Pitagora
Pitagora[1] (Samo (isola), c. 575 a.C. – Metaponto, c. 495 a.C.) è stato un matematico, legislatore e filosofo greco antico secondo quanto tramandato dalla tradizione.

Storia e leggenda
La figura storica di Pitagora, messa in discussione da diversi studiosi, si mescola alla leggenda narrata nelle numerose Vite di Pitagora, composte nel periodo del tardo neoplatonismo e del neopitagorismo dove il filosofo viene presentato come figlio del dio Apollo[2], autore di miracoli e profeta, guaritore e mago.
È quasi impossibile distinguere, nell'insieme di dottrine e frammenti a noi pervenuti, non solo ciò che sicuramente appartiene al pensiero di Pitagora ma neppure, nonostante i tentativi di John Burnet[3], di separare il pensiero del primo pitagorismo da quello successivo.
Anche Aristotele, che possiamo considerare il primo storico della filosofia, parla genericamente de «i cosiddetti pitagorici»[4] nella difficoltà evidente di identificare la dottrina del maestro.
Cenni biografici
La storia di Pitagora è avvolta nel mistero: di lui sappiamo pochissimo e la maggior parte delle testimonianze che lo riguardano sono di epoca più tarda. Alcuni autori antichi come Senofane, Eraclito, Erodoto, Diogene Laerzio ci danno testimonianze tali da far pensare alla effettiva esistenza storica di Pitagora pur se inserita nella tradizione leggendaria[6].
Secondo queste fonti Pitagora nacque nell'isola di Samo nella prima metà del VI secolo a.C. dove fu scolaro di Ferecide e Anassimandro subendone l'influenza nel suo pensiero. Lasciata Samo al tempo di Policrate, si recò per motivi di studio in Mesopotamia, dove apprese dai Caldei, e in Egitto. Poi si trasferì nella Magna Grecia, dove istituì a Crotone, all'incirca nel 530 a.C., una scuola filosofica. Dei suoi presunti viaggi in Egitto e a Babilonia, narrati dalla tradizione dossografica, non vi sono fonti certe e sono ritenuti, almeno in parte, leggendari.
Quasi sicuramente Pitagora non lasciò nulla di scritto e quindi le opere attribuitegli i Tre libri e i Versi aurei vanno ascritte piuttosto ad autori sconosciuti che li scrissero in epoca cristiana o di poco antecedente.
Giamblico (Siria, 245 – 325) fondatore di una nota scuola neoplatonica ad Apamea, in Siria, attesta invece[7] che i primi libri a contenuto pitagorico pubblicati erano opera di Filolao.
Il pensiero
Pochi sono gli elementi certi della dottrina pitagorica, tra questi quello della metempsicosi su cui tutte le fonti sono concordi[8] e tra le prime Senofane che la critica aspramente[9].
Derivato dall'orfismo, nella dottrina pitagorica vi è dunque un sicuro aspetto religioso, il quale sosteneva la trasmigrazione delle anime che, per una colpa originaria, erano costrette, come espiazione, ad incarnarsi in corpi umani o bestiali sino alla finale purificazione (catarsi).
La novità del pensiero di Pitagora rispetto all'orfismo è rappresentato dalla considerazione della scienza come strumento di purificazione nel senso che l'ignoranza è ritenuta una colpa da cui ci si libera con il sapere. Questa particolarità della dottrina è ritenuta dagli studiosi sicuramente appartenente a Pitagora che viene tradizionalmente definito, a partire da Eraclito, come polymathés (erudito). In che consistesse la sua erudizione però mancano notizie certe[10].
Si sa che nella sua scuola vigeva una distinzione tra i discepoli: vi erano gli acusmatici, gli ascoltatori obbligati a seguire le lezioni in silenzio e i mathematici che potevano interloquire con il maestro e ai quali erano rivelate le parti più profonde della scienza.
Da questa distinzione, dopo la morte di Pitagora[11] ne seguì una contesa tra le due fazioni di discepoli che si attribuivano l'eredità filosofica del maestro.
È quasi certo che l'insegnamento (màthema) pitagorico avesse un aspetto mistico-religioso consistente in un addottrinamento dogmatico, secondo il noto motto della scuola autòs èphe (lo ha detto lui), e un contenuto che molto probabilmente riguardava i numeri.
Riguardo alle dottrine scientifiche attribuite a Pitagora gli storici della filosofia non sono in grado di averne certezza.
Le dottrine astronomiche sono sicuramente state eleborate dai suoi discepoli nella seconda metà del V secolo a.C.
Il teorema per cui il filosofo è famoso era già noto agli antichi Babilonesi ma alcune testimonianze, tra cui Proclo riferiscono che Pitagora ne avrebbe intuito la validità mentre si deve a lui avere indicato come sostanza primigenia (archè) l'armonia determinata dal rapporto tra i numeri e gli accordi musicali.
Note
- ^ Il nome deriverebbe, secondo una probabile etimologia, dal greco Πυθαγòρας - Pythagòras -, da πεἰθω -pèithō- = persuadere + Template:Polytonic -agorà- = piazza, lett.colui che persuade la piazza
- ^ Secondo la leggenda, il nome di Pitagora risalirebbe etimologicamente ad una parola che trova il suo significato in “annunciatore del Pizio”,e cioè di Apollo. Si riteneva infatti che egli fosse figlio del dio stesso.
- ^ in Antica filosofia greca pag.37 e sgg.
- ^ Aristotele, Metafisica 985b
- ^ il ritratto bronzeo avrebbe fatto parte parte dell'arredo urbano di Reggio Calabria proprio durante il periodo pitagorico vissuto dalla città quando, finita la tirannide, il potere politico passò nelle mani dell'aristocrazia che a partire dal 455 a.C. ospitò gli esuli pitagorici scacciati da Crotone favorendo la nascita della scuola pitagorica reggina; dunque la statua di Pitagora sarebbe divenuta parte del bottino di guerra che Dionisio I di Siracusa usò per pagare i soldati dopo la presa di Reggio avvenuta nel 386 a.C., caricato sulla nave che affondò nei mari dello Stretto proprio in quel periodo - "Il ritratto di Pitagora di Samo" a cura del prof. Daniele Castrizio dell'università di Messina
- ^ Enciclopedia Treccani in voce corrispondente
- ^ in Vita di Pitagora, 199
- ^ Enciclopedia Garzanti di filosofia, Milano 1981 p.705
- ^ Diels-Kranz, 21, B, 7
- ^ Anche sulla prima definizione di se stesso come filosofo (come è stato riferito da Cicerone e Diogene Laerzio) attribuita a Pitagora come "colui che ama il sapere", ma non lo possiede in quanto solo il dio è sapiente del tutto, sono stati recentemente avanzate nuove prove a conferma della tradizione da da Riedweg Christoph ,in Pitagora. Vita, dottrina e influenza, Editore: Vita e Pensiero 2007
- ^ Anche sulla sua morte i resoconti dei biografi non coincidono: essendo scoppiata una rivolta dei democratici contro il partito aristocratico pitagorico la casa dove si erano riuniti gli esponenti più importanti della setta fu incendiata. Si salvarono solo Archippo e Liside che si rifugiò a Tebe. Secondo una versione Pitagora prima della sommossa si era già ritirato nel Metaponto dove era morto.
Secondo altri invece era casualmente assente alla riunione nella casa incendiata e quindi riuscì a salvarsi fuggendo prima a Locri, quindi a Taranto e da lì a Metaponto dove morì. (in Cioffi ed altri, I filosofi e le idee, Vol.I, Ed. Bruno Mondadori 2004 pag.46).
Un'altra versione della morte di Pitagora è collegata alla nota idiosincrasia di Pitagora e della sua Scuola per le fave: non solo si guardavano bene dal mangiarne, ma evitavano accuratamente ogni tipo di contatto con questa pianta. Secondo la leggenda, Pitagora stesso, in fuga dagli scherani di Cilone di Crotone, preferì farsi raggiungere ed uccidere piuttosto che mettersi in salvo attraverso un campo di fave.
A propositò di questo divieto pitagorico di cibarsi di fave, Giovanni Sole nel libro Pitagora e il tabù delle fave, Rubettino editore, ne dà un'interpretazione fisica e una spirituale. La prima è collegata al favismo che secondo studi medici era diffuso proprio nella zona del crotonese (Op.cit. pagg.90 e sgg.), mentre la seconda fa riferimento a credenze antiche, messe in luce da Levi Strauss, secondo cui le fave erano considerate connesse al mondo dei morti, della decomposizione e dell'impurità (Op.cit. pagg.142 e sgg.) dalle quali il filosofo si deve tenere lontano.
Bibliografia
- Lucio Lombardo Radice , La matematica da Pitagora a Newton , Edizione Muzzio, Roma, 2003
- Ferguson Kitty, La musica di Pitagora. La nascita del pensiero scientifico, Editore: Longanesi 2009
- Riedweg Christoph , Pitagora. Vita, dottrina e influenza, Editore: Vita e Pensiero 2007
- Joost-Gaugier Christiane L., Pitagora e il suo influsso sul pensiero e sull'arte, Editore: Arkeios 2008
Voci correlate
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