto Bossi dopo la rottura con Berlusconi del 1995 e «riconsegnandoglielo con la garanzia» e tante altre cose ancora.[18]
Il filosofo Gabriele La Porta, ex-direttore di Raidue, fu colpito dalla satira di Corrado Guzzanti in molte puntate de L'ottavo nano ed anche nel caso Scafroglia, tra il 2001 e l'inizio del 2003.
Il comico diede vita ad un personaggio schizofrenico, autore di ragionamenti sconclusionati e privi di filo logico; questa caratteristica, di sicuro la più evidente, fu accentuata da Guzzanti per esagerare la consuetudine del filosofo a recitare, nei suoi programmi, monologhi difficilmente comprensibili, perlomeno a chi non è avvezzo alla materia e non conosce le linee di pensiero dei più eminenti rappresentanti della filosofia antica e moderna, citando nomi come Giordano Bruno e Plotino, oppure raccontando di un «Edipo che impazzisce e fa le bolle di sapone dalle orecchie». La macchietta era saltuariamente vittima di raptus omicidi e minacciava, nel corso della scenetta o alla fine di essa, un uomo (Marco Marzocca) legato ad una poltrona o ad una delle quattro colonne che si notavano in fondo alla scena, al grido di «Altrimenti lui muore!»[19]
In due degli episodi che vedevano La Porta protagonista, apparvero in qualità di ospiti Gianfranco Funari e Gianni Baget Bozzo, sempre impersonati da Guzzanti, che litigarono con il conduttore della rubrica per diversi motivi; il primo, per il fatto che secondo la sua opinione la trasmissione del filosofo induceva al sonno, mentre il sacerdote voleva liberarsi di lui allo scopo di impadronirsi della scena. In una puntata dell'ottavo nano, inoltre, Guzzanti - La Porta irruppe in studio portando con sè come ostaggi Marzocca, Biondic (Caterina Guzzanti) e la "spaventata" Serena Dandini, ed armato di pistola e di coltello fece "strage" tra il pubblico in studio (una delle tre vittime della serata era il finto spettatore Andrea Blarzino, che avrebbe poi girato con Guzzanti Fascisti su Marte nel ruolo del renitente Santodio).[20]
L'imitazione di Gabriele La Porta fu riportata in scena l'anno successivo al Caso Scafroglia, dove il filosofo, impegnato a giocare a Scarabeo contro tre avversari, non riusciva a formare una parola dotata di senso compiuto; tuttavia, non riconoscendosi sconfitto, insisteva perché la parola da lui creata («selfecce») fosse riconosciuta come effettivamente esistente o in ultima istanza aggiunta al vocabolario dopo la zeta, perchè intanto «non avrebbe dato fastidio a nessuno».
Giampiero Mughini fu parodiato da Corrado Guzzanti una sola volta all'interno di una puntata del Personal TG di Emilio Fede, nella trasmissione Tunnel del 1994. Mughini apparve in veste di ospite del telegiornale e fu interpellato da Fede sulla polemica tra Fascismo ed antifascismo, nella quale l'opinionista s'inserì dalla parte di chi rimpiangeva il periodo mussoliniano, affermando di «aborrire la tracotanza» dell'opposizione al Fascismo. A quel punto, Fede interruppe improvvisamente le riflessioni di Mughini, proprio nel momento in cui stava per spiegare le ragioni della sua posizione, e gli riferì che ad interessare il pubblico non erano le sue parole, ma piuttosto l'attitudine del suddetto a gesticolare e ad assumere pose divertenti. Mughini accolse la richiesta del direttore e cominciò a esibire una serie di «faccette», fino a bloccarsi e a costringere Fede a chiamare due infermieri per portarlo via.
Tra tutti i personaggi imitati da Corrado Guzzanti, Gianfranco Funari fu quello che gli diede la maggiore notorietà, al punto che gli sketch del finto Funari divennero molto presto un cult. Il comico parodiò Funari nel periodo in cui lo showman stava progettando di entrare in politica, candidandosi alla carica di sindaco di Milano e cercando di accedere a quella categoria di persone che aveva spesso osteggiato nell'arco di tutta la sua carriera televisiva e professionale. Il personaggio creato da Guzzanti era particolarmente vicino a quello che si proponeva di imitare, sotto molti punti di vista, per esempio nella voce. Guzzanti assunse una tonalità vocale molto vicina a quella del vero Funari, non avendo inoltre alcun tipo di problema a riprendere la cantilenante parlata romanesca del presentatore, già provata in altre creazioni satiriche, come Lorenzo o Rokko Smithersons.
Un altro punto di forza della macchietta era la gestualità; nel rappresentarlo Guzzanti muoveva continuamente le braccia e soprattutto le dita, portandole sulle guance ed ai lati della bocca ed accompagnando le parole più forti e provocatorie con movimenti delle mani altrettanto bruschi ed improvvisi. Infine, il personaggio di Guzzanti descriveva e raccontava i personaggi e le situazioni più imbarazzanti del momento politico, servendosi di "disgustose" metafore, inerenti quasi sempre le feci, i cattivi odori e ciò che è additato comunemente come fastidioso (per esempio la figura della suocera).
Tra il primo ed il secondo Funari, quest'ultimo proposto ne L'ottavo nano, non si possono rintracciare grandi differenze, neppure nella presentazione che il personaggio faceva al pubblico a casa. Infatti, il presentatore entrava abitualmente in studio camminando nervosamente nella sua parte centrale e, spostandosi da una telecamera all'altra, chiedendo ai vari cameramen di inquadrarlo a turno con un determinato zoom. Le storpiature grammaticali del finto Funari, che consistevano spesso in inviti quali «Zummolo!» e «Strignomo!», non facevano altro che aumentare ed enfatizzare l'intento satirico dell'interpretazione.
Parodia dell'omonimo, comparve solo due volte nella trasmissione L'ottavo nano (nel 2001, due anni dopo l'apparizione del religioso nel film Il pesce innamorato di Leonardo Pieraccioni), di cui una all'interno dello sketch di Gabriele La Porta, sempre imitato da Guzzanti: il tutto fu realizzato con "due Guzzanti" nella stessa inquadratura, ciascuno nella rispettiva parte. La gag si basava sulla quasi incomprensibilità delle bofonchiate parole pronunciate dal prete, fra le quali si poteva intuire la volontà di mettere al rogo un terzo personaggio della scenetta, imbavagliato e legato ad un palo (interpretato come al solito da Marco Marzocca), e una disquisizione sul diavolo durante la quale pareva essere "posseduto" da un demone recante una voce simile a quella di Paperino, di cui a volte inseriva la tipica parlata.
In questa imitazione una funzione molto importante era rivestita dai truccatori, che realizzarono sul viso di Guzzanti una maschera, modellata in modo da creare una forte somiglianza a livello cutaneo con Baget Bozzo; infatti, il sacerdote savonese presentava un notevole invecchiamento della pelle nella parte inferiore del viso.
Il giornalista della Rai fu una delle prime vittime di Corrado Guzzanti, che portò in scena la sua imitazione già nella prima edizione di Avanzi, all'inizio degli anni novanta.
Il Minoli interpretato dal comico era un sanguinario, appassionato di omicidi e stragi di cui raccontava i retroscena, i protagonisti e soprattutto i dettagli più macabri, nel descrivere i quali si esaltava e provava un perverso piacere. La scena era organizzata in modo tale da assomigliare perfettamente a quella dello studio di Mixer, la trasmissione ideata e condotta per molti anni da Giovanni Minoli che, con il passare degli anni, stava sottraendo sempre maggiore spazio alla politica, per dedicarlo frequentemente alla cronaca nera. Con ogni probabilità, Guzzanti volle proprio colpire questa tendenza giornalistica, che stava dilagando nel mondo della televisione italiana e su cui avrebbe puntato il dito con l'altra parodia di Emilio Fede. Per quanto riguarda l'organizzazione grafica dell'imitazione, il personaggio era ripreso frontalmente in primo piano ed il suo viso, inquadrato quasi di profilo, appariva anche si di un grosso schermo posizionato sul fondo dello studio, in modo da incentrare l'attenzione dello spettatore sullo sguardo del presentatore: una tecnica che contraddistingueva lo stile di conduzione di Minoli.
Dal punto di vista politico, il comico rappresentò Giovanni Minoli come un protetto di Bettino Craxi, pronto a servire fedelmente il "padrone" nei suoi servizi.
Nota: Nell'imitare Giulio Tremonti, Corrado Guzzanti pronuncia la "r" come una "v", poiché il politico soffre di rotacismo.
Corrado Guzzanti vestì per la prima volta i panni del politico Giulio Tremonti nella striscia satirica Il caso Scafroglia. Tremonti, soprannominato ironicamente «Treconti» per l'incarico di Ministro delle finanze che ricopriva allora, fu presentato dal comico in perenne confusione davanti ad una calcolatrice, per trovare il modo di far quadrare i conti dello Stato. Il Ministro, dopo avere messo in preventivo dei tagli curiosi (per esempio, le gambe delle sedie del Parlamento) e calcolate tutte le spese, malediceva con disappunto il fallimento dei suoi calcoli, che non gli permettevano di rientrare nei costi dell'attività di governo e di risanare il debito pubblico, esclamando ripetutamente «Povca puttana! Povca tvoia!» e battendo con violenza i pugni sulla scrivania.
Il ritratto di Tremonti, dopo il primo sketch, sembrava completo: dalla gag scaturiva l'impressione di un uomo in difficoltà con il suo lavoro e privo di autocontrollo. In realtà, le scenette realizzate nelle puntate successive fornirono un'immagine molto diversa del politico, specialmente per quanto riguarda la forza del suo carattere, che emergeva soltanto nei momenti di solitudine. Infatti, l'approccio violento del finto Tremonti nei confronti di una macchinetta videopoker, nella quale spendeva i risparmi degli Italiani, scompariva nel momento in cui accorreva il gestore del bar dove si era rinchiuso in un momento di pausa; a quel punto, la macchietta si scusava umilmente promettendo di non sfogare più la sua frustrazione sull'apparecchio, cosa che avrebbe però fatto nuovamente non appena il barista si fosse allontanato.[21]
A confermare queste impressioni fu uno sketch successivo, liberamente ispirata dal film Il sorpasso, dove apparivano contemporaneamente Umberto Bossi e Giulio Tremonti, entrambi imitati da Guzzanti. Il secondo, impegnato a studiare come Jean-Louis Trintignant, fu trascinato a fare un giro in macchina dal senatur, la cui parlata romanesca ricalcava quella di Vittorio Gassman. Tremonti appariva in soggezione rispetto a Bossi e ne subiva nolente l'iniziativa, non riuscendo a farsi rispettare.
In un'altra scenetta Guzzanti volle criticare il cambiamento di prospettiva di Tremonti che, dopo avere stabilito più volte l'illegittimità della pratica del condono, ne promosse uno fiscale nel 2002. Guzzanti, nei panni del politico di Forza Italia, riportò le frasi di Tremonti che giudicavano negativamente questo tipo di provvedimento, prima di affermare alla fine «Un condono è per sempre», parafrasando un'espressione comune usata nelle pubblicità di gioielli ed attaccando così il suo trasformismo.
L'ultima apparizione televisiva di Guzzanti - Tremonti risale al 2005, quando il comico fu ospite a Parla con me di Serena Dandini e rivendicò ironicamente i meriti del governo Berlusconi in materia di cultura e finanza.[22]
La parodia di Leoluca Orlando risale al 1994, nella trasmissione Tunnel, dove Guzzanti - Orlando era ospite dell'angolo politico.[23]
Questa imitazione fu interpretata da Guzzanti a Tunnel, nel 1994, dopo che Segni, avverso sia a Silvio Berlusconi che al Centrosinistra di Achille Occhetto, decise di non schierarsi fondando un partito (il Patto Segni) dall'esperienza fallimentare. Il comico, nei panni del politico, fu ospite del programma in un paio di occasioni come cantante, portando in scena delle ironiche canzoni che vertevano sulla situazione politica del periodo e sulla personalità di Segni, da sempre ostile ad abbandonare le sue convinzioni politiche moderate. Lo sketch più noto della sagoma, nel quale canta accompagnato strumentalmente dai Tazenda, che erano ospiti del programma, è stato ritrasmesso nel 2006 all'interno de La Superstoria.[24]
L'imitazione di Paolo Liguori, interpretata da Guzzanti nell'edizione di Mai dire gol 1996/1997, suscitò le polemiche del diretto interessato, dell'opinione che tale parodia screditasse pesantemente la sua reputazione e quella del telegiornale del quale era direttore (Studio Aperto). Guzzanti, nelle vesti di Liguori, accusava la Gialappa's band di faziosità ed affermava che l'Italia era oppressa da «un regime guidato dal signor D'Alema» che lo costringeva a bere olio d'oliva (invece dell'olio di ricino che i fascisti facevano ingoiare ai socialisti), con chiaro riferimento al nome dell'Ulivo, raggruppamento di partiti appartenente alla sfera politica del Centrosinistra.
Guzzanti lo dipinse come un fedelissimo dell'opposizione, ossessionato dal lavoro del Governo Prodi ed abituato a (dis)informare gli spettatori sulle reali presenze alle manifestazioni di protesta contro il governo. Il giornalista si considerava un prigioniero politico, rinchiuso in carcere per ordine di un governo che non concedeva libertà d'espressione e si serviva delle maniere forti per far tacere le voci di protesta. In ogni sketch Liguori, per denunciare le violenze contro gli oppositori, gridava infatti di essere stato incatenato o imbavagliato, pur essendo stato lui stesso a compiere tali azioni.
Per imitare il noto calciatore (unica vittima della satira di Guzzanti appartenente al mondo dello sport), il comico modificò a sua discrezione una pubblicità, nella quale Baggio apparve per sponsorizzare un concorso a premi promosso dall'IP. La parodia fu trasmessa in una puntata di Tunnel, nel 1994 e riproposta a Comici, nel 1998, durante l'intervista che Serena Dandini stava facendo a Guzzanti.
Corrado Guzzanti enfatizzò la ripetitività cantilenante della voce del protagonista, incapace di pronunciare una semplice frase che recitava: «Bello eh! Ogni settimana, alla IP, milioni di premi da vincere!» Lo slogan, all'apparenza conciso e facile da ripetere, era invece un ostacolo insormontabile per il finto Baggio, che pronunciava le parole in maniera disordinata, costringendo il regista ad interrompere le riprese e a provare nuovamente, ottenendo risultati sempre più disastrosi. Inoltre, l'effetto comico della scenetta era accresciuto da un espediente pensato da Guzzanti, che ad ogni tentativo faceva cambiare la sagoma di cartone sulla quale si appoggiava di volta in volta; questo cartello, riproducente la sua immagine, assumeva un'espressione via via più contrariata per l'incapacità di Baggio di portare a termine il lavoro.
L'ex-Presidente del Consiglio Romano Prodi fu imitato da Guzzanti in due occasioni; la prima al Pippo Chennedy Show, l'altra qualche anno dopo, quando il politico era Presidente della Commissione Europea.
Il comico usò la metafora del semaforo per rappresentare le posizioni del politico che, da "buon democristiano", preferiva assumere un atteggiamento equilibrato e di controllo nei confronti delle istituzioni e degli alleati. Il suo ruolo era simile a quello del semaforo, poiché Prodi dimostrava grande fermezza ed i compagni di partito rispettavano la sua autorità, proprio come le automobili al comparire del segnale luminoso rosso.
Guzzanti - Prodi affermava inoltre di essere stato ingaggiato da Massimo D'Alema per guidare la coalizione del Centrosinistra, e di non essere un politico. Le responsabilità delle sue azioni ricadevano in ogni caso su D'Alema e la sua ambizione era solo quella di restare al potere e di esercitarlo, pur incontrando l'ostilità dell'elettorato ed essendone conscio, affermando infatti di stare «sul culo a tutti, persino a mia moglie». Accarezzando il proprio cane da compagnia, in realtà una grossa mortadella di gomma (soprannome affibbiato storicamente a Romano Prodi)[25], approfittava della sua carica per lanciare missili contro gli avversari e si compiaceva delle sue decisioni, ben sapendo che la cosa più importante era governare anche a prezzo di deludere la maggioranza di governo.
La seconda parodia di Romano Prodi, invece, fu interpretata nel 1999 a La posta del cuore. L'ex-presidente del Consiglio, intervistato da Michele Cucuzza[26], si riparava solitariamente in un fienile in attesa di essere chiamato per guidare una nuova coalizione di Centrosinistra (cosa che avvenne realmente nel 2006).
L'8 dicembre 2007 l'allora Presidente del Consiglio ricordò l'imitazione di Guzzanti, dichiarando di averla trovata «proprio bella» e di sentirsi come un semaforo, mimando inoltre alcuni gesti del personaggio a lui ispirato.[27]
La parodia di Ugo Intini fu interpretata da Guzzanti in diverse occasioni; la maggior parte degli sketch che lo avevano come protagonista furono trasmessi ai tempi di Avanzi, nel periodo in cui le vicende di Tangentopoli e Mani Pulite avevano riguardato direttamente il partito socialista ed il suo segretario, Bettino Craxi, del quale Intini era portavoce ufficiale. Oltre alla scenetta in cui il personaggio appariva in continuazione alla povera Francesca Reggiani, si ricordano le preghiere che Intini, accompagnato musicalmente dal gruppo di attori - musicisti del programma, rivolse ad Antonio Di Pietro per chiedere di perdonare la politica corrotta del pentapartito e soprattutto Bettino Craxi, costretto a fuggire clandestinamente ad Hammamet per evitare le condanne decise dalla giustizia italiana.
Guzzanti riportò in scena a Mai dire gol il personaggio, che portato in studio da un cammello e da un condor (rispettivamente Giovanni Storti e Giacomo Poretti), elogiò l'operato di Craxi, reclamando per lui un risarcimento miliardario e parlandone come una divinità, presente dentro l'anima di tutti i cittadini italiani.
Corrado Guzzanti ha imitato il fondatore della Lega Nord tantissime volte: nelle prime due edizioni di Avanzi[28], due volte a L'ottavo nano ed una a testa per Tunnel ed Il caso Scafroglia. La particolarità di questa macchietta consiste nelle differenze che si possono riscontrare tra un'imitazione e l'altra.
L'Umberto Bossi di Tunnel era ospite del Personal TG di Emilio Fede ed aveva cominciato ad esporre i punti chiave del suo pensiero politico ed i meriti della Lega, quando il conduttore lo invitò a passare in rassegna i programmi: ma non del suo partito, bensì quelli della prima serata televisiva. Per enfatizzare il cambiamento nell'atteggiamento del senatur, la telecamera allargò il campo e ritrasse il personaggio in mezzo busto con a fianco un vaso di fiori. A quel punto Bossi alleggerì i toni, aggressivi e forti all'inizio della scenetta, per assumere un comportamento più calmo e pacato, tipico delle signorine buonasera ed un linguaggio più consono alla situazione. In precedenza, Bossi si era invece scatenato nel rivendicare il ruolo del suo partito nella frantumazione del «vecchio sistema partitocratico» ed aveva commesso un clamoroso errore di grammatica («Abbiamo stato costretto Berlusconi...»).
Il "nuovo" Bossi fu proposto da Guzzanti in una puntata de L'ottavo nano. In quell'occasione, prima del suo arrivo in studio un'atmosfera di terrore si diffuse tra gli autori del programma ed il pubblico in sala; nel dietro le quinte, un affrettato Marco Della Noce avvisò tutti i colleghi di ripararsi nelle rispettive stanze, annunciando l'arrivo del temutissimo Umberto Bossi, ritratto come il cannibale Hannibal Lecter dal film Il silenzio degli innocenti.[29] Guzzanti fu portato dalla Dandini da due boia e fu lentamente liberato dal bavaglio che gli ostruiva la bocca. La conduttrice, fintamente spaventata, apprezzò le prime parole del politico, che ad un certo punto, però, inveì contro i classici bersagli della Lega Nord e si liberò dai legacci che lo tenevano inchiodato ad una tavola di legno. Soltanto Neri Marcorè, travestito da Pierferdinando Casini, riuscì a calmarlo suonando il violino come il mostro del film Frankenstein Junior. In un'altra clip, trasmessa sempre nello stesso programma, Guzzanti - Bossi dichiarò di avere «fatto pace con i Socialisti», affermando che il problema era stato «risolto a tavola». Come? Divorandoli, visto che nella Casa delle libertà tutto è possibile.[30]
L'ultima parodia di Umberto Bossi risale al caso Scafroglia, dove il comico realizzò uno sketch double face, in cui il senatur trascinava il "mammone" Giulio Tremonti (anch'egli imitato da Guzzanti) a fare un giro in macchina con lui, ricalcando la celebre scena del film Il sorpasso. Bossi, dallo spiccato accento romanesco (una novità rispetto ai Bossi rappresentati in precedenza), ricopriva la parte che fu di Vittorio Gassman, mentre il Ministro dell'economia si comportava come il timido Jean-Louis Trintignant.
La parodia di Sgarbi, apparsa una sola volta all'interno di Avanzi, fu realizzata da Guzzanti in un momento nel quale il critico d'arte, ospite del Maurizio Costanzo Show, era diventato celebre per i numerosi litigi dei quali era protagonista e le parole forti e frequentemente volgari che pronunciava in trasmissione. Nell'unica apparizione che si conosce di questa parodia, il personaggio era intervistato da una voce fuori campo sulla qualità della birra che Sgarbi stava sorseggiando. Guzzanti, riprendendo le scurrilità tipiche del linguaggio e del modo di parlare di Sgarbi, lo apostrofava emettendo forti rutti, segno di disprezzo nei confronti dell'intervistatore. Nella scena successiva il personaggio, fermato da alcuni fan per avere l'autografo, subiva degli strattonamenti e definiva i presenti «Mafiosi!», un insulto che il vero Sgarbi era abituato ad usare contro i suoi avversari.
Qualche tempo dopo, Guzzanti fu anche protagonista di un noto diverbio televisivo quasi sfociato in rissa, durante il programma L'Istruttoria di Giuliano Ferrara; in occasione dell'incontro tra Roberto D'Agostino ed il vero Vittorio Sgarbi, le illazioni di quest'ultimo sul suo conto fecero infuriare il giornalista che, dopo aver ricevuto dell'acqua minerale addosso, rifilò uno schiaffo a Sgarbi. Corrado Guzzanti, in secondo piano ed impersonante il critico d'arte, assistette alla scena trattenendo a stento le risate, mentre Ferrara cercava di dividere i due litiganti.[31]
La prima imitazione di Walter Veltroni risale al 1997, quando Guzzanti interpretò il personaggio enfatizzandone i tipici comportamenti: la pacatezza, il sacro rispetto dell'avversario, la ricerca di un'armonia tra i partiti di Centrodestra e Centrosinistra e l'inclinazione a «comporre i contrasti», anche «a prezzo di vedere diminuiti i consensi dell'elettorato». Guzzanti lo dipinse come un "bambinone" attaccato ai ricordi dell'infanzia ed inadatto a risolvere i problemi della politica, a cui non sembrava particolarmente interessato, preferendo le conferenze dove vertevano discussioni vertenti l'enologia ed in particolare il cinema, una delle passioni di Veltroni.[32]
La parodia fu recuperata qualche anno dopo a L'ottavo nano, che trasmise una serie di scenette commentate da Neri Marcorè (con la voce di Bruno Pizzul), in cui Veltroni era l'allenatore della squadra calcistica dell'Ulivo; in ogni episodio il "mister" non riusciva ad incoraggiare la sua squadra, sempre sconfitta dalla formazione del Centrodestra, ma non mostrava delusione per l'ennesima debacle, accettandola sportivamente.[33]
In un'altra puntata, la compagna di partito Livia Turco (interpretata da Germana Pasquero) gli proponeva una sequenza di nomi su cui puntare per sostituire Francesco Rutelli nel ruolo di candidato alla Presidenza del Consiglio, allo scopo di lanciare qualche personaggio famoso per strappare elettori agli avversari; ma Veltroni la smentiva continuamente, riferendole che per varie ragioni nessuno era disposto o poteva accettare l'incarico, e che di conseguenza Rutelli rappresentava l'unica possibilità di vincere le elezioni.[34]
Creazioni originali
Brunello Robertetti
Corrado Guzzanti lanciò sul piccolo schermo questo nuovo personaggio nel 1998 durante la trasmissione della sorella Sabina La posta del cuore, in onda su Raidue. Brunello Robertetti fu poi riproposto con molto successo in ogni puntata del'Ottavo Nano, dove il personaggio entrava in scena, preceduto da un balletto che detestava, e si metteva a raccontare alcune sue poesie.
Il poeta Robertetti si presentava come un uomo molto introverso e timido, di età imprecisabile, vestito in ogni occasione con un monotono maglione grigio e con un ingombrante paio di occhiali; sulla scena appariva sempre seduto su di una poltrona di colore nero, con un grosso libro sulle ginocchia, dal quale declamava i versi delle sue poesie, iniziando sempre con la frase:
Le poesie di Robertetti erano in realtà la presa in giro di altre poesie famose, che modificava mantenendo lo stesso tema o giocando sui significati che potevano avere; molte poesie erano anche originate da detti popolari e luoghi comuni che venivano puntualmente modificati in modo da risultare più buffi.[35]
Conduttore de Il caso Scafroglia
Il personaggio fu inaugurato da Corrado Guzzanti nella prima puntata de Il caso Scafroglia, la striscia satirica della quale era il presentatore. Per interpretarlo, per la prima volta dagli esordi come imitatore, il comico fece a meno di qualsiasi tipo di trucco o camuffamento della voce; scelse di andare in scena normalmente, adattandosi ad un particolare tipo di conduzione e comportandosi in modo tale da mettere in risalto le caratteristiche negative della macchietta. Essa, cambiando leggermente le parole dello stesso Guzzanti in un'intervista a Repubblica dell'ottobre 2002, costituiva un esempio di «presentatore ideale», allo stesso tempo «uno schizoide che voleva fare informazione ma anche intrattenimento, e finiva inevitabilmente per passare dai morti ammazzati alle ballerine senza mutande».[36] Il personaggio sembrava animato da una doppia personalità: all'apparenza gentile e pacato nelle affermazioni, era in realtà molto maleducato e sapeva essere molto pungente nei commenti e nelle opinioni.
Ad affiancarlo Padre Federico (Marco Marzocca), un sacerdote intervenuto in studio per instaurare un dialogo con i giovani, tramite un numero telefonico che doveva apparire in sovraimpressione, cosa mai avvenuta. Tra i due non correva buon sangue; si ricordano difatti alcuni momenti di tensione, frutto di frecciate anticlericali o semplicemente antipatiche lanciate al prete. Quest'ultimo rispondeva alle provocazioni senza perdere le staffe, e di questa predisposizione si approfittava Guzzanti, che commentava in modo critico ogni sua affermazione e lo interrompeva continuamente evocando la figura dello scomparso Mario Scafroglia.
Il conduttore, nel corso dei tormentati dialoghi con il sacerdote, appuntava delle critiche al Governo Berlusconi, che servirono a rendere chiare le posizioni del personaggio in materia di politica. Durante un dibattito in studio sui pericoli del terrorismo negli USA, il presentatore criticò aspramente la Legge Cirami, apostrofandola con un eloquente «L'ha portata Al Qaeda», ed in un'altra occasione manifestò apertamente la sua opinione negativa dell'Italia e dei suoi cittadini, colpevoli secondo lui di non «prendere sul serio» Silvio Berlusconi e le sue azioni atte a «distruggere il Paese e la Rai e a fare a pezzi la democrazia».
Don Florestano Pizzarro
Il personaggio esordì all'ottavo nano nel 2001 e fu riportato in televisione da Guzzanti nella puntata di Parla con me del 2 marzo 2008. Con Don Florestano Pizzarro, imitazione di un cardinale dal forte accento romanesco, il comico volle ribaltare il conservatorismo tipico delle gerarchie ecclesiastiche, costruendo una macchietta cinica, sincera e poco incline al politically correct, intervenuta in merito alle polemiche vissute nella società italiana sui grandi temi etici (per esempio l'aborto e la pillola anticoncezionale) ed al complicato e contrastato rapporto tra il mondo della scienza e la religione cattolica. Il personaggio era di indole schietta e in un momento di candida lucidità ammise di considerare la vocazione religiosa alla stregua di una qualsiasi professione dirigenziale.[37]
Nell'ultima scenetta in cui apparve nei panni di Don Pizzarro, Guzzanti fece riferimento alla situazione politica e culturale corrente, inserendo un accenno alla celebre battuta pronunciata da Daniele Luttazzi nei confronti di Giuliano Ferrara durante la trasmissione televisiva Decameron,[38] ed un discorso di Papa Benedetto XVI sulla natura del demonio, oltre alla citazione della M-theory e dei Buchi neri.
Dottor Armà
Ispirato al televenditore di opere d'arte di Telemarket Franco Boni, il Dottor Armà è stato uno dei personaggi apparsi più di frequente L'ottavo nano.
La parodia di Boni realizzata dal comico assomigliava molto all'originale, sia fisicamente che vocalmente, e ne riprendeva le caratteristiche immediatemente visibili, quali l'attitudine a "sfinire" lo spettatore a casa con ripetute spiegazioni sul valore artistico dei quadri esposti, per informarlo che si trattava di un'occasione irripetibile per acquistare un'opera d'arte ad un prezzo scontato e quindi vantaggioso ma che dopo un'assurda peripezia tornava a costare quanto il prezzo iniziale.
Aiutato da un fedele e stupido assistente (Marco Marzocca, che prenderà spunto da questo per un altro personaggio, Ermes Cassiodoro), il televenditore spacciava i suoi quadri per opere di grande bellezza, «straordinarie» a suo dire, allo scopo di venderle ad una tra Serena Dandini e Biondic, un'affascinante e bionda ballerina interpretata da Caterina Guzzanti. Malgrado le iniziali resistenze delle due presenze femminili, Armà non si scomponeva ed iniziava a parlare delle correnti artistiche alle quali appartenevano gli autori di queste opere (si ricordano artisti del calibro di Fragolari, Carciofani, Mutandari e Staccolanana, spacciati per grandi pittori) esponenti di fantomatiche correnti pittoriche quali il Nascondismo ed il Sorpresismo, per finire con l'eloquente invito a comprare i quadri per «rendere il proprio salotto un grande protagonista del '900».[39]
L'insistenza del personaggio si risolveva quasi sempre con la cessione dell'opera in questione, alla fine della quale il Dottor Armà ringraziava l'acquirente e salutava il pubblico in sala con il gesto dell'ombrello, sottolineando la compiuta impresa di avere venduto un'opera insignificante ad un prezzo a dir poco eccessivo ma molto vantaggioso per lui.
Nel 2006, in una puntata di Very Victoria, la trasmissione di MTV condotta da Victoria Cabello, in cui Guzzanti era ospite insieme all'amico Lillo Petrolo, la presentatrice annunciò la presenza di Franco Boni, che davanti al divertito duo descrisse con strampalati riferimenti all'arte moderna il poster del film Fascisti su Marte, incorniciato in modo da farlo somigliare ad un quadro. Subito dopo, all'invito della Cabello di «fare qualcosa alla maniera di Franco Boni», Guzzanti disse «Non mi permetterei mai!», per poi assumere all'improvviso la caratteristica voce del suo personaggio ed affermare che l'autore della tela in questione «quelli con il braccio alzato, non li fa più!», suscitando le risate della presentatrice, del pubblico e del televenditore stesso.
Gaetano Maria Barbagli
Il personaggio fu interpretato per la prima volta ne Il caso Scafroglia, all'interno di una striscia satirica che lo vedeva guidare un manipolo di militi fascisti alla conquista del pianeta Marte. Il gerarca Barbagli era un fedelissimo di Benito Mussolini, di cui portava con sé un busto di bronzo per rivolgersi a lui in ogni momento di difficoltà; era misogino, carismatico, ossessivamente tormentato dal pericolo comunista e deciso ad espandere l'Impero coloniale italiano anche in verticale, per sconfiggere i temibili mimimmi, le creature pietrose e "sinistroidi" abitanti del pianeta rosso (gioco di parole che accomunava il colore rosso alla dottrina socialista).[40]
L'inventata invasione extraterrestre fu raccontata interamente da Guzzanti nel film Fascisti su Marte, il cui incontrastato protagonista era proprio il gerarca, che alla fine del film non rinnegava le sue idee e non si pentiva di ciò che aveva realizzato nella vita, infondendo un carattere immortale ed incorruttibile all'ideologia per la quale si era battuto fino alla morte.
Corrado Guzzanti portò in scena la macchietta anche nel 2005, quando irruppe "violentemente" in studio a Parla con me con una squadra fascista, ordinò di «portare a Ponza» la spalla della Serena Dandini, il comico Dario Vergassola, e fece un confronto tra i costumi moderni e quelli del Ventennio, paragonando il Duce al «tipetto» (Silvio Berlusconi).[41]
Gianni Livore
Il Dottor Gianni Livore era un personaggio psicopatico e irascibile, infuriato col mondo intero anche per colpa della moglie abruzzese (interpretata da Rocco Barbaro), che gli preparava di continuo terribili fritti - creati «con l'olio de mamma» - che era obbligato a ingurgitare. Il rapporto tormentato con la consorte, oltre ad indurlo a un atteggiamento quasi razzista nei confronti delle persone di origine abruzzese, non gli permetteva di risolvere i suoi problemi mentali, che lo portavano a sfogarsi in continuazione con l'interlocutore e ad imbottirsi di medicinali, i quali non gli consentivano però di affrontare con maggior tranquillità gli innumerevoli problemi familiari.[42]. Le richieste di poter staccare il collegamento con la Dandini per parlare finalmente «cò Tokyo», faceva capire che i giapponesi erano gli unici che potevano comprendere la sua condizione.
Inoltre, come se ciò non bastasse a tormentare la sua vita, Livore era anche alle prese con un commercialista molto frettoloso e inesperto, che per eccessivo timore della Guardia di Finanza, lo convinceva sempre a pagare l'anticipo IRPEF di due anni dopo per «fare bella figura» [43] ed a far stilare il suo necrologio da «Zia Pina» in anticipo sulla sua morte per «portasse avanti ch'e'pratiche».
Il personaggio fu portato in televisione da Guzzanti al Pippo Chennedy Show, nel 1997.
Lorenzo
Lorenzo fece il suo esordio assoluto nella terza[44] stagione di Avanzi, nella quale la caricatura divenne in breve uno degli elementi caratteristici della trasmissione. Lorenzo rappresentava la parodia del classico adolescente ignorante, privo di una cultura generale ed assolutamente disinteressato ad appropriarsene. Vestito con una t-shirt riproducente il logo della metal band Iron Maiden o della grunge band Nirvana ed in generale in modo trasandato, il personaggio appariva sempre a fianco della presentatrice del programma, Serena Dandini, che aveva il compito di aiutarlo nella preparazione scolastica, davvero deficitaria in ogni materia.
Tuttavia, malgrado la disponibilitá e la pazienza dell'improvvisata insegnante di sostegno, Lorenzo faceva inevitabilmente ricadere la discussione di storia o di filosofia su argomenti di grande interesse popolare, quali la musica (era appassionato di hard rock e metal) ed il calcio, il tema su cui era maggiormente esperto, complice la sua fede romanista e l'odio viscerale verso i tifosi della Lazio. A tal proposito si dice che all'epoca, i tifosi biancocelesti che assistevano al programma non fossero piccati per l'imitazione, ma anzi ne godessero, considerando la macchietta portata in scena da Guzzanti la caricatura del classico sostenitore della Roma: fannullone, "coatto"[45] ed inevitabilmente monotematico nelle discussioni intraprese.
Con questo personaggio, Corrado Guzzanti amplió il suo repertorio artistico inaugurando il sistema della "parodia della parodia" (di cui si parla anche qui), facendo imitare a Lorenzo il conduttore televisivo Enrico Ghezzi nella rubrica cinematografica Lorenzo fuori orario.[46]
Nel 1993, il personaggio di Lorenzo fu protagonista di Maddecheao': come secernere agli esami, una rubrica comica quotidiana di quindici minuti, trasmessa ogni pomeriggio su Raitre nel mese di giugno, che lo vedeva impegnato negli studi per l'esame di maturità, sempre assistito dalla "povera" Serena Dandini, coraggiosamente ed inutilmente dedita ad aiutarlo nel ripasso degli argomenti piú importanti. Circondato da una decina di amici, Lorenzo si sentiva a suo agio, raccontando loro barzellette ed ogni tipo di sciocchezze ed ignorando i ripetuti inviti della Dandini a concentrarsi sugli spunti di discussione da lei proposti.
Il personaggio fu interpretato da Guzzanti anche nel 1994 a Tunnel[47], Mai dire gol (1996) e l'anno dopo all'inizio di una puntata del Pippo Chennedy Show.[48]
Mafioso
Il personaggio del mafioso fu creato ad hoc da Guzzanti nel 2002, per esprimere il proprio disappunto nei confronti delle recenti disposizioni del Governo Berlusconi in materia di giustizia, soprattutto verso la legge sul legittimo sospetto, che dava all'imputato la possibilità di chiedere lo spostamento della sede processuale, sospettando la parzialità dell'organo giudiziario competente.[49]
Una delle gag iniziava con l'ingresso in aula dei tre magistrati incaricati di giudicare il boss, che assisteva direttamente alla scena dalla cella dove era rinchiuso insieme ad un minaccioso sgherro (Marco Marzocca), presunto nipote del criminale. Pur imprigionato, il mafioso sembrava dominare la situazione; Marzocca, truccato con un paio di finti baffi neri ed un'acconciatura da "picciotto", ordinava ai tre malcapitati di mostrarsi fisicamente al capo, che definendoli «quaquaraquà» (riprendendo il giudizio del boss mafioso Don Mariano Arena sulla maggioranza dell'umanità, pronunciata alla fine del film Il giorno della civetta) li liquidava con poche parole («quello lì tiene una faccia a minchia, tiene già la faccia della sentenza»). Dopo che i giudici erano stati allontanati, il padrino auspicava lo spostamento del processo in un'altra città o addirittura a Honolulu.
Evidente il riferimento alla Legge Cirami, che Guzzanti voleva porre focalizzare per denunciare l'intenzione di Silvio Berlusconi - secondo alcuni - di approfittare appositamente della norma per trasferire al tribunale di Brescia il processo Imi-Sir, che lo vedeva imputato insieme a Cesare Previti ed altre persone.[50] Inoltre, la caricatura del mafioso può essere vista come l'interpretazione di un Berlusconi "sicilianizzato", scaturita dai sospetti di suoi legami con la criminalità organizzata, alimentati da sempre dalle correnti politiche storicamente ostili al fondatore di Forza Italia.
La macchietta fu anche protagonista di altri sketch, dove il comico ironizzava sempre sull'incapacità o l'impossibilità da parte della giustizia di fare normalmente il suo corso.
Massone
Il personaggio del Massone fu inaugurato da Guzzanti nella striscia satirica Il caso Scafroglia, nella quale appariva improvvisamente, interrompendo la normale programmazione di Raitre ed aggiornando gli adepti della Massoneria sui risultati raggiunti dall'organizzazione e sui nuovi obiettivi da perseguire.
Capo della schiera dei cavalieri della uallera (napoletano per scroto) d'oro, il personaggio appariva in video con la testa nascosta sotto ad un cappuccio, per non farsi riconoscere da chi era esterno all'organizzazione; inoltre, con uno spiccato accento napoletano, invitava gli estranei alla loggia massonica a non entrare in conflitto con gli ideali dell'associazione, simili a quelli della P2 di Licio Gelli e del suo Piano di rinascita democratica.
Uno tra i tanti obiettivi del Massone era controllare il sistema radio-televisivo nazionale per manipolare il mondo dell'informazione ed esercitare un «controllo totale delle menti deboli, cioè l'80% di questo Paese.» Dare notizie tendenziose od inutili ed omettere quelle importanti era uno degli obiettivi principali dell'organizzazione che, allontanando l'interesse della maggior parte dei cittadini dalle questioni più rilevanti, si sarebbe potuta impadronire più facilmente delle istituzioni, non incontrando l'opposizione diffusa della gente.
Tra le parole pronunciate dal Massone, si potevano distinguere degli evidenti riferimenti al condizionamento subito dalla Rai da parte della politica; in uno sketch, per esempio, il personaggio ringraziava il direttore di Raidue Antonio Marano per avere «raso al suolo» il canale televisivo, al punto da rendere i cartoni animati di Tom e Jerry il programma di punta della rete. Inoltre, il personaggio dava ordine agli adepti in ascolto, responsabili dei telegiornali della tv pubblica, di omettere le notizie di alcune edizioni di tg1 e tg2 e tutte quelle del tg3, sospettato dagli ambienti liberali di essere lo specchio informativo gestito dal centrosinistra e quindi scomodo per i partiti politici al governo in quel momento.[51]
Usando le parole dello stesso Guzzanti, il Massone era «un personaggio senza faccia che gestiva i poteri occulti di questo Paese, i misteri italiani che non verranno mai svelati: organizzava i golpe, i Nocs ed i cavalieri della uallera d'oro».[52]
Max
Unico presentatore di Radio Proco, ignota emittente radiofonica dichiaratamente di sinistra, Max si collegava ogni tanto con il Pippo Chennedy Show per spiegare ai ragazzi in ascolto le ragioni delle manifestazioni di protesta organizzate dal suo movimento giovanile, del quale era capo ed unico componente. In polemica con i partiti di centrodestra, con scarso successo faceva propaganda contro Silvio Berlusconi e le sue idee liberiste, pronunciando discorsi monotoni e ripetitivi, che non riuscivano ad attirare l'interesse del pubblico in ascolto.[53] Max curava direttamente gli spezzoni musicali, trasmettendo solo canzoni di Francesco De Gregori, universalmente riconosciuto come rappresentante del mondo della sinistra.
Padre Boffo
Questo bizzarro personaggio, il secondo dopo Don Pizzarro a rappresentare una parodia delle gerarchie ecclesiastiche, fu portato in scena dal comico al caso Scafroglia in una sola occasione, nella puntata dell'11 novembre 2002. La macchietta, ufficialmente ospitata da Padre Federico (il sacerdote interpretato da Marco Marzocca) per parlare ai giovani di ritorno dalla discoteca e per rivolgere allo scomparso Mario Scafroglia l'invito a tornare a casa, cominciò da subito a dare segni di squilibrio (probabilmente per ubriachezza), parlando di Pinocchio e perdendo completamente il filo del discorso. La situazione peggiorò non appena fu passata all'anziano prelato una bottiglia di spumante, che bevve avidamente mettendo in pericolo persino la facoltà di rimanere in piedi da solo. Alla fine, dopo essere riuscito a sorseggiare un po' di limoncello di cui c'era in studio un flaconcino, fu allontanato dallo studio in pochi secondi.[54]
Pippo Chennedy
La trasmissione cult del Pippo Chennedy Show prendeva il nome da quello del suo presentatore, che si alternava nella conduzione del programma alla piú professionale Serena Dandini, il cui nome veniva da lui storpiato in «Simona Dandieri».[55] Il personaggio, costantemente assistito da due guardie del corpo (Olcese e Margiotta) che portavano la sua stessa acconciatura - lunghi capelli brizzolati annodati a formare un codino - mescolava «l'incedere veloce» di Paolo Bonolis agli «ammiccamenti» di Alberto Castagna, fino a comprendere in sé tratti dello stile di Maurizio Costanzo.[56]
Con questa macchietta, il comico volle rappresentare il «peggio del peggio» dei conduttori tv, quelli (come lui) che non provano imbarazzo a rovinare per sempre la reputazione di ospiti timidi ed impacciati, protagonisti di vicende torbide e scomode, per aumentare gli ascolti ed il successo dei propri programmi.
Sentendosi il padrone incontrastato dello studio, Pippo Chennedy si sentiva in diritto di sbeffeggiare ogni genere di persona, dall'ignorante all'intellettuale, come capitato nell'occasione in cui fece portare via dai suoi "sgherri" un luminare invitato dalla Dandini, per sostituirlo con una bella ragazza.[57] Il personaggio si permetteva persino di prendere in giro la conduttrice, che malgrado provasse ripetutamente a liberarsi di lui, doveva sopportare la sua ingombrante presenza fin quando l'"antipresentatore" riuscisse a combinarne una delle sue (come quando riuscì a rovinare l'atmosfera di suspance che la Dandini aveva generato in studio per preparare l'ingresso in studio di un'ospite importante come Valeria Marini, imitata da Sabina Guzzanti).[58]
Quelo
Il personaggio di Quelo (scritto anche Quèlo con l'accento grave sulla e) fu lanciato da Corrado Guzzanti nella prima puntata del Pippo Chennedy Show, trasmessa nel 1997 su Raidue.
Quelo era un semplice padre di famiglia foggiano che cercava di sfuggire ai problemi della vita reale (dall'infedeltà coniugale della moglie alla fragilità fisica della figlia) spacciandosi per un profeta che recava la parola di un nuovo dio, da cui riprendeva il nome, rappresentato da una tavoletta di legno con chiodi al posto degli arti ed i lineamenti del viso tratteggiati in modo da riprodurre un sorriso simile a quello delle emoticons.[59]
Sempre avvolto in un accappatoio bianco su camicia dello stesso colore, con cravatta e pantaloni neri, il "santone" esordiva in ogni sua apparizione affermando che c'era «grossa crisi», stabilendo che l'unico modo per sfuggire agli errori quotidiani, dovuti a risposte sbagliate» che l'essere umano era abituato a ricercare dentro di sè, era riporre fede nel simulacro descritto in precedenza. Quelo sosteneva che la sua divinità «desse speranza al genere umano» e che ogni giorno un milione di persone lo chiamasse per risolvere i propri dubbi esistenziali, che andavano dall'origine della vita e dell'universo fino ai problemi di tutti i giorni, per risolvere i quali il santone dava risposte semi-serie che si basavano sulla sua esperienza personale. Ma Quelo era un uomo tutt'altro che sicuro di sè; criticato qualche volta dalla conduttrice Serena Dandini, non convinta delle sue doti salvifiche, il profeta si irritava adducendo come scuse una serie di problemi personali, dichiarando che «non poteva fare tutto lui» e che «la mattina si alzava alle sette meno un quarto» per accompagnare la bambina a scuola.
Quelo, nel parlare con la Dandini o con un altro interlocutore, assumeva quasi sempre un atteggiamento di superiorità intellettuale; inoltre, quando le domande che gli erano poste contenevano una scelta tra due o più possibilità, rispondeva molto spesso «La seconda che hai detto» e provvedeva a riportare su di un foglietto di carta l'idea suggeritagli.[60]
Una parte importante delle esibizioni di Quelo era costituita dalle telefonate in diretta, che qualche volta lo mettevano di fronte a questioni più grandi di lui e per discutere le quali era necessaria una cultura che andava ben al di là delle sue capacità intellettuali, quindi liquidava l'interlocutore di turno con una battuta od un motto di spirito. In questi casi l'anacoreta, risolto l'iniziale imbarazzo, riusciva con abilità a schivare le difficoltà della domanda e a convertirla in un più comodo «Che ore sono?», come capitato a Comici in occasione dell'invito rivoltogli da Franco Battiato ad un'interpretazione personale di una criptica e complessa frase attribuita al filosofo Alfano di Salerno.
Rokko Smithersons
Rokko Smithersons, spesso identificato erroneamente come Rokko (Rocco) Smitherson o Smitherson's, fu il primo personaggio di Corrado Guzzanti: il suo esordio avvenne nel programma Scusate l'interruzione, nel 1990.[61]
Smithersons era uno dei tanti trombati del mondo dello spettacolo, recuperati da Serena Dandini e riportati sul piccolo schermo per parlare di cinema, del quale il personaggio pretendeva di essere un maestro indiscusso. Infatti, si presentava come regista di film «de paura», cioè horror, autore e produttore di pellicole spacciate per capolavori, i cui titoli erano storpiature di film realmente esistenti. Per esempio, da un film sulla figura di JFK ne derivava una pellicola dal titolo FK, Francesco Kossiga, oppure Il muro di gomma diventava Il cimurro di gomma.
I metodi utilizzati dal giovane regista erano molto originali; interrogato da Serena Dandini sullo stile da lui perseguito, Rokko spiegava che prima di curare la sceneggiatura era solito girare il film, così da potere modificare o tagliare alcune scene a seconda del gradimento del pubblico. Inoltre, con la sua compagnia di produzione sceglieva prima le controfigure degli attori, che sceglieva in base alle caratteristiche somatiche dei sosia.
Snack
Il personaggio, parodia del telepredicatore televisivo Chuck Hall (conduttore di una trasmissione di carattere religioso in onda sull'emittente TBNE fino al 2007), fu lanciato da Guzzanti ne L'ottavo nano, dove andava in scena insieme a Gnola (o Mildred) alias Marina Massironi, che a sua volta imitava Nora, la moglie di Chuck, che lo affiancava nella conduzione del programma.
Divulgatore della dottrina della «Chiesa presbite intercostale», Snack (per il look del quale Guzzanti prese spunto anche da un altro telepredicatore, Benny Hinn), chiamato in causa con la coniuge dalla Dandini per dare una risposta agli interrogativi spirituali della conduttrice e del pubblico in sala, con uno stile estremamente pacato raccontava in ogni sketch una delle parabole di tradizione cristiana, che dopo un inizio fedele all'originale erano mescolate a personaggi e situazioni tratti da favole o storie di esperienza personale dello stesso Snack, nelle quali era coinvolta la Mildred, dipinta come una Maddalena peccatrice-redenta, che in realtà nelle parabole si trovava a scontare pene terribili per colpe commesse da altri, ed alla fine era destinata da Dio all'inferno. Le continue invettive contro la donna erano però segno della crisi coniugale che Snack e Gnola cercavano inutilmente di mascherare nell'incipit di ogni scenetta e che prima o poi si manifestava, causando incomprensioni e liti che si risolvevano in azioni estreme, come l'erezione di un muro a separare i litiganti.[62]
Tra le tante parabole stravolte, si ricorda quella del cieco, deriso da Snack per avere inseguito per due settimane un pescatore, considerandolo erroneamente Gesú, oppure quella in cui una figura femminile, successivamente rivelatasi essere la Sirenetta, pregava il Signore di poter assumere completamente fattezze umane.
I continui contrasti tra i due personaggi erano dovuti al fatto che mentre Gnola aveva sempre condotto una vita parca ed incentrata sulla preghiera e sulla ricerca della perfezione interiore, mediante il continuo appello all'aiuto divino, Snack aveva un passato da «stantuffo e trapano senza cuore», con evidente riferimento alle sue doti amatorie, che aveva messo da parte in un secondo momento in virtú di una conversione, mai messa del tutto in pratica. Infatti, dalle varie gag si comprendeva che il personaggio non aveva abbandonato completamente vizi come il fumo e l'alcool.
Altre differenze si potevano riscontrare nel carattere: tanto forte, repressivo e padronale quello di Snack, quanto debole, ingenuo ed oppresso quello di Gnola. Inoltre, Snack era dichiaratamente maschilista e bloccava e zittiva la moglie ogniqualvolta cercasse di esprimere un'opinione diversa dalla sua.
Tecnoco
Il personaggio del Tecnoco comparve per la prima volta nel Pippo Chennedy Show (1997), per poi ricalcare il palco televisivo a L'ottavo nano quattro anni dopo, quando irruppe in trasmissione dopo essere stato chiamato dalla conduttrice dello show, Serena Dandini, per riparare il pupazzo "umano" Sturby (interpretato da Marco Marzocca), parodia del giocattolo Furby, a quel tempo molto famoso. Infatti, nella precedente puntata del programma, Neri Marcorè nei panni di Maurizio Gasparri aveva fatto finta di romperlo in uno scatto d'ira, rendendo necessaria la chiamata di un tecnico per rimetterlo in funzione. Fu cosí che Guzzanti usó questo curioso episodio per lanciare il nuovo personaggio, parodia di quelle categorie professionali (elettricisti, idraulici e cosí via) che mettono in difficoltá i clienti cercando inutilmente di chiarire modalitá d'uso, accessori e quant'altro dell'oggetto che stanno montando o riparando, o che, per guadagnare di piú, non si fanno scrupoli ad imbrogliarli, convincendoli a sostituire l'oggetto, ancora perfettamente funzionante, con un modello piú recente e moderno.
Colpito da uno stress cronico, il Tecnoco incarnava tutte queste caratteristiche, e alla fine di ogni gag, non volendo ammettere di essere stato incapace di svolgere correttamente il lavoro per il quale era stato chiamato, accusava la Dandini di avere acquistato la versione "tarocca" del giocattolo, oppure di non avere monitorato con attenzione la crescita del pupazzo, il cui comportamento si sarebbe fatto sempre piú sconsiderato ed incontrollabile: il personaggio faceva dunque ricadere la colpa di tutto all'incompetenza della conduttrice, che non sapeva come porre rimedio alle urla disperate del piccolo Sturby.[63]
Infine, pur non essendo riuscito a rimettere in funzione il giocattolo, pretendeva di essere pagato ugualmente ed informava la cliente che il pupazzo non poteva piú essere sostituito, pur essendo provvisto di garanzia, in quanto erano stati modificati i suoi ingranaggi.
Vulvia
Il personaggio di Vulvia fu lanciato da Guzzanti nel 2001 a L'ottavo nano, trasmissione della quale divenne indiscutibilmente uno dei personaggi più famosi ed attesi dal pubblico a casa.[64]
Presentatrice di strani documentari a carattere divulgativo sul fittizio canale televisivo Rieducational Channel (nome frutto della storpiatura di Rai Educational, il canale Rai che si occupa di cultura e didattica scientifica), Vulvia commentava con uno stile tutt'altro che professionale i brevi filmati trasmessi dalla televisione per cui lavorava, questo per merito esclusivo della sua "avvenenza". Storpiatrice di parole, anche facili, ed evidentemente superficiale e ignorante, la presentatrice, che si presentava in scena con una folta chioma bionda ed un abito con lo spacco per mettere in risalto le gambe ed attirare quindi l'attenzione del pubblico maschile a casa, ripeteva a memoria testi già preparati, improvvisando con risultati disastrosi l'ultima parte del discorso e finendo per dilungarsi in confusi monologhi su sciocchezze di ogni tipo, oppure sull'amore, tema su cui ritornava spesso per sottolineare le sue sfortunate esperienze con gli uomini.
Il suo rapporto con il principale divulgatore scientifico del canale, Alberto Angela (imitato nella stessa trasmissione da Neri Marcoré), era improntato all'Odi et amo. Vulvia invidiava molto il collega e non capiva le ragioni del suo successo, prendendolo spesso in giro per le sue ricerche ed i suoi scavi[65]ed accusandolo di lavorare solo perché «è il figlio!» di Piero Angela; in realtá era fisicamente attratta da Angela e lo dimostró nell'ultima puntata dello show quando, nello studio del programma, si lanció con lui in un ballo sensuale, che terminò con l'attesa riappacificazione.
Molto ricorrenti e famosi, nei suoi approfondimenti scientifici, erano le indagini sui «subbaqqui»[66] (subacquei) e soprattutto sugli «'mbuti»[67], inseriti in diversi documentari e diventati in breve tempo un tormentone tra gli spettatori.
Note
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- ^ Leandro Palestini, Dandini: a noi la tele-piazza, in la Repubblica, 6 febbraio 1994. URL consultato il 25-04-2009.
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- ^ Video di Venditti - Guzzanti, su youtube.com. URL consultato il 25-04-2009.
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