Nerone

quinto imperatore romano (r. 54-68)
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Nerone Claudio Cesare Augusto Germanico (latino: Nero Claudius Caesar Augustus Germanicus; Anzio, 15 dicembre 37Roma, 9 giugno 68) è stato un imperatore romano. Nato con il nome di Lucio Domizio Enobarbo, fu il quinto ed ultimo imperatore della dinastia giulio-claudia succedendo a suo zio Claudio nell'anno 54 e governò per quattordici anni fino al suicidio all'età di trent'anni.

Nerone
[[File:File:P-nero-cap.JPG|frameless|center|260x300px]]Testa di Nerone presso i Musei Capitolini
Imperatore romano
In carica5468
Investitura13 ottobre 54
PredecessoreClaudio
SuccessoreGalba
Nome completoNero Claudius Caesar Augustus Germanicus
NascitaAnzio, 15 dicembre 37
MorteRoma, 9 giugno 68
Sepolturacolle Pincio presso la tomba di famiglia dei Domizii Ahenobarbi[1]
Dinastiagiulio-claudia
PadreGneo Domizio Enobarbo
MadreGiulia Agrippina Augusta
ConiugiClaudia Ottavia (53 - 62)
Poppea (62 – 65)
Statilia Messalina (66 - 68)
FigliClaudia Augusta (da Poppea) morta a 4 mesi

Biografia

Nascita

  Lo stesso argomento in dettaglio: Albero genealogico giulio-claudio e Dinastia giulio-claudia.

Nacque ad Anzio il 15 dicembre 37, da Agrippina Minore e Gneo Domizio Enobarbo.

Genealogia

Il padre apparteneva alla famiglia dei Domizi Enobarbi, una stirpe considerata di "nobiltà plebea" (ovvero recente), mentre la madre era figlia dell'acclamato condottiero Germanico, nipote di Marco Antonio, di Agrippa e di Augusto, nonché sorella dell'imperatore Caligola che quindi era suo zio materno.

Nel 39 Agrippina Minore, sua madre descritta da molti come spietatamente ambiziosa, fu scoperta coinvolta in una congiura contro il fratello Caligola, e venne quindi mandata in esilio nell'isola di Pandataria. L'anno seguente, il marito di lei Gneo, morì e il suo patrimonio venne confiscato da Caligola stesso.

Lucio nel frattempo fu affidato alle cure della zia Domizia Lepida ed alle nutrici Egogle ed Alessandra. Essendo la zia di non elevata condizione economica, in questi primi anni i precettori furono un barbiere ed un ballerino, dal quale Lucio avrebbe imparato l'amore per la danza e per lo spettacolo.[2]

Nel 41 Caligola venne assassinato, e Agrippina Minore poté ritornare a Roma e occuparsi del figlio dell'età di quattro anni, e attraverso il quale aveva intenzione di attuare la propria opera di rivalsa. Lucio venne affidato a due liberti greci (Aniceto e Berillo) per poi proseguire gli studi con due sapienti dell'epoca: Cheremone d'Alessandria e Alessandro di Ege, grazie ai quali il giovane allievo sviluppò il proprio filoellenismo.

Nel 49 Agrippina Minore sposò l'imperatore Claudio, che era suo zio, ed ottenne la revoca dell'esilio di Seneca, allo scopo di servirsi del celebre filosofo quale nuovo precettore del figlio. Inoltre, visto che il giovane Lucio dimostrava maggior affetto verso la zia Domizia Lepida, Agrippina per gelosia, la fece accusare di avere complottato contro l'imperatore, ottenendone da Claudio la condanna a morte. Nell'occasione, l'undicenne Lucio fu minacciato e costretto dalla madre a testimoniare contro la zia e, poco dopo, venne fidanzato con Ottavia, figlia di Claudio, di otto anni.[3]

Il principato

Primi anni

 
cammeo dell'Imperatore Nerone in vesti apollinee

Dopo la salita di Nerone al potere nel 55, quando aveva soli diciassette anni, Britannico, figlio legittimo di Claudio, sarebbe stato fatto uccidere per volere di Sesto Afranio Burro, forse con il coinvolgimento di Seneca. Entrambi i personaggi rimpiazzarono Agrippina nella sua influenza sul giovane imperatore.

Matrimonio

Il primo scandalo del regno di Nerone coincise col suo primo matrimonio, considerato incestuoso, con la sorellastra Claudia Ottavia, figlia di Claudio; Nerone più tardi divorziò da lei quando s'innamorò di Poppea. Questa, descritta come una donna notevolmente bella, sarebbe stata coinvolta prima del matrimonio con l'imperatore, in una storia d'amore con Marco Salvio Otone, amico di Nerone stesso.[4] Nel 59 Poppea fu sospettata d'aver organizzato l'omicidio di Agrippina, mentre Otone venne inviato come governatore in Lusitania, l'odierno Portogallo.

Nel 62 Nerone sposò Poppea dopo aver ripudiato Claudia Ottavia per sterilità e averla relegata in Campania. Alcune manifestazioni popolari in favore della prima moglie, convinsero l'Imperatore delle necessità di eliminarla, dopo averla accusata di tradimento.[5]

Lo stesso anno Burro morì, forse ucciso per ordine di Nerone, e Seneca si ritirò a vita privata; la carica di prefetto del Pretorio venne assegnata a Tigellino (già esiliato da Caligola per adulterio con Agrippina). Contemporaneamente vennero introdotte una serie di leggi sul tradimento, che provocarono l'esecuzione di numerose condanne capitali.

Nel 63 Nerone e Poppea ebbero una figlia, Claudia Augusta, che tuttavia morì ancora in fasce.

Il grande incendio di Roma

  Lo stesso argomento in dettaglio: Grande incendio di Roma.

Allo scoppio del grande incendio di Roma del 64, l'imperatore si trovava ad Anzio, ma raggiunse immediatamente l'Urbe per conoscere l'entità del pericolo e decidere le contromisure, organizzando in modo efficiente i soccorsi, partecipando in prima persona agli sforzi per spegnere l'incendio. Nerone mise sotto accusa i Cristiani residenti a Roma, già malvisti dalla popolazione, quali autori del disastro; alcuni di loro vennero arrestati e messi a morte.

Fu poi accusato, dopo la morte, di aver provocato egli stesso l'incendio. Nonostante la ricostruzione dei fatti sia incerta e molti aspetti della vicenda siano ancora controversi, l'immagine iconografica dell'imperatore che suona la lira mentre Roma bruciava è ormai ampiamente superata e considerata inattendibile. Al contrario, l'imperatore aprì addirittura i suoi giardini per mettere in salvo la popolazione e si attirò l'odio dei patrizi facendo sequestrare imponenti quantitativi di derrate alimentari per sfamarla.[6] In occasione dei lavori di ricostruzione, Nerone dettò nuove e lungimiranti regole edilizie, destinate a frenare gli eccessi della speculazione e tracciare un nuovo impianto urbanistico, sul quale è tutt'ora fondata la città.[7] In seguito all'incendio egli recuperò una vasta area distrutta, facendo realizzare il faraonico complesso edilizio noto come Domus Aurea, la sua residenza personale, che giunse a comprendere il Palatino, le pendici dell'Esquilino (Oppio) e parte del Celio, per un'estensione di circa 2,5 km quadrati (80 ettari).

 
Asse di Nerone, raffigurante l'Ara pacis.

Viaggi

Nel 65 venne scoperta la congiura pisoniana (così chiamata da Caio Calpurnio Pisone) e i cospiratori, tra cui anche Seneca, vennero costretti al suicidio. La stessa sorte toccò anche Gneo Domizio Corbulone. In quel periodo, poi, secondo la tradizione cristiana, Nerone ordinò anche la decapitazione di San Paolo e, più tardi, la crocifissione di San Pietro.

Nel 66, morì Poppea, che secondo le fonti sarebbe stata uccisa da un calcio al ventre dello stesso Nerone durante una lite, mentre era in attesa del suo secondogenito.

L'anno successivo, nel 67, l'imperatore viaggiò fra le isole della Grecia, a bordo di una lussuosa galea sulla quale divertiva gli ospiti (fra questi anche tutti gli stupefatti notabili delle città visitate e tributarie di Roma, compresa Atene) con prestazioni artistiche, mentre a Roma, Ninfidio Sabino (collega di Tigellino, che aveva preso il posto dei congiurati pisoniani) andava procurandosi il consenso di pretoriani e senatori.

Prima di lasciare la Grecia, annunciò personalmente -ponendosi al centro dello stadio d'Istmia, presso Corinto, prima della celebrazione dei giochi panellenici- la decisione di restituire la libertà alle poleis, eliminando il governo provinciale di Roma.[8]

Politica estera

  Lo stesso argomento in dettaglio: Campagne armeno-partiche di Corbulone e Rivolta di Budicca.

Sotto Nerone, il re della Partia Vologese I pose sul trono del regno d'Armenia il proprio fratello Tiridate, sul finire del 54. Questo convinse Nerone che fosse necessario avviare preparativi di guerra in vista di un'imminente campagna militare. Domizio Corbulone fu inviato a sedare le continue scaramucce tra le popolazioni locali e sparuti gruppi di romani. In realtà non vi fu una vera guerra fino al 58 d.C. Dopo la conquista di Artaxata nel 58 e della città di Tigranocesta, nel 59, pose sul trono dei parti re Tigrane IV, nel 60. Il nuovo re non era molto favorevole all'influenza dei romani ed il fratello Tiridate si sostituì al medesimo nel 64. Si spense così l'ultimo focolaio di guerra e Nerone poté fregiarsi del titolo di Imperator (Pacator) incoronando a Roma il re Tiridate I ed inaugurando,nel contempo, i festeggiamenti per la ricorrenza del trecentesimo anniversario della prima chiusura delle porte del tempio di Giano(236 a.c.)per la pace ecumenica raggiunta in tutto l'impero. Nerone fece coniare una moneta sulla quale, nel dritto appare la sua figura con il capo incoronato e l' aspetto fiero riportante la scritta: " IMP NERO CAESAR AVG GERM " e sul rovescio il tempio di Giano "a porte chiuse" con la scritta: "PACE P R UBIQ PARTAIANVM CLVSIT S C". Per la prima volta dunque un imperatore di Roma si fregiò del titolo di Imperatore. Nel corso del suo principato continuò la conquista della Britannia, anche se negli anni 60-61 fu interrotta da una rivolta capeggiata da una certa Budicca.

Morte e sepoltura

Gaio Giulio Vindice, governatore della Gallia Lugdunense, si ribellò dopo il ritorno dell'imperatore a Roma, e questo spinse Nerone ad una nuova ondata repressiva: fra gli altri ordinò il suicidio al generale Servio Sulpicio Galba, allora governatore nelle province ispaniche: questi, privo di alternative, dichiarò la sua fedeltà al Senato ed al popolo romano, non riconoscendo più l'autorità di Nerone. Si ribellò quindi anche Lucio Clodio Macero, comandante della III legione Augusta in Africa, bloccando la fornitura di grano per la città di Roma. Nimfidio corruppe i pretoriani, che si ribellarono a loro volta a Nerone, con la promessa di somme di denaro da parte di Galba. Infine il Senato lo depose e Nerone si suicidò il 9 giugno 68, si dice, aiutato dal liberto Epafrodito.

Venne sepolto in un'urna di porfido, sormontata da un altare di marmo lunense, collocata nel Sepolcro dei Domizi, sotto l'attuale basilica di Santa Maria del Popolo.

Riconoscimenti

(latino)
«Obiit tricensimo et secundo aetatis anno, die quo quondam Octaviam interemerat, tantumque gaudium publice praebuit, ut plebs pilleata tota urbe discurreret. et tamen non defuerunt qui per longum tempus vernis aestivisque floribus tumulum eius ornarent ac modo imagines praetextatas in rostris proferrent, modo edicta quasi viventis et brevi magno inimicorum malo reversuri. Quin etiam Vologaesus Parthorum rex missis ad senatum legatis de instauranda societate hoc etiam magno opere oravit, ut Neronis memoria coloretur. denique cum post viginti annos adulescente me extitisset condicionis incertae qui se Neronem esse iactaret, tam favorabile nomen eius apud Parthos fuit, ut vehementer adiutus et vix redditus sit.»
(italiano)
«Morì nel suo trentaduesimo anno d'età, nel giorno anniversario dell'uccisione di Ottavia e fu tale la gioia di tutti che il popolo corse per le strade col pileo. Tuttavia non mancarono quelli che, per lungo tempo, ornarono di fiori la sua tomba, in primavera e in estate, e che esposero sui rostri ora le immagini di lui vestito di pretesta, ora gli editti con i quali annunciava, come se fosse ancora vivo, il suo prossimo ritorno per la rovina dei suoi nemici. Per di più, Vologeso, re dei Parti, quando mandò ambasciatori al Senato per riconfermare l'alleanza, fece chiedere anche, insistentemente, che si onorasse la memoria di Nerone. Infine, vent'anni dopo la sua morte, durante la mia adolescenza, venne fuori un tale, di ignota estrazione, che pretendeva di essere Nerone e questo nome gli valse tanto favore presso i Parti che essi lo sostennero energicamente e solo a malincuore lo riconsegnarono.»

Con la sua morte terminò la dinastia giulio-claudia.

Inclinazioni

Fu detto anche "Il porrofago" perché era ghiotto di porri. Questo ortaggio, diceva, gli serviva per schiarirsi la voce.

Nutrì, secondo Svetonio, oltre che una sfrenata passione per la musica e il canto, anche una discreta passione per la pittura e la scultura.[9] Svetonio parla anche delle sue personali qualità artistiche ricordando come avesse scritto molti componimenti poetici originali.

(latino)
«Itaque ad poeticam pronus carmina libenter ac sine labore composuit nec, ut quidam putant, aliena pro suis edidit. venere in manus meas pugillares libellique cum quibusdam notissimis versibus ipsius chirographo scriptis, ut facile appareret non tralatos aut dictante aliquo exceptos, sed plane quasi a cogitante atque generante exaratos; ita multa et deleta et inducta et superscripta inerant.»
(italiano)
«Essendo incline alla poesia, compose versi volentieri e senza fatica e non pubblicò mai, come insinuano alcuni, quelli degli altri spacciandoli per suoi. Mi sono capitati tra mano taccuini e libretti che contengono alcuni suoi versi assai noti, scritti di sua mano ed è facile vedere che non sono stati né copiati né scritti sotto dettatura, ma sicuramente composti da un uomo che medita e crea, perché vi sono molte cancellature, annotazioni e inserimenti.»

Si cimentò anche pubblicamente come suonatore di cetra. La notizia secondo cui avesse assistito all'incendio di Roma suonando questo strumento è un falso: allo scoppio dell'incendio, Nerone si trovava nella sua villa di Anzio e si precipitò a Roma per dirigere l'opera di spegnimento e i soccorsi, ai quali partecipò in prima persona.

Stando al trattato storico politico di Tacito, Nerone amava passare il suo tempo nella residenza estiva di Torre di Gianus, dove amava deliziare il palato dei suoi ospiti con delicati manicaretti da lui stesso preparati.

Opere pubbliche

Nerone, oltre alla famosa ricostruzione di Roma a seguito dell'incendio del 64, intraprese altre opere pubbliche tra cui due imprese sovrumane iniziate ma mai completate: il taglio dell'istmo di Corinto e un canale lungo la costa dall'Averno a Roma.

La prima opera, già tentata dal tiranno Peliandro, dal Re di Macedonia Demetrio Poliorcete, da Giulio Cesare e da Caligola sembrava non portare fortuna a chi la intraprendeva, tutti morti in modo violento. Gli scavi furono segnati da episodi nefasti e si interruppero con la morte dell'ideatore.

Il canale dall'Averno a Roma (lungo 250 km), ancora più mastodontico di quello di Corinto assorbì risorse umane e economiche immense e non fu mai completato a causa degli infiniti problemi tecnici.

Critica storica

L'immagine di Nerone ci è stata tramandata dai resoconti degli storici in modo del tutto negativo: ciò è dovuto principalmente al fatto che durante il suo principato prevalsero intrighi e omicidi sia nella corte imperiale che nella società civile. Il diritto romano fu sempre più tralasciato a favore di un dispotismo tirannico che nasceva anche dalla concezione filoellenizzante che egli aveva sul suo ruolo di principe quasi divino. In tal senso egli si impegnò in una politica di netta opposizione alla classe senatoriale, unica parte della società che poteva arginare il suo potere assoluto, in modo simile a quanto fece l'imperatore Caligola, suo zio; la sua tendenza teocratica, sull'esempio delle monarchie orientali, fu del resto sempre invisa alla maggioranza degli storici antichi, di rango aristocratico e di stampo filorepubblicano.

L'immagine negativa di Nerone è stata tramandata anche dagli storici cristiani in quanto egli è stato l'autore della prima persecuzione contro i cristiani. Durante queste prime persecuzioni furono martirizzati moltissimi cristiani e i vertici della Chiesa Romana cioè San Pietro e San Paolo. Queste furono solo le prime atrocità commesse verso i fedeli della nuova religione e che proseguirono anche dopo l'incendio dell'anno 64, e che furono riprese con virulenza da altri imperatori altrettanto sanguinari. Si è ritenuto, addirittura, che Nerone fosse l'anticristo poiché la somma del valore numerico delle lettere che compongono le parole "Cesare Nerone" in lingua ebraica è 666, il numero della Bestia di Satana.

Contrariamente alla storiografia ufficiale, il popolo della città continuò a tributargli una sorta di spontaneo culto popolare fino al XII secolo, quando papa Pasquale II interruppe la tradizione di portar fiori al mausoleo dei Domizi-Enobarbi, ritenuto la tomba di Nerone, nei primi giorni di giugno facendone demolire i resti e facendo costruire al suo posto una cappella che sarebbe poi divenuta Santa Maria del Popolo.

  Lo stesso argomento in dettaglio: Sepolcro dei Domizi § La distruzione del sepolcro.

In seguito, una tomba monumentale sulla Via Cassia fu popolarmente creduta il sepolcro di Nerone tanto che, ancora oggi, la zona dove sorge viene chiamata Tomba di Nerone. L'equivoco nacque, probabilmente, per la mancanza di indicazioni sul sepolcro marmoreo che fece credere che questa fosse la tomba dell'Imperatore sottoposto alla Damnatio memoriae. Oggi è stato appurato che questo sepolcro appartiene al console Publio Vibio Mariano.

Filmografia

Note

  1. ^ Svetonio, Nero 50.
  2. ^ da Nerone di Massimo Fini
  3. ^ da Nerone di Massimo Fini
  4. ^ Il pettegolezzo su questo presunto triangolo si riscontra in molte fonti (Plutarco Galba 19.2-20.2; Svetonio Otone 3.1-2; Tacito due versioni: Storie 1.13.3-4; Annali 13.45-46; e Cassio Dione 61.11.2-4)
  5. ^ Dawson, Alexis, Whatever Happened to Lady Agrippina?, The Classical Journal, 1969, p. 254
  6. ^ da Nerone di Massimo Fini
  7. ^ da Nerone di Massimo Fini
  8. ^ Dell'evento parla Svetonio (Nero XIX, 24) e il testo del discorso di Nerone è pervenuto tramite un'iscrizione (Dittenberger SIG III ed. 814 = SIG II ed. 376): "L'imperatore dice: 'Volendo contraccambiare la nobilissima Grecia della benevolenza e venerazione nei miei confronti, ordino che il maggior numero di persone di questa provincia siano presenti a Corinto il 28 novembre'. Essendo convenuta la folla in adunanza, egli proclamò quanto segue: 'Greci! Concedo a voi un dono inatteso, quantunque non del tutto insperato da parte della mia magnanimità, tanto grande quanto non siete arrivati a chiedere: tutti voi Greci che abitate l'Achaia e quello che fino ad ora è stato il Peloponneso ricevete la libertà e l'immunità (eleutheria, aneisphoria), che neanche nei periodi più felici avete tutti avuto, perché eravate schiavi o di stranieri o l'uno dell'altro. Oh! se avessi potuto concedere questo dono quando la Grecia era all'apice della potenza, perché più persone potessero godere del mio favore! Per questo biasimo il tempo che ha consumato la grandezza del mio favore. E ora vi reco questo beneficio non per pietà, ma per benevolenza e contraccambio gli dei, la cui benevola presenza ho sempre sperimentato sia per terra sia per mare, per il fatto che mi hanno concesso di beneficiare in maniera così grande. Infatti anche altri hanno liberato città e capi, ma Nerone ha liberato l'intera provincia'. Il sacerdote a vita degli Augusti e di Nerone Claudio Cesare Augusto [...]"
  9. ^ "Habuit et pingendi fingendique non mediocre studium" - De vita caesarum, Nero LII.

Bibliografia

  • Philipp Vandenberg, Nero. Kaiser und Gott, Künstler und Narr.,Bertelsmann, Monaco, 1981.
  • Massimo Fini, Nerone Duemila anni di calunnie, Mondadori, Milano, 1993, ISBN 88-04-38254-6
  • Girolamo Cardano, Elogio di Nerone. Mansuetudine, acume politico e saggezza di un esecrato tiranno, Gallone Editore, 1998.
  • Jürgen Malitz, Nero, Beck, München 1999, ISBN 3-406-44605-1.
  • Helmuth Schneider, "Nero", in: Manfred Clauss (Hrsg.): Die römischen Kaiser, Beck, München ²2001, ISBN 3-406-47288-5.
  • Gerhard H. Waldherr, Nero. Eine Biografie, Friedrich Pustet, Regensburg 2005, ISBN 3-7917-1947-5.
  • Natalini Guglielmo, Nerone oltre la leggenda, Anzio, 2005, ISBN 88-900883-7-0

Le citazioni sono estratte da:

  • Svetonio - Vita dei Cesari - Garzanti.
  • Svetonio - Vita dei Cesari - Newton, 1995.

Voci correlate

Altri progetti

Collegamenti esterni

Fonti primarie

Materiale secondario

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